2. In questo modulo :
Il sistema informativo direzionale
Confronto fra contabilità generale e direzionale
Le caratteristiche della contabilità gestionale
La classificazione dei costi
La break even analisys
Il diagramma di redditività
Giuseppe Albezzano
IISS Boselli Alberti Pertini
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3. Il sistema informativo direzionale
complessità
globalizzazione
competitività
Informazioni sempre più ampie e razionali
IMPRESA
Il sistema informativo direzionale è l’insieme dei processi, delle tecniche e degli strumenti con cui si
raccolgono, rappresentano, analizzano i dati e si interpretano le informazioni derivanti dalla loro
elaborazione, al fine di supportare le decisioni degli organi direttivi aziendali.
Giuseppe Albezzano
IISS Boselli Alberti Pertini
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4. Dal sistema informativo direzionale scaturisce la contabilità direzionale che si avvale dei seguenti
strumenti:
budget, come strumento di programmazione dell’attività;
contabilità gestionale, come strumento di controllo concomitante dell’esecuzione delle
operazioni;
contabilità generale, come strumento di controllo consuntivo dei risultati globali di gestione;
valutazione delle performance, come strumento di verifica e incentivazione per chi opera
nell’impresa;
reporting, come strumento di comunicazione interna.
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IISS Boselli Alberti Pertini
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5. Contabilità direzionale e contabilità generale
In antitesi con la contabilità generale, la contabilità direzionale:
1.
Ha più di uno scopo
2.
Non è sorretta da principi contabili generalmente accettati
3.
La sua tenuta non è obbligatoria
4.
È interessata a taluni aspetti anziché al complesso della attività aziendale
5.
Ha minore interesse per la precisione
6.
Costituisce una parte di altri processi
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6. 1. Finalità molteplici
L’obiettivo fondamentale della contabilità generale è quello di fornire informazioni a terzi
sull’andamento della gestione. Un unico corpo di principi (ad esempio IAS/IFRS) e un singolo
sistema (ad esempio il sistema del patrimonio e del risultato economico) sono adeguati a soddisfare
questo obiettivo.
L’obiettivo fondamentale della contabilità direzionale è quello di fornire informazioni utili alla
direzione. I responsabili della gestione aziendale hanno bisogno di informazioni per parecchi differenti
scopi: nella pianificazione, nella misurazione e valutazione dei prezzi di vendita, nell’analisi della scelta
fra più alternative. Le informazioni che sono valide per uno di questi scopi non lo sono per un altro, e i
dati per la contabilità gestionale devono pertanto essere raggruppati in molti diversi modi a seconda
dello scopo per cui vengono impiegati.
Ad esempio, il concetto di “costo” può avere un certo significato in relazione alla pianificazione ed un
risultato completamente diverso in relazione alla misurazione dei risultati.
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7. 2. Non è sorretta da principi contabili generalmente accettati
I dati della contabilità generale devono essere predisposti in conformità con i principi
contabili generalmente accettati. I “terzi”, che solitamente non hanno alcuna scelta dovendosi
accontentare dei dati così come l’impresa li fornisce, hanno il diritto di pretendere che le
informazioni che ricevono siano predisposte sulla base di definizioni e principi compresi da
entrambe le parti; altrimenti esse non sarebbero comprensibili.
Al contrario, la direzione può fissare tutte le regole e le definizioni che ritiene utili per i suoi
bisogni, senza preoccuparsi se esse si conformino o meno a determinati standard esterni.
Così, nella contabilità direzionale potrà interessare conoscere l’entità degli ordinativi di vendita
ricevuti, anche se questi non costituiscono per la contabilità generale operazioni di gestione;
oppure gli utili possono essere rilevati prima che i ricavi vengano realizzati, sebbene questo sia
un concetto incompatibile con i principi contabili generalmente accettati.
Il problema fondamentale della contabilità direzionale è quello che risponde alla domanda:
” L’informazione è utile?” anziché: “essa è conforme ai principi contabili generalmente
accettati?”.
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8. 3. È facoltativa
La contabilità generale (Coge) deve essere tenuta per legge.
Al contrario, la contabilità direzionale è del tutto facoltativa.
Nessuno all’esterno dell’impresa impone ciò che deve essere fatto.
In quanto opzionale, la raccolta di una qualsiasi informazione per la direzione è giustificata
soltanto se il suo valore supera il costo sostenuto per raccoglierla.
4. È interessata alle singole parti
Lo stato patrimoniale e il conto economico si riferiscono alla situazione complessiva
dell’impresa.
La maggior parte dei rendiconti di contabilità direzionale riguardano alcuni aspetti
dell’attività aziendale, cioè i reparti, i prodotti o singole funzioni.
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9. 5. Minore importanza alla precisione
La direzione ha bisogno di disporre di informazioni rapidamente, ed è spesso portata a
sacrificare la precisione per guadagnare in tempestività. Così, nella contabilità direzionale, le
approssimazioni sono utili o ancora più utili che le cifre calcolate sino all’ultimo centesimo.
6. È parte di altri processi, anziché fine a se stessa
La contabilità generale realizza in sé il suo fine.
Le informazioni di contabilità direzionale fanno parte di solito di un sistema più ampio.
I dati monetari della contabilità vengono impiegati insieme con i dati non monetari (ad esempio i
kilogrammi di materie prime, le ore di lavoro, le unità di prodotto), ed i dati storici della Coge
vengono impiegati per effettuare stime di ciò che accadrà in futuro (ad esempio i budget e le
previsioni).
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10. Elementi comuni tra contabilità generale e contabilità direzionale.
I principi in base ai quali la contabilità gestionale può essere considerata essenziale sono gli stessi di
quelli della contabilità generale: attinenza, oggettività e attendibilità. Tuttavia l’applicazione di tali
principi può portare a pratiche differenti.
Gli elementi comuni tra le due contabilità riguardano due ragioni fondamentali.
In primo luogo, le stesse considerazioni che rendono questi principi rilevanti per scopi di
contabilità generale è probabile si ritrovino per scopi di contabilità per la direzione. Ad
esempio, la direzione non deve essere spinta a rilevare utili inesistenti, ed è questa la stessa ragione
per cui la Coge si attiene ai principi della realizzazione dei ricavi e del costo.
In secondo luogo, il sistema di contabilità interna deve fornire dati utilizzati per la
preparazione dei bilanci. Si presuppone, perciò, che i dati base saranno raccolti in conformità con i
principi generalmente accettati di Coge, perché diversamente richiederebbero due sistemi separati.
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11. La contabilità gestionale
E’ quella parte del sistema informativo che consente di attuare il controllo della gestione nell’aspetto
economico, attraverso la rilevazione, la destinazione, l’analisi dei costi e dei ricavi.
Caratteristiche della contabilità gestionale
Ha per oggetto i fatti interni di gestione.
Misura i costi di prodotto.
Individua la struttura dei costi di prodotto.
Calcola risultati economici parziali.
A tal fine rileva i costi dei fattori produttivi nel momento in cui vengono utilizzati per la produzione e in
base alla loro destinazione a un oggetto (prodotto, processo, commessa, lotto, segmento di mercato,
ecc.)
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12. Scopi della contabilità gestionale
Definire i prezzi di vendita
Effettuare le valutazioni di fine esercizio (rimanenze di prodotti, costi da patrimonializzare, ecc.)
Orientare le decisioni correnti
Controllare l’efficienza dei fattori produttivi
Realizzare la programmazione
Supportare le valutazioni di rami d’azienda nelle operazioni di ristrutturazione
Il costo dei prodotti fabbricati non è più l’unica variabile del vantaggio competitivo, occorre considerare
anche la qualità e la tempestività nel soddisfare le esigenze del cliente. Per governare tutte le variabili
diventa necessaria oggi la gestione dei costi. Così i tradizionali sistemi di contabilità gestionale si
trasformano in moderni sistemi di cost management (o cost management value). Tali sistemi
analizzano tutti i processi gestionali, dalla pianificazione alla rendicontazione.
Poiché il valore creato dall’impresa è misurato dalla differenza tra il rendimento e il costo del capitale
investito, un’attenta gestione dei costi, consente di incrementare il valore creato dall’impresa.
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13. Il percorso logico
Per gestire i costi bisogna conoscere quali fattori li originano e quali relazioni li legano agli output
dell’impresa, pertanto bisogna procedere a:
Definire gli oggetti di cui si vogliono misurare costi, ricavi, risultati
Classificare i costi aziendali
Scegliere le modalità di calcolo
Individuare il momento di effettuazione del calcolo
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14. L’oggetto di misurazione (o oggetto di calcolo)
È l’entità di cui si vuole conoscere il costo e, ove possibile, il ricavo e il risultato economico
All’oggetto di misurazione vengono riferiti i costi dei fattori produttivi impiegati e delle attività svolte per
ottenerlo, nonché i ricavi che esso genera.
La scelta dell’oggetto di misurazione deve rispondere alle esigenze conoscitive dell’impresa e dipende
dai suoi fattori critici di successo.
Ad esempio, in un’impresa produttrice di mobili per la zona notte ha senso quantificare costi, ricavi e
margini della linea di prodotti “camera da letto modello Barbie” piuttosto che del singolo prodotto
“comodino Faggio” e “specchiera Murano”, poiché i clienti richiedono di regola la camera da letto
completa.
La scelta dell’oggetto di misurazione può privilegiare una prospettiva di tipo produttivo (il singolo
prodotto, la linea di prodotti, il processo produttivo, ecc.) oppure altre prospettive più sofisticate (i
canali distributivi, il sistema clienti, le aree strategiche d’affari, ecc.).
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15. La classificazione dei costi
Al termine “costo” si possono attribuire diversi significati.
Ad esempio appartengono alla contabilità generale il concetto di costo di un fattore produttivo
acquistato (onere che l’impresa sostiene ogni volta che acquista un fattore produttivo) e di costo di
competenza (costo del fattore produttivoi acquistato dall’impresa durante un periodo amministrativo).
Sono propri, invece, della contabilità gestionale i concetti di costo di un fattore produttivo impiegato
(valore attribuito al consumo di un fattore produttivo utilizzato per ottenere una fase produttiva,un
prodotto, una commessa) e di costo del prodotto (costo attribuito all’output del processo di
trasformazione fisico-tecnica).
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16. Costi effettivi e costi standard
A seconda dei dati in base ai quali si calcolano, i costi di distinguono in:
Costi effettivi: si determinano con riferimento a una specifica produzione già effettuata (costi
consuntivi) o da effettuare in futuro (costi previsti).
Costi standard: si determinano in base a un’ipotetica produzione, in funzione di condizioni poste alla
base dei calcoli; in altre parole, rappresentano i costi che l’impresa sosterrebbe se operasse nelle
condizioni ipotizzate.
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17. Costi specifici, comuni e generali
A seconda dell’oggetto per il quale sono stati impiegati i fattori produttivi consumati, i costi si distinguono in:
Costi specifici: sono i costi dei fattori produttivi e delle attività impiegati specificamente ed
esclusivamente per ottenere un oggetto. Per esempio i consumi della materia prima per ottenere un
prodotto.
Costi comuni: riguardano i fattori e le attività impiegati per svolgere più produzioni nello spazio o nel
tempo, ossia si riferiscono a più oggetti. La distinzione tra costi specifici e comuni dipende dall’ampiezza
dell’oggetto di costo: gli ammortamenti del reparto presse sono un costo specifico del reparto presse e
un costo comune rispetto alle produzioni in esso effettuate.
Costi generali: sono sostenuti per l’impresa nel suo complesso; possono riguardare l’attività produttiva,
commerciale o amministrativa. Ne sono esempi i costi degli organi sociali e le imposte dirette.
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18. Costi diretti e costi indiretti
A seconda del modo con cui i costi dei fattori impiegati sono riferiti all’oggetto di calcolo,
i costi si distinguono in:
Costi diretti: sono quei costi specifici che vengono riferiti a un dato oggetto in modo immediato, in
base ai consumi dei fattori produttivi e delle attività specificamente assorbiti dall’oggetto.
Costi indiretti: vengono suddivisi tra vari oggetti di calcolo in base a criteri soggettivi di ripartizione;
corrispondono ai costi comuni e generali e a quei costi specifici che non si è in grado o non si ritiene
conveniente misurare oggettivamente per riferirli direttamente all’oggetto.
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19. Costi reali e costi figurativi
A seconda dei fattori produttivi ai quali si riferiscono, i costi si distinguono in:
Costi reali: riguardano fattori produttivi ottenuti dall’impresa pagando un corrispettivo (beni
strumentali, compensi per prestazioni di lavoro dipendente o autonomo, interessi su capitali di debito,
ecc.).
Costi figurativi (o virtuali): sono relativi a fattori a disposizione dell’impresa, senza obbligo di
remunerazione (interessi di computo sul capitale proprio, compenso direzionale dell’imprenditore che
presta la sua attività di lavoro nell’impresa). Non sono costi realmente sostenuti, ma solo stimabili sulla
base delle remunerazioni che il titolare o i soci avrebbero percepito impiegando i capitali in investimenti
alternativi o che l’imprenditore avrebbe potuto percepire svolgendo la propria attività presso terzi.
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20. Costi preventivi e costi consuntivi
A seconda del momento in cui si effettua il calcolo, i costi si distinguono in:
Costi preventivi (o predeterminati): si calcolano con riferimento a una produzione futura, prima della
sua attuazione, per rendere possibile il successivo controllo o per orientare le decisioni aziendali;
possono essere costi previsti o costi standard.
Costi consuntivi: si calcolano con riferimento a una produzione già effettuata; il confronto con i costi
preventivi consente di misurare gli scostamenti e analizzarne le cause; servono inoltre per effettuare le
valutazioni e per calcolare risultati economici parziali.
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21. La variabilità dei costi
Nell’ambito della classificazione dei costi, quando si osserva la relazione esistente tra livello dei costi
e volume di produzione, i costi si distinguono in variabili, fissi, semivariabili o semifissi.
Costi variabili
Al variare delle quantità prodotte variano proporzionalmente (ad esempio il costo delle materie
prime). Si sostengono solo se si produce e in una misura che dipende dalle quantità prodotte.
Incidono sul costo unitario in misura costante.
Graficamente si rappresentano così:
€
CV = cv x q
cv = costo variabile unitario
1000
q = quantità prodotta
500
CV = costo variabile progressivo
0
200
Giuseppe Albezzano
400
600
800
q
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22. Costi fissi
Entro i limiti della capacità produttiva data, non variano al variare del volume di produzione.
Il loro ammontare dipende dalla struttura tecnico-organizzativa e dalla conseguente capacità
produttiva (ad esempio, il fitto di un capannone è indipendente dal numero di prodotti che all’interno
vengono fabbricati). Si sostengono anche in assenza di produzione perché sono costi di struttura
(o di capacità) sostenuti per mantenere in vita l’impresa e poter disporre di una certa capacità
produttiva, indipendentemente che essa sia sfruttata o dal suo grado di sfruttamento.
Incidono sul costo unitario del prodotto in misura decrescente rispetto alla quantità fabbricata.
CF = costi fissi
q = quantità prodotta
€
1000
CF
500
0
200
Giuseppe Albezzano
400
600
800
q
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23. Costi semivariabili o semifissi
Sono formati da una parte fissa, che si sostiene anche in assenza di produzione, e da una parte
variabile che si sostiene in funzione delle quantità prodotte (ad esempio, i contratti di fornitura
dell’energia elettrica prevedono una quota fissa indipendentemente dai consumi e una quota variabile
proporzionata ai kwh consumati).
Se prevale la componente fissa sono detti semifissi, se prevale quella variabile sono detti semivariabili.
CS = costi semivariabili
q = quantità prodotta
€
1000
CS
500
200
Giuseppe Albezzano
400
600
800
q
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24. Costi totali
Se i singoli elementi di costo si comportano secondo uno dei tre modelli indicati, allora il
costo totale, che è la somma dei costi fissi, dei costi variabili e dei costi semivariabili,
deve variare al variare del volume di produzione (ossia della quantità prodotta).
Poiché il costo semivariabile può essere suddiviso in componenti variabili e componenti fisse,
il comportamento dei costi totali può essere descritto in termini di due sole componenti: il costo
fisso e il costo variabile.
Non vi è pertanto nessuna necessità di considerare i costi semivariabili come categoria
separata; d’ora in poi considereremo soltanto le componenti fisse e quelle variabili.
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25. Ipotesi sui costi
Il grafico sottostante si basa su numerose ipotesi implicite relativamente al comportamento dei costi,
due delle quali verranno descritte qui di seguito.
Ipotesi lineare
Tutti i costi si comportano secondo uno dei tre modelli sopra descritti. In realtà, alcuni costi possono
variare a sbalzi. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’effetto di queste funzioni non lineari di costo
sui costi totali è minimo, e l’ipotesi che i costi generali totali variano in relazione lineare con il volume di
produzione è una approssimazione di lavoro abbastanza soddisfacente.
Variabile
€
1000
Semi
variabile
500
Fisso
200
Giuseppe Albezzano
400
600
800
q
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26. Ipotesi sui costi
L’ipotesi della costante linearità
I costi generali si muovono secondo una linea retta in relazione all’intera gamma di volumi di
produzione possibili. Ciò non è realistico. Ad esempio, ad un volume zero, quando lo stabilimento è
chiuso, agiscono particolari condizioni che possono rendere i costi totali più alti o più bassi dei € 500
indicati nel diagramma.
Quando la produzione raggiunge livelli così alti che è necessario un secondo turno di lavorazione, i
costi possono comportarsi in modo completamente diverso da quello relativo ad un solo turno.
Costo
In breve, una unica linea retta fornisce una buona approssimazione del comportamento dei costi
soltanto entro certi limiti di volume di produzione.
Volume di produzione
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27. L’equazione della retta dei costi
Come è già stato detto, il costo totale per ogni volume di quantità prodotta è la somma della
componente non variabile ( ad esempio costi fissi € 500) e della componente variabile (ad esempio
costi variabili € 1 per unità di prodotto).
Se ipotizziamo pari a 1.000 il numero di prodotti fabbricati (volume di produzione) in un determinato
periodo di tempo, i costi totali ammontano a € 500 + (€ 1 x 1.000 n° dei prodotti fabbricati) = € 1.500.
Indicando con y il costo totale, con x la quantità prodotta (volume di produzione), i costi fissi con a,
il costo variabile per unità di prodotto con b, il costo totale di ciascun volume di produzione può
essere ricavato dalla equazione:
y = a + bx
ma questa è semplicemente la formula generale di una retta.
Se sostituiamo ai simboli della formula i valori della nostra ipotesi otteniamo:
€ 1.500 = € 500 + € (1 x 1.000)
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28. Rappresentazione grafica dell’equazione della retta
Riprendendo i dati del nostro esempio, la rappresentazione grafica
dell’equazione y = a+bx sarà la seguente:
Costo totale (y)
Costo totale
Porzione
Variabile
1500
b
1000
500
Porzione
fissa
a
0
200
400
600
800
1000
Volume di produzione (x)
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29. Rappresentazione grafica dei costi variabili unitari
Si deve sottolineare che la retta che stiamo studiando mette in evidenza i costi totali corrispondenti ai
vari volumi di produzione. Questa retta non deve essere confusa con quella che mostra i costi totali
unitari.
Se i costi totali sono in relazione lineare con il volume di produzione, allora i costi unitari saranno
rappresentati da una curva, che mette in evidenza come i costi unitari diminuiscono con l’aumentare del
volume.
500 + (€ 1) (x)
Costo unitario =
x
Costo unitario
1,80
1,70
1,60
1,50
1,40
200
400
600
800
1000
1200
Volume di produzione (x)
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30. Il diagramma del punto di equilibrio
Il diagramma del costo – volume di produzione può essere trasformato in un utile strumento di
analisi detto diagramma del punto di equilibrio o diagramma di redditività, aggiungendovi la retta
dei ricavi, così che tale diagramma di redditività mette in evidenza la presunta relazione tra i costi e
i ricavi ai vari volumi di produzione.
Abbiamo già enunciato l’equazione della retta dei costi totali:
y = a+bx
Dove y = Costi Totali; a = Costi Fissi; b = Costo variabile unitario; x = volume di produzione.
Per cui:
CT = CF + cvx
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31. La retta dei ricavi viene tracciata nell’ipotesi che il prezzo unitario di vendita rimanga costante.
Supponendo che il volume di produzione debba essere misurato in unità di prodotto, e che il prezzo
unitario di vendita sia indicato con p, il ricavo totale (y) per ciascun volume (x) è uguale al prezzo
unitario di vendita (p) per il numero di unità del volume (x); oppure, y = px.
Ad esempio, se il prezzo unitario di vendita è € 2, il ricavo totale per 1.000 unità, sarà € 2.000.
Ossia R = px
Dove R = ricavo totale; p = prezzo di vendita unitario; x = volume di produzione.
In corrispondenza al volume di equilibrio, i costi sono uguali ai ricavi:
px = a + bx
in altri termini:
R = CF + CV
Dove R = ricavi totali, ossia px; CF = costi fissi ossia a; CV = costi variabili unitari moltiplicati per il
volume di produzione, ossia cvx
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32. Si supponga che:
Costi fissi = € 500
Costi variabili = € 1 per unità
Volume di produzione = 1.000 unità
Prezzo di vendita = € 2 per unità
In tal caso, i costi totali corrispondenti al volume di produzione saranno € 500 (costi fissi) più € 1.000
(costi variabili), oppure € 1.500.
Il costo unitario del prodotto sarà pertanto € 1.500 : 1.000 unità, cioè € 1,50 per unità.
Al prezzo di vendita unitario di € 2, il profitto normale sarà di € 0,50 per unità.
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33. Calcolo del volume di equilibrio
Costo totale e ricavo totale (y)
Il volume di equilibrio è quel volume in corrispondenza del quale i costi sono uguali ai ricavi.
Poiché i ricavi (y) ad ogni determinato volume (x) sono
y = px
ed i costi (y) sono
y = a + bx
e dal momento che in corrispondenza del volume di equilibrio
si ha ricavi = costi;
a
pertanto il volume di equilibrio è quel volume per cui
px = a + bx cioè x =
p-b
2000
Reddito previsto
1500
Are
to
rofit
el p
ad
1000
Costo previsto
ita
erd
p
ella
ad
Are
500
500
0
200
400
600
800
1000
Volume di produzione (x)
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34. Se x è il volume di equilibrio, allora, si ha:
€ 2x = € 500 + € 1x
2x – 1x = 500
x(2 -1) = 500
500
x=
2–1
x = 500 volume di equilibrio
Al volume di equilibrio di 500 unità, i ricavi sono uguali a 500 unità per € 2 per unità, cioè € 1.000,
ed i costi sono uguali a € 500 + (500 unità per € 1 per unità), cioè anche € 1.000.
Dalle relazioni dei costi e dei ricavi in rapporto ai vari volumi, può trarsi un’importante conclusione:
sebbene il profitto unitario sia di € 0,50, esso potrà essere realizzato solo in corrispondenza del
volume normale. A livelli più bassi di volume il profitto unitario sarà minore di € 0,50, e a livelli più
alti sarà maggiore di € 0,50. la relazione tra costi, ricavi e volume può essere riassunta nella
seguente affermazione: per ciascuna variazione di una unità di volume, il profitto varierà di € 1.
Tale importo di € 1 costituisce il reddito marginale, cioè la differenza tra il prezzo di vendita e il
costo variabile unitario.
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35. Un esempio
La Assio srl, che produce un piccolo elettrodomestico, ha una capacità produttiva di 120.000 unità
e costi fissi annui per € 1.012.500. i costi variabili ammontano a € 35 per unità di prodotto,
venduto al prezzo di € 60.
Presentiamo: il diagramma di redditività, il calcolo del punto di equilibrio, il calcolo del risultato
economico derivante dalla vendita di 108.000 unità.
Abbiamo:
Costi Fissi = CF = 1.012.500
Costi variabili progressivi = CV = cvx = 35*x
Costi Totali = CT = CF + CV = 1.012.500 + 35*x
Ricavi Totali = RT = px = 60*x
Il punto di equilibrio si ottiene quando si verifica l’uguaglianza RT = CT (intersezione tra le sue rette)
e si calcola risolvendo l’equazione:
CF
da cui x =
p * x = CF + cv*x
p-cv
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36. Nell’esempio considerato si ha: 60x = 1.012.500 + 35x
Da cui si ottiene:
60x – 35x = 1.012.500
x(60 – 35) = 1.012.500
1.012.500
da cui x =
= 40.500 unità
25
L’impresa raggiunge l’equilibrio tra costi e ricavi con la vendita di 40.500 prodotti; per quantità inferiori è
in perdita; con quantità superiori è in utile.
Il break even point è raggiunto in corrispondenza a uno sfruttamento della capacità produttiva del
33,75%, così calcolato:
Volume di equilibrio
40.500
x 100 =
Capacità produttiva
Giuseppe Albezzano
x 100 = 33,75%
120.000
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37. Costo totale e ricavo totale (y)
Diagramma di redditività
RT
7.200.000
Punto di equilibrio
5.212.500
to
rofit
el p
ad
CT
Are
= CF + CV
2.430.000
1.012.500
0
ad
Are
ta
rdi
pe
ella
CF
40.500
120.000
Volume di produzione (x)
Giuseppe Albezzano
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38. Calcoliamo ora il risultato economico che si può ottenere con la produzione e la vendita di 108.000
prodotti. Se indichiamo con RE il risultato economico, possiamo scrivere la seguente relazione:
RE = RT – CT
corrispondente a:
RE = px – (CF + cvx)
Che, nel caso considerato, diventa:
Re = 60 * 108.000 – (1.012.500 + 35 * 108.000)
Da cui si ottiene:
RE = € (6.480.000 – 4.792.000) = € 1.687.500,00 reddito conseguito
Giuseppe Albezzano
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39. Calcolo del break even point in termini di fatturato
Il conto economico di un’impresa multiprodotto presenta ricavi delle vendite per € 1.860.000, costi
variabili per € 1.078.800 e costi fissi per € 667.800. Determiniamo il break even point in termini di
fatturato e tracciamo il diagramma di redditività. Calcoliamo inoltre il risultato economico che l’impresa
conseguirebbe se realizzasse € 800.000 di ricavi di vendita.
Posto che il punto di equilibrio si ha quando RT = CF + CV, per determinare il fatturato di equilibrio è
necessario esprimere il costo variabile in termini di fatturato ossia calcolare il costo variabile di
ogni euro venduto (cv’):
CV
cv’ =
da cui CV = cv’*RT
RT
Quindi nell’equazione che esprime il pareggio:
RT = CF + cv’*RT
RT - cv’*RT = CF
CF
(1 – cv’) * RT = CF da cui RT =
1 – cv’
fatturato di equilibrio
L’espressione a denominatore (1 – cv’) costituisce il margine unitario di contribuzione con cui ogni
euro di vendite partecipa alla copertura dei costi fissi.
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40. Nel nostro esempio:
1.078.800
cv’ =
= € 0,58
1.860.000
costo variabile per ogni euro venduto
667.800
RT =
= € 1.590.000 fatturato di equilibrio
1 – 0,58
RT
€
CT
Punto di equilibrio
1.590.000
CF
667.800
0
1.590.000
fatturato di equilibrio
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€
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41. Calcoliamo ora il risultato economico nell’ipotesi che RT = 800.000
Cv = 0,58 * 800.000 = € 464.000 costi variabili totali
Poiché RE = RT – CT si ha:
RE = 800.000 – 464.000 – 667.000 = € - 331.000 perdita.
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42. Osservazioni sul diagramma di redditività
Dal diagramma di redditività si possono trarre le seguenti osservazioni:
A. Per coprire i costi è necessario raggiungere un volume di attività pari a quello indicato dal
punto di equilibrio; solo con un volume superiore a quello corrispondente al punto di
equilibrio si realizza un utile.
B. Le imprese che hanno elevati costi fissi (tipicamente le imprese di servizi e, in misura
minore, le imprese industriali) presentano un punto di equilibrio molto alto e una gestione
rigida: se si manifestano consistenti contrazioni delle vendite e di conseguenza dei ricavi,
non potendo ridurre i costi fissi, possono facilmente cadere in aree di perdita.
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43. La break even analysis
Consente di stabilire come si modifica il risultato aziendale se varia:
a) L’importo dei costi variabili unitari
b) La quantità prodotta e venduta
c) Il livello dei prezzi di vendita
d) La struttura organizzativa (con conseguente variazione dei costi fissi)
Con essa si è in grado di determinare:
i.
Quale ammontare dei ricavi (o quale livello di quantità vendute) deve essere raggiunto perchè
l’impresa raggiunga un prefissato risultato economico.
ii. O di quanto è possibile subire la compressione dei ricavi prima che l’impresa operi in perdita.
L’individuazione del pareggio è molto utile se collegata alla dimensione temporale della gestione poiché
consente di individuare l’epoca idonea per attuare operazioni di incentivazione , sconti, promozioni:
Quando nel corso dell’anno si è certi di aver raggiunto il punto di pareggio, si possono attuare politiche
commerciali aggressive.
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44. Limiti dell’impiego dl diagramma di redditività
1.
Non sempre i costi variabili e i ricavi variano linearmente; quando ciò non avviene
dovrebbero essere studiate funzioni matematiche diverse dalle rette.
2.
Le quantità prodotte sono ipotizzate uguali a quelle vendute, prescindendo dalle esistenze
iniziali e dalle rimanenze finali che nella realtà esistono e spesso non hanno importo
coincidente.
3.
Il diagramma costituisce un modello eccessivamente semplificato per le imprese
multiprodotto.
4.
La distinzione tra costi fissi e costi variabili non sempre è facile e le difficoltà crescono al
crescere della complessità aziendale.
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45. Commessa
È un prodotto spazialmente precisato (nave, edificio, impianto, ecc.) che si distingue per
caratteristiche fisiche, tecniche e qualitative. È l’output delle imprese a produzioni singole. Se
la produzione richiede tempi superiori all’anno si parla di commessa pluriennale, in caso
contrario di commessa corrente.
Lotto
È un insieme di prodotti fabbricati in serie che, rispetto ad un modello base, presentano alcune
caratteristiche comuni e alcune differenze . Un esempio tipico di lotto è quello dell’industria
automobilistica in cui accanto ad un modello base, si affiancano modelli con caratteristiche
(optional) differenti.
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46. Ho l’impressione che
dovrò mettermi a studiare……
FINE
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47. BIBLIOGRAFIA
Robert N. Anthony “Principi di contabilità aziendale” ETASLIBRI Milano 1990
Astolfi, Barale & Ricci “Entriamo in azienda 3 imprese industriali, sistema
Informativo di bilancio e imposizione fiscale” Tomo 1 Tramontana editore
Milano 2006
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