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Processi comunicativi e nuovi linguaggi. L’identità in rete.
Giorgio Jannis
Da qualche tempo, da qualche anno, noi tutti osserviamo cose nuove, mai viste, mai
contemplate da occhio umano, eppure talmente assimilabili da non suscitare poi molti
interrogativi sulle modalità della loro genesi, una volta assuefatti alla loro fruizione; sto
parlando di tutti quei prodotti culturali creati mediante l’ausilio di macchine denominate
personal computer, quali gli ipertesti scolastici, gli articoli sui giornali, i film al cinema, le
analisi diagnostiche mediche, le statistiche di percorrenza autostradale, i siti web… si può
trattare di pensieri cristallizzati nei tipi editoriali oppure di nuove forme di argomentazione
retorica rese più potenti e articolate dalle nuove possibilità multimediali e interattive, ciò
che rimane ferma è la necessità, lungo il cammino dell’elaborazione dell’informazione
nell’universo culturale noto come infosfera, di sottoporre l’oggetto del dire e del fare alle
notevoli capacità manipolatorie offerte dal computer, visto come aiutante della produzione
e della diffusione dell’oggetto culturale-informazionale.
Per fare questo, dobbiamo però incrementare in noi stessi la consapevolezza che ogni
nuova forma di linguaggio, in quanto strumento del pensiero, diventa una tecnologia
dell’intelligenza; il computer non rappresenta quindi solo uno strumento (tool) in senso
stretto ma è un vero e proprio mind-tool – una tecnologia dell’intelligenza - che influisce sul
modo di organizzare e veicolare le conoscenze, comprese la percezione di sé in quanto
appartenenti ad un consorzio umano.
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La cultura universale di una collettività umana presa nella sua interezza vive nel pensiero
di ognuno dei singoli e dei gruppi sociali che la compongono, produce innovazione e
nuove forme di pensiero e nuovi linguaggi, i quali sono sia responsabili della possibilità di
pensare cose nuove in un modo mai praticato, sia di permetterne il trasferimento verso
nuovi elementi della collettività, per una diffusione delle idee-virus, nella mentalità e nella
personalità degli individui e dei gruppi che formano quella collettività, in quel processo
totalmente culturale, inarrestabile e fertilissimo, talvolta cieco a se stesso, talvolta
ottimisticamente chiamato “progresso”.
Va da sé, l’utilizzo di determinate macchine per la produzione e la fruizione di oggetti
culturali immette nella cultura nuove diverse prospettive di valutazione, nuove modalità di
circolazione dei valori all’interno della società: basta soffermarsi anche solo un attimo,
sulla scorta di importanti e recenti studi nel campo della comunicazione di massa, sulla
rivoluzione silenziosa compiuta dall’introduzione della stampa rispetto al nostro modo di
apprendere, concepire e giudicare i fenomeni del mondo, oppure sul valore di veridicità
che siamo disposti a concedere agli eventi televisivi, benché consapevoli del carattere
surrettizio e “virtuale” di questi ultimi.
Insomma, stiamo vivendo i primi giorni di una nuova epoca, non vi può essere alcun
dubbio: la pubblicazione a stampa può essere a ragione considerata un ingranaggio
fondamentale per il passaggio dall’epoca umanistico-rinascimentale a quella moderna,
caratterizzata dalla nascita del pensiero scientifico e dalla progressiva centralizzazione
politica degli Stati europei; di converso, la lettura interpretativa dei fenomeni semiotici
attuali, data dai guru della nuova comunicazione, siano essi apocalittici o integrati,
concorda sul carattere “umanistico” e sulla “acentralità” delle odierne possibilità di
produzione e fruizione culturale (e i risvolti “politici” non saranno da sottovalutare). Il
computer, nato come strumento di calcolo, si è rivelato un “buono a tutto”, vorace e
fecondo… mentre l’internet, ovvero la comunicazione mediante le reti di elaboratori
elettronici diffusi su scala planetaria, “ha distrutto lo spazio, distruggendone il centro”: ora il
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centro è dappertutto, e la circonferenza da nessuna parte, per riprendere proprio le stesse
locuzioni utilizzate dai filosofi rinascimentali nei confronti della cultura scolastica, da cui
bisognava allora prendere le distanze. E vi è un’altra considerazione da fare: questa
nuova rivoluzione di oggi, è tremendamente veloce, se paragonata ai decenni necessari
quattrocento anni fa affinché un’idea potesse diffondersi in maniera visibile, e dar luogo a
modificazioni nel pensiero e negli atteggiamenti di persone, gruppi, nazioni o istituzioni.
Il computer è in pochi anni dilagato in ogni settore della società, è presente nella vita di
ognuno di noi, nel registratore di cassa del supermercato, nell’automobile, nel bancomat,
nei compiti scolastici dei nostri figli, nel nostro lavoro. Siamo già oltre la rivoluzione,
momento puntuale in cui scocca la scintilla della consapevolezza della crisi, siamo già nei
periodi di sistematizzazione, in cui le nuove possibilità offerte dalla tecnologia
dell’informazione e della comunicazione vengono inglobate dalla cultura, intesa come
precedentemente espresso in qualità di intero universo culturale costantemente presente
nella mentalità dei componenti individuali e gruppali di un’intera collettività, consorzio
sociale. Nessun uomo è un isola: individui e comunità hanno sempre fatto uso di
strumenti, di supporti di comunicazione, per accumulare e trasmettere sapere, per
produrre relazioni ed aggregazioni, causando di fatto piccole o grandi trasformazioni e
slittamenti di significato riguardo la stessa nozione di comunità e quella di individuo.
Tuttavia questa opera di sistematizzazione delle nuove vie percorribili non può che
erigersi, per motivi culturali e generazionali, proprio su fondamenta costruite prima
dell’avvento della rivoluzione digitale, quindi incapaci di considerare appieno la portata del
cambiamento odierno; ad esempio, la mia intenzione di trattare del ruolo delle nuove
tecnologie all’interno della famiglia e della scuola si scontra proprio con la diffusione di
quella convinzione che vede il computer – epifenomeno concreto e osservabile, come si è
visto, di un’azione culturale ben più ampia - come uno strumento seppur incredibilmente
potente da aggiungere alla pratica scolastica o ludica tradizionale, sottovalutando le
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implicazioni cognitive di questa nuova forma di apprendimento legata come mai prima
d’ora alla multimedialità e all’interattività degli oggetti culturali con cui gli alunni si
confrontano quotidianamente nel corso della normale frequentazione scolastica.
Assomiglia un po’ al considerare l’automobile solo come una specie di casa, in cui si può
certo anche vivere e dormire… ma l’automobile, appunto, si muove, e ci muove, e grazie
ad essa vediamo nuovi angoli di mondo in modo nuovo. L’utilizzazione del computer, fuor
di metafora, esplicita un potere destrutturante e ristrutturante perché obbliga a rinunciare
alla sicurezza di interazioni scontate e, nel caso della scuola, di metodologie
d'insegnamento acquisite; questo perché chiede di rimettersi personalmente in gioco e di
riprogettare i percorsi formativi, insieme, insegnanti, ragazzi e genitori. Ma il computer è
pericoloso, viene percepito come pericoloso da tutte quelle persone che per propria
mentalità e convincimenti cercano di imbrigliare i cambiamenti troppo repentini, la fredda
tecnologia, derubricandone l’importanza oppure avviando campagne di demonizzazione…
abbiamo a che fare con una nuova forma di comunicazione, che coinvolge
necessariamente anche i contenuti, o perlomeno il modo in cui questi vengono prodotti e
veicolati, e conseguentemente fruiti da altre persone. Le ripercussioni sono notevoli, e
soprattutto imprevedibili. E noi siamo già quasi al punto in cui i genitori di un bambino delle
elementari non si stupiscono più di vedere il figlio costruire un ipertesto per alloggiare
adeguatamente i propri pensieri, le proprie conoscenze in relazione ad un compito
scolastico.
Con l’internet è iniziata un’epoca: un nuovo modo di intendere il rapporto tra le parole e la
realtà. Idee come "realtà", "comunità", "metafora", "scrittura", "memoria", "religione",
"economia", “potere”, quanto ci ritornano modificate attraverso l'esperienza della rete, degli
ipertesti e dell’interattività? Quali variazioni portano al nostro comune modo di pensare?
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Mediante la Rete, dentro la Rete, dentro di noi nascono cose nuove, mai viste.. nuove
forme di socialità, innanzitutto, nuovi modi di intendere il rispetto per gli altri, nuove
possibilità di reperire informazioni e saperi, nuove opportunità prima di ora mai
sperimentate dalla razza umana di poter edificare uno spazio sociale, un’agorà, in cui le
possibilità di espressione sono garantite uguali per ogni singolo cittadino o gruppo
d’interesse. Quel che accade quando si costituisce una comunità online, è la produzione di
una realtà dello stare assieme i cui effetti (compresi gli effetti di ritorno sull'idea di
soggetto) non sono però già previsti nei normali schemi di spiegazione della
comunicazione sociale, né sono, perciò, completamente prevedibili.
Sono debitore nei confronti di Pier Aldo Rovatti per alcune delle seguenti suggestioni: nelle
comunità virtuali, al di là dei loro effetti e della loro efficacia, si sta realizzando un
esperimento importante per ogni tipo di comunità. Possiamo infatti considerare le
comunità virtuali come la sperimentazione di un abitare la distanza su cui abbiamo ancora
molto da sapere, ma di cui abbiamo ormai sotto gli occhi la necessità. La Rete, come
luogo di tale esperimento, ribadisce questa necessità e ci permette di raccogliere, se
abbiamo attenzione e pazienza, una serie di dati significativi sul soggetto e sulla comunità.
La Rete, come luogo geneticamente fondato per il libero scambio e diffusione di prodotti
culturali mi permette di appropriarmi di idee altrui, offre la possibilità di rompere le catene
dell’omogeneità e scoprire i valori della differenza, moltiplica il mio pensiero dentro di me e
anche fuori di me, una volta reso ulteriormente disponibile a tutti in Rete, e innesca
riflessioni e dialogo e prese di posizione, al punto che il concetto stesso di proprietà
intellettuale viene messo seriamente in discussione; d’altronde se io cedo un oggetto di
mia proprietà ad un altro, va da sé che io non lo possiedo più… cosa diversa accade per
le mie idee: pur diffondendole, io non ne rimango privo, semplicemente le moltiplico e le
diffondo, senza perderci nulla.
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L’internet non è fatta di tecnologie, ma di persone che comunicano, persone che cercano
e offrono informazioni. L’importante è aver cura delle relazioni e delle persone. E non c’è
nulla di banale nel concetto di “aver cura”.
Nessuno sviluppo tecnologico ci hai mai tolto la voglia, il desiderio, la necessità
dell’incontro umano. Quando, migliaia di anni fa, abbiamo imparato a scrivere non
abbiamo smesso di parlare e di cantare. Con la diffusione tecnologica della musica
riprodotta è aumentato, non diminuito, il numero delle persone che vanno ai concerti.
Nessuno, che non sia un misantropo patologico, si è chiuso in casa solo perché esiste il
telefono. L’importante è saper usare e governare le tecnologie. L’internet, in particolare,
lungi da essere uno scudo, un distanziatore, è uno strumento prezioso per allargare e
arricchire le nostre conoscenze – ma soprattutto l’ampiezza e la qualità dei nostri rapporti
con le persone. Con intensità, emozione, calore umano. Solo chi non ha esperienza della
rete la può immaginare come un luogo di tecnologica freddezza o di “paradisi” o “inferni”
artificiali. Nell’internet c’è di tutto. Anche cose remote, sgradevoli, incomprensibili o
antipatiche. Anche inganni e falsità. Ma c’è soprattutto una grande carica di umanità che
spesso rivela umori, sentimenti ed emozioni con una sincerità che non è facile trovare in
altri ambienti.
Il bambino che ora a scuola lavora, e parecchio, con il computer, non pensa certo
all’utilizzo della tecnologia: la tecnologia è “tecnologia” solo per chi è nato prima
dell’avvento di quel particolare strumento nella propria vita. Per un bambino, il computer è
semplicemente “un coso che fa cose” – un disegno, una storia illustrata ed animata, una
fotografia, dove prendere le informazioni, un libro, un riproduttore di musica – e quando
tutti saremo in confidenza con queste macchine come ora lo siamo col telefono e il treno,
allora nessuno dovrà più spiegare alle persone o alle istituzioni, grandi o piccole, come
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usare la rete e l’internet: avremo a che fare con una parte abituale della nostra vita di
relazione.
Allargo il discorso, oltre ai bambini, a quello che viene definito life-long learning, ovvero la
necessità avvertita dalle società moderne di provvedere forme di apprendimento per tutti i
segmenti della popolazione: in una società come la nostra, dove ad esempio il numero
degli anziani continua a crescere, diventa sempre più importante offrire spazi di
partecipazione, di non isolamento. La rete può avere un ruolo fondamentale. Fra l’altro,
serve a superare i pregiudizi, a uscire da un “ghetto di età”. Devo riconoscere qui un
tributo ad alcune idee espresse da Giancarlo Livraghi. Un dialogo privo di immediata
presenza fisica rende più facile scoprire come spesso un vecchio abbia una mente e uno
spirito più giovane di tanti giovani. È difficile, si pensa, che un vecchio impari cose nuove.
Non è vero. Molte persone che oggi sono vecchie hanno imparato nella loro vita a usare
macchine assai più complesse e difficili che un computer o un modem. Basta un po’ di
pazienza – soprattutto il superamento di diffidenze e perplessità iniziali.
La rete che dobbiamo desiderare è quella in cui tutti possano stare insieme. I ragazzini,
che non c’erano ma stanno cominciando ad arrivare. Le mamme e i papà (anche perché
siano in grado di capire che cosa fanno i loro figli quando si collegano). E i “nonni”, cioè i
vecchi, liberati da molti dei vincoli e dei pregiudizi che imprigionano la loro condizione.
Utopia? Proprio no. Una realtà possibile, che dovremmo incoraggiare e favorire in tutti i
modi. Prima di tutto con la diffusione di una cultura più umana e meno bizzarra a proposito
della telematica, appunto “umanistica” in senso ampio, capace di porre l’essere individuale
e da subito parte di una collettività al centro della progettazione e dell’attuazione delle
pratiche sociali.
Vent’anni fa si cominciava a parlare di società dell’informazione; oggi si fa strada una
definizione diversa: la società della relazione. L’imperio dei grandi mezzi di massa “a
senso unico” ha portato a una diffusione senza precedenti dell’informazione. Ma “società
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connessa” - network society - è qualcosa di diverso; accentua i valori delle relazioni, dello
scambio, delle comunità, rispetto al puro e semplice concetto di “informazione”. I nuovi
sistemi di comunicazione «mettono l’accento sui valori umani». Perde valore «ciò che è
ripetitivo, sequenziale, copia e automazione; mentre cresce il valore di innovazione,
originalità, fantasia ». In altre parole, i compiti più noiosi, meccanici e ripetitivi sono e
saranno sempre più affidati alle macchine. I sistemi di riproduzione (di oggetti, di concetti o
di idee) sono sempre più automatici, sempre meno costosi e sempre più a disposizione di
tutti. La possibilità che questa situazione offre (per chi la sa cogliere) è la libertà di
scegliere, di esprimersi, di dare spazio alla fantasia, all’invenzione, alla diversità.
Quello che va fatto subito è togliere di mezzo – sollevato dagli scandalistici mezzi di
informazione abituali - il "polverone" delle tecnomanie e dei terrorismi tecnologici, e dare a
famiglie ed educatori una concreta cultura della rete e delle sue possibilità. L'impresa è
meno complessa di quanto si possa immaginare. Le nozioni fondamentali (sul piano
culturale e del comportamento, ciò che conta) si possono spiegare in mezza giornata o in
un opuscolo di trentadue pagine. Strumento fondamentale, ovviamente, la scuola: sia per
l'uso didattico che si può fare, a tutti i livelli, delle nuove tecnologie; sia per l'orientamento
che la scuola può dare agli alunni e alle loro famiglie. Il primo rischio da affrontare è quello
che sulla Rete, e quindi sui meccanismi deputati alla trasmissione e alla trasformazione
della cultura, quale appunto la scuola intesa come istituzione sociale, si abbatta la
censura. Provvedimenti restrittivi della libertà di parola e di comunicazione, che si
minacciano non solo in Italia ma in tutta Europa, sono un fenomeno di preoccupante
ipocrisia. Perché sarebbero del tutto inefficaci nella "protezione dei minori" mentre ci
toglierebbero i nostri diritti fondamentali di cittadini; e perché con il paravento di
un'immaginaria "tutela" potrebbero allentare quel dovere di responsabilità e di
sorveglianza che compete a genitori e educatori.
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Lo strumento valido nel caso delle giovani generazioni, è uno solo: la guida di genitori,
parenti ed educatori. E non dovrebbe riguardare solo i collegamenti in rete, ma anche altri
aspetti delle nuove tecnologie. Per esempio il gioco è uno degli strumenti fondamentali di
educazione e apprendimento; e ci sono molti giochi "elettronici" con autentici valori
educativi. Ma non tutti possono essere accettati senza verifica. Credo che sia sempre
bene sapere a che gioco un bambino sta giocando. Se non è giusto lasciare un bambino
solo davanti a un televisore, non va lasciato solo neppure davanti a un computer. Il
problema è che molti educatori e genitori non conoscono lo strumento; ma è un'occasione
per imparare a conoscerlo, o almeno condividere anche questa esperienza con i nostri
figli. Imparare, con loro, a esplorare nuovi orizzonti. E anche (perché no?) a giocare, cioè
imparare nel modo migliore possibile.
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Lo strumento valido nel caso delle giovani generazioni, è uno solo: la guida di genitori,
parenti ed educatori. E non dovrebbe riguardare solo i collegamenti in rete, ma anche altri
aspetti delle nuove tecnologie. Per esempio il gioco è uno degli strumenti fondamentali di
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educativi. Ma non tutti possono essere accettati senza verifica. Credo che sia sempre
bene sapere a che gioco un bambino sta giocando. Se non è giusto lasciare un bambino
solo davanti a un televisore, non va lasciato solo neppure davanti a un computer. Il
problema è che molti educatori e genitori non conoscono lo strumento; ma è un'occasione
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  • 1. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale Processi comunicativi e nuovi linguaggi. L’identità in rete. Giorgio Jannis Da qualche tempo, da qualche anno, noi tutti osserviamo cose nuove, mai viste, mai contemplate da occhio umano, eppure talmente assimilabili da non suscitare poi molti interrogativi sulle modalità della loro genesi, una volta assuefatti alla loro fruizione; sto parlando di tutti quei prodotti culturali creati mediante l’ausilio di macchine denominate personal computer, quali gli ipertesti scolastici, gli articoli sui giornali, i film al cinema, le analisi diagnostiche mediche, le statistiche di percorrenza autostradale, i siti web… si può trattare di pensieri cristallizzati nei tipi editoriali oppure di nuove forme di argomentazione retorica rese più potenti e articolate dalle nuove possibilità multimediali e interattive, ciò che rimane ferma è la necessità, lungo il cammino dell’elaborazione dell’informazione nell’universo culturale noto come infosfera, di sottoporre l’oggetto del dire e del fare alle notevoli capacità manipolatorie offerte dal computer, visto come aiutante della produzione e della diffusione dell’oggetto culturale-informazionale. Per fare questo, dobbiamo però incrementare in noi stessi la consapevolezza che ogni nuova forma di linguaggio, in quanto strumento del pensiero, diventa una tecnologia dell’intelligenza; il computer non rappresenta quindi solo uno strumento (tool) in senso stretto ma è un vero e proprio mind-tool – una tecnologia dell’intelligenza - che influisce sul modo di organizzare e veicolare le conoscenze, comprese la percezione di sé in quanto appartenenti ad un consorzio umano.
  • 2. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale La cultura universale di una collettività umana presa nella sua interezza vive nel pensiero di ognuno dei singoli e dei gruppi sociali che la compongono, produce innovazione e nuove forme di pensiero e nuovi linguaggi, i quali sono sia responsabili della possibilità di pensare cose nuove in un modo mai praticato, sia di permetterne il trasferimento verso nuovi elementi della collettività, per una diffusione delle idee-virus, nella mentalità e nella personalità degli individui e dei gruppi che formano quella collettività, in quel processo totalmente culturale, inarrestabile e fertilissimo, talvolta cieco a se stesso, talvolta ottimisticamente chiamato “progresso”. Va da sé, l’utilizzo di determinate macchine per la produzione e la fruizione di oggetti culturali immette nella cultura nuove diverse prospettive di valutazione, nuove modalità di circolazione dei valori all’interno della società: basta soffermarsi anche solo un attimo, sulla scorta di importanti e recenti studi nel campo della comunicazione di massa, sulla rivoluzione silenziosa compiuta dall’introduzione della stampa rispetto al nostro modo di apprendere, concepire e giudicare i fenomeni del mondo, oppure sul valore di veridicità che siamo disposti a concedere agli eventi televisivi, benché consapevoli del carattere surrettizio e “virtuale” di questi ultimi. Insomma, stiamo vivendo i primi giorni di una nuova epoca, non vi può essere alcun dubbio: la pubblicazione a stampa può essere a ragione considerata un ingranaggio fondamentale per il passaggio dall’epoca umanistico-rinascimentale a quella moderna, caratterizzata dalla nascita del pensiero scientifico e dalla progressiva centralizzazione politica degli Stati europei; di converso, la lettura interpretativa dei fenomeni semiotici attuali, data dai guru della nuova comunicazione, siano essi apocalittici o integrati, concorda sul carattere “umanistico” e sulla “acentralità” delle odierne possibilità di produzione e fruizione culturale (e i risvolti “politici” non saranno da sottovalutare). Il computer, nato come strumento di calcolo, si è rivelato un “buono a tutto”, vorace e fecondo… mentre l’internet, ovvero la comunicazione mediante le reti di elaboratori elettronici diffusi su scala planetaria, “ha distrutto lo spazio, distruggendone il centro”: ora il
  • 3. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale centro è dappertutto, e la circonferenza da nessuna parte, per riprendere proprio le stesse locuzioni utilizzate dai filosofi rinascimentali nei confronti della cultura scolastica, da cui bisognava allora prendere le distanze. E vi è un’altra considerazione da fare: questa nuova rivoluzione di oggi, è tremendamente veloce, se paragonata ai decenni necessari quattrocento anni fa affinché un’idea potesse diffondersi in maniera visibile, e dar luogo a modificazioni nel pensiero e negli atteggiamenti di persone, gruppi, nazioni o istituzioni. Il computer è in pochi anni dilagato in ogni settore della società, è presente nella vita di ognuno di noi, nel registratore di cassa del supermercato, nell’automobile, nel bancomat, nei compiti scolastici dei nostri figli, nel nostro lavoro. Siamo già oltre la rivoluzione, momento puntuale in cui scocca la scintilla della consapevolezza della crisi, siamo già nei periodi di sistematizzazione, in cui le nuove possibilità offerte dalla tecnologia dell’informazione e della comunicazione vengono inglobate dalla cultura, intesa come precedentemente espresso in qualità di intero universo culturale costantemente presente nella mentalità dei componenti individuali e gruppali di un’intera collettività, consorzio sociale. Nessun uomo è un isola: individui e comunità hanno sempre fatto uso di strumenti, di supporti di comunicazione, per accumulare e trasmettere sapere, per produrre relazioni ed aggregazioni, causando di fatto piccole o grandi trasformazioni e slittamenti di significato riguardo la stessa nozione di comunità e quella di individuo. Tuttavia questa opera di sistematizzazione delle nuove vie percorribili non può che erigersi, per motivi culturali e generazionali, proprio su fondamenta costruite prima dell’avvento della rivoluzione digitale, quindi incapaci di considerare appieno la portata del cambiamento odierno; ad esempio, la mia intenzione di trattare del ruolo delle nuove tecnologie all’interno della famiglia e della scuola si scontra proprio con la diffusione di quella convinzione che vede il computer – epifenomeno concreto e osservabile, come si è visto, di un’azione culturale ben più ampia - come uno strumento seppur incredibilmente potente da aggiungere alla pratica scolastica o ludica tradizionale, sottovalutando le
  • 4. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale implicazioni cognitive di questa nuova forma di apprendimento legata come mai prima d’ora alla multimedialità e all’interattività degli oggetti culturali con cui gli alunni si confrontano quotidianamente nel corso della normale frequentazione scolastica. Assomiglia un po’ al considerare l’automobile solo come una specie di casa, in cui si può certo anche vivere e dormire… ma l’automobile, appunto, si muove, e ci muove, e grazie ad essa vediamo nuovi angoli di mondo in modo nuovo. L’utilizzazione del computer, fuor di metafora, esplicita un potere destrutturante e ristrutturante perché obbliga a rinunciare alla sicurezza di interazioni scontate e, nel caso della scuola, di metodologie d'insegnamento acquisite; questo perché chiede di rimettersi personalmente in gioco e di riprogettare i percorsi formativi, insieme, insegnanti, ragazzi e genitori. Ma il computer è pericoloso, viene percepito come pericoloso da tutte quelle persone che per propria mentalità e convincimenti cercano di imbrigliare i cambiamenti troppo repentini, la fredda tecnologia, derubricandone l’importanza oppure avviando campagne di demonizzazione… abbiamo a che fare con una nuova forma di comunicazione, che coinvolge necessariamente anche i contenuti, o perlomeno il modo in cui questi vengono prodotti e veicolati, e conseguentemente fruiti da altre persone. Le ripercussioni sono notevoli, e soprattutto imprevedibili. E noi siamo già quasi al punto in cui i genitori di un bambino delle elementari non si stupiscono più di vedere il figlio costruire un ipertesto per alloggiare adeguatamente i propri pensieri, le proprie conoscenze in relazione ad un compito scolastico. Con l’internet è iniziata un’epoca: un nuovo modo di intendere il rapporto tra le parole e la realtà. Idee come "realtà", "comunità", "metafora", "scrittura", "memoria", "religione", "economia", “potere”, quanto ci ritornano modificate attraverso l'esperienza della rete, degli ipertesti e dell’interattività? Quali variazioni portano al nostro comune modo di pensare?
  • 5. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale Mediante la Rete, dentro la Rete, dentro di noi nascono cose nuove, mai viste.. nuove forme di socialità, innanzitutto, nuovi modi di intendere il rispetto per gli altri, nuove possibilità di reperire informazioni e saperi, nuove opportunità prima di ora mai sperimentate dalla razza umana di poter edificare uno spazio sociale, un’agorà, in cui le possibilità di espressione sono garantite uguali per ogni singolo cittadino o gruppo d’interesse. Quel che accade quando si costituisce una comunità online, è la produzione di una realtà dello stare assieme i cui effetti (compresi gli effetti di ritorno sull'idea di soggetto) non sono però già previsti nei normali schemi di spiegazione della comunicazione sociale, né sono, perciò, completamente prevedibili. Sono debitore nei confronti di Pier Aldo Rovatti per alcune delle seguenti suggestioni: nelle comunità virtuali, al di là dei loro effetti e della loro efficacia, si sta realizzando un esperimento importante per ogni tipo di comunità. Possiamo infatti considerare le comunità virtuali come la sperimentazione di un abitare la distanza su cui abbiamo ancora molto da sapere, ma di cui abbiamo ormai sotto gli occhi la necessità. La Rete, come luogo di tale esperimento, ribadisce questa necessità e ci permette di raccogliere, se abbiamo attenzione e pazienza, una serie di dati significativi sul soggetto e sulla comunità. La Rete, come luogo geneticamente fondato per il libero scambio e diffusione di prodotti culturali mi permette di appropriarmi di idee altrui, offre la possibilità di rompere le catene dell’omogeneità e scoprire i valori della differenza, moltiplica il mio pensiero dentro di me e anche fuori di me, una volta reso ulteriormente disponibile a tutti in Rete, e innesca riflessioni e dialogo e prese di posizione, al punto che il concetto stesso di proprietà intellettuale viene messo seriamente in discussione; d’altronde se io cedo un oggetto di mia proprietà ad un altro, va da sé che io non lo possiedo più… cosa diversa accade per le mie idee: pur diffondendole, io non ne rimango privo, semplicemente le moltiplico e le diffondo, senza perderci nulla.
  • 6. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale L’internet non è fatta di tecnologie, ma di persone che comunicano, persone che cercano e offrono informazioni. L’importante è aver cura delle relazioni e delle persone. E non c’è nulla di banale nel concetto di “aver cura”. Nessuno sviluppo tecnologico ci hai mai tolto la voglia, il desiderio, la necessità dell’incontro umano. Quando, migliaia di anni fa, abbiamo imparato a scrivere non abbiamo smesso di parlare e di cantare. Con la diffusione tecnologica della musica riprodotta è aumentato, non diminuito, il numero delle persone che vanno ai concerti. Nessuno, che non sia un misantropo patologico, si è chiuso in casa solo perché esiste il telefono. L’importante è saper usare e governare le tecnologie. L’internet, in particolare, lungi da essere uno scudo, un distanziatore, è uno strumento prezioso per allargare e arricchire le nostre conoscenze – ma soprattutto l’ampiezza e la qualità dei nostri rapporti con le persone. Con intensità, emozione, calore umano. Solo chi non ha esperienza della rete la può immaginare come un luogo di tecnologica freddezza o di “paradisi” o “inferni” artificiali. Nell’internet c’è di tutto. Anche cose remote, sgradevoli, incomprensibili o antipatiche. Anche inganni e falsità. Ma c’è soprattutto una grande carica di umanità che spesso rivela umori, sentimenti ed emozioni con una sincerità che non è facile trovare in altri ambienti. Il bambino che ora a scuola lavora, e parecchio, con il computer, non pensa certo all’utilizzo della tecnologia: la tecnologia è “tecnologia” solo per chi è nato prima dell’avvento di quel particolare strumento nella propria vita. Per un bambino, il computer è semplicemente “un coso che fa cose” – un disegno, una storia illustrata ed animata, una fotografia, dove prendere le informazioni, un libro, un riproduttore di musica – e quando tutti saremo in confidenza con queste macchine come ora lo siamo col telefono e il treno, allora nessuno dovrà più spiegare alle persone o alle istituzioni, grandi o piccole, come
  • 7. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale usare la rete e l’internet: avremo a che fare con una parte abituale della nostra vita di relazione. Allargo il discorso, oltre ai bambini, a quello che viene definito life-long learning, ovvero la necessità avvertita dalle società moderne di provvedere forme di apprendimento per tutti i segmenti della popolazione: in una società come la nostra, dove ad esempio il numero degli anziani continua a crescere, diventa sempre più importante offrire spazi di partecipazione, di non isolamento. La rete può avere un ruolo fondamentale. Fra l’altro, serve a superare i pregiudizi, a uscire da un “ghetto di età”. Devo riconoscere qui un tributo ad alcune idee espresse da Giancarlo Livraghi. Un dialogo privo di immediata presenza fisica rende più facile scoprire come spesso un vecchio abbia una mente e uno spirito più giovane di tanti giovani. È difficile, si pensa, che un vecchio impari cose nuove. Non è vero. Molte persone che oggi sono vecchie hanno imparato nella loro vita a usare macchine assai più complesse e difficili che un computer o un modem. Basta un po’ di pazienza – soprattutto il superamento di diffidenze e perplessità iniziali. La rete che dobbiamo desiderare è quella in cui tutti possano stare insieme. I ragazzini, che non c’erano ma stanno cominciando ad arrivare. Le mamme e i papà (anche perché siano in grado di capire che cosa fanno i loro figli quando si collegano). E i “nonni”, cioè i vecchi, liberati da molti dei vincoli e dei pregiudizi che imprigionano la loro condizione. Utopia? Proprio no. Una realtà possibile, che dovremmo incoraggiare e favorire in tutti i modi. Prima di tutto con la diffusione di una cultura più umana e meno bizzarra a proposito della telematica, appunto “umanistica” in senso ampio, capace di porre l’essere individuale e da subito parte di una collettività al centro della progettazione e dell’attuazione delle pratiche sociali. Vent’anni fa si cominciava a parlare di società dell’informazione; oggi si fa strada una definizione diversa: la società della relazione. L’imperio dei grandi mezzi di massa “a senso unico” ha portato a una diffusione senza precedenti dell’informazione. Ma “società
  • 8. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale connessa” - network society - è qualcosa di diverso; accentua i valori delle relazioni, dello scambio, delle comunità, rispetto al puro e semplice concetto di “informazione”. I nuovi sistemi di comunicazione «mettono l’accento sui valori umani». Perde valore «ciò che è ripetitivo, sequenziale, copia e automazione; mentre cresce il valore di innovazione, originalità, fantasia ». In altre parole, i compiti più noiosi, meccanici e ripetitivi sono e saranno sempre più affidati alle macchine. I sistemi di riproduzione (di oggetti, di concetti o di idee) sono sempre più automatici, sempre meno costosi e sempre più a disposizione di tutti. La possibilità che questa situazione offre (per chi la sa cogliere) è la libertà di scegliere, di esprimersi, di dare spazio alla fantasia, all’invenzione, alla diversità. Quello che va fatto subito è togliere di mezzo – sollevato dagli scandalistici mezzi di informazione abituali - il "polverone" delle tecnomanie e dei terrorismi tecnologici, e dare a famiglie ed educatori una concreta cultura della rete e delle sue possibilità. L'impresa è meno complessa di quanto si possa immaginare. Le nozioni fondamentali (sul piano culturale e del comportamento, ciò che conta) si possono spiegare in mezza giornata o in un opuscolo di trentadue pagine. Strumento fondamentale, ovviamente, la scuola: sia per l'uso didattico che si può fare, a tutti i livelli, delle nuove tecnologie; sia per l'orientamento che la scuola può dare agli alunni e alle loro famiglie. Il primo rischio da affrontare è quello che sulla Rete, e quindi sui meccanismi deputati alla trasmissione e alla trasformazione della cultura, quale appunto la scuola intesa come istituzione sociale, si abbatta la censura. Provvedimenti restrittivi della libertà di parola e di comunicazione, che si minacciano non solo in Italia ma in tutta Europa, sono un fenomeno di preoccupante ipocrisia. Perché sarebbero del tutto inefficaci nella "protezione dei minori" mentre ci toglierebbero i nostri diritti fondamentali di cittadini; e perché con il paravento di un'immaginaria "tutela" potrebbero allentare quel dovere di responsabilità e di sorveglianza che compete a genitori e educatori.
  • 9. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale Lo strumento valido nel caso delle giovani generazioni, è uno solo: la guida di genitori, parenti ed educatori. E non dovrebbe riguardare solo i collegamenti in rete, ma anche altri aspetti delle nuove tecnologie. Per esempio il gioco è uno degli strumenti fondamentali di educazione e apprendimento; e ci sono molti giochi "elettronici" con autentici valori educativi. Ma non tutti possono essere accettati senza verifica. Credo che sia sempre bene sapere a che gioco un bambino sta giocando. Se non è giusto lasciare un bambino solo davanti a un televisore, non va lasciato solo neppure davanti a un computer. Il problema è che molti educatori e genitori non conoscono lo strumento; ma è un'occasione per imparare a conoscerlo, o almeno condividere anche questa esperienza con i nostri figli. Imparare, con loro, a esplorare nuovi orizzonti. E anche (perché no?) a giocare, cioè imparare nel modo migliore possibile.
  • 10. NuoviAbitanti www.nuoviabitanti.it associazione culturale Lo strumento valido nel caso delle giovani generazioni, è uno solo: la guida di genitori, parenti ed educatori. E non dovrebbe riguardare solo i collegamenti in rete, ma anche altri aspetti delle nuove tecnologie. Per esempio il gioco è uno degli strumenti fondamentali di educazione e apprendimento; e ci sono molti giochi "elettronici" con autentici valori educativi. Ma non tutti possono essere accettati senza verifica. Credo che sia sempre bene sapere a che gioco un bambino sta giocando. Se non è giusto lasciare un bambino solo davanti a un televisore, non va lasciato solo neppure davanti a un computer. Il problema è che molti educatori e genitori non conoscono lo strumento; ma è un'occasione per imparare a conoscerlo, o almeno condividere anche questa esperienza con i nostri figli. Imparare, con loro, a esplorare nuovi orizzonti. E anche (perché no?) a giocare, cioè imparare nel modo migliore possibile.