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SCUOLA DEL SOCIALE/ASSOCIAZIONE NUOVO WELFARE
GLI EFFETTI DEL
FEDERALISMO SULLE
POLITICHE SOCIALI LOCALI
Franco Pesaresi
Direttore ASUR Zona territoriale Senigallia (AN)
Presidente Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari (ANOSS)
Roma 24 novembre 2010
1° parte: Con il federalismo fiscale
Cresceranno le
risorse
destinate ai
comuni? 2
3
Cresceranno le risorse x i comuni?
secondo la bozza di D lgs 6/8/2010
1. No.
2. La riforma del federalismo fiscale per i comuni
prevede l’invarianza finanziaria.
3. Le risorse per i comuni complessivamente
saranno le stesse mentre si modificheranno le
fonti del loro finanziamento.
2° parte: Con il federalismo fiscale
Il welfare
comunale avrà un
finanziamento
specifico?
4
5
Finanziamento specifico per i LEPS?
Con il federalismo fiscale
non ci sarà alcun
finanziamento specifico
per i servizi sociali e
socio-educativi comunali,
come invece accade oggi.
6
Soppressione trasferimenti
 Dal 2012 sono soppressi tutti i trasferimenti
statali di parte corrente alle regioni (RSO). Non ci
sarà più, per esempio, il Fondo nazionale per le
politiche sociali.
 Dal 2013 ciascuna regione (RSO) sopprime i
trasferimenti regionali di parte corrente diretti al
finanziamento dei comuni. Dal 2013 ciascuna
regione RSO determina una compartecipazione
dei comuni alla addizionale Irpef in misura tale
da assicurare ai comuni un importo
corrispondente ai trasferimenti regionali
soppressi.
7
Regioni e finanziamento dei LEPS
 Non ci sarà, dunque, alcun finanziamento
regionale o statale specifico per i LEPS.
Rimane invece per i LEA.
 Le regioni perdono il principale
strumento a sostegno delle proprie
politiche sociali. Senza il finanziamento
delle politiche le regioni indeboliscono
pesantemente la loro azione. (Rimane il Fondo
perequativo che non ha destinazione vincolata e può essere distribuito solo ad alcuni comuni).
8
Regioni e LEPS
E’ impensabile che la regione non
partecipi al finanziamento almeno
parziale dei LEPS vista la
competenza legislativa esclusiva in
materia sociale. Non avrebbe
strumenti per le proprie politiche.
Bisogna trovare il modo di far
partecipare le regioni.
3° parte: Con il federalismo fiscale
Come verrà
finanziato Il
welfare
comunale?
9
10
Quale finanziamento per i LEPS?
Le politiche sociali, ovvero i
LEPS, saranno finanziate
integralmente ed in modo
indistinto insieme a tutte
le altre “Funzioni
Fondamentali” dei
comuni.
11
La classificazione delle spese
comunali
1. Spese fondamentali: definite dalla legislazione
statale; comprensive dei livelli essenziali delle
prestazioni eventualmente da esse implicate;
finanziate integralmente in base al fabbisogno
standard.
2. Spese non fondamentali: relative ad altre funzioni.
Finanziate da tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo
basato sulla capacità fiscale per abitante (obiettivo: ridurre le differenze tra le capacità
fiscali). Il finanziamento integrale non è più garantito.
3. Spese speciali: Non dirette a tutte le territorialità.
Finanziate da contributi speciali, finanziate dall’UE o
cofinanziate con i fondi di cui al 5° comma art. 119
Costituzione.
12
Le spese fondamentali
(individuate provvisoriamente dalla L. 42/2009)
1. Funzioni generali di amministrazione, di gestione e
di controllo
2. Funzioni di polizia locale
3. Funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi
per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e
refezione, nonché l’edilizia scolastica
4. Funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti
5. Funzioni riguardanti la gestione del territorio e
dell’ambiente
6. Funzioni del settore sociale
13
Il finanziamento delle funzioni
fondamentali
Le Funzioni fondamentali e i LEPS ad esse riferibili
sono finanziate integralmente in base al
fabbisogno standard, mantenendo l’invarianza
finanziaria, con:
– Tributi propri (Imposta Municipale Propria (IMUP) sugli
immobili; L’Imposta Municipale Secondaria (facoltativa e sostitutiva di
altre imposte occupazione suolo pubblico, pubblicità ecc.);
– Compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali
(senza vincolo di destinazione);
– Compartecipazioni e addizionali al gettito di tributi erariali e
regionali;
– Fondo perequativo (senza vincolo di destinazione).
14
Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 1a
Fase 1: Devoluzione a favore dei Comuni del gettito di
una serie di imposte attualmente statali che a vario titolo
gravano sugli immobili:
a) l’imposta di registro e di bollo sugli atti di
trasferimenti di immobili
b) l’imposta di registro e di bollo sui contratti di
locazione di immobili
c) l’imposta ipotecaria e catastale
d) l’Irpef per la parte relativa ai redditi fondiari (al
netto della nuova imposta di cui g))
e) i tributi speciali catastali
f) le tasse ipotecarie
g) l’imposta sostitutiva sui canoni di locazione
immobiliari prevista nello stesso decreto (art. 2)
15
Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 1b
Data la forte sperequazione territoriale di alcune delle
imposte devolute (registro, bollo e ipo-catastale) i gettiti
alimentano un fondo perequativo “provvisorio”
(“Fondo sperimentale di riequilibrio”) poi ripartito tra
i singoli Comuni secondo criteri ancora da specificare
Per garantire la “neutralità finanziaria” dell’intervento
viene riconosciuta allo Stato una compartecipazione sul
gettito dei tributi devoluti dallo Stato stesso (aliquota di
compartecipazione da fissare entro novembre 2010 in relazione ai
trasferimenti erariali effettivamente aboliti)
16
Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 1c
Introduzione di un’imposta sostitutiva sui canoni di
locazione sugli immobili a uso abitativo: il proprietario
in alternativa al regime ordinario dell’inclusione del
canone nella tassazione progressiva Irpef può optare per
una tassazione proporzionale, nella forma di cedolare
secca, con aliquota del 20%.
Il nuovo regime non si applica nel caso di locazioni
effettuate nell’esercizio di un’attività di impresa o di arti
e professioni oppure effettuate da enti commerciali.
Finalità: incentivare offerta di abitazioni in locazione,
emersione evasione.
17
Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 2a
FASE 2: A partire dal 2014 i Comuni istituiscono una nuova
Imposta municipale propria (Imup):
 cancella le imposte statali immobiliari devolute nella fase 1 (con l’eccezione della
cedolare secca sui canoni di locazione) e l’Ici
 ha due differenti componenti, riferite a due differenti presupposti:
o “componente possesso” (come l’Ici attuale)
o “componente trasferimento” (come le attuali imposta di registro e imposta ipo-catastale)
 è un'imposta patrimoniale: base imponibile data dal valore catastale
dell'immobile
 totale esenzione dell’abitazione principale per la “componente possesso” (come
oggi per l’Ici e per l’Irpef)
 aliquote base per le componenti “possesso” e “trasferimento” fissate dallo Stato
(per la prima rinvio a novembre ) ma ai Comuni possibilità di manovrarle in
aumento o in diminuzione entro limiti prefissati (fino al 3‰ sulla “componente
possesso”)
 fissazione dell’aliquota base della componente “possesso” rinviata a novembre.
Coerenza con il vincolo della “neutralità finanziaria”
 forti agevolazioni (50% della componente “possesso”) per:
o immobili locati
o immobili utilizzati nell’esercizio dell’attività di impresa, arti e professioni
ovvero posseduti da enti non commerciali.
18
Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 2b
Sempre dal 2014 i Comuni possono inoltre istituire una
nuova Imposta municipale secondaria facoltativa :
• sostituisce uno o più prelievi municipali attualmente in
vigore collegati con l’occupazione di beni appartenenti al
demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni:
Tosap, canone di occupazione di spazi e aree pubbliche,
imposta comunale sulla pubblicità e diritti sulle
pubbliche affissioni, canone per l’autorizzazione
all’installazione dei mezzi pubblicitari, ecc.
• tariffe differenziate in relazione alla durata, all’entità,
alla tipologia e alle finalità dell’occupazione.
19
Il decreto sulla fiscalità municipale/
Aspetti positivi
Positiva la riduzione del carico fiscale
sugli immobili residenziali locati
(cedolare secca + agevolazione sull’Imup)
per rilancio del mercato e emersione del
nero.
Positiva è l’attribuzione in via esclusiva ai
Comuni di pressoché tutta la materia
imponibile immobiliare.
20
Il decreto sulla fiscalità municipale
Aspetti negativi
La conferma dell’esenzione della prima casa da ogni forma di
imposizione (patrimoniale e reddituale), (che solleva dal
finanziamento dei servizi comunali una larga fetta dei residenti),
continua a costituire una chiara violazione di uno dei principi
cardine del federalismo fiscale: quello della coincidenza tra
contribuenti e beneficiari.
Il vincolo della “neutralità finanziaria” (e l’esenzione 1° casa)
produrrà un pesante spostamento del prelievo fiscale a danno, in
particolare, delle seconde case a disposizione. Prime simulazioni:
aliquota base (non fissata nel decreto) della componente “possesso”
Imup nell’intervallo tra l’11 e il 14 per mille rispetto al 4 per mille
dell’attuale aliquota base Ici.
4° parte: Per i comuni
Cambieranno le
risorse destinate
ai singoli
comuni?
21
22
Cambieranno le risorse destinate
ai singoli comuni?
1. Si. Ci sarà una diversa distribuzione
delle risorse ai comuni perché
cambiano i criteri di attribuzione
delle risorse.
2. Pertanto, rispetto alla situazione attuale ci
saranno comuni che avranno a disposizione
maggiori risorse o minori risorse.
3. Come cambierà dipende dal nuovo sistema che è
affidato al fabbisogno standard e fondo
perequativo.
23
I principi generali
secondo la bozza di D lgs 6/8/2010
1. L’intento è il graduale e definitivo superamento
del criterio della spesa storica quale regola di
finanziamento dei comuni.
2. Al suo posto la L.42/2009 propone il costo
standard (ma non solo) mentre la bozza D. Lgs.
propone il Fabbisogno standard quale sistema di
calcolo per il finanziamento integrale della spesa
relativa alle funzioni fondamentali e ai livelli
essenziali delle prestazioni ad esse riferibili.
IL FABBISOGNO
STANDARD (FS)
24
25
Che cosa è il fabbisogno standard?
 Il fabbisogno standard (FS) è il criterio di
riferimento per il finanziamento delle spese
per le funzioni fondamentali degli enti locali
(e i LEPS).
 La L. 42/2009 cita il fabbisogno standard 13
volte ma mai per definirlo e per indicare il
metodo di calcolo. Possibile che nessuno
abbia posto con forza questo problema?
26
La letteratura
 La teoria economica non definisce il
fabbisogno (di spesa) standard in modo
univoco. C’è chi:
– Fa riferimento a comportamenti medi di spesa (che devono però trovare
riscontro in fattori oggettivi esogeni);
– Definisce la spesa standard per abitante mettendola in relazione
a variabili ritenute e a priori le determinanti dei fabbisogni di spesa
dei singoli enti;
– Definisce la spesa standard come il livello di spesa pro-capite che
consente la fornitura di un livello di servizi considerato standard.
27
I Metodi per il FS
seguendo la logica della Legge Delega
 Seguendo la logica della Legge Delega sono
due le metodologie possibili per calcolare i
fabbisogni standard dei comuni:
1. Calcolo dei costi standard (se ne parla nei
primissimi articoli della legge a proposito dei principi
fondamentali). Dovrebbe essere il criterio di
riferimento;
2. Calcolo della spesa standardizzata (se ne
parla a proposito dei criteri per il Fondo perequativo) che si
basa sulla spesa storica.
28
Il FS secondo i costi standard
 Il costo standard consiste nel costo di produzione ideale (di una
prestazione) ottenuto supponendo condizioni operative normali.
 Per determinare il FS occorre conoscere il Costo standard, calcolato
conoscendo la qualità standard delle prestazioni e lo standard di
erogazione delle prestazioni.
 Non si basa sulla spesa storica.
 L’Uso del costo standard consente di catturare meglio le esigenze di
recupero di efficienza e di efficacia della spesa, dato che determina
valori degli standard non eccessivamente difformi lungo il territorio
nazionale giustamente differenti al variare della dimensione del
comune coerentemente con la presenza di economie/diseconomie di
scala presenti nella produzione di un bene/servizio.
 Operazione complessa per la carenza di un dataset più omogeneo
circa le caratteristiche dei servizi erogati dai comuni (ministeri
impreparati) ma può garantire il finanziamento realmente necessario.
29
Il metodo della RES (Representative expenditure system)
La relazione governativa sul Federalismo fiscale al Parlamento del 30
giugno ha indicato anche il metodo della RES come uno dei più
tradizionali per il calcolo del Fabbisogno standard.
Il metodo prevede l’utilizzo di indicatori fisici relativi ai fattori incidenti
sull’amministrazione locale (popolazione servita, strade curate, servizi
forniti, ecc.). Dato un livello di spesa pro-capite definito necessario o
semplicemente medio, questo viene corretto attraverso indicatori di
copertura della domanda potenziale, produttività e di costo dell’input
della produzione.
In sostanza, per determinare quanto ciascun ente locale dovrebbe
spendere per finanziare un certo mix di servizi vengono considerate le
caratteristiche demografiche, socioeconomiche e geografiche che
influiscono sui bisogni di quel dato territorio.
30
Il metodo proposto dal governo per
il FS
secondo la bozza di D. Lgs 6/8/2010
Il Governo ritiene inadeguate le
metodologie precedenti:
propone una metodologia per il
calcolo del FS (con la bozza di Dlgs del 6/8/2010) ed
affida la sua realizzazione alla
Società degli studi di settore
(SOSE).
31
Schema D.Lgs: metodologia x il FS
secondo la bozza di D. Lgs 6/8/2010
Il fabbisogno standard, per ciascuna funzione
fondamentale e i relativi servizi, è determinato
attraverso:
a) L’individuazione dei modelli organizzativi in
relazione alla funzione fondamentale e ai relativi
servizi;
b) L’analisi dei costi finalizzata alla individuazione di
quelli più significativi e alla determinazione degli
interventi di normalità;
c) L’individuazione di un modello di stima dei
fabbisogni standard.
(La genericità dei principi metodologici non permette di valutare le
ricadute finanziarie della metodologia adottata)
32
Come opera la Sose?
secondo la bozza di D. Lgs 6(8/2010
Il procedimento di determinazione del fabbisogno si
articola nel seguente modo:
La Sose predispone le metodologie occorrenti alla
individuazione dei fabbisogni standard e ne
determina i valori con tecniche statistiche che danno
rilievo alle caratteristiche individuali dei singoli
comuni
– utilizzando i dati di spesa storica
– e tenendo altresì conto della spesa relativa a servizi
esternalizzati,
– considerando una quota di spesa per abitante
– e tenendo conto della produttività e della diversità della
spesa in relazione all’ampiezza e caratteristiche
demografica, alle caratteristiche territoriali con particolare
riferimento alla presenza di comunità montane, alle
caratteristiche sociali e produttive dei comuni interessati.
33
Perché il metodo SOSE?
1. Perché il SOSE è di proprietà pubblica ed ha dato buona prova di sé.
2. Per le procedure di condivisione (con chi?) delle scelte tecniche nelle
diverse fasi della procedura di costruzione del Fabbisogno standard.
3. Per la gradualità e dinamicità del percorso. Ragionevole gradualità nel
perseguimento dell’efficienza. Gli standard, a regime, vanno
rideterminati a scadenze periodiche (per tener conto dei cambiamenti,
delle innovazioni e delle necessità di crescita del sistema).
4. Perché tiene conto dei dati contabili e “degli aspetti strutturali” (?) dei
servizi erogati” “da considerare coerenti con un livello accettabile di
efficienza” (pag. 18 allegato 3 Relazione al Parlamento 30/6/2010).
34
I tempi e i vincoli
Si stabilisce un percorso temporale per il calcolo dei FS:
1) nel 2011 per almeno 1/3 delle funzioni fondamentali
2) nel 2012 per un ulteriore 1/3 delle funzioni fondamentali
3) Nel 2013 copertura completa di tutte le funzioni
fondamentali.
Applicazione graduale nel triennio successivo.
Revisione entro tre anni dall’ adozione.
Clausola di “neutralità finanziaria”: dal decreto non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato
oltre a quelli stabiliti dalla legislazione vigente.
35
Si definisce un percorso?
SI. Ma attenzione.
Il SOSE provvede al calcolo del fabbisogno standard
entro tempi definiti seguendo una generica
metodologia.
Lo fa coinvolgendo i soggetti interessati. Chi viene
coinvolto e in quali passaggi?
L’implementazione del sistema sarà graduale. Il sistema
di calcolo sarà dinamico permettendo obiettivi
modulabili.
Esautorazione del Parlamento. Infatti la nota
metodologica relativa alle procedure di calcolo e
alle quantificazioni dei fabbisogni standard per
ciascuna funzione fondamentale di ciascun
Comune sono adottati con DPCM.
36
C’è la definizione di un sistema di
calcolo del FS?
No. Gli elementi forniti sono ancora insufficienti a
definire il metodo di calcolo.
Non si fa cenno al costo standard per il calcolo del
Fabbisogno standard.
C’è però un importante accenno anche alla valutazione
degli aspetti strutturali dei servizi che è significativo
per i possibili sviluppi (in termini di obiettivi di
servizio, garanzie di qualità minima, costo standard,
promozione della efficienza).
L’accenno è però ancora insufficiente per chiarire i reali
intendimenti del Governo.
5° parte: Per i comuni
IL FONDO
PEREQUATIVO
37
Il fondo perequativo per gli Enti
Locali: la dimensione
 Il Fondo perequativo finanzia sia le Funzioni fondamentali
dei comuni sia quelle non fondamentali. Decorre dal 2016.
 Aspetto decisivo è la dimensione del fondo che è
determinato, A LIVELLO NAZIONALE e con riguardo
all’esercizio delle funzioni fondamentali, in misura uguale
alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le
medesime funzioni e il totale delle entrate standardizzate
spettanti ai comuni.
 La dimensione del Fondo perequativo deve essere tale da
salvaguardare la neutralità finanziaria per il bilancio dello
Stato.
38
Il fondo perequativo per gli Enti
Locali/il riparto.
 La quota di fondo perequativo destinata alle Funzioni
fondamentali viene ripartita in base a due indicatori:
– Un indicatore di fabbisogno finanziario calcolato come
differenza tra il valore standardizzato della
spesa corrente (calcolato come abbiamo visto nelle slides
precedenti) al netto degli interessi e il valore
standardizzato del gettito dei tributi ed entrate proprie;
– Indicatori di fabbisogno di infrastrutture per il
finanziamento della spesa in conto capitale.
 La quota per le funzioni non fondamentali è invece diretta
a ridurre le differenze tra le capacità fiscali.
39
40
La spesa corrente standardizzata
 “La spesa corrente standardizzata è computata sulla base di
una quota uniforme per abitante, corretta per tenere conto della
diversità della spesa in relazione all’ampiezza demografica,
alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla
presenza di zone montane, alle caratteristiche demografiche,
sociali e produttive dei diversi enti. Il peso delle caratteristiche
individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno
è determinato con tecniche statistiche , utilizzando i dati di
spesa storica dei singoli enti” (bozza D. Lgs.).
 Il metodo utilizza le regressioni multiple per stimare la
dipendenza della spesa da un numero limitato di variabili
(determinanti). Il dato di partenza è la spesa storica su cui si
innestano le variabili. Sistema a lungo utilizzato dal Ministero
dell’Interno.
Valutazioni
 Il riparto del fondo perequativo, per la parte delle
funzioni fondamentali, non tiene conto della
capacità fiscale dei comuni e si basa su un
indicatore di fabbisogno finanziario costruito a
partire dalla spesa storica. Un sistema diverso da
quello regionale.
 E’ giusto questo sistema? Nella prima fase di
applicazione questo sistema può ridurre l’impatto
del federalismo ma a regime potrebbe avere degli
effetti contraddittori tendendo ad avvicinarsi agli
stessi risultati della spesa storica.
41
6° parte: Per i comuni
I LEPS sono
finanziati
integralmente?
42
43
LEPS finanziati integralmente?
 Si, tutte le Funzioni fondamentali ed
ovviamente i LEPS sono finanziate
integralmente con le risorse attribuite ai
comuni.
 Ma quali LEPS visto che non sono stati
ancora individuati e, in attesa della legge,
l’ultima normativa considera solo le
prestazioni individuate dalla normativa
nazionale?
LEPS e legge 42
 Infatti, il 2° comma dell’art. 20 della L.42/09 stabilisce che
fino alla loro approvazione con nuova legge si considerano
LEP quelli già fissati in base alla legislazione statale.
 Questo comma introduce una nuova preoccupante ipotesi:
quella del calcolo del Fabbisogno standard considerando le
norme nazionali largamente incomplete sull’assistenza e
non considerando le prestazioni e le risorse regionali e
comunali sull’assistenza (peraltro inadeguate).
RISULTATO: UN FEDERALISMO SENZA LA SUA
GARANZIA COSTITUZIONALE CHE SONO I LEP.
 Questo porterebbe alla fine del federalismo (solidale) e
all’esplosione delle differenze regionali.
44
7° parte: Per i comuni
CRESCERANNO
LE RISORSE PER
I LEPS ?
45
Cresceranno le risorse per i LEPS?
 Non lo sappiamo.
 Sappiamo che il nuovo sistema è
compatibile con una crescita delle
risorse per i LEPS ma a discapito degli
altri settori di spesa comunale.
46
47
La spesa per l’assistenza in Italia
–Italia spende poco per l’assistenza.
Il 3,1% del PIL mentre la media
europea è di almeno il 5,1%. Il dato
italiano è il più basso nell’Europa
dei 15.
–Spesa locale marginale (12,8%)
rispetto alla spesa complessiva e
con tassi di crescita inferiori alle
necessità.
48
Spesa sociale pubblica totale (2003)
Prestazioni Milioni di € In % sul PIL In % su totale spesa
Assegno sociale 3.346 0,24 7,7
Integrazione al minimo pensioni 13.945 1,00 32,3
Pensioni di invalidità civile 2.544 0,18 5,9
Indennità di accompagnamento 8.166 0,59 18,9
Maggiorazione sociale 1.620 0,12 3,7
Assegno per il nucleo familiare 5.495 0,40 12,7
Sostegno locazione 248 0,02 0,6
Assegno per 3° figlio 423 0,03 1,0
Assegno di maternità 290 0,02 0,7
Pensioni di guerra 1.558 0,11 3,6
Ministero solidarietà sociale 31 0,00 0,1
Totale prestazioni nazionali 37.666 2,71 87,2
Servizi sociali comunali 5.378 0,39 12,5
Province 129 0,01 0,3
Totale prestazioni locali 5.507 0,40 12,8
TOTALE SPESA PER L’ASSISTENZA 43.173 3,11 100,0
Fabbisogno standard: qualche proposta
 L’Italia deve porsi con forza l’obiettivo di
accrescere la spesa per l’assistenza al livello
europeo per finanziare i grandi programmi per la
non autosufficienza, per gli asili nido, per la
povertà.
 Questa stessa necessità di crescita non c’è per il
complesso delle Funzioni Fondamentali.
 Occorre trovare un meccanismo di calcolo del FS
che sappia far crescere i servizi assistenziali e
socio-educativi.
49
SOSE e LEPS
 Il metodo degli studi di settore – per quel
poco che se ne sa - è compatibile con la
necessità di finanziare maggiormente i
settori che si devono ancora sviluppare
come quello sociale e socio-educativo.
(teoricamente permette la crescita – seppur contenuta - di taluni
settori all’interno di una spesa complessiva predefinita).
 Teoricamente permette il calcolo dei costi reali
dei servizi associandoli ad alcuni standard di
servizio da raggiungere.
50
Proposta: costo standard per i LEPS
 Per i LEPS si potrebbe puntare sulla valutazione del calcolo
del costo standard a partire dalle prestazioni principali.
 Anche nel settore sociale c’è un gruppo di poche
prestazioni (asili nido, assistenza residenziale,…) in grado
di determinare la gran parte della spesa.
 Si tratterebbe di un percorso graduale di acquisizione dei
dati e di applicazione del criterio analitico. Mano a mano
che si rendono disponibili i dati si amplia gradualmente
l’applicazione del criterio (in 3 anni). Ipotesi in linea con il
metodo degli studi di settore.
 Si tratta di un percorso complesso ma nello stesso tempo
realista e non si rinuncia ad un percorso graduale di
crescita delle risorse ed alla costruzione del “pacchetto di
cittadinanza” uguale per tutti.
51
8° parte
SI RIDURRANNO
LE
DIFFERENZE?
52
53
LA SPESA COMUNALE PER
SERVIZI SOCIALI - 2006
RIPARTIZIONE SPESA PRO-CAPITE
NORD-OVEST 117 Spesa più alta RSS:
Valle d’Aosta: 359
NORD-EST 146
CENTRO 114 Spesa più alta RSO:
Emilia Romagna: 151
SUD 44 Spesa più bassa:
Calabria : 25
ISOLE 86 Spesa più bassa RSS:
Sicilia: 75
ITALIA 101
54
Differenze negli asili nido
Spesa procapite Spesa x posto nido % posti prima
infanzia
Nord-ovest 49 10.960 15,0
Nord-est 51 9.573 17,8
Centro 55 12.712 15,1
Sud e Isole 23 8.732 4,3
Comuni <5000 54 6.822
Comuni 5001-1000 41 7.684
Comuni 10001-20000 33 8.330
Comuni 20001-60000 33 10.239
Comuni >60000 61 12.540
ITALIA 49 10.999 11,7
55
Valutare le differenze
La tabella sugli asili nido dimostra che i dati economici
sulla spesa pro capite da soli non bastano ad
evidenziare i livelli di efficienza.
Ci sono comuni che puntano di più sugli asili nido e ci
sono standard strutturali e di personale diversi nelle
varie regioni che determinano una grande varietà della
spesa.
Per questo è importante che il fabbisogno standard si
calcoli tenendo conto anche degli “aspetti strutturali “
dei servizi (come indicato nella relazione al parlamento) intendendo
con questo gli aspetti quali-quantitativi che
influenzano la spesa. Questo per evitare di
penalizzare i comuni più efficienti ed attenti alla
qualità.
56
Spesa comunale per assistenza
 La spesa sociale comunale pro-capite presenta
enormi differenze (1 a 12).
 Riuscirà il federalismo a ridurre gradualmente le
differenze almno nel sociale? Da sempre i
sistemi federalisti non sono i migliori nel ridurre le
differenze.
 Molto dipenderà:
1. Dalla dimensione e dal sistema di calcolo del fabbisogno
standard ;
2. Dalle modalità di riparto del fondo perequativo;
3. Dal collegamento del fabbisogno standard con i LEPS.
9° parte
FEDERALISMO E
LEPS
57
FEDERALISMO E LEPS
 Le necessità di sviluppare la spesa sociale locale e di
ridurre le differenze rendono necessario agganciare
fortemente le modalità di finanziamento degli enti locali alla
definizione dei LEPS. Nel momento in cui tutti i comuni
saranno impegnati a garantire i LEPS le differenze non
scompariranno ma si dovrebbero ridurre.
 Occorre pertanto:
– Definire in modo non generico i LEPS;
– Calcolare il fabbisogno standard sulla base dei LEPS (di
un gruppo crescente di prestazioni);
– Definire un percorso graduale.
58
Definire i LEPS in modo non
generico
L’obiettivo di elevare la spesa sociale e di ridurre gli
squilibri territoriali richiede di definire i LEPS in
questo modo:
– Devono essere individuate con precisione le
prestazioni;
– Per ogni prestazione va definito lo standard di
erogazione;
– Ogni servizio/prestazione deve essere
sottoposto ad autorizzazione e
accreditamento;
– Il riferimento deve essere al bacino di
popolazione e non all’ambito sociale.
59
obiettivi di servizio dei LEPS
Occorre rilevare positivamente un interesse della legge verso la
definizione non generica dei LEP.
Spetta infatti ai decreti legislativi definire anche gli obiettivi di
servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali
nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali
delle prestazioni (o alle funzioni fondamentali) (art. 2, c.2, lett. f).
Che cosa sono gli obiettivi di servizio se non qualcosa di
assimilabile agli standard di erogazione delle prestazioni?
La delega è comunque difficile da attuare se non si definiscono
prioritariamente i LEPS.
60
10° parte
MONITORAGGIO
E GRADUALITA’
61
Monitoraggio e sanzioni
 La legge sul federalismo fiscale garantisce il
finanziamento delle funzioni fondamentali e non
dei LEPS. Questo modello è debole. Quali
strumenti e garanzie per la realizzazione dei
LEPS?
 Senza lo strumento del finanziamento finalizzato
si è quasi disarmati. Decisivo diventa pertanto, il
monitoraggio sulla loro realizzazione.
 Occorre anche un sistema di incentivazione e di
meccanismi sanzionatori da applicare ai comuni
da affidare anche alle regioni (e non solo allo
Stato – art.2 , c.2,ett. z)
62
Gradualità
 La situazione della finanza pubblica rende difficile uno
sviluppo significativo dei finanziamenti dedicati al welfare
sociale locale ma la conoscenza del settore rendono
irrinunciabile la costruzione della rete completa dei servizi.
 Questo rende plausibile un percorso graduale di
valutazione analitica del fabbisogno e di finanziamento di
tutte le attività che è stato previsto nello schema di D. LGS.
e che prevede: avvio graduale dal 2012, entro il 2013
determinazione del fabbisogno standard a tutte le funzioni
fondamentali ed entro il 2016 entrata a regime del nuovo
sistema.
63
64
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Effetti del federalismo sulle politiche sociali dei comuni

  • 1. SCUOLA DEL SOCIALE/ASSOCIAZIONE NUOVO WELFARE GLI EFFETTI DEL FEDERALISMO SULLE POLITICHE SOCIALI LOCALI Franco Pesaresi Direttore ASUR Zona territoriale Senigallia (AN) Presidente Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari (ANOSS) Roma 24 novembre 2010
  • 2. 1° parte: Con il federalismo fiscale Cresceranno le risorse destinate ai comuni? 2
  • 3. 3 Cresceranno le risorse x i comuni? secondo la bozza di D lgs 6/8/2010 1. No. 2. La riforma del federalismo fiscale per i comuni prevede l’invarianza finanziaria. 3. Le risorse per i comuni complessivamente saranno le stesse mentre si modificheranno le fonti del loro finanziamento.
  • 4. 2° parte: Con il federalismo fiscale Il welfare comunale avrà un finanziamento specifico? 4
  • 5. 5 Finanziamento specifico per i LEPS? Con il federalismo fiscale non ci sarà alcun finanziamento specifico per i servizi sociali e socio-educativi comunali, come invece accade oggi.
  • 6. 6 Soppressione trasferimenti  Dal 2012 sono soppressi tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle regioni (RSO). Non ci sarà più, per esempio, il Fondo nazionale per le politiche sociali.  Dal 2013 ciascuna regione (RSO) sopprime i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento dei comuni. Dal 2013 ciascuna regione RSO determina una compartecipazione dei comuni alla addizionale Irpef in misura tale da assicurare ai comuni un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi.
  • 7. 7 Regioni e finanziamento dei LEPS  Non ci sarà, dunque, alcun finanziamento regionale o statale specifico per i LEPS. Rimane invece per i LEA.  Le regioni perdono il principale strumento a sostegno delle proprie politiche sociali. Senza il finanziamento delle politiche le regioni indeboliscono pesantemente la loro azione. (Rimane il Fondo perequativo che non ha destinazione vincolata e può essere distribuito solo ad alcuni comuni).
  • 8. 8 Regioni e LEPS E’ impensabile che la regione non partecipi al finanziamento almeno parziale dei LEPS vista la competenza legislativa esclusiva in materia sociale. Non avrebbe strumenti per le proprie politiche. Bisogna trovare il modo di far partecipare le regioni.
  • 9. 3° parte: Con il federalismo fiscale Come verrà finanziato Il welfare comunale? 9
  • 10. 10 Quale finanziamento per i LEPS? Le politiche sociali, ovvero i LEPS, saranno finanziate integralmente ed in modo indistinto insieme a tutte le altre “Funzioni Fondamentali” dei comuni.
  • 11. 11 La classificazione delle spese comunali 1. Spese fondamentali: definite dalla legislazione statale; comprensive dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate; finanziate integralmente in base al fabbisogno standard. 2. Spese non fondamentali: relative ad altre funzioni. Finanziate da tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo basato sulla capacità fiscale per abitante (obiettivo: ridurre le differenze tra le capacità fiscali). Il finanziamento integrale non è più garantito. 3. Spese speciali: Non dirette a tutte le territorialità. Finanziate da contributi speciali, finanziate dall’UE o cofinanziate con i fondi di cui al 5° comma art. 119 Costituzione.
  • 12. 12 Le spese fondamentali (individuate provvisoriamente dalla L. 42/2009) 1. Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo 2. Funzioni di polizia locale 3. Funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica 4. Funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti 5. Funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente 6. Funzioni del settore sociale
  • 13. 13 Il finanziamento delle funzioni fondamentali Le Funzioni fondamentali e i LEPS ad esse riferibili sono finanziate integralmente in base al fabbisogno standard, mantenendo l’invarianza finanziaria, con: – Tributi propri (Imposta Municipale Propria (IMUP) sugli immobili; L’Imposta Municipale Secondaria (facoltativa e sostitutiva di altre imposte occupazione suolo pubblico, pubblicità ecc.); – Compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali (senza vincolo di destinazione); – Compartecipazioni e addizionali al gettito di tributi erariali e regionali; – Fondo perequativo (senza vincolo di destinazione).
  • 14. 14 Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 1a Fase 1: Devoluzione a favore dei Comuni del gettito di una serie di imposte attualmente statali che a vario titolo gravano sugli immobili: a) l’imposta di registro e di bollo sugli atti di trasferimenti di immobili b) l’imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione di immobili c) l’imposta ipotecaria e catastale d) l’Irpef per la parte relativa ai redditi fondiari (al netto della nuova imposta di cui g)) e) i tributi speciali catastali f) le tasse ipotecarie g) l’imposta sostitutiva sui canoni di locazione immobiliari prevista nello stesso decreto (art. 2)
  • 15. 15 Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 1b Data la forte sperequazione territoriale di alcune delle imposte devolute (registro, bollo e ipo-catastale) i gettiti alimentano un fondo perequativo “provvisorio” (“Fondo sperimentale di riequilibrio”) poi ripartito tra i singoli Comuni secondo criteri ancora da specificare Per garantire la “neutralità finanziaria” dell’intervento viene riconosciuta allo Stato una compartecipazione sul gettito dei tributi devoluti dallo Stato stesso (aliquota di compartecipazione da fissare entro novembre 2010 in relazione ai trasferimenti erariali effettivamente aboliti)
  • 16. 16 Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 1c Introduzione di un’imposta sostitutiva sui canoni di locazione sugli immobili a uso abitativo: il proprietario in alternativa al regime ordinario dell’inclusione del canone nella tassazione progressiva Irpef può optare per una tassazione proporzionale, nella forma di cedolare secca, con aliquota del 20%. Il nuovo regime non si applica nel caso di locazioni effettuate nell’esercizio di un’attività di impresa o di arti e professioni oppure effettuate da enti commerciali. Finalità: incentivare offerta di abitazioni in locazione, emersione evasione.
  • 17. 17 Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 2a FASE 2: A partire dal 2014 i Comuni istituiscono una nuova Imposta municipale propria (Imup):  cancella le imposte statali immobiliari devolute nella fase 1 (con l’eccezione della cedolare secca sui canoni di locazione) e l’Ici  ha due differenti componenti, riferite a due differenti presupposti: o “componente possesso” (come l’Ici attuale) o “componente trasferimento” (come le attuali imposta di registro e imposta ipo-catastale)  è un'imposta patrimoniale: base imponibile data dal valore catastale dell'immobile  totale esenzione dell’abitazione principale per la “componente possesso” (come oggi per l’Ici e per l’Irpef)  aliquote base per le componenti “possesso” e “trasferimento” fissate dallo Stato (per la prima rinvio a novembre ) ma ai Comuni possibilità di manovrarle in aumento o in diminuzione entro limiti prefissati (fino al 3‰ sulla “componente possesso”)  fissazione dell’aliquota base della componente “possesso” rinviata a novembre. Coerenza con il vincolo della “neutralità finanziaria”  forti agevolazioni (50% della componente “possesso”) per: o immobili locati o immobili utilizzati nell’esercizio dell’attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali.
  • 18. 18 Il decreto sulla fiscalità municipale – Fase 2b Sempre dal 2014 i Comuni possono inoltre istituire una nuova Imposta municipale secondaria facoltativa : • sostituisce uno o più prelievi municipali attualmente in vigore collegati con l’occupazione di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni: Tosap, canone di occupazione di spazi e aree pubbliche, imposta comunale sulla pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni, canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari, ecc. • tariffe differenziate in relazione alla durata, all’entità, alla tipologia e alle finalità dell’occupazione.
  • 19. 19 Il decreto sulla fiscalità municipale/ Aspetti positivi Positiva la riduzione del carico fiscale sugli immobili residenziali locati (cedolare secca + agevolazione sull’Imup) per rilancio del mercato e emersione del nero. Positiva è l’attribuzione in via esclusiva ai Comuni di pressoché tutta la materia imponibile immobiliare.
  • 20. 20 Il decreto sulla fiscalità municipale Aspetti negativi La conferma dell’esenzione della prima casa da ogni forma di imposizione (patrimoniale e reddituale), (che solleva dal finanziamento dei servizi comunali una larga fetta dei residenti), continua a costituire una chiara violazione di uno dei principi cardine del federalismo fiscale: quello della coincidenza tra contribuenti e beneficiari. Il vincolo della “neutralità finanziaria” (e l’esenzione 1° casa) produrrà un pesante spostamento del prelievo fiscale a danno, in particolare, delle seconde case a disposizione. Prime simulazioni: aliquota base (non fissata nel decreto) della componente “possesso” Imup nell’intervallo tra l’11 e il 14 per mille rispetto al 4 per mille dell’attuale aliquota base Ici.
  • 21. 4° parte: Per i comuni Cambieranno le risorse destinate ai singoli comuni? 21
  • 22. 22 Cambieranno le risorse destinate ai singoli comuni? 1. Si. Ci sarà una diversa distribuzione delle risorse ai comuni perché cambiano i criteri di attribuzione delle risorse. 2. Pertanto, rispetto alla situazione attuale ci saranno comuni che avranno a disposizione maggiori risorse o minori risorse. 3. Come cambierà dipende dal nuovo sistema che è affidato al fabbisogno standard e fondo perequativo.
  • 23. 23 I principi generali secondo la bozza di D lgs 6/8/2010 1. L’intento è il graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica quale regola di finanziamento dei comuni. 2. Al suo posto la L.42/2009 propone il costo standard (ma non solo) mentre la bozza D. Lgs. propone il Fabbisogno standard quale sistema di calcolo per il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni ad esse riferibili.
  • 25. 25 Che cosa è il fabbisogno standard?  Il fabbisogno standard (FS) è il criterio di riferimento per il finanziamento delle spese per le funzioni fondamentali degli enti locali (e i LEPS).  La L. 42/2009 cita il fabbisogno standard 13 volte ma mai per definirlo e per indicare il metodo di calcolo. Possibile che nessuno abbia posto con forza questo problema?
  • 26. 26 La letteratura  La teoria economica non definisce il fabbisogno (di spesa) standard in modo univoco. C’è chi: – Fa riferimento a comportamenti medi di spesa (che devono però trovare riscontro in fattori oggettivi esogeni); – Definisce la spesa standard per abitante mettendola in relazione a variabili ritenute e a priori le determinanti dei fabbisogni di spesa dei singoli enti; – Definisce la spesa standard come il livello di spesa pro-capite che consente la fornitura di un livello di servizi considerato standard.
  • 27. 27 I Metodi per il FS seguendo la logica della Legge Delega  Seguendo la logica della Legge Delega sono due le metodologie possibili per calcolare i fabbisogni standard dei comuni: 1. Calcolo dei costi standard (se ne parla nei primissimi articoli della legge a proposito dei principi fondamentali). Dovrebbe essere il criterio di riferimento; 2. Calcolo della spesa standardizzata (se ne parla a proposito dei criteri per il Fondo perequativo) che si basa sulla spesa storica.
  • 28. 28 Il FS secondo i costi standard  Il costo standard consiste nel costo di produzione ideale (di una prestazione) ottenuto supponendo condizioni operative normali.  Per determinare il FS occorre conoscere il Costo standard, calcolato conoscendo la qualità standard delle prestazioni e lo standard di erogazione delle prestazioni.  Non si basa sulla spesa storica.  L’Uso del costo standard consente di catturare meglio le esigenze di recupero di efficienza e di efficacia della spesa, dato che determina valori degli standard non eccessivamente difformi lungo il territorio nazionale giustamente differenti al variare della dimensione del comune coerentemente con la presenza di economie/diseconomie di scala presenti nella produzione di un bene/servizio.  Operazione complessa per la carenza di un dataset più omogeneo circa le caratteristiche dei servizi erogati dai comuni (ministeri impreparati) ma può garantire il finanziamento realmente necessario.
  • 29. 29 Il metodo della RES (Representative expenditure system) La relazione governativa sul Federalismo fiscale al Parlamento del 30 giugno ha indicato anche il metodo della RES come uno dei più tradizionali per il calcolo del Fabbisogno standard. Il metodo prevede l’utilizzo di indicatori fisici relativi ai fattori incidenti sull’amministrazione locale (popolazione servita, strade curate, servizi forniti, ecc.). Dato un livello di spesa pro-capite definito necessario o semplicemente medio, questo viene corretto attraverso indicatori di copertura della domanda potenziale, produttività e di costo dell’input della produzione. In sostanza, per determinare quanto ciascun ente locale dovrebbe spendere per finanziare un certo mix di servizi vengono considerate le caratteristiche demografiche, socioeconomiche e geografiche che influiscono sui bisogni di quel dato territorio.
  • 30. 30 Il metodo proposto dal governo per il FS secondo la bozza di D. Lgs 6/8/2010 Il Governo ritiene inadeguate le metodologie precedenti: propone una metodologia per il calcolo del FS (con la bozza di Dlgs del 6/8/2010) ed affida la sua realizzazione alla Società degli studi di settore (SOSE).
  • 31. 31 Schema D.Lgs: metodologia x il FS secondo la bozza di D. Lgs 6/8/2010 Il fabbisogno standard, per ciascuna funzione fondamentale e i relativi servizi, è determinato attraverso: a) L’individuazione dei modelli organizzativi in relazione alla funzione fondamentale e ai relativi servizi; b) L’analisi dei costi finalizzata alla individuazione di quelli più significativi e alla determinazione degli interventi di normalità; c) L’individuazione di un modello di stima dei fabbisogni standard. (La genericità dei principi metodologici non permette di valutare le ricadute finanziarie della metodologia adottata)
  • 32. 32 Come opera la Sose? secondo la bozza di D. Lgs 6(8/2010 Il procedimento di determinazione del fabbisogno si articola nel seguente modo: La Sose predispone le metodologie occorrenti alla individuazione dei fabbisogni standard e ne determina i valori con tecniche statistiche che danno rilievo alle caratteristiche individuali dei singoli comuni – utilizzando i dati di spesa storica – e tenendo altresì conto della spesa relativa a servizi esternalizzati, – considerando una quota di spesa per abitante – e tenendo conto della produttività e della diversità della spesa in relazione all’ampiezza e caratteristiche demografica, alle caratteristiche territoriali con particolare riferimento alla presenza di comunità montane, alle caratteristiche sociali e produttive dei comuni interessati.
  • 33. 33 Perché il metodo SOSE? 1. Perché il SOSE è di proprietà pubblica ed ha dato buona prova di sé. 2. Per le procedure di condivisione (con chi?) delle scelte tecniche nelle diverse fasi della procedura di costruzione del Fabbisogno standard. 3. Per la gradualità e dinamicità del percorso. Ragionevole gradualità nel perseguimento dell’efficienza. Gli standard, a regime, vanno rideterminati a scadenze periodiche (per tener conto dei cambiamenti, delle innovazioni e delle necessità di crescita del sistema). 4. Perché tiene conto dei dati contabili e “degli aspetti strutturali” (?) dei servizi erogati” “da considerare coerenti con un livello accettabile di efficienza” (pag. 18 allegato 3 Relazione al Parlamento 30/6/2010).
  • 34. 34 I tempi e i vincoli Si stabilisce un percorso temporale per il calcolo dei FS: 1) nel 2011 per almeno 1/3 delle funzioni fondamentali 2) nel 2012 per un ulteriore 1/3 delle funzioni fondamentali 3) Nel 2013 copertura completa di tutte le funzioni fondamentali. Applicazione graduale nel triennio successivo. Revisione entro tre anni dall’ adozione. Clausola di “neutralità finanziaria”: dal decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato oltre a quelli stabiliti dalla legislazione vigente.
  • 35. 35 Si definisce un percorso? SI. Ma attenzione. Il SOSE provvede al calcolo del fabbisogno standard entro tempi definiti seguendo una generica metodologia. Lo fa coinvolgendo i soggetti interessati. Chi viene coinvolto e in quali passaggi? L’implementazione del sistema sarà graduale. Il sistema di calcolo sarà dinamico permettendo obiettivi modulabili. Esautorazione del Parlamento. Infatti la nota metodologica relativa alle procedure di calcolo e alle quantificazioni dei fabbisogni standard per ciascuna funzione fondamentale di ciascun Comune sono adottati con DPCM.
  • 36. 36 C’è la definizione di un sistema di calcolo del FS? No. Gli elementi forniti sono ancora insufficienti a definire il metodo di calcolo. Non si fa cenno al costo standard per il calcolo del Fabbisogno standard. C’è però un importante accenno anche alla valutazione degli aspetti strutturali dei servizi che è significativo per i possibili sviluppi (in termini di obiettivi di servizio, garanzie di qualità minima, costo standard, promozione della efficienza). L’accenno è però ancora insufficiente per chiarire i reali intendimenti del Governo.
  • 37. 5° parte: Per i comuni IL FONDO PEREQUATIVO 37
  • 38. Il fondo perequativo per gli Enti Locali: la dimensione  Il Fondo perequativo finanzia sia le Funzioni fondamentali dei comuni sia quelle non fondamentali. Decorre dal 2016.  Aspetto decisivo è la dimensione del fondo che è determinato, A LIVELLO NAZIONALE e con riguardo all’esercizio delle funzioni fondamentali, in misura uguale alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le medesime funzioni e il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni.  La dimensione del Fondo perequativo deve essere tale da salvaguardare la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato. 38
  • 39. Il fondo perequativo per gli Enti Locali/il riparto.  La quota di fondo perequativo destinata alle Funzioni fondamentali viene ripartita in base a due indicatori: – Un indicatore di fabbisogno finanziario calcolato come differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente (calcolato come abbiamo visto nelle slides precedenti) al netto degli interessi e il valore standardizzato del gettito dei tributi ed entrate proprie; – Indicatori di fabbisogno di infrastrutture per il finanziamento della spesa in conto capitale.  La quota per le funzioni non fondamentali è invece diretta a ridurre le differenze tra le capacità fiscali. 39
  • 40. 40 La spesa corrente standardizzata  “La spesa corrente standardizzata è computata sulla base di una quota uniforme per abitante, corretta per tenere conto della diversità della spesa in relazione all’ampiezza demografica, alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti. Il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche , utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti” (bozza D. Lgs.).  Il metodo utilizza le regressioni multiple per stimare la dipendenza della spesa da un numero limitato di variabili (determinanti). Il dato di partenza è la spesa storica su cui si innestano le variabili. Sistema a lungo utilizzato dal Ministero dell’Interno.
  • 41. Valutazioni  Il riparto del fondo perequativo, per la parte delle funzioni fondamentali, non tiene conto della capacità fiscale dei comuni e si basa su un indicatore di fabbisogno finanziario costruito a partire dalla spesa storica. Un sistema diverso da quello regionale.  E’ giusto questo sistema? Nella prima fase di applicazione questo sistema può ridurre l’impatto del federalismo ma a regime potrebbe avere degli effetti contraddittori tendendo ad avvicinarsi agli stessi risultati della spesa storica. 41
  • 42. 6° parte: Per i comuni I LEPS sono finanziati integralmente? 42
  • 43. 43 LEPS finanziati integralmente?  Si, tutte le Funzioni fondamentali ed ovviamente i LEPS sono finanziate integralmente con le risorse attribuite ai comuni.  Ma quali LEPS visto che non sono stati ancora individuati e, in attesa della legge, l’ultima normativa considera solo le prestazioni individuate dalla normativa nazionale?
  • 44. LEPS e legge 42  Infatti, il 2° comma dell’art. 20 della L.42/09 stabilisce che fino alla loro approvazione con nuova legge si considerano LEP quelli già fissati in base alla legislazione statale.  Questo comma introduce una nuova preoccupante ipotesi: quella del calcolo del Fabbisogno standard considerando le norme nazionali largamente incomplete sull’assistenza e non considerando le prestazioni e le risorse regionali e comunali sull’assistenza (peraltro inadeguate). RISULTATO: UN FEDERALISMO SENZA LA SUA GARANZIA COSTITUZIONALE CHE SONO I LEP.  Questo porterebbe alla fine del federalismo (solidale) e all’esplosione delle differenze regionali. 44
  • 45. 7° parte: Per i comuni CRESCERANNO LE RISORSE PER I LEPS ? 45
  • 46. Cresceranno le risorse per i LEPS?  Non lo sappiamo.  Sappiamo che il nuovo sistema è compatibile con una crescita delle risorse per i LEPS ma a discapito degli altri settori di spesa comunale. 46
  • 47. 47 La spesa per l’assistenza in Italia –Italia spende poco per l’assistenza. Il 3,1% del PIL mentre la media europea è di almeno il 5,1%. Il dato italiano è il più basso nell’Europa dei 15. –Spesa locale marginale (12,8%) rispetto alla spesa complessiva e con tassi di crescita inferiori alle necessità.
  • 48. 48 Spesa sociale pubblica totale (2003) Prestazioni Milioni di € In % sul PIL In % su totale spesa Assegno sociale 3.346 0,24 7,7 Integrazione al minimo pensioni 13.945 1,00 32,3 Pensioni di invalidità civile 2.544 0,18 5,9 Indennità di accompagnamento 8.166 0,59 18,9 Maggiorazione sociale 1.620 0,12 3,7 Assegno per il nucleo familiare 5.495 0,40 12,7 Sostegno locazione 248 0,02 0,6 Assegno per 3° figlio 423 0,03 1,0 Assegno di maternità 290 0,02 0,7 Pensioni di guerra 1.558 0,11 3,6 Ministero solidarietà sociale 31 0,00 0,1 Totale prestazioni nazionali 37.666 2,71 87,2 Servizi sociali comunali 5.378 0,39 12,5 Province 129 0,01 0,3 Totale prestazioni locali 5.507 0,40 12,8 TOTALE SPESA PER L’ASSISTENZA 43.173 3,11 100,0
  • 49. Fabbisogno standard: qualche proposta  L’Italia deve porsi con forza l’obiettivo di accrescere la spesa per l’assistenza al livello europeo per finanziare i grandi programmi per la non autosufficienza, per gli asili nido, per la povertà.  Questa stessa necessità di crescita non c’è per il complesso delle Funzioni Fondamentali.  Occorre trovare un meccanismo di calcolo del FS che sappia far crescere i servizi assistenziali e socio-educativi. 49
  • 50. SOSE e LEPS  Il metodo degli studi di settore – per quel poco che se ne sa - è compatibile con la necessità di finanziare maggiormente i settori che si devono ancora sviluppare come quello sociale e socio-educativo. (teoricamente permette la crescita – seppur contenuta - di taluni settori all’interno di una spesa complessiva predefinita).  Teoricamente permette il calcolo dei costi reali dei servizi associandoli ad alcuni standard di servizio da raggiungere. 50
  • 51. Proposta: costo standard per i LEPS  Per i LEPS si potrebbe puntare sulla valutazione del calcolo del costo standard a partire dalle prestazioni principali.  Anche nel settore sociale c’è un gruppo di poche prestazioni (asili nido, assistenza residenziale,…) in grado di determinare la gran parte della spesa.  Si tratterebbe di un percorso graduale di acquisizione dei dati e di applicazione del criterio analitico. Mano a mano che si rendono disponibili i dati si amplia gradualmente l’applicazione del criterio (in 3 anni). Ipotesi in linea con il metodo degli studi di settore.  Si tratta di un percorso complesso ma nello stesso tempo realista e non si rinuncia ad un percorso graduale di crescita delle risorse ed alla costruzione del “pacchetto di cittadinanza” uguale per tutti. 51
  • 53. 53 LA SPESA COMUNALE PER SERVIZI SOCIALI - 2006 RIPARTIZIONE SPESA PRO-CAPITE NORD-OVEST 117 Spesa più alta RSS: Valle d’Aosta: 359 NORD-EST 146 CENTRO 114 Spesa più alta RSO: Emilia Romagna: 151 SUD 44 Spesa più bassa: Calabria : 25 ISOLE 86 Spesa più bassa RSS: Sicilia: 75 ITALIA 101
  • 54. 54 Differenze negli asili nido Spesa procapite Spesa x posto nido % posti prima infanzia Nord-ovest 49 10.960 15,0 Nord-est 51 9.573 17,8 Centro 55 12.712 15,1 Sud e Isole 23 8.732 4,3 Comuni <5000 54 6.822 Comuni 5001-1000 41 7.684 Comuni 10001-20000 33 8.330 Comuni 20001-60000 33 10.239 Comuni >60000 61 12.540 ITALIA 49 10.999 11,7
  • 55. 55 Valutare le differenze La tabella sugli asili nido dimostra che i dati economici sulla spesa pro capite da soli non bastano ad evidenziare i livelli di efficienza. Ci sono comuni che puntano di più sugli asili nido e ci sono standard strutturali e di personale diversi nelle varie regioni che determinano una grande varietà della spesa. Per questo è importante che il fabbisogno standard si calcoli tenendo conto anche degli “aspetti strutturali “ dei servizi (come indicato nella relazione al parlamento) intendendo con questo gli aspetti quali-quantitativi che influenzano la spesa. Questo per evitare di penalizzare i comuni più efficienti ed attenti alla qualità.
  • 56. 56 Spesa comunale per assistenza  La spesa sociale comunale pro-capite presenta enormi differenze (1 a 12).  Riuscirà il federalismo a ridurre gradualmente le differenze almno nel sociale? Da sempre i sistemi federalisti non sono i migliori nel ridurre le differenze.  Molto dipenderà: 1. Dalla dimensione e dal sistema di calcolo del fabbisogno standard ; 2. Dalle modalità di riparto del fondo perequativo; 3. Dal collegamento del fabbisogno standard con i LEPS.
  • 58. FEDERALISMO E LEPS  Le necessità di sviluppare la spesa sociale locale e di ridurre le differenze rendono necessario agganciare fortemente le modalità di finanziamento degli enti locali alla definizione dei LEPS. Nel momento in cui tutti i comuni saranno impegnati a garantire i LEPS le differenze non scompariranno ma si dovrebbero ridurre.  Occorre pertanto: – Definire in modo non generico i LEPS; – Calcolare il fabbisogno standard sulla base dei LEPS (di un gruppo crescente di prestazioni); – Definire un percorso graduale. 58
  • 59. Definire i LEPS in modo non generico L’obiettivo di elevare la spesa sociale e di ridurre gli squilibri territoriali richiede di definire i LEPS in questo modo: – Devono essere individuate con precisione le prestazioni; – Per ogni prestazione va definito lo standard di erogazione; – Ogni servizio/prestazione deve essere sottoposto ad autorizzazione e accreditamento; – Il riferimento deve essere al bacino di popolazione e non all’ambito sociale. 59
  • 60. obiettivi di servizio dei LEPS Occorre rilevare positivamente un interesse della legge verso la definizione non generica dei LEP. Spetta infatti ai decreti legislativi definire anche gli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni (o alle funzioni fondamentali) (art. 2, c.2, lett. f). Che cosa sono gli obiettivi di servizio se non qualcosa di assimilabile agli standard di erogazione delle prestazioni? La delega è comunque difficile da attuare se non si definiscono prioritariamente i LEPS. 60
  • 62. Monitoraggio e sanzioni  La legge sul federalismo fiscale garantisce il finanziamento delle funzioni fondamentali e non dei LEPS. Questo modello è debole. Quali strumenti e garanzie per la realizzazione dei LEPS?  Senza lo strumento del finanziamento finalizzato si è quasi disarmati. Decisivo diventa pertanto, il monitoraggio sulla loro realizzazione.  Occorre anche un sistema di incentivazione e di meccanismi sanzionatori da applicare ai comuni da affidare anche alle regioni (e non solo allo Stato – art.2 , c.2,ett. z) 62
  • 63. Gradualità  La situazione della finanza pubblica rende difficile uno sviluppo significativo dei finanziamenti dedicati al welfare sociale locale ma la conoscenza del settore rendono irrinunciabile la costruzione della rete completa dei servizi.  Questo rende plausibile un percorso graduale di valutazione analitica del fabbisogno e di finanziamento di tutte le attività che è stato previsto nello schema di D. LGS. e che prevede: avvio graduale dal 2012, entro il 2013 determinazione del fabbisogno standard a tutte le funzioni fondamentali ed entro il 2016 entrata a regime del nuovo sistema. 63