Presentazioni Efficaci e lezioni di Educazione Civica
La Volontã come direzione verticale
1. La Volontà come direzione verticale
HOMINES SUNT VOLUNTATES (S. Agostino).
Tu separerai il sottile dal denso con grande abilità (Ermete Trismegisto)
Il concetto di volontà è trascurato dalla generalità delle teorie psicologiche, spesso associato ad
uno sforzo razionale o alla caparbietà nel raggiungere un obiettivo, ha in realtà un significato assai
più articolato e complesso
La volontà è infatti coinvolta in ogni processo di cambiamento. Nell’arco della nostra vita
potremmo esserci trovati in un periodo buio in cui abbiamo sentito l’esigenza di cambiare
qualcosa per tornare a stare meglio, oppure potremmo essere incappati in una situazione di
pericolo in cui abbiamo messo in campo delle forze che non immaginavamo di avere. Nell'ottica
psicodinamica la forza di volontà è una funzione psichica che si può educare, ma anche acquisire
spontaneamente a seguito di un evento esistenziale che ne abbia provocato l'attivazione,
superando ogni progetto della mente razionale.
Nella Psicosintesi di Roberto Assagioli la volontà ha un significato preminente, in quanto diretta
espressione dell'Io e principio organizzatore di ogni scelta e direzione esistenziale:
“La funzione della volontà è simile a quella del timoniere di una nave. Sa quale deve essere la rotta
della nave, e la mantiene con fermezza, nonostante le sbandate causate dal vento e dalla corrente”
(R. Assagioli, L'atto di volontà )
La volontà possiede una carica energetica che aiuta a superare i conflitti e le difficoltà,
paradossalmente sono gli ostacoli ad attivare tale risorsa la cui origine è "non concettuale",
ovvero non passibile di analisi e controllo, ma prevalentemente emozionale e inconscia.
La volontà dirige infatti l'esecuzione, ma non la produce con uno sforzo consapevole. Nella
comprensione del concetto è di ostacolo l'equivoco del tutto occidentale che attribuisce alla
volontà un carattere di controllo sulla realtà aggressivo ed auto-affermativo, trascurandone gli
aspetti di accettazione e di abbandono. La confusione tra volontà e determinazione è piuttosto
comune e in parte causata da malintesi culturali. Nel pensiero di Assagioli l'atto di volontà arriva
ad assumere scopi che trascendono le motivazioni egoiche fino a "con-fluire" in una finalità
superiore di carattere transpersonale. Nell’atto di volontà siamo consapevoli di noi stessi, del
nostro potenziale e dei nostri limiti e, accogliendo il tutto, possiamo andare verso l’alto,
percorrendo una perigliosa via verticale, la cui meta coincide con una profonda trasformazione e
armonizzazione psichica. La volontà, per Assagioli, appartiene a una dimensione interiore che non
è univoca, poichè ogni elemento psichico è portatore di una sua propria volontà parziale, spesso
derivante da elementi collettivi. L’Io deve allora confrontarsi con le volontà di natura collettiva
che lo compongono e affrontare un cammino di discernimento e consapevolezza. Non è inoltre
possibile differenziare la volontà personale da quella sociale-collettiva se non si è pronti a
percepire ed accogliere una dimensione transpersonale, della quale la volontà personale non è
che un riflesso.
Le volontà pre-personali si distinguono per essere collettive,impersonali, inconsce e veicolate da
elementi psichicici. Esse sono agite da soggetti esterni allo spazio psichico individuale, mentre la
volontà personale si caratterizza per il fatto di essere individuale, e posta all’interno dello spazio
psichico.
2. Le volontà transpersonali si caratterizzano invece per avere entrambe le caratteristiche
precedenti, nel senso cioè che sono sia individuali che collettive..
La volontà personale è consapevole e libera, può cioè scegliere la propria direzione
che tuttavia resta arbitraria finchè non riconosce se stessa come riflesso spazio-temporale di
una più ampia volontà transpersonale.
L'atto di volontà teorizzato dalla psicosintesi di Assagioli implica dunque una direzione verticale e
può essere assimilato alla via individuationis della psicologia analitica di Carl Gustav Jung: il
percorso che l'Io deve compiere per differenziarsi dai modelli dell'inconscio collettivo ed
integrare il Sè trascendente.
Il passaggio dagli psichismi pre-personali collettivi alla volontà personale, diretta dall'interno e
dall'"alto", avviene grazie ad un conflitto o crisi interiore che pone al soggetto l'urgenza di
attribuire un significato più profondo alla propria esistenza, generando l'energia psichica
necessaria ad affrontare un cammino verticale alla ricerca del Senso. La volontà per la
psicosintesi è sostanzialmente uno strumento di integrazione del Sè .
Tale visione, come già detto, si sposa felicemente con quella junghiana del Processo di
Individuazione, particolarmente nell' interpretazione di Ernst Bernhard, promulgatore della
Psicologia Analitica in Italia, nel cui pensiero è determinante il concetto di entelechia, mutuato dal
biologo e filosofo tedesco Hans Driesch.
Entelécheia è il termine usato da Aristotele per indicare la sua concezione filosofica di una realtà
che ha potenzialmente in se stessa la meta finale verso cui tende ad evolversi. È infatti composto
dai vocaboli en e telos, che in greco significano "dentro" e "scopo", a significare una sorta di
"finalità interna". La dottrina neovitalistica di Driesch affermava l'esistenza di un principio
organico individuale avente in sè il germe dell'organismo futuro completamente sviluppato,
un'energia e finalità immanente all'intero cosmo, non riducibile al solo piano fisico-chimico, ma
principio vitale emergente rispetto alla semplice causalità meccanica.
Secondo Carl Gustav Jung: "L'individuazione è in generale il processo di formazione e di
caratterizzazione dei singoli individui, e in particolare lo sviluppo dell'individuo psicologico come
essere distinto dalla generalità, dalla psicologia collettiva. L'individuazione è quindi un processo di
differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale" (da: ‘Tipi psicologici’
1920). Ogni individuo ha una propria specificità, è irripetibile e diverso da ogni altro e questa sua
unicità egli deve sviluppare e realizzare differenziandosi progressivamente, a seconda delle fasi di
vita, dai modelli collettivi e dalle pressioni della società. Attraverso la famiglia,l'educazione
ricevuta e le evenienze che incontra nella vita spesso l'individuo interiorizza e diviene quello che
tutte queste altre istanze vogliono fare di lui. Parti estranee al suo essere si innestano sulla sua
individualità originale, crescono e si sviluppano in lui come elementi che non gli appartengono,
generando disagio, conflitto, vuoto di significato, se non vere e proprie psicopatologie.
Ogni crisi diviene allora un'opportunità perchè le potenzialità si rivelano più facilmente quando si
manifestano delle prove da affrontare.
La solitudine, la malattia, la sconfitta, il tradimento sono temi preziosi per la psiche perchè la
consapevolezza del limite attiva la volontà che ne consente il superamento.
La ricerca di una risposta personale diviene la via verticale verso il ritrovamento di un senso,
aprendo la strada alla possibilità di trasformare il proprio atteggiamento verso la vita. Questo è un
processo di integrazione dal momento che si aggiungono alla personalità non solo gli aspetti
consapevoli, ma principalmente ciò che deriva dall’inconscio.
L’esistenza umana è un continuo morire e rinascere, in cui ogni passaggio ad uno stadio superiore
di sviluppo richiede un sacrificio di ciò che si è stati o si è creduto di essere fino a quel momento.
Nel pensiero di Ernst Bernhard ciascun individuo porta in sè il seme della parte che deve svolgere
nella vita, la cui realizzazione è la piena attuazione del suo mitologema personale, secondo un
3. principio che sarà portato al massimo sviluppo da James Hillman nella "teoria della ghianda",
esposta nell' opera "Il Codice dell'Anima". Gli accadimenti esistenziali non sono casuali, ma
sottendono una direzione, una meta, un Senso che Bernhard chiama, appunto, Entelechia, energia
e principio finalistico che unifica e concilia ogni opposizione. Ne consegue che spirito e materia,
interno ed esterno, visibile e invisibile non sono contrapposti ma interagenti nella funzione
trascendente, che amplia e supera l'Io, integrando il Sè e guidandolo nel progetto di auto-
compimento, " «II processo creativamente attivo dell'entelechia ha la sua sede nella coscienza
umana, ma come un accadimento spirituale sopra-personale, che si è creato qui una sorta di
specchio. " (E. Bernhard, Mitobiografia). Essere testimoni del proprio mitologema significa
realizzare la propria essenza, rappresentando la parte assegnata nel teatro dell'esistenza e
accordando la volontà personale con quella universale trascendente. La Psicologia Analitica
junghiana intende il Sè come una struttura psichica , un postulato trascendente, un archetipo,
una forza dinamica che muove l'individuo nel suo viaggio attraverso la vita . La psicoanalisi post-
freudiana lo identifica invece con una struttura mentale simile ad una rappresentazione oggettiva
e non come un ente teleologico, quale invece appare anche ad Assagioli (Sè Transpersonale ). Egli
infatti scrive: " non c’è fine alla realizzazione: dal personale al transpersonale, dal transpersonale
al Sé di gruppo, da lì al Sé Universale."( Massimo Rosselli, a cura di,Intervista sul Sè, una
conversazione con Roberto Assagioli, Archivio Assagioli Firenze).
Il raccordo fra la Psicologia Analitica e la Psicosintesi non è dunque forzoso, ma riscontrabile nel
fine ultimo della Individuazione per l'una, Sintesi per l'altra, percorsi ascensionali di progressiva
differenziazione del soggetto umano che, attraverso l' Atto di Volontà
può avvicinarsi alla comprensione del Senso della propria esistenza nel fluire e divenire della vita
universale.
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