SlideShare a Scribd company logo
In questo numero
POSTEITALIANES.p.A.SpedizioneinAbbonamentoPostale70%C/RM
Distribuzione · Unes
Gasbarrino: «Bezos suona
la sveglia alla Gdo»
Industria · L'Oréal
Scocchia: «Lenta ripresa
della cosmesi»
Troppa zavorra
frena il Paese
Il corsivo
segue a pagina 24
Antonini a pagina 15 Ferrario, Bardozzo e Mainardi a pagina 5
di Roberto Bucaneve
Idee e informazioni per gli associati
osa è avvenuto nella Gdo italiana
in sette lunghi anni di sofferenze?
Il primo dato da cui partire riguarda
gli equilibri fra i formati distributivi. Pro-
viamo a farlo guardando alla variazione as-
soluta e percentuale delle quote di mercato
per le principali tipologie di punto di vendi-
ta tra il 2008 e il 2014 (in merito si veda la
tabella a pagina 24).
La prima cosa evidente, e per molti ver-
si la più rilevante, è la crisi dell’ipermerca-
to, che malgrado uno sforzo promozionale
che ha dissanguato tutta la filiera (nel perio-
do considerato la pressione promozionale è
passata dal 23 al 30%), perde 1,3 punti (qua-
si l’8%). Una crisi strutturale che altera pro-
fondamente gli equilibri del settore.
L’iper compete infatti con tutti, stimo-
la la mobilità dei consumatori entro aree di
mercato più ampie e, con le sue difficoltà,
ha portato il largo consumo verso un più ac-
centuato confronto di prezzo. La sua ricon-
figurazione, con riduzioni di superfici e con-
versioni verso il superstore, influenzeranno
dunque tutto il sistema. E l’effetto più diretto
è proprio sul ruolo dei superstore, che più han-
no incrementato la loro quota di mercato (3,5
punti, +40%), e si candidano oggi a diventa-
re il formato di riferimento, con assortimento
completo e profondo.
Anche il discount ha guadagnato spazio
(1,3 punti, +13%), ma meno di quanto ci si
sarebbe potuti aspettare in una crisi così
lunga. Si è dunque incamminato su una stra-
da di stabile crescita e, fatto non scontato,
si è istituzionalizzato, con una maggiore at-
tenzione al fresco, l’inserimento di linee pre-
mium e anche di alcune marche industriali.
L'intervista
Parla Yoram Gutgeld, commissario
di Governo alla revisione della spesa
Ferrario a pagina 2
Estero
Francia: pacate riflessioni
sulla condanna di Leclerc
Colla a pagina 18
Supporti per le imprese
Con “Allineo” meno errori, più efficienza
e informazioni sempre aggiornate
Zini a pagina 14
Gestire i big data
Sfruttare le informazioni
per migliorare il sell out
Genzini a pagina 22
C
L
Sargenti:
«Noi non
chiediamo
listing fee»
Scoprite come lavora
Amazon con i fornitori grocery.
I punti di forza e le criticità
della relazione commerciale
con il marketplace più famoso
del mondo, che si candida
a giocare un ruolo di primissimo
piano nel contesto distributivo
del nostro Paese.
N.1/2 | Anno III | Gennaio 2016 www.ibconline.it
a cronaca ci vede stretti tra due poli. Da una
parte troviamo l’ottimismo di chi interpreta i più
“zerovirgola” della nostra economia come il se-
gno di un’inversione di rotta. Dall’altra c’è il pessi-
mismo sistematico di chi legge gli stessi numeri come
il frutto di fatti congiunturali irripetibili. Costretti tra
queste interpretazioni abbiamo perso di vista che, in-
sieme alla fine della recessione, il 2015 ha registrato sì
passi in avanti, ma ancora troppo lenti per risponde-
re con decisione al ritardo ed alle fragilità del nostro
sistema economico.
Il ministro Padoan, nelle pagine interne, fa riferi-
mento ad un “obiettivo crescita” cui è ispirata la po-
litica economica del Governo, ed effettivamente non
si può negare che un quadro di finanza pubblica risa-
nato e più solido è funzionale alla crescita. Le misu-
re della legge di Stabilità vanno nella giusta direzione,
ma quelle previste per ridurre la pressione fiscale su
famiglie ed imprese e per favorire investimenti ed oc-
cupazione sono limitate. E troppo timida è stata la ri-
duzione della spesa pubblica.
Di fronte al rischio di una “stagnazione secolare”
evocato dalla Confindustria e dallo stesso Padoan oc-
corrono più determinazione e coraggio, attuando in-
terventi che puntino a ridare vigore al nostro sistema
economico. Innanzitutto, politiche più decise a favore
degli investimenti, dell’innovazione, della ricerca: così
siridàcompetitivitàainostrisettoriindustrialies’inne-
sca una strutturale e positiva ripresa dell’occupazione.
Bisogna inoltre insistere sulla reale apertura dei
mercati: le liberalizzazioni, uscite dal radar della poli-
tica economica, devono tornarvi se vogliamo aumen-
tare la competitività del nostro Paese.
Occorre anche il rilancio della domanda interna e
preoccupa che l’aumento della tassazione dei consumi
resti sempre all’orizzonte: basti pensare che l’inaspri-
mento dell’imposta sul valore aggiunto è ancora un ri-
schio reale per il 2017 ed il 2018.
Su tutti questi terreni, Ibc proseguirà la sua azione
istituzionale per contribuire all’affermazione di un
quadro di politica economica più favorevole alle im-
prese ed alla creazione di ricchezza per il Paese.
Mainardi a pagina 9 Ghiggini a pagina 10
E-commerce · Effetto AmazonDiscount · Il punto sul format
Costantino, Goldstein e Russo alle pagine 2, 3 e 4
Grazie anche alla costante
azione svolta da Ibc sulle istituzioni,
l’aumento Iva previsto
per il 2016 è stato scongiurato.
Da qualche tempo i consumi
manifestano maggior dinamismo
e cresce il valore del carrello.
Ma è ancora presto
per parlare di vera ripresa…
Avanti
piano
E se
davvero
arrivasse
Aldi?
Non è la prima volta che
l’ingresso in Italia del Re del
discount viene dato per certo.
A dare la notizia da Francoforte
è il periodico Lebensmittel
Zeitung. Link·Ibc ne approfitta
per proporre un identikit del
gruppo tedesco. E riflettere
sullo stato del canale in Italia.
Distribuzione
Gasbarrino: «Bezos suona
la sveglia alla Gdo»
Mainardi a pagina 9
Tra crisi dell’ipermercato
e prossimità da ripensare
di Luca Pellegrini
Tra crisi dell’ipermercato
e prossimità da ripensare
I POSTER
DI LINK·IBC
La mappa del retail in Italia
Nelle pagine centrali
2 n. 1/2 · gennaio 2016
I
l largo consumo sta superando la stagnazio-
ne e da inizio 2015 reinventa strumenti e
modalità per rilanciare i mercati.
La tendenza acquisita fino a novembre
consente di prevedere una chiusura d’anno
in positivo sia per i volumi venduti (+1,7%)
sia per i ricavi (+2,5%).
Quattro fattori spiegano il trend: la rinnovata fi-
ducia delle famiglie sul proprio potere d’acquisto; la
multicanalità: il consumatore ha imparato a cerca-
re il miglior punto di vendita in funzione delle pro-
prie esigenze; la ricerca del valore al giusto prezzo;
la diversificazione: la filiera sta abbandonando tat-
tiche e strategie spesso indifferenziate e molti atto-
ri stanno adottando politiche di approccio al merca-
to più diversificate.
Il miglioramento della fiducia delle famiglie ha
consentito di riportare gli acquisti sui livelli del 2012.
È interessante notare che questi risultati sono stati ot-
tenuti senza spingere sulla pressione promozionale di
prezzo, un fatto nuovo dopo anni di crescita ininter-
rotta del ricorso a questa leva. Altro fattore degno di
nota è che la ripresa delle vendite Lcc è trainata dal-
le marche industriali, mentre i prodotti a marchio del
distributore stanno segnando il passo.
Tutto ciò, accanto alla stabilizzazione della pressio-
ne promozionale, ha contribuito alla ripresa del valo-
re del carrello, che si traduce in un moderato aumento
dell’indice medio dei prezzi (+0,8% la previsione di
chiusura del 2015), mentre l’inflazione a parità di pa-
niere è in leggera ripresa solo negli ultimi mesi.
Il cauto ottimismo è supportato anche da altri se-
gnali. Per esempio, sono in ripresa le vendite non de-
terminate da azioni tattico-promozionali di prezzo.
Parliamo delle cosiddette “vendite di base”, consi-
derate uno dei principali indicatori di salute di mar-
che e mercati. Fino a novembre si registra una ripre-
sa significativa (+3,0% a volume e +3,6% a valore).
Nel 2015 molti attori del sistema industria-distri-
buzione, che da soli rappresentano il 35% dei ri-
cavi Lcc, hanno adottato politiche di gestione del
prezzo con un respiro di medio periodo, allentando
l’uso della leva promozionale e ottenendo riscon-
tri più positivi sul fronte della domanda. In pratica
si passa da una situazione in cui la gran parte della
Gdo competeva principalmente con azioni di con-
venienza di breve periodo a una maggiore diversifi-
cazione nella gestione della leva. La pressione pro-
mozionale da alcuni mesi è in riduzione e si attesta
al 27,7%, con un calo di 0,6 punti rispetto all’analo-
go periodo 2014.
Per il 2016 prevediamo un consolidamento dei vo-
lumi attorno al punto percentuale a fronte di un ulte-
riore spunto dei prezzi (+0,8%). Sembra un risultato
modesto, ma bisogna considerare che in questa fase
di ripresa la domanda si riverserà soprattutto ver-
so l’acquisto di beni durevoli. Inoltre è importante
sottolineare che il trend previsto nel 2016 sconta in
parte il rimbalzo sull’effetto positivo dell’estate ec-
cezionalmente calda sulle vendite dei prodotti sta-
gionali, cosa che spiega per ben 0,6 punti percentua-
li la crescita dei volumi nel 2015 (+1,7%).
Questo scenario fa riferimento all’ipotesi che l’a-
zione di espansione monetaria, portata avanti dalle
autorità finanziarie europee, prosegua e ridia vigore
al sistema dei prezzi dei paesi membri e che il Go-
verno italiano non applichi inasprimenti fiscali, de-
primendo così i consumi. Il risollevamento del cli-
ma economico e della domanda sta infatti aiutando
la filiera a rendere più efficienti le proprie strategie
permettendo un recupero della capacità delle leve
di generare crescita, che auspicabilmente continue-
rà anche nel 2016. Di fondo resterà immutata anche
la tendenza della domanda ad aumentare la quota
parte di spesa Lcc nell’alimentare, un fatto che ha
caratterizzato tutti gli ultimi anni della crisi.
Iri
oram Gutgeld, commissario alla re-
visione della spesa e consigliere
economico di palazzo Chigi, è stato
per anni partner di McKinsey, una
delle più importanti società di con-
sulenza del mondo.
Sa interpretare i numeri, ma anche trasfor-
marli in strategie, obiettivi e nelle conseguenti
scelte operative per raggiungerli. Ha un'agen-
da fitta di impegni, ma accetta di rispondere ad
alcune domande di Link·Ibc sulle scelte di poli-
tica economica dell’Esecutivo.
Il Governo nei mesi scorsi ha promesso
tagli alla spesa pubblica, una legge di stabi-
lità vantaggiosa per i cittadini e che non ci
sarebbero stati aumenti dell’Iva per il 2016.
Qual è oggi il bilancio?
«Il bilancio di quasi due anni di governo e
due leggi di Stabilità è questo: circa 35 miliar-
di di euro di riduzione di tasse l'anno, dei qua-
li 31 su lavoro e produzione. Abbiamo anche
scongiurato l’aumento Iva previsto per il 2016.
Altre clausole di salvaguardia, per 23 mi-
liardi nel 2016 e nel 2017, sono state disinne-
scate. Nel 2018 diminuiremo l’Irpef. La ridu-
zione delle tasse è coperta da 20 miliardi di
contenimento di spesa e da un recupero dell'e-
vasione oltre che dalla riduzione del costo de-
gli interessi sul debito. Grazie a questi recu-
peri, riusciamo non solo a ridurre le tasse, ma
anche a contenere il deficit che passerà dal 3%
al 2,2%. Per la prima volta dopo nove anni ini-
zieremo ad abbassare il debito pubblico. Tutto
questo ha portato maggior fiducia, rilancio dei
consumi e l'inizio di un ciclo di investimenti,
soprattutto privati. Si inizia a vedere un calo
della disoccupazione, nuovi posti di lavoro e
crescita economica».
Nei 31 miliardi per il lavoro è compreso il
bonus di 80 euro?
«Si, vale circa 10 miliardi. È stato un contri-
buto importante al sostegno e al rilancio della
domanda. Altri risultati arriveranno sicuramen-
te dall’abolizione della tassa sulla prima casa: li
vedremo il prossimo anno. Un altro fronte d’im-
pegno è il miliardo di euro stanziato a favore
delle fasce più disagiate della popolazione».
Si è sempre parlato, almeno così si legge-
va nel documento di programmazione eco-
nomica	e	fi	nanziaria	di	aprile	2015,	di	una	
revisione della spesa 2016 da 10 miliardi di
euro.	Ora	però	l’importo	è	sceso	a	5,8	mi-
liardi. Come mai l’obiettivo non è stato rag-
giunto?
«Il recupero dell’evasione più consistente
del previsto e la crescita anch’essa superio-
re alle stime ci hanno permesso di rispetta-
re tutti gli obiettivi prefissati. Anzi: di fare
più di quanto il presidente del Consiglio ave-
va preannunciato. Abbiamo mantenuto, sep-
pur in forma più leggera, la decontribuzione
dei contratti a tempo indeterminato. Abbiamo
introdotto un super ammortamento del 140%
per chi investe in macchinari e beni strumen-
tali. Sono stati fatti importanti interventi per
il Sud, per il sociale e per la ripresa degli in-
vestimenti pubblici, soprattutto dei comuni.
Tagliare di più, in questo momento, avrebbe
richiesto tagli lineari che vogliamo evitare e
che non erano necessari».
Quali tagli alla spesa pubblica prevedete
nei prossimi anni?
«Continueremo a portare avanti i meccanismi
di vera efficienza che abbiamo messo in piedi
in questi mesi: la centralizzazione degli acqui-
sti, l'applicazione dei costi standard ai comuni e
così via. È prematuro dare delle cifre, ma i ri-
sparmi per il futuro saranno importanti».
L’Europa ha più volte invitato l’Italia a
ridurre le tasse sui redditi e a incrementare
quelle sui consumi. Lei cosa pensa di questa
ipotesi?
«Noi stiamo riducendo le tasse sui redditi
e sulla produzione senza incrementare quelle
sui consumi. Non aumenteremo né Iva né ac-
cise anche dopo il 2016. In alcuni settori sono
stati fatti negli anni precedenti aumenti di tas-
sazione dannosi. Non so se sarà possibile, ma
sarebbe bene poterli attutire».
Intervista raccolta a ottobre 2015
Economia
Grocery: crescita più lenta nel 2016
Consuntivi & Previsioni
Si ipotizza un punto percentuale, sempre che non ci siano sorprese fiscali.
Sembra un risultato modesto, ma bisogna considerare che in questa fase di ripresa
la domanda delle famiglie italiane si riverserà soprattutto sui beni durevoli
Parla il commissario alla revisione della spesa
Gutgeld
«Scongiurato
l’aumento
Iva 2016»
L’impegno
è stato mantenuto.
Ora si lavora per evitare
l’applicazione della clausola
di salvaguardia anche
nel prossimo biennio.
«Stiamo riducendo
le tasse sui redditi
e sulla produzione
senza incrementare
quelle sui consumi»
di Gianpaolo Costantino
di Ivo Ferrario
Y
L'evoluzione delle vendite a volume
(Var. %)
Totale Largo consumo confezionato. Ipermermercati, supermercati
libero servizio-piccolo, drugstore, discount. Vendite a valore a prezzi costanti.
Aggiornamento delle previsioni ottobre 2015 Fonte: IRi
-2
2
1
-1
0
2012
+0,3
2013
-1,3
2014
-0,8
P. 2015
+1,7
P. 2016
+1,1
Pressing su istituzioni
e partiti politici
n. 1/2 · gennaio 2016 3
«Il nostro obiettivo è lo sviluppo»
Le valutazioni del ministro dell'Economia e delle finanze
Il rapporto debito/Pil è previsto in diminuzione, per la prima volta dopo otto anni.
Sosterranno la ripresa anche la riduzione del carico fiscale su imprese e famiglie,
lo stimolo agli investimenti privati e lo sblocco degli stanziamenti pubblici
a fase di ripresa dell’economia italiana si sta progressi-
vamente rafforzando, nonostante lo scenario internazio-
nale sia divenuto negli ultimi mesi più complesso. Le sti-
me presentate nel documento programmatico di bilancio
confermano il quadro macroeconomico delineato nella
nota di aggiornamento del Def, in cui il Governo aveva
rivisto al rialzo la previsione di crescita del Pil per il 2015 dallo 0,7
allo 0,9% e quella per il 2016 dall’1,4 all’1,6%. Anche le proiezioni
per gli anni seguenti restano più favorevoli, pur nell’ambito di una
valutazione che rimane prudenziale.
La ripresa della domanda appare equilibrata nella composizione, so-
stenuta dalle esportazioni, ma anche dal rafforzamento dei consumi
interni e dalla ripartenza degli investimenti. Diversi indicatori sug-
geriscono un andamento positivo dell’economia italiana nel terzo tri-
mestre, in particolare nel settore dei servi-
zi. Sono evidenti anche i segnali di ripresa
dell’occupazione, che riflettono il migliora-
mento del ciclo in un contesto di accresciu-
ta adattabilità del mercato del lavoro. La fi-
ducia delle imprese e dei consumatori ha
raggiunto nel mese di ottobre i valori più
elevati dall’inizio della crisi. Secondo i dati
recentemente pubblicati dalla Commissio-
ne europea, l’indicatore sintetico del clima
economico dell’Italia è ora tra i più alti in
Europa, supportato dal rafforzamento del-
le riforme strutturali e dal miglioramento
delle condizioni monetarie e finanziarie.
Per continuare a sostenere il potenzia-
le di crescita dell’economia, il Governo ha
impostato una politica di bilancio favore-
vole alla crescita: lo scenario programma-
tico aggiornato prevede un miglioramento
del saldo di bilancio più graduale rispetto a
quello prefigurato dal programma di stabi-
lità dello scorso aprile.
Si è optato per una decelerazione del
ritmo di consolidamento delle finanze pubbliche per le seguenti ra-
gioni: la persistente debolezza dell’inflazione, dalla quale potreb-
be discendere un profilo di riduzione del debito meno marcato, pur
in presenza di una crescita reale più alta; l’aumento dell’incertez-
za a livello internazionale, in particolare connesso alle prospetti-
ve delle economie emergenti; l’esigenza di accrescere l’occupazio-
ne a un ritmo più elevato, per sostenere la crescita di lungo periodo.
Sosterranno la ripresa anche la composizione e la tipologia degli in-
terventi attraverso la consistente riduzione del carico fiscale su impre-
se e famiglie, lo stimolo agli investimenti privati, lo sblocco di risorse
per gli investimenti pubblici. L’intonazione della politica di bilancio
si accompagna alla progressiva riduzione dell’indebitamento netto, e
sfrutta gli spazi fiscali resi disponibili dalle clausole di flessibilità de-
finite dalla Commissione europea nella comunicazione del 13 genna-
io di quest’anno. Nel 2015 il disavanzo risulterà pari al 2,6% del Pil,
in riduzione rispetto al 3,0% nel 2014. Il miglioramento del saldo di
bilancio proseguirà nel 2016, anno in cui l’indebitamento netto è atte-
so scendere al 2,2% del Pil.
In linea con queste dinamiche il disavanzo strutturale aumenterà,
passando da -0,4% del Pil nel 2015 a -0,7% nel 2016; successivamente
tornerà a ridursi (-0,3% nel 2017), raggiungendo nel 2018 un saldo pari
a zero, coincidente con l’obiettivo di medio termine (Omt) per l’Italia.
Resta intatta la priorità di invertire la dinamica del rapporto tra il
debito pubblico e il Pil e di conseguirne una riduzione significativa
nell’orizzonte di previsione.
Nel 2016 il rapporto debito/Pil è previsto in diminuzione, per la pri-
ma volta dopo otto anni di crescita ininterrot-
ta, di 1,4 punti percentuali; negli anni successivi
il rapporto è atteso ridursi a un ritmo più elevato,
per raggiungere valori inferiori al 120% nel 2019.
La riduzione del rapporto debito/Pil beneficerà
della prosecuzione del piano di privatizzazioni, che
prevede proventi pari allo 0,4% del Pil nel 2015 e
allo 0,5% nei tre anni successivi.
Grazie al completamento dell’Ipo di Poste Italia-
ne, l’obiettivo del 2015 è stato non solo raggiunto,
ma anche superato. Ricordo che le privatizzazio-
ni si trovano all’incrocio di tre importanti proces-
si: la riduzione del debito, e i proventi delle priva-
tizzazioni vanno automaticamente a riduzione del
debito; la spending review: si tagliano trasferimen-
ti statali alle imprese che accedono al mercato dei
capitali; le politiche per la competitività: le imprese
quotate si irrobustiscono, diventano più forti e of-
frono servizi migliori.
Il profilo di riduzione del debito consentirà di sod-
disfare già nel 2016 la regola del debito, irrobusten-
do ulteriormente la fiducia dei mercati, come mo-
stra l’andamento dello spread.
Il Governo intende utilizzare i margini di flessibilità disponibili
all’interno delle regole europee, invocando la clausola volta a favorire
le riforme strutturali e quella per gli investimenti pubblici. L'Esecuti-
vo sfrutterà inoltre margini di bilancio per tenere conto dell’impatto
sul bilancio del flusso di rifugiati e migranti, qualora si raggiunga un
accordo a livello europeo al riguardo.
Ministro dell’Economia e delle finanze. Estratto dall’audizione preliminare
all’esame della manovra economica per il triennio 2016-2018 alle commissioni 5a
del Senato della Repubblica e V della Camera dei Deputati, ottobre 2015
Proseguono gli interventi istituzio-
nali di Ibc con l’obiettivo di con-
trastare gli aumenti Iva previsti per
il 2017 e il 2018. Il commissario di
Governo per la revisione della spe-
sa, nell’intervista a pagina 2, antici-
pa che non saranno attuati.
Per sostenere questa posizione, l’as-
sociazione ha in calendario incontri
con esponenti dell’Esecutivo e delle
forze politiche già nel primo trime-
stre 2016.
di Pier Carlo Padoan
Ma sulle liberalizzazioni
bisogna accelerare
Caro Direttore,
il consumatore è pronto alla rivoluzione del commercio, agli
hard discount come all’e-commerce, ma a che punto è l’Italia
con le liberalizzazioni? I dati 2013 dell’indice Ocse sulla regola-
mentazione del retail trade sono impietosi: misurano i requisiti
di registrazione, le licenze, le norme che proteggono gli incum-
bents e quelle specifiche sui large outlets, i controlli su prezzi,
promozioni e orari di apertura.
L’Italia emerge come il paese più chiuso tra tutti quelli del G20.
Non sono lontani soltanto i paesi anglosassoni, ma anche la tan-
to esecrata Germania, dove i supermercati chiudono nel tardo po-
meriggio del sabato, e pure i Brics e gli altri emergenti.
Ad onor del vero progressi sono stati realizzati nell’ultimo bien-
nio, soprattutto grazie al “Salva Italia”, che ha esteso a tutti gli
esercizi la libertà di orario, in precedenza limitata a quelli situa-
ti in località turistiche e città d’arte, e ha ridotto varie delle restri-
zioni allo svolgimento di attività commerciali, come l’obbligo di
rispettare una distanza minima tra negozi. Anche l’allargamento
della lista di prodotti che possono essere venduti nelle stazioni di
servizio è una misura opportuna.
Ma va fatto di più e va fatto meglio. I benefici sarebbero consi-
stenti. Secondo l’Ocse, in dieci anni un piano di liberalizzazioni
orientate alle best practice internazionali potrebbe incrementare
la produttività del 14,1%, di cui il 4,9% derivante dalla liberaliz-
zazionedeiservizidelcommercioeil7,4%diquelliprofessionali.
Lo dimostrano anche studi condotti sugli effetti della riforma
del 1998 (Decreto Legislativo n. 114) sulla struttura della Gdo.
Ricordiamoci che alcune regioni avevano emanato i corrispon-
denti decreti attuativi mentre altre avevano fatto poco.
Pur con queste differenze, in termini d’impatto sulla concen-
trazione, accesso dei consumatori, dimensioni degli esercizi e
qualità del servizio offerto, i risultati sono stati più significati-
vi di quanto atteso. Ora che la ripresa sembra finalmente con-
solidarsi è il momento per accelerare.
La lettera
In tema di liberalizzazioni riceviamo
questo intervento del direttore
della società di ricerche Nomisma,
che volentieri pubblichiamo.
di Andrea Goldstein
Migliorano le condizioni
monetarie e finanziarie
del Paese. Anche le proiezioni
per gli anni a venire
restano favorevoli,
pur nell'ambito
di una valutazione
che rimane prudenziale.
La riduzione del rapporto
tra debito e Pil beneficerà
della prosecuzione
del piano di privatizzazioni
L
4	 n. 1/2 · gennaio 2016
Vendite dirette:
+7,3% nei primi
nove mesi del 2016
	 Nei primi nove mesi del 2015, le vendite
delle imprese associate Univendita sono
ammontate a 1.148 miliardi di euro, pari
a un incremento del 7,3% sullo stesso
periodo dell’anno precedente. Dopo un
primo semestre chiuso con un +5,3%, le
vendite a domicilio consolidano la crescita e
confermano le previsioni di chiusura del 2015
a quota 1,6 miliardi di euro. Il comparto più
dinamico è stato quello dei beni durevoli per
la casa che, con un incremento dell’11,1% e
una quota di mercato del 60%, si conferma il
più importante, seguito da alimentari e beni di
consumo per la casa, in crescita del 7,8%.	
Sostenibilità: Costa
collabora con Pollenzo
	 La compagnia di navigazione Costa Cro-
ciere si è affidata all’Università degli Studi
di Scienze gastronomiche di Pollenzo per mi-
gliorare qualità, salubrità e sostenibilità del-
la sua proposta alimentare. Nei prossimi tre
anni gli esperti dell’ateneo piemontese rive-
dranno alcuni processi di preparazione del
cibo a bordo per minimizzare gli sprechi. Se-
lezioneranno i prodotti e i fornitori sulla base
di criteri di qualità, tradizione mediterranea e
sostenibilità; proporranno attività di sensibi-
lizzazione e di informazione rivolte agli ospi-
ti per renderli consapevoli dell’importanza
e del valore del cibo; faranno formazione su
misura per il personale Costa Crociere.
Parmigiano reggiano
modifiche al disciplinare
di produzione
	 L’assemblea del Consorzio del Parmigiano
reggiano ha approvato alcune modifiche
al disciplinare di produzione che incidono
sulla tutela della qualità e sul legame col
territorio. L’introduzione di nuovi sistemi
e parametri di controllo (riguardanti
isotopi, aminoacidi liberi e acido
ciclopropanico), contrasterà il fenomeno
delle contraffazioni.	 L’obbligatorietà
dell’impiego di latte di bovine nate nel
comprensorio di produzione rinsalderà il
legame fra il prodotto e il suo territorio.
TuttoFood diventerà
un hub di innovazione
	 TuttoFood, manifestazione fieristica
biennale di Fiera Milano, si candida a
diventare un hub di innovazione a tutto campo
per il settore agro-alimentare. Grazie alla
collaborazione appena avviata con Akesios,
società specializzata nell’organizzazione
di convegni e congressi medico-scientifici,
TuttoFood ospiterà “Spazio nutrizione”, un
programma di convegni e corsi realizzati da
autorevoli società medico-scientifiche.
	 Negli anni pari, quando TuttoFood non si
svolge, “Spazio nutrizione” sarà ospitato al
MiCo, il centro congressi di Fiera Milano
nella ex zona fiera del capoluogo lombardo.
La prima edizione si svolgerà dal 5 al 7
maggio 2016.
Costo della vita:
quali sono
le città più care?
	 Qual è la città dove fare la spesa costa di
più e quale quella dove costa meno? Sono
Zurigo, con 738 dollari e Kiev con 166, se-
condo l’indagine prezzi e stipendi della
banca svizzera Ubs, che ha calcolato il va-
lore di un carrello contenente 39 prodotti.
	 Fra le città dove la spesa costa meno fi-
gurano, dietro a Kiev, Sofia, Nuova Delhi,
Bucarest, Città del Messico, Praga, Varsa-
via, Riga, Mumbai e Vilnius. Fra quelle più
care, dopo Zurigo, Seul, New York, Gine-
vra, Chicago, Miami, Tokyo, Londra, Sid-
ney e Oslo. Escludendo la testa e la coda
della classifica, l’Europa si rivela il conti-
nente dove le città più care coesistono con
le più convenienti. Milano, con 405 dollari,
è appena sopra la media.
Il “marchio” Italia vale 1.455
miliardi di dollari
	 Il “marchio” Italia entra nella top ten dei
Nation brands 2015 con un valore di 1.455
miliardi di dollari, in crescita del 12% sull’anno
precedente. Stilata da Brand Finance con Fdi
Intelligence - Financial Times, la classifica
definisce il valore di un paese non in base al
Pil o ad altri asset tangibili o intangibili, ma
considerando unicamente la somma dei valori
dei marchi delle aziende nazionali.
	 In testa gli Usa, detentori di un soft
power, dovuto soprattutto ai blockbuster
dell’intrattenimento, che li tiene saldamente
ancorati al gradino più alto del podio mentre
il secondo concorrente, la Cina, arranca
perdendo l’1% del valore a causa del crollo
delle commodities. Perdita più consistente
(-4%) per il terzo classificato: la Germania.
La locomotiva d’Europa paga lo scandalo
Siemens: non quello Volkswagen, troppo
recente. Seguono Gran Bretagna, Giappone,
FranciaeunaformidabileIndia(+32%).Prima
dell’Italia troviamo il Canada in difficoltà
(-10%) ma mai come il Brasile (-17%), che
esce dalla top ten per lo scandalo PetroBras e
la stasi, se non recessione, dell’economia.
	 A sottolineare come la pace mondiale non sia
solo un bel sogno per idealisti, il report indica
come meglio performanti in assoluto l’Iran (il
cui valore dei marchi delle imprese è salito del
59%) seguito da Camerun e Tanzania; e come
peggiori Ucraina, Perù e Russia (-31%).	
È
una ripresa. Lenta e anomala, ma pur
sempre ripresa. È un Paese che torna
se non altro a camminare: per corre-
re ci vorrà ancora tempo e il protrar-
si di condizioni favorevoli. La re-
cessione è finita. È costata lacrime
e sangue alle famiglie italiane, che hanno la-
sciato sul piatto dal 2007 a oggi 122 miliardi
di euro (47 miliardi di minori risparmi e ben
75 miliardi di minori consumi).
	 Ma più che la variazione seppur minima di
segno positivo del prodotto interno lordo con
cui si è aperto il 2015 (la crescita attesa della
nostra economia è di un +0,7%) è il sentiment
degli italiani a essere cambiato.
	 La felicità è di casa nel Nord Europa. Tutta-
via gli italiani, al pari di tedeschi e francesi e
prima degli spagnoli (che peraltro hanno l’e-
conomia più in crescita) mostrano buoni livel-
li di soddisfazione per la propria qualità della
vita e il 52% delle persone (era il 41% appe-
na un anno fa) considera invariata o addirittu-
ra migliorata la propria situazione.
	 Sette anni di crisi hanno però lasciato cica-
trici profonde nel tessuto sociale del nostro
Paese: è un’Italia bipolare e schizofrenica,
sempre più lunga. Il Sud sempre più sud (tra
Trento e Calabria corrono più di 1.000 euro di
differenza nella spesa mensile) la forbice ge-
nerazionale si è allargata (gli under 35 spen-
dono 100 euro al mese in meno degli over 65)
e il lavoro continua ad essere la grande discri-
minante e la grande chimera.
	 Metamorfosi anche per i connotati dell’ita-
liano medio. Siamo i più palestrati e i più con-
nessi d’Europa (12mila palestre è il record in
Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra
pc e smartphone). Se non atei certo più laici e
indifferenti; i più evasori e tra i più altruisti:
a fronte di una stima di 200 milioni di euro di
evasione annua, sono 7 milioni gli italiani che
prestano il proprio tempo gratuitamente in at-
tività di volontariato.
	 Mangiamo la stessa quantità di cibo degli
Anni Settanta (2,8 chilogrammi al giorno),
ma si è profondamente modificata la dieta ali-
mentare e conseguentemente più estese le ti-
pologie di consumo. Impazziti per il bio da
un lato (+20% all’anno), cresce anche il “cibo
della rinuncia”: vegetariani (sono il 10%), ve-
gani (il 2%) ma anche fruttariani, crudisti, re-
ducetariani.
	 La parola d’ordine dei nuovi italiani è well-
ness, star bene, ma in senso meno edonistico
del passato: siamo i più magri d’Europa e tra
i più longevi, ci concediamo meno vizi di un
tempo (meno alcool, meno fumo). A guardare
i carrelli spicca la propensione per i consumi
etnici: +18% nell’ultimo anno; l’internaziona-
lizzazione del gusto - Expo o non Expo - ha
fatto centro nel nostro Paese.
	 Gli stili alimentari, però, diventano sempre
più liquidi: gli italiani sono un popolo di con-
sumatori infedeli; se è vero che in un anno
le famiglie frequentano in media 21 punti di
vendita alimentari di cui solo 6 supermerca-
ti e iper. Sharing economy da un lato (in Italia
vale più di un miliardo) e rivoluzione digitale
dall’altro stanno cambiando la faccia al Paese.
	 Più consumatori di servizi che di beni: al
possesso si sostituisce l’uso. La distribuzione
moderna corre seri rischi se non aggancia il
treno della forte e irreversibile innovazione:
lo sconvolgimento digitale è dietro l’angolo.
Direttore del Centro studi Ancc
Economia
Le cicatrici di sette anni di crisi
L'analisi / Una ripresa da consolidare
Dal 2007 a oggi sono stati bruciati 75 miliardi di minori consumi. Metamorfosi per i connotati
dell’italiano medio. Più consumatori di servizi che di beni. La distribuzione moderna corre seri rischi
se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione. Lo sconvolgimento digital è dietro l'angolo
di Albino Russo
• Imprese & mercati •
n. 1/2 · gennaio 2016 5
Negli Anni Duemila il cambiamento puoi anche ostinarti
a non cercarlo. Tanto è lui che ti trova. E spesso detta nuove
regole del gioco. E così capita che il marketplace dove compravi
a buon prezzo i libri americani di marketing, nel tempo,
estenda con successo il suo catalogo ad altri settori.
Fino al grocery, che è il tuo settore… «Beh, ma in Italia non lo
farà», pensi. «È un mercato troppo particolare». Guarda però
il caso: nel 2015 Amazon si veste da dettagliante grocery
(online ovviamente) e decide di cimentarsi proprio in questo
mercato così… particolare.
«Partire dal cliente e lavorare a ritroso», ama dire il fondatore
di Amazon, Jeff Bezos. Ed è partendo dal desiderio di non
deludere il consumatore che il marketplace costruisce la sua
offerta in Italia - se serve scavalcando le aziende produttrici
e approvvigionandosi da canali alternativi - contraddistinta
da un pricing così aggressivo da far imbufalire qualche retailer
offline nel pieno della stagione contrattuale con l’industria.
Quali opportunità e quali sfide l’ingresso di Amazon delinea
per i fornitori? E come reagirà la Gdo? Scopritelo nel servizio
che proponiamo nelle prossime pagine. Tenendo ben
presenti, come chiave di lettura, i quattro pilastri su cui Bezos
afferma di aver costruito il suo successo: fiducia, invenzione,
investimento ed eccellenza operativa
IO VENDO(anche grocery)
ONLINE
E-commerce
di Ivo Ferrario, Valentina Bardozzo
e Alessio Mainardi
Il fondatore e ceo di Amazon, Jeff Bezos
6 n. 1/2 · gennaio 2016
stantemente per espandere la nostra selezione e garantirti la miglio-
re esperienza di shopping online, quindi, se c’è qualcosa che ti pia-
cerebbe vedere nel nostro negozio, faccelo sapere».
Nel marketplace ci sono anche spazi pubblicitari che rimanda-
no a siti aziendali. Nel complesso, però, secondo diversi operato-
ri, Amazon non sembra (almeno per ora) guidato da una politica
orientata alla valorizzazione dei brand. «I prodotti sono presenti in
un contesto che non evidenzia i diversi posizionamenti», spiega il
direttore commerciale di una grande azienda alimentare. «Le foto
di alcune confezioni paiono recuperate e in alcuni casi datate». In-
somma: chi cerca la pura presenza sullo scaffale virtuale può anche
essere soddisfatto, ma chi vuole andare oltre e sfruttarlo per raffor-
zare la sua identità di marca probabilmente trova maggiore aper-
tura in altri marketplace internazionali. Amazon cambierà approc-
cio? Staremo a vedere.
Amazon nel grocery è un fatto su cui la Gdo sta riflettendo. Con-
trattaccare significa rispondere meglio al cambiamento delle abitudi-
ni di consumo, del palinsesto della vita quotidiana, dei target di rife-
rimento, delle esigenze emergenti con l’obiettivo sia di posizionarsi e
migliorare il servizio nelle rete di vendita tradizionale sia di costrui-
re marketplace virtuali con cui competere sullo stesso terreno.
WalMart, per esempio, ci sta lavorando: nel primo quadrimestre
2015 le vendite e-commerce del gruppo sono cresciute del 17%,
mentre quelle sviluppate con la rete fissa sono calate del -0,1%.
Carrefour controlla due rivali dell’e-commerce transalpino: Rue
du Commerce e Pixmania. Nei primi sei mesi dello scorso anno il
gruppo olandese Ahold ha incrementato del 30% le vendite online.
Vedremo come risponderanno le catene italiane. (i.f. e v.b.)
E-commerce
E
sattamente quindici minuti dopo la nostra richiesta
d’intervista l’ufficio stampa di Amazon richiama
e dice «Okay, si fa». Rapidissimi. Non mi era mai
successo in 25 anni di giornalismo. E questo è già
un segnale eloquente di come funzionano le cose nel
gruppo di mister Bezos, che, com’è noto da alcuni
mesi, opera anche in Italia nell'e-commerce grocery.
Ma procediamo con ordine. Prima di rimandarvi alla lettura della
conversazione con Federico Sargenti, project manager consumables
Amazon per l’Italia e la Spagna, vediamo di conoscere più da vici-
no il gruppo. Amazon fattura molto, ma guadagna o perde?
Se guardiamo ai risultati finanziari relativi al terzo trimestre
dell’anno fiscale 2015, conclusosi il 30 settembre scorso, la risposta
è positiva. Le vendite nette globali sono aumentate del 23% a 25,4
miliardi di dollari, rispetto ai 20,6 miliardi di dollari del terzo tri-
mestre dell’anno precedente. Cresce il reddito operativo: pari a 406
milioni di dollari, contro la perdita di 544 milioni di dollari del ter-
zo trimestre 2014. Positivo l'utile netto, attorno ai 79 milioni di dol-
lari rispetto a una perdita di 437 milioni di dollari dello stesso pe-
riodo dell’anno precedente. Un risultato importante per un’azienda
da sempre alle prese con il problema di generare utili.
Il marketplace avrà successo in Italia con le attività nel grocery?
Fino a qualche anno fa pochi avrebbero scommesso sul suo ingres-
so in questi mercati. Man mano che il tempo è passato, però, tra gli
addetti ai lavori il gruppo dei pessimisti ha perso consistenza ed è
cresciuto quello dei possibilisti. Di quelli che, oggi, si dicono con-
vinti del fatto che Amazon la sua bella quota la porterà a casa.
A spese del retail in sede fissa. E darà così una bella scossa a una
filiera in cui le promozioni imperano, i formati sono tutti uguali e
al di là delle dichiarazioni da convegno pochi guardano davvero al
sell out e all’evoluzione della contrattazione commerciale. Un pano-
rama in cui a fare profitti interessanti anche in anni di crisi sono sta-
ti soprattutto i category killer, grandi e piccoli, attivi in settori come
il biologico, i prodotti per animali, la cura della persona, l’elettro-
nica di consumo… Vere e proprie spine nel fianco soprattutto degli
ipermercati sia per la profondità sia per l’ampiezza dell’offerta.
In Italia, del resto, gli spazi di crescita sono enormi e i numeri
lo evidenziano. In Gran Bretagna l’e-commerce grocery - comples-
sivamente - vale
l’8,3% del mer-
cato, in Francia il
5,8% mentre nel-
la penisola siamo
attorno allo 0,7%.
Alla Nielsen di-
cono che «il con-
sumatore è pron-
to, ma l’offerta è
ancora limitata».
«Amazon farà aumentare il valore dell’e-commerce», spiega Luca
De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore ed attento osservatore dei
cambiamenti determinati dal digital. «È efficiente, rassicura, infor-
ma, cura il cliente con modalità che non sono nelle corde delle tra-
dizionali catene distributive». La vastità dell’offerta del marketpla-
ce, che dispone di scaffali virtuali infiniti, è tale da soddisfare le
esigenze di una schiera eterogenea di clienti in tutta Italia. «L’offer-
ta è adatta a chi cerca prodotti di marca, prezzi bassi, solo biologi-
co, solo tipico, specialità premium… Diversi potenziali di spesa, bi-
sogni, abitudini possono trovare nell’offerta di Amazon una sintesi.
Lì il protagonista è il consumatore, che compone liberamente il suo
carrello scorrendo un immenso scaffale virtuale».
Ma come si relaziona con l’industria grocery questo colosso? Ba-
stano alcune telefonate per ricostruire un quadro della situazione.
Diverse aziende industriali, anche di un certo peso, dicono di non
avere rapporti diretti con il marketplace. Stanno studiando la situa-
zione. E non nascondono alcune preoccupazioni. Dicono che sullo
scaffale virtuale trovano loro prodotti che Amazon acquista attra-
verso canali alternativi (grossisti, cash…) e commercializza attra-
verso politiche di prezzo molto aggressive. Il rischio non è solo una
vanificazione del posizionamento dei prodotti, c'è anche l’immediata
reazione dei clienti della Gdo, che di fronte a pricing così hard chie-
dono immediatamente conto al mondo della produzione, spesso in-
colpevole (o addirittura inconsapevole?) di quanto sta succedendo.
È emblematico quanto accaduto a novembre, sulla piazza milanese,
quando Amazon ha lanciato il servizio “Prime Now” che consente
di ordinare da un catalogo di circa 15mila prodotti (freschi e surge-
lati, ma anche articoli per l’infanzia e per la cura della persona) con
consegna in città e in alcuni comuni della fascia cittadina nell’arco
di un’ora (con 6,90 euro di sovrapprezzo) o di due ore al massimo in
una finestra temporale indicata dal cliente (gratis per ordini superiori
a 19 euro). Il servizio è gestito attraverso un magazzino di 1.400 mq
situato a Milano-Affori. L’Italia è il secondo paese europeo in cui
“Prime Now” è stato lanciato. Dopo Milano nel 2016 il servizio do-
vrebbe essere esteso ad altre città italiane. Un’ottima opportunità per
il consumatore, senza dubbio. Ma sul piano dell’industria gli effetti
sono stati immediati: a quanto risulta a Link·Ibc diverse catene distri-
butive attive sulla piazza meneghina si sono subito attivate sui forni-
tori per chiedere conto dei tagli di prezzo praticati dal marketplace.
Quali riflessioni trarre sulla scorta di questa ricostruzione? Ama-
zon dal lato del consumatore è un brand consolidato, affidabile, for-
te, dotato di un know-how logistico e di processo di primissimo ordi-
ne, sperimentato con successo. Può profilare in modo molto preciso
la clientela. Potrebbe, d’intesa con i partner industriali, sviluppare
attività virtuali di cross category di estremo interesse, migliorare
le vendite e l’attrattività per il cliente rispettando anche il posizio-
namento degli articoli. Non vanno poi sottovalutati i vantaggi per
il consumatore derivanti dall’eliminazione dei problemi tipici legati
alla routine della spesa nei canali classici in sede fissa: orari di aper-
tura, code alle casse, parcheggi affollati...
Il consumatore che entra nell’area food del sito Amazon trova una
promessa molto chiara, scritta nero su bianco: «Nel nostro negozio
“alimentari e cura della casa” puoi trovare prodotti alimentari non
deperibili, bevande alcoliche e analcoliche e prodotti per la pulizia
della casa. A differenza di “Prime Now”, non sono disponibili cibi
freschi e surgelati e prodotti facilmente deperibili. Lavoriamo co-
L’offerta è tale da soddisfare le esigenze di una schiera eterogenea di clienti. Prodotti di marca, prezzi bassi,
referenze unbranded, biologico, tipico, specialità premium... Diversi potenziali di spesa, bisogni, abitudini
trovano risposta. Saprà la Gdo contrattaccare? E per i fornitori ci sono solo opportunità?
A proposito di Amazon
L'inchiesta
88MILA METRI QUADRATI • Il centro distributivo Amazon di Castel San Giovanni (PC). Secondo quanto riporta
il quotidiano Il Foglio «il 15 dicembre 2014 qui è stata gestita la spedizione di oltre 249.137 unità in Italia e in oltre 50
diversi paesi. Sono stati evasi 396.261 ordini di clienti, al ritmo di quattro al secondo».
Fin dall'esordio di Amazon
Jeff Bezos ha dato come priorità
la conquista del cliente
n. 1/2 · gennaio 2016 7
Per saperne di più
Su www.ibconline.it è possibile scaricare
il rapporto 2015 sull’e-commerce in
Italia redatto da Casaleggio & Associati.
All’interno informazioni su mercati,
strategie, attività di marketing, fattori di
successo, prospettive dei settori per il 2016.
C
ome si diventa fornitori di Amazon?
«È molto semplice: le aziende interessate a vende-
re i propri prodotti sul nuovo negozio alimentari di
Amazon.it possono visitare la home page di catego-
ria e cliccare sul banner: “vuoi diventare un forni-
tore di Amazon?”».
	 Quali sono i requisiti richiesti alle industrie?
	 «Il nostro obiettivo è offrire al cliente la migliore esperienza
di acquisto possibile e un elemento importante per la soddisfa-
zione del cliente è la selezione. Nel nostro sito non abbiamo li-
miti di spazio e non richiediamo “listing feeˮ. Tuttavia chiedia-
mo che siano rispettati alcuni standard qualitativi».
	 Quali standard?
	 «Per esempio è importante che i prodotti abbiano un packa-
ging adatto alla spedizione: imballaggi fragili, come quelli in
vetro, devono essere protetti adeguatamente. Al tempo stesso,
in questo momento, escludiamo dalla vendita cibi freschi e fre-
schissimi mentre i prodotti surgelati e refrigerati sono venduti
attraverso “Prime Nowˮ, il nuovo servizio di consegne in un’o-
ra tramite app disponibile per la città di Milano e parte del suo
hinterland».
	 Che opportunità offrite ai vostri fornitori rispetto alle reti
distributive tradizionali?
	 «Amazon può mettere a disposizione delle aziende del setto-
re food la propria distribuzione capillare su tutto il territorio,
cosa non facile da ottenere in altri canali, anche per le grandi
aziende. Amazon.it offre la massima flessibilità nel fornire tut-
te le informazioni e le immagini necessarie al cliente: consen-
te di comunicare direttamente in maniera accurata e uniforme,
con schede prodotto dettagliate, video ecc.
	 Attraverso le pagine di Amazon l'azienda può raggiungere mi-
lioni di clienti in Italia e in Europa: Comscore ha, infatti, certi-
ficato che i siti Amazon in Europa contano più di 77 milioni di
utenti unici al mese».
	 In quali nazioni?
	 «I dati a luglio 2015 dicono 27,8 milioni in Germania, 20,9
milioni in Gran Bretagna, 14,2 milioni in Francia, 9,7 milioni
in Italia e 5,4 milioni in Spagna».
	 La distribuzione è un punto di forza?
	 «Senza dubbio. La distribuzione veloce e capillare, grazie
alla nostra logistica, permette di raggiungere località remote. I
clienti italiani stanno apprezzando sempre più la comodità e la
convenienza degli acquisti online».
	 Quale evoluzione è prevista nel settore food?
	 «La selezione di prodotti disponibili è in costante crescita e in
più abbiamo introdotto “Prime Nowˮ, il nuovo servizio che of-
fre, a Milano e nell'hinterland, consegne in un’ora o in finestre
di due ore su circa 20mila prodotti, alcuni dei quali sono dispo-
nibili solo tramite il nuovo servizio, per esempio pane, yogurt,
gelato o minestrone surgelato».
	 Avete progetti specifici di collaborazione studiati per le
piccole imprese operanti in Italia?
	 «Amazon.it ha sviluppato “Made in Italy”, un nuovo mar-
ketplace dedicato all'eccellenza dei prodotti artigianali realiz-
zati in Italia. Gli artigiani di tutta Italia possono aprire le por-
te delle loro botteghe e rendere disponibili i loro prodotti a 285
milioni di clienti di Amazon in tutto il mondo. Al momento il
negozio è focalizzato su prodotti come abbigliamento, cristal-
leria, argenteria, vasellame ed oreficeria; non include ancora il
food, ma rappresenta un esempio di iniziativa sviluppata appo-
sitamente per le piccole imprese».
	 Quali progetti avete in cantiere per favorire la relazio-
ne efficiente ed efficace con i nuovi fornitori? Pensate per
esempio a workshop formativi?
	 «Stiamo progettando webinar e training per il 2016 in cui
spiegheremo come attivare una relazione con Amazon nel
mondo del largo consumo».
(i.f.)
Come si diventa fornitori grocery di Amazon?
Che obiettivi ha in Italia? Quali opportunità offre?
Link·Ibc lo ha chiesto al project manager consumables
di Amazon per l’Italia e la Spagna
«Non chiediamo
listing fee»
L' intervista I / Parla Federico Sargenti
Le informazioni chieste all’industria
La scheda
► Da quante referenze è costituito il catalogo prodotti?
► In quale categoria l’azienda propone l’assortimento più elevato?
► Qual è il prezzo medio al pubblico?
► Qual è il fatturato annuo?
► Quale categoria di prodotto pesa maggiormente sul fatturato?
► Tutti i prodotti sono codificati Ean?
► Il codice Ean identifica univocamente la referenza?
► Qual è l’attività principale dell’azienda
(produttore, grossista, vendita al dettaglio..)
► Il codice Ean è riportato sulle confezioni?
► I prodotti sono tutti confezionati in una scatola singola?
► Siete in grado di spedire merce al magazzino
di Castel San Giovanni?
► Siete in grado di spedire la merce al magazzino con una data
di scadenza maggiore di 90 giorni e superiore a 2/3 della shelf life?
► Siete in grado di inserire, all'interno della fattura, per ogni riga,
il codice Ean del prodotto cui si riferisce?
► Avete articoli che superano 120 cm di lunghezza x 100 cm x 100
cm (dimensione massima dell’imballaggio) e 30 kg di peso
o 170 x 100 x 50 cm e max 70 kg?
► Potete fornirci per tutti gli Ean l’indicazione sul prezzo
suggerito al pubblico?
► In quali lingue è disponibile la traduzione del catalogo?
Fonte: www.amazon.it
8 n. 1/2 · gennaio 2016
Metti in riga
le informazioni
dei tuoi prodotti
ALLINEO è lo strumento per allineare le informazioni di prodotto
tra industria e distribuzione e per risolvere tutte le imprecisioni
che potrebbero caratterizzare la gestione dei dati delle schede
tecniche e commerciali dei prodotti, grazie allo standard GS1
GDSN®
(catalogo elettronico).
Con ALLINEO:
registri, distribuisci e aggiorni i dati più velocemente
elimini gli errori e i contenziosi
velocizzi l’inserimento dei nuovi prodotti
riduci i costi
sei più pronto per l’export
migliori il tuo servizio commerciale
proteggi l’integrità del tuo marchio
Allinea la tua azienda
Contattaci, per valutare insieme la formula ALLINEO più adatta
alle tue esigenze di business e alle caratteristiche della tua azienda.
02777212308 / 02777212376
Visita il sito www.allineo.it
per tutti gli approfondimenti.
info@allineo.it
GS1 allineo Link 400x288 def 16122015.indd 1 17/12/15 15:33
n. 1/2 · gennaio 2016 9
Caro Direttore,
marketplace e gli attori stranieri si stanno posizionando sul
nostro mercato e sono responsabili della trasformazione a cui
stiamo assistendo. I rivenditori online italiani (iniziando dai
settori dell’elettronica di consumo e dell’editoria, ma oggi
anche dell’alimentare) stanno lasciando spazio a economie di
scala che non riescono a contrastare.
Gli esercenti italiani dovranno quindi capire come sfrut-
tare al meglio questa affermazione sempre più ingombrante
dei marketplace, in particolare utilizzandoli per espandere le
proprie vendite all’estero.
Per quanto riguarda il mercato interno assisteremo all’im-
portazione di nuovi modelli logistici che ci permetteranno
di ricevere i nostri acquisti sempre più velocemente. Uno dei
trend più chiari dei prossimi anni è l’affermazione dei mar-
ketplace: per il cliente luoghi in cui trovare tutti i prodotti
che cerca; per l’esercente canali per raggiungere nuovi clienti
anche all’estero e offrire servizi avanzati. Questo fenomeno
è confermato da tutti i mercati: di oggi, come la Gran Breta-
gna, e di domani, come la Cina, dove già ora oltre la metà de-
gli acquisti passa proprio da questo canale. Un’ulteriore con-
ferma per quanto riguarda l’Italia è il fatto che tra i settori
analizzati i centri commerciali online sono quello con mag-
giore crescita (+55%).
La maggioranza (due terzi) degli esercenti italiani non ha an-
cora provato la vendita sui marketplace, principalmente per i
costi di commissione (che possono arrivare al 25% per alcuni
prodotti), il timore di mettere in concorrenza gli altri canali di
vendita attivati che sono più redditizi (per esempio la vendi-
ta diretta sul proprio sito) e per la mancanza del know-how ne-
cessario a gestire efficacemente la vendita sui marketplace.
I fattori sui quali puntare, che determinano un utilizzo effi-
cace e quindi un buon tasso di conversione sui marketplace,
secondo le società che vendono online in Italia sono le moda-
lità di presentazione del prodotto: foto, descrizione e caratte-
ristiche (46%); i servizi di spedizione offerti (44%), in parti-
colare la spedizione gratuita e in tempi ridotti; l’impiego di
strumenti di gestione dinamica del prezzo (44%) in funzione
dell’elasticità al prezzo dimostrata dai clienti e al comporta-
mento della concorrenza; la presenza di sconti e promozioni
(28%) e l’efficienza del customer service (28%), che su alcu-
ni marketplace deve rispettare gli standard stabiliti dal mar-
ketplace stesso (per esempio i venditori su Amazon devono
rispondere ad eventuali richieste dei clienti entro massimo
tre giorni lavorativi).
Ciò detto, oggi chi vuole essere servito da Amazon “Prime
Nowˮ deve contrattare con il nuovo arrivato per poter avere
i propri prodotti tra i 20mila gestiti dal magazzino di Affori.
E-commerce
Q
uali effetti avrà Amazon sulla Gdo italiana?
«Sul breve termine i retailer cercheranno di di-
fendersi mettendo in portafoglio un servizio di
tipo digitale. Un po’ come è successo negli Anni
Novanta con l’avvento del discount, quando tutti i
distributori hanno aperto punti di vendita per pre-
sidiare il nuovo formato, credendo così di risolve-
re il problema...
Ma la questione è un’altra: Amazon è la punta di un iceberg, l’em-
blema di un cambiamento più importante di scenario che non possia-
mo più permetterci di sottovalutare. Ci siamo: il retail, ma direi anche
l’industria, devono fare i conti con l’escalation di internet, del mobile,
con l’esigenza di soddisfare la domanda prodotta dai millennials che
non trovano molto appetibile fare la spesa grocery. Ci sono forme di
consumo più allettanti. Prendiamo atto del fatto che in prospettiva una
fetta rilevante delle merci che erano commercializzate dai supermer-
cati e dagli ipermercati diventerà appannaggio dei marketplace. Per
molta gente andare il sabato in una grande superficie a comprare l’ac-
qua minerale o la carta igienica è ormai un’esperienza faticosa e priva
di senso se può ricevere tutto a casa a buon prezzo».
Come si costruisce la risposta competitiva della distribuzione
offline ai marketplace?
«Attraverso il presidio di due fattori determinanti. Da una parte
Amazon ci dice che le cose si possono fare in modo più facile. L’in-
tegrazione intelligente dell’online con l’offline è quindi una delle ri-
sposte su cui lavorare. Dobbiamo sfruttare la tecnologia per elimi-
nare tutte le attività banali che rendono lunga e noiosa la spesa del
cliente. Con l’integrazione online una parte della spesa potrebbe es-
sere preordinata dal consumatore prima della visita al punto di ven-
dita. Una volta al supermercato il cliente potrebbe così dedicarsi alla
parte più creativa degli acquisti e dopo il check out ritirare anche la
spesa di routine ordinata in precedenza».
Per rendere creativa la spesa, però, la Gdo deve lavorare sodo
sugli assortimenti, renderli distintivi, dare più servizio…
«Diciamo la verità: in questi anni la distribuzione, nel suo insie-
me, ha fatto anche qualche disastro… Ha tagliato personale, ridotto
il livello di servizio al cliente, tolto la vendita assistita per sostituir-
la con il self service. Ora deve tornare a reinvestire sulle persone. Sa
qual è la mia utopia? Noi abbiamo bisogno di personale gentile e pre-
parato, ma credo anche... felice del lavoro che fa e capace di trasmet-
tere questo stato d’animo al consumatore. Chi è contento trasmette
felicità. Quello del commerciante è un mestiere di relazione, di at-
tenzione, di piccoli particolari che fanno la differenza. È inutile fare
un bel punto di vendita se questo non accade».
Chissà come la pensa Aldi. Il discounter tedesco, di cui sem-
bra imminente lo sbarco in Italia. Anche il suo ingresso dovreb-
be contribuire a dinamizzare la nostra Gdo, non trova?
«Aldi contribuirà a fare pulizia nel settore del discount, che co-
munque, lo dico per inciso, è molto più selezionato a razionale del
resto della nostra Gdo. So che Aldi ha una componente forte di pro-
dotti di marca e quindi alimenterà ulteriormente l’ibridazione in atto
tra supermercato e discount che è in atto da qualche tempo. Le di-
stinzioni per formato oggi sono fuorvianti...».
In che senso?
Gasbarrino sorride. «Sono state inventate per mettere un marchio
d'infamia al discount quando è arrivato in Italia. Forse così pensava-
mo tutti di arrestare il suo sviluppo. Come vede ci siamo riusciti be-
nissimo…».
Il despecializzato fa i conti con i category killer.
«Io vedo un bel futuro per i category killer e un pessimo futuro
per la distribuzione tradizionale. I grandi category hanno ammazza-
to l’ipermercato perché non aveva senso mettere sotto lo stesso tet-
to merceologie così diverse tra loro. I mini category killer attivi nel
bio, nella cura della casa e della persona, nel petfood - tra i quali
inserisco anche i discount che considero category killer del groce-
ry - stanno contribuendo ulteriormente alla disintegrazione del de-
specializzato».
Da come la mette, per la Gdo è arrivato il tempo delle scelte.
«Per la Gdo e per l’industria. Ed era ora. Noi dobbiamo arrivare a
costruire assortimenti differenziati per distinguerci dagli altri. Non
possiamo pemetterci di continuare come prima. Dobbiamo dare ap-
petibilità alla nostra offerta grocery che nel tempo è stata svilita.
Amazon lavorerà sicuramente sul prezzo, dando un’ulteriore spinta
in questa direzione. E noi dobbiamo reagire».
Come?
«Ho due risposte: una utopica e una realista. Quale vuole per prima?».
Faccia lei…
«Partiamo dall’utopia: dovremmo avere il coraggio di cambiare le
modalità di relazione da ambo le parti. La negoziazione com’è fat-
ta oggi non va bene, non è più sostenibile, specialmente quando sul
campo ci sono concorrenti, per esempio i discount, che certi vincoli,
certi vizi, non li hanno. Serve un sistema più trasparente e orientato
al risultato. Oggi disperdiamo risorse e tempo su cose di cui al clien-
te non importa assolutamente nulla. Nei giorni scorsi un mio buyer
ha ricevuto ben quattro persone inviate da un fornitore. Le pare pos-
sibile uno spreco di questa portata?».
Ma il Gasbarrino realista cosa pensa?
«Fa spesso autocritica. Quando guardo gli scaffali del mio super-
mercato in maniera statica, li vedo uguali a quelli delle altre cate-
ne distributive. La differenza di U2 è nella modalità di fare la spe-
sa, nell’aver eliminato le promozioni, nell’aver ridotto le marche, ma
lo stile è quello degli Anni Sessanta. Eppure oggi siamo nell’era dei
marketplace e dell’economia 2.0. Il terreno su cui lavorare è la di-
stintività dell’offerta. E qui dobbiamo rimboccarci tutti le maniche».
In questo contesto hanno senso le supercentrali?
«In questo sistema di relazioni sì. Soprattutto nei rapporti con le
multinazionali. Però attenzione: la competitività e il futuro di un’a-
zienda distributiva non dipendono dalle condizioni d’acquisto.
Conta quel che si sa fare in vendita!». (a.m.)
Per il ceo di Unes, l’ingresso di Amazon nel grocery e nel fresco è l’emblema di un cambiamento
di portata più ampia. L’integrazione intelligente dell’online con l’offline è una delle risposte
su cui la distribuzione può lavorare. Insieme al servizio e alla distintività dell’offerta
L'intervista II / Le considerazioni di Mario Gasbarrino
«Bezos suona la sveglia alla Gdo italiana»
La lettera
Marketplace: un trend
decisamente chiaro
In tema di e-commerce riceviamo l'intervento
di uno dei fondatori della società di consulenze
Casaleggio & Associati, che volentieri pubblichiamo.
di Davide Casaleggio
Mario Gasbarrino
di Davide Casaleggio
10	 n. 1/2 · gennaio 2016
Industria
C
ristina scocchia, 41 anni, è amministrato-
re delegato di L’Oréal Italia dall’inizio del
2014. Sanremese, si è laureata con il mas-
simo dei voti in economia e commercio in
Bocconi per poi specializzarsi in economia
aziendale all’Università di Torino. Vice pre-
sidente di Centromarca, ha lavorato a lungo in Svizzera e
ha alle spalle diverse esperienze professionali di alto profi-
lo nel settore beauty.
	 Dottoressa Scocchia, può farci un quadro del merca-
to della cosmesi in Italia?
	 «Nel nostro Paese la cosmetica fattura circa 16 miliardi
di euro, dei quali 9,4 provenienti dai canali della distri-
buzione e i restanti dal mercato della bellezza professio-
nale (coiffeur e loro servizi). Purtroppo la crisi ha colpito
anche le nostre categorie e i consumi interni sono in con-
trazione da qualche anno, seppur a tassi decisamente in-
feriori rispetto ad altri settori. Parliamo, per la cosmetica,
di un -5% negli ultimi tre anni.
	 Ci sono però anche segnali positivi: l'export, ad esempio.
A fronte di un mercato cosmetico interno in calo, il saldo
della bilancia commerciale è ampiamente positivo (1,6 mi-
liardi di euro) e anche in crescita. Segno che la qualità dei
prodotti cosmetici italiani ha raggiunto livelli di eccellen-
za riconosciuti in tutto il mondo. Anche i consumi interni
stanno lentamente ripartendo: negli ultimi mesi abbiamo
registrato 2,7 milioni di visite in più dal parrucchiere oltre
a un’importante inversione di tendenza nelle principali ca-
tegorie della Gdo. Non solo: i consumatori stanno ricomin-
ciando a interessarsi anche ai prodotti di alta gamma».
	 A proposito di prodotti, che differenze ha rilevato nei
consumi italiani rispetto a quelli europei?
	 «I consumatori italiani sono molto più sofisticati nella
cura dei capelli: più della metà dei nostri connazionali usa,
oltre allo shampoo, anche un balsamo o una maschera. Il
25% in più rispetto alla media dei paesi europei. In Italia,
inoltre, abbiamo una penetrazione dei prodotti per l'igie-
ne che è tre volte superiore a quella di Francia, Germania e
Inghilterra. In compenso, le consumatrici tedesche e ingle-
si usano molti più prodotti di make-up, addirittura il 60% in
più rispetto a noi. È un elemento culturale: le donne italiane
preferiscono un trucco più naturale, mentre le inglesi e le tedesche uno
più visibile».
	 Quali sono le sfide che una marca deve affrontare oggi?
	 «Per essere un vero brand le sfide sono sempre moltissime. A par-
tire da quelle - scontate, ma non troppo - della qualità e dell’inno-
vazione. Ma non solo. In questo periodo storico le persone chiedono
sempre più alle marche un rapporto di fiducia che vada oltre la di-
mensione funzionale dei prodotti e abbracci anche tematiche etiche,
sociali e ambientali. Arricchire la marca di questi e altri significati
ci permetterà non solo di conquistare la fiducia dei nostri consuma-
tori ma anche di scongiurare il rischio dell’indifferenziazione.
Un’altra grande sfida da affrontare è quella dell’e-commerce, che ne-
gli ultimi anni si sta progressivamente affermando anche qui in Ita-
lia. Basti pensare ad Amazon, con i suoi scaffali digita-
li potenzialmente illimitati, che offre infinite opportunità
di cross-category e di CRM grazie all’enorme mole di in-
formazioni che è possibile ottenere per la profilazione dei
consumatori...».
Strumenti utili per personalizzare sempre più il
dialogo con il consumatore...
«La rivoluzione digitale ha fatto emergere una tipolo-
gia di consumatore che è alla costante ricerca di nuove
modalità di coinvolgimento e sfrutta al meglio tutte le
informazioni messe a disposizione sui canali di comu-
nicazione, offline e online. In un contesto di questo tipo,
se vogliamo creare dei “love brands” dobbiamo segui-
re l’evoluzione dei comportamenti sui media e cercare
di comunicare con i potenziali consumatori a 360°, tra-
sformandoci in sistemi editoriali multipiattaforma. Dob-
biamo inoltre realizzare dei contenuti che siano sempre
più tagliati su misura rispetto al mezzo sul quale vengo-
no declinati, con tutto quello che ne consegue in termini
di professionalità aggiuntive e di impegno interfunziona-
le all’interno delle nostre organizzazioni».
Parlando di strutture aziendali, come vede il ruolo
del top manager?
«Ai top manager oggi si chiede una visione comple-
ta e di lungo termine, la capacità di motivare le perso-
ne e di gestire il cambiamento e le decisioni difficili che
ne conseguono. Non è semplice, credo serva un cambia-
mento culturale che acceleri il passaggio da modelli di
leadership gerarchica, basati sul controllo, a modelli di
leadership diffusa, in cui prevale un rapporto di fiducia
tra azienda e collaboratori e in cui si valutino solo il me-
rito e i risultati. In un contesto difficile come l’attuale, c’è
bisogno del massimo coinvolgimento da parte dei colla-
boratori. Se prevale la fiducia, aumenta anche la soddi-
sfazione dei dipendenti e quindi il loro engagement, con
conseguente miglioramento della produttività e evidenti
benefici per il business».
Per concludere, un punto di forza di L’Oréal?
«In Italia abbiamo un fatturato consolidato di 1,1 mi-
liardi, duemila collaboratori e quote di mercato impor-
tanti in tutti i canali distributivi. Ma il nostro fiore all’oc-
chiello, di cui andiamo veramente fieri, è lo stabilimento
di Settimo Torinese, il più grande tra i 45 che L’Oréal ha nel mon-
do. Per altro, è un’eccellenza internazionale visto che, anche grazie
ad importanti investimenti in ingegnerizzazione, automazione e so-
stenibilità ambientale, abbiamo raggiunto livelli di produttività tali
per cui più del 90% della produzione del plant è destinato all’export
in 38 paesi nel mondo».
L'amministratore delegato di L'Oréal Italia: «In questo periodo storico è necessario che le marche
instaurino un rapporto di fiducia, che vada oltre la dimensione funzionale dei prodotti.
In alcune categorie i consumatori italiani sono molto più sofisticati di quelli europei»
Scocchia: «Lenta ripresa della cosmesi.
Per tenere il passo le aziende dovranno evolversi»
Aumentano le visite dai parrucchieri e anche nella Gdo il trend sta cambiando
Cristina Scocchia
di Paolo Ghiggini
n. 1/2 · gennaio 2016 11
	 In Sicilia la filiera agroalimentare può co-
stituire un trampolino di lancio per l’econo-
mia regionale. Ma a patto di creare precise
condizioni operative. La prima è il rafforza-
mento dell’export dei beni trasformati, che
può costituire uno straordinario volano an-
che per le produzioni agricole. Le imprese
dell’Ibc possono svolgere un ruolo strategi-
co assecondando la cosiddetta “esportazione
indiretta”.
	 Il secondo elemento è la valorizzazione
delle produzioni: in questo il brand gioca
un ruolo fondamentale per il conseguimen-
Varvaro: «La competitività dell'industria siciliana
ha bisogno di economie di scala e gioco di squadra»
Ibc a Palermo ospite di “Panorama d’Italia”
Lo afferma il presidente di Cantine Settesoli, corrispondente Ibc per la Sicilia, rimarcando
l'importanza per le imprese di crescere, assumendo dimensioni adatte al mercato globale.
Nella regione operano circa 1.650 aziende aderenti alla nostra associazione
a buona tavola redimerà il Sud. L’in-
dustria dei beni di consumo, presen-
te nel Mezzogiorno in misura pari
alla metà del resto d’Italia, si riscat-
ta nell’agroalimentare, dove il gap si
riduce. Ed è dunque su questo setto-
re che bisogna puntare per sostenere la crescita.
	 Lo rileva un’indagine sui trend del settore al
Sud, e sulla Sicilia in particolare, realizzata da
Ibc, presentata lo scorso 19 novembre a Palermo
in un incontro promosso nell’ambito della mani-
festazione “Panorama d’Italia”.
	 Secondo le evidenze del rapporto (consultabile
sul sito www.ibconline.it) la filiera agroindustria-
le incide per l’1,3% sul Pil isolano (1,8% in Ita-
lia) e dà lavoro complessivamente a 200mila per-
sone. Le produzioni stanno crescendo grazie alle
certificazioni d’origine e alle marche. Le esporta-
zioni alimentari dalla Sicilia sono pari a 470 mi-
lioni, circa il 5% dell’export complessivo isolano,
dirette per circa il 60% nei mercati Ue. Per questo
tutto ciò che le istituzioni possono fare a tutela di
marche e denominazioni è di grande rilevanza.
	 «Posso con-
fermare che, al-
meno nel setto-
re enologico di
cui mi occupo,
la produzione si-
ciliana ha saputo
negli ultimi anni
spostare il suo
focus dalla quan-
tità alla qualità, in un percorso di grande succes-
so», conferma Vito Varvaro, corrispondente Ibc
dalla Sicilia e presidente di Cantine Settesoli.
	 Economie di scala, ma anche gioco di squadra
e meritocrazia sono le tre parole chiave che Var-
varo propone come strumenti per la competitivi-
tà dell’Isola. Ma non dimentica l’esigenza di fa-
vorire una gestione manageriale delle imprese.
	 «Qui è difficile attirare talenti, per quanto la
qualità della vita sia impagabile: le imprese re-
stano padronali e spesso - quindi - troppo piccole.
Mentre il segreto è crescere, assumendo dimen-
sioni adatte al mercato globale, senza snaturarsi
rispetto al territorio», conclude l’imprenditore.
	 All’incontro palermitano, svoltosi a Palazzo
Mazzarino con il coordinamento del direttore
del settimanale Panorama, Giorgio Mulé, han-
no preso parte tra gli altri in veste di relatori:
Pietro Busetta, docente all'Università degli Studi
di Palermo e presidente Fondazione Curella;
L
MANAGER • Da sinistra: Roberto Bucaneve, procuratore Ibc; Giorgio Mulè, direttore di Panorama; Vito Varvaro, presidente di Cantine
Settesoli al termine dei lavori del meeting organizzato a Palermo lo scorso novembre.
Più presenti
sul territorio
Continuano gli incontri sul ter-
ritorio promossi da Ibc. Dopo
l’appuntamento di gennaio 2015
a “Marca”, dove è stata presen-
tata la ricerca realizzata da Ref
sull’industria dei beni di con-
sumo in Italia, l’associazione
ha fatto tappa a Palermo, con
un’iniziativa dedicata allo stato
dell’industria dei beni di consu-
mo in Sicilia.
Ibc promuoverà una serie di in-
contri anche nel 2016.
Nel corso dei lavori saranno af-
frontati temi d’interesse per le
industrie dei beni di consumo.
Gli associati saranno preventi-
vamente informati.
Gianluca Cimini, amministratore delegato Bt
Italia; Ines Curella, Banca popolare Sant’Ange-
lo; Maria Cristina Farioli, direttore marketing
e comunicazione Ibm Italia; Fabio Mazzola,
prorettore Università degli Studi di Palermo;
Giancarlo Morandi, presidente Cobat e Rosario
Rasizza, amministratore delegato Openjobme-
tis. In sala 200 persone, tra le quali numerosi
associati Ibc.
	Le statistiche relative alle aziende aderenti
all’associazione delle industrie dei beni di con-
sumo in Sicilia confermano il peso preponde-
rante del segmento dell’industria alimentare.
L’intero campione è composto da 1.650 azien-
de aderenti, di cui mille appartenenti alle clas-
si di fatturato inferiore (meno di 500mila euro).
È questo un dato tipico della struttura produttiva
italiana, che risulta polverizzata rispetto agli al-
tri paesi. Nella classe più alta (oltre 30 milioni di
fatturato) in Sicilia, ci sono soltanto 14 aziende.
(s.l. e a.m.)
Servono più marche
per valorizzare
le produzioni locali
to dell’obiettivo sul mercato interno ed in-
ternazionale. La terza componente è il ruolo
attivo delle istituzioni. Le iniziative di mar-
keting territoriale, essenziali per la reputa-
zione dei prodotti locali, sono per loro natu-
ra un bene pubblico.
	 La Sicilia ha bisogno di iniziative tese a
rafforzare il peso della provenienza da aree
specifiche nella percezione da parte del con-
sumatore. In questo senso sono importanti
anche le iniziative di filiera, come le certifi-
cazioni Doc, Dop, Igft e Igp. Il territorio di-
venta così un fattore di differenziazione, in
positivo, del prodotto agroalimentare.
	 Non va dimenticato, infine, il ruolo com-
plementare che può giocare la promozione
dell’offerta turistica. La crescita delle attività
nei settori dell’industria alimentare è, infat-
ti, favorita da una positiva valorizzazione del
territorio determinata da un’offerta di qualità
delle strutture recettive e dei canali horeca.
A cura di Ref ricerche
Assemblea Ibc 2016
	 Sono in corso i preparativi per l'assem-
blea pubblica Ibc 2016, che si terrà marte-
dì 5 aprile, dalle 10.00 alle 13.00, al cen-
tro congressi Magna Pars di Milano.
	 I lavori, sul tema “Obiettivo crescita: ge-
opolitica, economia e consumi”, prevedo-
no interventi a cura di Paolo Magri, vice
presidente dell'Istituto per
gli studi di politica inter-
nazionale; Giovanni Fan-
tasia, amministratore de-
legato Nielsen e Maurizio
Tamagnini, amministra-
tore delegato del Fondo
strategico italiano. Segui-
rà un panel di approfondi-
mento - coordinato da Frediano Finucci,
conduttore della trasmissione Omnibus, e
capo della redazione economia ed esteri
del telegiornale de La7 - cui prenderanno
parte esponenti di primo piano del mondo
delle imprese.
	 Come di consueto, dopo l'evento è pre-
vista l'assemblea privata. Nelle prossime
settimane gli associati Ibc riceveranno la
convocazione ufficiale, di cui sarà data
notizia anche con annunci su alcuni quo-
tidiani nazionali.
Anteprima
L'analisi
Avete suggerimenti, o richieste
di approfondimento,
su argomenti d'interesse generale
per le aziende industriali
attive nella filiera
dei beni di consumo?
La redazione di
è a vostra disposizione.
Scrivete a: redazione@ibconline.it
Le esportazioni
alimentari dalla Sicilia
sono pari a 470 milioni
12 n. 1/2 · gennaio 2016
n. 1/2 · gennaio 2016 13
14 n. 1/2 · gennaio 2016
gni anno la cattiva gestione delle informazio-
ni di prodotto, e i conseguenti errori nelle at-
tività di raccordo tra aziende industriali e di-
stributive, costa alle aziende italiane più di 2
miliardi di euro.
Si tratta senza dubbio di un dato impressio-
nante, indicativo di un problema di efficacia e di efficienza
operative che investe tutta la filiera, determinato da una ge-
stione non allineata e non sincronizzata delle informazioni
commerciali, logistiche e amministrative tra imprese indu-
striali e distribuzione moderna.
Approvando lo scorso ottobre il rilancio del catalogo elet-
tronico, il Consiglio direttivo di GS1 Italy, in piena sinto-
nia con gli organi di governo di Adm (associazione della di-
stribuzione moderna) e Ibc (associazione industrie di beni di
consumo), ha scelto di dare un contributo concreto alla riso-
luzione del problema, dando il via al progetto “Allineo”.
Di cosa si tratta? «“Allineo”» spiega Aldo Sutter, presi-
dente di Ibc, «è in sostanza un nuovo importante servizio
che consente alle aziende di registrare e di distribuire i dati
relativi ai prodotti in modo più veloce e di aggiornarli in
tempo reale, con il vantaggio di eliminare tutte le anomalie
e gli errori delle anagrafiche prodotto. In questo modo sono
minimizzati i rischi di contenzioso inerenti ordini, spedi-
zioni, consegne o fatturazioni nelle relazioni tra imprese in
Italia e all’estero». Risultato: riduzione dei costi, migliora-
mento dell’efficienza, pieno controllo delle informazioni di
prodotto e protezione dell’integrità del marchio.
“Allineo” assicura all’azienda un unico punto di rife-
rimento digitale per la compilazione, l’aggiornamento e
la distribuzione delle informazioni relative ai prodotti.
E l'accesso dei partner commerciali a informazioni final-
mente accurate, affidabili e sempre aggiornate, grazie allo
standard GS1 Gdsn (catalogo elettronico). «Secondo le sti-
me di Pwc», sottolinea il ceo di GS1 Italy, Bruno Aceto, «gra-
zie ad una soluzione standard GS1 Gdsn come “Allineo” il
time to market di un articolo si riduce tra il 30 e il 60% e le
rotture di stock tra il 2 e il 5%. Diventano più contenuti, fino
all’80%, anche i tempi di creazione-manutenzione dei codici
articolo e di riconciliazione degli errori (tra il 10 e il 40%). E
ci sono benefici anche sui costi di trasporto, che possono ca-
lare in misura compresa tra 1 e 8%».
Si stima che oltre 36mila aziende nel mondo abbiamo già
aderito al GS1 Gdsn (catalogo elettronico) e che i prodot-
ti coinvolti siano già oltre 18 milioni. Ma cosa deve fare
un’impresa per aderire ad “Allineo”? «Il nostro staff è a
disposizione di tutte le aziende per aiutarle ad approccia-
re con successo il progetto nella configurazione più adat-
ta alla tipologia dell’impresa», conclude Aceto.
I referenti sono disponibili ai numeri 02/777.212.308 e
02/777.212.376 o via email scrivendo a: info@allineo.it.
Le informazioni di approfondimento sono disponibili
anche sul sito www.allineo.it.
(c.z.)
O
«D
Il nuovo servizio assicura all’azienda un unico punto di riferimento digitale per la compilazione,
l’aggiornamento e la distribuzione dei dati relativi ai prodotti. E accesso dei partner
commerciali a informazioni finalmente accurate e affidabili
Con “Allineo” meno errori e più efficienza
Muller: «Che senso ha vendere
di più se non migliora la qualità?»
GS1 Italy / Supporti per le imprese
Riflessioni / Crisi Volkswagen
Industria
obbiamo guardare oltre la si-
tuazione attuale e creare le
condizioni per ulteriori svi-
luppi di successo per Volkswa-
gen». Matthias Müller, presi-
dente del consiglio di amministrazione
di Volkswagen, non ha un compito faci-
le: deve mantenere il gruppo tra i princi-
pali costruttori automobilistici del mondo.
La sua massima priorità, consideran-
do la crisi di prodotto in cui è incappa-
to il colosso nei mesi scorsi, è supportare
i clienti interessati dalla tematica die-
sel: «Sono al centro di tutto ciò che fan-
no i nostri 600mila collaboratori in tutto
il mondo», spiega. La seconda esigenza è
completare le indagini su quanto è acca-
duto: «Dobbiamo scoprire la verità e im-
parare da quanto è successo». La terza è
rinnovare il gruppo: marche e regioni go-
dranno di una maggiore indipendenza e il
Consiglio di amministrazione si focaliz-
zerà sull’indirizzamento delle strategie
intra-brand, sullo sfruttamento ottimale
delle sinergie e sull’efficace utilizzo delle
risorse di Volkswagen.
Come quarta priorità, Müller persegue
il riallineamento della cultura aziendale e
dell’atteggiamento manageriale. La ricerca
della perfezione, la dedizione dei collabo-
ratori e la responsabilità sociale nel grup-
po vanno mantenuti, ma sono necessari dei
cambiamenti nel modo di comunicare e
nella gestione degli errori. «Abbiamo biso-
gno di una cultura fatta di apertura e colla-
borazione». Il manager ha invitato tutti a
mostrare più coraggio, maggiore creativi-
tà e spirito più imprenditoriale. La quin-
ta priorità sarà trasformare la strategia
2018 in una strategia 2025. «Molte perso-
ne esterne a Volkswagen, ma anche qual-
cuno di noi, non hanno capito che la no-
stra strategia 2018 significa molto più che
numeri di produzione. Molte cose sono
state subordinate al desiderio di essere
“più veloci, più grandi”, specialmente per
quanto riguarda gli utili». Secondo Mül-
ler, il punto non è vendere 100mila vei-
coli in più o in meno rispetto al principa-
le concorrente. Il vero tema è, piuttosto,
la crescita qualitativa. (i.f.)
Contraffazione: un’ “industria”
da oltre mille miliardi di euro
Indicam, Istituto di Centromarca per la lotta alla
contraffazione, stima che il giro d’affari globale dell’industria
del falso abbia un valore compreso tra i 1.000 e i 1.300
miliardi di Euro. L’attivita illegale non genera perdite solo
per le imprese che la subiscono: a pagarne le conseguenze
sono anche gli Stati, che incassano meno tasse e fanno i conti
con una più elevata disoccupazione, soprattutto in questi anni
di rallentamento dell’economia.
Alcuni studi danno un’idea del valore della contraffazione,
in Europa, nei singoli comparti. Si va dai quasi 5 miliardi
di euro della cosmesi, ai 26 di abbigliamento e accessori, al
mezzo miliardo degli articoli sportivi. Nulla è esente dalla
falsificazione. Le più recenti operazioni di enforcement
testimoniano di sequestri nei settori del giocattolo, dei
prodotti per igiene e dell’olio.
Il falso rende molto ed è quasi interamente controllato
dalla criminalità organizzata, che in quest’attività vede meno
rischi e più vantaggi economici rispetto ad altri traffici. Un
esempio? Secondo i Nuclei anti sofisticazione dei Carabinieri
un euro investito in cocaina ne rende 16, ma 60 euro investiti
in principi attivi contraffatti possono rendere fino a 150 mila.
Informazioni più dettagliate sul fenomeno sono disponibili
al sito: www.indicam.it
I brand sostenibili
sono in crescita
Nel mercato del largo consumo il 2015 ha segnato, a
livello globale, una crescita del fatturato del 4% per le
aziende attive sotto il profilo ambientale e sociale, contro
l’incremento inferiore all’1% relativo alle imprese non
impegnate su questi fronti.
Il 65% delle vendite totali di beni di consumo nel retail
deriva oggi da brand sostenibili. È quanto emerge dalla
"Global survey of corporate social responsibility and
sustainability", condotta da Nielsen per valutare le preferenze
di acquisto di un campione di 30mila individui in 60 paesi.
In Italia i consumatori disposti a spendere di più per brand
sostenibili sono il 52%, in crescita rispetto al 44% del 2014.
Lo stesso trend si ha a livello europeo con il 51% e globale con
il 66%. Un dato consistente proviene dai mercati emergenti:
Sud America 71%; Africa, Medio Oriente e Pakistan 75%;
Asia 76%, fino all’80% nel Sudest asiatico.
• Imprese & mercati •
Matthias Müller, presidente Volkswagen
Aldo Sutter, presidente Ibc
n. 1/2 · gennaio 2016 15
Non è la prima volta che l’arrivo in Italia
di Aldi, il Re mondiale del discount, viene dato
per certo. A dare la notizia da Francoforte
è il periodico tedesco Lebensmittel Zeitung.
Secondo la testata, il gruppo dei fratelli
Albrecht, forte di oltre 10mila punti di vendita
in 17 paesi, sta vagliando location attraverso
la società Aldi Süd, che utilizza come braccio
operativo la controllata austriaca Hofer.
Certo l’ingresso di un competitor con spalle
così robuste nel polverizzato panorama
distributivo italiano costituirebbe un fatto
di particolare rilevanza, destinato a incidere
sugli equilibri competitivi.«Più va male il mondo,
meglio andiamo noi», dicono alla catena tedesca.
L’approccio strategico è pragmatico, quasi
da realpolitik. I proprietari dell’azienda,
Karl e Theo Albrecht, dicono sempre che il loro
cliente è una persona che «sa far bene
i conti, o è costretto dalle circostanze
a farli quadrare».
In un periodo di contrazione
del potere d'acquisto, questa
affermazione non ha bisogno
di ulteriori commenti.
La politica dei prezzi praticata da
Aldi è infatti altamente competitiva.
Nelle prossime pagine proponiamo
un identikit del gruppo e alcune
considerazioni sullo stato del discount
in Italia. Con un focus su Lidl: un’insegna
dall'identità sempre più marcata
Distribuzione
PREPARA IL BLITZ?
AUSTRALIA
AUSTRIA
BELGIO
DANIMARCA
FRANCIA
GERMANIA
UNGHERIA
IRLANDA
LUSSEMBURGO
PAESI BASSI
La rete Aldi nel Mondo
Paese Pdv
367
450
450
225
910
4215
100
113
501
POLONIA
PORTOGALLO
SLOVENIA
SPAGNA
SVIZZERA
G.BRETAGNA
USA
249
175
557
1810
Fonte: Planet Retail 2014
13
85
48
75
Discount / L'ingresso del colosso è stato preannunciato da Lebensmittel Zeitung
16	 n. 1/2 · gennaio 2016
Signori, giù il cappello.
Arrivano gli Albrecht!
Discount I
Stando alle indiscrezioni il gruppo sta vagliando location in Italia. È già presente in 17 mercati
fuori dei confini della Ue. In Germania conta più di 4.200 punti di vendita e una quota del 15%
in un format che vale il 43% della grande distribuzione alimentare. Il suo ingresso in Italia…
l discounter tedesco Aldi aprirà in Ita-
lia? A dare la notizia da Francoforte
sul Meno è il periodico Lebensmittel
Zeitung, solitamente ben informato e
attento a non diffondere falsi allarmi.
	 Secondo la testata, il gruppo dei fra-
telli Albrecht, 10mila punti di vendita in 17
paesi, sta vagliando location attraverso la
società Aldi Süd, che utilizza come braccio
operativo la controllata austriaca Hofer.
	 Al momento di chiudere questo numero di
Link·Ibc (dicembre 2015, ndr) sarebbero in
corso ricerche di personale (italiano, ma con
perfetta conoscenza della lingua tedesca) e di
location nel Triveneto.
	 Non è la prima volta che l’arrivo del Re
mondiale del discount viene dato per cer-
to: la conferma si avrà solo se e quando le
prime aperture saranno concretizzate. Certo
l’ingresso di un competitor con spalle così
robuste nel panorama distributivo italiano
costituirebbe un fatto di particolare rilevan-
za, destinato a incidere sugli equilibri com-
petitivi. «Più va male il mondo, meglio an-
diamo noi», dicono alla catena tedesca.
	 L’approccio strategico è pragmatico, qua-
si da realpolitik. I proprietari dell’azienda,
i fratelli Karl e Theo Albrecht, dicono sempre
ai loro collaboratori che il loro cliente è una
persona che «sa far bene i conti, o è costretto
dalle circostanze a farli quadrare».
	 In un periodo di contrazione economica,
queste due affermazioni non hanno bisogno
di ulteriori commenti. La politica dei prez-
zi praticata dal gruppo tedesco è infatti alta-
mente competitiva.
	 In Germania, dove conta oltre 4.200 pun-
ti di vendita, Aldi gode di un’ottima reputa-
zione ed esercita una significativa influenza
sull’intero mercato, do-
vuta anche alla qualità
universalmente ricono-
sciuta dei prodotti ven-
duti in esclusiva e alle
enormi economie di ac-
quisto. Il consumato-
re che si rivolge all’in-
segna è certo di poter
avere il meglio a costi
molto bassi.
	L’offerta è costitui-
ta da oltre mille refe-
renze, tra le quali anche
un’importante presen-
za di prodotti della tra-
dizione alimentare ita-
liana: dall’olio extra
vergine di oliva al par-
migiano reggiano e alla
pasta, senza tralasciare
i vini, di buona quali-
tà, ma sempre proposti
a prezzi più che vantag-
giosi. Tra le novità figu-
rano le linee di prodotti biologici, introdotte
rispettando l’obiettivo di mantenere i prez-
zi estremamente abbordabili. Insomma: un
cliente di tutto rispetto. Anche per le aziende
dei beni di consumo operanti in Italia.
	Le varie referenze sono rese disponibili
con non più di due marchi privati, con prezzi
molto più bassi rispetto allo stesso prodotto a
marchio conosciuto.
	 Questa strategia va a scapito della varietà
dell’offerta, ma permette di avere molti pro-
dotti anche in negozi di dimensioni più picco-
le rispetto a quelli dei concorrenti.
	 A fianco dei brand di casa, o di quelli non
conosciuti tipici delle catene discount, Aldi
mette a disposizio-
ne un assortimento
di prodotti di grandi
marche che normal-
mente si possono tro-
vare nei supermer-
cati tradizionali, ma
messi in vendita a
prezzi più competiti-
vi. Pur essendo spe-
cializzata in com-
modity, la catena ha
anche offerte di pro-
dotti non alimentari,
ma sempre con una
modalità promozio-
nale molto spinta.
	La politica non è
aggressiva solo sul
fronte prezzi, quoti-
dianamente sottopo-
sti a riduzioni e pro-
mozioni, ma anche
nei confronti dei for-
nitori, a cui la catena
impone agguerrite negoziazioni e modalità
di relazione piuttosto limitate, come confer-
ma la richiesta di dialogare attraverso il fax.
Inoltre, Aldi non consente contatti diretti con
i team di acquisto, ma mette a disposizione
solamente una mail centralizzata.
	In questa strategia chiaramente impron-
tata al controllo non c’è spazio per partner-
ship, fatta eccezione per quelle con le aziende
fornitrici di private label. Aldi è una del-
le più grandi realtà hard discount europee.
È presente anche al di fuori dei confini dell'U-
nione Europea, con negozi in Australia e ne-
gli Stati Uniti.
	 In Germania, dove è stata fondata nel 1946,
conta più di 4.200 punti di vendita e una quo-
ta del 15% in un mercato del discount che
vale il 43% della grande distribuzione ali-
mentare. L’azienda dei fratelli Albrecht si
contende la leadership del settore discount
con Lidl, suo principale concorrente in terri-
torio tedesco e non solo.
	 L'insegna è condivisa da due società, Aldi
Nord e Aldi Süd, mentre in Austria ope-
ra con la sigla Hofer. Aldi Nord è presen-
te nella Germania settentrionale e orientale;
Aldi Süd presidia la Germania meridionale
e quella occidentale. Dopo la Germania, se-
condo dati di Planet Retail, il mercato con
più penetrazione è quello statunitense, dove
Aldi ha oltre 1.800 negozi (la sua insegna
Trader Joe’s è al primo posto per positività
delle opinioni espresso dai consumatori da-
vanti a Wegmans e Costco). In Europa il pa-
ese con più punti di vendita dopo la Germa-
nia è la Francia, che ne ha 910, seguita dalla
Gran Bretagna con 557.
	 Nonostante la vocazione “tradizionalista”,
Aldi non manca di strizzare l’occhio ai più
moderni strumenti di vendita messi a dispo-
sizione dall’innovazione tecnologica. Dopo
quasi un decennio di osservazione del mondo
dell’online, la catena starebbe infatti attivan-
do piattaforme di e-commerce in Inghilterra
e in altri mercati, come Spagna, Portogallo e
presumibilmente anche Germania.
	 Anche i signori Albrecht guardano al futuro.
I
	 Si è concluso con un’assoluzione il proce-
dimento avviato dall’Autorità Antitrust nei
confronti della catena italiana discount Eu-
rospin. L’Agcm contestava l’imposizione «ai
propri fornitori del versamento semestrale di
due contributi economici (servizi di segrete-
ria; premi di fine periodo) ingiustificatamen-
te gravosi, in quanto non rispondenti ad alcun
servizio prestato dal Gruppo in loro favore».
	 Secondo l’atto conclusivo, la posizione di
primato che Eurospin detiene in termini di
punti di vendita e di fatturato nel canale di-
scount comporta «la possibilità concreta di
esercitare una forte pressione commerciale nei
confronti dei propri fornitori». Tuttavia, sulla
base delle evidenze acquisite e delle dichia-
razioni dei fornitori nel corso dell’istruttoria,
non è possibile concludere che Eurospin Italia
«abbia, in qualche modo, abusato della mag-
gior forza commerciale per imporre, unilate-
ralmente, ai fornitori condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose».
	 Dalla lettura del dispositivo, si evince inol-
tre che i fornitori interpellati ritengono giusti-
ficati gli esborsi economici: i servizi di segre-
teria appaiono «sostanzialmente proporzionati
ai servizi resi dalla holding Eurospin»; i premi
di fine periodo sono «oggetto di negoziazione
tra le parti e considerati ai fini della determi-
nazione del prezzo di cessione dei prodotti».
Le evidenze portano
all'assoluzione
di Eurospin
Antitrust
Distribuzione
Il consumatore che si rivolge
ad Aldi è certo di poter avere
il meglio a costi molto bassi.
L’offerta è costituita
da oltre mille referenze,
tra le quali anche un’importante
presenza di prodotti
della tradizione alimentare italiana.
Gli articoli sono resi
disponibili con non più
di due marchi privati,
a prezzi molto più bassi
rispetto ai prodotti
a marchio conosciuto
di Silvia Antonini
n. 1/2 · gennaio 2016 17
el possibile ingresso di Aldi
in Italia si parla dai pri-
mi Anni Novanta. Da quan-
do Lidl, aprendo il suo pri-
mo hard discount il 26 marzo
1992 ad Arzignano, in provin-
cia di Vicenza, catalizzò una rivoluzione nel
panorama distributivo. Ipermercati e super-
mercati giravano bene, ma tante superette non
portavano i risultati attesi.
	 Che fare? Competere con i prezzi bassi del-
le superfici maggiori, che offrivano anche as-
sortimenti ampi e profondi decisamente più
appetibili, non era possibile. Spesso, però, le
location erano ottime e allora perché non tra-
sformare le superette in hard discount? La su-
perficie di vendita (400 metri quadrati) era più
o meno quella richiesta dal format. All’inter-
no dovevano starci 400 referenze grocery a
marchio di fantasia, l’ambientazione era spar-
tana, il fresco non serviva, le grandi marche
neppure, la qualità era scarsa e le casse prive
di scanner (il personale, poco e multifunzio-
ne, conosceva i codici di prodotto a memoria).
	 Gli investimenti pubblicitari erano inesisten-
ti. Un format essenziale, insomma, con bassi
costi gestionali, prezzi stracciati, che un po’
tutte le realtà distributive provarono ad avere
nel loro portafoglio di format distributivi.
	 Muoveva i primi passi Eurospin, intuizione
di Angelo Pozzi, Ivan Odorizzi e altri impren-
ditori: oggi il gruppo italiano domina la scena
con circa mille punti di vendita. Ci entraro-
no Peppino e Gian Felice Franchini, quelli dei
Supermercati Brianzoli (che Silvio Berlusco-
ni chiamò alla guida della Standa), le Coop
(con un progetto coordinato da Guido Tolet-
ti), la GS di Livio Buttignol, il gruppo Car-
refour (con l’insegna Europa Discount affida-
ta a Luigi Quartieri), i tedeschi di Rewe con
Penny (inizialmente in partnership con la fa-
miglia Caprotti). E tanti altri gruppi distribu-
tivi e imprenditori indipendenti, in un fiorire
di insegne: da New Florida a Plus, da Lillo Di-
scount a In’s.
	 Nel tempo la formula rigorosamente hard fu
progressivamente modificata con l’introdu-
zione dei freschi, di marche note (spesso con
imballaggi di formato diverso da quello usa-
to negli altri canali di vendita) e in generale
ponendo un’attenzione sempre maggiore alla
qualità dei prodotti a marchio (anche con pack
più accattivanti), all’ampliamento della super-
ficie di vendita (portata attorno a 800/1.000
mq) anch’essa più curata e luminosa.
	 Questa interpretazione “soft” si è nel tempo
consolidata in molte insegne che hanno sapu-
to conquistare, seppur con posizioni differen-
ti, un posto stabile nel canale.
	 Massimo interprete del cambiamento è stato
Lidl, che nel corso degli anni ha investito in-
genti risorse in pubblicità (anche sulle princi-
pali reti nazionali) e spostato il suo posiziona-
mento dal “discount” al supermercato (come
conferma il claim: “Non cambiare stile di
vita, cambia supermercato”) e ampliato l’as-
sortimento non food introducendo per esem-
pio piccoli elettrodomestici, accessori ed elet-
tronica di consumo.
	 Anche la qualità del fresco è molto migliora-
ta. Oggi, con quasi 600 punti di vendita e 11mila
collaboratori, Lidl è una delle insegne più im-
portanti del panorama distributivo italiano.
	 Il suo obiettivo, secondo alcuni analisti, è
diventare lo specialista italiano della marca
privata di buona qualità.
	 Mostra forte attenzione per i fornitori loca-
li. Lavora alla costruzione di una sua identità
italiana, con ampio uso del tricolore nella sua
comunicazione pubblicitaria. Ricordiamo che
Lidl è da quest’estate premium sponsor del-
la nazionale italiana di calcio. Un tassello im-
portante del più ampio progetto di costruzione
identitaria messo a punto da Ignazio Paternò,
presidente di Lidl Italia.
(i.f.)
Lidlguida l’evoluzione della specie
Discount II
Lanciò il format in Veneto, aprendo la strada a una miriade di concorrenti. Poi la svolta,
all’insegna del claim “Non cambiare stile di vita, cambia supermercato”. Oggi in un’identità
tricolore (è anche sponsor della nazionale di calcio) batte sempre un cuore tedesco
L’evoluzione in Italia
I punti di vendita discount per area geografica (in unità)
Fonte: IRi - Top Trade 30 Giugno 2015
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
Nord-Ovest Nord-Est Centro+Sardegna Sud TOTALE
2010 2012 20142014
1.062
1.164
959
1.063
1.197
1.187
973
1.107
1.277
1.170
977
1.157
Giu 2015
1.302
1.174
979
1.181
4.6364.5814.4644.248
0
Nel corso degli anni Lidl ha investito ingenti risorse in advertising
e modificato il suo posizionamento da "discount" a "supermercato".
Inoltre ha ampliato l'assortimento non food introducendo
piccoli elettrodomestici, accessori, elettronica di consumo ecc
Secondo alcuni analisti il suo obiettivo è diventare lo specialista italiano
della marca privata di buona qualità. Sicuramente lavora alla costruzione
di una sua identità italiana, come conferma l'ampio uso
della bandiera tricolore nella comunicazione pubblicitaria
D
EUROSPIN
LIDL
PENNY MARKET
MD
LD
IN’S
D PIÙ
TUODÌ MARKET
TODIS
EKOM
TOTALE
La dimensione delle reti
Insegna Pdv
964
557
322
396
317
343
306
172
194
139
3.710
Fonte: IRi - Top Trade 30 Giugno 2015
La ripartizione del mercato
EUROSPIN
32,7%
16,9%
13,5% 8,4% 5,6%
4,8%
18,1%
PENNYLILLO
LIDL
ALTRI
IN’S
MERCATO
SPA
DICO SPA
Fonte: Retail Watch su dati Nielsen 2014
Link_IBC_2016_n1-2
Link_IBC_2016_n1-2
Link_IBC_2016_n1-2
Link_IBC_2016_n1-2
Link_IBC_2016_n1-2
Link_IBC_2016_n1-2
Link_IBC_2016_n1-2

More Related Content

What's hot

Mercati obbligazionari al punto di svolta
Mercati obbligazionari al punto di svoltaMercati obbligazionari al punto di svolta
Mercati obbligazionari al punto di svolta
Valentina Sagona
 
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Saida Petrelli
 
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
CONFINDUSTRIA TOSCANA NORD
 
Magazine NEWS&Finance XIX
Magazine NEWS&Finance XIXMagazine NEWS&Finance XIX
Magazine NEWS&Finance XIX
CapitalfinSpA
 
Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione
Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione�Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione�
Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione
Linkiesta
 
Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...
Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...
Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...
Pio De Gregorio
 
Watch insights-novembre-2011
Watch insights-novembre-2011Watch insights-novembre-2011
Watch insights-novembre-2011Danilo Pontone
 
COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016
COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016
COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016
Ambrosetti Asset Management SIM S.p.A.
 
Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)
Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)
Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)
TatianaApostolovich
 
Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015
Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015
Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015
Quotidiano Piemontese
 
Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013
Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013
Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013BNL Mestiere Impresa
 
Produttività, salari e contrattazione decentrata
Produttività, salari e contrattazione decentrataProduttività, salari e contrattazione decentrata
Produttività, salari e contrattazione decentrata
Massimo Resce
 

What's hot (15)

Mercati obbligazionari al punto di svolta
Mercati obbligazionari al punto di svoltaMercati obbligazionari al punto di svolta
Mercati obbligazionari al punto di svolta
 
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
 
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
Rapporto di Confindustria Toscana Nord sui bilanci 2017
 
Magazine NEWS&Finance XIX
Magazine NEWS&Finance XIXMagazine NEWS&Finance XIX
Magazine NEWS&Finance XIX
 
Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione
Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione�Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione�
Un’estate passeggiando sul crinale che separa l’espansione dalla recessione
 
BNL Focus #17
BNL Focus #17BNL Focus #17
BNL Focus #17
 
Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...
Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...
Monitor Economico - Fiducia delle imprese italiane: al traino dei beni strume...
 
Watch insights-novembre-2011
Watch insights-novembre-2011Watch insights-novembre-2011
Watch insights-novembre-2011
 
COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016
COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016
COMMENTO MERCATI - Ottobre 2016
 
Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)
Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)
Covid-19: Risposte di Policy per le PMI (Piccole e Medie Imprese)
 
Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015
Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015
Relazione licia mattioli assemblea unione industriale 2015
 
Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013
Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013
Congiuntura flash Centro Studi Confindustria_Maggio 2013
 
Caffè Ho.Re.Ca. 2010
Caffè Ho.Re.Ca. 2010Caffè Ho.Re.Ca. 2010
Caffè Ho.Re.Ca. 2010
 
S. Lepri: Come nasce una bufala
S. Lepri: Come nasce una bufalaS. Lepri: Come nasce una bufala
S. Lepri: Come nasce una bufala
 
Produttività, salari e contrattazione decentrata
Produttività, salari e contrattazione decentrataProduttività, salari e contrattazione decentrata
Produttività, salari e contrattazione decentrata
 

Similar to Link_IBC_2016_n1-2

Scenari economici n. 17 giugno 2013_Confindustria
Scenari economici n. 17 giugno 2013_ConfindustriaScenari economici n. 17 giugno 2013_Confindustria
Scenari economici n. 17 giugno 2013_ConfindustriaBNL Mestiere Impresa
 
Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015
Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015
Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015
cittAgora
 
Scenari economici - Confindustria
Scenari economici - ConfindustriaScenari economici - Confindustria
Scenari economici - Confindustria
BNL Mestiere Impresa
 
Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...
Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...
Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...
Barbieri & Associati Dottori Commercialisti - Bologna
 
Scenari economici di Confindustria
Scenari economici di ConfindustriaScenari economici di Confindustria
Scenari economici di ConfindustriaBNL Mestiere Impresa
 
Nielsen 20140416 nota_adv_febbraio
Nielsen 20140416 nota_adv_febbraioNielsen 20140416 nota_adv_febbraio
Nielsen 20140416 nota_adv_febbraio
Luigi Jovacchini
 
Market Watch PMI - Maggio 2017
Market Watch PMI - Maggio 2017Market Watch PMI - Maggio 2017
Market Watch PMI - Maggio 2017
Banca Ifis
 
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunitaAumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Fabio Ghiselli
 
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunitaAumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Fabio Ghiselli
 
L'ottobre nero del nostro debito
L'ottobre nero del nostro debitoL'ottobre nero del nostro debito
L'ottobre nero del nostro debito
Forza Italia - Veneto
 
Rapporto Cuneo 2020
Rapporto Cuneo 2020Rapporto Cuneo 2020
Rapporto Cuneo 2020
Quotidiano Piemontese
 
Cfo mini guida_portafogli_200331
Cfo mini guida_portafogli_200331Cfo mini guida_portafogli_200331
Cfo mini guida_portafogli_200331
Andrea Giovannetti
 
Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020
Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020
Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020
Hera Group
 
Market watch dicembre_ita
Market watch dicembre_itaMarket watch dicembre_ita
Market watch dicembre_ita
Banca Ifis
 
Campania 2020, la cooperazione del futuro
Campania 2020, la cooperazione del futuroCampania 2020, la cooperazione del futuro
Campania 2020, la cooperazione del futuro
EnricoPanini
 
Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%
Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%
Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%pdl-approfondimenti
 
Presentazione lettura - scienze delle finanze
Presentazione lettura - scienze delle finanzePresentazione lettura - scienze delle finanze
Presentazione lettura - scienze delle finanze
Salvatore Fabbrizio
 
Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19
Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19
Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19
Confindustria
 
Relazione Garante Micro Piccole e Medie Imprese
Relazione Garante Micro Piccole e Medie ImpreseRelazione Garante Micro Piccole e Medie Imprese
Relazione Garante Micro Piccole e Medie ImpreseEnricoPanini
 

Similar to Link_IBC_2016_n1-2 (20)

Scenari economici n. 17 giugno 2013_Confindustria
Scenari economici n. 17 giugno 2013_ConfindustriaScenari economici n. 17 giugno 2013_Confindustria
Scenari economici n. 17 giugno 2013_Confindustria
 
Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015
Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015
Comune di Torino - Relazione consiglio bilancio di previsione 2015
 
Scenari economici - Confindustria
Scenari economici - ConfindustriaScenari economici - Confindustria
Scenari economici - Confindustria
 
Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...
Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...
Gregorio De Felice - Responsabile Servizio Studi e Ricerche di Banca Intesa S...
 
Scenari economici di Confindustria
Scenari economici di ConfindustriaScenari economici di Confindustria
Scenari economici di Confindustria
 
Nielsen 20140416 nota_adv_febbraio
Nielsen 20140416 nota_adv_febbraioNielsen 20140416 nota_adv_febbraio
Nielsen 20140416 nota_adv_febbraio
 
Market Watch PMI - Maggio 2017
Market Watch PMI - Maggio 2017Market Watch PMI - Maggio 2017
Market Watch PMI - Maggio 2017
 
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunitaAumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
 
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunitaAumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
Aumento delle-aliquote-iva-trappola-o-opportunita
 
L'ottobre nero del nostro debito
L'ottobre nero del nostro debitoL'ottobre nero del nostro debito
L'ottobre nero del nostro debito
 
Rapporto Cuneo 2020
Rapporto Cuneo 2020Rapporto Cuneo 2020
Rapporto Cuneo 2020
 
Cfo mini guida_portafogli_200331
Cfo mini guida_portafogli_200331Cfo mini guida_portafogli_200331
Cfo mini guida_portafogli_200331
 
Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020
Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020
Gruppo Hera - Relazione trimestrale consolidata al 31 marzo 2020
 
Market watch dicembre_ita
Market watch dicembre_itaMarket watch dicembre_ita
Market watch dicembre_ita
 
Campania 2020, la cooperazione del futuro
Campania 2020, la cooperazione del futuroCampania 2020, la cooperazione del futuro
Campania 2020, la cooperazione del futuro
 
Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%
Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%
Supermario sbaglia i conti Sul Pil una svista del 500%
 
Presentazione lettura - scienze delle finanze
Presentazione lettura - scienze delle finanzePresentazione lettura - scienze delle finanze
Presentazione lettura - scienze delle finanze
 
Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19
Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19
Presentazione rapporto di previsione CSC - 27mar19
 
BNL FOCUS #31
BNL FOCUS #31BNL FOCUS #31
BNL FOCUS #31
 
Relazione Garante Micro Piccole e Medie Imprese
Relazione Garante Micro Piccole e Medie ImpreseRelazione Garante Micro Piccole e Medie Imprese
Relazione Garante Micro Piccole e Medie Imprese
 

Link_IBC_2016_n1-2

  • 1. In questo numero POSTEITALIANES.p.A.SpedizioneinAbbonamentoPostale70%C/RM Distribuzione · Unes Gasbarrino: «Bezos suona la sveglia alla Gdo» Industria · L'Oréal Scocchia: «Lenta ripresa della cosmesi» Troppa zavorra frena il Paese Il corsivo segue a pagina 24 Antonini a pagina 15 Ferrario, Bardozzo e Mainardi a pagina 5 di Roberto Bucaneve Idee e informazioni per gli associati osa è avvenuto nella Gdo italiana in sette lunghi anni di sofferenze? Il primo dato da cui partire riguarda gli equilibri fra i formati distributivi. Pro- viamo a farlo guardando alla variazione as- soluta e percentuale delle quote di mercato per le principali tipologie di punto di vendi- ta tra il 2008 e il 2014 (in merito si veda la tabella a pagina 24). La prima cosa evidente, e per molti ver- si la più rilevante, è la crisi dell’ipermerca- to, che malgrado uno sforzo promozionale che ha dissanguato tutta la filiera (nel perio- do considerato la pressione promozionale è passata dal 23 al 30%), perde 1,3 punti (qua- si l’8%). Una crisi strutturale che altera pro- fondamente gli equilibri del settore. L’iper compete infatti con tutti, stimo- la la mobilità dei consumatori entro aree di mercato più ampie e, con le sue difficoltà, ha portato il largo consumo verso un più ac- centuato confronto di prezzo. La sua ricon- figurazione, con riduzioni di superfici e con- versioni verso il superstore, influenzeranno dunque tutto il sistema. E l’effetto più diretto è proprio sul ruolo dei superstore, che più han- no incrementato la loro quota di mercato (3,5 punti, +40%), e si candidano oggi a diventa- re il formato di riferimento, con assortimento completo e profondo. Anche il discount ha guadagnato spazio (1,3 punti, +13%), ma meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare in una crisi così lunga. Si è dunque incamminato su una stra- da di stabile crescita e, fatto non scontato, si è istituzionalizzato, con una maggiore at- tenzione al fresco, l’inserimento di linee pre- mium e anche di alcune marche industriali. L'intervista Parla Yoram Gutgeld, commissario di Governo alla revisione della spesa Ferrario a pagina 2 Estero Francia: pacate riflessioni sulla condanna di Leclerc Colla a pagina 18 Supporti per le imprese Con “Allineo” meno errori, più efficienza e informazioni sempre aggiornate Zini a pagina 14 Gestire i big data Sfruttare le informazioni per migliorare il sell out Genzini a pagina 22 C L Sargenti: «Noi non chiediamo listing fee» Scoprite come lavora Amazon con i fornitori grocery. I punti di forza e le criticità della relazione commerciale con il marketplace più famoso del mondo, che si candida a giocare un ruolo di primissimo piano nel contesto distributivo del nostro Paese. N.1/2 | Anno III | Gennaio 2016 www.ibconline.it a cronaca ci vede stretti tra due poli. Da una parte troviamo l’ottimismo di chi interpreta i più “zerovirgola” della nostra economia come il se- gno di un’inversione di rotta. Dall’altra c’è il pessi- mismo sistematico di chi legge gli stessi numeri come il frutto di fatti congiunturali irripetibili. Costretti tra queste interpretazioni abbiamo perso di vista che, in- sieme alla fine della recessione, il 2015 ha registrato sì passi in avanti, ma ancora troppo lenti per risponde- re con decisione al ritardo ed alle fragilità del nostro sistema economico. Il ministro Padoan, nelle pagine interne, fa riferi- mento ad un “obiettivo crescita” cui è ispirata la po- litica economica del Governo, ed effettivamente non si può negare che un quadro di finanza pubblica risa- nato e più solido è funzionale alla crescita. Le misu- re della legge di Stabilità vanno nella giusta direzione, ma quelle previste per ridurre la pressione fiscale su famiglie ed imprese e per favorire investimenti ed oc- cupazione sono limitate. E troppo timida è stata la ri- duzione della spesa pubblica. Di fronte al rischio di una “stagnazione secolare” evocato dalla Confindustria e dallo stesso Padoan oc- corrono più determinazione e coraggio, attuando in- terventi che puntino a ridare vigore al nostro sistema economico. Innanzitutto, politiche più decise a favore degli investimenti, dell’innovazione, della ricerca: così siridàcompetitivitàainostrisettoriindustrialies’inne- sca una strutturale e positiva ripresa dell’occupazione. Bisogna inoltre insistere sulla reale apertura dei mercati: le liberalizzazioni, uscite dal radar della poli- tica economica, devono tornarvi se vogliamo aumen- tare la competitività del nostro Paese. Occorre anche il rilancio della domanda interna e preoccupa che l’aumento della tassazione dei consumi resti sempre all’orizzonte: basti pensare che l’inaspri- mento dell’imposta sul valore aggiunto è ancora un ri- schio reale per il 2017 ed il 2018. Su tutti questi terreni, Ibc proseguirà la sua azione istituzionale per contribuire all’affermazione di un quadro di politica economica più favorevole alle im- prese ed alla creazione di ricchezza per il Paese. Mainardi a pagina 9 Ghiggini a pagina 10 E-commerce · Effetto AmazonDiscount · Il punto sul format Costantino, Goldstein e Russo alle pagine 2, 3 e 4 Grazie anche alla costante azione svolta da Ibc sulle istituzioni, l’aumento Iva previsto per il 2016 è stato scongiurato. Da qualche tempo i consumi manifestano maggior dinamismo e cresce il valore del carrello. Ma è ancora presto per parlare di vera ripresa… Avanti piano E se davvero arrivasse Aldi? Non è la prima volta che l’ingresso in Italia del Re del discount viene dato per certo. A dare la notizia da Francoforte è il periodico Lebensmittel Zeitung. Link·Ibc ne approfitta per proporre un identikit del gruppo tedesco. E riflettere sullo stato del canale in Italia. Distribuzione Gasbarrino: «Bezos suona la sveglia alla Gdo» Mainardi a pagina 9 Tra crisi dell’ipermercato e prossimità da ripensare di Luca Pellegrini Tra crisi dell’ipermercato e prossimità da ripensare I POSTER DI LINK·IBC La mappa del retail in Italia Nelle pagine centrali
  • 2. 2 n. 1/2 · gennaio 2016 I l largo consumo sta superando la stagnazio- ne e da inizio 2015 reinventa strumenti e modalità per rilanciare i mercati. La tendenza acquisita fino a novembre consente di prevedere una chiusura d’anno in positivo sia per i volumi venduti (+1,7%) sia per i ricavi (+2,5%). Quattro fattori spiegano il trend: la rinnovata fi- ducia delle famiglie sul proprio potere d’acquisto; la multicanalità: il consumatore ha imparato a cerca- re il miglior punto di vendita in funzione delle pro- prie esigenze; la ricerca del valore al giusto prezzo; la diversificazione: la filiera sta abbandonando tat- tiche e strategie spesso indifferenziate e molti atto- ri stanno adottando politiche di approccio al merca- to più diversificate. Il miglioramento della fiducia delle famiglie ha consentito di riportare gli acquisti sui livelli del 2012. È interessante notare che questi risultati sono stati ot- tenuti senza spingere sulla pressione promozionale di prezzo, un fatto nuovo dopo anni di crescita ininter- rotta del ricorso a questa leva. Altro fattore degno di nota è che la ripresa delle vendite Lcc è trainata dal- le marche industriali, mentre i prodotti a marchio del distributore stanno segnando il passo. Tutto ciò, accanto alla stabilizzazione della pressio- ne promozionale, ha contribuito alla ripresa del valo- re del carrello, che si traduce in un moderato aumento dell’indice medio dei prezzi (+0,8% la previsione di chiusura del 2015), mentre l’inflazione a parità di pa- niere è in leggera ripresa solo negli ultimi mesi. Il cauto ottimismo è supportato anche da altri se- gnali. Per esempio, sono in ripresa le vendite non de- terminate da azioni tattico-promozionali di prezzo. Parliamo delle cosiddette “vendite di base”, consi- derate uno dei principali indicatori di salute di mar- che e mercati. Fino a novembre si registra una ripre- sa significativa (+3,0% a volume e +3,6% a valore). Nel 2015 molti attori del sistema industria-distri- buzione, che da soli rappresentano il 35% dei ri- cavi Lcc, hanno adottato politiche di gestione del prezzo con un respiro di medio periodo, allentando l’uso della leva promozionale e ottenendo riscon- tri più positivi sul fronte della domanda. In pratica si passa da una situazione in cui la gran parte della Gdo competeva principalmente con azioni di con- venienza di breve periodo a una maggiore diversifi- cazione nella gestione della leva. La pressione pro- mozionale da alcuni mesi è in riduzione e si attesta al 27,7%, con un calo di 0,6 punti rispetto all’analo- go periodo 2014. Per il 2016 prevediamo un consolidamento dei vo- lumi attorno al punto percentuale a fronte di un ulte- riore spunto dei prezzi (+0,8%). Sembra un risultato modesto, ma bisogna considerare che in questa fase di ripresa la domanda si riverserà soprattutto ver- so l’acquisto di beni durevoli. Inoltre è importante sottolineare che il trend previsto nel 2016 sconta in parte il rimbalzo sull’effetto positivo dell’estate ec- cezionalmente calda sulle vendite dei prodotti sta- gionali, cosa che spiega per ben 0,6 punti percentua- li la crescita dei volumi nel 2015 (+1,7%). Questo scenario fa riferimento all’ipotesi che l’a- zione di espansione monetaria, portata avanti dalle autorità finanziarie europee, prosegua e ridia vigore al sistema dei prezzi dei paesi membri e che il Go- verno italiano non applichi inasprimenti fiscali, de- primendo così i consumi. Il risollevamento del cli- ma economico e della domanda sta infatti aiutando la filiera a rendere più efficienti le proprie strategie permettendo un recupero della capacità delle leve di generare crescita, che auspicabilmente continue- rà anche nel 2016. Di fondo resterà immutata anche la tendenza della domanda ad aumentare la quota parte di spesa Lcc nell’alimentare, un fatto che ha caratterizzato tutti gli ultimi anni della crisi. Iri oram Gutgeld, commissario alla re- visione della spesa e consigliere economico di palazzo Chigi, è stato per anni partner di McKinsey, una delle più importanti società di con- sulenza del mondo. Sa interpretare i numeri, ma anche trasfor- marli in strategie, obiettivi e nelle conseguenti scelte operative per raggiungerli. Ha un'agen- da fitta di impegni, ma accetta di rispondere ad alcune domande di Link·Ibc sulle scelte di poli- tica economica dell’Esecutivo. Il Governo nei mesi scorsi ha promesso tagli alla spesa pubblica, una legge di stabi- lità vantaggiosa per i cittadini e che non ci sarebbero stati aumenti dell’Iva per il 2016. Qual è oggi il bilancio? «Il bilancio di quasi due anni di governo e due leggi di Stabilità è questo: circa 35 miliar- di di euro di riduzione di tasse l'anno, dei qua- li 31 su lavoro e produzione. Abbiamo anche scongiurato l’aumento Iva previsto per il 2016. Altre clausole di salvaguardia, per 23 mi- liardi nel 2016 e nel 2017, sono state disinne- scate. Nel 2018 diminuiremo l’Irpef. La ridu- zione delle tasse è coperta da 20 miliardi di contenimento di spesa e da un recupero dell'e- vasione oltre che dalla riduzione del costo de- gli interessi sul debito. Grazie a questi recu- peri, riusciamo non solo a ridurre le tasse, ma anche a contenere il deficit che passerà dal 3% al 2,2%. Per la prima volta dopo nove anni ini- zieremo ad abbassare il debito pubblico. Tutto questo ha portato maggior fiducia, rilancio dei consumi e l'inizio di un ciclo di investimenti, soprattutto privati. Si inizia a vedere un calo della disoccupazione, nuovi posti di lavoro e crescita economica». Nei 31 miliardi per il lavoro è compreso il bonus di 80 euro? «Si, vale circa 10 miliardi. È stato un contri- buto importante al sostegno e al rilancio della domanda. Altri risultati arriveranno sicuramen- te dall’abolizione della tassa sulla prima casa: li vedremo il prossimo anno. Un altro fronte d’im- pegno è il miliardo di euro stanziato a favore delle fasce più disagiate della popolazione». Si è sempre parlato, almeno così si legge- va nel documento di programmazione eco- nomica e fi nanziaria di aprile 2015, di una revisione della spesa 2016 da 10 miliardi di euro. Ora però l’importo è sceso a 5,8 mi- liardi. Come mai l’obiettivo non è stato rag- giunto? «Il recupero dell’evasione più consistente del previsto e la crescita anch’essa superio- re alle stime ci hanno permesso di rispetta- re tutti gli obiettivi prefissati. Anzi: di fare più di quanto il presidente del Consiglio ave- va preannunciato. Abbiamo mantenuto, sep- pur in forma più leggera, la decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato. Abbiamo introdotto un super ammortamento del 140% per chi investe in macchinari e beni strumen- tali. Sono stati fatti importanti interventi per il Sud, per il sociale e per la ripresa degli in- vestimenti pubblici, soprattutto dei comuni. Tagliare di più, in questo momento, avrebbe richiesto tagli lineari che vogliamo evitare e che non erano necessari». Quali tagli alla spesa pubblica prevedete nei prossimi anni? «Continueremo a portare avanti i meccanismi di vera efficienza che abbiamo messo in piedi in questi mesi: la centralizzazione degli acqui- sti, l'applicazione dei costi standard ai comuni e così via. È prematuro dare delle cifre, ma i ri- sparmi per il futuro saranno importanti». L’Europa ha più volte invitato l’Italia a ridurre le tasse sui redditi e a incrementare quelle sui consumi. Lei cosa pensa di questa ipotesi? «Noi stiamo riducendo le tasse sui redditi e sulla produzione senza incrementare quelle sui consumi. Non aumenteremo né Iva né ac- cise anche dopo il 2016. In alcuni settori sono stati fatti negli anni precedenti aumenti di tas- sazione dannosi. Non so se sarà possibile, ma sarebbe bene poterli attutire». Intervista raccolta a ottobre 2015 Economia Grocery: crescita più lenta nel 2016 Consuntivi & Previsioni Si ipotizza un punto percentuale, sempre che non ci siano sorprese fiscali. Sembra un risultato modesto, ma bisogna considerare che in questa fase di ripresa la domanda delle famiglie italiane si riverserà soprattutto sui beni durevoli Parla il commissario alla revisione della spesa Gutgeld «Scongiurato l’aumento Iva 2016» L’impegno è stato mantenuto. Ora si lavora per evitare l’applicazione della clausola di salvaguardia anche nel prossimo biennio. «Stiamo riducendo le tasse sui redditi e sulla produzione senza incrementare quelle sui consumi» di Gianpaolo Costantino di Ivo Ferrario Y L'evoluzione delle vendite a volume (Var. %) Totale Largo consumo confezionato. Ipermermercati, supermercati libero servizio-piccolo, drugstore, discount. Vendite a valore a prezzi costanti. Aggiornamento delle previsioni ottobre 2015 Fonte: IRi -2 2 1 -1 0 2012 +0,3 2013 -1,3 2014 -0,8 P. 2015 +1,7 P. 2016 +1,1
  • 3. Pressing su istituzioni e partiti politici n. 1/2 · gennaio 2016 3 «Il nostro obiettivo è lo sviluppo» Le valutazioni del ministro dell'Economia e delle finanze Il rapporto debito/Pil è previsto in diminuzione, per la prima volta dopo otto anni. Sosterranno la ripresa anche la riduzione del carico fiscale su imprese e famiglie, lo stimolo agli investimenti privati e lo sblocco degli stanziamenti pubblici a fase di ripresa dell’economia italiana si sta progressi- vamente rafforzando, nonostante lo scenario internazio- nale sia divenuto negli ultimi mesi più complesso. Le sti- me presentate nel documento programmatico di bilancio confermano il quadro macroeconomico delineato nella nota di aggiornamento del Def, in cui il Governo aveva rivisto al rialzo la previsione di crescita del Pil per il 2015 dallo 0,7 allo 0,9% e quella per il 2016 dall’1,4 all’1,6%. Anche le proiezioni per gli anni seguenti restano più favorevoli, pur nell’ambito di una valutazione che rimane prudenziale. La ripresa della domanda appare equilibrata nella composizione, so- stenuta dalle esportazioni, ma anche dal rafforzamento dei consumi interni e dalla ripartenza degli investimenti. Diversi indicatori sug- geriscono un andamento positivo dell’economia italiana nel terzo tri- mestre, in particolare nel settore dei servi- zi. Sono evidenti anche i segnali di ripresa dell’occupazione, che riflettono il migliora- mento del ciclo in un contesto di accresciu- ta adattabilità del mercato del lavoro. La fi- ducia delle imprese e dei consumatori ha raggiunto nel mese di ottobre i valori più elevati dall’inizio della crisi. Secondo i dati recentemente pubblicati dalla Commissio- ne europea, l’indicatore sintetico del clima economico dell’Italia è ora tra i più alti in Europa, supportato dal rafforzamento del- le riforme strutturali e dal miglioramento delle condizioni monetarie e finanziarie. Per continuare a sostenere il potenzia- le di crescita dell’economia, il Governo ha impostato una politica di bilancio favore- vole alla crescita: lo scenario programma- tico aggiornato prevede un miglioramento del saldo di bilancio più graduale rispetto a quello prefigurato dal programma di stabi- lità dello scorso aprile. Si è optato per una decelerazione del ritmo di consolidamento delle finanze pubbliche per le seguenti ra- gioni: la persistente debolezza dell’inflazione, dalla quale potreb- be discendere un profilo di riduzione del debito meno marcato, pur in presenza di una crescita reale più alta; l’aumento dell’incertez- za a livello internazionale, in particolare connesso alle prospetti- ve delle economie emergenti; l’esigenza di accrescere l’occupazio- ne a un ritmo più elevato, per sostenere la crescita di lungo periodo. Sosterranno la ripresa anche la composizione e la tipologia degli in- terventi attraverso la consistente riduzione del carico fiscale su impre- se e famiglie, lo stimolo agli investimenti privati, lo sblocco di risorse per gli investimenti pubblici. L’intonazione della politica di bilancio si accompagna alla progressiva riduzione dell’indebitamento netto, e sfrutta gli spazi fiscali resi disponibili dalle clausole di flessibilità de- finite dalla Commissione europea nella comunicazione del 13 genna- io di quest’anno. Nel 2015 il disavanzo risulterà pari al 2,6% del Pil, in riduzione rispetto al 3,0% nel 2014. Il miglioramento del saldo di bilancio proseguirà nel 2016, anno in cui l’indebitamento netto è atte- so scendere al 2,2% del Pil. In linea con queste dinamiche il disavanzo strutturale aumenterà, passando da -0,4% del Pil nel 2015 a -0,7% nel 2016; successivamente tornerà a ridursi (-0,3% nel 2017), raggiungendo nel 2018 un saldo pari a zero, coincidente con l’obiettivo di medio termine (Omt) per l’Italia. Resta intatta la priorità di invertire la dinamica del rapporto tra il debito pubblico e il Pil e di conseguirne una riduzione significativa nell’orizzonte di previsione. Nel 2016 il rapporto debito/Pil è previsto in diminuzione, per la pri- ma volta dopo otto anni di crescita ininterrot- ta, di 1,4 punti percentuali; negli anni successivi il rapporto è atteso ridursi a un ritmo più elevato, per raggiungere valori inferiori al 120% nel 2019. La riduzione del rapporto debito/Pil beneficerà della prosecuzione del piano di privatizzazioni, che prevede proventi pari allo 0,4% del Pil nel 2015 e allo 0,5% nei tre anni successivi. Grazie al completamento dell’Ipo di Poste Italia- ne, l’obiettivo del 2015 è stato non solo raggiunto, ma anche superato. Ricordo che le privatizzazio- ni si trovano all’incrocio di tre importanti proces- si: la riduzione del debito, e i proventi delle priva- tizzazioni vanno automaticamente a riduzione del debito; la spending review: si tagliano trasferimen- ti statali alle imprese che accedono al mercato dei capitali; le politiche per la competitività: le imprese quotate si irrobustiscono, diventano più forti e of- frono servizi migliori. Il profilo di riduzione del debito consentirà di sod- disfare già nel 2016 la regola del debito, irrobusten- do ulteriormente la fiducia dei mercati, come mo- stra l’andamento dello spread. Il Governo intende utilizzare i margini di flessibilità disponibili all’interno delle regole europee, invocando la clausola volta a favorire le riforme strutturali e quella per gli investimenti pubblici. L'Esecuti- vo sfrutterà inoltre margini di bilancio per tenere conto dell’impatto sul bilancio del flusso di rifugiati e migranti, qualora si raggiunga un accordo a livello europeo al riguardo. Ministro dell’Economia e delle finanze. Estratto dall’audizione preliminare all’esame della manovra economica per il triennio 2016-2018 alle commissioni 5a del Senato della Repubblica e V della Camera dei Deputati, ottobre 2015 Proseguono gli interventi istituzio- nali di Ibc con l’obiettivo di con- trastare gli aumenti Iva previsti per il 2017 e il 2018. Il commissario di Governo per la revisione della spe- sa, nell’intervista a pagina 2, antici- pa che non saranno attuati. Per sostenere questa posizione, l’as- sociazione ha in calendario incontri con esponenti dell’Esecutivo e delle forze politiche già nel primo trime- stre 2016. di Pier Carlo Padoan Ma sulle liberalizzazioni bisogna accelerare Caro Direttore, il consumatore è pronto alla rivoluzione del commercio, agli hard discount come all’e-commerce, ma a che punto è l’Italia con le liberalizzazioni? I dati 2013 dell’indice Ocse sulla regola- mentazione del retail trade sono impietosi: misurano i requisiti di registrazione, le licenze, le norme che proteggono gli incum- bents e quelle specifiche sui large outlets, i controlli su prezzi, promozioni e orari di apertura. L’Italia emerge come il paese più chiuso tra tutti quelli del G20. Non sono lontani soltanto i paesi anglosassoni, ma anche la tan- to esecrata Germania, dove i supermercati chiudono nel tardo po- meriggio del sabato, e pure i Brics e gli altri emergenti. Ad onor del vero progressi sono stati realizzati nell’ultimo bien- nio, soprattutto grazie al “Salva Italia”, che ha esteso a tutti gli esercizi la libertà di orario, in precedenza limitata a quelli situa- ti in località turistiche e città d’arte, e ha ridotto varie delle restri- zioni allo svolgimento di attività commerciali, come l’obbligo di rispettare una distanza minima tra negozi. Anche l’allargamento della lista di prodotti che possono essere venduti nelle stazioni di servizio è una misura opportuna. Ma va fatto di più e va fatto meglio. I benefici sarebbero consi- stenti. Secondo l’Ocse, in dieci anni un piano di liberalizzazioni orientate alle best practice internazionali potrebbe incrementare la produttività del 14,1%, di cui il 4,9% derivante dalla liberaliz- zazionedeiservizidelcommercioeil7,4%diquelliprofessionali. Lo dimostrano anche studi condotti sugli effetti della riforma del 1998 (Decreto Legislativo n. 114) sulla struttura della Gdo. Ricordiamoci che alcune regioni avevano emanato i corrispon- denti decreti attuativi mentre altre avevano fatto poco. Pur con queste differenze, in termini d’impatto sulla concen- trazione, accesso dei consumatori, dimensioni degli esercizi e qualità del servizio offerto, i risultati sono stati più significati- vi di quanto atteso. Ora che la ripresa sembra finalmente con- solidarsi è il momento per accelerare. La lettera In tema di liberalizzazioni riceviamo questo intervento del direttore della società di ricerche Nomisma, che volentieri pubblichiamo. di Andrea Goldstein Migliorano le condizioni monetarie e finanziarie del Paese. Anche le proiezioni per gli anni a venire restano favorevoli, pur nell'ambito di una valutazione che rimane prudenziale. La riduzione del rapporto tra debito e Pil beneficerà della prosecuzione del piano di privatizzazioni L
  • 4. 4 n. 1/2 · gennaio 2016 Vendite dirette: +7,3% nei primi nove mesi del 2016 Nei primi nove mesi del 2015, le vendite delle imprese associate Univendita sono ammontate a 1.148 miliardi di euro, pari a un incremento del 7,3% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Dopo un primo semestre chiuso con un +5,3%, le vendite a domicilio consolidano la crescita e confermano le previsioni di chiusura del 2015 a quota 1,6 miliardi di euro. Il comparto più dinamico è stato quello dei beni durevoli per la casa che, con un incremento dell’11,1% e una quota di mercato del 60%, si conferma il più importante, seguito da alimentari e beni di consumo per la casa, in crescita del 7,8%. Sostenibilità: Costa collabora con Pollenzo La compagnia di navigazione Costa Cro- ciere si è affidata all’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo per mi- gliorare qualità, salubrità e sostenibilità del- la sua proposta alimentare. Nei prossimi tre anni gli esperti dell’ateneo piemontese rive- dranno alcuni processi di preparazione del cibo a bordo per minimizzare gli sprechi. Se- lezioneranno i prodotti e i fornitori sulla base di criteri di qualità, tradizione mediterranea e sostenibilità; proporranno attività di sensibi- lizzazione e di informazione rivolte agli ospi- ti per renderli consapevoli dell’importanza e del valore del cibo; faranno formazione su misura per il personale Costa Crociere. Parmigiano reggiano modifiche al disciplinare di produzione L’assemblea del Consorzio del Parmigiano reggiano ha approvato alcune modifiche al disciplinare di produzione che incidono sulla tutela della qualità e sul legame col territorio. L’introduzione di nuovi sistemi e parametri di controllo (riguardanti isotopi, aminoacidi liberi e acido ciclopropanico), contrasterà il fenomeno delle contraffazioni. L’obbligatorietà dell’impiego di latte di bovine nate nel comprensorio di produzione rinsalderà il legame fra il prodotto e il suo territorio. TuttoFood diventerà un hub di innovazione TuttoFood, manifestazione fieristica biennale di Fiera Milano, si candida a diventare un hub di innovazione a tutto campo per il settore agro-alimentare. Grazie alla collaborazione appena avviata con Akesios, società specializzata nell’organizzazione di convegni e congressi medico-scientifici, TuttoFood ospiterà “Spazio nutrizione”, un programma di convegni e corsi realizzati da autorevoli società medico-scientifiche. Negli anni pari, quando TuttoFood non si svolge, “Spazio nutrizione” sarà ospitato al MiCo, il centro congressi di Fiera Milano nella ex zona fiera del capoluogo lombardo. La prima edizione si svolgerà dal 5 al 7 maggio 2016. Costo della vita: quali sono le città più care? Qual è la città dove fare la spesa costa di più e quale quella dove costa meno? Sono Zurigo, con 738 dollari e Kiev con 166, se- condo l’indagine prezzi e stipendi della banca svizzera Ubs, che ha calcolato il va- lore di un carrello contenente 39 prodotti. Fra le città dove la spesa costa meno fi- gurano, dietro a Kiev, Sofia, Nuova Delhi, Bucarest, Città del Messico, Praga, Varsa- via, Riga, Mumbai e Vilnius. Fra quelle più care, dopo Zurigo, Seul, New York, Gine- vra, Chicago, Miami, Tokyo, Londra, Sid- ney e Oslo. Escludendo la testa e la coda della classifica, l’Europa si rivela il conti- nente dove le città più care coesistono con le più convenienti. Milano, con 405 dollari, è appena sopra la media. Il “marchio” Italia vale 1.455 miliardi di dollari Il “marchio” Italia entra nella top ten dei Nation brands 2015 con un valore di 1.455 miliardi di dollari, in crescita del 12% sull’anno precedente. Stilata da Brand Finance con Fdi Intelligence - Financial Times, la classifica definisce il valore di un paese non in base al Pil o ad altri asset tangibili o intangibili, ma considerando unicamente la somma dei valori dei marchi delle aziende nazionali. In testa gli Usa, detentori di un soft power, dovuto soprattutto ai blockbuster dell’intrattenimento, che li tiene saldamente ancorati al gradino più alto del podio mentre il secondo concorrente, la Cina, arranca perdendo l’1% del valore a causa del crollo delle commodities. Perdita più consistente (-4%) per il terzo classificato: la Germania. La locomotiva d’Europa paga lo scandalo Siemens: non quello Volkswagen, troppo recente. Seguono Gran Bretagna, Giappone, FranciaeunaformidabileIndia(+32%).Prima dell’Italia troviamo il Canada in difficoltà (-10%) ma mai come il Brasile (-17%), che esce dalla top ten per lo scandalo PetroBras e la stasi, se non recessione, dell’economia. A sottolineare come la pace mondiale non sia solo un bel sogno per idealisti, il report indica come meglio performanti in assoluto l’Iran (il cui valore dei marchi delle imprese è salito del 59%) seguito da Camerun e Tanzania; e come peggiori Ucraina, Perù e Russia (-31%). È una ripresa. Lenta e anomala, ma pur sempre ripresa. È un Paese che torna se non altro a camminare: per corre- re ci vorrà ancora tempo e il protrar- si di condizioni favorevoli. La re- cessione è finita. È costata lacrime e sangue alle famiglie italiane, che hanno la- sciato sul piatto dal 2007 a oggi 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e ben 75 miliardi di minori consumi). Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del prodotto interno lordo con cui si è aperto il 2015 (la crescita attesa della nostra economia è di un +0,7%) è il sentiment degli italiani a essere cambiato. La felicità è di casa nel Nord Europa. Tutta- via gli italiani, al pari di tedeschi e francesi e prima degli spagnoli (che peraltro hanno l’e- conomia più in crescita) mostrano buoni livel- li di soddisfazione per la propria qualità della vita e il 52% delle persone (era il 41% appe- na un anno fa) considera invariata o addirittu- ra migliorata la propria situazione. Sette anni di crisi hanno però lasciato cica- trici profonde nel tessuto sociale del nostro Paese: è un’Italia bipolare e schizofrenica, sempre più lunga. Il Sud sempre più sud (tra Trento e Calabria corrono più di 1.000 euro di differenza nella spesa mensile) la forbice ge- nerazionale si è allargata (gli under 35 spen- dono 100 euro al mese in meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discri- minante e la grande chimera. Metamorfosi anche per i connotati dell’ita- liano medio. Siamo i più palestrati e i più con- nessi d’Europa (12mila palestre è il record in Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone). Se non atei certo più laici e indifferenti; i più evasori e tra i più altruisti: a fronte di una stima di 200 milioni di euro di evasione annua, sono 7 milioni gli italiani che prestano il proprio tempo gratuitamente in at- tività di volontariato. Mangiamo la stessa quantità di cibo degli Anni Settanta (2,8 chilogrammi al giorno), ma si è profondamente modificata la dieta ali- mentare e conseguentemente più estese le ti- pologie di consumo. Impazziti per il bio da un lato (+20% all’anno), cresce anche il “cibo della rinuncia”: vegetariani (sono il 10%), ve- gani (il 2%) ma anche fruttariani, crudisti, re- ducetariani. La parola d’ordine dei nuovi italiani è well- ness, star bene, ma in senso meno edonistico del passato: siamo i più magri d’Europa e tra i più longevi, ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcool, meno fumo). A guardare i carrelli spicca la propensione per i consumi etnici: +18% nell’ultimo anno; l’internaziona- lizzazione del gusto - Expo o non Expo - ha fatto centro nel nostro Paese. Gli stili alimentari, però, diventano sempre più liquidi: gli italiani sono un popolo di con- sumatori infedeli; se è vero che in un anno le famiglie frequentano in media 21 punti di vendita alimentari di cui solo 6 supermerca- ti e iper. Sharing economy da un lato (in Italia vale più di un miliardo) e rivoluzione digitale dall’altro stanno cambiando la faccia al Paese. Più consumatori di servizi che di beni: al possesso si sostituisce l’uso. La distribuzione moderna corre seri rischi se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione: lo sconvolgimento digitale è dietro l’angolo. Direttore del Centro studi Ancc Economia Le cicatrici di sette anni di crisi L'analisi / Una ripresa da consolidare Dal 2007 a oggi sono stati bruciati 75 miliardi di minori consumi. Metamorfosi per i connotati dell’italiano medio. Più consumatori di servizi che di beni. La distribuzione moderna corre seri rischi se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione. Lo sconvolgimento digital è dietro l'angolo di Albino Russo • Imprese & mercati •
  • 5. n. 1/2 · gennaio 2016 5 Negli Anni Duemila il cambiamento puoi anche ostinarti a non cercarlo. Tanto è lui che ti trova. E spesso detta nuove regole del gioco. E così capita che il marketplace dove compravi a buon prezzo i libri americani di marketing, nel tempo, estenda con successo il suo catalogo ad altri settori. Fino al grocery, che è il tuo settore… «Beh, ma in Italia non lo farà», pensi. «È un mercato troppo particolare». Guarda però il caso: nel 2015 Amazon si veste da dettagliante grocery (online ovviamente) e decide di cimentarsi proprio in questo mercato così… particolare. «Partire dal cliente e lavorare a ritroso», ama dire il fondatore di Amazon, Jeff Bezos. Ed è partendo dal desiderio di non deludere il consumatore che il marketplace costruisce la sua offerta in Italia - se serve scavalcando le aziende produttrici e approvvigionandosi da canali alternativi - contraddistinta da un pricing così aggressivo da far imbufalire qualche retailer offline nel pieno della stagione contrattuale con l’industria. Quali opportunità e quali sfide l’ingresso di Amazon delinea per i fornitori? E come reagirà la Gdo? Scopritelo nel servizio che proponiamo nelle prossime pagine. Tenendo ben presenti, come chiave di lettura, i quattro pilastri su cui Bezos afferma di aver costruito il suo successo: fiducia, invenzione, investimento ed eccellenza operativa IO VENDO(anche grocery) ONLINE E-commerce di Ivo Ferrario, Valentina Bardozzo e Alessio Mainardi Il fondatore e ceo di Amazon, Jeff Bezos
  • 6. 6 n. 1/2 · gennaio 2016 stantemente per espandere la nostra selezione e garantirti la miglio- re esperienza di shopping online, quindi, se c’è qualcosa che ti pia- cerebbe vedere nel nostro negozio, faccelo sapere». Nel marketplace ci sono anche spazi pubblicitari che rimanda- no a siti aziendali. Nel complesso, però, secondo diversi operato- ri, Amazon non sembra (almeno per ora) guidato da una politica orientata alla valorizzazione dei brand. «I prodotti sono presenti in un contesto che non evidenzia i diversi posizionamenti», spiega il direttore commerciale di una grande azienda alimentare. «Le foto di alcune confezioni paiono recuperate e in alcuni casi datate». In- somma: chi cerca la pura presenza sullo scaffale virtuale può anche essere soddisfatto, ma chi vuole andare oltre e sfruttarlo per raffor- zare la sua identità di marca probabilmente trova maggiore aper- tura in altri marketplace internazionali. Amazon cambierà approc- cio? Staremo a vedere. Amazon nel grocery è un fatto su cui la Gdo sta riflettendo. Con- trattaccare significa rispondere meglio al cambiamento delle abitudi- ni di consumo, del palinsesto della vita quotidiana, dei target di rife- rimento, delle esigenze emergenti con l’obiettivo sia di posizionarsi e migliorare il servizio nelle rete di vendita tradizionale sia di costrui- re marketplace virtuali con cui competere sullo stesso terreno. WalMart, per esempio, ci sta lavorando: nel primo quadrimestre 2015 le vendite e-commerce del gruppo sono cresciute del 17%, mentre quelle sviluppate con la rete fissa sono calate del -0,1%. Carrefour controlla due rivali dell’e-commerce transalpino: Rue du Commerce e Pixmania. Nei primi sei mesi dello scorso anno il gruppo olandese Ahold ha incrementato del 30% le vendite online. Vedremo come risponderanno le catene italiane. (i.f. e v.b.) E-commerce E sattamente quindici minuti dopo la nostra richiesta d’intervista l’ufficio stampa di Amazon richiama e dice «Okay, si fa». Rapidissimi. Non mi era mai successo in 25 anni di giornalismo. E questo è già un segnale eloquente di come funzionano le cose nel gruppo di mister Bezos, che, com’è noto da alcuni mesi, opera anche in Italia nell'e-commerce grocery. Ma procediamo con ordine. Prima di rimandarvi alla lettura della conversazione con Federico Sargenti, project manager consumables Amazon per l’Italia e la Spagna, vediamo di conoscere più da vici- no il gruppo. Amazon fattura molto, ma guadagna o perde? Se guardiamo ai risultati finanziari relativi al terzo trimestre dell’anno fiscale 2015, conclusosi il 30 settembre scorso, la risposta è positiva. Le vendite nette globali sono aumentate del 23% a 25,4 miliardi di dollari, rispetto ai 20,6 miliardi di dollari del terzo tri- mestre dell’anno precedente. Cresce il reddito operativo: pari a 406 milioni di dollari, contro la perdita di 544 milioni di dollari del ter- zo trimestre 2014. Positivo l'utile netto, attorno ai 79 milioni di dol- lari rispetto a una perdita di 437 milioni di dollari dello stesso pe- riodo dell’anno precedente. Un risultato importante per un’azienda da sempre alle prese con il problema di generare utili. Il marketplace avrà successo in Italia con le attività nel grocery? Fino a qualche anno fa pochi avrebbero scommesso sul suo ingres- so in questi mercati. Man mano che il tempo è passato, però, tra gli addetti ai lavori il gruppo dei pessimisti ha perso consistenza ed è cresciuto quello dei possibilisti. Di quelli che, oggi, si dicono con- vinti del fatto che Amazon la sua bella quota la porterà a casa. A spese del retail in sede fissa. E darà così una bella scossa a una filiera in cui le promozioni imperano, i formati sono tutti uguali e al di là delle dichiarazioni da convegno pochi guardano davvero al sell out e all’evoluzione della contrattazione commerciale. Un pano- rama in cui a fare profitti interessanti anche in anni di crisi sono sta- ti soprattutto i category killer, grandi e piccoli, attivi in settori come il biologico, i prodotti per animali, la cura della persona, l’elettro- nica di consumo… Vere e proprie spine nel fianco soprattutto degli ipermercati sia per la profondità sia per l’ampiezza dell’offerta. In Italia, del resto, gli spazi di crescita sono enormi e i numeri lo evidenziano. In Gran Bretagna l’e-commerce grocery - comples- sivamente - vale l’8,3% del mer- cato, in Francia il 5,8% mentre nel- la penisola siamo attorno allo 0,7%. Alla Nielsen di- cono che «il con- sumatore è pron- to, ma l’offerta è ancora limitata». «Amazon farà aumentare il valore dell’e-commerce», spiega Luca De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore ed attento osservatore dei cambiamenti determinati dal digital. «È efficiente, rassicura, infor- ma, cura il cliente con modalità che non sono nelle corde delle tra- dizionali catene distributive». La vastità dell’offerta del marketpla- ce, che dispone di scaffali virtuali infiniti, è tale da soddisfare le esigenze di una schiera eterogenea di clienti in tutta Italia. «L’offer- ta è adatta a chi cerca prodotti di marca, prezzi bassi, solo biologi- co, solo tipico, specialità premium… Diversi potenziali di spesa, bi- sogni, abitudini possono trovare nell’offerta di Amazon una sintesi. Lì il protagonista è il consumatore, che compone liberamente il suo carrello scorrendo un immenso scaffale virtuale». Ma come si relaziona con l’industria grocery questo colosso? Ba- stano alcune telefonate per ricostruire un quadro della situazione. Diverse aziende industriali, anche di un certo peso, dicono di non avere rapporti diretti con il marketplace. Stanno studiando la situa- zione. E non nascondono alcune preoccupazioni. Dicono che sullo scaffale virtuale trovano loro prodotti che Amazon acquista attra- verso canali alternativi (grossisti, cash…) e commercializza attra- verso politiche di prezzo molto aggressive. Il rischio non è solo una vanificazione del posizionamento dei prodotti, c'è anche l’immediata reazione dei clienti della Gdo, che di fronte a pricing così hard chie- dono immediatamente conto al mondo della produzione, spesso in- colpevole (o addirittura inconsapevole?) di quanto sta succedendo. È emblematico quanto accaduto a novembre, sulla piazza milanese, quando Amazon ha lanciato il servizio “Prime Now” che consente di ordinare da un catalogo di circa 15mila prodotti (freschi e surge- lati, ma anche articoli per l’infanzia e per la cura della persona) con consegna in città e in alcuni comuni della fascia cittadina nell’arco di un’ora (con 6,90 euro di sovrapprezzo) o di due ore al massimo in una finestra temporale indicata dal cliente (gratis per ordini superiori a 19 euro). Il servizio è gestito attraverso un magazzino di 1.400 mq situato a Milano-Affori. L’Italia è il secondo paese europeo in cui “Prime Now” è stato lanciato. Dopo Milano nel 2016 il servizio do- vrebbe essere esteso ad altre città italiane. Un’ottima opportunità per il consumatore, senza dubbio. Ma sul piano dell’industria gli effetti sono stati immediati: a quanto risulta a Link·Ibc diverse catene distri- butive attive sulla piazza meneghina si sono subito attivate sui forni- tori per chiedere conto dei tagli di prezzo praticati dal marketplace. Quali riflessioni trarre sulla scorta di questa ricostruzione? Ama- zon dal lato del consumatore è un brand consolidato, affidabile, for- te, dotato di un know-how logistico e di processo di primissimo ordi- ne, sperimentato con successo. Può profilare in modo molto preciso la clientela. Potrebbe, d’intesa con i partner industriali, sviluppare attività virtuali di cross category di estremo interesse, migliorare le vendite e l’attrattività per il cliente rispettando anche il posizio- namento degli articoli. Non vanno poi sottovalutati i vantaggi per il consumatore derivanti dall’eliminazione dei problemi tipici legati alla routine della spesa nei canali classici in sede fissa: orari di aper- tura, code alle casse, parcheggi affollati... Il consumatore che entra nell’area food del sito Amazon trova una promessa molto chiara, scritta nero su bianco: «Nel nostro negozio “alimentari e cura della casa” puoi trovare prodotti alimentari non deperibili, bevande alcoliche e analcoliche e prodotti per la pulizia della casa. A differenza di “Prime Now”, non sono disponibili cibi freschi e surgelati e prodotti facilmente deperibili. Lavoriamo co- L’offerta è tale da soddisfare le esigenze di una schiera eterogenea di clienti. Prodotti di marca, prezzi bassi, referenze unbranded, biologico, tipico, specialità premium... Diversi potenziali di spesa, bisogni, abitudini trovano risposta. Saprà la Gdo contrattaccare? E per i fornitori ci sono solo opportunità? A proposito di Amazon L'inchiesta 88MILA METRI QUADRATI • Il centro distributivo Amazon di Castel San Giovanni (PC). Secondo quanto riporta il quotidiano Il Foglio «il 15 dicembre 2014 qui è stata gestita la spedizione di oltre 249.137 unità in Italia e in oltre 50 diversi paesi. Sono stati evasi 396.261 ordini di clienti, al ritmo di quattro al secondo». Fin dall'esordio di Amazon Jeff Bezos ha dato come priorità la conquista del cliente
  • 7. n. 1/2 · gennaio 2016 7 Per saperne di più Su www.ibconline.it è possibile scaricare il rapporto 2015 sull’e-commerce in Italia redatto da Casaleggio & Associati. All’interno informazioni su mercati, strategie, attività di marketing, fattori di successo, prospettive dei settori per il 2016. C ome si diventa fornitori di Amazon? «È molto semplice: le aziende interessate a vende- re i propri prodotti sul nuovo negozio alimentari di Amazon.it possono visitare la home page di catego- ria e cliccare sul banner: “vuoi diventare un forni- tore di Amazon?”». Quali sono i requisiti richiesti alle industrie? «Il nostro obiettivo è offrire al cliente la migliore esperienza di acquisto possibile e un elemento importante per la soddisfa- zione del cliente è la selezione. Nel nostro sito non abbiamo li- miti di spazio e non richiediamo “listing feeˮ. Tuttavia chiedia- mo che siano rispettati alcuni standard qualitativi». Quali standard? «Per esempio è importante che i prodotti abbiano un packa- ging adatto alla spedizione: imballaggi fragili, come quelli in vetro, devono essere protetti adeguatamente. Al tempo stesso, in questo momento, escludiamo dalla vendita cibi freschi e fre- schissimi mentre i prodotti surgelati e refrigerati sono venduti attraverso “Prime Nowˮ, il nuovo servizio di consegne in un’o- ra tramite app disponibile per la città di Milano e parte del suo hinterland». Che opportunità offrite ai vostri fornitori rispetto alle reti distributive tradizionali? «Amazon può mettere a disposizione delle aziende del setto- re food la propria distribuzione capillare su tutto il territorio, cosa non facile da ottenere in altri canali, anche per le grandi aziende. Amazon.it offre la massima flessibilità nel fornire tut- te le informazioni e le immagini necessarie al cliente: consen- te di comunicare direttamente in maniera accurata e uniforme, con schede prodotto dettagliate, video ecc. Attraverso le pagine di Amazon l'azienda può raggiungere mi- lioni di clienti in Italia e in Europa: Comscore ha, infatti, certi- ficato che i siti Amazon in Europa contano più di 77 milioni di utenti unici al mese». In quali nazioni? «I dati a luglio 2015 dicono 27,8 milioni in Germania, 20,9 milioni in Gran Bretagna, 14,2 milioni in Francia, 9,7 milioni in Italia e 5,4 milioni in Spagna». La distribuzione è un punto di forza? «Senza dubbio. La distribuzione veloce e capillare, grazie alla nostra logistica, permette di raggiungere località remote. I clienti italiani stanno apprezzando sempre più la comodità e la convenienza degli acquisti online». Quale evoluzione è prevista nel settore food? «La selezione di prodotti disponibili è in costante crescita e in più abbiamo introdotto “Prime Nowˮ, il nuovo servizio che of- fre, a Milano e nell'hinterland, consegne in un’ora o in finestre di due ore su circa 20mila prodotti, alcuni dei quali sono dispo- nibili solo tramite il nuovo servizio, per esempio pane, yogurt, gelato o minestrone surgelato». Avete progetti specifici di collaborazione studiati per le piccole imprese operanti in Italia? «Amazon.it ha sviluppato “Made in Italy”, un nuovo mar- ketplace dedicato all'eccellenza dei prodotti artigianali realiz- zati in Italia. Gli artigiani di tutta Italia possono aprire le por- te delle loro botteghe e rendere disponibili i loro prodotti a 285 milioni di clienti di Amazon in tutto il mondo. Al momento il negozio è focalizzato su prodotti come abbigliamento, cristal- leria, argenteria, vasellame ed oreficeria; non include ancora il food, ma rappresenta un esempio di iniziativa sviluppata appo- sitamente per le piccole imprese». Quali progetti avete in cantiere per favorire la relazio- ne efficiente ed efficace con i nuovi fornitori? Pensate per esempio a workshop formativi? «Stiamo progettando webinar e training per il 2016 in cui spiegheremo come attivare una relazione con Amazon nel mondo del largo consumo». (i.f.) Come si diventa fornitori grocery di Amazon? Che obiettivi ha in Italia? Quali opportunità offre? Link·Ibc lo ha chiesto al project manager consumables di Amazon per l’Italia e la Spagna «Non chiediamo listing fee» L' intervista I / Parla Federico Sargenti Le informazioni chieste all’industria La scheda ► Da quante referenze è costituito il catalogo prodotti? ► In quale categoria l’azienda propone l’assortimento più elevato? ► Qual è il prezzo medio al pubblico? ► Qual è il fatturato annuo? ► Quale categoria di prodotto pesa maggiormente sul fatturato? ► Tutti i prodotti sono codificati Ean? ► Il codice Ean identifica univocamente la referenza? ► Qual è l’attività principale dell’azienda (produttore, grossista, vendita al dettaglio..) ► Il codice Ean è riportato sulle confezioni? ► I prodotti sono tutti confezionati in una scatola singola? ► Siete in grado di spedire merce al magazzino di Castel San Giovanni? ► Siete in grado di spedire la merce al magazzino con una data di scadenza maggiore di 90 giorni e superiore a 2/3 della shelf life? ► Siete in grado di inserire, all'interno della fattura, per ogni riga, il codice Ean del prodotto cui si riferisce? ► Avete articoli che superano 120 cm di lunghezza x 100 cm x 100 cm (dimensione massima dell’imballaggio) e 30 kg di peso o 170 x 100 x 50 cm e max 70 kg? ► Potete fornirci per tutti gli Ean l’indicazione sul prezzo suggerito al pubblico? ► In quali lingue è disponibile la traduzione del catalogo? Fonte: www.amazon.it
  • 8. 8 n. 1/2 · gennaio 2016 Metti in riga le informazioni dei tuoi prodotti ALLINEO è lo strumento per allineare le informazioni di prodotto tra industria e distribuzione e per risolvere tutte le imprecisioni che potrebbero caratterizzare la gestione dei dati delle schede tecniche e commerciali dei prodotti, grazie allo standard GS1 GDSN® (catalogo elettronico). Con ALLINEO: registri, distribuisci e aggiorni i dati più velocemente elimini gli errori e i contenziosi velocizzi l’inserimento dei nuovi prodotti riduci i costi sei più pronto per l’export migliori il tuo servizio commerciale proteggi l’integrità del tuo marchio Allinea la tua azienda Contattaci, per valutare insieme la formula ALLINEO più adatta alle tue esigenze di business e alle caratteristiche della tua azienda. 02777212308 / 02777212376 Visita il sito www.allineo.it per tutti gli approfondimenti. info@allineo.it GS1 allineo Link 400x288 def 16122015.indd 1 17/12/15 15:33
  • 9. n. 1/2 · gennaio 2016 9 Caro Direttore, marketplace e gli attori stranieri si stanno posizionando sul nostro mercato e sono responsabili della trasformazione a cui stiamo assistendo. I rivenditori online italiani (iniziando dai settori dell’elettronica di consumo e dell’editoria, ma oggi anche dell’alimentare) stanno lasciando spazio a economie di scala che non riescono a contrastare. Gli esercenti italiani dovranno quindi capire come sfrut- tare al meglio questa affermazione sempre più ingombrante dei marketplace, in particolare utilizzandoli per espandere le proprie vendite all’estero. Per quanto riguarda il mercato interno assisteremo all’im- portazione di nuovi modelli logistici che ci permetteranno di ricevere i nostri acquisti sempre più velocemente. Uno dei trend più chiari dei prossimi anni è l’affermazione dei mar- ketplace: per il cliente luoghi in cui trovare tutti i prodotti che cerca; per l’esercente canali per raggiungere nuovi clienti anche all’estero e offrire servizi avanzati. Questo fenomeno è confermato da tutti i mercati: di oggi, come la Gran Breta- gna, e di domani, come la Cina, dove già ora oltre la metà de- gli acquisti passa proprio da questo canale. Un’ulteriore con- ferma per quanto riguarda l’Italia è il fatto che tra i settori analizzati i centri commerciali online sono quello con mag- giore crescita (+55%). La maggioranza (due terzi) degli esercenti italiani non ha an- cora provato la vendita sui marketplace, principalmente per i costi di commissione (che possono arrivare al 25% per alcuni prodotti), il timore di mettere in concorrenza gli altri canali di vendita attivati che sono più redditizi (per esempio la vendi- ta diretta sul proprio sito) e per la mancanza del know-how ne- cessario a gestire efficacemente la vendita sui marketplace. I fattori sui quali puntare, che determinano un utilizzo effi- cace e quindi un buon tasso di conversione sui marketplace, secondo le società che vendono online in Italia sono le moda- lità di presentazione del prodotto: foto, descrizione e caratte- ristiche (46%); i servizi di spedizione offerti (44%), in parti- colare la spedizione gratuita e in tempi ridotti; l’impiego di strumenti di gestione dinamica del prezzo (44%) in funzione dell’elasticità al prezzo dimostrata dai clienti e al comporta- mento della concorrenza; la presenza di sconti e promozioni (28%) e l’efficienza del customer service (28%), che su alcu- ni marketplace deve rispettare gli standard stabiliti dal mar- ketplace stesso (per esempio i venditori su Amazon devono rispondere ad eventuali richieste dei clienti entro massimo tre giorni lavorativi). Ciò detto, oggi chi vuole essere servito da Amazon “Prime Nowˮ deve contrattare con il nuovo arrivato per poter avere i propri prodotti tra i 20mila gestiti dal magazzino di Affori. E-commerce Q uali effetti avrà Amazon sulla Gdo italiana? «Sul breve termine i retailer cercheranno di di- fendersi mettendo in portafoglio un servizio di tipo digitale. Un po’ come è successo negli Anni Novanta con l’avvento del discount, quando tutti i distributori hanno aperto punti di vendita per pre- sidiare il nuovo formato, credendo così di risolve- re il problema... Ma la questione è un’altra: Amazon è la punta di un iceberg, l’em- blema di un cambiamento più importante di scenario che non possia- mo più permetterci di sottovalutare. Ci siamo: il retail, ma direi anche l’industria, devono fare i conti con l’escalation di internet, del mobile, con l’esigenza di soddisfare la domanda prodotta dai millennials che non trovano molto appetibile fare la spesa grocery. Ci sono forme di consumo più allettanti. Prendiamo atto del fatto che in prospettiva una fetta rilevante delle merci che erano commercializzate dai supermer- cati e dagli ipermercati diventerà appannaggio dei marketplace. Per molta gente andare il sabato in una grande superficie a comprare l’ac- qua minerale o la carta igienica è ormai un’esperienza faticosa e priva di senso se può ricevere tutto a casa a buon prezzo». Come si costruisce la risposta competitiva della distribuzione offline ai marketplace? «Attraverso il presidio di due fattori determinanti. Da una parte Amazon ci dice che le cose si possono fare in modo più facile. L’in- tegrazione intelligente dell’online con l’offline è quindi una delle ri- sposte su cui lavorare. Dobbiamo sfruttare la tecnologia per elimi- nare tutte le attività banali che rendono lunga e noiosa la spesa del cliente. Con l’integrazione online una parte della spesa potrebbe es- sere preordinata dal consumatore prima della visita al punto di ven- dita. Una volta al supermercato il cliente potrebbe così dedicarsi alla parte più creativa degli acquisti e dopo il check out ritirare anche la spesa di routine ordinata in precedenza». Per rendere creativa la spesa, però, la Gdo deve lavorare sodo sugli assortimenti, renderli distintivi, dare più servizio… «Diciamo la verità: in questi anni la distribuzione, nel suo insie- me, ha fatto anche qualche disastro… Ha tagliato personale, ridotto il livello di servizio al cliente, tolto la vendita assistita per sostituir- la con il self service. Ora deve tornare a reinvestire sulle persone. Sa qual è la mia utopia? Noi abbiamo bisogno di personale gentile e pre- parato, ma credo anche... felice del lavoro che fa e capace di trasmet- tere questo stato d’animo al consumatore. Chi è contento trasmette felicità. Quello del commerciante è un mestiere di relazione, di at- tenzione, di piccoli particolari che fanno la differenza. È inutile fare un bel punto di vendita se questo non accade». Chissà come la pensa Aldi. Il discounter tedesco, di cui sem- bra imminente lo sbarco in Italia. Anche il suo ingresso dovreb- be contribuire a dinamizzare la nostra Gdo, non trova? «Aldi contribuirà a fare pulizia nel settore del discount, che co- munque, lo dico per inciso, è molto più selezionato a razionale del resto della nostra Gdo. So che Aldi ha una componente forte di pro- dotti di marca e quindi alimenterà ulteriormente l’ibridazione in atto tra supermercato e discount che è in atto da qualche tempo. Le di- stinzioni per formato oggi sono fuorvianti...». In che senso? Gasbarrino sorride. «Sono state inventate per mettere un marchio d'infamia al discount quando è arrivato in Italia. Forse così pensava- mo tutti di arrestare il suo sviluppo. Come vede ci siamo riusciti be- nissimo…». Il despecializzato fa i conti con i category killer. «Io vedo un bel futuro per i category killer e un pessimo futuro per la distribuzione tradizionale. I grandi category hanno ammazza- to l’ipermercato perché non aveva senso mettere sotto lo stesso tet- to merceologie così diverse tra loro. I mini category killer attivi nel bio, nella cura della casa e della persona, nel petfood - tra i quali inserisco anche i discount che considero category killer del groce- ry - stanno contribuendo ulteriormente alla disintegrazione del de- specializzato». Da come la mette, per la Gdo è arrivato il tempo delle scelte. «Per la Gdo e per l’industria. Ed era ora. Noi dobbiamo arrivare a costruire assortimenti differenziati per distinguerci dagli altri. Non possiamo pemetterci di continuare come prima. Dobbiamo dare ap- petibilità alla nostra offerta grocery che nel tempo è stata svilita. Amazon lavorerà sicuramente sul prezzo, dando un’ulteriore spinta in questa direzione. E noi dobbiamo reagire». Come? «Ho due risposte: una utopica e una realista. Quale vuole per prima?». Faccia lei… «Partiamo dall’utopia: dovremmo avere il coraggio di cambiare le modalità di relazione da ambo le parti. La negoziazione com’è fat- ta oggi non va bene, non è più sostenibile, specialmente quando sul campo ci sono concorrenti, per esempio i discount, che certi vincoli, certi vizi, non li hanno. Serve un sistema più trasparente e orientato al risultato. Oggi disperdiamo risorse e tempo su cose di cui al clien- te non importa assolutamente nulla. Nei giorni scorsi un mio buyer ha ricevuto ben quattro persone inviate da un fornitore. Le pare pos- sibile uno spreco di questa portata?». Ma il Gasbarrino realista cosa pensa? «Fa spesso autocritica. Quando guardo gli scaffali del mio super- mercato in maniera statica, li vedo uguali a quelli delle altre cate- ne distributive. La differenza di U2 è nella modalità di fare la spe- sa, nell’aver eliminato le promozioni, nell’aver ridotto le marche, ma lo stile è quello degli Anni Sessanta. Eppure oggi siamo nell’era dei marketplace e dell’economia 2.0. Il terreno su cui lavorare è la di- stintività dell’offerta. E qui dobbiamo rimboccarci tutti le maniche». In questo contesto hanno senso le supercentrali? «In questo sistema di relazioni sì. Soprattutto nei rapporti con le multinazionali. Però attenzione: la competitività e il futuro di un’a- zienda distributiva non dipendono dalle condizioni d’acquisto. Conta quel che si sa fare in vendita!». (a.m.) Per il ceo di Unes, l’ingresso di Amazon nel grocery e nel fresco è l’emblema di un cambiamento di portata più ampia. L’integrazione intelligente dell’online con l’offline è una delle risposte su cui la distribuzione può lavorare. Insieme al servizio e alla distintività dell’offerta L'intervista II / Le considerazioni di Mario Gasbarrino «Bezos suona la sveglia alla Gdo italiana» La lettera Marketplace: un trend decisamente chiaro In tema di e-commerce riceviamo l'intervento di uno dei fondatori della società di consulenze Casaleggio & Associati, che volentieri pubblichiamo. di Davide Casaleggio Mario Gasbarrino di Davide Casaleggio
  • 10. 10 n. 1/2 · gennaio 2016 Industria C ristina scocchia, 41 anni, è amministrato- re delegato di L’Oréal Italia dall’inizio del 2014. Sanremese, si è laureata con il mas- simo dei voti in economia e commercio in Bocconi per poi specializzarsi in economia aziendale all’Università di Torino. Vice pre- sidente di Centromarca, ha lavorato a lungo in Svizzera e ha alle spalle diverse esperienze professionali di alto profi- lo nel settore beauty. Dottoressa Scocchia, può farci un quadro del merca- to della cosmesi in Italia? «Nel nostro Paese la cosmetica fattura circa 16 miliardi di euro, dei quali 9,4 provenienti dai canali della distri- buzione e i restanti dal mercato della bellezza professio- nale (coiffeur e loro servizi). Purtroppo la crisi ha colpito anche le nostre categorie e i consumi interni sono in con- trazione da qualche anno, seppur a tassi decisamente in- feriori rispetto ad altri settori. Parliamo, per la cosmetica, di un -5% negli ultimi tre anni. Ci sono però anche segnali positivi: l'export, ad esempio. A fronte di un mercato cosmetico interno in calo, il saldo della bilancia commerciale è ampiamente positivo (1,6 mi- liardi di euro) e anche in crescita. Segno che la qualità dei prodotti cosmetici italiani ha raggiunto livelli di eccellen- za riconosciuti in tutto il mondo. Anche i consumi interni stanno lentamente ripartendo: negli ultimi mesi abbiamo registrato 2,7 milioni di visite in più dal parrucchiere oltre a un’importante inversione di tendenza nelle principali ca- tegorie della Gdo. Non solo: i consumatori stanno ricomin- ciando a interessarsi anche ai prodotti di alta gamma». A proposito di prodotti, che differenze ha rilevato nei consumi italiani rispetto a quelli europei? «I consumatori italiani sono molto più sofisticati nella cura dei capelli: più della metà dei nostri connazionali usa, oltre allo shampoo, anche un balsamo o una maschera. Il 25% in più rispetto alla media dei paesi europei. In Italia, inoltre, abbiamo una penetrazione dei prodotti per l'igie- ne che è tre volte superiore a quella di Francia, Germania e Inghilterra. In compenso, le consumatrici tedesche e ingle- si usano molti più prodotti di make-up, addirittura il 60% in più rispetto a noi. È un elemento culturale: le donne italiane preferiscono un trucco più naturale, mentre le inglesi e le tedesche uno più visibile». Quali sono le sfide che una marca deve affrontare oggi? «Per essere un vero brand le sfide sono sempre moltissime. A par- tire da quelle - scontate, ma non troppo - della qualità e dell’inno- vazione. Ma non solo. In questo periodo storico le persone chiedono sempre più alle marche un rapporto di fiducia che vada oltre la di- mensione funzionale dei prodotti e abbracci anche tematiche etiche, sociali e ambientali. Arricchire la marca di questi e altri significati ci permetterà non solo di conquistare la fiducia dei nostri consuma- tori ma anche di scongiurare il rischio dell’indifferenziazione. Un’altra grande sfida da affrontare è quella dell’e-commerce, che ne- gli ultimi anni si sta progressivamente affermando anche qui in Ita- lia. Basti pensare ad Amazon, con i suoi scaffali digita- li potenzialmente illimitati, che offre infinite opportunità di cross-category e di CRM grazie all’enorme mole di in- formazioni che è possibile ottenere per la profilazione dei consumatori...». Strumenti utili per personalizzare sempre più il dialogo con il consumatore... «La rivoluzione digitale ha fatto emergere una tipolo- gia di consumatore che è alla costante ricerca di nuove modalità di coinvolgimento e sfrutta al meglio tutte le informazioni messe a disposizione sui canali di comu- nicazione, offline e online. In un contesto di questo tipo, se vogliamo creare dei “love brands” dobbiamo segui- re l’evoluzione dei comportamenti sui media e cercare di comunicare con i potenziali consumatori a 360°, tra- sformandoci in sistemi editoriali multipiattaforma. Dob- biamo inoltre realizzare dei contenuti che siano sempre più tagliati su misura rispetto al mezzo sul quale vengo- no declinati, con tutto quello che ne consegue in termini di professionalità aggiuntive e di impegno interfunziona- le all’interno delle nostre organizzazioni». Parlando di strutture aziendali, come vede il ruolo del top manager? «Ai top manager oggi si chiede una visione comple- ta e di lungo termine, la capacità di motivare le perso- ne e di gestire il cambiamento e le decisioni difficili che ne conseguono. Non è semplice, credo serva un cambia- mento culturale che acceleri il passaggio da modelli di leadership gerarchica, basati sul controllo, a modelli di leadership diffusa, in cui prevale un rapporto di fiducia tra azienda e collaboratori e in cui si valutino solo il me- rito e i risultati. In un contesto difficile come l’attuale, c’è bisogno del massimo coinvolgimento da parte dei colla- boratori. Se prevale la fiducia, aumenta anche la soddi- sfazione dei dipendenti e quindi il loro engagement, con conseguente miglioramento della produttività e evidenti benefici per il business». Per concludere, un punto di forza di L’Oréal? «In Italia abbiamo un fatturato consolidato di 1,1 mi- liardi, duemila collaboratori e quote di mercato impor- tanti in tutti i canali distributivi. Ma il nostro fiore all’oc- chiello, di cui andiamo veramente fieri, è lo stabilimento di Settimo Torinese, il più grande tra i 45 che L’Oréal ha nel mon- do. Per altro, è un’eccellenza internazionale visto che, anche grazie ad importanti investimenti in ingegnerizzazione, automazione e so- stenibilità ambientale, abbiamo raggiunto livelli di produttività tali per cui più del 90% della produzione del plant è destinato all’export in 38 paesi nel mondo». L'amministratore delegato di L'Oréal Italia: «In questo periodo storico è necessario che le marche instaurino un rapporto di fiducia, che vada oltre la dimensione funzionale dei prodotti. In alcune categorie i consumatori italiani sono molto più sofisticati di quelli europei» Scocchia: «Lenta ripresa della cosmesi. Per tenere il passo le aziende dovranno evolversi» Aumentano le visite dai parrucchieri e anche nella Gdo il trend sta cambiando Cristina Scocchia di Paolo Ghiggini
  • 11. n. 1/2 · gennaio 2016 11 In Sicilia la filiera agroalimentare può co- stituire un trampolino di lancio per l’econo- mia regionale. Ma a patto di creare precise condizioni operative. La prima è il rafforza- mento dell’export dei beni trasformati, che può costituire uno straordinario volano an- che per le produzioni agricole. Le imprese dell’Ibc possono svolgere un ruolo strategi- co assecondando la cosiddetta “esportazione indiretta”. Il secondo elemento è la valorizzazione delle produzioni: in questo il brand gioca un ruolo fondamentale per il conseguimen- Varvaro: «La competitività dell'industria siciliana ha bisogno di economie di scala e gioco di squadra» Ibc a Palermo ospite di “Panorama d’Italia” Lo afferma il presidente di Cantine Settesoli, corrispondente Ibc per la Sicilia, rimarcando l'importanza per le imprese di crescere, assumendo dimensioni adatte al mercato globale. Nella regione operano circa 1.650 aziende aderenti alla nostra associazione a buona tavola redimerà il Sud. L’in- dustria dei beni di consumo, presen- te nel Mezzogiorno in misura pari alla metà del resto d’Italia, si riscat- ta nell’agroalimentare, dove il gap si riduce. Ed è dunque su questo setto- re che bisogna puntare per sostenere la crescita. Lo rileva un’indagine sui trend del settore al Sud, e sulla Sicilia in particolare, realizzata da Ibc, presentata lo scorso 19 novembre a Palermo in un incontro promosso nell’ambito della mani- festazione “Panorama d’Italia”. Secondo le evidenze del rapporto (consultabile sul sito www.ibconline.it) la filiera agroindustria- le incide per l’1,3% sul Pil isolano (1,8% in Ita- lia) e dà lavoro complessivamente a 200mila per- sone. Le produzioni stanno crescendo grazie alle certificazioni d’origine e alle marche. Le esporta- zioni alimentari dalla Sicilia sono pari a 470 mi- lioni, circa il 5% dell’export complessivo isolano, dirette per circa il 60% nei mercati Ue. Per questo tutto ciò che le istituzioni possono fare a tutela di marche e denominazioni è di grande rilevanza. «Posso con- fermare che, al- meno nel setto- re enologico di cui mi occupo, la produzione si- ciliana ha saputo negli ultimi anni spostare il suo focus dalla quan- tità alla qualità, in un percorso di grande succes- so», conferma Vito Varvaro, corrispondente Ibc dalla Sicilia e presidente di Cantine Settesoli. Economie di scala, ma anche gioco di squadra e meritocrazia sono le tre parole chiave che Var- varo propone come strumenti per la competitivi- tà dell’Isola. Ma non dimentica l’esigenza di fa- vorire una gestione manageriale delle imprese. «Qui è difficile attirare talenti, per quanto la qualità della vita sia impagabile: le imprese re- stano padronali e spesso - quindi - troppo piccole. Mentre il segreto è crescere, assumendo dimen- sioni adatte al mercato globale, senza snaturarsi rispetto al territorio», conclude l’imprenditore. All’incontro palermitano, svoltosi a Palazzo Mazzarino con il coordinamento del direttore del settimanale Panorama, Giorgio Mulé, han- no preso parte tra gli altri in veste di relatori: Pietro Busetta, docente all'Università degli Studi di Palermo e presidente Fondazione Curella; L MANAGER • Da sinistra: Roberto Bucaneve, procuratore Ibc; Giorgio Mulè, direttore di Panorama; Vito Varvaro, presidente di Cantine Settesoli al termine dei lavori del meeting organizzato a Palermo lo scorso novembre. Più presenti sul territorio Continuano gli incontri sul ter- ritorio promossi da Ibc. Dopo l’appuntamento di gennaio 2015 a “Marca”, dove è stata presen- tata la ricerca realizzata da Ref sull’industria dei beni di con- sumo in Italia, l’associazione ha fatto tappa a Palermo, con un’iniziativa dedicata allo stato dell’industria dei beni di consu- mo in Sicilia. Ibc promuoverà una serie di in- contri anche nel 2016. Nel corso dei lavori saranno af- frontati temi d’interesse per le industrie dei beni di consumo. Gli associati saranno preventi- vamente informati. Gianluca Cimini, amministratore delegato Bt Italia; Ines Curella, Banca popolare Sant’Ange- lo; Maria Cristina Farioli, direttore marketing e comunicazione Ibm Italia; Fabio Mazzola, prorettore Università degli Studi di Palermo; Giancarlo Morandi, presidente Cobat e Rosario Rasizza, amministratore delegato Openjobme- tis. In sala 200 persone, tra le quali numerosi associati Ibc. Le statistiche relative alle aziende aderenti all’associazione delle industrie dei beni di con- sumo in Sicilia confermano il peso preponde- rante del segmento dell’industria alimentare. L’intero campione è composto da 1.650 azien- de aderenti, di cui mille appartenenti alle clas- si di fatturato inferiore (meno di 500mila euro). È questo un dato tipico della struttura produttiva italiana, che risulta polverizzata rispetto agli al- tri paesi. Nella classe più alta (oltre 30 milioni di fatturato) in Sicilia, ci sono soltanto 14 aziende. (s.l. e a.m.) Servono più marche per valorizzare le produzioni locali to dell’obiettivo sul mercato interno ed in- ternazionale. La terza componente è il ruolo attivo delle istituzioni. Le iniziative di mar- keting territoriale, essenziali per la reputa- zione dei prodotti locali, sono per loro natu- ra un bene pubblico. La Sicilia ha bisogno di iniziative tese a rafforzare il peso della provenienza da aree specifiche nella percezione da parte del con- sumatore. In questo senso sono importanti anche le iniziative di filiera, come le certifi- cazioni Doc, Dop, Igft e Igp. Il territorio di- venta così un fattore di differenziazione, in positivo, del prodotto agroalimentare. Non va dimenticato, infine, il ruolo com- plementare che può giocare la promozione dell’offerta turistica. La crescita delle attività nei settori dell’industria alimentare è, infat- ti, favorita da una positiva valorizzazione del territorio determinata da un’offerta di qualità delle strutture recettive e dei canali horeca. A cura di Ref ricerche Assemblea Ibc 2016 Sono in corso i preparativi per l'assem- blea pubblica Ibc 2016, che si terrà marte- dì 5 aprile, dalle 10.00 alle 13.00, al cen- tro congressi Magna Pars di Milano. I lavori, sul tema “Obiettivo crescita: ge- opolitica, economia e consumi”, prevedo- no interventi a cura di Paolo Magri, vice presidente dell'Istituto per gli studi di politica inter- nazionale; Giovanni Fan- tasia, amministratore de- legato Nielsen e Maurizio Tamagnini, amministra- tore delegato del Fondo strategico italiano. Segui- rà un panel di approfondi- mento - coordinato da Frediano Finucci, conduttore della trasmissione Omnibus, e capo della redazione economia ed esteri del telegiornale de La7 - cui prenderanno parte esponenti di primo piano del mondo delle imprese. Come di consueto, dopo l'evento è pre- vista l'assemblea privata. Nelle prossime settimane gli associati Ibc riceveranno la convocazione ufficiale, di cui sarà data notizia anche con annunci su alcuni quo- tidiani nazionali. Anteprima L'analisi Avete suggerimenti, o richieste di approfondimento, su argomenti d'interesse generale per le aziende industriali attive nella filiera dei beni di consumo? La redazione di è a vostra disposizione. Scrivete a: redazione@ibconline.it Le esportazioni alimentari dalla Sicilia sono pari a 470 milioni
  • 12. 12 n. 1/2 · gennaio 2016
  • 13. n. 1/2 · gennaio 2016 13
  • 14. 14 n. 1/2 · gennaio 2016 gni anno la cattiva gestione delle informazio- ni di prodotto, e i conseguenti errori nelle at- tività di raccordo tra aziende industriali e di- stributive, costa alle aziende italiane più di 2 miliardi di euro. Si tratta senza dubbio di un dato impressio- nante, indicativo di un problema di efficacia e di efficienza operative che investe tutta la filiera, determinato da una ge- stione non allineata e non sincronizzata delle informazioni commerciali, logistiche e amministrative tra imprese indu- striali e distribuzione moderna. Approvando lo scorso ottobre il rilancio del catalogo elet- tronico, il Consiglio direttivo di GS1 Italy, in piena sinto- nia con gli organi di governo di Adm (associazione della di- stribuzione moderna) e Ibc (associazione industrie di beni di consumo), ha scelto di dare un contributo concreto alla riso- luzione del problema, dando il via al progetto “Allineo”. Di cosa si tratta? «“Allineo”» spiega Aldo Sutter, presi- dente di Ibc, «è in sostanza un nuovo importante servizio che consente alle aziende di registrare e di distribuire i dati relativi ai prodotti in modo più veloce e di aggiornarli in tempo reale, con il vantaggio di eliminare tutte le anomalie e gli errori delle anagrafiche prodotto. In questo modo sono minimizzati i rischi di contenzioso inerenti ordini, spedi- zioni, consegne o fatturazioni nelle relazioni tra imprese in Italia e all’estero». Risultato: riduzione dei costi, migliora- mento dell’efficienza, pieno controllo delle informazioni di prodotto e protezione dell’integrità del marchio. “Allineo” assicura all’azienda un unico punto di rife- rimento digitale per la compilazione, l’aggiornamento e la distribuzione delle informazioni relative ai prodotti. E l'accesso dei partner commerciali a informazioni final- mente accurate, affidabili e sempre aggiornate, grazie allo standard GS1 Gdsn (catalogo elettronico). «Secondo le sti- me di Pwc», sottolinea il ceo di GS1 Italy, Bruno Aceto, «gra- zie ad una soluzione standard GS1 Gdsn come “Allineo” il time to market di un articolo si riduce tra il 30 e il 60% e le rotture di stock tra il 2 e il 5%. Diventano più contenuti, fino all’80%, anche i tempi di creazione-manutenzione dei codici articolo e di riconciliazione degli errori (tra il 10 e il 40%). E ci sono benefici anche sui costi di trasporto, che possono ca- lare in misura compresa tra 1 e 8%». Si stima che oltre 36mila aziende nel mondo abbiamo già aderito al GS1 Gdsn (catalogo elettronico) e che i prodot- ti coinvolti siano già oltre 18 milioni. Ma cosa deve fare un’impresa per aderire ad “Allineo”? «Il nostro staff è a disposizione di tutte le aziende per aiutarle ad approccia- re con successo il progetto nella configurazione più adat- ta alla tipologia dell’impresa», conclude Aceto. I referenti sono disponibili ai numeri 02/777.212.308 e 02/777.212.376 o via email scrivendo a: info@allineo.it. Le informazioni di approfondimento sono disponibili anche sul sito www.allineo.it. (c.z.) O «D Il nuovo servizio assicura all’azienda un unico punto di riferimento digitale per la compilazione, l’aggiornamento e la distribuzione dei dati relativi ai prodotti. E accesso dei partner commerciali a informazioni finalmente accurate e affidabili Con “Allineo” meno errori e più efficienza Muller: «Che senso ha vendere di più se non migliora la qualità?» GS1 Italy / Supporti per le imprese Riflessioni / Crisi Volkswagen Industria obbiamo guardare oltre la si- tuazione attuale e creare le condizioni per ulteriori svi- luppi di successo per Volkswa- gen». Matthias Müller, presi- dente del consiglio di amministrazione di Volkswagen, non ha un compito faci- le: deve mantenere il gruppo tra i princi- pali costruttori automobilistici del mondo. La sua massima priorità, consideran- do la crisi di prodotto in cui è incappa- to il colosso nei mesi scorsi, è supportare i clienti interessati dalla tematica die- sel: «Sono al centro di tutto ciò che fan- no i nostri 600mila collaboratori in tutto il mondo», spiega. La seconda esigenza è completare le indagini su quanto è acca- duto: «Dobbiamo scoprire la verità e im- parare da quanto è successo». La terza è rinnovare il gruppo: marche e regioni go- dranno di una maggiore indipendenza e il Consiglio di amministrazione si focaliz- zerà sull’indirizzamento delle strategie intra-brand, sullo sfruttamento ottimale delle sinergie e sull’efficace utilizzo delle risorse di Volkswagen. Come quarta priorità, Müller persegue il riallineamento della cultura aziendale e dell’atteggiamento manageriale. La ricerca della perfezione, la dedizione dei collabo- ratori e la responsabilità sociale nel grup- po vanno mantenuti, ma sono necessari dei cambiamenti nel modo di comunicare e nella gestione degli errori. «Abbiamo biso- gno di una cultura fatta di apertura e colla- borazione». Il manager ha invitato tutti a mostrare più coraggio, maggiore creativi- tà e spirito più imprenditoriale. La quin- ta priorità sarà trasformare la strategia 2018 in una strategia 2025. «Molte perso- ne esterne a Volkswagen, ma anche qual- cuno di noi, non hanno capito che la no- stra strategia 2018 significa molto più che numeri di produzione. Molte cose sono state subordinate al desiderio di essere “più veloci, più grandi”, specialmente per quanto riguarda gli utili». Secondo Mül- ler, il punto non è vendere 100mila vei- coli in più o in meno rispetto al principa- le concorrente. Il vero tema è, piuttosto, la crescita qualitativa. (i.f.) Contraffazione: un’ “industria” da oltre mille miliardi di euro Indicam, Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione, stima che il giro d’affari globale dell’industria del falso abbia un valore compreso tra i 1.000 e i 1.300 miliardi di Euro. L’attivita illegale non genera perdite solo per le imprese che la subiscono: a pagarne le conseguenze sono anche gli Stati, che incassano meno tasse e fanno i conti con una più elevata disoccupazione, soprattutto in questi anni di rallentamento dell’economia. Alcuni studi danno un’idea del valore della contraffazione, in Europa, nei singoli comparti. Si va dai quasi 5 miliardi di euro della cosmesi, ai 26 di abbigliamento e accessori, al mezzo miliardo degli articoli sportivi. Nulla è esente dalla falsificazione. Le più recenti operazioni di enforcement testimoniano di sequestri nei settori del giocattolo, dei prodotti per igiene e dell’olio. Il falso rende molto ed è quasi interamente controllato dalla criminalità organizzata, che in quest’attività vede meno rischi e più vantaggi economici rispetto ad altri traffici. Un esempio? Secondo i Nuclei anti sofisticazione dei Carabinieri un euro investito in cocaina ne rende 16, ma 60 euro investiti in principi attivi contraffatti possono rendere fino a 150 mila. Informazioni più dettagliate sul fenomeno sono disponibili al sito: www.indicam.it I brand sostenibili sono in crescita Nel mercato del largo consumo il 2015 ha segnato, a livello globale, una crescita del fatturato del 4% per le aziende attive sotto il profilo ambientale e sociale, contro l’incremento inferiore all’1% relativo alle imprese non impegnate su questi fronti. Il 65% delle vendite totali di beni di consumo nel retail deriva oggi da brand sostenibili. È quanto emerge dalla "Global survey of corporate social responsibility and sustainability", condotta da Nielsen per valutare le preferenze di acquisto di un campione di 30mila individui in 60 paesi. In Italia i consumatori disposti a spendere di più per brand sostenibili sono il 52%, in crescita rispetto al 44% del 2014. Lo stesso trend si ha a livello europeo con il 51% e globale con il 66%. Un dato consistente proviene dai mercati emergenti: Sud America 71%; Africa, Medio Oriente e Pakistan 75%; Asia 76%, fino all’80% nel Sudest asiatico. • Imprese & mercati • Matthias Müller, presidente Volkswagen Aldo Sutter, presidente Ibc
  • 15. n. 1/2 · gennaio 2016 15 Non è la prima volta che l’arrivo in Italia di Aldi, il Re mondiale del discount, viene dato per certo. A dare la notizia da Francoforte è il periodico tedesco Lebensmittel Zeitung. Secondo la testata, il gruppo dei fratelli Albrecht, forte di oltre 10mila punti di vendita in 17 paesi, sta vagliando location attraverso la società Aldi Süd, che utilizza come braccio operativo la controllata austriaca Hofer. Certo l’ingresso di un competitor con spalle così robuste nel polverizzato panorama distributivo italiano costituirebbe un fatto di particolare rilevanza, destinato a incidere sugli equilibri competitivi.«Più va male il mondo, meglio andiamo noi», dicono alla catena tedesca. L’approccio strategico è pragmatico, quasi da realpolitik. I proprietari dell’azienda, Karl e Theo Albrecht, dicono sempre che il loro cliente è una persona che «sa far bene i conti, o è costretto dalle circostanze a farli quadrare». In un periodo di contrazione del potere d'acquisto, questa affermazione non ha bisogno di ulteriori commenti. La politica dei prezzi praticata da Aldi è infatti altamente competitiva. Nelle prossime pagine proponiamo un identikit del gruppo e alcune considerazioni sullo stato del discount in Italia. Con un focus su Lidl: un’insegna dall'identità sempre più marcata Distribuzione PREPARA IL BLITZ? AUSTRALIA AUSTRIA BELGIO DANIMARCA FRANCIA GERMANIA UNGHERIA IRLANDA LUSSEMBURGO PAESI BASSI La rete Aldi nel Mondo Paese Pdv 367 450 450 225 910 4215 100 113 501 POLONIA PORTOGALLO SLOVENIA SPAGNA SVIZZERA G.BRETAGNA USA 249 175 557 1810 Fonte: Planet Retail 2014 13 85 48 75 Discount / L'ingresso del colosso è stato preannunciato da Lebensmittel Zeitung
  • 16. 16 n. 1/2 · gennaio 2016 Signori, giù il cappello. Arrivano gli Albrecht! Discount I Stando alle indiscrezioni il gruppo sta vagliando location in Italia. È già presente in 17 mercati fuori dei confini della Ue. In Germania conta più di 4.200 punti di vendita e una quota del 15% in un format che vale il 43% della grande distribuzione alimentare. Il suo ingresso in Italia… l discounter tedesco Aldi aprirà in Ita- lia? A dare la notizia da Francoforte sul Meno è il periodico Lebensmittel Zeitung, solitamente ben informato e attento a non diffondere falsi allarmi. Secondo la testata, il gruppo dei fra- telli Albrecht, 10mila punti di vendita in 17 paesi, sta vagliando location attraverso la società Aldi Süd, che utilizza come braccio operativo la controllata austriaca Hofer. Al momento di chiudere questo numero di Link·Ibc (dicembre 2015, ndr) sarebbero in corso ricerche di personale (italiano, ma con perfetta conoscenza della lingua tedesca) e di location nel Triveneto. Non è la prima volta che l’arrivo del Re mondiale del discount viene dato per cer- to: la conferma si avrà solo se e quando le prime aperture saranno concretizzate. Certo l’ingresso di un competitor con spalle così robuste nel panorama distributivo italiano costituirebbe un fatto di particolare rilevan- za, destinato a incidere sugli equilibri com- petitivi. «Più va male il mondo, meglio an- diamo noi», dicono alla catena tedesca. L’approccio strategico è pragmatico, qua- si da realpolitik. I proprietari dell’azienda, i fratelli Karl e Theo Albrecht, dicono sempre ai loro collaboratori che il loro cliente è una persona che «sa far bene i conti, o è costretto dalle circostanze a farli quadrare». In un periodo di contrazione economica, queste due affermazioni non hanno bisogno di ulteriori commenti. La politica dei prez- zi praticata dal gruppo tedesco è infatti alta- mente competitiva. In Germania, dove conta oltre 4.200 pun- ti di vendita, Aldi gode di un’ottima reputa- zione ed esercita una significativa influenza sull’intero mercato, do- vuta anche alla qualità universalmente ricono- sciuta dei prodotti ven- duti in esclusiva e alle enormi economie di ac- quisto. Il consumato- re che si rivolge all’in- segna è certo di poter avere il meglio a costi molto bassi. L’offerta è costitui- ta da oltre mille refe- renze, tra le quali anche un’importante presen- za di prodotti della tra- dizione alimentare ita- liana: dall’olio extra vergine di oliva al par- migiano reggiano e alla pasta, senza tralasciare i vini, di buona quali- tà, ma sempre proposti a prezzi più che vantag- giosi. Tra le novità figu- rano le linee di prodotti biologici, introdotte rispettando l’obiettivo di mantenere i prez- zi estremamente abbordabili. Insomma: un cliente di tutto rispetto. Anche per le aziende dei beni di consumo operanti in Italia. Le varie referenze sono rese disponibili con non più di due marchi privati, con prezzi molto più bassi rispetto allo stesso prodotto a marchio conosciuto. Questa strategia va a scapito della varietà dell’offerta, ma permette di avere molti pro- dotti anche in negozi di dimensioni più picco- le rispetto a quelli dei concorrenti. A fianco dei brand di casa, o di quelli non conosciuti tipici delle catene discount, Aldi mette a disposizio- ne un assortimento di prodotti di grandi marche che normal- mente si possono tro- vare nei supermer- cati tradizionali, ma messi in vendita a prezzi più competiti- vi. Pur essendo spe- cializzata in com- modity, la catena ha anche offerte di pro- dotti non alimentari, ma sempre con una modalità promozio- nale molto spinta. La politica non è aggressiva solo sul fronte prezzi, quoti- dianamente sottopo- sti a riduzioni e pro- mozioni, ma anche nei confronti dei for- nitori, a cui la catena impone agguerrite negoziazioni e modalità di relazione piuttosto limitate, come confer- ma la richiesta di dialogare attraverso il fax. Inoltre, Aldi non consente contatti diretti con i team di acquisto, ma mette a disposizione solamente una mail centralizzata. In questa strategia chiaramente impron- tata al controllo non c’è spazio per partner- ship, fatta eccezione per quelle con le aziende fornitrici di private label. Aldi è una del- le più grandi realtà hard discount europee. È presente anche al di fuori dei confini dell'U- nione Europea, con negozi in Australia e ne- gli Stati Uniti. In Germania, dove è stata fondata nel 1946, conta più di 4.200 punti di vendita e una quo- ta del 15% in un mercato del discount che vale il 43% della grande distribuzione ali- mentare. L’azienda dei fratelli Albrecht si contende la leadership del settore discount con Lidl, suo principale concorrente in terri- torio tedesco e non solo. L'insegna è condivisa da due società, Aldi Nord e Aldi Süd, mentre in Austria ope- ra con la sigla Hofer. Aldi Nord è presen- te nella Germania settentrionale e orientale; Aldi Süd presidia la Germania meridionale e quella occidentale. Dopo la Germania, se- condo dati di Planet Retail, il mercato con più penetrazione è quello statunitense, dove Aldi ha oltre 1.800 negozi (la sua insegna Trader Joe’s è al primo posto per positività delle opinioni espresso dai consumatori da- vanti a Wegmans e Costco). In Europa il pa- ese con più punti di vendita dopo la Germa- nia è la Francia, che ne ha 910, seguita dalla Gran Bretagna con 557. Nonostante la vocazione “tradizionalista”, Aldi non manca di strizzare l’occhio ai più moderni strumenti di vendita messi a dispo- sizione dall’innovazione tecnologica. Dopo quasi un decennio di osservazione del mondo dell’online, la catena starebbe infatti attivan- do piattaforme di e-commerce in Inghilterra e in altri mercati, come Spagna, Portogallo e presumibilmente anche Germania. Anche i signori Albrecht guardano al futuro. I Si è concluso con un’assoluzione il proce- dimento avviato dall’Autorità Antitrust nei confronti della catena italiana discount Eu- rospin. L’Agcm contestava l’imposizione «ai propri fornitori del versamento semestrale di due contributi economici (servizi di segrete- ria; premi di fine periodo) ingiustificatamen- te gravosi, in quanto non rispondenti ad alcun servizio prestato dal Gruppo in loro favore». Secondo l’atto conclusivo, la posizione di primato che Eurospin detiene in termini di punti di vendita e di fatturato nel canale di- scount comporta «la possibilità concreta di esercitare una forte pressione commerciale nei confronti dei propri fornitori». Tuttavia, sulla base delle evidenze acquisite e delle dichia- razioni dei fornitori nel corso dell’istruttoria, non è possibile concludere che Eurospin Italia «abbia, in qualche modo, abusato della mag- gior forza commerciale per imporre, unilate- ralmente, ai fornitori condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose». Dalla lettura del dispositivo, si evince inol- tre che i fornitori interpellati ritengono giusti- ficati gli esborsi economici: i servizi di segre- teria appaiono «sostanzialmente proporzionati ai servizi resi dalla holding Eurospin»; i premi di fine periodo sono «oggetto di negoziazione tra le parti e considerati ai fini della determi- nazione del prezzo di cessione dei prodotti». Le evidenze portano all'assoluzione di Eurospin Antitrust Distribuzione Il consumatore che si rivolge ad Aldi è certo di poter avere il meglio a costi molto bassi. L’offerta è costituita da oltre mille referenze, tra le quali anche un’importante presenza di prodotti della tradizione alimentare italiana. Gli articoli sono resi disponibili con non più di due marchi privati, a prezzi molto più bassi rispetto ai prodotti a marchio conosciuto di Silvia Antonini
  • 17. n. 1/2 · gennaio 2016 17 el possibile ingresso di Aldi in Italia si parla dai pri- mi Anni Novanta. Da quan- do Lidl, aprendo il suo pri- mo hard discount il 26 marzo 1992 ad Arzignano, in provin- cia di Vicenza, catalizzò una rivoluzione nel panorama distributivo. Ipermercati e super- mercati giravano bene, ma tante superette non portavano i risultati attesi. Che fare? Competere con i prezzi bassi del- le superfici maggiori, che offrivano anche as- sortimenti ampi e profondi decisamente più appetibili, non era possibile. Spesso, però, le location erano ottime e allora perché non tra- sformare le superette in hard discount? La su- perficie di vendita (400 metri quadrati) era più o meno quella richiesta dal format. All’inter- no dovevano starci 400 referenze grocery a marchio di fantasia, l’ambientazione era spar- tana, il fresco non serviva, le grandi marche neppure, la qualità era scarsa e le casse prive di scanner (il personale, poco e multifunzio- ne, conosceva i codici di prodotto a memoria). Gli investimenti pubblicitari erano inesisten- ti. Un format essenziale, insomma, con bassi costi gestionali, prezzi stracciati, che un po’ tutte le realtà distributive provarono ad avere nel loro portafoglio di format distributivi. Muoveva i primi passi Eurospin, intuizione di Angelo Pozzi, Ivan Odorizzi e altri impren- ditori: oggi il gruppo italiano domina la scena con circa mille punti di vendita. Ci entraro- no Peppino e Gian Felice Franchini, quelli dei Supermercati Brianzoli (che Silvio Berlusco- ni chiamò alla guida della Standa), le Coop (con un progetto coordinato da Guido Tolet- ti), la GS di Livio Buttignol, il gruppo Car- refour (con l’insegna Europa Discount affida- ta a Luigi Quartieri), i tedeschi di Rewe con Penny (inizialmente in partnership con la fa- miglia Caprotti). E tanti altri gruppi distribu- tivi e imprenditori indipendenti, in un fiorire di insegne: da New Florida a Plus, da Lillo Di- scount a In’s. Nel tempo la formula rigorosamente hard fu progressivamente modificata con l’introdu- zione dei freschi, di marche note (spesso con imballaggi di formato diverso da quello usa- to negli altri canali di vendita) e in generale ponendo un’attenzione sempre maggiore alla qualità dei prodotti a marchio (anche con pack più accattivanti), all’ampliamento della super- ficie di vendita (portata attorno a 800/1.000 mq) anch’essa più curata e luminosa. Questa interpretazione “soft” si è nel tempo consolidata in molte insegne che hanno sapu- to conquistare, seppur con posizioni differen- ti, un posto stabile nel canale. Massimo interprete del cambiamento è stato Lidl, che nel corso degli anni ha investito in- genti risorse in pubblicità (anche sulle princi- pali reti nazionali) e spostato il suo posiziona- mento dal “discount” al supermercato (come conferma il claim: “Non cambiare stile di vita, cambia supermercato”) e ampliato l’as- sortimento non food introducendo per esem- pio piccoli elettrodomestici, accessori ed elet- tronica di consumo. Anche la qualità del fresco è molto migliora- ta. Oggi, con quasi 600 punti di vendita e 11mila collaboratori, Lidl è una delle insegne più im- portanti del panorama distributivo italiano. Il suo obiettivo, secondo alcuni analisti, è diventare lo specialista italiano della marca privata di buona qualità. Mostra forte attenzione per i fornitori loca- li. Lavora alla costruzione di una sua identità italiana, con ampio uso del tricolore nella sua comunicazione pubblicitaria. Ricordiamo che Lidl è da quest’estate premium sponsor del- la nazionale italiana di calcio. Un tassello im- portante del più ampio progetto di costruzione identitaria messo a punto da Ignazio Paternò, presidente di Lidl Italia. (i.f.) Lidlguida l’evoluzione della specie Discount II Lanciò il format in Veneto, aprendo la strada a una miriade di concorrenti. Poi la svolta, all’insegna del claim “Non cambiare stile di vita, cambia supermercato”. Oggi in un’identità tricolore (è anche sponsor della nazionale di calcio) batte sempre un cuore tedesco L’evoluzione in Italia I punti di vendita discount per area geografica (in unità) Fonte: IRi - Top Trade 30 Giugno 2015 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 Nord-Ovest Nord-Est Centro+Sardegna Sud TOTALE 2010 2012 20142014 1.062 1.164 959 1.063 1.197 1.187 973 1.107 1.277 1.170 977 1.157 Giu 2015 1.302 1.174 979 1.181 4.6364.5814.4644.248 0 Nel corso degli anni Lidl ha investito ingenti risorse in advertising e modificato il suo posizionamento da "discount" a "supermercato". Inoltre ha ampliato l'assortimento non food introducendo piccoli elettrodomestici, accessori, elettronica di consumo ecc Secondo alcuni analisti il suo obiettivo è diventare lo specialista italiano della marca privata di buona qualità. Sicuramente lavora alla costruzione di una sua identità italiana, come conferma l'ampio uso della bandiera tricolore nella comunicazione pubblicitaria D EUROSPIN LIDL PENNY MARKET MD LD IN’S D PIÙ TUODÌ MARKET TODIS EKOM TOTALE La dimensione delle reti Insegna Pdv 964 557 322 396 317 343 306 172 194 139 3.710 Fonte: IRi - Top Trade 30 Giugno 2015 La ripartizione del mercato EUROSPIN 32,7% 16,9% 13,5% 8,4% 5,6% 4,8% 18,1% PENNYLILLO LIDL ALTRI IN’S MERCATO SPA DICO SPA Fonte: Retail Watch su dati Nielsen 2014