2. « Exsurge Christe adiuva nos »
Sorgi, o Signore, e aiutaci;
e liberaci per la potenza del tuo nome.
o Signore, l'abbiamo udito con le nostre orecchie,
i nostri padri l'hanno tramandato a noi.
Al tempo del colera la gente moriva
e la moria non voleva cessare;
i nostri vecchi hanno fatto un voto
e finalmente è tornata la sanità.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
noi adempiamo il voto dei nostri maggiori.
Com'era nel principio e ora e sempre:
nei secoli dei secoli. Amen.
Ma tu Signore, pure noi aiuta!
Kyrie eleison
Cristo pietà
Kyrie eleison!
E quando si levava il Sancta Maria e la gente cantava: ora pro
nobis, la piccola processione usciva di chiesa.
L'Arciprete faceva la riverenza all'altare della Vergine, e for-
zando la voce perché udissero anche quei ch'eran già in cam-
mino, proclamava:
Sancte Micael,
Sancte Raphael,
Omnes sancti Angeli et Arcangeli,
E la gente rispondeva: ora, ora, arate pro nobis.
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3. Si era ormai imboccata la strada che mena al Vò, e dalle case
uscivan le donne col velo nero e le ragazze col velo bianco, ché
avevan udito il richiamo del canto, ed entravano alla rinfusa
allungando la fila ora da un lato, ora dall'altro, mentre conti-
nuava l'invocazione di tutti i Santi Apostoli ed Evangelisti, Mar-
tiri e Confessori, Monaci ed Anacoreti, Vergini e Vedove, tutti
in ordine di precedenza, ché nessuno doveva mancare alla
conta, perché si andava a sciogliere un voto.
Alle finestre erano ancora gli addobbi e sui muri le ghirlande
di fiori di carta; i palloni spenti la sera precedente sembravano
attendere il nascere del nuovo sole per rianimarsi.
Ai piedi della salita C), presso la stazione della funicolare,
si interrompevano le litanie dei santi per cominciare le laure-
tane, e si cantavano tre a tre, alternandone i cori per riprender
fiato, perché la salita tirava un po' C).
Quando si giungeva al piazzaletto davanti alla cappella, tutta
addobbata, dove la Madonna sfoggiava i suoi ori (ripresi in
segno di festa), si pregava pei malati e per intenzioni di cir-
costanza, prima di cantare un oremus e benedire la gente
con la reliquia della Beata Vergine.
Si ricomponeva la fila, con davanti la croce e i due cilostri, e
dietro tutti (che nessuno rimaneva lassù, ma ognuno scendeva
per la messa).
E l'arciprete riprendeva il canto e la gente rispondeva.
Adesso la processione si snodava per via Torno C) in tutta la
sua lunghezza: sotto, la città si svegliava dal sonno mentre il
lago si ammantava di tinte morbide, scotendosi la nebbiolina
della notte. Si respirava l'aria pura del mattino, al primo sole,
ringraziando per la salute che sembrava entrar nei polmoni
e trasformarsi in preghiera.
(1) L'attuale via Madonnetta, che un tempo dicevasi "via Coloniola", e prima
ancora "Strada Comunale per Blevio".
(2) Sono le litanie della Madonna, dette "Lauretane" per l'importanza che ebbero
nel Santuario di Loreto, com'è ricordato già in un documento del 1531.
(3) La via Torno :è abbastanza recente. Un tempo esisteva una mulattiera che
da Piazza Coloniola saliva a imboccare la strada al Crescione e proseguiva
fino a Torno. Si chiamò "la strada vègia" in contrapposizione alla "strada nova"
che aveva un percorso più basso e proseguiva fino a ,Pognana. Una sessantina
d'anni fa intervenne l'Amministrazione Provinciale a definire l'attuale trac-
ciato sino a Bellagio. Non era questo, dunque, il percorso dell'antica processione.
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4. Ab omni malo,
libera nos Domine!
Ad omni peccato, a spiritu fornicationis
libera nos Domine!
L'inquinamento del peccato sembrava impossibile davanti al-
l'incanto della natura che si apriva sotto di noi. Ma anche solo
il ricordo dei mali passati pareva insidiare tanta riposata le-
tizia.
A fulgure et tempestate
libera nos Domine,
A flagello terremotus
libera nos Domine,
A peste, fame et bello...
i tre mali che più che ogni altro affliggono l'umanità, come ne-
gli anni lontani del voto: scampacene o Signore!
E la preghiera diventava deprecatoria:
Te ne preghiamo per il mistero della tua incarnazione, della
tua venuta, della tua nascita, per la croce e la passione, la
morte e la sepoltura, la tua santa resurrezione, e la tua ammi-
rabile ascensione.
Libera nos Domine!
Le campane suonavano festose la prima messa; già si vedeva
il tetto della chiesa e, dietro la curva, terminava il pellegri-
nare.
Ut ad veram poenitentiam nos perducere digneris,
Ut animas nostras, fratrum, propinquorum et
benefactorum nostrorum ab aeterna damnatione
eripias,
Te rogamus, audi nos!
Cominciava la messa, all'altar della Vergine: sempre in color
verde i paramenti per le rigorose leggi dell'antica liturgia. Ma
qual che fosse il Vangelo di quella domenica « post Pentheco-
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5. sten» l'omelia doveva immancabilmente vertere sul colera,
il voto dei nostri avi, la protezione della Madonna.
Durante tutta la domenica era un andirivieni di gente, con la
corona in mano, dal borgo alla Cappellina.
Come ogni festa solenne anche questa aveva la sua vigilia.
Quando suonava, come nelle feste grandi, l'Ave Maria della
sera, percorrendo la « Coloniola » mi recavo alla Nosetta, per
la recita del Rosario. Per via ci si fermava alla Cà rotta dove
ab immemorabili era preparato un altarino, tra festoni di
fiori cartacei e palloncini alla veneziana: la gente era raccolta
per la recita dell'Angelus e poi si accompagnava, per salire alla
Madonnina.
Per via, addobbi alle finestre, festoni verdi, qualche sandalina
e palloncini accesi: un luminéri per tutt el burg! Un tempo, mi
dicono, tutto il quartiere, dalla chiesa alla Nosetta, era in gran
trambusto e frequenti i piccoli altari nei vani delle porte.
Un tappetino consunto e un minuscolo cuscino attendevano
che l'Arciprete si inginocchiasse per cominciare il rosario. In-
torno gente e luminarie per ogni dove.
Poi, dopo le litanie e il commiato si tornava in canonica: era
il sabato che precedeva la seconda di luglio.
Quell'anno anche alcuni fuochi d'artificio si levarono ad avver-
tire la città di quel che accadeva lassù.
Poi si allargò la via Torno, il piazzaletto fu eliminato e il ru-
more delle macchine soverchiava la voce di chi pregava.
Un'altra tradizione stava per spegnersi.
Nel 1831 una lettera a stampa del Vescovo di Como mons. Giam-
battista Castelnuovo indiceva preghiere e funzioni di propizia-
zione perchè il Signore «non permetta che vengan funestate
queste nostre contrade dal fiero morbo» che già s'era manife-
stato in molte parti d'Europa.
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6. L'I. R. Delegazione Provinciale e lo. Commissione Delegata ap-
positamente nominata dal Podestà, diffondevano un opuscolo
atto a prevenire, riconoscere e combattere il Cholera mor-
bus. Il Vescovo stesso esortava i parroci a diffonderlo tra
il popolo.
Si raccolsero « offerte per prevenire il male e soccorrerne gli
infettati nel deprecabile caso che si fosse manifestato », anzi
per maggior precauzione si invitavano volontari all'ospedale
S. Anna, per essere istruiti come infermieri, sempre nel depre-
cabile caso che si manifestasse l'epidemia.
Il fatto è che « quel flagello che abbiamo provocato coi nostri
peccati e del quale or volge il terzo anno fummo misericordio-
samente preservati, il Cholera, invase ora i vicini nostri paesi »,
cosÌ il nuovo Vescovo di Como mons. Carlo Romanò, nel 1833.
E si diffuse un nuovo opuscolo « Istruzioni sul modo di preve-
nire e curare il Cholera Morbo prima dell'arrivo del medico ».
Un « Regolamento sanitario e di benefìcenza pel caso che scop-
piasse in Como il Cholera morbus » fu stampato e diffuso dal
Podestà Primo Tatti.
I sobborghi di Como contavano complessivamente 8189 abi-
tanti e furono distinti in quattro sezioni: quella di S. Agostino
(1642 abitanti), si sarebbe servita dell'ospedale di S. Giuliano;
le altre quelli di S. Anna e della Gibellina.
Si era nel 1836 e proprio in S. Agostino si manifestò il tanto
temuto morbo asiatico C).
Nel registro" mortuorum » addì 21 aprile, si legge il decesso
di S. Ecc. il Principe di Carini, don Vincenzo La Grua, di anni
80, nato a Palermo. L'illustre personaggio morÌ nell'albergo
Garganigo, al civico n. 542. Causa della morte: «diarrea ac-
compagnata da vomito ».
Una nota, a margine, commenta: «in sulle prime si aveva pau-
ra a proferire il nome di Cholera orientale. E però vedi nel La
Grua in qual modo si segni la causa della morte ».
(4) St'Agostino era il borgo dei lavandari, dove più facilmente poteva manifestarsi
ogni epidemia, per via dei "panni sporchi" che affiuivano da tutta la città.
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7. Nel borgo di Coloniola dal 16 aprile al 7 settembre morirono:
74 persone, 44 maschi e 30 femmine C).
Era in quei tempi parroco in Coloniola don Domenico Ceresola
e reggeva insieme la parrocchia e il piccolo seminario dioce-
sano che vi aveva ospitato per volontà del Vescovo Mons. Giam-
battista Castelnuovo.
Così parla di lui il successore don Maurizio Monti:
« Il 17 aprile 1836 cominciato per la prima volta il colera orien-
tale, e precisamente qui nel sobborgo di S. Agostino, il Cere-
sola stette con cristiana costanza vicino al suo gregge, pronto
a ministrare soccorsi spirituali.
In questo egli era pure meravigliosamente coadiuvato dal bravo
e santo suo vicario sac. Filippo Favoni, che solo di un mese lo
precedette nella tomba. Quelli furono tempi di prova e il Cere-
sola sostenne la prova e fece brutta accoglienza a chi lo consi-
gliava a rinunciare alla parrocchia e ritirarsi in luoghi sani e
conservar la vita. Come valoroso soldato morì sul campo di
battaglia.
E questa morte piena di gloria in faccia agli uomini e piena di
merito presso a Dio lo percosse col morbo asiatico nel 29 lu-
glio del predetto 1836. Il giorno di S. Anna (25 luglio) celebrò
messa per l'ultima volta e benedisse piangendo il suo popolo.
Il giorno 5 dello stesso luglio avendo per espresso comando
del Vescovo Romanò portato via dalla chiesa di S. Giuliano la
SS. Eucaristia, poiché vi si voleva piantare in chiesa uno spe-
dale di colerosi, si ammutinò quel popolo e un nembo di donne
pose assedio alla casa parrocchiale e sforzollo a riportare il
SS. Sacramento in S. Giuliano.
Egli non ne aveva colpa e ciò nullostante non gli si risparmia-
rono dalla matta plebe le contumelie.
Con tali disgusti il Ceresola si approssimava alla morte, ma è
appunto per questa via che si giunge al paradiso. Pedes mei
ambulaverunt vias asperas.
(5) Il 16 aprile si ammalò la prima persona, il 21: primo caso letale, come s'è
detto.
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A.P. VIII pro 9: si annotano «in aprile defunti di morbo 10; maggio 7; giu-
gno 3; luglio 34; agosto 16; settembre 3; fino a 7 anni n. 3; 20 n. 7; 40 n. 22;
80 n. 16".
8. L'epidemia si manifestò in modo violentissimo. In città furon
colpite 864 persone di cui 602 lasciarono la vita» e).
Il 24 aprile il Vescovo dispensa la popolazione dall'astinenza
e dal digiuno C). Si sospende la processione dalla parrocchiale
alla S. Annunziata e a S. Agata, solita a tenersi il lunedì di Pen-
tecoste. Il 25 giugno il Vescovo proibisce il suono dell'agonia
per non ingenerare angoscia nella popolazione e il 5 luglio,
d'accordo con l'autorità civile, ordina di levare il SS. Sacra-
mento dalla chiesa di S. Giuliano onde adibirla a ricovero per
i colerosi: con quel che ne seguì e che è già stato riferito.
Penso superfluo cercar di descrivere il lutto, l'angoscia, la
desolazione in città e nel borgo.
« Le lavandaie, massime quelle del Vo e della Nosetta fecero...
il voto di recarsi ogni anno processionalmente, per la seconda
domenica di luglio, a visitare la cappella della B. Vergine del
Rosario della Nosetta » C).
Di questa cappella, che sorgeva in origine sul suolo del Conte
Carena, s'è scritto diffusamente sul foglio parrocchiale: «Pres-
so le rive del Va » C).
In data 6 ottobre 1836 il Vescovo mons. Carlo Romanò, spedì
una « Circolare alli MM.RR. signori Parochi della Città e Dio-
cesi posta negli stati di S.M.I.R.A. ".
Dopo aver ricordato che « la Divina Giustizia non può disu-
nirsi dalla Divina Misericordia» richiamò l'attenzione sopra
importantissimi oggetti del ministero invitando all'assistenza
dei bambini rimasti orfani a causa del morbo asiatico mediante
opera di cristiana carità.
Intimò inoltre un solenne "Te Deum" in ogni parrocchia per
la cessazione del flagello.
(6) Cfr. Manuale, 1846, ed. Lanzani.
(7) Cfr. A.P. VIII, beta, pro 2.
(8) Cfr. A.P. - Nota delle spese e introiti per mantenere la cappella della B.
Vergine alla Nosetta (1837).
(9) Cfr. "presso le rive del va" 15 maggio 1962.
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9. La giurisdizione del paroco di St'Antonino toccava la frazione di tre comuni:
Sobborghi di Como, Camerlata e Corpi Santi e Brunate. All'estremo lembo dei
Corpi Santi già dai tempi antichi era ({ la Nocetta villa adoma eli vigne et posta
solo {come si può credere) per ricreazione et per sollaz.zo ele' cittadini: perciocl1é
quivi sono all'intorno horti pieni di tutte le sorti hOl'taggi et frutti per beneficio
della soggetta città di Como: dove immediatamente s'arriva: di maniera che da
tutte queste terre (per non dir delle molte villl: clle sono d'altre parti) ella cava
abbondante copia di tutti quei beni, che produce l'aria et la terra, come a
bastanza parmi d'haver provato ».
Col mutar dei tempi vi troviamo un piccolo nucleo di case coloniche, e quasi di
sentinella, una piccola cappella che s'apriva verso il monte, in cui l'Annunciazione
era dipinta a fresco nell'interno, e sulla facciata esterna verso il lago.
Qui eran ancora nel 1778 due case lasciate in dotazione dall'are. Giacomo Benzi
al seminario che portò il suo nome e che suggeriscono come probabile che lo
stesso Benzi fosse nativo della Nosetta.
Quando fu costruita questa cappella? Non penso possa darsi una risposta.
Quando Geno e il borgo furono purgati dal colera divenne oggetto del voto
di un'annuale processione di ringraziamento che si cominciò il 9 luglio 1837.
Non è azzardato pensare ohe il nuovo arciprete, succeduto a Don Pasquale Cere-
sola abbia suggerito alla popolazione del borgo questa promessa: egli aveva
veduto morir tanta gente e oltre al rettore del piccolo seminario in cui inset
gnava e a un caro e santo collega, Don Filippo FavonL L'orrore del morbo e la
vacanza della parrocchia, la prossima chiusura del seminario, contribuirono a
far assegnare a lui, Don Maurizio Monti (il sacerdote denunciato al santo Ufficio),
la non ambita prebenda. Che fu per lui un pietoso rifugio in quei giorni dop-
piamente tristL
La cappellina alla Nosetta, nel margine del torrente, era fatiscente.
In quello stesso anno 1836, ai lO di settembre, i fabbriceri della chiesa di St'Ago-
stino Clerici e Braghenti, scrissero a un non identi·ficato "Illustrissimo signor
Conte" chiedendo di «cedere un pezzo di terreno della superficie di sei tavole
circa, a quel modico prezzo che credeva di domandare» per poter ricostruire
la cappellina, su pianta ottagonale, un po' discosto da quel torrentaccio che la
minacciava con le sue piene.
Si aprì un libro che è insieme di contabilità e di cronaca: 1837:
~a",,,,
Nota delle spese e introiti per mantenere la Cappella della B. Vergine
alla Nosetta
La stradetta che dal Va portava alla Cappellina, era un viottolo mal selciato
e l'arciprete si fece premura acciò che l'Amministrazione Comunale provvedesse
a renderla almeno praticabile: è del 1839 una significativa risposta del Podestà
di Como (confermata dal marchese Cornaggia, che forse doveva contribuire
alle spese) in cui si scusa il ritardo dei lavori con !'improvviso ammalarsi del
progettista.
Nel 1855 mancò ai vivi tal Antonio Carcano che « ammalato gravemente ma di
mente sanissima e libero da qualsiasi influenza» sottoscrive di suo pugno alla
presenza di due testimoni, un legato di L. mille milanesi «per la Madonna di
St'Agostino alla Nosetta ».
Anno per anno venivan conservate e debitamente registrate le offerte che si rac-
coglievano alla Nosetta, così come si conservava l'antico progetto della nuova
cappellina. Si ripresero le trattative col Signor Conte, se n'ebbe anche una pro-
messa, e più ohe una promessa se rimane agli atti:
"Dato nel giorno 24 luglio 1856 lo spazio di otto braccia in quadro e presso il
fianco sinistro dell'attuale cappella della Nosetta, per rifabbricarvi un'altra
cappella in forma ottagonale.
Al capomastro Donegana commesso subito di occupare il terreno coll'incomin-
ciarvi i fondamenti.
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10. Nel venerdì 25 detto luglio, 110n poté, per cattivo tempo, darvi princlplO.
Nel sabato 26 detto luglio, ritirato il permesso delle otto braccia per la fabbrica
e sospeso ogni lavoro.
firmato: M. Monti - Parroco».
Il tredici s'era fatta la consueta processione ed eran nate tante speranze: tredici
giorni dopo tutto era finito, e per sempre.
Nel 1858, il vecchio arciprete che tanto impulso aveva dato alla devozione nel-
l'antica Cappellina lasciò scritto:
« La cappella della Nosetta "ab immemorabiii" si mantien con le limosine dei
Borghigiani di St'Agostino. E se si guastano i muri, o i tetti fanno acqua, è
sempre colle limosine sopradette che si pagano le spese e così del resto. Quindi
la cappella è di diritto pubblico e proprietà del Borgo di St'Agostino».
Anche nel 1909 si fecero importanti lavori di restauro. Vacante la parrocchia per
la morte dell'arco Carlo Introzzi, l'Economo Spirituale e Vicario Don Giovanni
Giovannini, che aveva fatti eseguire i necessari lavori nonché un duplicato delle
chiavi della cappella e bussola, lasciò memoria di sé nel famoso zibaldone con
una nota importantissima datata al 30 dicembre di quell'anno.
Tra l'altro si legge: « Il miserevole stato in cui era ridotta la cappella della
Nosetta per la deficiente manutenzione, mosse la pietà della famiglia Ritter che si
offerse per ripararla».
La spesa fu ingente e la generosa famiglia contribuÌ per oltre la metà dell'oc-
corrente.
« Merita anche di esser qui osservato che i Borghigiani usarono sempre, nella
loro devozione, la Cappella senza dipendere ora chichessia.
Quindi esser la chiave presso il Fattore dei Carena si deve considerare per sem-
plice comodità dei devoti)}.
Morì il Conte e morÌ il Fattore; è noto che la mappa catastale è solo indicativa
e non fa testo. Quando però la proprietà Carena fu alienata e i custodi delle
chiavi si rifiutarono di riconsegnarle all'arciprete dicendo che la « Cappella era
proprietà loro», si sarebbe dovuto rivendicare la proprietà della cappella forse
con atti legali e sanzioni canoniche. Ma "a chi ti leva il mantello, non rifiutare
la tunica": la cappella diventò di fatto di patrocinio privato ma la tradizione si
spense.
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