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I Personaggi – 3
Esiste davvero un’autonomia dei personaggi?
Il terzo narrante (lo scrittore) è neutrale ed onnisciente per definizione. Ma –
ahimè! – è pur sempre un essere umano come gli altri in mezzo ai quali
vive. Può egli sapere tutto di queste persone, conoscerne gli angoli più
reconditi della personalità? No, non può. Nessuno lo può. E allora, allo
stesso modo, come può pensare di conoscere tutto dei personaggi
(tondi) che lui stesso ha creato? Non lo può. Perciò, non deve
sorprendere se certe volte qualche personaggio si rende autonomo dal
suo creatore e si comporta diversamente da come egli avrebbe voluto.
In realtà, è la sensibilità dello scrittore ad avvertire che quel comportamento
non sarebbe stato consono alla figura che aveva delineato fino a quel
punto del romanzo e che, di conseguenza, lo fa correre ai ripari
modificandone le azioni e gli atteggiamenti rispetto a quanto si era
riproposto di fare.
1
I Personaggi – 4
Puskin, mentre stava scrivendo l’Eugenio Onegin, disse ad
alcuni amici con i quali stava sorseggiando un tè:
“Sapete che la mia Tatiana ha respinto Onegin? Da lei,
non me lo sarei mai aspettato.”
Ma Nabokov, invece, la pensava diversamente.
“I personaggi che vanno per conto loro? Tutte
sciocchezze. Se voglio che il mio personaggio attraversi
la strada, lui l’attraversa, anche se rischia di essere
investito da un’auto. Sono io il suo padrone.”
2
I Dialoghi – 1
Il dialogo è lo scambio di battute tra due o più
personaggi, esattamente come accade nella vita
vissuta.
Nel romanzo, però, il modo in cui un personaggio pronuncia una frase non
sempre è univoco, dal momento che il lettore non vede l’espressione che
l’accompagna e non sente il tono di voce con cui viene pronunciata.
Ecco allora che lo scrittore deve, quando necessario, intervenire con
qualche veloce pennellata che descriva lo stato d’animo del personaggio
che parla.
“Accipicchia! Così vestita sei d’una eleganza eccezionale!” esclamò
sarcastico il marito.
“Accipicchia! Così vestita sei d’una eleganza eccezionale!” esclamò
ammirato il marito.
L’esclamazione è la stessa, ma i due atteggiamenti sono agli antipodi.
3
I Dialoghi – 2
Regole generali

1) La forma più snella di conduzione di un dialogo è quella del
discorso diretto libero e del discorso indiretto.

Consiglio: evitare il discorso diretto puro e semplice. Alla forma <Carlo
disse: “Stasera sono stanco.”> è preferibile quella <“Stasera sono stanco”,
disse Carlo.> Meglio ancora, fare a meno dell’intervento autoriale
(discorso diretto libero), se ciò non genera confusione e se non si
debbono fornire altre informazioni al lettore.

2) I dialoghi non devono essere eccessivamente lunghi.
Un paio di pagine di dialogo ininterrotto sono già al limite della
sopportabilità. Oltre, si rischia di cadere nel copione teatrale e di far
perdere il filo al lettore.

3) L’intervento dell’autore va evitato se inutile.
4
I Dialoghi – 3
4) Se però il dialogo coinvolge più persone, è necessario
specificare chi parla, altrimenti il lettore perde il filo.
5) Per racchiudere le parole pronunciate dai personaggi, si
può usare:
a) le virgolette del tipo <<abcdef>> (dette “basse”), senza spaziatura con la
parola iniziale e quella finale. Secondo Umberto Eco, la punteggiatura va
all’interno delle virgolette.
b) il trattino – ma solo all’inizio della frase
Va invece evitato l’uso delle virgolette alte, cioè “abcdef”, in quanto usate
per i pensieri dei personaggi.
5
La bozza del romanzo
Prima di cominciare a scrivere il romanzo, lo scrittore dovrebbe aver elaborato
(almeno nella mente) i seguenti punti:

1) L’idea di fondo.
È il nucleo da cui si svilupperà tutta la storia. Potremmo chiamarlo anche
“l’embrione” della storia. È fatto di pochissime parole, a volte di una sola
proposizione. Ad esempio: “La storia dell’amore che nasce tra un uomo maturo
con famiglia e una giovane prostituta dell’Est.”

2) La scaletta.

È un abbozzo della struttura che assumerà il romanzo: quante parti, quanti capitoli
e che cosa conterranno. In genere le parti sono tre: preparazione, sviluppo e
conclusione. Il numero dei capitoli al loro interno è difficilmente quantificabile.

3) La sinossi.

È il riassunto della storia, una volta che si è sviluppata sufficientemente l’idea di
fondo. Deve essere più breve possibile ma anche più dettagliato che si può. La
narrazione è al presente e in forma indiretta.
6
Il decalogo di Ken Follett
1) Prosa elementare, innanzitutto.
Mai scrivere difficile, mai costringere chi legge ad aprire il vocabolario. Il linguaggio
non deve rappresentare un ostacolo, e perciò dovrà essere semplice. "La prima
regola per uno scrittore è scrivere in modo semplice. Riterrei di aver fallito, se i
miei lettori fossero costretti a leggere due volte la stessa frase o la stessa pagina
per capirla."
2) Definire un progetto.
Una volta avuta un’idea, mai partire scrivendo "Capitolo I" in testa al foglio.
Procedere senza sapere dove si vuole arrivare è il metodo migliore per perdere
tempo. All'inizio, invece, sarà bene buttare giù una scaletta di quello che si ha in
testa, cioè mettere un po’ in ordine gli eventi che guideranno l'autore nel corso di
tutta la trama.
3) Farsi consigliare da amici e parenti.
Una volta buttata giù la scaletta, bisognerà sottoporre questo indice a diversi tipi di
lettori: amici, ma anche lettori professionisti. "Dovreste chiedere sempre, a chi vi
sta intorno, che cosa gli piacerebbe leggere". L'idea di base del vostro libro dovrà
essere addirittura riassumibile in una sola frase.
4) Connotare i personaggi.
Una volta definita l'idea centrale della storia, bisognerà delineare i personaggi, con
le loro caratteristiche fisiche ed emotive.
7
Il decalogo di Ken Follett (seguito)
5) Rigore nella documentazione.
La ricostruzione storica e l’ambientazione dovranno essere fatte con molta attenzione. Per questo, l'attività di ricerca sarà un momento decisivo nella preparazione
del libro. Anche perché proprio il vaglio di testi e di fonti è una preziosa occasione
di ispirazione. Follett ammette di servirsi di ricercatori professionisti che gli
forniscono non solo dati storici e schede accurate sulle vicende che intende
trattare, ma anche testimonianze, indagini personali, interviste e curiosità varie.
6) Il lavoro di lima
Una volta buttata giù la prima stesura del romanzo, leggere (e rileggere) le varie
parti e procedere pazientemente con il lavoro di lima, correggendo qua e là dove ci
sembra che il testo non scorra bene. Poi, alla fine di questo lavoro, mettersi in
poltrona e leggere con calma l’intero romanzo (stesura definitiva), come se
l’avesse scritto un altro e noi l’avessimo comprato in libreria. Quest’ultima fase
serve a rendersi conto se ci sono parti noiose o che non legano tra loro. Se così
fosse, correggere di nuovo.
7) Preparare una sinossi (finale).
Dovrà essere un riassunto della storia. La lunghezza sarà proporzionata a quella
del romanzo, in un rapporto di circa 1 a 20. Se si vuole essere più accurati, il
riassunto può procedere per i vari capitoli. A questo punto cominceranno le "consultazioni". Dagli agenti letterari agli amici, dai parenti ai colleghi. L'importante sarà
raccogliere più commenti possibili. Alla fine di questa operazione collettiva il
riassunto andrà probabilmente riscritto, prendendo in considerazione i
suggerimenti ricevuti.
8
Il decalogo di Ken Follett (seguito)
8) Il primo capitolo.

Per Follett è la parte fondamentale di un libro, dal momento che da esso
dipenderà la scelta del lettore (in libreria …) di andare avanti o lasciar perdere il
romanzo, ed è lì che concentra quanti più elementi possibili. Uno sforzo nel quale
impiega circa sei mesi, più di quanto occorra per scrivere tutto il resto del libro.
Da subito va messo in atto un principio basilare di tecnica di scrittura: un radicale
colpo di scena ogni quattro, al massimo sei pagine. E l'effetto di legare il lettore è
assicurato. Una regola obbligatoria per lo scrittore gallese, che confessa di averla
appresa da "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, e di aver poi ritrovato nei
racconti di Dickens.

9) Cercare un editore.

Per Follett non è affatto il momento più difficile. "Un buon libro si riconosce",
sostiene lo scrittore. Il difficile, aggiungiamo noi, è riuscire a farlo leggere, se
l’autore non è già affermato e non gode di conoscenze nel mondo dell’editoria.

10) L'anima del successo: la pubblicità.

Non ha nulla a che fare con le tecniche di scrittura, ma Follett la include tra i
segreti del successo. Dovrebbe pensarci l’editore, promuovendo apparizioni in TV
e sui giornali. Per l’autore poco noto, però, è solo un duro lavoro di presentazioni.
9
Il decalogo di Ken Follett (seguito)
8) Il primo capitolo.

Per Follett è la parte fondamentale di un libro, dal momento che da esso
dipenderà la scelta del lettore (in libreria …) di andare avanti o lasciar perdere il
romanzo, ed è lì che concentra quanti più elementi possibili. Uno sforzo nel quale
impiega circa sei mesi, più di quanto occorra per scrivere tutto il resto del libro.
Da subito va messo in atto un principio basilare di tecnica di scrittura: un radicale
colpo di scena ogni quattro, al massimo sei pagine. E l'effetto di legare il lettore è
assicurato. Una regola obbligatoria per lo scrittore gallese, che confessa di averla
appresa da "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, e di aver poi ritrovato nei
racconti di Dickens.

9) Cercare un editore.

Per Follett non è affatto il momento più difficile. "Un buon libro si riconosce",
sostiene lo scrittore. Il difficile, aggiungiamo noi, è riuscire a farlo leggere, se
l’autore non è già affermato e non gode di conoscenze nel mondo dell’editoria.

10) L'anima del successo: la pubblicità.

Non ha nulla a che fare con le tecniche di scrittura, ma Follett la include tra i
segreti del successo. Dovrebbe pensarci l’editore, promuovendo apparizioni in TV
e sui giornali. Per l’autore poco noto, però, è solo un duro lavoro di presentazioni.
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  • 1. I Personaggi – 3 Esiste davvero un’autonomia dei personaggi? Il terzo narrante (lo scrittore) è neutrale ed onnisciente per definizione. Ma – ahimè! – è pur sempre un essere umano come gli altri in mezzo ai quali vive. Può egli sapere tutto di queste persone, conoscerne gli angoli più reconditi della personalità? No, non può. Nessuno lo può. E allora, allo stesso modo, come può pensare di conoscere tutto dei personaggi (tondi) che lui stesso ha creato? Non lo può. Perciò, non deve sorprendere se certe volte qualche personaggio si rende autonomo dal suo creatore e si comporta diversamente da come egli avrebbe voluto. In realtà, è la sensibilità dello scrittore ad avvertire che quel comportamento non sarebbe stato consono alla figura che aveva delineato fino a quel punto del romanzo e che, di conseguenza, lo fa correre ai ripari modificandone le azioni e gli atteggiamenti rispetto a quanto si era riproposto di fare. 1
  • 2. I Personaggi – 4 Puskin, mentre stava scrivendo l’Eugenio Onegin, disse ad alcuni amici con i quali stava sorseggiando un tè: “Sapete che la mia Tatiana ha respinto Onegin? Da lei, non me lo sarei mai aspettato.” Ma Nabokov, invece, la pensava diversamente. “I personaggi che vanno per conto loro? Tutte sciocchezze. Se voglio che il mio personaggio attraversi la strada, lui l’attraversa, anche se rischia di essere investito da un’auto. Sono io il suo padrone.” 2
  • 3. I Dialoghi – 1 Il dialogo è lo scambio di battute tra due o più personaggi, esattamente come accade nella vita vissuta. Nel romanzo, però, il modo in cui un personaggio pronuncia una frase non sempre è univoco, dal momento che il lettore non vede l’espressione che l’accompagna e non sente il tono di voce con cui viene pronunciata. Ecco allora che lo scrittore deve, quando necessario, intervenire con qualche veloce pennellata che descriva lo stato d’animo del personaggio che parla. “Accipicchia! Così vestita sei d’una eleganza eccezionale!” esclamò sarcastico il marito. “Accipicchia! Così vestita sei d’una eleganza eccezionale!” esclamò ammirato il marito. L’esclamazione è la stessa, ma i due atteggiamenti sono agli antipodi. 3
  • 4. I Dialoghi – 2 Regole generali 1) La forma più snella di conduzione di un dialogo è quella del discorso diretto libero e del discorso indiretto. Consiglio: evitare il discorso diretto puro e semplice. Alla forma <Carlo disse: “Stasera sono stanco.”> è preferibile quella <“Stasera sono stanco”, disse Carlo.> Meglio ancora, fare a meno dell’intervento autoriale (discorso diretto libero), se ciò non genera confusione e se non si debbono fornire altre informazioni al lettore. 2) I dialoghi non devono essere eccessivamente lunghi. Un paio di pagine di dialogo ininterrotto sono già al limite della sopportabilità. Oltre, si rischia di cadere nel copione teatrale e di far perdere il filo al lettore. 3) L’intervento dell’autore va evitato se inutile. 4
  • 5. I Dialoghi – 3 4) Se però il dialogo coinvolge più persone, è necessario specificare chi parla, altrimenti il lettore perde il filo. 5) Per racchiudere le parole pronunciate dai personaggi, si può usare: a) le virgolette del tipo <<abcdef>> (dette “basse”), senza spaziatura con la parola iniziale e quella finale. Secondo Umberto Eco, la punteggiatura va all’interno delle virgolette. b) il trattino – ma solo all’inizio della frase Va invece evitato l’uso delle virgolette alte, cioè “abcdef”, in quanto usate per i pensieri dei personaggi. 5
  • 6. La bozza del romanzo Prima di cominciare a scrivere il romanzo, lo scrittore dovrebbe aver elaborato (almeno nella mente) i seguenti punti: 1) L’idea di fondo. È il nucleo da cui si svilupperà tutta la storia. Potremmo chiamarlo anche “l’embrione” della storia. È fatto di pochissime parole, a volte di una sola proposizione. Ad esempio: “La storia dell’amore che nasce tra un uomo maturo con famiglia e una giovane prostituta dell’Est.” 2) La scaletta. È un abbozzo della struttura che assumerà il romanzo: quante parti, quanti capitoli e che cosa conterranno. In genere le parti sono tre: preparazione, sviluppo e conclusione. Il numero dei capitoli al loro interno è difficilmente quantificabile. 3) La sinossi. È il riassunto della storia, una volta che si è sviluppata sufficientemente l’idea di fondo. Deve essere più breve possibile ma anche più dettagliato che si può. La narrazione è al presente e in forma indiretta. 6
  • 7. Il decalogo di Ken Follett 1) Prosa elementare, innanzitutto. Mai scrivere difficile, mai costringere chi legge ad aprire il vocabolario. Il linguaggio non deve rappresentare un ostacolo, e perciò dovrà essere semplice. "La prima regola per uno scrittore è scrivere in modo semplice. Riterrei di aver fallito, se i miei lettori fossero costretti a leggere due volte la stessa frase o la stessa pagina per capirla." 2) Definire un progetto. Una volta avuta un’idea, mai partire scrivendo "Capitolo I" in testa al foglio. Procedere senza sapere dove si vuole arrivare è il metodo migliore per perdere tempo. All'inizio, invece, sarà bene buttare giù una scaletta di quello che si ha in testa, cioè mettere un po’ in ordine gli eventi che guideranno l'autore nel corso di tutta la trama. 3) Farsi consigliare da amici e parenti. Una volta buttata giù la scaletta, bisognerà sottoporre questo indice a diversi tipi di lettori: amici, ma anche lettori professionisti. "Dovreste chiedere sempre, a chi vi sta intorno, che cosa gli piacerebbe leggere". L'idea di base del vostro libro dovrà essere addirittura riassumibile in una sola frase. 4) Connotare i personaggi. Una volta definita l'idea centrale della storia, bisognerà delineare i personaggi, con le loro caratteristiche fisiche ed emotive. 7
  • 8. Il decalogo di Ken Follett (seguito) 5) Rigore nella documentazione. La ricostruzione storica e l’ambientazione dovranno essere fatte con molta attenzione. Per questo, l'attività di ricerca sarà un momento decisivo nella preparazione del libro. Anche perché proprio il vaglio di testi e di fonti è una preziosa occasione di ispirazione. Follett ammette di servirsi di ricercatori professionisti che gli forniscono non solo dati storici e schede accurate sulle vicende che intende trattare, ma anche testimonianze, indagini personali, interviste e curiosità varie. 6) Il lavoro di lima Una volta buttata giù la prima stesura del romanzo, leggere (e rileggere) le varie parti e procedere pazientemente con il lavoro di lima, correggendo qua e là dove ci sembra che il testo non scorra bene. Poi, alla fine di questo lavoro, mettersi in poltrona e leggere con calma l’intero romanzo (stesura definitiva), come se l’avesse scritto un altro e noi l’avessimo comprato in libreria. Quest’ultima fase serve a rendersi conto se ci sono parti noiose o che non legano tra loro. Se così fosse, correggere di nuovo. 7) Preparare una sinossi (finale). Dovrà essere un riassunto della storia. La lunghezza sarà proporzionata a quella del romanzo, in un rapporto di circa 1 a 20. Se si vuole essere più accurati, il riassunto può procedere per i vari capitoli. A questo punto cominceranno le "consultazioni". Dagli agenti letterari agli amici, dai parenti ai colleghi. L'importante sarà raccogliere più commenti possibili. Alla fine di questa operazione collettiva il riassunto andrà probabilmente riscritto, prendendo in considerazione i suggerimenti ricevuti. 8
  • 9. Il decalogo di Ken Follett (seguito) 8) Il primo capitolo. Per Follett è la parte fondamentale di un libro, dal momento che da esso dipenderà la scelta del lettore (in libreria …) di andare avanti o lasciar perdere il romanzo, ed è lì che concentra quanti più elementi possibili. Uno sforzo nel quale impiega circa sei mesi, più di quanto occorra per scrivere tutto il resto del libro. Da subito va messo in atto un principio basilare di tecnica di scrittura: un radicale colpo di scena ogni quattro, al massimo sei pagine. E l'effetto di legare il lettore è assicurato. Una regola obbligatoria per lo scrittore gallese, che confessa di averla appresa da "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, e di aver poi ritrovato nei racconti di Dickens. 9) Cercare un editore. Per Follett non è affatto il momento più difficile. "Un buon libro si riconosce", sostiene lo scrittore. Il difficile, aggiungiamo noi, è riuscire a farlo leggere, se l’autore non è già affermato e non gode di conoscenze nel mondo dell’editoria. 10) L'anima del successo: la pubblicità. Non ha nulla a che fare con le tecniche di scrittura, ma Follett la include tra i segreti del successo. Dovrebbe pensarci l’editore, promuovendo apparizioni in TV e sui giornali. Per l’autore poco noto, però, è solo un duro lavoro di presentazioni. 9
  • 10. Il decalogo di Ken Follett (seguito) 8) Il primo capitolo. Per Follett è la parte fondamentale di un libro, dal momento che da esso dipenderà la scelta del lettore (in libreria …) di andare avanti o lasciar perdere il romanzo, ed è lì che concentra quanti più elementi possibili. Uno sforzo nel quale impiega circa sei mesi, più di quanto occorra per scrivere tutto il resto del libro. Da subito va messo in atto un principio basilare di tecnica di scrittura: un radicale colpo di scena ogni quattro, al massimo sei pagine. E l'effetto di legare il lettore è assicurato. Una regola obbligatoria per lo scrittore gallese, che confessa di averla appresa da "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, e di aver poi ritrovato nei racconti di Dickens. 9) Cercare un editore. Per Follett non è affatto il momento più difficile. "Un buon libro si riconosce", sostiene lo scrittore. Il difficile, aggiungiamo noi, è riuscire a farlo leggere, se l’autore non è già affermato e non gode di conoscenze nel mondo dell’editoria. 10) L'anima del successo: la pubblicità. Non ha nulla a che fare con le tecniche di scrittura, ma Follett la include tra i segreti del successo. Dovrebbe pensarci l’editore, promuovendo apparizioni in TV e sui giornali. Per l’autore poco noto, però, è solo un duro lavoro di presentazioni. 9