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STEFANO GRECO
                                       Consulente di Direzione aziendale e Formatore




                                       Da “risorse umane”a Persone
                                       Un punto di svolta nel pensiero
                                       manageriale contemporaneo

      Il passaggio da “risorse         Il passaggio da “risorse umane” a persone inizia cambiando le
     umane” a persone inizia           parole.
         cambiando le parole.          Le parole non designano soltanto oggetti ma definiscono anche
                                       stati d’animo, rappresentano il veicolo principale di idee, con-
                                       vinzioni, significati relazionali. Le parole non sono soltanto un
                                       “flatus voci” ma rappresentano lo schermo privilegiato sul quale
                                       noi proiettiamo le nostre rappresentazioni del mondo o l’artico-
                                       lazione nella quale riproduciamo i suoni che provengono dalla
                                       vita stessa. Il linguaggio – verbale ma anche gestuale ed espres-
                                       sivo – diventa così il canale o addirittura il cordone ombelicale
                                       che ci lega psicologicamente alla nostra esistenza. Qualifichiamo
                                       o squalifichiamo i rapporti con noi stessi e con gli altri attraverso
                                       le parole. In un certo senso, noi siamo le parole che utilizziamo,
                                       trattiamo gli altri o ci facciamo trattare dagli altri attraverso le
                                       parole che scegliamo di pronunciare in quella data circostanza.
                                       Comprendiamo facilmente, quindi, che le parole detengono
                                       un enorme potere di influenza sul nostro modo di pensare e
                                       di agire. Portiamo un esempio pratico, di grande attualità. Se
                                       io mi esprimo frequentemente utilizzando le parole “c’è crisi”,
                                       svilupperò progressivamente stati d’animo negativi, di tristez-
                                       za e di sconforto, la mia concezione del mondo sarà impronta-
                                       ta ad un certo pessimismo e sarò portato molto probabilmente
                                       a crearmi dei comodi alibi psicologici per giustificare la mia
                                       passività ed il mio mancato raggiungimento degli obiettivi; se,
                                       al contrario, utilizzerò l’espressione: “La crisi è semplicemen-
                                       te una situazione di mercato da capire ed affrontare”, il mio
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     PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
atteggiamento mentale cambia radicalmente. Inizierò ad atti-
                                     vare tutte le mie risorse disponibili per confrontarmi efficace-
                                     mente con gli eventi in corso, svilupperò stati d’animo positivi,
                                     contagerò emotivamente gli altri con un sano entusiasmo.
                                     Parole e pensieri che fanno dunque la differenza tra la medio-
                                     crità e l’eccellenza.
                                     Per un manager, tutto questo si traduce concretamente nel-
                                     la necessità di seguire un paradigma gestionale improntato
Per un manager, tutto questo         a quella che possiamo definire una vera e propria “ecologia
    si traduce concretamente         manageriale”, vale a dire lo sviluppo di una “mentalità” carat-
     nella necessità di seguire      terizzata dall’utilizzo di pensieri, parole e linguaggi innovativi
    un paradigma gestionale          perchè portatori di “energia psichica pulita e rinnovabile”.
      improntato a quella che        Oggi il concetto di innovazione nel management è legato più
        possiamo definire una         allo sviluppo di nuovi modi di pensare e fare il manager che
     vera e propria “ecologia        all’introduzione di tecnologie e procedure. Innovativo è tutto
 manageriale”, vale a dire lo        ciò che fa la differenza tra un “sistema di gestione delle risor-
 sviluppo di una “mentalità”         se umane” – vecchio paradigma – ed uno “stile di conduzione
caratterizzata dall’utilizzo di      delle persone” – nuovo paradigma.
  pensieri, parole e linguaggi       Tale distinzione si basa sulla consapevolezza che non è l’azien-
  innovativi perchè portatori        da a gestire le risorse umane ma sono le persone a gestire le
 di “energia psichica pulita e       risorse dell’azienda.
                 rinnovabile”.       Consideriamo in questo senso risorse, le materie prime, i semi-
                                     lavorati, i soldi, il tempo, le strutture, i mezzi e gli strumenti. Le
                                     persone rappresentano invece il centro gravitazionale intorno
                                     al quale processi, obiettivi e risultati fluiscono dinamicamente
                                     alla costante ricerca del loro allineamento strategico.
                                     In tale prospettiva, è opportuno ricordare il principio fonda-
                                     mentale manageriale secondo il quale: “le scorte di magazzi-
                                     no possono essere gestite, mentre le persone vanno guidate”.
                                     Tuttavia, se leadership significa alla lettera “funzione del con-
                                     durre”, nel passaggio da risorse umane a persone occorre fare
             La ludership come       qualcosa di più del “semplice” condurre; bisogna sviluppare la
    espressione quindi di uno        “Ludership”, ovvero uno stile manageriale che porterà le per-
   stile animato, coinvolgente,      sone a ricordare negli anni la figura del loro capo come modello
     competente, giocato nella       di eccellenza non tanto o non solo per le competenze tecniche
  quotidianità del lavoro, che       dimostrate ma soprattutto per le sue qualità umane, per i suoi
  mette le persone al centro di      buoni consigli e le azioni intelligenti che hanno creato un valo-
 ogni azione manageriale. Un         re aggiunto alle persone, al di là dell’aspetto lavorativo.
luder è un capo meritocratico        La ludership come espressione quindi di uno stile animato,
     che sappia differenziare i      coinvolgente, competente, giocato nella quotidianità del lavoro,
  meriti senza discriminare le       che mette le persone al centro di ogni azione manageriale. Un
persone, che sappia includere        luder è un capo meritocratico che sappia differenziare i meriti
le diversità e costruirci sopra,     senza discriminare le persone, che sappia includere le diversità
     spazzando via pregiudizi        e costruirci sopra, spazzando via pregiudizi e stereotipi legati al
     e stereotipi legati al sesso,   sesso, all’età anagrafica e/o alle provenienze culturali.
      all’età anagrafica e/o alle     Il salto di qualità manageriale lo avremo nel momento in cui
          provenienze culturali.     l’azienda passa da un sistema di gestione delle risorse umane –
                                     standardizzato, omologante e spersonalizzante – ad uno di condu-
                                                                                                            29
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zione delle persone – valorizzante, personalizzato, memorabile.
                                       Detto questo, alcune patologie manageriali che possiamo ri-
                                       scontrare in aziende gestite attraverso il vecchio paradigma
                                       sono:
                                       f Capi troppo seriosi e/o troppo formali, che “predicano bene
                                          e razzolano male” o incapaci di gestire i loro problemi per-
                                          sonali
                                       f Capi che interpretano il loro ruolo come mero esercizio di
                                          autorità e di potere – “chi sta sopra e chi sta sotto”
                                       f Capi che discriminano e/o agiscono per marcate preferenze
                                       f Capi stacanovisti che vedono di buon occhio solo collabora-
                                          tori altrettanto stacanovisti
                                       f Capi che ci “provano” con le collaboratrici, che molestano
                                          le persone chiedendo “favori inopportuni”
                                       f Capi che praticano il mobbing e/o che fanno pressioni inac-
                                          cettabili
                                       f Capi chiusi nel loro gretto punto di vista, incapaci di con-
                                          frontarsi apertamente e/o di accettare il riscontro o la solu-
                                          zione degli altri
                                       f Capi che hanno paura di far crescere i loro collaboratori
                                       f Capi che “non credono” nella formazione.
                                       Tuttavia, il passaggio da “risorse umane” a Persone non è un
                                       problema di esclusiva pertinenza di chi comanda. Anche i la-
                                       voratori sono responsabili e fautori di nuova cultura organiz-
                                       zativa, del tipo di “contagio emotivo” prodotto all’interno del
                                       contesto lavorativo e della qualità della loro stessa vita.
                                       Ecco, ad esempio, alcune delle frasi più significative e ricorren-
                                       ti pronunciate da persone con scarsa autostima e/o con con-
                                       vinzioni negative e limitanti nei confronti del lavoro:
                                       “A che ora attacchi/stacchi?”
                                       “Oggi sono al chiodo”
                                       “È dura passare le otto ore in ufficio!”
                                       “Aspetto solo il 27”
                                       “È dura mandare avanti la baracca”
                                       “Il dramma del lunedì mattina”
                                       “Oggi non mi passa più”
                                       “Che tristezza il mondo del lavoro!”
                                       “Siamo tutti precari”
                                       “Non vedo l’ora di andarmene in ferie”
                                       “Tra 3 anni me ne vado in pensione!”
                                       “Meno male che domani è venerdì!”
                                       “Domani mi dò malato, così gliela faccio vedere io a quello/a
                                       là…”
                                       “Quello/a è proprio uno/una str…”
                                       “Per l’azienda siamo solo dei numeri…”
                                       “Ecco il solito lecchino!”
                                       “Il capo/il Cliente non capisce un c…”
                                       L’ecologia manageriale riguarda quindi ognuno di noi e, in
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     PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
questo senso, chi è innocente scagli la prima pietra. Siamo tutti
                                   coinvolti, chi più chi meno, nel salto di qualità richiesto nel
                                   definire e configurare questo nuovo paradigma manageriale
      L’ecologia manageriale       orientato al rispetto di sé, degli altri e all’eccellenza nella ge-
  riguarda quindi ognuno di        stione dei sistemi organizzativi e sociali.
    noi e, in questo senso, chi    Tuttavia, il cammino da fare è ancora lungo, il cambiamento
  è innocente scagli la prima      di rotta non appare così facile da realizzarsi, almeno nel breve
 pietra. Siamo tutti coinvolti,    termine. Troppe secche incagliano ancora il veliero del pro-
chi più chi meno, nel salto di     gresso, inteso come orientamento a creare assetti di benessere
 qualità richiesto nel definire     stabili e capaci di reggere agli impatti delle incertezze che ca-
 e configurare questo nuovo         ratterizzano la nostra attuale società del rischio.
      paradigma manageriale        Oggi le persone vengono letteralmente “sputate fuori” dalle
    orientato al rispetto di sé,   aziende senza troppi salamelecchi. La “licenza di licenziare”
    degli altri e all’eccellenza   viene assegnata con forse troppa disinvoltura e per gli over 40
     nella gestione dei sistemi    o 50 che subiscono l’espulsione rapida, il lavoro diventa spesso
       organizzativi e sociali.    un “game over”. A fronte di questi fatti, diverse aziende non si
                                   rendono conto che l’uscita di lavoratori maturi, che rappresen-
                                   tano la memoria storica dell’azienda stessa, costituisce un vero
                                   e proprio black out di competenze che la proprietà o il mana-
                                   gement cercano di compensare con la candela accesa di un la-
                                   voratore giovane, neoinserito, molto motivato ma ancora tutto
                                   da formare sul piano non tanto tecnico – cosa relativamente
                                   facile a farsi – quanto su quello – più delicato ed impegnativo –
                                   della cultura e degli orientamenti aziendali che non sono scritti
                                   da nessuna parte ma sono psicologicamente ed emotivamente
                                   in circolo nelle persone che hanno vissuto negli anni l’azienda.
                                   Sul versante opposto, relativo ai “giovani”, un contrappasso
                                   dantesco della precarietà è quello che vede le aziende tentare
                                   di consolidare rapporti di lavoro contrassegnati da forte di-
                                   scontinuità. Come è possibile fidelizzare, motivare, coinvolgere
                                   un lavoratore a progetto, a tempo determinato e/o scarsamente
                                   remunerato? Il principio di fondo da ricordare è che “persone
                                   precarie rendono precaria l’azienda in cui lavorano”. Infatti,
                                   l’effetto ansiogeno generato dalla percezione di inconsistenza
                                   del futuro è talmente invasivo da far perdere alle persone i ri-
                                   ferimenti necessari, in termini di autostima e determinazione,
      Il principio di fondo da     per sostenere il sacrosanto diritto all’affermazione individua-
     ricordare è che “persone      le e alla dignità personale. Altri temi attualmente afferenti al
   precarie rendono precaria       passaggio da “risorse umane” a persone, riguardano la sicurez-
  l’azienda in cui lavorano”.      za sul lavoro e la “nuova” immigrazione.
                                   Ad esempio, possiamo rilevare elementi shakespeariani nel-
                                   le tante tragedie delle morti sul lavoro, dalla teatralità dello
                                   scaricabarile delle responsabilità ai clamori (brevissimi) o ai
                                   silenzi (prolungati) dei media e delle Istituzioni riguardo le
                                   soluzioni da approntare/implementare per fare in modo che
                                   non crollino più tetti in testa agli studenti, che degli operai non
                                   muoiano carbonizzati in una fabbrica o degli edili non cadano
                                   come pupazzi dalle impalcature.
                                                                                                        31
                                                              PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
Riguardo invece la “nuova” immigrazione, gli esodi biblici
                                       degli immigrati continuano ancora ma con modalità diverse
                                       rispetto al passato, riproponendo comunque l’eterno dramma
                                       dell’uomo costretto a sradicarsi per reimpiantare le sue radici
                                       in una terra straniera, spesso ostile o indifferente.
                                       Tuttavia, mentre nel Novecento gli emigranti al loro arrivo scor-
                                       gevano la Statua della Libertà come simbolo di speranza ed op-
                                       portunità, oggi i primi oggetti che centinaia di emigranti vedono
                                       sono le motovedette della Guardia di Finanza e della Guardia Co-
                                       stiera che accerchiano il gommone o la carretta su cui “viaggiano”
                                       per scortarli fino ad un centro di prima accoglienza, in un Paese
                                       per loro straniero. Quelli del secolo scorso, erano emigranti a cui
                                       veniva data, in qualche modo, un’occasione per rifarsi una vita e
                                       magari far fortuna all’insegna di quel “sogno americano” che per
                                       decenni ha stimolato le energie fisiche e mentali delle persone.
                                       Oggi, invece, il sogno di molti emigranti finisce presto: all’ango-
                                       lo di una strada a chiedere l’elemosina, un viale per prostituir-
                                       si, a lavare vetri a quei (pochi) automobilisti che con un cenno
                                       del capo o della mano acconsentono a ricevere “il servizio”,
                                       oppure a vendere merce contraffatta, a raccogliere pomodori
                                       per quindici ore al giorno e senza un contratto di lavoro.
                                       In sintesi, il punto di svolta nel pensiero manageriale contem-
                                       poraneo lo avremo nel momento in cui chi occupa posizioni di
                                       leadership crederà fermamente nei seguenti valori e li metterà
                                       in pratica attraverso i comportamenti di ogni giorno:
                                       f Le persone sono il centro di tutte le attività, non le risorse
                                           umane da sfruttare e/o considerare come numeri
                                       f La libertà d’impresa deve sempre coniugarsi con le responsa-
                                           bilità sociali ed ambientali, altrimenti diventa libertinaggio
                                       f Il manager eccellente è colui o colei che mette in pratica le
                                           tre C del successo manageriale: Credibilità, Coerenza e Co-
                                           raggio, facendosi ricordare nel tempo dai suoi collaboratori
                                           in modo positivo
                                       f La flessibilità deve essere remunerata economicamente in
                                           modo maggiorato rispetto alle attuali condizioni
                                       f Il lavoro per le persone deve risultare l’unione di impegno
La finalità principale di ogni              ed ingegno, confronto e autonomia, mezzo e fine.
     impresa diventa dunque            La finalità principale di ogni impresa diventa dunque quella di
 quella di produrre un “utile          produrre un “utile etico”, facendo perno sul prioritario cam-
    etico”, facendo perno sul          biamento di mentalità che vede il passaggio da risorse umane
    prioritario cambiamento            a persone.
      di mentalità che vede il         I manager eccellenti sono soprattutto coloro i quali evitano
passaggio da risorse umane a           accuratamente che un giorno le persone dicano di loro:
                     persone.          “Aveva la coscienza pulita. Mai usata”.
                                       Stefano Greco è Consulente di Direzione aziendale e Formatore, autore del
                                       libro “Da ‘risorse umane’ A PERSONE. Idee, testimonianze aziendali e pro-
                                       poste operative per trasformare la cultura del lavoro in Italia” Franco Angeli,
                                       Milano, 2009

32
     PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009

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Da Risorse Umane a Persone

  • 1. STEFANO GRECO Consulente di Direzione aziendale e Formatore Da “risorse umane”a Persone Un punto di svolta nel pensiero manageriale contemporaneo Il passaggio da “risorse Il passaggio da “risorse umane” a persone inizia cambiando le umane” a persone inizia parole. cambiando le parole. Le parole non designano soltanto oggetti ma definiscono anche stati d’animo, rappresentano il veicolo principale di idee, con- vinzioni, significati relazionali. Le parole non sono soltanto un “flatus voci” ma rappresentano lo schermo privilegiato sul quale noi proiettiamo le nostre rappresentazioni del mondo o l’artico- lazione nella quale riproduciamo i suoni che provengono dalla vita stessa. Il linguaggio – verbale ma anche gestuale ed espres- sivo – diventa così il canale o addirittura il cordone ombelicale che ci lega psicologicamente alla nostra esistenza. Qualifichiamo o squalifichiamo i rapporti con noi stessi e con gli altri attraverso le parole. In un certo senso, noi siamo le parole che utilizziamo, trattiamo gli altri o ci facciamo trattare dagli altri attraverso le parole che scegliamo di pronunciare in quella data circostanza. Comprendiamo facilmente, quindi, che le parole detengono un enorme potere di influenza sul nostro modo di pensare e di agire. Portiamo un esempio pratico, di grande attualità. Se io mi esprimo frequentemente utilizzando le parole “c’è crisi”, svilupperò progressivamente stati d’animo negativi, di tristez- za e di sconforto, la mia concezione del mondo sarà impronta- ta ad un certo pessimismo e sarò portato molto probabilmente a crearmi dei comodi alibi psicologici per giustificare la mia passività ed il mio mancato raggiungimento degli obiettivi; se, al contrario, utilizzerò l’espressione: “La crisi è semplicemen- te una situazione di mercato da capire ed affrontare”, il mio 28 PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
  • 2. atteggiamento mentale cambia radicalmente. Inizierò ad atti- vare tutte le mie risorse disponibili per confrontarmi efficace- mente con gli eventi in corso, svilupperò stati d’animo positivi, contagerò emotivamente gli altri con un sano entusiasmo. Parole e pensieri che fanno dunque la differenza tra la medio- crità e l’eccellenza. Per un manager, tutto questo si traduce concretamente nel- la necessità di seguire un paradigma gestionale improntato Per un manager, tutto questo a quella che possiamo definire una vera e propria “ecologia si traduce concretamente manageriale”, vale a dire lo sviluppo di una “mentalità” carat- nella necessità di seguire terizzata dall’utilizzo di pensieri, parole e linguaggi innovativi un paradigma gestionale perchè portatori di “energia psichica pulita e rinnovabile”. improntato a quella che Oggi il concetto di innovazione nel management è legato più possiamo definire una allo sviluppo di nuovi modi di pensare e fare il manager che vera e propria “ecologia all’introduzione di tecnologie e procedure. Innovativo è tutto manageriale”, vale a dire lo ciò che fa la differenza tra un “sistema di gestione delle risor- sviluppo di una “mentalità” se umane” – vecchio paradigma – ed uno “stile di conduzione caratterizzata dall’utilizzo di delle persone” – nuovo paradigma. pensieri, parole e linguaggi Tale distinzione si basa sulla consapevolezza che non è l’azien- innovativi perchè portatori da a gestire le risorse umane ma sono le persone a gestire le di “energia psichica pulita e risorse dell’azienda. rinnovabile”. Consideriamo in questo senso risorse, le materie prime, i semi- lavorati, i soldi, il tempo, le strutture, i mezzi e gli strumenti. Le persone rappresentano invece il centro gravitazionale intorno al quale processi, obiettivi e risultati fluiscono dinamicamente alla costante ricerca del loro allineamento strategico. In tale prospettiva, è opportuno ricordare il principio fonda- mentale manageriale secondo il quale: “le scorte di magazzi- no possono essere gestite, mentre le persone vanno guidate”. Tuttavia, se leadership significa alla lettera “funzione del con- durre”, nel passaggio da risorse umane a persone occorre fare La ludership come qualcosa di più del “semplice” condurre; bisogna sviluppare la espressione quindi di uno “Ludership”, ovvero uno stile manageriale che porterà le per- stile animato, coinvolgente, sone a ricordare negli anni la figura del loro capo come modello competente, giocato nella di eccellenza non tanto o non solo per le competenze tecniche quotidianità del lavoro, che dimostrate ma soprattutto per le sue qualità umane, per i suoi mette le persone al centro di buoni consigli e le azioni intelligenti che hanno creato un valo- ogni azione manageriale. Un re aggiunto alle persone, al di là dell’aspetto lavorativo. luder è un capo meritocratico La ludership come espressione quindi di uno stile animato, che sappia differenziare i coinvolgente, competente, giocato nella quotidianità del lavoro, meriti senza discriminare le che mette le persone al centro di ogni azione manageriale. Un persone, che sappia includere luder è un capo meritocratico che sappia differenziare i meriti le diversità e costruirci sopra, senza discriminare le persone, che sappia includere le diversità spazzando via pregiudizi e costruirci sopra, spazzando via pregiudizi e stereotipi legati al e stereotipi legati al sesso, sesso, all’età anagrafica e/o alle provenienze culturali. all’età anagrafica e/o alle Il salto di qualità manageriale lo avremo nel momento in cui provenienze culturali. l’azienda passa da un sistema di gestione delle risorse umane – standardizzato, omologante e spersonalizzante – ad uno di condu- 29 PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
  • 3. zione delle persone – valorizzante, personalizzato, memorabile. Detto questo, alcune patologie manageriali che possiamo ri- scontrare in aziende gestite attraverso il vecchio paradigma sono: f Capi troppo seriosi e/o troppo formali, che “predicano bene e razzolano male” o incapaci di gestire i loro problemi per- sonali f Capi che interpretano il loro ruolo come mero esercizio di autorità e di potere – “chi sta sopra e chi sta sotto” f Capi che discriminano e/o agiscono per marcate preferenze f Capi stacanovisti che vedono di buon occhio solo collabora- tori altrettanto stacanovisti f Capi che ci “provano” con le collaboratrici, che molestano le persone chiedendo “favori inopportuni” f Capi che praticano il mobbing e/o che fanno pressioni inac- cettabili f Capi chiusi nel loro gretto punto di vista, incapaci di con- frontarsi apertamente e/o di accettare il riscontro o la solu- zione degli altri f Capi che hanno paura di far crescere i loro collaboratori f Capi che “non credono” nella formazione. Tuttavia, il passaggio da “risorse umane” a Persone non è un problema di esclusiva pertinenza di chi comanda. Anche i la- voratori sono responsabili e fautori di nuova cultura organiz- zativa, del tipo di “contagio emotivo” prodotto all’interno del contesto lavorativo e della qualità della loro stessa vita. Ecco, ad esempio, alcune delle frasi più significative e ricorren- ti pronunciate da persone con scarsa autostima e/o con con- vinzioni negative e limitanti nei confronti del lavoro: “A che ora attacchi/stacchi?” “Oggi sono al chiodo” “È dura passare le otto ore in ufficio!” “Aspetto solo il 27” “È dura mandare avanti la baracca” “Il dramma del lunedì mattina” “Oggi non mi passa più” “Che tristezza il mondo del lavoro!” “Siamo tutti precari” “Non vedo l’ora di andarmene in ferie” “Tra 3 anni me ne vado in pensione!” “Meno male che domani è venerdì!” “Domani mi dò malato, così gliela faccio vedere io a quello/a là…” “Quello/a è proprio uno/una str…” “Per l’azienda siamo solo dei numeri…” “Ecco il solito lecchino!” “Il capo/il Cliente non capisce un c…” L’ecologia manageriale riguarda quindi ognuno di noi e, in 30 PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
  • 4. questo senso, chi è innocente scagli la prima pietra. Siamo tutti coinvolti, chi più chi meno, nel salto di qualità richiesto nel definire e configurare questo nuovo paradigma manageriale L’ecologia manageriale orientato al rispetto di sé, degli altri e all’eccellenza nella ge- riguarda quindi ognuno di stione dei sistemi organizzativi e sociali. noi e, in questo senso, chi Tuttavia, il cammino da fare è ancora lungo, il cambiamento è innocente scagli la prima di rotta non appare così facile da realizzarsi, almeno nel breve pietra. Siamo tutti coinvolti, termine. Troppe secche incagliano ancora il veliero del pro- chi più chi meno, nel salto di gresso, inteso come orientamento a creare assetti di benessere qualità richiesto nel definire stabili e capaci di reggere agli impatti delle incertezze che ca- e configurare questo nuovo ratterizzano la nostra attuale società del rischio. paradigma manageriale Oggi le persone vengono letteralmente “sputate fuori” dalle orientato al rispetto di sé, aziende senza troppi salamelecchi. La “licenza di licenziare” degli altri e all’eccellenza viene assegnata con forse troppa disinvoltura e per gli over 40 nella gestione dei sistemi o 50 che subiscono l’espulsione rapida, il lavoro diventa spesso organizzativi e sociali. un “game over”. A fronte di questi fatti, diverse aziende non si rendono conto che l’uscita di lavoratori maturi, che rappresen- tano la memoria storica dell’azienda stessa, costituisce un vero e proprio black out di competenze che la proprietà o il mana- gement cercano di compensare con la candela accesa di un la- voratore giovane, neoinserito, molto motivato ma ancora tutto da formare sul piano non tanto tecnico – cosa relativamente facile a farsi – quanto su quello – più delicato ed impegnativo – della cultura e degli orientamenti aziendali che non sono scritti da nessuna parte ma sono psicologicamente ed emotivamente in circolo nelle persone che hanno vissuto negli anni l’azienda. Sul versante opposto, relativo ai “giovani”, un contrappasso dantesco della precarietà è quello che vede le aziende tentare di consolidare rapporti di lavoro contrassegnati da forte di- scontinuità. Come è possibile fidelizzare, motivare, coinvolgere un lavoratore a progetto, a tempo determinato e/o scarsamente remunerato? Il principio di fondo da ricordare è che “persone precarie rendono precaria l’azienda in cui lavorano”. Infatti, l’effetto ansiogeno generato dalla percezione di inconsistenza del futuro è talmente invasivo da far perdere alle persone i ri- ferimenti necessari, in termini di autostima e determinazione, Il principio di fondo da per sostenere il sacrosanto diritto all’affermazione individua- ricordare è che “persone le e alla dignità personale. Altri temi attualmente afferenti al precarie rendono precaria passaggio da “risorse umane” a persone, riguardano la sicurez- l’azienda in cui lavorano”. za sul lavoro e la “nuova” immigrazione. Ad esempio, possiamo rilevare elementi shakespeariani nel- le tante tragedie delle morti sul lavoro, dalla teatralità dello scaricabarile delle responsabilità ai clamori (brevissimi) o ai silenzi (prolungati) dei media e delle Istituzioni riguardo le soluzioni da approntare/implementare per fare in modo che non crollino più tetti in testa agli studenti, che degli operai non muoiano carbonizzati in una fabbrica o degli edili non cadano come pupazzi dalle impalcature. 31 PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009
  • 5. Riguardo invece la “nuova” immigrazione, gli esodi biblici degli immigrati continuano ancora ma con modalità diverse rispetto al passato, riproponendo comunque l’eterno dramma dell’uomo costretto a sradicarsi per reimpiantare le sue radici in una terra straniera, spesso ostile o indifferente. Tuttavia, mentre nel Novecento gli emigranti al loro arrivo scor- gevano la Statua della Libertà come simbolo di speranza ed op- portunità, oggi i primi oggetti che centinaia di emigranti vedono sono le motovedette della Guardia di Finanza e della Guardia Co- stiera che accerchiano il gommone o la carretta su cui “viaggiano” per scortarli fino ad un centro di prima accoglienza, in un Paese per loro straniero. Quelli del secolo scorso, erano emigranti a cui veniva data, in qualche modo, un’occasione per rifarsi una vita e magari far fortuna all’insegna di quel “sogno americano” che per decenni ha stimolato le energie fisiche e mentali delle persone. Oggi, invece, il sogno di molti emigranti finisce presto: all’ango- lo di una strada a chiedere l’elemosina, un viale per prostituir- si, a lavare vetri a quei (pochi) automobilisti che con un cenno del capo o della mano acconsentono a ricevere “il servizio”, oppure a vendere merce contraffatta, a raccogliere pomodori per quindici ore al giorno e senza un contratto di lavoro. In sintesi, il punto di svolta nel pensiero manageriale contem- poraneo lo avremo nel momento in cui chi occupa posizioni di leadership crederà fermamente nei seguenti valori e li metterà in pratica attraverso i comportamenti di ogni giorno: f Le persone sono il centro di tutte le attività, non le risorse umane da sfruttare e/o considerare come numeri f La libertà d’impresa deve sempre coniugarsi con le responsa- bilità sociali ed ambientali, altrimenti diventa libertinaggio f Il manager eccellente è colui o colei che mette in pratica le tre C del successo manageriale: Credibilità, Coerenza e Co- raggio, facendosi ricordare nel tempo dai suoi collaboratori in modo positivo f La flessibilità deve essere remunerata economicamente in modo maggiorato rispetto alle attuali condizioni f Il lavoro per le persone deve risultare l’unione di impegno La finalità principale di ogni ed ingegno, confronto e autonomia, mezzo e fine. impresa diventa dunque La finalità principale di ogni impresa diventa dunque quella di quella di produrre un “utile produrre un “utile etico”, facendo perno sul prioritario cam- etico”, facendo perno sul biamento di mentalità che vede il passaggio da risorse umane prioritario cambiamento a persone. di mentalità che vede il I manager eccellenti sono soprattutto coloro i quali evitano passaggio da risorse umane a accuratamente che un giorno le persone dicano di loro: persone. “Aveva la coscienza pulita. Mai usata”. Stefano Greco è Consulente di Direzione aziendale e Formatore, autore del libro “Da ‘risorse umane’ A PERSONE. Idee, testimonianze aziendali e pro- poste operative per trasformare la cultura del lavoro in Italia” Franco Angeli, Milano, 2009 32 PERSONALE E LAVORO N. 511 - GIUGNO 2009