1. Tipi di discorso - 1
Il discorso diretto
Lanciò uno sguardo a sua moglie. “Ha un’aria così
infelice”, pensò, “sembra quasi nauseata”. Si domandò:
“Che cosa potrei dirle?”
Come si vede, i pensieri del personaggio (ma potevano anche
essere le sue parole nell’ambito di un dialogo) sono riportati tramite
verbi come pensò, si domandò o, nel caso di un dialogo, disse,
chiese, rispose ecc., ricorrendo o meno ai due punti.
È la forma più elementare di narrazione: portata agli estremi,
diventa il copione teatrale.
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2. Tipi di discorso - 2
Il discorso indiretto
Lanciò uno sguardo a sua moglie. Aveva un’aria così
infelice, pensò, sembrava quasi nauseata. Si domandò
che cosa potesse dirle.
I pensieri del personaggio sono riportati direttamente dall’autore,
senza dover aprire virgolette e, di conseguenza, senza ricorrere ai
due punti.
La narrazione ne guadagna in termini di scorrevolezza.
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3. Tipi di discorso - 3
Il discorso indiretto libero
Lanciò uno sguardo a sua moglie. Sì, era di nuovo
insopportabilmente infelice, con quell’aria quasi
nauseata. Che cosa diavolo avrebbe potuto dirle?
Il pensiero (o discorso) del marito è esente da segnali autoriali:
nessun “pensò” o “si domandò”. La narrazione ne guadagna in
termini di flessibilità, sembra allontanarsi dall’autore per assumere
le caratteristiche del personaggio, che ora dà l’impressione di
essere lui stesso a scrivere i propri pensieri.
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4. Tipi di discorso - 4
Il flusso di coscienza
Le lanciò uno sguardo. Infelice, sì, nauseata. Un grande
errore averglielo detto, non c’era dubbio. Di nuovo la sua
stupida coscienza. Perché non aveva tenuto la bocca
chiusa? Tutta colpa sua. E ora?
Questa è un’ulteriore forma del discorso indiretto libero: i pensieri che si
susseguono uno dopo l’altro nella mente di un personaggio, senza che
l’autore debba ricorrere a pagine intere per descriverne lo stato d’animo.
È la direzione che il discorso indiretto libero prende nell’Ottocento e all’inizio
del Novecento (ad esempio, con Ulisse e La coscienza di Zeno).
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5. L’uso “sofisticato”
del discorso indiretto libero
Marco fissava l’orchestra attraverso uno sciocco velo di
lacrime
Basta l’aggettivo “sciocco” per segnare la frase come scritta in stile indiretto
libero.
Se lo si toglie, avremo la classica descrizione dell’autore, senza nessun
riferimento alle emozioni più profonde provate dal personaggio.
Per descrivere queste emozioni, l’autore avrebbe dovuto scrivere: “Che
sciocco”, pensò Marco. “Mettermi a piangere come una scolaretta
ascoltando questo brano di Brahms!”
Così, però, la frase è molto più lunga e si è persa la complessa interazione tra
autore e personaggio, tipica del discorso indiretto libero.
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6. Il dualismo insito
nel discorso indiretto libero – 1
Grazie allo stile indiretto libero vediamo le cose attraverso gli occhi e il
linguaggio del personaggio, ma anche attraverso gli occhi e il linguaggio
dell’autore.
Fra questi due soggetti, di solito, si crea una distanza (la neutralità…) e il ponte
che li congiunge, ossia lo stile indiretto libero, la colma e – al tempo stesso –
la sottolinea.
Questo dualismo è stato anche chiamato “ironia drammatica” o “ironia
d’autore”: guardare attraverso gli occhi di un personaggio pur essendo in
grado di vedere più di quanto possa vedere lui stesso (chi narra –
ricordiamolo – è onnisciente).
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7. Il dualismo insito
nel discorso indiretto libero – 2
Bisogna sapersi destreggiare bene con lo stile indiretto libero, uno stile che ha
molti vantaggi ma che aggrava un problema intrinseco a tutta la narrativa.
La domanda che ci dobbiamo porre è questa: le parole usate da un
personaggio somigliano alle parole che egli avrebbe realmente adoperato o
danno più l’impressione di essere dell’autore?
Perché da un lato l’autore non rinuncerà mai ad essere padrone di un suo stile
personale, ma dall’altro la narrazione si piegherà verso i suoi personaggi e il
loro modo di parlare.
Analizzeremo questo problema più avanti, quando parleremo del romanzo
realista, verista o naturalista che dir si voglia.
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8. Un esempio
In certi casi, la distanza tra autore e personaggio sembra scomparire del tutto e
il personaggio sembra impossessarsi dell’intera narrazione.
Prendiamo questo straordinario incipit di un racconto di Cechov, Il violino di
Rotschild.
“La cittadina era piccola, peggio di un villaggio, e ci vivevano quasi soltanto dei
vecchi, i quali morivano così raramente che sembrava vivessero per
dispetto. All’ospedale e alla prigione, di bare ne richiedevano pochissime. In
poche parole, gli affari andavano male.”
Può essere Cechov a pensare che se dei poveri vecchi vivevano lo facevano
per dispetto? No di certo. E allora chi è? È il venditore di bare del paese, un
cinico e squallido personaggio che viene introdotto nelle righe successive. È
quindi lui che sta narrando: è questo un raro esempio di estremo
affinamento dello stile indiretto libero, un personaggio che parla prima
ancora di essere stato introdotto nel racconto.
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