La consulenza strategica finalizzata alla ristrutturazione delle aziende in c...
Le metriche del valore la Lean Accounting
1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
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Corso di laurea in Ingegneria Elettronica ed Informatica
Curriculum gestionale
Le metriche del valore: il controllo di
gestione nelle aziende reattive al
cambiamento
Dal controllo di gestione “classico” alla Lean Accounting
Tesi di laurea triennale
Laureanda Relatore
Giorgia FAVRETTO Prof. Francesco LAGONIGRO
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ANNO ACCADEMICO 2016-2017
3. INDICE
Introduzione 6
Capitolo 1: introduzione al Lean Thinking 10
1.1 Verso la Lean Production: da Ford al Toyota Production System 10
1.2 Il concetto di Lean Thinking 11
1.3 I cinque principi fondamentali 13
1.4 Il concetto di valore 15
1.5 Il concetto di cliente 16
1.6 Il concetto di flusso 17
1.6.1 Produrre One-Piece-Flow 18
1.6.2 Il takt time 18
1.6.3 Le 5 S della Lean 19
1.6.4 Produzione Just In Time 20
1.7 I Muda: i sette sprechi 20
Capitolo 2: Verso la Lean Accounting: i sistemi di controllo di gestione
“classici” e i sistemi di controllo “snelli” 23
2.1 Il controllo è un’esigenza naturale 23
2.2 Sistemi di controllo a confronto 24
2.3 Il controllo strategico: lo Steering Control 25
2.4 I limiti del controllo di gestione “classico” 26
2.5 Cos’è la Lean Accounting? 27
2.6 I principi della Lean Accounting 29
2.7 Implementare la Lean Accounting 31
Capitolo 3 : La Balanced Scorecard 33
3.1 Introduzione: il concetto di strategia 35
3.2 Le mappe strategiche: visualizzare una Strategia 38
3.2.1 La creazione del valore 39
3.3 La Balanced Scorecard: descrizione e struttura 41
3
4. 3.3.1 Cos’è la Balanced Scorecard 41
3.3.2 Le quattro prospettive 42
3.3.3 La struttura della Balanced Scorecard 45
3.3.4 I limiti della Balanced Scorecard 48
Capitolo 4: Dall’Activity Based Costing al Value Stream Mapping 50
4.1 I sistemi di costine a Full Cost e a Direct Cost 50
4.2 Che cos’è l’Attività Based Costing 51
4.3 Il concetto di attività 52
4.4 Centri di costo e logica basata sulle attività 53
4.5 I principi dell’Activity Based Costing 55
4.6 Le fasi dell’Activity Based Costing 57
4.7 Esempio di applicazione dell’Activity Based Costing 60
4.8 L’Activity Based Costing per misurare l’efficienza 64
4.9 Pro e contro dell’Attività Based Costing 64
4.10 L’Activity Based Costing per il Value Stream Mapping 66
4.11 Implementazione del Value Stream Mapping 68
Conclusioni 79
Bibliografia 80
Sitografia 81
4
6. Introduzione
Obiettivo del presente contributo è l’analisi di un nuovo approccio al controllo di gestione
conosciuto con il nome di Lean Accounting e finalizzato a misurare ed interpretare
coerentemente gli effetti della gestione in funzione delle logiche della filosofia Lean (Lean
Thinking).
Nei capitoli successivi si illustreranno quali sono i principi del Lean Thinking che, se
condotti adeguatamente, permettono di raggiungere ottimi risultati in termini di
miglioramento dell’efficienza produttiva e manageriale dell’azienda. E’ necessario però che
vengano applicati con costanza e determinazione in quanto, spesso, nonostante i molti
sforzi, poiché i risultati non sono immediati, il progetto “Lean” non viene pienamente
accolto dalle aziende, le quali non ne riconoscono la portata strategica. Spesso, questa
erronea valutazione è dovuta alla mancata revisione del sistema di controllo aziendale,
che resta agganciato a logiche tradizionali senza adeguarsi alle mutate situazioni
organizzative tipiche della Lean Strategy.
In generale, i sistemi di controllo tradizionali seguono logiche che tendono a celare i
risultati economico-finanziari e strategici che la Lean Thinking è in grado di portare se
applicata correttamente. E’ per questa ragione che anche il sistema di controllo di gestione
deve adeguarsi alle logiche snelle ed essere dunque rivisitato. Nasce così la Lean
Accounting per “parare” alle limitazioni dei sistemi di controllo di gestione tradizionali che
non riescono a far emergere i grandi vantaggi strategici e competitivi che la Lean Thinking
riesce ad apportare. Infatti, difficilmente gli ingenti miglioramenti operativi raggiungibili con
il progetto “Lean” sono catturati dai sistemi classici e, inoltre, spesso i benefici si traducono
in indicatori tradizionali che mostrano dati peggiorativi che portano al conseguente
abbandono del progetto da parte del Top Management. Infatti, il recupero di efficienza
produttiva promosso dalla Lean genera in prima battuta un eccesso di capacità produttiva
e la maggior efficienza, almeno inizialmente, non si traduce in diminuzione dei costi di
produzione. Anche la riduzione drastica delle scorte a magazzino non mostra subito i suoi
benefici, manifestando un iniziale peggioramento del conto economico aziendale. O
anche, lo snellimento del flusso e la riduzione dei lotti di produzione determina un
apparente aumento dei costi del prodotto a causa di un maggior assorbimento dei costi
indiretti a fronte dei volumi prodotti più bassi. I limiti principali del controllo di gestione
classico sono da ricondursi all’uso di costi standard per singolo prodotto e all’uso di
logiche di imputazione dei costi indiretti sui prodotti mediante la loro attribuzione ai vari
6
7. centri di costo. La prima limitazione porta all’esigenza di costruire un processo di
tracciatura e costificazione degli ordini di produzione. La seconda, invece, porta alla
cosiddetta “analisi delle varianze”, cioè ad utilizzare un approccio a “scostamenti”, ad
esempio fra costi standard e costi consuntivi, ma di fatto, in generale si analizzano gli
scostamenti fra i vari indicatori piuttosto che focalizzare l’attenzione e l’azione manageriale
sulla prevenzione di tali scostamenti. La determinazione delle varianze è un sistema
complesso, intempestivo (del tutto incoerente con la Lean che promuove tempestività delle
azioni) e difficilmente comprensibile dalle persone non contabili che però sono i principali
destinatari di tali informazioni.
I grandi limiti del controllo di gestione classico non si fermano soltanto ai costi; di fatto, una
delle più grandi limitazioni riguarda l’organizzazione aziendale in sé, la quale deve essere
coerente alle nuove logiche ed ai nuovi sistemi di controllo di gestione proposti dalla Lean
Accounting. Le aziende tradizionali promuovono un tipo di organizzazione divisionale che
prevede la divisione dell’azienda in reparti, coerentemente alla logica dei “compartimenti
stagni”. Questo tipo di gestione non è adeguata per implementare la Lean Accounting e in
generale la Lean Thinking. Infatti prevede che l’azienda sia divisa in settori, ciascuno dei
quali presenta un responsabile di reparto che deve controllare il rispetto delle risorse e dei
costi ricavati dal budget senza però effettuare un confronto diretto tra utilizzo delle risorse
e obiettivi aziendali al contrario delle aziende snelle che invece si focalizzano sugli obiettivi
e gestiscono al meglio le attività mirate al raggiungimento di essi. In questo tipo di
organizzazione, non vi è una visione globale dell’azienda ma una visione improntata
piuttosto sulla divisione, volta a massimizzare i risultati individuali, allontanandosi così
dagli obiettivi comuni dell’intera azienda. La Lean si discosta da questo tipo di
organizzazione avvicinandosi ad una gestione che tende “ad abbattere i muri di
comunicazione all’interno della medesima azienda” favorendo il flusso piuttosto che
inibirlo. Infatti, come si vedrà nel Capitolo 1, il concetto di flusso di valore (Value Stream) è
assolutamente centrale nelle logiche Lean e tutto deve essere organizzato e gestito al fine
di favorire il flusso, a partire dalla struttura stessa dell’azienda. Per questa ragione si
introduce un’organizzazione orizzontale che permette di abbattere i muri fisici e di
comunicazione fra le varie aree aziendali con lo scopo di permettere al flusso di fluire
trasversalmente all’azienda e senza interruzioni, in maniera continua.
Ad accompagnare la struttura organizzativa rigida delle aziende tradizionali, vi è la
propensione a prediligere indicatori di tipo economico-finanziario per monitorare i vari
aspetti della realtà aziendale piuttosto che indicatori di performance di altra natura ( non
monetaria). La prospettiva monetaria non è l’unica prospettiva all’interno di un’azienda e
7
8. quindi non è la sola che deve essere tenuta sotto controllo e in considerazione, si noti poi
che essa è diretta conseguenza di altre prospettive operative che, appunto, ne influenzano
i risultati. Di fatto, le imprese tradizionali, tramite i propri sistemi di controllo, tendono a
monitorare principalmente gli aspetti economici e tramite strumenti di contabilità analitica
come conti economici, bilanci e stati patrimoniali senza però valutare anche altri aspetti dai
quali prescindono gli aspetti finanziari stessi. Infatti, gli indicatori monetari sono in grado di
descrivere in maniera dettagliata il passato e gli effetti delle decisioni ma sono miopi in
quanto non sono in grado di “prevedere” ciò che si potrà verificare nell’immediato futuro e
a capire quali sono le cause degli eventuali problemi. Infatti, lo scopo del controllo non è
descrivere e valutare gli effetti quanto, piuttosto, capire e analizzare le cause e mirare alla
radice dei problemi; Il verbo “to control” significa indirizzare, guidare e non “controllare” in
senso ispettivo In questa prospettiva, la Lean Accounting propone un sistema di controllo
in gestione evoluto rispetto i sistemi tradizionali poiché cerca di “prevenire piuttosto che
curare”; si parla infatti di sistemi Steering Control. Così, contro lo sbilanciamento
tradizionale verso indicatori monetari, la Lean Accounting propone strumenti per il controllo
di gestione innovativi che considerano anche altre prospettive: uno fra questi è la
Balanced Scorecard, della quale si parlerà nel Capitolo 3.
Quindi, la tesi verterà su come la Lean Accounting si discosti notevolmente dai sistemi di
controllo in gestione classici promuovendo logiche e strumenti che permettano di:
- favorire il flusso trasversalmente all’azienda monitorando i risultati ottenuti,
- valutare tutte le prospettive della realtà aziendale ( prospettiva cliente, processi interni e
apprendimento sviluppo e innovazione) e non solo quelle di natura economica
- prevenire i possibili scostamenti piuttosto che ottenere un feedback, agendo prima che
l’azione venga svolta correggendo o standardizzando le azioni gestionali.
Parleremo dunque di controllo di gestione strategico.
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10. CAPITOLO 1
Introduzione al Lean Thinking
1.1 Verso la Lean Production: da Ford al Toyota Production System
La storia ha visto un susseguirsi di vicende, eventi, cambiamenti, sconfitte e vittorie. Ogni
momento storico è stato importante perché ha permesso all’uomo di essere ciò che è oggi,
di avere prospettive, di migliorarsi, di modificare il suo modo d’essere; semplicemente di
vedere il mondo. Anche l’industria fa parte di questo processo di cambiamenti e mutazioni
che ha concesso all’umanità di guardare in avanti imparando dal passato e di migliorarsi
costantemente, di evolversi per non estinguersi.
Pertanto, si andrà a valutare quali sono stati la storia e il susseguirsi di eventi che hanno
portato l’umanità a cambiare mentalità a livello industriale, ad orientarsi verso quella che
oggi è definita Lean Production, in italiano “Produzione snella”, e a sceglierla come
modello efficiente ed ottimale per qualsiasi attività industriale e dei servizi.
Facciamo dunque un passo indietro nel tempo e torniamo agli inizi del Novecento quando
la rivoluzione industriale segnò pesantemente questo periodo.
Quando tutti erano saldamente agganciati all’idea comune di industria, vi fu colui che si
discostò dalla massa proponendo una nuova visione del mercato e un’idea differente
allontanandosi da quelle che erano le “tradizioni” industriali note all’epoca. Costui fu
proprio Henry Ford, il quale antepose l’offerta alla domanda. Ford si poneva il problema
della sua attività industriale in un approccio globale. Si propose l’obiettivo di contenere i
prezzi dei beni prodotti mediante la riduzione dei tempi di lavorazione. Tale politica era da
realizzarsi attraverso l’utilizzo delle catene di montaggio che, nonostante limitassero la
creatività del lavoro, ottimizzavano i tempi e rendevano il lavoro molto più leggero, cosa
che fu particolarmente gradita dai lavoratori. In questo modo, Ford proponeva un prodotto
il quale era stato costruito in un decimo del tempo rispetto ai suoi concorrenti, delle
condizioni per i suoi lavori nettamente migliori: si lavorava un’ora in meno rispetto alle
fabbriche tradizionali e i salari erano quasi 6-7 volte più alti. Inoltre, l’automobile aveva un
prezzo proposto al cliente che era un quinto rispetto a quello dei competitors di Ford.
Questo tipo di approccio introdotto da Ford è passato alla storia con il nome di
“Produzione di massa”. Ciò che la contraddistinse nella storia fu l'industrialità, ossia
l'ottimizzazione dei processi produttivi mediante il raggiungimento della massima efficenza
caratterizzata dalla standardizzazione delle attività. Ford riuscì, dunque, ad introdurre il
concetto di flusso: quanto un’azienda riesce a far fluire i processi produttivi, d’uffici, di
10
11. servizi tanto più vi è la garanzia che sia fornito un ottimo servizio al cliente e al minimo
costo. Per tale ragione, Ford fu il primo vero e proprio esempio di produzione Lean.
Questo approccio però, se da un lato fu fortemente innovativo, dall'altro possedeva una
grande rigidità a fronte di una visione di eccellenza globale e non tenne conto di tutti quegli
aspetti legati soprattutto al servizio che viene fornito al cliente. Ed era perciò ancora ben
lontano da quella che è oggi la Lean. Non a caso, una frase di Ford che passò alla storia
fu:
"Avranno l'auto che vorranno, del colore che vorranno, purché sia nera”
E la fine di Ford fu proprio segnata dal non essersi saputo adattare al cambiamento del
mercato, a non essere stato capace di adeguarsi al gusto del cliente e a chiedersi qual era
il suo bisogno. Sosteneva una logica di produzione “push” piuttosto che una logica “pull”,
ossia una produzione guidata dal consumatore e non dall’azienda stessa.
Quando cambiarono le cose?
Fin da subito, l’idea di Ford ebbe un grande successo e furono molte le industrie che
tentarono di emularlo. Fu così che intorno agli anni ’40, l’industria giapponese Toyota
Motor Corporation spinse verso una nuova ottica industriale che permettesse la riduzione
dei costi a fronte di un grande aumento di produttività. A guidare questo processo fu Taichii
Ohno, considerato il padre della filosofia Lean, che definì un nuovo modello di produzione
industriale che riuscisse a rispondere alla necessità di una maggiore flessibilità aziendale
mantenendo però una elevata produttività. Così nacque il concetto di filosofia Lean che
passò all’epoca sotto il nome di TPS ossia Toyota Production System, una metodologia
innovativa proiettata verso il miglioramento continuo, l’eliminazione degli sprechi ed
incentrata sull’importanza del coinvolgimento di tutti i membri dell’azienda.
La Lean Production è quindi una filosofia che cambia completamente il punto di vista
aziendale, il quale, fin dal principio, era stato incentrato sul prodotto trascurando quali
erano gli aspetti legati al cliente, e che fornisce una visione diversa in cui l’attenzione si
sposta dalla produttività aziendale al cliente e, in particolare, a ciò di cui esso ha bisogno.
1.2 Concetto di Lean Thinking
Il Lean Thinking è una nuova filosofia aziendale mirata a migliorare le performance
aziendali ed a garantire un sistema organizzato e gestito in maniera ottimale con il fine
ultimo di procedere verso un miglioramento continuo e costante per raggiungere la
11
12. perfezione, in gergo, kaizen. La sua realizzazione comprende l’eliminazione degli sprechi,
ossia le attività svolte dall’azienda che non producono valore aggiunto per il cliente. Infatti,
la filosofia Lean è centrata sul cliente e, più precisamente, sul valore che esso attribuisce
al prodotto, essendo il valore stesso ciò per il quale il cliente è disposto a pagare.
Pertanto, qualsiasi attività che non è volta all’aggiungere valore al prodotto dal punto di
vista del cliente costituisce uno spreco, il quale, se possibile, deve essere eliminato.
Il termine “Lean Thinking” fu coniato da J. Womack, D. Jones e D. Roos, i quali, nei primi
anni ’90, pubblicarono un libro dal titolo La macchina che ha cambiato il mondo, in cui
esprimono qual è il significato intrinseco del pensiero Lean. Nello specifico essi riportano
la seguente definizione di “Produzione snella”:
“La produzione snella è così detta in quanto di tutto impiega una minor quantità rispetto
alla produzione di massa: metà delle risorse umane nell’azienda, metà dello spazio di
produzione, metà degli investimenti in attrezzature, metà delle ore di progettazione per
sviluppare un nuovo prodotto in metà del tempo. Inoltre richiede una quantità di scorte a
magazzino di gran lunga inferiore della metà, genera difetti di fabbricazione meno
grossolani e produce una varietà di prodotti maggiore e sempre crescente”. Pertanto, è
evidente come il pensiero Lean si traduca nell’aumentare la produttività e le performance
aziendali cercando di ottimizzare le risorse, cioè di fornire un ottimo servizio al cliente al
minimo costo.
Nello stesso libro, viene inoltre presentato un evidente confronto fra l’idea di produzione
occidentale (cioè la produzione di massa portata da Ford) e l’idea di Lean Production
facendo così emergere la più grande differenza fra le due tipologie di pensiero. Tale
differenza è insita nei reciproci obiettivi finali:
“I produttori di massa si impongono un traguardo limitato, ossia che il prodotto sia
“sufficientemente buono”, il che si traduce in un numero accettabile di difetti, in un
massimo livello accettabile di scorte e in una gamma ridotta di prodotti standardizzati. Fare
meglio, sostengono, costerebbe troppo o andrebbe troppo oltre le capacità umane
intrinseche. I produttori snelli, invece, fissano i propri obiettivi esplicitamente sulla
perfezione: costi in continuo calo, zero difetti, zero scorte ed un’infinta varietà di prodotti.”
Quindi, mentre i produttori di massa “si accontentato” si un prodotto sufficientemente
(mediamente) buono, che come tale presenta dei difetti, un produttore snello si pone come
obiettivo principe quello di raggiungere il kaizen ossia la perfezione, di migliorare
costantemente. Ovviamente nessuno è mai riuscito a raggiungere tale obiettivo, il quale è
più utopistico che realistico, ma il produttore Lean, consapevole di ciò, tenta ugualmente
con lo scopo di incentivare ed investire in un miglioramento costante e continuo.
12
13. Quindi “Lean” non ha nulla di casuale; è una scelta consapevole e mirata ad aumentare la
produttività, ottimizzando le risorse, minimizzando i costi ed eliminando gli sprechi.
Pensare snello aiuta ad interpretare e capire le esigenze del cliente ed operare in modo
diretto ed immediato riducendo al massimo i costi e utilizzando nel miglior modo possibile
le risorse a disposizione. Permette di fornire al cliente ciò che vuole, nel momento stesso
in cui lo vuole, come lo vuole, creando un perfetto sincronismo tra produzione e bisogno
del cliente. E’ un pensiero che si concretizza nella Lean Production che, nello specifico,
non riguarda solo strumenti e risorse ma coinvolge anche la mentalità, andando a
modificare la visione dei sistemi produttivi dell’azienda nella sua globalità. Per questa
ragione, il fattore umano è fondamentale in un’azienda Lean in quanto, solo se tutti i
membri sono consapevoli di qual è l’obiettivo e di come raggiungerlo, è possibile ottenere
un’organizzazione favorevole al raggiungimento del kaizen. Tutti devono essere coinvolti
nel pensiero Lean.
1.3 I cinque principi fondamentali
Dato per assodato che l’obiettivo della Lean è “fare sempre di più con sempre meno
spazio, tempo, sforzo e risorse”, è necessario comprendere che il raggiungimento di tale
obiettivo è possibile solo se si seguono i cinque principi fondamentali che caratterizzano
questa filosofia. Tali principi costituiscono le fondamenta del pensiero Lean e garantiscono
di gestire i processi operativi aziendali al fine di ridurre (ed eliminare) sistematicamente gli
sprechi con lo scopo di aumentare il valore percepito dal cliente. Bisogna anche
comprendere che tali principi non devono essere applicati separatamente ma, per ottenere
risultati concreti, è fondamentale apportare cambiamenti e miglioramenti solo avendo una
visione complessiva dell’azienda, una visione olistica.. Cioè tali principi devono
comprendere l’intera organizzazione : la cultura aziendale, le procedure operative e lo stile
manageriale. E’ fondamentale ragionare “in maniera trasversale” e non “a compartimenti
stagni”. Solo in questo modo è possibile comprendere appieno l’essenza della filosofia
Lean.
I cinque principi che guidano il pensiero snello sono:
1. Value : è necessario capire in modo chiaro qual è il valore secondo la prospettiva del
cliente. Per “valore” si intende soltanto quello per il quale il cliente è disposto a dare un
riconoscimento, non solo economico, poiché tutto il resto è spreco. Inoltre l’azienda
deve essere in grado di fornire al cliente esattamente ciò che esso chiede e spesso
13
14. capire cosa il cliente desidera non è un’operazione semplice. Poiché è usuale che
nemmeno il cliente sia a conoscenza di ciò che esso stesso vuole, l’azienda Lean
deve essere in grado di capire, tramite il confronto con il cliente, cosa esso desidera e
cosa generi valore per lui.
2. Value stream : significa individuare le attività che generano valore. Quindi, nello
specifico, significa delineare tutte le attività in cui si articola il processo operativo
distinguendo tra quelle a valore aggiunto e quelle non a valore aggiunto (sprechi).
Quindi, il value stream è l’insieme dei passi del processo operativo che vanno eseguiti
nella giusta sequenza al fine di massimizzare il valore minimizzando l’impiego di
risorse.
3. Flow : è il processo di creazione di valore come flusso, il quale deve scorrere in
maniera continua, senza interruzioni con una riduzione dei tempi di attraversamento
del materiale.
4. Pull : significa che il flusso deve essere tirato dal cliente e non spinto dai produttori
(push) in contraddizione alla filosofia delle aziende tradizionali. Nello specifico, vuol
dire che deve essere prodotto soltanto ciò che il cliente chiede, nulla di più.
5. Perfection : la perfezione (in gergo Kaizen) è l’obiettivo a cui deve tendere un’azienda
Lean attraverso un miglioramento continuo e corrisponde alla completa eliminazione
degli sprechi.
141.1 Immagine illustrativa dei cinque principi della filosofia Lean
15. In sostanza, applicare i principi della filosofia Lean significa comprendere qual è il valore
per il cliente, produrre solo ciò che esso chiede minimizzando i tempi ed eliminando gli
sprechi, cioè le attività che non generano valore aggiunto al prodotto.
1.4 Il concetto di valore
Il punto di partenza per comprendere la filosofia Lean è il concetto di valore. E’ anzitutto
fondamentale capire che per “valore” non si intende quello relativo al prodotto ma quello
percepito dal cliente e a cui esso fornisce un contributo economico. Infatti, erroneamente,
le aziende tradizionali ritengono che il concetto di valore sia da associarsi al prodotto fisico
proposto. In realtà, il valore può essere formalmente definito soltanto dal consumatore
finale e si esprime in relazione al suo soddisfacimento nei confronti del bene e/o servizio
fornitogli dall’azienda. Il soddisfacimento del cliente si misura nel rispetto dei parametri di
qualità/tempo prefissati dal cliente perché è il cliente a cui è destinato il prodotto; quindi è il
consumatore a decidere come, quando e dove lo vuole. Bisogna capire che il cliente è
l’entità che giustifica l’esistenza stessa dell’azienda in quanto percepisce un valore e gli
attribuisce un riconoscimento economico. Pertanto, gli sforzi, le attività, il tempo e le
risorse impiegate da un’azienda devono essere proiettate verso la creazione di valore per
il consumatore finale. Ciò non deve comprendere soltanto le attività primarie, quali la
produzione vera e propria del prodotto, ma anche le attività ausiliarie che però sono
necessarie allo svolgimento di quelle primarie. L’azienda nella sua globalità deve essere
orientata verso la generazione di valore per il cliente e ciò non riguarda solo il prodotto in
sé (come ritengono erroneamente le aziende tradizionali) ma tutta l’organizzazione e
l’essenza aziendale. In questa logica, il valore è determinato dal cliente, non dal fornitore.
Per poterlo massimizzare occorre capire quali sono gli aspetti ai quali egli attribuisce
valore e per i quali è disposto a pagare. E’ del tutto insensato migliorare attività e processi
che non generano valore per il cliente se quest’ultimo non attribuisce loro alcun
riconoscimento economico. Applicando questo approccio si identificano sprechi di risorse,
tempo e spazio che devono essere dunque eliminati. Il valore per il cliente è determinato
da tre aspetti:
• Qualità : questa non si ottiene quando il prodotto funziona come dovrebbe funzionare
per l’azienda ma quando il prodotto è stato realizzato esattamente come è stato
richiesto dal cliente. Infatti, il consumatore finale attribuisce valore al prodotto nel
momento in cui riceve esattamente ciò che desidera nel modo in cui lo voleva.
15
16. • Costo : l’azienda deve produrre esattamente ciò che è stato richiesto dal cliente
minimizzando le risorse il più possibile ed eliminando ogni possibile fonte di spreco. Se
il cliente chiede un prodotto in un certo modo, non ha senso arricchirlo di funzionalità
supplementari poiché queste creano soltanto spreco di risorse e di tempo che il cliente
non paga.
• Consegna : il cliente deve ricevere il prodotto nel momento stesso in cui gli serve.
Quindi l’azienda deve orientare la sua produzione al fine di garantire al cliente la
ricezione del prodotto nel momento giusto.
1.5 Concetto di cliente
Quando si parla di cliente, in logica Lean, non si intende soltanto il consumatore finale. Le
aziende tradizionali sono abituate ad attribuire al consumatore finale il concetto di cliente.
La filosofia snella si discosta da questo approccio comune e ritiene che il cliente non sia
solo colui a cui è destinato il prodotto finito ma anche le fasi stesse del processo in una
logica di flusso. Infatti, ogni fase del processo è considerata fornitore della fase successiva
e cliente della fase precedente. In tal caso, si parla di cliente interno. Quindi, un’azienda
Lean deve aver cura non solo dell’entità che effettivamente paga per il prodotto finito ma
anche dell’entità interna all’azienda stessa che contribuisce alla realizzazione del prodotto.
Un esempio per capire il concetto di cliente interno è riportato in seguito:
Si consideri il lavoro di un’officina che effettua riparazioni e manutenzioni automobilistiche.
Si distingue il seguente flusso di valore:
1. Fase di accettazione e valutazione del problema
2. Diagnosi
3. Organizzazione e pianificazione dell’intervento: ordine dei pezzi di ricambio
4. Intervento
5. Consegna automobile e descrizione dell’attività
6. Fattura
7. Incasso
Ad esempio, la fase di intervento sull’autovettura è cliente della fase che la precede, ossia
dell’ordine dei pezzi di ricambio. Chi si occupa, nell’officina, di organizzare l’intervento
deve prestare attenzione a ciò che per i responsabili dell’intervento è importante e ha
16
17. valore al fine di favorire il flusso ed eliminare le fonti di inibizione dello stesso. Se, ad
esempio, per l’addetto all’intervento è necessario che sia stilato un elenco dei pezzi di
ricambio ordinati, chi si occupa di pianificazione deve far in modo che tale documento
venga redatto poiché, in logica Lean, è un’attività a valore aggiunto per il cliente (interno).
1.6 Concetto di flusso
Una volta identificato ciò per cui il cliente è disposto a pagare, cioè il valore, è necessario
individuare qual è, e come si genera, il flusso di valore all’interno dell’azienda. Identificare
il flusso significa allineare le attività che, poste nella corretta sequenza, generano il valore
minimizzando l’impiego di risorse. Questa fase è proprio quella più complicata in quanto
richiede come prima cosa un “pensiero sistemico” (Lean CFO : Il controllo di gestione
snello p.40) cioè che l’intera azienda si coordini al fine di soddisfare le direttive del cliente,
ossia gli aspetti per i quali esso è disposto a pagare. Questo deve essere fatto con
l’obiettivo di mantenere lo stesso livello di produttività a prescindere dalle oscillazioni della
domanda. Il flusso è dunque l’insieme delle attività che generano valore aggiunto
necessarie ad accompagnare un bene attraverso le principali fasi del prodotto: dalla sua
ideazione al lancio di produzione. Questo con l’ottica di ottenere il valore richiesto dal
consumatore finale. Il Value Stream (o flusso di valore) deve coinvolgere l’azienda nella
sua globalità, quindi tutti i reparti dell’impresa devono lavorare in maniera coordinata e
assieme al fine di non far inibire il flusso. Questo significa che la struttura tradizionale
dell’azienda a “compartimenti stagni” non è adatta ad un’azienda Lean in quanto vengono
ad ergersi dei muri di comunicazione fra i vari dipartimenti facendo perdere all’impresa la
visione e l’obiettivo comune, inibendo il flusso di valore. Quindi, per un’azienda che vuole
diventare Lean è fondamentale che essa sia capace a far scorrere il flusso, cioè evitare
che si creino code, i cosiddetti colli di bottiglia; ciò significa riuscire ad equilibrare il
processo produttivo eliminando code di produzione, scorte a magazzino e ottimizzando i
tempi, minimizzando gli sprechi senza rinunciare alla qualità con l’obiettivo di fornire al
cliente un prodotto con l’esatto valore da lui richiesto. Per fare ciò è necessario mutare la
logica di produzione implementando una tecnica che, in gergo, viene definita one-piece-
flow, del tutto contrapposta alla logica “a lotti” (o batch processing) delle aziende
tradizionali.
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18. 1.6.1 Produrre One-Piece-Flow
La logica One-Piece-Flow (letteralmente un pezzo alla volta) prevede la produzione di un
solo pezzo alla volta lungo il processo produttivo. In questo modo, il flusso di valore
“fluisce” lungo la produzione, creando costanza ed uniformità nel lavoro. Quest’ottica è del
tutto contrapposta a quella tradizionale “a lotti” di lavorazione in cui ogni lotto prevede
delle macchine dedicate sempre più automatizzate ed operatori specializzati in una sola
fase del processo. La produzione a pezzo singolo, invece, è caratterizzata da macchine
meno complesse e modificabili in base alle esigenze disposte secondo le fasi del processo
e gli operatori non sono abilitati ad una sola fase del processo ma sono in grado di portare
a termine in completa autonomia tutte le fasi. Questa tecnica di flusso continuo risulta
essere il modo più efficiente di produrre in quanto permette di produrre soltanto ciò che è
necessario (cioè ciò che il cliente chiede), minimizzando le risorse, senza scorte e con la
massima flessibilità. L’adozione dell’One-PieceFllow porta ad innumerevoli vantaggi;
infatti, è dimostrato che meno materiale viene movimentato, più diminuiscono le potenziali
situazioni pericolose per i clienti, il tempo di produzione viene ridotto in quanto vengono
eliminati i tempi di attesa e i ritardi nella produzione caratterizzanti invece la logica “a lotti”,
si nota un evidente aumento della qualità del prodotto in quanto maneggiando un pezzo
per volta è più facile per l’operatore individuare difetti ed eventualmente correggerli in
corso d’opera e la quasi eliminazione delle scorte.
1.6.2 Il takt time
Nella filosofia Lean la produzione dovrebbe essere dettata da quello che è definito takt
time per far scorrere il Value Stream. Il takt time può essere pensato come il “battito
cardiaco” dell’azienda Lean. Nell’ottica snella, il takt time è il ritmo che la produzione deve
avere per soddisfare pienamente le esigenze del cliente e quindi per sincronizzare il flusso
con la domanda del mercato. Nella logica tradizionale, si dice che il consumatore chiede,
ad esempio, dieci pezzi al giorno. Ma questo comporta che la produzione dei pezzi
richiesti non sia distribuita uniformemente all’interno della giornata lavorativa. Per questa
ragione, nella logica Lean, invece, si dice che il cliente vuole un prodotto ogni venti minuti.
Questo significa che ogni venti minuti un pezzo completo deve essere fornito dalla linea di
produzione in quanto, in media, un cliente acquista un prodotto finito ogni venti minuti.
Nello specifico, il takt time può essere definito matematicamente come:
Takt time =
18
19. Il tempo disponibile per la produzione dovrebbe riflettere il numero totale di ore (o di
qualsiasi unità di tempo che viene utilizzata) di lavoro dei dipendenti meno il tempo
sprecato per eventuali interruzioni del processo. Le unità di prodotto richieste misurano la
domanda dei clienti, cioè il numero di prodotti che i clienti richiedono per un determinato
periodo di tempo.
1.6.3 Le 5S della Lean
Al fine di ottenere l’ottimizzazione degli standard di lavoro e un miglioramento delle
performance operative per far scorrere il flusso, parte integrante della filosofia Lean è
l’approccio metodologico delle 5S. Tale sistema permette di avere delle condizioni e un
ambiente di lavoro (il cosiddetto Gemba) organizzati, puliti che, mediante la disciplina,
favoriscono il flusso di valore. Le 5S stanno per le cinque parole giapponesi che
identificano ciascuna fase dell’approccio:
• Fase 1 - Seiri : Seiri significa scegliere e separare. Nello specifico, è la fase in cui si
osserva l’ambiente di lavoro e si identificano gli strumenti e le attività e si separano
quelle utili da quelle inutili. Pertanto, tutto ciò che non è essenziale non genera valore
ed è dunque uno spreco che va eliminato. Questo porta ad un numero minore di rischi
che possono interferire con l’organizzazione del lavoro.
• Fase 2 - Seiton : Seiton significa sistemare ed organizzare. In questa fase si pone il
focus sulla necessità di avere un posto di lavoro ordinato in modo da organizzare la
linea per favorire il flusso di valore. Ciò implica che tutti gli strumenti debbano essere
tenuti nel posto in cui verranno utilizzati affinché questi siano a portata di mano per
l’operatore ed evitare, dunque, sprechi di tempo ed eliminare spostamenti inutili.
• Fase 3 - Seiso : Seiso significa pulire. Indica la necessità di mantenere il posto di lavoro
sempre pulito ed ordinato ed è un’attività che non va fatta sporadicamente ma con una
certa frequenza, giorno dopo giorno. Ordine e pulizia a livello “fisico” corrispondono ad
ordine e pulizia a livello “mentale e organizzativo”.
• Fase 4 - Seiketsu : Seiketsu significa standardizzare e mantenere. Nello specifico,
indica la necessità di standardizzare le buone pratiche lavorative. Implica lavorare in un
modo consistente e standardizzato dove ognuno conosce qual è il suo ruolo e quali
sono le sue responsabilità.
• Fase 5 - Shitsuke : Shitsuke significa sostenere. Vuol dire che gli standard
implementati nelle fase precedenti devono essere mantenuti. Non bisogna quindi
permettere un declino verso i vecchi modi di operare.
19
20. 1.6.4 Produzione Just in Time
Il modo migliore per eliminare gli sprechi è il Just in Time. Il JIT significa consegnare al
cliente esattamente ciò che aveva chiesto, le momento giusto e nel posto giusto, nella
quantità giusta e con la qualità giusta. Solo in questo modo si ottimizza il flusso e si
eliminano gli sprechi. Per quanto visto finora, il Just in Time viene realizzato se si
rispettano il takt time, il One-Piece-Flow e la logica “pull”. Infatti, si è visto come la filosofia
Lean si basi sulla logica di produzione “tirata” dal cliente in cui è il consumatore finale a
“dettare le regole” all’azienda, non i fornitori. Pertanto, in quest’ottica, implementando il
takt time, una produzione per “pezzi alla volta” e tirata dal cliente, vi è la possibilità
concreta di eliminare e/o ridurre gli sprechi ottimizzando il flusso di valore.
1.7 I Muda : i sette sprechi
Nella filosofia Lean tutto ciò che non produce valore per il cliente ma che assorbe risorse è
definito muda cioè spreco. Il concetto di muda è fondamentale nell’approccio Lean in
quanto tutta la filosofia si fonda sull’identificazione degli sprechi all’interno
dell’organizzazione e sulla loro eliminazione. Infatti, è sorprendente che in un’azienda
tradizionale soltanto il 5% delle attività produca effettivamente valore, mentre il restante
95%, sia muda, cioè attività che non generano valore. Tutto ciò che viene utilizzato per
creare valore è giustificato, ciò che invece non crea ma distrugge valore è muda, ovvero
spreco.
Esistono due tipi di muda:
• Muda nascosti : sono quelle attività che richiedono l’utilizzo di risorse senza però
creare un valore diretto al cliente ma che risultano comunque necessarie per generare il
valore finale.
• Muda visibili : sono veri e propri sprechi in quanto comprendono tutte quelle attività
effettivamente inutili che dovrebbero essere eliminate in quanto non producono valore
aggiunto e assorbono risorse.
Quindi, non tutti i muda sono eliminabili; nello specifico, soltanto i muda visibili devono
essere eliminati, mentre quelli nascosti, nonostante non producano valore, essendo
necessari devono essere mantenuti.
Ohno andò a codificare i muda in sette tipologie, disposte dalla più “pesante” alla più
“leggera”:
20
21. 1. Sovrapproduzione
E’ considerato lo spreco peggiore. Significa che la produzione non è perfettamente
sincronizzata con la domanda del mercato e che dunque si producono più pezzi rispetto a
quanti effettivamente sono richiesti dal cliente. Questo comporta uno spreco di materiali,
risorse umane, spazio e tempo per la gestione e la produzione di pezzi non richiesti dal
cliente e quindi un aumento dei costi senza però procurare alcun valore aggiunto.
2. Scorte
Le materie prime, i materiali in corso e i prodotti finiti in eccesso che giacciono in
magazzino in attesa di una successiva lavorazione o vendita costituiscono uno spreco non
da poco. Infatti, il magazzino comporta un impiego di risorse in termini di personale, spazio
e tempo e di costi notevoli per la gestione delle scorte; queste infatti devono essere
conservate, trasportate e protette. Tutto il tempo in cui tali prodotti rimangono nel
magazzino inutilizzati non generano valore e più passa il tempo più c’è il rischio che
vadano incontro al fattore obsolescenza. Pertanto, la filosofia Lean è una filosofia che non
prevede la necessità di scorte in quanto quest’ultime non producono valore aggiunto e
perché un’azienda Lean deve produrre sempre e solo ciò che viene richiesto dal cliente e,
in quest’ottica, le scorte non sono necessarie.
3. Trasporti
Trasferire un prodotto comporta uno spreco da parte dell’azienda in quanto significa
rischiare che il prodotto venga danneggiato, smarrito e subisca ritardi. Inoltre, il trasporto
non reca alcun vantaggio aggiunto per il cliente e per tale ragione viene classificato come
muda.
4. Movimento
Per movimento si intende lo spostamento di risorse umane e macchinari, cioè tutto ciò che
comporta uno spostamento non relativo al prodotto. E’ da considerarsi uno spreco in
quanto movimenti non necessari e quindi inutili possono comportare a danneggiamenti,
usure ed altri eventuali rischi senza generare valore aggiunto per il cliente.
5. Processo
Nei processi di produzioni spesso si nascondono degli sprechi dovuti ad imprecisioni,
utilizzo di tecnologie e strumenti non adeguati. Ad esempio, l’operazione di ritocco è da
considerarsi uno spreco di processo in quanto vengono impiegate risorse, costi e tempo
21
22. per raffinare un prodotto il quale, nella mentalità Lean, non dovrebbe necessitare di
ritocchi. Pertanto, usare risorse più costose, effettuare operazioni superflue, operatori in
un numero maggiore rispetto a quello che serve per mancanza di organizzazione da parte
dell’azienda è da considerarsi uno spreco.
6. Difettosità
I difetti di fabbricazione e di lavorazione dei prodotti, gli errori di realizzazione e rifacimenti
o anche la produzione di parti di prodotto non necessarie sono da considerarsi uno
spreco. Di fatto, il difetto sul prodotto, dovuto ad un mancato raggiungimento dello
standard qualitativo da parte dell’azienda, non solo non porta valore aggiunto per il cliente
ma induce quest’ultimo ad essere insoddisfatto del servizio e/o prodotto fornitogli e
dunque a lamentarsi. La difettosità, inoltre, non riguarda soltanto quella percepita dal
cliente finale ma anche quella relativa al prodotto destinato al cliente interno all’azienda.
Infatti, ciò provoca un impiego di risorse per la rilavorazione del prodotto oppure uno
spreco di risorse vero e proprio per aver prodotto un pezzo che poi non potrà essere
venduto.
7. Attese
Le attese si riferiscono al tempo impiegato dai lavoratori nell’attesa di risorse o di un
evento successivo. Ogni volta che si devono aspettare strumenti o risorse umane si
genera uno spreco. Di fatto, uno spreco non è soltanto aspettare un materiale dal fornitore
ma anche l’attesa dell’operatore davanti un macchinario che aspetta che venga conclusa
una certa funzione. Tutti questi tempi “morti” non generano valore aggiunto al cliente che
quindi non è disposto a pagare per questo spreco di tempo e risorse che potrebbero
essere impiegate in altro modo.
22
1.2 Immagine illustrativa dei sette muda
23. CAPITOLO 2
Verso la Lean Accounting : i sistemi di controllo di gestione
“classici” ed i sistemi di controllo “snelli”
2.1 Il controllo è un esigenza naturale
Il controllo risponde ad un’esigenza naturale delle persone
Alla voce “controllare”, il vocabolario offre la seguente definizione: “esaminare qualcosa
attentamente per accertarne la regolarità, l'esattezza, la validità o il funzionamento” e, di
fatto, è quello che ogni individuo fa costantemente, giorno dopo giorno. Anche il banale
guardarsi allo specchio prima di uscire, è una forma di controllo; diventa un’azione
necessaria per valutare se si è “presentabili” per affrontare la giornata, la situazione o
l’evento imminente. Pertanto, da quando ci si alza alla mattina a quando si va a letto la
sera, il controllo è un elemento onnipresente nella routine quotidiana. Basti pensare a
quando si sale in auto; chi non controlla le luci, il livello di benzina, i freni, eventuali spie di
avvertimento e gli specchietti? Anche azioni semplici, quasi banali, normali ed automatiche
sono sottoposte a controlli frequenti. Per l’essere vivente il controllo è dunque un’azione
fondamentale e non avere la situazione “a portata di mano” può creare una percezione di
disagio che può precipitare anche nel panico. Da qui, la frase “avere tutto sotto controllo”.
Per questa ragione, si impiegano tante energie e sforzi per esercitare il controllo su se
stessi, sugli altri e sugli eventi. Quindi, se il controllo è un’esigenza naturale, perché in
azienda non vi è la stessa dedizione? Spesso la ragione è insita nella negligenza del
management che non ritaglia il tempo necessario al controllo (di solito poiché non lo ritiene
essenziale rispetto ad altre attività) o perché si è travolti dagli eventi o anche poiché non si
è in possesso della strumentazione adeguata. Resta il fatto, però, che il controllo è
un’attività assolutamente necessaria per avere un feedback che permetta di valutare se
l’azione o la decisione presa ha dato i risultati sperati e desiderati. Dunque, come si è
dediti a voler avere “tutto sotto controllo” nella vita di tutti i giorni, allo stesso modo bisogna
avere la cortezza di essere altrettanto zelanti in azienda.
Da quanto esposto, si evince che il controllo non è soltanto un’esigenza naturale ma
anche un’attività che deve essere svolta prima che l’azione venga compiuta.
23
24. 2.2 Sistemi di controllo a confronto
Come si è detto, all’interno della realtà aziendale avere sistemi di controllo efficaci ed
efficienti è essenziale per garantire sicurezza nella gestione. E’ opportuno che tali sistemi
permettano non tanto di effettuare azioni correttive a seguito di eventuali scostamenti ma è
necessario, piuttosto, che forniscano azioni per prevenire possibili deviazioni di rotta. Di
fatto, il controllo è una “guida” ed è fondamentale che le azioni correttive vengano poste in
essere prima che l’azione venga compiuta. Solo in questo modo è veramente possibile
fare del controllo un vantaggio strategico. I sistemi di controllo possono essere raggruppati
in tre grandi tipologie. Le prime due categorie rispondono ad una profonda esigenza che
caratterizza le aziende ossia la necessità di feedback. Tale bisogno ha lo scopo di valutare
eventuali scostamenti di risultati di un’attività rispetto alle aspettative e di intervenire in
caso che non vi sia perfetta corrispondenza fra di essi. Un feedback positivo afferma che
l’azienda sta procedendo nella direzione giusta, un feedback negativo comporta il
domandarsi dove si ha sbagliato e di prendere le adeguate misure per rimediare. Però,
come si nota, i sistemi di controllo che si basano sul feedback sono sistemi che
intervengono post action, ossia quando ormai l’azione è stata compiuta. Il vero “controllo
naturale” è quello che si svolge prima dell’azione. Un esempio molto banale ma
illuminante è il serbatoio dell’automobile. Generalmente, si procede al rifornimento prima
di rimanere a secco quindi si prendono azioni correttive prima che l’attività si svolga e il
problema si presenti. I comportamenti assunti dalle persone a fronte di situazioni di
“pericolo” dipendono dalla propensione delle stesse al rischio che la situazione non sia
perfettamente allineata con le attese che garantirebbero tranquillità. Quando si parla,
dunque, di sistemi di controllo basati sul feedback si definiscono i sistemi post-action
mentre, quando ci si riferisce a sistemi di controllo che agiscono prima che l’attività si
compia, si parla di sistemi ex-ante.
I sistemi di controllo ex-post si dividono in due categorie:
• Sistemi di controllo barriera
• Sistemi di controllo diagnostici
Mentre per sistemi di controllo ex-ante si intendono i sistemi steering control.
Sistemi di controllo barriera
I sistemi di controllo barriera sono considerati i sistemi di controllo più antichi e sono anche
detti yes-no control. Tali sistemi si caratterizzano per il ruolo di “blocchi d’azione” da essi
24
25. esercitato. Una definizione esaustiva di tali sistemi di controllo è quella riportata da
Simons: “sono utilizzati dai manager per fissare dei limiti ai comportamenti di ricerca delle
opportunità offerte dall’ambiente, quando tali comportamenti potrebbero causare pericoli
eccessivi per l’azienda”. Pertanto, l’effetto dei sistemi barriera è quello di impedire che
vengano svolte determinate attività, le quali potrebbero rivelarsi particolarmente dannose
per l’azienda; bloccano atteggiamenti che potrebbero essere lesivi per l’impresa. Tali
sistemi di controllo possono essere equiparati all’impianto frenante di un’auto: senza freni
l’auto è soggetta alla possibilità di schiantarsi e, più potente è la vettura, tanto più essa
avrà bisogno di un impianto frenante efficace ed efficiente. Lo stesso vale per i sistemi
barriera. Per presentare un esempio più inerente all’economia aziendale, il controllo dei
pezzi dopo il ciclo produttivo è un sistema di controllo barriera, così come il blocco delle
consegne ad esito di un pagamento insoluto; da tali esempi, si vede però come questi
sistemi siano post action. Infatti, se dal controllo a fine ciclo produttivo emerge un pezzo
difettoso, è possibile solo certificare tale fatto e prendere misure adeguate al fine di non
ripetere il medesimo errore in futuro. Ormai, però, il pezzo è difettoso e non è possibile
tornare indietro.
Sistemi di controllo diagnostici
Anche tali sistemi si realizzano a fine periodo ovvero quando l’azione è ormai conclusa.
Pertanto, anch’essi sono da ritenersi ex-post. Riportando, anche in questo caso, la
definizione di Simons : “I sistemi di controllo diagnostico sono i sistemi d’informazione
formale che i manager impiegano per controllare il lavoro dell’organizzazione e correggere
le deviazioni dagli standard di performance prestabiliti”. Tali sistemi di controllo si basano
su un meccanismo di feedback che permette il riallineamento della performance con gli
obiettivi prestabiliti. Esempi sono le statistiche del venduto, il bilancio di fine mese o il
numero di giorni di assenza dei dipendenti. Il problema di questo tipo di sistemi è sempre il
medesimo: vengono posti in essere dopo che l’azione di è già verificata. Pertanto, essi
permettono di individuare lo scostamento di un parametro ma non la causa dello
scostamento.
2.3 Il controllo strategico: lo Steering Control
Come si è percepito dai paragrafi precedenti, i sistemi di controllo più importanti e
maggiormente efficaci sono i sistemi di controllo ex-ante. Purtroppo, non sempre si
conoscono i rapporti di causa-effetto dei fenomeni che si vogliono controllare e quindi è
spesso ostico realizzare sistemi di controllo di questo tipo. Altre volte, invece, essendovi
25
26. troppe variabili in gioco, le relazioni di causalità sono difficilmente individuabili e quindi si
procede ricercando le analogie con altri fenomeni conosciuti e controllati. Quello che è
inoltre importante recepire è che, sebbene il controllo sia un’attività essenziale per la
sicurezza aziendale, non per questo è anche un processo semplice da mettere in pratica.
Infatti, è un’attività complessa che richiede sforzi ed energie. Ma, nonostante le difficoltà,
non bisogna arrendersi e rassegnarsi piuttosto si deve perseverare. Ovviamente, per
realizzare tali sistemi di controllo è fondamentale disporre degli strumenti adeguati (come
lo specchio alla mattina, il termometro per la temperatura o il cruscotto per l’automobile),
aver individuato misure adeguate per i fenomeni che si intendono controllare e avere dei
fenomeni di riferimento da utilizzare come campioni allo scopo di definire degli obiettivi da
raggiungere e dei limiti entro i quali le variabili che determinano i risultati devono rimanere.
Un esempio molto chiaro di sistemi di controllo ex-ante che mette in evidenza le pesanti
differenze fra tali sistemi e quelli ex post è quello del pilota di rally. Costui si avvale di un
navigatore, detto controller, per farsi guidare lungo la pista, impostare le curve in modo
corretto ed efficiente. Questo viene eseguito al fine di svolgere la curva alla perfezione ed
evitare di andare fuori strada tramite nozioni ed informazioni raccolte prima che la curva
venga effettuata. Quindi, il controllo viene svolto ex-ante o, anche, nel durante, ossia
mentre l’azione si sta svolgendo. Controllare significa, dunque, verificare che in futuro ci si
troverà in una determinata situazione (in genere quella desiderata) tramite la raccolta di
informazioni destinate al far in modo che tale situazione di realizzi. Di fatto, è proprio
questo tipo di controllo che è naturale per l’individuo: effettuare delle manovre al fine di
“pilotare il futuro” cercando di mettersi nelle condizioni adeguate al fine di veder realizzata
la situazione o la circostanza sperata. Perché ci si guarda allo specchio la mattina? Per
controllare se si è nelle condizioni migliori per affrontare la giornata ed evitare spiacevoli
situazioni durante un colloquio di lavoro, ad esempio, indossando capi di abbigliamento
inadeguati. Lo stesso tipo di approccio deve verificarsi in azienda e lo Steering Control è il
sistema di controllo più adatto a far in modo che ciò si realizzi.
2.4 I limiti del controllo di gestione “classico”
Le aziende che si basano su sistemi di controllo di gestione classici sono portate a seguire
delle logiche che approfondiscono fondamentalmente prospettive di carattere economico-
finanziario. D’altra parte, un’azienda che si affaccia alla strategia Lean deve cambiare
completamente le logiche di pianificazione e controllo in modo che queste vengano
rivalutate affinché si sincronizzino con la filosofia “snella”. Il primo passo verso la
26
27. riorganizzazione aziendale proiettata alla filosofia Lean è quello di mettere in discussione il
proprio modo di operare ed di sforzarsi nel pensare “differente”. Questo può essere
considerato uno dei limiti principali delle aziende, le quali con grande difficoltà accettano
l’inefficienza del proprio modo di agire e della propria organizzazione.
Un altro problema comune a molte imprese è quello di possedere sistemi di controllo
profondamente legati ad aspetti prettamente economici, i quali mettono in luce l’incapacità
a guidare nella maniera più efficiente possibile l’azienda. Pertanto, il controllo di gestione
classico è molto sbilanciato sul calcolo e sul monitoraggio di variabili monetarie e, a tale
scopo, utilizza soprattutto strumenti di contabilità quali conti economici, stati patrimoniali e,
più in generale report statistici economico finanziari. Ognuno di tali strumenti evidenzia in
maniera molto accurata le informazioni economico-finanziarie trascurando però altri aspetti
essenziali che hanno un grande impatto sull’organizzazione aziendale e sui risultati
annuali, aspetti che non hanno niente a che vedere con parametri monetari. Infatti, la
prospettiva economico-finanziaria è la cosiddetta “punta dell’iceberg” nell’organizzazione
aziendale; essa è, invero, figlia di processi interni all’azienda, del valore offerto al cliente,
dell’apprendimento e dello sviluppo. Tutti questi aspetti rappresentano la parte immersa
dell’iceberg e che non viene messa in luce dai sistemi di controllo classici, i quali, invece,
si focalizzano esclusivamente sulla parte minimale che emerge dall’acqua. Pertanto, per
fare Steering Control, cioè per passare dal sistema di controllo di gestione classico a
quello “snello” bisogna esplorare la parte sommersa dell’iceberg e misurare indicatori che
quasi mai sono grandezze economiche-finanziarie. Tale teoria del controllo di gestione è
stata profondamente segnata dalla figura di Kaplan con l’ideazione di uno strumento, la
Balanced Scorecard, che si dedica all’ispezione di prospettive legate al cliente, al
personale d’azienda, ai processi e all’apprendimento e alla crescita. Secondo Kaplan, più
si riescono a misurare gli asset intangibili fra prospettive non solo monetarie, più si riesce
a costruire un sistema di controllo interattivo, il quale verifica i risultati dell’azione prima
che essa venga svolta o comunque completata, consentendo rapidi interventi di
miglioramento, se necessari.
2.5 Cos’è la Lean Accounting?
La Lean Accounting è una nuova metodologia di controllo e misurazione delle
performance aziendali improntata sulla misurazione del valore visto secondo la prospettiva
del cliente (paragrafo 1.4), sulla semplicità e sulla strategia. E’ un sistema di controllo di
gestione coerente con le logiche Lean. Gli obiettivi di tale sistema di controllo prevedono
l’evidenziazione degli sprechi e la loro conseguente eliminazione, la liberazione di capacità
27
28. produttiva, la valorizzazione dei processi e, soprattutto, rendere tali processi chiari e
comprensibili a tutti i membri dell’azienda. Infatti, sono le persone a costituire la azienda;
questo significa che se anche solo un membro di essa non comprende appieno la
gestione di un’attività o gli obiettivi da raggiungere, è l’intera impresa a risentirne. La Lean
Accounting si discosta dai sistemi di controllo tradizionali, improntati fondamentalmente
sull’aspetto economico finanziario, promuovendo logiche e strumenti che toccano sfere
non solo prettamente legate alla natura monetaria dell’azienda. Ovviamente, presenta
anche degli strumenti per gestire la contabilità, vicini a quelli tradizionali, ma sempre
proiettati verso semplicità di comprensione e coerenza con le logiche Lean. Si pensi ad
esempio al magazzino: nelle aziende non snelle esso non è considerato un costo e, infatti,
viene inserito fra le attività nello stato patrimoniale. Non a caso, in quest’ottica, un’azienda
è da considerarsi tanto più performante quanto più magazzino essa possiede. La filosofia
Lean, invece, si discosta da questa idea e ritiene il magazzino un costo non da poco e non
essere in grado di gestirlo opportunamente può generare il muda più pericoloso: la
sovrapproduzione. Le scorte prevedono la necessità di energia elettrica, personale, spazi
e frequenti controlli; tutti costi che l’azienda deve sostenere. Quindi, come può il
magazzino non essere considerato un costo? Questa concezione emerge anche nella
struttura del conto economico Lean che, pur mantenendo formalmente quasi la medesima
struttura di quello tradizionale, prevede per il magazzino una profonda differenza. Infatti,
nel conto economico Lean non appare la voce “consumi” ma piuttosto quella di “acquisti”.
La ragione è da ricavarsi nel muda da sovracquisto: i consumi vengono formalmente
calcolati con la formula:
pertanto, se l’ufficio acquisti compra più materiale di quanto è necessario, di fatto, nel
conto economico non emerge lo spreco da sovracquisto, il quale dovrà essere rintracciato
esaminando lo stato patrimoniale. In un conto economico snello, invece, preferendo la
voce “acquisti” è immediato verificare se si ha acquistato più del necessario in quanto il
ROS (Return On Sales) ne risentirebbe.
La Lean Accounting si focalizza sul valore prodotto dall’azienda e sul modo in cui l’impresa
lo realizza; si parla di Value Stream, flusso di valore. Il concetto di flusso e di processo è
fondamentale in tale logica di controllo così come lo è nella filosofia snella. Infatti essa si
28
29. basa sul concetto di riduzione dello spreco con lo scopo di massimizzare la seguente
espressione:
L’obiettivo è quello di ottenere tale rapporto pari a 1: si ricava tanto quanto si investe.
Secondo la Lean, per mantenere il flusso di valore bisogna mantenere più possibile la
stabilità nei processi. Per “stabilità” si intende limitare la variabilità della domanda dei
clienti, dei tempi ciclo e ridurre e/o eliminare gli sprechi. Ma in che modo la Lean
Accounting soddisfa tali esigenze? Sostanzialmente, discostandosi in maniera notevole
dai sistemi di controllo di gestione classici, fornisce metodi e strumenti che permettono di
eliminare e gestire l’instabilità. Per rendere ciò possibile, è necessario impostare delle
logiche di controllo che vadano a monitorare i singoli processi. Di fatto, la Lean Accounting
fornisce un modello di misurazione e controllo che supporta l’introduzione delle
metodologie “snelle” per evidenziare informazioni al fine di prendere le decisioni più
opportune e che valuta l’impatto finanziario dei miglioramenti introdotti dalla Lean. E’
dunque un sistema di controllo di gestione che permette di “tradurre” i miglioramenti
ottenuti grazie all’applicazione della filosofia Lean in informazioni organizzative che
mettono in luce anche aspetti finanziari ed economici (ma non solo!).
2.6 I principi della Lean Accounting
Come si è visto nel paragrafo precedente, la Lean Accounting non è un sistema che sta in
piedi da solo ma necessita dei metodi proposti dal Lean Thinking e funziona soltanto
quando i processi “snelli” sono stabili. Pertanto, è fondamentale introdurre questo tipo di
controllo di gestione quando l’azienda ha già avviato radicali cambiamenti per passare alla
mentalità Lean a partire dal tipo di organizzazione aziendale impostata. Le aziende
tradizionali si basano su un’organizzazione di tipo divisionale che prevede che le varie
aree e funzioni aziendali lavorino senza nessun tipo di comunicazione interna tra elementi
appartenenti a centri operativi diversi. Questo tipo di organizzazione non è assolutamente
coerente con le logiche Lean che prediligono un’organizzazione di tipo orizzontale, detta a
matrice. Basandosi sulla struttura verticale, questa viene arricchita da collegamenti
orizzontali tramite figure come product manager e project manager, che permettono di
abbattere i muri di comunicazione interna favorendo il flusso di valore trasversalmente
29
30. all’azienda. Questo tipo di organizzazione permette di realizzare una rete di informazioni
che siano correlate tra loro e in modo tale che nessuna di queste induca a decisioni
contrarie alle linee guida definite dal top management. Si tratta di stabilire quali sono le
relazioni fra i vari livelli decisionali e mettere tali relazioni in luce tramite un sistema
semplice e comprensibile. Le informazioni possono essere aziendali (e quindi di interesse
globale per l’impresa), di reparto (e quindi focalizzate su prestazioni operative che devono
essere controllate frequentemente e su cui agire in maniera efficiente e rapida in caso di
indicatori che evidenziano uno scostamento) e di Value Stream. Quest’ultime informazioni
sono gestite per mezzo di parametri parziali su cui improntare il miglioramento
caratteristico della Lean tramite l’utilizzo del ciclo di Daming, Il PDCA. Esso permette di
gestire le idee e di risolvere i problemi cercando di proiettare il team verso il miglioramento
continuo. Garantisce di muoversi sempre in avanti, senza ripetere gli errori del passato e
senza dover ricominciare continuamente da zero.
Il ciclo è diviso in 4 fasi:
• Plan : si fissa un obiettivo di miglioramento e si formula un piano d’azione
specificando le attività da svolgere per realizzarlo
• Do : si formalizza e si implementa il piano d’azione
• Check : si verifica i risultati ottenuti per capire se hanno prodotto il miglioramento
atteso
• Act : se la fase di controllo ha avuto un feedback positivo, il cambiamento viene
consolidato e standardizzato altrimenti si formalizza ciò che si è appreso e si
ricomincia il ciclo
30
2.6.1 Immagine rappresentativa il ciclo PDCA
31. Una volta fissate le correlazioni presenti tra le varie informazioni che si intende gestire, è
opportuno costruire una logica di analisi e ripartizione dei costi finalizzata alla logica del
flusso di valore ripartendo i costi secondo un’impostazione a costi specifici di prodotto per
evidenziare i margini effettivi. Bisogna, inoltre, che il sistema individui di tutti i benefici e
che, dunque, oltre alla marginalità effettiva venga garantito la visibilità di tali benefici sul
flusso di cassa. Infine, la Lean Accounting si basa sulla velocità e la tempestività tramite la
rilevazione frequente dei dati al fine di agire preventivamente piuttosto che applicare azioni
correttive (agire prima che l’azione venga svolta). Tale sistema di controllo di gestione
permette di indirizzare le decisioni del management, sia a livello “macro” sia a livello molto
dettagliato, in modo da garantire l’assoluto orientamento ai principi della filosofia Lean. Nei
capitoli seguenti verranno esposti i due principali strumenti che permettono di realizzare la
Lean Accounting. Tali strumenti sono di supporto al management e garantiscono un
monitoraggio efficiente di parametri monetari e non monetari al fine di ovviare alle
limitazioni che caratterizzano i sistemi di controllo di gestione “classici”.
2.7 Implementare la Lean Accounting
Dopo un primo approfondimento su quali siano i principi della Lean Thinking e su cosa
tratti la Lean Accounting è opportuno valutare come implementare quest’ultima.
L’implementazione può essere scomposta in più fasi:
1. Avvicinamento ai principi della Lean e caccia agli sprechi
2. Introduzione e gestione dei Value Stream
3. Introduzione della Lean Accounting
Vediamo ora nel dettaglio ognuna delle precedenti fasi.
Avvicinamento ai principi della Lean e caccia agli sprechi
Il primo step per dirigersi verso la Lean Accounting è quello di far emergere in azienda la
necessità di cambiamento e la consapevolezza delle proprie debolezze e delle infinite
opportunità di miglioramento promosse da una mentalità tipicamente “snella”. In primis,
dunque, l’azienda nella sua interezza (dal Top Management all’operaio) deve
comprendere quali sono gli obiettivi che l’impresa si è prefissata, quali sono i problemi e
dove bisogna andare a migliorare e sforzarsi, soprattutto, a voler cambiare e procedere
verso il kaizen, il miglioramento continuo. A questo scopo, è necessario, in prima battuta,
individuare ed eliminare gli sprechi, cioè procedere con l’identificazione delle attività a
31
32. valore aggiunto e quelle non a valore aggiunto, proseguendo con la loro distinzione e poi
eliminazione dei muda Uno strumento adeguato e utile a tale scopo è la Value Stream
Map, di cui si discuterà nel dettaglio nei paragrafi 4.10 e 4.11, che permette di sezionare
l’azienda passando al microscopio tutte le attività che vengono svolte in essa e facendo
emergere gli sprechi che la caratterizzano, consentendo così di eliminarli o quanto meno
minimizzare il tempo da loro assorbito.
In un secondo momento, nella prima fase, è opportuno concentrarsi sulla rilevazione dei
dati che illustrano chiaramente quali sono le aree aziendali su cui è necessario lavorare
maggiormente, sull’analisi per coinvolgere tutto il team ad individuare possibili soluzioni e
sullo svolgimento delle primissime azioni di miglioramento.
Introduzione e gestione dei value stream
Come si è detto nei capitoli precedenti, con Value Stream si intende “flusso di valore” e lo
scopo di un’azienda Lean è quello di non inibire il flusso ma farlo scorrere in maniera
continua e senza interruzioni trasversalmente ad essa. Ed è per questa ragione che il tipo
di organizzazione appropriato è quello a matrice.
In tale fase, si procede con una riorganizzazione sistemica della produzione e di alcune
funzioni a supporto. Le aziende tradizionali, come si è visto, sono organizzate a
compartimenti stagni. Pertanto, tutti prodotti, in funzione del processo con il quale vengono
realizzati, attraversano i vari reparti aziendali con flussi di volta in volta diversi a seconda
delle isole coinvolte nei cicli di trasformazione. Questo comporta la grande difficoltà
nell’organizzare giornalmente nel modo migliore possibile i diversi ordini di produzione.
Questo tipo di organizzazione, del tutto incoerente con le logiche Lean, genera i cosiddetti
“colli di bottiglia” ovvero attese a monte di ogni fase e inoltre generano scorte imponenti
lungo tutti i flussi a causa della prassi (erronea!) di attendere la fine della lavorazione di un
intero lotto di produzione prima di portare i semilavorati nell’isola seguente per la
lavorazione successiva. Per questa ragione, nella seconda fase di implementazione della
Lean Accounting è fondamentale individuare i flussi di valore che attraversano l’azienda e
permettere che essi procedano ininterrottamente trasversalmente ad essa e senza
inibizioni. Pertanto, è necessario mutare le logiche di produzione passando dal cosiddetto
“Batch processing” (cioè produzione a lotti) al “One Piece Flow” di cui si è ampiamente
discusso nel paragrafo 1.6.1. Conseguentemente a tali analisi e sforzo di rivedere la
propria organizzazione, la separazione dei vari Value Stream e la loro diversificazione
gestionale permette di ottenere una gestione più focalizzata e molti benefici in termini di
32
33. maggior tempestività. Il passo successivo è quello di valutare come l’individuazione degli
sprechi e la separazione dei Value Stream impattano sulla competitività dell’azienda; ciò
perché è essenziale poter rendere fruttuosi gli sforzi organizzativi intrapresi. Inoltre, è
fondamentale valutare tutti gli eventuali miglioramenti futuri al fine di allocare le risorse
disponibili nella maniera più corretta e di privilegiare, a fronte di un sistema di controllo
condiviso da tutto il management, uno o l’altro Value Stream. Queste operazioni di
valutazione vengono eseguite tramite dei KPIs (o indicatori) che permettono di monitorare
e analizzare passo dopo passo dove l’azienda si sta dirigendo, se sta ottenendo i risultati
ambiti e dove eventualmente andare a migliorare. Per mezzo di cruscotti è dunque
possibile tenere sotto controllo tutti i Value Stream al fine che questi procedano
correttamente verso gli obiettivi strategici prefissati e senza interruzioni o inibizioni ma in
maniera continua con lo scopo di raggiungere il kaizen.
Introduzione della Lean Accounting
I sistemi di controllo tradizionali utilizzano costi standard e imputano prepotentemente i
costi di struttura e indiretti sul prodotto. Questi sistemi fanno uso di una mole di dati
enorme che permette, però, soltanto una verifica di eventuali scostamenti dei valori
standard. Ma, come si è detto, lo scopo della Lean Accounting è quello di proporre un
sistema di controllo ex ante che non valuti gli scostamenti ma li prevenga in quanto le
“azioni correttive” vengono applicate prima che lo scostamento stesso si verifichi. Per tale
33
2.7.1 Esempio di cruscotto di monitoraggio
34. ragione, in questa fase si costruisce una “mappa” di correlazioni fra i diversi livelli degli
obiettivi (strategici, di singolo reparto, di Value Stream e quant’altro), detta mappa
strategica (vedi paragrafo 3.2). I vari obiettivi devono però essere monitorati impostando
una reportistica che, aggregando e aggiungendo dati e rilevazioni settimanali o comunque
frequenti, permettono ai manager di essere più consci dei risultati complessivi dei value
stream. Vengono così monitorati i risultati di risposta del mercato, di efficienza ed
economici. Partendo dalle informazioni già disponibili si realizza un primo report che
incrocia efficienza e aggregazione dei costi. La possibilità di analizzare tale report
frequentemente permette di sensibilizzare maggiormente i manager alla Lean Accounting
e di poter individuare in maniera tempestiva quei valori che presentano degli scostamenti
dai valori attesi. Da tale report si passa così alla realizzazione di un conto economico
coerente con il pensare snello che ha come oggetto di calcolo i vari Value Stream.
In seguito è riportato un esempio di un conto economico Lean che permette di
comprendere come la Lean Accounting imposti la contabilità:
Infine, dopo aver valutato i costi dei Value Stream e misurato le performances tramite
indicatori di efficienza non prettamente monetari (si utilizzano strumenti con la Balanced
Scorecard del Capitolo 3), si formalizzano le informazioni ottenute tramite i cosiddetti box
score che sono dei report sintetici che riportano informazioni principali relative alle
performances aziendali operative, capacità produttiva disponibile e dati economici. Essi
forniscono una visione tridimensionale del Value Stream: operativa, finanziaria e di
capacità. I due punti di forza sono la potenza informativa e e la capacità di far da bridge tra
34
2.7.2 Conto economico snello
35. i punti di vista operations e finance, permettendo i manager di vedere le positive ricadute
economiche legate all’introduzione dei principi snelli all’organizzazione aziendale.
In seguito è riportato un esempio:
Analizzando tale report è possibile scorgere l’allineamento della Lean Accounting con gli
obiettivi della filosofia snella; infatti vi sono la valorizzazione dei benefici apportati dal Lean
Thinking, la tempestività delle informazioni e la conseguente facilità dei manager di
prendere decisioni “veloci” e la focalizzazione sui flussi di valore, pilastri portanti delle
logiche snelle.
35
2.7.3 Esempio di Box Score
2.7.3 Ulteriore esempio di Box Score
36. CAPITOLO 3
La Balanced Scorecard
3.1 Introduzione : il concetto di strategia
La strategia senza tattica è la via più tortuosa e faticosa verso la vittoria.
La tattica senza strategia è un vuoto chiacchiericcio prima della sconfitta.
Sun Tzu
L’arte della guerra
Per comprendere meglio l’argomento è necessario introdurre il concetto di strategia.
L'etimologia della parola "strategia" è greca e significa "l'arte del generale", cioè la
capacità di arrivare ad una visione d'insieme che permetta di prendere le decisioni più
corrette.
Il termine strategia è stato a lungo utilizzato in campo militare; infatti, le radici di questo
concetto risalgono al 500 a.c., all'epoca del cinese Sun Tzu che nel suo trattato "L'arte
della guerra" affermava che:
Un buon condottiero non dovrebbe mai affrontare una contesa senza prima avere ben
chiara la strategia da adottare
Molti concetti e teorie della strategia di business hanno i loro precedenti proprio nella
strategia militare e soltanto all’inizio degli anni ’60 il termine venne correttamente utilizzato
nelle discipline manageriali.
E’ fondamentale, pertanto, capire cosa si intende per strategia nell’ambito dell’economia
aziendale e della gestione di imprese. Non è possibile trovare una definizione univoca per
il termine “strategia” poiché il diffuso interesse verso questo concetto ha generato
un’ampia gamma di definizioni tanto da poter affermare che non esiste un’interpretazione
generalmente accettata.
Alfred Chandler afferma che la strategia è la determinazione degli obiettivi di lungo periodo
di un’impresa, l’attuazione delle linee di condotta e l’allocazione delle risorse necessarie
alla loro realizzazione.
Vittorio Coda (1988) ritiene che la strategia sia “il modello di ricerca del successo
imprenditoriale che l’impresa di fatto ha adottato o che intende adottare”. Secondo Coda,
la strategia di un’impresa può essere descritta attraverso l’analisi delle relazioni che si
generano tra cinque variabili:
36
37. 1. il sistema competitivo
2. il sistema prodotto
3. il sistema degli interlocutori sociali
4. l’insieme delle prospettive offerte e dei contriti richiesti agli stessi
5. la struttura dell’impresa
Successivamente all’analisi di queste variabili, la strategia definisce i rapporti fra l’impresa
e l’ambiente.
Si può dire, dunque, che la strategia di un’impresa è l’insieme di decisioni prese al fine di
impostare e coordinare le attività necessarie per il raggiungimento di un obiettivo, detto
mission aziendale. In genere, tale obiettivo ha anche lo scopo di costruire e difendere un
vantaggio competitivo nel lungo periodo. Per vantaggio competitivo si intende la serie di
attributi e di caratteristiche che aumentano la distanza fra un’impresa e quelli che ritiene
essere suoi concorrenti nel mercato in cui essa opera.
Per iniziare a capire e a declinare una strategia è necessario impostare i seguenti
momenti di “riflessione strategica” ossia il percorso logico fondamentale per la
formulazione di una strategia:
• Definire qual è la situazione attuale dell’impresa
• Definire qual è l’obiettivo che l’impresa vuole perseguire
• Definire in che modo tale obiettivo dovrà essere raggiunto
Necessariamente, una strategia deve formalizzare tali punti. In caso contrario, è più
opportuno parlare di tattica. Non a caso, infatti, sono state riportate le definizione di
strategia e di tattica di Sun Tzu, le quali non lasciano dubbi di interpretazione. Nello
specifico, la strategia può essere vista come la somma degli obiettivi di medio-lungo
termine che l’impresa si è proposta di raggiungere, la tattica è la “parte operativa” della
strategia, ossia la serie di attività e azioni mirate a raggiungere tali obiettivi.
L’individuazione, l’implementazione ed il monitoraggio delle strategia sono presupposti
essenziali nell’ambito del management, nonché attività fortemente orientate alla creazione
di valore.
Secondo Kaplan e Norton, l’esecuzione di una strategia ed il conseguente raggiungimento
degli obiettivi prefissati è dato dalla somma di tre componenti principali:
1. Descrizione della strategia
2. Misurazione della strategia
3. Gestione della strategia
37
38. La prima componente è stata ampiamente trattata ne “Mappe Strategiche: come
convertire i beni immateriali in risultati tangibili” (Kaplan e Norton, 2004) in cui gli obiettivi
strategici vengono collegati in una catena di relazioni causa-effetto in grado di rendere
visibili i temi strategici dell’azienda.
La seconda componente è stata anch’essa oggetto di una trattazione dal titolo “Balanced
Scorecard” (Kaplan e Norton, 1996) in cui gli obiettivi strategici vengono misurati non
soltanto attraverso prospettive economiche-finanziarie ma anche mediante altri punti di
vista non strettamente legati agli aspetti monetari. Vengono pertanto descritti strumenti
che permettono di misurare la strategia, quali la Balanced Scorecard, che sarà oggetto di
tale capitolo.
Infine, la terza componente riguarda la descrizione dei principi organizzativi da mettere in
atto se si vuole perseguire in maniera efficace ed efficiente il raggiungimento della mission
aziendale.
3.2 Le mappe strategiche : come visualizzare la Strategia
Non si può gestire ciò che non si può misurare e non si può misurare ciò che non si può
descrivere
Robert S. Kaplan
In Strategy maps, Kaplan e Norton individuano qual è per loro il significato di strategia.
Nello specifico, essi affermano che “la strategia di un’impresa descrive come questa
intende creare valore per i propri azionisti, clienti o cittadini”. L’impresa, inoltre, deve
misurare i parametri fondamentali che rappresentano la strategia finalizzata alla creazione
del valore a lungo termine. L’esperienza ha dimostrato, come è stato accennato nel
paragrafo 3.1, che non tutti hanno la medesima visione di cosa sia una strategia. Alcune
imprese, infatti, la delineano attraverso piani economici-finanziari mirati alla crescita dei
ricavi, altre focalizzano la propria strategia sul prodotto o sul servizio, altre ancora solo
sulla clientela. In generale, tali aziende hanno una visione prettamente mono-
dimensionale che fa perdere di vista l’importanza di avere una visione di insieme della
propria impresa. Quindi, il concetto di strategia, per Norton e Kaplan, riguarda l’impresa
nella sua globalità e non deve focalizzarsi unicamente su una sua “parte”.
Delineata la strategia, è fondamentale descrivere le strategie adottate e gli obiettivi
gestionali ad esse collegati mediante l’utilizzo delle cosiddette mappe strategiche, nelle
quali vengono creati dei rapporti di causa-effetto fra gli obiettivi prefissati e i temi strategici
e le attività (driver) necessarie per il soddisfacimento di questi. La rappresentazione di una
38
39. strategia per mezzo di schemi era di enorme importanza già nel XIX secolo quando lo
stratega Carl von Clausewitz affermò:
Il primo compito che qualsiasi teoria deve porsi è quello di chiarire i termini e i concetti
confusi […]. Solo dopo aver raggiunto un accordo su di essi possiamo sperare di
affrontare tematiche in modo facile e chiaro, nonché aspettarci di condividere lo stesso
punto del lettore
La Balanced Scorecard fornisce proprio uno schema di questo tipo e in essa vengono
individuate delle prospettive, per le quali, nelle mappe strategiche, è evidenziata una serie
di obiettivi, indicatori di performance ed attività strumentali ai processi di creazione del
valore per gli azionisti. A tale proposito, la caratteristica fondamentale delle mappe
strategiche è di rendere visibile la direzione che l’azienda vuole perseguire.
Quindi, uno degli scopi della mappa strategica è quello di esplicitare le ipotesi implicite
nella strategia, nonché i driver che conducono ai risultati strategici. Inoltre, come viene
sottolineato da Kaplan e da Norton, essa rappresenta uno schema di riferimento per
descrivere i temi strategici correlando beni materiali ed immateriali in processi, che
articolano la dinamica della strategia, volti alla creazione del valore nella prospettiva dei
processi interni ed in quella della crescita e dell’apprendimento.
Il processo di definizione delle mappe strategiche inizia con il definire la strategia legata al
raggiungimento di obiettivi economici-finanziari, i quali costituiscono la sintesi, espressa in
termini quantitativo-monetari, della capacità dell’organizzazione di creare valore.
3.2.1 La creazione del valore
La creazione del valore è legata alla crescita e alla produttività aziendale, nonché alla
soddisfazione del cliente, il quale influenza il fatturato. Per tale ragione, gli obiettivi della
prospettiva finanziaria e quelli della prospettiva della clientela sono fortemente collegati
nella definizione delle strategie. Nella creazione del valore è necessario evidenziare la
centralità dei processi interni e dell’apprendimento e crescita al fine di comprendere in che
modo l’azienda effettivamente intende creare il valore. Infatti, sono questi due fattori che
principalmente guidano la strategia e descrivono in che modo l’impresa andrà a
realizzarla. Come si è visto nel Capitolo 1, l’azienda deve necessariamente concentrare
tutti i propri sforzi e le proprie energie nei processi che generano valore e che si rivelano
39
40. essere i più critici per migliorare la produttività. Kaplan e Norton identificano quattro
macro-aree in cui racchiudere i suddetti processi interni:
• Processi gestionali operativi
• Processi di gestione della clientela
• Processi di innovazione
• Processi di regolazione e sociali
Ciascuna tipologia di processi interni apporta benefici in un lasso di tempo diverso. Nello
specifico, i processi gestionali operativi portano risultati in periodi di tempo più brevi
mentre quelli di regolazione e sociali richiedono molto più tempo rispetto le altre categorie
per mostrare risultati soddisfacenti. Le strategie dovrebbero includere almeno un tema
tratto da ciascuna delle quattro aree in quanto, in tal modo, l’impresa realizza benefici che
si manifestano gradualmente nel tempo, con una crescita sostenibile del valore per gli
azionisti.
I processi gestionali operativi
Si riferiscono ad aspetti legati all’efficienza, alla puntualità e alla qualità con cui il prodotto
e/o servizio viene erogato al cliente. In questo contesto, le aziende Lean basano su
parametri relativi al tempo, alla qualità e ai costi la verifica inerente al raggiungimento degli
obiettivi aziendali.
I processi di gestione della clientela
Riguardano tutte quelle attività atte a stabilire s fruttare le relazioni con il cliente al fine di
supportare il consumatore e risolvere sue eventuali problematiche. Sviluppare e
mantenere buoni rapporti va al di là degli aspetti economici-finanziari e significa, per
l’azienda, di disporre di partner fondamentali per la gestione dei miglioramenti di prodotto
e servizio. Se poi, l’azienda è un’azienda Lean, il partner in questione è proprio il cliente
che esprime le sue esigenze riguardo il prodotto/servizio ad esso fornito al fine di garantire
che l’azienda mantenga il proprio livello competitivo.
I processi di innovazione
Sono processi attraverso i quali l’azienda è in grado di monitorare la propria capacità di
creare valore a lungo termine, anche attraverso l’identificazione di nuovi mercati e nuovi
clienti a cui rivolgere la propria offerta.
40
41. I processi di regolazione e sociali
Attraverso di essi l’organizzazione deve conformarsi alle aspettative e alle norme sociali.
Sostanzialmente l’azienda deve tutelare la propria immagine e il proprio brand facendo in
modo che le proprie attività siano in linea con la comunità socio-economica di riferimento.
3.3 La Balanced Scorecard: descrizione e struttura
Come si è detto precedentemente, nella trattazione dal titolo “Balanced Scorecard” del
1996 Kaplan e Norton, presentano uno strumento in cui gli obiettivi strategici vengono
misurati non soltanto attraverso prospettive economiche-finanziarie ma anche mediante
altri punti di vista non strettamente legati agli aspetti monetari.
3.3.1 Cos’è la Balanced Scorecard
La Balanced Scorecard è uno strumento recente per il controllo manageriale in grado di
semplificare la traduzione della missione e delle strategie delle aziende in una serie di
indicatori di performance non strettamente legati agli aspetti economico-finanziari per
monitorare il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti. Fornisce, inoltre, un metodo di
misurazione delle variabili gestionali, dalle quali scaturisce il successo dell’impresa,
41
3.1 Esempio di mappa strategica
42. osservato da diversi punti di vista ossia tramite un’analisi multidimensionale. Ciò in
completa contrapposizione alle aziende tradizionali, le quali, invece, hanno una visione ad
una dimensione, dalla quale prescindono gli obiettivi aziendali. Tali variabili gestionali, pure
appartenendo ad aree diverse e nonostante siano di natura differente, sono considerate,
nella costruzione della Balanced Scorecard, nelle loro reciproche relazioni per poter
ricavare informazioni relative non solo riguardanti la situazione attuale dell’impresa ma
anche la sua proiezione nel medio/lungo termine.
Nel proporre lo strumento della BSC, gli autori Norton e Kaplan, mettono in evidenza
alcuni limiti principali dei sistemi tradizionali di misura e valutazione delle performance di
un’impresa; primo fra tutti il fatto che essi si basano principalmente su indicatori di
carattere economico-finanziario. Questa tipologia di indicatori, infatti, non è adeguata al
fine di valutare il percorso che le organizzazioni nel contesto odierno devono intraprendere
per creare valore in futuro. Infatti, i parametri finanziari descrivono in maniera eccellente
l’attività passata ma hanno un potere precario per il futuro. Inoltre, al giorno d’oggi, il
valore risiede nelle idee delle persone che lavorano, nelle relazioni con i clienti e con i
fornitori, nell’innovazione e nei processi interni, cioè ad attività che non sono correlate a
beni tangibili e, in quanto tali, non possono essere misurate tramite parametri monetari.
Segue che le prestazioni finanziarie tendono ad essere misurate nel breve periodo e
quindi spingono verso relazioni a breve termine che sacrificano le attività per la creazione
di valore a medio-lungo termine; tale approccio passa sotto il nome di miopia manageriale.
Infine, i parametri economici sono incapaci di comunicare la strategia e le priorità al
management e al personale.
La logica della Balanced Scorecard favorisce la diffusione e la comprensione delle
strategie all’interno dell’organizzazione aziendale; i dipendenti dei livelli più operativi
possono facilmente comprendere quali sono i risvolti economico-finanziari delle loro
decisioni e attività mentre i manager possono tenere sotto controllo i fattori in grado di
garantire e sostenere la competitività a lungo periodo. Pertanto, la BSC rappresenta la
traduzione della mission aziendale e della strategia in obiettivi e misure comprensibili a
tutti i membri del team, a tutti i livelli organizzativi.
3.3.2 Le quattro prospettive
La Balanced Scorecard traduce missione e strategia in una serie coerente di misure di
performance dal punto di vista delle prospettive di miglioramento: prende in
considerazione, cioè, alcune “prospettive” dalle quali è possibile apportare dei
miglioramenti alla performance complessiva dell’azienda; fornisce un linguaggio e una
42
43. struttura per comunicare missione e strategia ai dipendenti, informandoli dei driver di
successo attuali e futuri. “Le quattro prospettive delle BSC consentono di mantenere
l’equilibrio fra obiettivi a breve e lungo termine, fra esiti desiderati e driver della
performance di tali esiti, fra misure rigide e oggettive da un lato e misure flessibili e
soggettive dall’altro” (Balanced Scorecard: tradurre la strategia in azione, pag.34).
Le quattro prospettive sono le seguenti:
1. Prospettiva economico-finanziaria
2. Prospettiva della clientela
3. Prospettiva dei processi interni aziendali
4. Prospettiva dell’apprendimento e della crescita
La prospettiva economico-finanziaria
Le misure economico-finanziarie sono necessarie per valutare i risvolti economici di
decisioni già prese e azioni già svolte. Rispecchiano, inoltre, il traguardo a lungo termine di
un’impresa: fornire maggiori profitti rispetto il capitale investito. Gli obiettivi economico-
finanziari nello stadio del mantenimento si concentrano sulle misure tradizionali, come la
redditività degli investimenti, il reddito operativo o il risultato lordo industriale. Altri obiettivi
economico-finanziari pongono l’accento su un rapido incremento delle vendite e sul cash
flow.
43
3.3.2.1 Immagine illustrativa delle quattro prospettive della
44. La prospettiva della clientela
Le imprese individuano determinati segmenti di clientela a cui proporre i propri prodotti/
servizi. L’attenzione è focalizzata sulle performance dell’organizzazione percepite dai
clienti. Con tale prospettiva si è in grado di verificare che le misure che qualificano la
soddisfazione, la fedeltà, la conservazione, la redditività dei clienti siano in linea con i
segmenti di clientela prescelti. L’attenzione alle esigenze del cliente ha col tempo
acquistato sempre più importanza tanto che i manager devono essere in grado di tradurre
la missione e la strategia in obiettivi specifici legati al mercato e alla clientela. In questo
contesto, l’azienda deve monitorare tutti i driver legati alla soddisfazione della clientela di
riferimento; quindi, la prospettiva della clientela fornisce una serie di informazione in grado
di sintetizzare la percezione del cliente della capacità dell’azienda di aggiungere valore.
La prospettiva dei processi interni
In tale prospettiva vengono analizzati e monitorati quei processi che sono più rilevanti sulla
creazione di valore per il cliente e sul consolidamento delle relazione di mercato. E’ in
questo modo che si rivelano dei processi del tutto nuovi nei quali l’organizzazione deve
eccellere. Questi processi devono presentare proposte di valore capaci di attirare clienti
compresi nel segmento di clientela scelto dall’azienda e soddisfare le aspettative degli
azionisti di ottimi risultati economici. Si può presentare una catena di valore di base nella
preparazione della prospettiva dei processi aziendali. Essa comprende tre principali
processi di attività economica:
• Innovazione: il fattore ricerca e sviluppo è un processo interno aziendale essenziale.
E’ necessario eseguire una ricerca di mercato per conoscere le dimensioni del
mercato, le preferenze e i gusti dei clienti e individuare nuove opportunità e nuovi
mercati in cui operare.
• Processo operativo: è il processo che inizia con la ricezione dell’ordine da parte
dell’azienda e la consegna del servizio e/o prodotto al cliente. Si applicano tecniche di
management mirate all’ottimizzazione dei processi di ricezione degli ordini,
produzione, vendita e consegna; a tal fine, i parametri economico-finanziari sono
integrati con indicatori relativi alla qualità e al tempo di ciclo.
• Servizio postvendita: comprende le attività di riparazione, garanzia e correzione di
eventuali difetti. Vengono applicati a questi servizi indicatori di tempo e di costo per
valutare la rapidità di reazione agli imprevisti e l’efficienza dei servizi.
44
45. La prospettiva di apprendimento e crescita
Tale prospettiva ha lo scopo di fornire i driver necessari per abilitare le altre tre prospettive.
Se si intende raggiungere obiettivi ambizioni a lungo termine è necessario investire non
soltanto su impianti e ricerca e sviluppo ma anche sulle infrastrutture, rappresentate dalle
risorse umane, dai sistemi e dai processi. Pertanto, l’apprendimento e la crescita di
un’organizzazione possono essere monitorate attraverso indicatori come, ad esempio, il
livello di soddisfazione dei dipendenti e le ore di formazione; ma nell’ambito di tale
prospettiva si individuano tre aspetti fondamentali:
• La capacità del personale: al giorno d’oggi è necessario che le idee per attuare il
miglioramento continuo provengano direttamente dalle persone che lavorano in
azienda. Tale capacità è misurata tramite indicatori di soddisfazione del dipendente, di
fedeltà del personale e di produttività delle persone.
• La capacità dei sistemi informativi: misurata in termini di qualità e disponibilità in
tempo reale di informazioni rilevanti per i processi e le decisioni aziendali
• La motivazione, l’empowerment e l’allineamento: consente l’apprendimento e la
crescita e si focalizza sul clima organizzativo ideale che può favorire la motivazione e
lo spirito di iniziativa dei dipendenti.
3.3.3 Struttura della Balanced Scorecard
La costruzione della Balanced Scorecard può avvenire tramite un processo di tipo top-
down, anche se è fondamentale il coinvolgimento e la condivisione degli obiettivi strategici
a tutti i livelli aziendali. Come si è detto, la scheda ha il compito di tradurre la missione e la
strategia aziendali in obiettivi e misure tangibili garantendo l’equilibrio (balanced). Ma cosa
si intende per equilibrio? Nella BSC le misure di natura finanziaria e quelle di natura non
monetaria devono far parte del sistema informativo per i membri dell’azienda a tutti i livelli
45
3.3.2.2 Immagine illustrativa delle quattro prospettive della BSC
46. dell’organizzazione: coloro i quali sono maggiormente a contatto con il cliente e con il
pubblico devono comprendere le conseguenze finanziarie delle loro decisioni e azioni
mentre i manager aziendali devono capire i driver del successo economico-finanziario a
lungo termine. Pertanto, deve esserci un perfetto equilibrio fra misure esterne, rivolte ad
azionisti e clienti, e misure interne, rivolte all’azienda stessa e, nello specifico, che
descrivono i processi interni di innovazione, apprendimento e crescita. Inoltre, l’equilibrio è
misurato in termini temporali assicurando il bilanciamento tra le prestazioni di breve
termine, misurate attraverso i parametri monetari e quelle competitive sostenibili nel
tempo, descritte tramite indicatori di natura non prettamente finanziaria.
Ma le migliori BSC non sono soltanto una serie di KPIs (Key Performance Indicators);
infatti le misure che vengono eseguite devono anche essere collegate tra loro mediante
dei rapporti di causa-effetto che possono riguardare tutte le quattro prospettive della
Balanced Scorecard e si completano a vicenda. E’ possibile, quindi, costruire intere catene
di relazioni causa-effetto, sotto forma di un vettore che attraversa longitudinalmente le
quattro prospettive della scheda.
Un esempio è portato in seguito:
46
3.3.3.1 Immagine illustrativa di un esempio di catena di rapporti
causa-effetto
47. Per costruire una BSC è fondamentale seguire un percorso logico ben definito, il quale
deve essere chiaro al team aziendale intero e tutti i dipendenti, dal livello più basso a
quello più alto dell’organizzazione, devono essere a conoscenza della strada che l’azienda
ha deciso di intraprendere. Anzitutto, è necessario definire la vision e la mission aziendale,
cioè la proiezione dello scenario che l’impresa vuole “vedere” (da qui vision) nel futuro e
che rispecchia i suoi valori, i suoi ideali e le sue aspirazioni generali e lo scopo per il quale
l’azienda esiste, rispettivamente. Lo step successivo consiste nel determinare gli obiettivi a
cui l’azienda ambisce e le strategie finalizzate al raggiungimento degli obiettivi prefissati e
nella loro traduzione in imperativi di creazione di valore secondo le quattro prospettive
della BSC. Successivamente, dovranno essere identificati i fattori critici di successo, che
misurano i punti di forza dell’azienda, relativi al raggiungimento degli obiettivi di ciascuna
delle quattro prospettive. Verranno poi fissati i valori di target che l’impresa si prefigge di
raggiungere per ciascun parametro di performance misurato e ogni singolo obiettivo sarà
assegnato alla responsabilità di un manager che dovrà conseguirlo predisponendo
adeguati piani d’azione. Il modello così costituito non deve essere pensato in maniera
rigida; infatti, va adattato al campo di applicazione e alle caratteristiche del business.
Pertanto, risulta essere particolarmente flessibile.
47
3.3.3.2 Immagine raffigurante il modello logico di
costruzione della BSC
48. In seguito è riportato un esempio pratico di BSC:
3.3.4 Limiti della Balanced Scorecard
La Balanced Scorecard non è certamente un sistema perfetto. E’ un sistema aperto in
continua evoluzione, soggetto ad un miglioramento costante e, se utilizzato correttamente,
può contribuire in maniera determinante al successo di un’impresa. Infatti, al giorno d’oggi,
sempre di più una buona organizzazione aziendale è indice di successo nel mercato.
Il più grande pregio della BSC è quello di mettere al primo posto il fattore umano, sia
interno che esterno, che rappresenta i fattori distintivi su cui investire e che oggi sono
indispensabili. Sempre di più, è fondamentale investire sulle idee delle persone in quanto
sono tali idee che garantiscono il successo. Quindi, l’attenzione ricade sulle risorse
“invisibili” piuttosto che su nuove proposte di prodotto perché è su tali risorse che viene
garantito un vantaggio competitivo per l’azienda. D’altro canto, la Balanced Scorecard
presenta anche alcune limitazioni da formalizzare soprattutto nell’incapacità della maggior
parte delle aziende di adattarsi al cambiamento. Infatti, lo strumento obbliga il personale
ad inquadrare in modo differente la propria organizzazione e il proprio lavoro e porta a
pensare in modo strategico. Questo comporta sensibili mutamenti nell’organizzazione e
48
3.3.3.3 Immagine rappresentativa di un esempio pratico di BSC