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Stereotipi dell'immigrazione:
Percezione interculturale
Manuel Carigi e Davide Valacchi
1- Introduzione
Il fenomeno dell'immigrazione che da alcuni anni ad oggi sta prendendo piede nel
nostro paese, è divenuto oramai oggetto di numerosi dibattiti e controversie; Ciò di
cui stiamo parlando è un argomento di talmente elevata importanza e diffusione che
nessuno, o quasi, può esserne all'oscuro. Basterebbe seguire un qualsiasi notiziario in
televisione o sfogliare un quotidiano per avere la certezza di potersi ritrovare di fronte
ad articoli inerenti all'argomento, quali i famosi sbarchi a Lampedusa o i problemi
inerenti ai centri di prima accoglienza.
La questione in dibattito è: Come questo fenomeno influisce sulla nostra percezione e
sul nostro pensiero? Possono i mass-media far leva formando in noi tutti degli
stereotipi a riguardo, pur non avendo esperienze dirette con persone appartenenti ad
altre culture?
Geertz descrive il panorama globale in cui viviamo, come un 'gigantesco collage'
(Mantovani, 2004),asserendo che:
“Non è solo il fatto che nei telegiornali sentiamo parlare di assassini in India, di
bombardamenti in Libano, di colpi di stato in Africa e di attentati in Centro America
mescolati a disastri locali cui seguono discussioni sui metodi giapponesi di fare
affari, sulle forme di fanatismo persiano e sugli stili negoziali degli
arabi...Assistiamo a una migrazione di tradizioni gastronomiche, di oggetti
d'arredamento, di decorazioni.[...] Il tizio che incontriamo dal fruttivendolo potrebbe
venire dalla Corea come da Giava, la persona con cui ci imbattiamo alla posta
potrebbe essere algerina o dell'Auvergne, un tale incontrato in banca potrebbe venire
da Bombay come da Liverpool” (Geertz, 1994).
Leggendo il testo, viene spontaneo chiederci come facciamo quindi ad avere dei
pareri riguardo questo argomento, pur conoscendo un ristretto numero di persone
straniere, o addirittura non conoscendone affatto.
Una ricerca di questo tipo basata sul livello di pregiudizio e tolleranza verso gli
immigrati, è stata condotta su studenti di istituti Superiori a Vicenza, in cui vi è un
elevato numero di persone immigrate.
La ricerca condotta dimostra che interazioni occasionali ma volontarie possono
portare a una diminuzione del livello di pregiudizio, ma non sempre il contatto
costante con l'altro può essere sinonimo di tolleranza; A riguardo, anche il vivere in
zone residenziali con presenze di altre etnie, può essere significativo per la
formazione di un nostro giudizio a riguardo. (Volpato, 2000).
2- Le meccaniche in gioco
Volendo dare una spiegazione a tutto questo, o perlomeno a generare un quadro di
riflessione del perché agiamo o pensiamo in questo modo, vale la pena introdurre il
discorso inerente tutto ciò che riguarda il nostro effetto di innescamento (o priming),
sconosciuto alla maggior parte di coloro che formano un rapido giudizio su cose,
persone o eventi spacciandolo per 'farina del proprio sacco'.
La nostra memoria è un complesso circuito di associazioni inerenti a qualsiasi
argomento, da noi categorizzato generalmente a seconda di come percepiamo il
mondo, e il priming è il cosiddetto 'ripescaggio' delle associazioni in brevi lassi di
tempo, una cosiddetta 'percezione immediata'; Generalmente, è questa nostra capacità
a fornire pareri inconsci, ossia immediati e non 'filtrati' dal nostro conscio, a creare un
quadro di pensieri, aspettative o schematiche riguardo qualsiasi argomento,
garantendoci una rapida risposta associativa nel caso in cui, ritornando in-topic, ci
trovassimo di fronte a una persona straniera.
Questo è un utile tornaconto nel caso dell'effetto ordine (o Primacy) in cui, proviamo
ad immaginare, ci ponessimo degli interrogativi dinnanzi ad un formato standard dei
titoli di giornale, riguardo un articolo che riporta in grassetto la dicitura “Rumeno
ruba.../ Algerino accoltella...” ; Basterebbero solamente queste due parole chiave per
farci scattare il sopracitato meccanismo associativo, e rinforzare ulteriormente le
diverse informazioni che si possiedono riguardo quel dato insieme, senza avere
nemmeno il bisogno poi, di terminare la lettura del pezzo giornalistico su cui ci siamo
posti l'esempio.
Parole chiave in questi casi, quali “Albanese” oppure “Rumeno”, hanno maggiore
risalto rispetto a “Indiano”, in quanto sono termini che sentiamo oramai
quotidianamente, finendo poi col trarre le classiche conclusioni comuni che “Si tratta
sempre di loro” (riferito al paese di origine).
Ciò spinge a generalizzare e a fare di alcune etnie il capro espiatorio di tutto quanto
accade di ingiusto, mentre dovremmo tenere conto che, nel 2011, su 60.625.442
Italiani, spiccavano in testa 968.576 Rumeni e 482.627 Albanesi. (Secondo Rapporto
Annuale sul Mercato del Lavoro degli immigrati, p. 23).
Alla luce di simili dati, è facile dedurre che la maggior percentuale di comparsa delle
parole chiave nelle testate giornalistiche o presenti in altri mass-media, è dovuta alla
loro incidenza su territorio nazionale, e che se considerassimo lo stesso popolo
Italiano alla precedente maniera in virtù di questi dati, potremmo con certezza porre
un individuo Italiano come primo concorrente nella classifica dei reati giudiziari.
Autori di una ricerca hanno investigato l'effetto di una presentazione 'casuale' su una
serie di costrutti, i quali implicavano l'autocontrollo dei partecipanti sulla attivazione
di stereotipi riguardo gli immigrati.
Per far attivare questi ultimi, è stato chiesto ai partecipanti di rispondere ad una scala
di misura del pregiudizio delle persone verso gli stranieri; Sono stati poi soggetti al
priming, usando frasi random con parole neutrali o inerenti al proprio autocontrollo.
Dopo essere stati soggetti dell'effetto priming, è stato richiesto ai partecipanti di
valutare un comportamento anomalo di una cosiddetta persona 'bersaglio' del
compito.
Sulla base di 3 esperimenti, i risultati hanno mostrato che i partecipanti sottoposti ad
autocontrollo hanno classificato gli individui-bersaglio in maniera più positiva,
rispetto a coloro che sono stati impegnati con parole neutrali (Araya, 2002.
Si è inoltre sostenuto che lo stereotipo priming (tempi di risposta più rapidi per
coppie di parole stereotipati, come nero-povero, che per coppie di parole non
stereotipati, come il nero-mite) è in parte una funzione dei bias nel sistema di
credenze inerente alla propria cultura di appartenenza. (Verhaeghen, 2011).
3- Come il diverso viene percepito ostile?
Il fenomeno dell'immigrazione ha interessato l'Italia solo negli ultimi venti anni, dopo
decadi di emigrazione da parte nostra verso altri paesi, di connazionali in cerca di
fortuna.
L'evolversi rapido di questi eventi ha colto alla sprovvista tutti i paesi che ne sono
stati colpiti: Le loro organizzazioni politiche, scolastiche, lavorative, il modo di
vivere delle persone, e sopratutto il loro senso di sicurezza quotidiano.
“Gli immigrati in italia continuano ad essere percepiti come una minaccia: stranieri
che vogliono entrare in paesi più ricchi di quelli da cui provengono, e chiedono che
siano aperti loro i cancelli, i confini, e che, in caso di rifiuto li abbattono con
violenza, oppure cercano di attraversarli di nascosto.” (Andolfi, 2003).
Saskia sostiene: “I movimenti immigratori non nascono per il semplice fatto che
alcuni individui desiderano migliorare le proprie condizioni di vita, bensì sono
conseguenza di una complessa serie di processi economici e geopolitici complessi.
Chi si proponga di capire il problema dell'immigrazione deve pertanto analizzare in
che modo, quando e per quali ragioni governi, poteri economici, media e
popolazione dei paesi sviluppati si trovano coinvolti in tali processi.
[...]I processi migratori sono estremamente selettivi, poiché soltanto determinati
gruppi di individui lasciano il proprio paese d'origine; né costoro si dirigono alla
cieca verso qualsiasi paese ricco che prometta di accoglierli.
Le vie dell'emigrazione hanno una struttura ben riconoscibile, connessa con le
relazioni e interazioni che si stabiliscono tra i paesi di partenza e di arrivo.”
(S.Saskia, 1999).
In un paese come l'Italia, in cui nonostante siano passati parecchi anni dalla nostra
Unità, e in cui vige tuttora un forte campanilismo tra le regioni, non è certamente
difficile immaginare che nel caso in cui si tratti di parlare addirittura di persone
provenienti da altri paesi, si possa quindi arrivare a far uso di forti e solidi group-
serving bias a favore degli Italiani, e a discapito di chi non è appartenente alla nostra
Nazione.
Rispetto ai dati dell’intera popolazione nazionale, essi incidono per il 3.5% sulle
imprese, per il 7.5% sugli iscritti a scuola, per il 10% sugli occupati, per il 13% sulle
nascite, per il 15% sui matrimoni (Caritas-Migrantes, 2011).
L'integrazione spaventa sopratutto sul piano del lavoro, in quanto la disoccupazione
ha raggiunto il doppio del valore registratosi 10 anni addietro; Si teme specialmente il
fatto che si dia priorità in termini di posti di lavoro all'individuo sconosciuto,
piuttosto che al cittadino nato e cresciuto in patria.
Riferimenti e fonti bibliografiche in ordine di apparizione:
-(Andolfi M., La Mediazione Culturale, tra l'estraneo e il familiare (2003),
FrancoAngeli, pag.78)
-(Araya, Akrami, Ekehammar, Hedlund; Experimental Psychology(2002), Vol 49(3),
pp. 222-227)
-(Caritas-Migrantes, 2011)
-(Geertz 1994, pag. 558)
-(Mantovani G., Intercultura, è possibile evitare le guerre culturali? (2004) Il
Mulino, pag.39)
-(Saskia S., Migranti, coloni, rifugiati, (1999, trad.it.) Feltrinelli, Milano,)
-(Secondo Rapporto Annuale sul Mercato del Lavoro degli immigrati, p. 23)
-(Verhaeghen, Aikman, Van Gulick, British Journal of Social Psychology (2011), Vol
50(3) pp. 501-518)
-(Volpato, Chiara, Rattazzi, Manganelli, Ricerche di Psicologia (2000), Vol 24(3-4),
pp. 57-80)

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  • 1. Stereotipi dell'immigrazione: Percezione interculturale Manuel Carigi e Davide Valacchi 1- Introduzione Il fenomeno dell'immigrazione che da alcuni anni ad oggi sta prendendo piede nel nostro paese, è divenuto oramai oggetto di numerosi dibattiti e controversie; Ciò di cui stiamo parlando è un argomento di talmente elevata importanza e diffusione che nessuno, o quasi, può esserne all'oscuro. Basterebbe seguire un qualsiasi notiziario in televisione o sfogliare un quotidiano per avere la certezza di potersi ritrovare di fronte ad articoli inerenti all'argomento, quali i famosi sbarchi a Lampedusa o i problemi inerenti ai centri di prima accoglienza. La questione in dibattito è: Come questo fenomeno influisce sulla nostra percezione e sul nostro pensiero? Possono i mass-media far leva formando in noi tutti degli stereotipi a riguardo, pur non avendo esperienze dirette con persone appartenenti ad altre culture? Geertz descrive il panorama globale in cui viviamo, come un 'gigantesco collage' (Mantovani, 2004),asserendo che: “Non è solo il fatto che nei telegiornali sentiamo parlare di assassini in India, di bombardamenti in Libano, di colpi di stato in Africa e di attentati in Centro America mescolati a disastri locali cui seguono discussioni sui metodi giapponesi di fare affari, sulle forme di fanatismo persiano e sugli stili negoziali degli arabi...Assistiamo a una migrazione di tradizioni gastronomiche, di oggetti d'arredamento, di decorazioni.[...] Il tizio che incontriamo dal fruttivendolo potrebbe venire dalla Corea come da Giava, la persona con cui ci imbattiamo alla posta potrebbe essere algerina o dell'Auvergne, un tale incontrato in banca potrebbe venire da Bombay come da Liverpool” (Geertz, 1994). Leggendo il testo, viene spontaneo chiederci come facciamo quindi ad avere dei pareri riguardo questo argomento, pur conoscendo un ristretto numero di persone straniere, o addirittura non conoscendone affatto. Una ricerca di questo tipo basata sul livello di pregiudizio e tolleranza verso gli immigrati, è stata condotta su studenti di istituti Superiori a Vicenza, in cui vi è un elevato numero di persone immigrate.
  • 2. La ricerca condotta dimostra che interazioni occasionali ma volontarie possono portare a una diminuzione del livello di pregiudizio, ma non sempre il contatto costante con l'altro può essere sinonimo di tolleranza; A riguardo, anche il vivere in zone residenziali con presenze di altre etnie, può essere significativo per la formazione di un nostro giudizio a riguardo. (Volpato, 2000). 2- Le meccaniche in gioco Volendo dare una spiegazione a tutto questo, o perlomeno a generare un quadro di riflessione del perché agiamo o pensiamo in questo modo, vale la pena introdurre il discorso inerente tutto ciò che riguarda il nostro effetto di innescamento (o priming), sconosciuto alla maggior parte di coloro che formano un rapido giudizio su cose, persone o eventi spacciandolo per 'farina del proprio sacco'. La nostra memoria è un complesso circuito di associazioni inerenti a qualsiasi argomento, da noi categorizzato generalmente a seconda di come percepiamo il mondo, e il priming è il cosiddetto 'ripescaggio' delle associazioni in brevi lassi di tempo, una cosiddetta 'percezione immediata'; Generalmente, è questa nostra capacità a fornire pareri inconsci, ossia immediati e non 'filtrati' dal nostro conscio, a creare un quadro di pensieri, aspettative o schematiche riguardo qualsiasi argomento, garantendoci una rapida risposta associativa nel caso in cui, ritornando in-topic, ci trovassimo di fronte a una persona straniera. Questo è un utile tornaconto nel caso dell'effetto ordine (o Primacy) in cui, proviamo ad immaginare, ci ponessimo degli interrogativi dinnanzi ad un formato standard dei titoli di giornale, riguardo un articolo che riporta in grassetto la dicitura “Rumeno ruba.../ Algerino accoltella...” ; Basterebbero solamente queste due parole chiave per farci scattare il sopracitato meccanismo associativo, e rinforzare ulteriormente le diverse informazioni che si possiedono riguardo quel dato insieme, senza avere nemmeno il bisogno poi, di terminare la lettura del pezzo giornalistico su cui ci siamo posti l'esempio. Parole chiave in questi casi, quali “Albanese” oppure “Rumeno”, hanno maggiore risalto rispetto a “Indiano”, in quanto sono termini che sentiamo oramai quotidianamente, finendo poi col trarre le classiche conclusioni comuni che “Si tratta sempre di loro” (riferito al paese di origine). Ciò spinge a generalizzare e a fare di alcune etnie il capro espiatorio di tutto quanto accade di ingiusto, mentre dovremmo tenere conto che, nel 2011, su 60.625.442 Italiani, spiccavano in testa 968.576 Rumeni e 482.627 Albanesi. (Secondo Rapporto Annuale sul Mercato del Lavoro degli immigrati, p. 23). Alla luce di simili dati, è facile dedurre che la maggior percentuale di comparsa delle parole chiave nelle testate giornalistiche o presenti in altri mass-media, è dovuta alla loro incidenza su territorio nazionale, e che se considerassimo lo stesso popolo Italiano alla precedente maniera in virtù di questi dati, potremmo con certezza porre
  • 3. un individuo Italiano come primo concorrente nella classifica dei reati giudiziari. Autori di una ricerca hanno investigato l'effetto di una presentazione 'casuale' su una serie di costrutti, i quali implicavano l'autocontrollo dei partecipanti sulla attivazione di stereotipi riguardo gli immigrati. Per far attivare questi ultimi, è stato chiesto ai partecipanti di rispondere ad una scala di misura del pregiudizio delle persone verso gli stranieri; Sono stati poi soggetti al priming, usando frasi random con parole neutrali o inerenti al proprio autocontrollo. Dopo essere stati soggetti dell'effetto priming, è stato richiesto ai partecipanti di valutare un comportamento anomalo di una cosiddetta persona 'bersaglio' del compito. Sulla base di 3 esperimenti, i risultati hanno mostrato che i partecipanti sottoposti ad autocontrollo hanno classificato gli individui-bersaglio in maniera più positiva, rispetto a coloro che sono stati impegnati con parole neutrali (Araya, 2002. Si è inoltre sostenuto che lo stereotipo priming (tempi di risposta più rapidi per coppie di parole stereotipati, come nero-povero, che per coppie di parole non stereotipati, come il nero-mite) è in parte una funzione dei bias nel sistema di credenze inerente alla propria cultura di appartenenza. (Verhaeghen, 2011). 3- Come il diverso viene percepito ostile? Il fenomeno dell'immigrazione ha interessato l'Italia solo negli ultimi venti anni, dopo decadi di emigrazione da parte nostra verso altri paesi, di connazionali in cerca di fortuna. L'evolversi rapido di questi eventi ha colto alla sprovvista tutti i paesi che ne sono stati colpiti: Le loro organizzazioni politiche, scolastiche, lavorative, il modo di vivere delle persone, e sopratutto il loro senso di sicurezza quotidiano. “Gli immigrati in italia continuano ad essere percepiti come una minaccia: stranieri che vogliono entrare in paesi più ricchi di quelli da cui provengono, e chiedono che siano aperti loro i cancelli, i confini, e che, in caso di rifiuto li abbattono con violenza, oppure cercano di attraversarli di nascosto.” (Andolfi, 2003). Saskia sostiene: “I movimenti immigratori non nascono per il semplice fatto che alcuni individui desiderano migliorare le proprie condizioni di vita, bensì sono conseguenza di una complessa serie di processi economici e geopolitici complessi. Chi si proponga di capire il problema dell'immigrazione deve pertanto analizzare in che modo, quando e per quali ragioni governi, poteri economici, media e popolazione dei paesi sviluppati si trovano coinvolti in tali processi. [...]I processi migratori sono estremamente selettivi, poiché soltanto determinati gruppi di individui lasciano il proprio paese d'origine; né costoro si dirigono alla
  • 4. cieca verso qualsiasi paese ricco che prometta di accoglierli. Le vie dell'emigrazione hanno una struttura ben riconoscibile, connessa con le relazioni e interazioni che si stabiliscono tra i paesi di partenza e di arrivo.” (S.Saskia, 1999). In un paese come l'Italia, in cui nonostante siano passati parecchi anni dalla nostra Unità, e in cui vige tuttora un forte campanilismo tra le regioni, non è certamente difficile immaginare che nel caso in cui si tratti di parlare addirittura di persone provenienti da altri paesi, si possa quindi arrivare a far uso di forti e solidi group- serving bias a favore degli Italiani, e a discapito di chi non è appartenente alla nostra Nazione. Rispetto ai dati dell’intera popolazione nazionale, essi incidono per il 3.5% sulle imprese, per il 7.5% sugli iscritti a scuola, per il 10% sugli occupati, per il 13% sulle nascite, per il 15% sui matrimoni (Caritas-Migrantes, 2011). L'integrazione spaventa sopratutto sul piano del lavoro, in quanto la disoccupazione ha raggiunto il doppio del valore registratosi 10 anni addietro; Si teme specialmente il fatto che si dia priorità in termini di posti di lavoro all'individuo sconosciuto, piuttosto che al cittadino nato e cresciuto in patria. Riferimenti e fonti bibliografiche in ordine di apparizione: -(Andolfi M., La Mediazione Culturale, tra l'estraneo e il familiare (2003), FrancoAngeli, pag.78) -(Araya, Akrami, Ekehammar, Hedlund; Experimental Psychology(2002), Vol 49(3),
  • 5. pp. 222-227) -(Caritas-Migrantes, 2011) -(Geertz 1994, pag. 558) -(Mantovani G., Intercultura, è possibile evitare le guerre culturali? (2004) Il Mulino, pag.39) -(Saskia S., Migranti, coloni, rifugiati, (1999, trad.it.) Feltrinelli, Milano,) -(Secondo Rapporto Annuale sul Mercato del Lavoro degli immigrati, p. 23) -(Verhaeghen, Aikman, Van Gulick, British Journal of Social Psychology (2011), Vol 50(3) pp. 501-518) -(Volpato, Chiara, Rattazzi, Manganelli, Ricerche di Psicologia (2000), Vol 24(3-4), pp. 57-80)