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6 marzo 2019
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Prof. Marco Monzani – Direttore SCRIVI - Università IUSVE di Venezia
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RAPPRESENTAZIONE E RAPPRESENTATIVITA’
DEL CRIMINE
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RAPPRESENTAZIONE DEL CRIMINE
Ceretti: “Non ho imbarazzi a sostenere che quando
la televisione agisce ponendosi come oracolo di
decisioni che dovrebbero maturare altrove, assume
una valenza simile a quella del perverso. Diviene
infatti un piccolo legislatore che non tiene in
considerazione le pronunce giudiziarie ma legalizza
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legge”.
RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE
Sovrastima dei reati violenti in confronto con altri reati e
rispetto al dato di realtà.
Es. tasso di omicidi = - 20%
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Es. crimini violenti rappresentati 15 volte di più rispetto alle
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Es. l’uso della parola “paura” è aumentato, dal 1990, del
100%.
RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE
Fatti piuttosto rari vengono considerati avvenimenti comuni:
es. delitto di Cogne
Es. delitto di Novi Ligure
RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE
Fatti che avvengono quotidianamente vengono ritenuti
recrudescenti :
es. femminicidio
Es. abusi su minori
Es. casi di meningite
RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE
Sottostima dei reati cc.dd. senza vittime (es. reati ambientali) e
dei reati dei colletti bianchi, in confronto con i reati violenti e
rispetto al dato di realtà.
Rappresentazione e rappresentatività del crimine incidono sulla
percezione della criminalità (aspetto cognitivo) e sulla paura del
crimine (aspetto emotivo)
Percezione distorta della criminalità in termini quantitativi e
qualitativi e del RISCHIO VITTIMOGENO.
Ogni morto per omicidio vi sono 600 morti per cancro ai
polmoni dovuto a inquinamento ambientale.
1/800
La leucemia infantile provoca la morte di circa 2400
bambini ogni anno in Europa. Meno del 10% dei casi è
dovuta a predisposizione genetica; oltre il 90% è dovuta
a cause ambientali, dunque…
90 %
2006: TOTALE MORTI: 558.614
Tumore: 168.664
Malattie del sistema circolatorio: 220.074
Malattie del sistema respiratorio: 35.751
Malattie della pelle: 905
Incidenti d’auto: 6.140
Suicidio: 3.701
Omicidio: 532
Eppure ci tuteliamo dal rischio di omicidio molto di
più di quanto non ci tuteliamo rispetto, ad
esempio, all’inquinamento ambientale, agli
incidenti stradali, agli incidenti sul lavoro, ecc…
Sopravvalutiamo quei pericoli di cui verremo più
difficilmente a contatto e sulla base di questi
misuriamo la sicurezza della nostra vita, e
sottovalutiamo quei pericoli ai quali siamo
statisticamente più esposti.
La sovra-rappresentatività dei reati violenti porta ad
una iper-sensibilizzazione e a una percezione
distorta del dato di realtà:
Es. In Germania sondaggio sulla stima di omicidi
ogni anno in Italia: omicidi ritenuti = 200.000
omicidi reali = 860
LA CRIMINALITA’ VIOLENTA E’ IN COSTANTE
DIMINUZIONE DA DECENNI A QUESTA PARTE
Far emergere cosa? LA CONSAPEVOLEZZA…
Quale consapevolezza? La consapevolezza del
RISCHIO REALE
La sovra-rappresentatività dei reati violenti porta ad
una iper-sensibilizzazione la quale provoca, a sua
volta, un ingiustificato senso di insicurezza e una
sottovalutazione del rischio rispetto ad altre
situazioni.
NON VITTIME = iper-sensibilizzazione o, per
contro, assuefazione al problema;
sottovalutazione rispetto ad altre situazioni.
VITTIME = de-sensibilizzazione emotiva
dovuta a rappresentazione di situazioni
“peggiori”; diversi gradi di consapevolezza,
c.d. EFFETTO PARAGONE.
Michele Serra (La Repubblica, 20/7/2004):
“Dal caso Franzoni, qualunque sia l’opinione in termini di
colpevolezza o di innocenza, abbiamo imparato la nostra
disperata incapacità di fare silenzio, di sospendere la
chiacchiera, di prosciugare l'emozione in favore di una
decente e rispettosa assenza di risposte a domande
troppo difficili. Quando non c'è misura, in questa
inevitabile attrazione dell'opinione pubblica per la
cronaca nera, il delitto diventa mercato, un mercato
indecente nel quale si vendono vittime, colpevoli,
testimoni, inquirenti come un clamoroso cast televisivo”.
Noi criminologi non dovremmo accettare
ruoli riduttivi del nostro status o
incompatibili con la nostra dignità o libertà
scientifica.
Criminalità, ricerche,
statistiche…
Negli ultimi anni, anche a seguito di consistenti fenomeni
migratori, il tasso della criminalità generale sembrerebbe
essere in aumento…
Ma la criminalità è realmente in aumento, oppure si tratta di
una semplice distorsione della percezione del tasso di
criminalità, dovuta a diversi fattori?
Ad esempio, i mezzi di comunicazione di massa
e, a volte, anche importanti studiosi del settore,
sono concordi nel ritenere che la criminalità
intrafamiliare sia in costante aumento; a volte
parlano addirittura di una vera e propria
«emergenza» legata alla criminalità
intrafamiliare
E’ vero che oggi la criminalità intrafamiliare
incide percentualmente in modo maggiore,
rispetto a qualche anno fa, rispetto alla
criminalità totale; ma ciò non è frutto di un
aumento della prima, bensì di una costante
diminuzione della seconda.
Sono, dunque, i mezzi di comunicazione di massa, assieme
ad una lettura poco attenta del dato statistico, a creare
nell’opinione pubblica la convinzione errata che la nostra
società è sempre più violenta e invasa da un notevole
“problema sicurezza”?
Sono le campagne elettorali dei diversi schieramenti politici
a creare questa convinzione?
Quanto è possibile “giocare” sul sentimento di insicurezza e
paura che riguarda ognuno di noi?
E soprattutto, quanto è etico tutto ciò?
Anche i principali studi a riguardo non discriminano tra
due concetti diversi: la “paura del crimine” e la
“percezione della criminalità”.
Il primo concetto tocca corde emotive, il secondo corde
cognitive, dunque due concetti molto diversi tra loro ma
che troppo spesso vengono utilizzati come sinonimi
dagli stessi addetti ai lavori.
Cosa si intende dunque per percezione della criminalità?
E cosa si intende per paura del crimine?
I mezzi di comunicazione di massa contribuiscono a
formare una percezione alterata del fenomeno
criminalità, contribuendo così anche a creare una
eccessiva paura del crimine?
I mezzi di comunicazione di massa, per quanto riguarda
il fenomeno criminalità, contribuiscono a creare un
allarme sociale ingiustificato dal dato statistico?
Tale percezione è fondata su dati di “carattere
scientifico” o è il frutto di stereotipi?
Quanto incide la paura del crimine sulla qualità della
vita?
Quanto i cittadini italiani percepiscono la loro città
sicura?
Quanto incide detta paura sul comportamento? L’azione
di detta variabile è ancor più significativa per soggetti
già vittimizzati?
Mathieu e Lee individuano il limite delle definizioni e misurazioni
della paura del crimine nella confusione tra quest’ultima ed il
concetto di vulnerabilità o rischio percepito di poter rimanere
vittima di reati, ovvero nella confusione tra aspetto emotivo e
aspetto cognitivo.
Rilevare la percezione di rischio del soggetto di subire un crimine
(giudizio sulla probabilità di divenire vittima) non coincide con la
rilevazione della reazione emotiva legata alla paura del crimine
stesso; inoltre la percezione di scarsa sicurezza, potrebbe tradursi
nella sola consapevolezza del rischio, senza che questo esponga il
soggetto a dinamiche emotive di paura.
È pertanto fondamentale chiarire la differenza, sia dal
punto di vista concettuale, sia nella operazionalizzazione
delle variabili, tra vulnerabilità e paura del crimine.
Il concetto di vulnerabilità può essere assimilato a
quello di percezione della criminalità intesa come
“fenomeno soggettivo”, ovvero come percentuale
autopercepita del rischio di rimanere vittima di un
reato.
La paura è un’emozione che coinvolge l’organismo nella
sua globalità ed è attivata da una particolare situazione-
stimolo circoscritta. In altre parole la paura è un
sentimento soggettivo indotto da situazioni diverse e
personali.
Cosa si intende con il termine paura del crimine? In
letteratura con questo termine ci si riferisce alla paura di
rimanere vittima di un determinato crimine, ovvero un
sentimento di anticipazione della vittimizzazione..
Il concetto di paura del crimine dunque identifica il fenomeno
emotivo di turbamento, smarrimento, ansia generati
dall’anticipazione cognitiva del pericolo. Riteniamo inoltre che il
concetto di paura del crimine si leghi strettamente non soltanto
alla paura del crimine in senso stretto, ma in termini più allargati
anche alla paura delle conseguenze cui il crimine esporrebbe la
persona.
La conseguente operazionalizzazione del concetto deve far
riferimento alla vita quotidiana dell’individuo e non a situazioni
ipotetiche che coinvolgano tra l’altro un contesto allargato; inoltre
deve riferirsi a specifici reati e non al crimine in modo aspecifico.
I due concetti appena descritti si differenziano infine
dalla percezione della criminalità intesa come
“fenomeno sociale” ovvero come percezione
quantitativa della percentuale di reati commessi nel
contesto di riferimento indagato.
Il c.d. rischio vittimogeno, vale a dire la probabilità
concreta che un determinato soggetto possa rimanere
vittima di un reato, tenuto conto di tutte le variabili
consistenti nelle cc.dd. predisposizioni vittimogene, é un
concetto strettamente legato al concetto visto sopra,
quello di paura del crimine.
In sostanza il problema maggiore é quello
di distinguere tra aspetto emotivo e aspetto
cognitivo.
Quanto ti senti sicuro a camminare da solo nel tuo vicinato
di notte?”
“Quanto é probabile che una persona che cammina per
questi luoghi di notte venga importunata o aggredita?
“C’é una qualche zona qui nei dintorni, dove avresti paura a
camminare di notte da solo?”;
“Quanta paura hai di….
LE RICERCHE IN VITTIMOLOGIA
Le ricerche in vittimologia si possono suddividere in due
grandi filoni: le ricerche di tipo quantitativo e quelle di
tipo qualitativo; entrambe hanno come finalità la
diagnosi, la prevenzione e la riparazione del danno
subito dalla vittima.
Gulotta suddivide ulteriormente queste ricerche in
“direttamente vittimologiche” e “indirettamente
vittimologiche”: le prime si occupano della vittima come
tale, la loro finalità è l’approfondimento delle caratteristiche
psico-fisiche e sociali delle vittime di determinati reati; le
seconde sono finalizzate, invece, allo studio di crimini
specifici e solo indirettamente si occupano delle
caratteristiche delle vittime coinvolte in detti crimini.

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XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
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M. Monzani, Le parole della violenza

  • 1. Seminario ISTAT- IUSVE-SCRIVI 6 marzo 2019 Le parole della violenza Prof. Marco Monzani – Direttore SCRIVI - Università IUSVE di Venezia
  • 2. Le parole della criminologia Le parole dei mass media
  • 3. DIFFERENZE TRA I DUE MONDI MONDO DELLA CRIMINOLOGIA - Applicazione del metodo scientifico allo studio della “questione criminale”. MONDO DELLA COMUNICAZIONE - Morabito: “L’uomo della società tecnologica è l’uomo dell’immediatezza, che non intende i procedimenti ma esige il risultato”.
  • 4. TERRENO COMUNE TRA I DUE MONDI Forti: “Se c’è un luogo concettuale che pare risucchiare tutte le più forti emozioni esso è l’attrazione dei media per il crimine”.
  • 5. ELEMENTO COMUNE TRA I DUE MONDI La VITTIMA del reato è costantemente trascurata sia dal mondo della criminologia che dal mondo della comunicazione.
  • 6. CRIMINOLOGIA Scienza autonoma, multidisciplinare e multifattoriale che ha per oggetto di studio il fatto-reato, l’autore del reato e la reazione sociale al reato… …e la vittima?
  • 7. CRIMINOLOGIA Forti: “…la protratta cecità nei confronti della vittima è stato evidentemente l’ennesimo agro frutto dell’antico male criminologico del pensare per autori di reato, retaggio della tradizionale ancillarità nei confronti di un diritto penale segnato a sua volta dalla vocazione a ricercare sempre e comunque il colpevole da sottoporre a sanzione”.
  • 8. COMUNICAZIONE La vittima è costantemente sottorappresentata dal mondo dei media Spazio in prima pagina = 2,7% Spazio nei telegiornali = 4-5% rispetto allo spazio riservato al solo avvenimento di reato e non rispetto al totale delle notizie pubblicate.
  • 9. Perché la vittima è sottorappresentata? Processo mediatico parallelo e anticipato Limitare reazioni vendicative da parte dell’autore Tentativo di limitare la seconda vittimizzazione COMUNICAZIONE
  • 10. COMUNICAZIONE Uso sistematico dei registri del curioso, del divertente, dell’eccitante, del sensazionale e del pruriginoso…
  • 11. Il ruolo dei mass media nella consapevolezza della vittimizzazione
  • 12. RAPPRESENTAZIONE E RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE DUE TEORIE A CONFRONTO La rappresentazione del fatto crea un effetto imitativo per cui la notizia da puro elemento conoscitivo si trasforma in sollecitazione alla ripetizione del fatto. La rappresentazione del fatto provoca una sorta di catarsi che consente allo spettatore di scaricare a livello fantastico la propria aggressività.
  • 13. RAPPRESENTAZIONE E RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE Molto ci si è occupati dell’influenza dei mass media sulla criminalità ma poco ci si è occupati dell’influenza dei mass media sulla vittimizzazione.
  • 14. RAPPRESENTAZIONE E RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE RAPPRESENTAZIONE Riguarda il COME viene presentato un fatto-reato da parte dei mass media. RAPPRESENTATIVITA’ Riguarda il QUANTO viene presentato un fatto-reato rispetto alla reale frequenza del reato stesso.
  • 15. RAPPRESENTAZIONE DEL CRIMINE - Trattazione del crimine come fatto individuale e non sociale - Impersonalità della vittima - Storia unidimensionale dei protagonisti - Nelle fiction in crimine “non paga” mai - Diverse terminologie utilizzate
  • 16. Delinquente o disonesto? VITTIMA: 1 banca VITTIMA: 15.000 famiglie DANNO: 2.000 euro DANNO: 6 milioni di euro DELINQUENTE/CRIMINALE DISONESTO
  • 17. RAPPRESENTAZIONE DEL CRIMINE Ceretti: “Non ho imbarazzi a sostenere che quando la televisione agisce ponendosi come oracolo di decisioni che dovrebbero maturare altrove, assume una valenza simile a quella del perverso. Diviene infatti un piccolo legislatore che non tiene in considerazione le pronunce giudiziarie ma legalizza e legittima le proprie decisioni sostituendosi alla legge”.
  • 18. RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE Sovrastima dei reati violenti in confronto con altri reati e rispetto al dato di realtà. Es. tasso di omicidi = - 20% storie di omicidi = + 600% Es. crimini violenti rappresentati 15 volte di più rispetto alle inchieste di vittimizzazione. Es. l’uso della parola “paura” è aumentato, dal 1990, del 100%.
  • 19. RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE Fatti piuttosto rari vengono considerati avvenimenti comuni: es. delitto di Cogne Es. delitto di Novi Ligure
  • 20. RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE Fatti che avvengono quotidianamente vengono ritenuti recrudescenti : es. femminicidio Es. abusi su minori Es. casi di meningite
  • 21. RAPPRESENTATIVITA’ DEL CRIMINE Sottostima dei reati cc.dd. senza vittime (es. reati ambientali) e dei reati dei colletti bianchi, in confronto con i reati violenti e rispetto al dato di realtà.
  • 22. Rappresentazione e rappresentatività del crimine incidono sulla percezione della criminalità (aspetto cognitivo) e sulla paura del crimine (aspetto emotivo) Percezione distorta della criminalità in termini quantitativi e qualitativi e del RISCHIO VITTIMOGENO. Ogni morto per omicidio vi sono 600 morti per cancro ai polmoni dovuto a inquinamento ambientale. 1/800
  • 23. La leucemia infantile provoca la morte di circa 2400 bambini ogni anno in Europa. Meno del 10% dei casi è dovuta a predisposizione genetica; oltre il 90% è dovuta a cause ambientali, dunque… 90 %
  • 24. 2006: TOTALE MORTI: 558.614 Tumore: 168.664 Malattie del sistema circolatorio: 220.074 Malattie del sistema respiratorio: 35.751 Malattie della pelle: 905 Incidenti d’auto: 6.140 Suicidio: 3.701 Omicidio: 532
  • 25. Eppure ci tuteliamo dal rischio di omicidio molto di più di quanto non ci tuteliamo rispetto, ad esempio, all’inquinamento ambientale, agli incidenti stradali, agli incidenti sul lavoro, ecc… Sopravvalutiamo quei pericoli di cui verremo più difficilmente a contatto e sulla base di questi misuriamo la sicurezza della nostra vita, e sottovalutiamo quei pericoli ai quali siamo statisticamente più esposti.
  • 26. La sovra-rappresentatività dei reati violenti porta ad una iper-sensibilizzazione e a una percezione distorta del dato di realtà: Es. In Germania sondaggio sulla stima di omicidi ogni anno in Italia: omicidi ritenuti = 200.000 omicidi reali = 860 LA CRIMINALITA’ VIOLENTA E’ IN COSTANTE DIMINUZIONE DA DECENNI A QUESTA PARTE
  • 27. Far emergere cosa? LA CONSAPEVOLEZZA… Quale consapevolezza? La consapevolezza del RISCHIO REALE La sovra-rappresentatività dei reati violenti porta ad una iper-sensibilizzazione la quale provoca, a sua volta, un ingiustificato senso di insicurezza e una sottovalutazione del rischio rispetto ad altre situazioni.
  • 28. NON VITTIME = iper-sensibilizzazione o, per contro, assuefazione al problema; sottovalutazione rispetto ad altre situazioni. VITTIME = de-sensibilizzazione emotiva dovuta a rappresentazione di situazioni “peggiori”; diversi gradi di consapevolezza, c.d. EFFETTO PARAGONE.
  • 29.
  • 30. Michele Serra (La Repubblica, 20/7/2004): “Dal caso Franzoni, qualunque sia l’opinione in termini di colpevolezza o di innocenza, abbiamo imparato la nostra disperata incapacità di fare silenzio, di sospendere la chiacchiera, di prosciugare l'emozione in favore di una decente e rispettosa assenza di risposte a domande troppo difficili. Quando non c'è misura, in questa inevitabile attrazione dell'opinione pubblica per la cronaca nera, il delitto diventa mercato, un mercato indecente nel quale si vendono vittime, colpevoli, testimoni, inquirenti come un clamoroso cast televisivo”.
  • 31. Noi criminologi non dovremmo accettare ruoli riduttivi del nostro status o incompatibili con la nostra dignità o libertà scientifica.
  • 33. Negli ultimi anni, anche a seguito di consistenti fenomeni migratori, il tasso della criminalità generale sembrerebbe essere in aumento… Ma la criminalità è realmente in aumento, oppure si tratta di una semplice distorsione della percezione del tasso di criminalità, dovuta a diversi fattori?
  • 34. Ad esempio, i mezzi di comunicazione di massa e, a volte, anche importanti studiosi del settore, sono concordi nel ritenere che la criminalità intrafamiliare sia in costante aumento; a volte parlano addirittura di una vera e propria «emergenza» legata alla criminalità intrafamiliare
  • 35. E’ vero che oggi la criminalità intrafamiliare incide percentualmente in modo maggiore, rispetto a qualche anno fa, rispetto alla criminalità totale; ma ciò non è frutto di un aumento della prima, bensì di una costante diminuzione della seconda.
  • 36. Sono, dunque, i mezzi di comunicazione di massa, assieme ad una lettura poco attenta del dato statistico, a creare nell’opinione pubblica la convinzione errata che la nostra società è sempre più violenta e invasa da un notevole “problema sicurezza”? Sono le campagne elettorali dei diversi schieramenti politici a creare questa convinzione? Quanto è possibile “giocare” sul sentimento di insicurezza e paura che riguarda ognuno di noi? E soprattutto, quanto è etico tutto ciò?
  • 37. Anche i principali studi a riguardo non discriminano tra due concetti diversi: la “paura del crimine” e la “percezione della criminalità”. Il primo concetto tocca corde emotive, il secondo corde cognitive, dunque due concetti molto diversi tra loro ma che troppo spesso vengono utilizzati come sinonimi dagli stessi addetti ai lavori.
  • 38. Cosa si intende dunque per percezione della criminalità? E cosa si intende per paura del crimine? I mezzi di comunicazione di massa contribuiscono a formare una percezione alterata del fenomeno criminalità, contribuendo così anche a creare una eccessiva paura del crimine? I mezzi di comunicazione di massa, per quanto riguarda il fenomeno criminalità, contribuiscono a creare un allarme sociale ingiustificato dal dato statistico?
  • 39. Tale percezione è fondata su dati di “carattere scientifico” o è il frutto di stereotipi? Quanto incide la paura del crimine sulla qualità della vita? Quanto i cittadini italiani percepiscono la loro città sicura? Quanto incide detta paura sul comportamento? L’azione di detta variabile è ancor più significativa per soggetti già vittimizzati?
  • 40. Mathieu e Lee individuano il limite delle definizioni e misurazioni della paura del crimine nella confusione tra quest’ultima ed il concetto di vulnerabilità o rischio percepito di poter rimanere vittima di reati, ovvero nella confusione tra aspetto emotivo e aspetto cognitivo. Rilevare la percezione di rischio del soggetto di subire un crimine (giudizio sulla probabilità di divenire vittima) non coincide con la rilevazione della reazione emotiva legata alla paura del crimine stesso; inoltre la percezione di scarsa sicurezza, potrebbe tradursi nella sola consapevolezza del rischio, senza che questo esponga il soggetto a dinamiche emotive di paura.
  • 41. È pertanto fondamentale chiarire la differenza, sia dal punto di vista concettuale, sia nella operazionalizzazione delle variabili, tra vulnerabilità e paura del crimine. Il concetto di vulnerabilità può essere assimilato a quello di percezione della criminalità intesa come “fenomeno soggettivo”, ovvero come percentuale autopercepita del rischio di rimanere vittima di un reato.
  • 42. La paura è un’emozione che coinvolge l’organismo nella sua globalità ed è attivata da una particolare situazione- stimolo circoscritta. In altre parole la paura è un sentimento soggettivo indotto da situazioni diverse e personali. Cosa si intende con il termine paura del crimine? In letteratura con questo termine ci si riferisce alla paura di rimanere vittima di un determinato crimine, ovvero un sentimento di anticipazione della vittimizzazione..
  • 43. Il concetto di paura del crimine dunque identifica il fenomeno emotivo di turbamento, smarrimento, ansia generati dall’anticipazione cognitiva del pericolo. Riteniamo inoltre che il concetto di paura del crimine si leghi strettamente non soltanto alla paura del crimine in senso stretto, ma in termini più allargati anche alla paura delle conseguenze cui il crimine esporrebbe la persona. La conseguente operazionalizzazione del concetto deve far riferimento alla vita quotidiana dell’individuo e non a situazioni ipotetiche che coinvolgano tra l’altro un contesto allargato; inoltre deve riferirsi a specifici reati e non al crimine in modo aspecifico.
  • 44. I due concetti appena descritti si differenziano infine dalla percezione della criminalità intesa come “fenomeno sociale” ovvero come percezione quantitativa della percentuale di reati commessi nel contesto di riferimento indagato.
  • 45. Il c.d. rischio vittimogeno, vale a dire la probabilità concreta che un determinato soggetto possa rimanere vittima di un reato, tenuto conto di tutte le variabili consistenti nelle cc.dd. predisposizioni vittimogene, é un concetto strettamente legato al concetto visto sopra, quello di paura del crimine.
  • 46. In sostanza il problema maggiore é quello di distinguere tra aspetto emotivo e aspetto cognitivo.
  • 47. Quanto ti senti sicuro a camminare da solo nel tuo vicinato di notte?” “Quanto é probabile che una persona che cammina per questi luoghi di notte venga importunata o aggredita? “C’é una qualche zona qui nei dintorni, dove avresti paura a camminare di notte da solo?”; “Quanta paura hai di….
  • 48. LE RICERCHE IN VITTIMOLOGIA Le ricerche in vittimologia si possono suddividere in due grandi filoni: le ricerche di tipo quantitativo e quelle di tipo qualitativo; entrambe hanno come finalità la diagnosi, la prevenzione e la riparazione del danno subito dalla vittima.
  • 49. Gulotta suddivide ulteriormente queste ricerche in “direttamente vittimologiche” e “indirettamente vittimologiche”: le prime si occupano della vittima come tale, la loro finalità è l’approfondimento delle caratteristiche psico-fisiche e sociali delle vittime di determinati reati; le seconde sono finalizzate, invece, allo studio di crimini specifici e solo indirettamente si occupano delle caratteristiche delle vittime coinvolte in detti crimini.