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IN CLASSE CON UN BAMBINO PLURIMINORATO
BUONE PRASSI DI INCLUSIONE SCOLASTICA
Mauro Mario Coppa

[Abstract] Un piccolo vademecum sulle “buone prassi” per l’integrazione scolastica del bambino con disabilità gravi.[fine abstract]

Introduzione
Perché scrivere un piccolo vademecum sulle buone pratiche che aiutino il difficile
percorso di inclusione di un bambino con disabilità gravi in classe ed, in secondo luogo,
perché da una angolatura molto particolare, e cioè quella di professionisti ed educatori che
lavorano in una struttura riabilitativa ad alta specializzazione, che si interessano di
metodologie di inserimento scolastico molto parzialmente, limitatamente ad una esperienza
lunga, ma perlopiù vissuta in un servizio specialistico, apparentemente svincolato ed avulso
dalla realtà dell’integrazione dell’handicap nella scuola pubblica?
La nostra, quella che da anni cerca di raccontare come si fatica, e cosa ci si inventa per
creare qualche spazio di relazione nella testa, nello spazio e nel cuore di chi frequenta la
scuola pubblica, alunni, insegnanti e genitori, ci sembra una storia di inclusione che valga la
pena di raccontare. Non una vera e propria metodologia, perché non abbiamo inventato
niente, non modelli teorico-metodologici perfetti e corretti, né ricerche con il rigido controllo
e misurazione delle variabili, ma proposte, materiali, metodi di lavoro e di relazione, giochi
inventati o modificati, esperienze di altri rubacchiate, materiali poveri riciclati, cioè prassi e
pratiche concrete di riabilitazione, che abbiamo raccolto in quasi 40 anni di esperienza e
storia, e che abbiamo deciso di mettere a disposizione di tutti, da cui si possa prendere
qualcosa, non tutto, ma quel qualcosa nato da una forte base operativa e concreta, come
qualcosa ideato, rivisto, corretto, cancellato, ma che alla fine ha funzionato, e che pensiamo e
speriamo continuerà a funzionare per tutti i bambini che hanno problemi e condizioni di vita e
relazione gravemente compromesse.

“Buone Prassi” in breve
Questo piccolo manuale di “Buone Prassi” è il frutto di un lavoro di gruppo con
educatori del Centro di Riabilitazione che hanno maturato negli anni esperienze importanti e
preziose, e che hanno fatto lo sforzo di racchiuderle in una serie di indicazioni, suggerimenti,

1
descrizioni concrete di “come si fa”, seguendo un canovaccio che ci ha permesso di dare
ordine e logica a idee ed esperienze personali.
Le “Buone Prassi” prevedono un percorso in 3 fasi principali:
1. Le attività educative e ludiche, che prevede consigli e suggerimenti su come presentare ed
attuare i vari esempi di giochi ed attività di interazione.
2. La preparazione degli alunni e delle insegnanti, in termini di accoglienza e relazione.
3. La preparazione della classe, cioè come organizzare lo spazio fisico ed il materiale della
classe.

Attività didattiche e di gioco che possono facilitare la relazione tra coetanei
Tutte le attività proposte devono essere stimolanti/piacevoli anche per i bambini tutori; i
bambini tutori devono avere la consapevolezza di essere in grado di portare a termine il
compito.
Possibili esempi di attività educative integranti riguardano:
 Manipolazione (pasta di sale, cartapesta, plastilina).
 Travasi (pastina, coriandoli, farina, sabbia).
 Colorarescarabocchiare con varie tecniche e strumenti (stencil, stampini...).
 Collage e costruzione di piccoli oggetti.
 Puzzle.
 Gioco con la palla, teli colorati, palloncini (da seduti).
 Psicomotricità (girotondo, ponti, trenini, percorsi ad ostacoli, rotolamenti, entrare dentro ai
tubi, giochi con la palla con associazione di movimentosuono (ritmo: lento, veloce, pausa).
 Gioco con le costruzioni .
 Gioco simbolico attraverso oggetti di uso familiare (bambola, pentoline...).
 Ascolto di storie con libri cartonati .
 Teatro con le marionette.
 Gioco del “dare e dell'avere”(davanti ad un tavolo o uno di fronte all'altro con dei giochi il
bambino tutore dice: ''prendi la bambola, dammi la palla, ecc...'').
 Suonare strumenti musicali.
 Giochi sonori con le mani (imitazioni di movimenti sull'ascolto di canzoncine per bambini).

Consigli e suggerimenti nelle modalità di presentazione ed attuazione delle attività e dei giochi
 Accoglienza, presentazione e saluti iniziali di tutti i bambini, rito di “fine-incontro”.
2
 Esplorazione e conoscenza dell'ambiente (ad esempio conoscere le persone presenti e lo
spazio che occupano, con l'ausilio di segnali /oggetti capire l'ambiente dove si trovano).
 Presentazione e conoscenza del materiale con il quale devono interagire (ad esempio per i
percorsi motori far esplorare i vari elementi che compongono il percorso (pedane, blocchi
tubi) il tutore accompagna il bambino ad esplorare il bambino-modello che a sua volta
supera l'ostacolo facendogli capire cosa deve fare in relazione a quel determinato oggetto;
per quanto riguarda l'attività degli stampini, la manipolazione della plastilina, il tutore fa
esplorare le mani del modello mentre manipola per far comprendere al bambino
pluriminorato quello che deve fare con il materiale).
 Nella stanza e sul piano di lavoro è presente solo il materiale proposto.
 La comunicazione è semplice e chiara; nella spiegazione del compito, l'insegnante deve
riuscire a coinvolgere, entusiasmare e rendere piacevole e chiaro il compito sia al bambino
pluriminorato che al gruppo dei tutori.
 Bambini tutori (34 al massimo).
Metodo: 2 o 3 bambini fanno da modello e 1 alla volta a turno aiutano il bambino ad
eseguire l'attività standogli di fianco o di fronte, modellando i movimenti che deve compiere
(ad esempio tenere il pennarello, modellare la plastilina, battere le mani). Il tutor può aiutare
anche il bambino pluriminorato a compiere semplici gesti di autonomia personale (ad esempio
togliersi il cappotto, spingere la carrozzina, lavarsi le mani...).

Una giornata a scuola con…
V. è un bambino di 6 anni, inserito in una struttura riabilitativa, e frequenta 3 volte la
settimana una scuola dell’infanzia con bambini di 5 anni. La diagnosi è di cerebropatia da
trauma da parto, deficit visivo parziale ed ipoacusia globale di grado medio-lieve, grave
ritardo del linguaggio, ritardo mentale medio-grave.
Il programma educativo individualizzato prevede obiettivi specifici dell’inserimento
scolastico, in particolare:
 Incremento delle abilità di socializzazione con i bambini della sezione.
 Acquisizione delle regole sociali proprie del contesto scolastico (rispetto dei tempi di attesa,
condivisione dei giochi e dei materiali, ecc.).
 Potenziamento delle competenze imitative dei modelli forniti dai bambini tutors.
Fase dell’accoglienza: tutta la classe si dispone in cerchio; un bambino a caso inizia il
gioco, si avvicina ad una scatola che contiene una collana per ogni bambino del gruppo,
compreso V., legge il nome o mostra la foto del bambino, ed aiuta il rispettivo bambino ad
3
indossarla. Il bambino con la prima collana si avvicina a sua volta alla scatolina, e continua il
gioco fino a quando tutti la indossano.
Fase centrale, il laboratorio: i giochi sensoriali prevedono il coinvolgimento “a tema”
di un senso:
 La stimolazione olfattiva (essenze ed olii profumati).
 La stimolazione tattile (contrasti come stoffa pelosa-carta ruvida).
 La stimolazione gustativa (caramelle alla frutta, aromi e spezie).
 La stimolazione visiva (vari tipi di stoffe, carte colorate delle uova di pasqua, ecc.).
 La stimolazione uditiva (bottigliette di plastica con dentro sassi, pastina, riso, ecc.).
 Creazione del gilet personalizzato: ad ogni incontro viene preparato un piccolo manufatto
che va ad arricchire ed abbellire il gilet.
Fase finale: ogni bambino si avvicina al cartellone personale, vi appende la collanina, la
stimolazione sensoriale del giorno, ed il gilet. Il rito del saluto è rappresentato da una
canzoncina proposta dai bambini della scuola.

I Laboratori per l’integrazione
L’attività del “laboratorio” permette di creare, intorno ad un tema “integrante”, come ad
esempio la costruzione di un cartellone, una reciprocità collaborativa tra bambini tutori e
bambini con disabilità.
Il Laboratorio dei materiali e dei giochi uditivi ha previsto, per i bambini inseriti nella
scuola d’infanzia, con bambini di 5 anni, come “leiv-motiv” la costruzione di strumenti
musicali con materiale povero, con l’obiettivo di stimolare l’attenzione uditiva e la capacità di
seguire e/o produrre un ritmo musicale. Un esempio è rappresentato dalla costruzione di una
sorta di “macacas”, mettendo sassolini in una bottiglia di plastica riciclata.
Inoltre, sono state pensate e proposte filastrocche cantate, suonate e parlate, con il
cambio di turno attraverso i bambini, disabili e non, disposti in circolo.
Il Laboratorio delle attività espressive ha realizzato proposte molto dettagliate
relativamente alla realizzazione di un percorso sensoriale a tappe, all’interno del quale ogni
tappa prevede la costruzione di oggetti e giocattoli realizzati con materiale povero.
Il format dell’attività di laboratorio consente di utilizzare formule e metodologie di
relazione e coinvolgimento proprie dell’apprendimento cooperativo.

4
La preparazione della classe
Uno degli interventi educativi più efficaci per creare condizioni di accoglienza e
collaborazione per stimolare risposte adattive positive da parte del bambino disabile è quello
rappresentato dall’educazione prosociale, intesa come acquisizione di azioni dirette ad aiutare
o beneficiare un singolo bambino oppure un gruppo.
Tale approccio prevede:
 Un intervento di tipo indiretto, indirizzato a tutta la classe che accoglie il bambino disabile.
 Un intervento diretto, finalizzato a connotare positivamente e gratificare tutti quei
comportamenti prosociali come azioni di aiuto, collaborazione, gesti di supporto affettivo,
che si manifestano nelle situazioni di gioco e relazioni strutturate con il bambino disabile.
Un percorso possibile per raggiungere tale finalità passa attraverso il potenziamento
delle competenze emotive, sociali e relazionali dei bambini.
Gli obiettivi previsti prevedono:
 Prendere coscienza di sé e delle proprie caratteristiche.
 Riconoscere le caratteristiche positive e negative proprie e dei compagni.
 Riconoscere le proprie emozioni su di sé e sugli altri.
L’insegnante di classe assume un ruolo significativo nel coinvolgere i bambini della
classe nel trovare le modalità per far partecipare il bambino disabile alle attività.

Training di abilità prosociali in scuola materna
I passi programmatici che si possono prevedere sono principalmente:
1. Creazione di situazioni ludico-ricreative all’interno dell’aula: l’ambiente può favorire la
crescita, l’inserimento sociale e l’autonomia della persona disabile; pensando ai bambini con
plurihandicap si può ipotizzare che un ambiente facilmente accessibile, piacevole ed
accogliente, ricco di stimoli, può incrementare la creatività e la voglia di giocare, sia
individualmente che in gruppo. L’ambiente viene caratterizzato dai suoni, colori, odori,
oggetti di materiali e forme diverse; ogni angolo viene allestito privilegiando un senso
rispetto ad altri, ipotizzando un gioco, un’attività, che coinvolge il senso scelto. Gli angoli
vengono allestiti sfruttando principalmente ciò che è presente nell’ambiente naturale; i
5
materiali utilizzati sono essenze aromatiche diverse, creme profumate, stoffe di colori e
tessitura tattile diversa, materiali plastici vari, luci colorate, materiali metallici.
2. L’avvio di un programma di simulazione dei deficits visivi e motori; il progetto “vedere
non vedere”: far vivere al gruppo-classe la condizione di cecità o ipovisione attraverso una
simulazione di tale condizione, permette concretamente ai bambini di capire come il loro
compagno disabile sensoriale percepisce l’ambiente che gli sta intorno. Sperimentare le
modalità percettive del bambino minorato della vista può agevolare i bambini ad instaurare
un rapporto maggiormente empatico con il loro compagno, riducendo i confini e le paure
che tale situazione crea, favorendo così l’integrazione e la socializzazione. Ancora, offrire ai
bambini la possibilità di sperimentare esperienze in special modo sensomotorie significative
e gratificanti che non siano centrate esclusivamente sul canale visivo, può consentire loro di
comprendere meglio le difficoltà del compagno svantaggiato, e di andare alla ricerca di
attività e giochi maggiormente condivisibili.
La simulazione è proposta sotto forma di gioco; i bambini vengono invitati ad usare
mascherine per coprire gli occhi, e dopo un primo momento di adattamento, viene loro
richiesto di muoversi ed esplorare individualmente, secondo i loro schemi, lo spazio che li
circonda ed i materiali che usano quotidianamente. Successivamente, vengono proposti giochi
di gruppo sia statici che dinamici; al termine, è previsto un momento di verbalizzazione
dell’esperienza, attraverso una elaborazione dei contenuti emersi. Esempi di giochi effettuati
durante le simulazioni sono: le belle statuine, giù per terra, il gioco delle sedie, il sacchetto
delle sorprese, pieno o vuoto, il gioco dei profumi.
Il modellamento, da parte delle insegnanti della classe, dei comportamenti adeguati che
i bambini spontaneamente attuavano nei confronti dei bambini pluriminorati, attraverso feedbacks positivi e gratifiche sociali per comportamenti prosociali come aiutare (fornire
assistenza al bambino disabile che dimostra di essere in difficoltà nel fare o trovare qualcosa),
dare (consegnare un oggetto o un giocattolo in mano al bambino disabile), condividere (dare
parte di un oggetto o condividere lo stesso oggetto), fornire gesti di supporto emotivo (invitare
a giocare, abbracciare, tenere la mano del bambino disabile).

Training di abilità prosociali con bambini di scuola elementare

I passi programmatici del programma si sono basati su due aspetti prioritari:

6
1. Avvio del programma operativo di educazione prosociale: sono state selezionate alcune
unità prosociali dal programma di De Beni (op.cit), e proposte in classe dalle stesse
insegnanti, con cadenza settimanale. Le unità selezionate, relative al 1° anno del progetto,
sono risultate: la complessità delle azioni, il valore della tolleranza, il valore della diversità
personale, la scoperta dello spazio interiore, il ruolo guida ed il ruolo gregario, la soluzione
di problemi sociali, costruire un punto di vista e criteri di giudizio, stati d’animo e reazioni,
donare, ascolto empatico, sentimenti ed emozioni, fiducia, aiuto fisico, risorse naturali.
2. Modellamento di atteggiamenti adeguati nei confronti del ragazzo pluriminorato: le
modalità attuate con i bambini di scuola elementare, ed i comportamenti target gratificati
sistematicamente, sono state modellate sulle strategie già utilizzate con i bambini della
materna.
L’esperienza acquisita in diversi anni in cui sono stati effettuati inserimenti scolastici,
per alcune ore, di bambini pluriminorati all’interno di classi normali, ci ha suggerito di
focalizzare il nostro intervento su alcuni aspetti del processo di relazione interpersonale che
consideriamo la base per potere sviluppare tutta quella serie di comportamenti prosociali che,
più di altre strategie, possono effettivamente garantire la nascita di un rapporto empatico tra
bambino normale e disabile.
Riteniamo che occorra però una forte motivazione da parte delle insegnanti di scuola
normale nell’investire su un programma di educazione sociale che possa essere considerato
parte della programmazione curriculare prevista dai normali programmi ministeriali.
Investire nei programmi didattici che curano questo particolare aspetto, significa
modificare l’atteggiamento da parte dei docenti, che promuovono, in questo senso, un
cambiamento nell’ottica educativa, orientata maggiormente allo sviluppo ed al supporto di
comportamenti positivi nei loro alunni, piuttosto che ad un’attenzione selettiva rivolta spesso
al manifestarsi di comportamenti devianti in classe, ad esempio comportamenti di disturbo,
scarsa motivazione, episodi di aggressività verbale e fisica, ecc.

Il materiale
Il materiale assume una funzione importante nello stimolare l’iniziativa comunicativa e
comportamentale del bambino; il materiale deve assumere caratteristiche di stimolazioni
sensoriali diversificate di tipo uditivo, visivo, tattile, olfattivo, vestibolare propriocettivo.
È opportuno selezionare materiali (giochi e giocattoli) che il bambino già conosce
affinché impari a divertirsi e sviluppi modalità sociali più avanzate.

7
Il materiale deve avere caratteristiche interessanti, può muoversi, mettere suoni o
provocare sorpresa.
Esempi di materiale adatto a questo tipo di percorso sono:
 Giocattoli (es. bolle di sapone, palline, tubi, trottole palloncini, ecc.).
 Materiali recuperati, come pentole vecchie, scatole, barattoli di latta, ecc.).
 Materiali per giochi dinamici, come tappeti, materassi, teli, foulards, stoffe colorate.
 Materiali per giochi musicali, come campanelli, tamburelli, bottiglie di plastica vecchie con
sassi, sabbia, ecc.
Come reperire il materiale didattico a scuola, quando scarseggiano persino i fogli per le
fotocopie ed il nastro gommato?
Senza cedere a facili scoraggiamenti di fronte a questo ennesimo ostacolo, una delle
risorse a cui attingere è fornita dal materiale di recupero, che può essere selezionato in base
alle necessità didattiche che in quel momento emergono dal piano educativo individuale, e
che può costituire un valido aiuto per il docente che ha ben programmato e definito il piano di
intervento individuale.

La formazione dei docenti: alcune buone prassi
È ragionevole supporre che il singolo docente, spessissimo senza una preparazione
specifica nel campo della educazione e riabilitazione di bambini con deficits plurimi gravi, si
trovi impreparato e spaesato di fronte ad un problema così complesso, che presuppone una
presa in carico globale e sinergica tra le varie professionalità in ambito psicoeducativo, clinico
e socio-famigliare.
Più utile risulta un training teorico-pratico mirato a metodologie di insegnamento che
possano riunire interessi analoghi nei docenti: pensiamo alla formazione sulla Comunicazione
Aumentativa, sulle nuove tecnologie per l’autonomia e la comunicazione, sulla gestione delle
problematiche comportamentali gravi; sulle strategie di osservazione sistematica e raccolta
dati, ecc.
Una delle strategie più efficaci per la preparazione degli insegnanti è quella dell’utilizzo
del videotape nelle sessioni didattiche, che permetta, con l’aiuto di un professionista, (ed in
mancanza di questo di un team costituito da colleghi) di analizzare le risposte del bambino,
recepire le osservazioni e le indicazioni delle persone che stanno osservando le diverse
interazioni. Tale strumento può essere utilizzato anche in altre situazioni educative.

8
Conclusioni
Riteniamo che il modello di Buona prassi sia quello delle migliori esperienze di
integrazione che si creano in molte scuole italiane, ma con una particolarità, la nostra, che
forse è veramente solo nostra: la particolarità

dei bambini con i quali lavoriamo, che

presentano combinazioni di disabilità così gravi, che spesso non è nemmeno pensabile il
livello di vita, immaginiamo

l’integrazione a scuola. Per loro, per i bambini con cui

lavoriamo attualmente, e con e per tutti quelli che abbiamo conosciuto negli anni,
immaginiamo pensare e costruire percorsi di inclusione ed indicazioni operative da spendere
concretamente in classe,e favorire un processo più completo

di integrazione quello

dell’inclusione, che prevede una relazione completa su più livelli di interazione tra bambini
normali ed il nostro, con bisogni davvero speciali.

Riferimenti bibliografici
Coppa, M.M,; Marchesi, M.C. (2001). La scuola potenziata: il progetto educativo per
l’handicap grave al centro dell’organizzazione scolastica. Relazione presentata al 3°
Convegno Internazionale su “La qualità dell’integrazione nella scuola e nella società”
Rimini, 9-10-11 Novembre 2001.
Coppa, M.M., Orena, E., Storani, E., Marziani, M. (2002). Preparare l’integrazione
attraverso la conoscenza del deficit e la prosocialità. In: Difficoltà di apprendimento, 4 (7),
pp.537-545.
Coppa, M.M., Cortucci, S., Orena, E. (2003). L’insegnamento della prosocialità in
bambini di scuola materna. In: Psicologia e Scuola, n.116, pp. 15-25.
Coppa, M.M., Orlandoni, M., Fanelli, V., Filiali, S., Natalini, E., Braidotti, S. (2005).
Buone Prassi di integrazione scolastica: facilitare relazioni sociali positive con un bambino
con grave ritardo mentale e plurihandicap. In: L’integrazione scolastica e sociale, 4 (2),
pp.183-186.
Coppa, M.M. (2009). In classe ho un bambino con disabilità gravi. Relazione presentata
al Convegno su “In classe ho un bambino con…” Firenze, 6-7-8/2/2009.
Si ringrazia per la collaborazione le educatrici del settore scolare della Lega del Filo
d’Oro: Rosina Giuseppetti, Paola Montenovo, Claudia Renzi, Elvira Mazzanti, Maria Assunta
Bianchi, Nicoletta Baiocchi, Alberta Marincioni, Caputo Pasqualina
9
Mauro Mario Coppa,
Direttore Servizi educativo-riabilitativi,
fascia scolare e giovani, Lega del Filo d’Oro, Osimo

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Coppa

  • 1. IN CLASSE CON UN BAMBINO PLURIMINORATO BUONE PRASSI DI INCLUSIONE SCOLASTICA Mauro Mario Coppa [Abstract] Un piccolo vademecum sulle “buone prassi” per l’integrazione scolastica del bambino con disabilità gravi.[fine abstract] Introduzione Perché scrivere un piccolo vademecum sulle buone pratiche che aiutino il difficile percorso di inclusione di un bambino con disabilità gravi in classe ed, in secondo luogo, perché da una angolatura molto particolare, e cioè quella di professionisti ed educatori che lavorano in una struttura riabilitativa ad alta specializzazione, che si interessano di metodologie di inserimento scolastico molto parzialmente, limitatamente ad una esperienza lunga, ma perlopiù vissuta in un servizio specialistico, apparentemente svincolato ed avulso dalla realtà dell’integrazione dell’handicap nella scuola pubblica? La nostra, quella che da anni cerca di raccontare come si fatica, e cosa ci si inventa per creare qualche spazio di relazione nella testa, nello spazio e nel cuore di chi frequenta la scuola pubblica, alunni, insegnanti e genitori, ci sembra una storia di inclusione che valga la pena di raccontare. Non una vera e propria metodologia, perché non abbiamo inventato niente, non modelli teorico-metodologici perfetti e corretti, né ricerche con il rigido controllo e misurazione delle variabili, ma proposte, materiali, metodi di lavoro e di relazione, giochi inventati o modificati, esperienze di altri rubacchiate, materiali poveri riciclati, cioè prassi e pratiche concrete di riabilitazione, che abbiamo raccolto in quasi 40 anni di esperienza e storia, e che abbiamo deciso di mettere a disposizione di tutti, da cui si possa prendere qualcosa, non tutto, ma quel qualcosa nato da una forte base operativa e concreta, come qualcosa ideato, rivisto, corretto, cancellato, ma che alla fine ha funzionato, e che pensiamo e speriamo continuerà a funzionare per tutti i bambini che hanno problemi e condizioni di vita e relazione gravemente compromesse. “Buone Prassi” in breve Questo piccolo manuale di “Buone Prassi” è il frutto di un lavoro di gruppo con educatori del Centro di Riabilitazione che hanno maturato negli anni esperienze importanti e preziose, e che hanno fatto lo sforzo di racchiuderle in una serie di indicazioni, suggerimenti, 1
  • 2. descrizioni concrete di “come si fa”, seguendo un canovaccio che ci ha permesso di dare ordine e logica a idee ed esperienze personali. Le “Buone Prassi” prevedono un percorso in 3 fasi principali: 1. Le attività educative e ludiche, che prevede consigli e suggerimenti su come presentare ed attuare i vari esempi di giochi ed attività di interazione. 2. La preparazione degli alunni e delle insegnanti, in termini di accoglienza e relazione. 3. La preparazione della classe, cioè come organizzare lo spazio fisico ed il materiale della classe. Attività didattiche e di gioco che possono facilitare la relazione tra coetanei Tutte le attività proposte devono essere stimolanti/piacevoli anche per i bambini tutori; i bambini tutori devono avere la consapevolezza di essere in grado di portare a termine il compito. Possibili esempi di attività educative integranti riguardano:  Manipolazione (pasta di sale, cartapesta, plastilina).  Travasi (pastina, coriandoli, farina, sabbia).  Colorarescarabocchiare con varie tecniche e strumenti (stencil, stampini...).  Collage e costruzione di piccoli oggetti.  Puzzle.  Gioco con la palla, teli colorati, palloncini (da seduti).  Psicomotricità (girotondo, ponti, trenini, percorsi ad ostacoli, rotolamenti, entrare dentro ai tubi, giochi con la palla con associazione di movimentosuono (ritmo: lento, veloce, pausa).  Gioco con le costruzioni .  Gioco simbolico attraverso oggetti di uso familiare (bambola, pentoline...).  Ascolto di storie con libri cartonati .  Teatro con le marionette.  Gioco del “dare e dell'avere”(davanti ad un tavolo o uno di fronte all'altro con dei giochi il bambino tutore dice: ''prendi la bambola, dammi la palla, ecc...'').  Suonare strumenti musicali.  Giochi sonori con le mani (imitazioni di movimenti sull'ascolto di canzoncine per bambini). Consigli e suggerimenti nelle modalità di presentazione ed attuazione delle attività e dei giochi  Accoglienza, presentazione e saluti iniziali di tutti i bambini, rito di “fine-incontro”. 2
  • 3.  Esplorazione e conoscenza dell'ambiente (ad esempio conoscere le persone presenti e lo spazio che occupano, con l'ausilio di segnali /oggetti capire l'ambiente dove si trovano).  Presentazione e conoscenza del materiale con il quale devono interagire (ad esempio per i percorsi motori far esplorare i vari elementi che compongono il percorso (pedane, blocchi tubi) il tutore accompagna il bambino ad esplorare il bambino-modello che a sua volta supera l'ostacolo facendogli capire cosa deve fare in relazione a quel determinato oggetto; per quanto riguarda l'attività degli stampini, la manipolazione della plastilina, il tutore fa esplorare le mani del modello mentre manipola per far comprendere al bambino pluriminorato quello che deve fare con il materiale).  Nella stanza e sul piano di lavoro è presente solo il materiale proposto.  La comunicazione è semplice e chiara; nella spiegazione del compito, l'insegnante deve riuscire a coinvolgere, entusiasmare e rendere piacevole e chiaro il compito sia al bambino pluriminorato che al gruppo dei tutori.  Bambini tutori (34 al massimo). Metodo: 2 o 3 bambini fanno da modello e 1 alla volta a turno aiutano il bambino ad eseguire l'attività standogli di fianco o di fronte, modellando i movimenti che deve compiere (ad esempio tenere il pennarello, modellare la plastilina, battere le mani). Il tutor può aiutare anche il bambino pluriminorato a compiere semplici gesti di autonomia personale (ad esempio togliersi il cappotto, spingere la carrozzina, lavarsi le mani...). Una giornata a scuola con… V. è un bambino di 6 anni, inserito in una struttura riabilitativa, e frequenta 3 volte la settimana una scuola dell’infanzia con bambini di 5 anni. La diagnosi è di cerebropatia da trauma da parto, deficit visivo parziale ed ipoacusia globale di grado medio-lieve, grave ritardo del linguaggio, ritardo mentale medio-grave. Il programma educativo individualizzato prevede obiettivi specifici dell’inserimento scolastico, in particolare:  Incremento delle abilità di socializzazione con i bambini della sezione.  Acquisizione delle regole sociali proprie del contesto scolastico (rispetto dei tempi di attesa, condivisione dei giochi e dei materiali, ecc.).  Potenziamento delle competenze imitative dei modelli forniti dai bambini tutors. Fase dell’accoglienza: tutta la classe si dispone in cerchio; un bambino a caso inizia il gioco, si avvicina ad una scatola che contiene una collana per ogni bambino del gruppo, compreso V., legge il nome o mostra la foto del bambino, ed aiuta il rispettivo bambino ad 3
  • 4. indossarla. Il bambino con la prima collana si avvicina a sua volta alla scatolina, e continua il gioco fino a quando tutti la indossano. Fase centrale, il laboratorio: i giochi sensoriali prevedono il coinvolgimento “a tema” di un senso:  La stimolazione olfattiva (essenze ed olii profumati).  La stimolazione tattile (contrasti come stoffa pelosa-carta ruvida).  La stimolazione gustativa (caramelle alla frutta, aromi e spezie).  La stimolazione visiva (vari tipi di stoffe, carte colorate delle uova di pasqua, ecc.).  La stimolazione uditiva (bottigliette di plastica con dentro sassi, pastina, riso, ecc.).  Creazione del gilet personalizzato: ad ogni incontro viene preparato un piccolo manufatto che va ad arricchire ed abbellire il gilet. Fase finale: ogni bambino si avvicina al cartellone personale, vi appende la collanina, la stimolazione sensoriale del giorno, ed il gilet. Il rito del saluto è rappresentato da una canzoncina proposta dai bambini della scuola. I Laboratori per l’integrazione L’attività del “laboratorio” permette di creare, intorno ad un tema “integrante”, come ad esempio la costruzione di un cartellone, una reciprocità collaborativa tra bambini tutori e bambini con disabilità. Il Laboratorio dei materiali e dei giochi uditivi ha previsto, per i bambini inseriti nella scuola d’infanzia, con bambini di 5 anni, come “leiv-motiv” la costruzione di strumenti musicali con materiale povero, con l’obiettivo di stimolare l’attenzione uditiva e la capacità di seguire e/o produrre un ritmo musicale. Un esempio è rappresentato dalla costruzione di una sorta di “macacas”, mettendo sassolini in una bottiglia di plastica riciclata. Inoltre, sono state pensate e proposte filastrocche cantate, suonate e parlate, con il cambio di turno attraverso i bambini, disabili e non, disposti in circolo. Il Laboratorio delle attività espressive ha realizzato proposte molto dettagliate relativamente alla realizzazione di un percorso sensoriale a tappe, all’interno del quale ogni tappa prevede la costruzione di oggetti e giocattoli realizzati con materiale povero. Il format dell’attività di laboratorio consente di utilizzare formule e metodologie di relazione e coinvolgimento proprie dell’apprendimento cooperativo. 4
  • 5. La preparazione della classe Uno degli interventi educativi più efficaci per creare condizioni di accoglienza e collaborazione per stimolare risposte adattive positive da parte del bambino disabile è quello rappresentato dall’educazione prosociale, intesa come acquisizione di azioni dirette ad aiutare o beneficiare un singolo bambino oppure un gruppo. Tale approccio prevede:  Un intervento di tipo indiretto, indirizzato a tutta la classe che accoglie il bambino disabile.  Un intervento diretto, finalizzato a connotare positivamente e gratificare tutti quei comportamenti prosociali come azioni di aiuto, collaborazione, gesti di supporto affettivo, che si manifestano nelle situazioni di gioco e relazioni strutturate con il bambino disabile. Un percorso possibile per raggiungere tale finalità passa attraverso il potenziamento delle competenze emotive, sociali e relazionali dei bambini. Gli obiettivi previsti prevedono:  Prendere coscienza di sé e delle proprie caratteristiche.  Riconoscere le caratteristiche positive e negative proprie e dei compagni.  Riconoscere le proprie emozioni su di sé e sugli altri. L’insegnante di classe assume un ruolo significativo nel coinvolgere i bambini della classe nel trovare le modalità per far partecipare il bambino disabile alle attività. Training di abilità prosociali in scuola materna I passi programmatici che si possono prevedere sono principalmente: 1. Creazione di situazioni ludico-ricreative all’interno dell’aula: l’ambiente può favorire la crescita, l’inserimento sociale e l’autonomia della persona disabile; pensando ai bambini con plurihandicap si può ipotizzare che un ambiente facilmente accessibile, piacevole ed accogliente, ricco di stimoli, può incrementare la creatività e la voglia di giocare, sia individualmente che in gruppo. L’ambiente viene caratterizzato dai suoni, colori, odori, oggetti di materiali e forme diverse; ogni angolo viene allestito privilegiando un senso rispetto ad altri, ipotizzando un gioco, un’attività, che coinvolge il senso scelto. Gli angoli vengono allestiti sfruttando principalmente ciò che è presente nell’ambiente naturale; i 5
  • 6. materiali utilizzati sono essenze aromatiche diverse, creme profumate, stoffe di colori e tessitura tattile diversa, materiali plastici vari, luci colorate, materiali metallici. 2. L’avvio di un programma di simulazione dei deficits visivi e motori; il progetto “vedere non vedere”: far vivere al gruppo-classe la condizione di cecità o ipovisione attraverso una simulazione di tale condizione, permette concretamente ai bambini di capire come il loro compagno disabile sensoriale percepisce l’ambiente che gli sta intorno. Sperimentare le modalità percettive del bambino minorato della vista può agevolare i bambini ad instaurare un rapporto maggiormente empatico con il loro compagno, riducendo i confini e le paure che tale situazione crea, favorendo così l’integrazione e la socializzazione. Ancora, offrire ai bambini la possibilità di sperimentare esperienze in special modo sensomotorie significative e gratificanti che non siano centrate esclusivamente sul canale visivo, può consentire loro di comprendere meglio le difficoltà del compagno svantaggiato, e di andare alla ricerca di attività e giochi maggiormente condivisibili. La simulazione è proposta sotto forma di gioco; i bambini vengono invitati ad usare mascherine per coprire gli occhi, e dopo un primo momento di adattamento, viene loro richiesto di muoversi ed esplorare individualmente, secondo i loro schemi, lo spazio che li circonda ed i materiali che usano quotidianamente. Successivamente, vengono proposti giochi di gruppo sia statici che dinamici; al termine, è previsto un momento di verbalizzazione dell’esperienza, attraverso una elaborazione dei contenuti emersi. Esempi di giochi effettuati durante le simulazioni sono: le belle statuine, giù per terra, il gioco delle sedie, il sacchetto delle sorprese, pieno o vuoto, il gioco dei profumi. Il modellamento, da parte delle insegnanti della classe, dei comportamenti adeguati che i bambini spontaneamente attuavano nei confronti dei bambini pluriminorati, attraverso feedbacks positivi e gratifiche sociali per comportamenti prosociali come aiutare (fornire assistenza al bambino disabile che dimostra di essere in difficoltà nel fare o trovare qualcosa), dare (consegnare un oggetto o un giocattolo in mano al bambino disabile), condividere (dare parte di un oggetto o condividere lo stesso oggetto), fornire gesti di supporto emotivo (invitare a giocare, abbracciare, tenere la mano del bambino disabile). Training di abilità prosociali con bambini di scuola elementare I passi programmatici del programma si sono basati su due aspetti prioritari: 6
  • 7. 1. Avvio del programma operativo di educazione prosociale: sono state selezionate alcune unità prosociali dal programma di De Beni (op.cit), e proposte in classe dalle stesse insegnanti, con cadenza settimanale. Le unità selezionate, relative al 1° anno del progetto, sono risultate: la complessità delle azioni, il valore della tolleranza, il valore della diversità personale, la scoperta dello spazio interiore, il ruolo guida ed il ruolo gregario, la soluzione di problemi sociali, costruire un punto di vista e criteri di giudizio, stati d’animo e reazioni, donare, ascolto empatico, sentimenti ed emozioni, fiducia, aiuto fisico, risorse naturali. 2. Modellamento di atteggiamenti adeguati nei confronti del ragazzo pluriminorato: le modalità attuate con i bambini di scuola elementare, ed i comportamenti target gratificati sistematicamente, sono state modellate sulle strategie già utilizzate con i bambini della materna. L’esperienza acquisita in diversi anni in cui sono stati effettuati inserimenti scolastici, per alcune ore, di bambini pluriminorati all’interno di classi normali, ci ha suggerito di focalizzare il nostro intervento su alcuni aspetti del processo di relazione interpersonale che consideriamo la base per potere sviluppare tutta quella serie di comportamenti prosociali che, più di altre strategie, possono effettivamente garantire la nascita di un rapporto empatico tra bambino normale e disabile. Riteniamo che occorra però una forte motivazione da parte delle insegnanti di scuola normale nell’investire su un programma di educazione sociale che possa essere considerato parte della programmazione curriculare prevista dai normali programmi ministeriali. Investire nei programmi didattici che curano questo particolare aspetto, significa modificare l’atteggiamento da parte dei docenti, che promuovono, in questo senso, un cambiamento nell’ottica educativa, orientata maggiormente allo sviluppo ed al supporto di comportamenti positivi nei loro alunni, piuttosto che ad un’attenzione selettiva rivolta spesso al manifestarsi di comportamenti devianti in classe, ad esempio comportamenti di disturbo, scarsa motivazione, episodi di aggressività verbale e fisica, ecc. Il materiale Il materiale assume una funzione importante nello stimolare l’iniziativa comunicativa e comportamentale del bambino; il materiale deve assumere caratteristiche di stimolazioni sensoriali diversificate di tipo uditivo, visivo, tattile, olfattivo, vestibolare propriocettivo. È opportuno selezionare materiali (giochi e giocattoli) che il bambino già conosce affinché impari a divertirsi e sviluppi modalità sociali più avanzate. 7
  • 8. Il materiale deve avere caratteristiche interessanti, può muoversi, mettere suoni o provocare sorpresa. Esempi di materiale adatto a questo tipo di percorso sono:  Giocattoli (es. bolle di sapone, palline, tubi, trottole palloncini, ecc.).  Materiali recuperati, come pentole vecchie, scatole, barattoli di latta, ecc.).  Materiali per giochi dinamici, come tappeti, materassi, teli, foulards, stoffe colorate.  Materiali per giochi musicali, come campanelli, tamburelli, bottiglie di plastica vecchie con sassi, sabbia, ecc. Come reperire il materiale didattico a scuola, quando scarseggiano persino i fogli per le fotocopie ed il nastro gommato? Senza cedere a facili scoraggiamenti di fronte a questo ennesimo ostacolo, una delle risorse a cui attingere è fornita dal materiale di recupero, che può essere selezionato in base alle necessità didattiche che in quel momento emergono dal piano educativo individuale, e che può costituire un valido aiuto per il docente che ha ben programmato e definito il piano di intervento individuale. La formazione dei docenti: alcune buone prassi È ragionevole supporre che il singolo docente, spessissimo senza una preparazione specifica nel campo della educazione e riabilitazione di bambini con deficits plurimi gravi, si trovi impreparato e spaesato di fronte ad un problema così complesso, che presuppone una presa in carico globale e sinergica tra le varie professionalità in ambito psicoeducativo, clinico e socio-famigliare. Più utile risulta un training teorico-pratico mirato a metodologie di insegnamento che possano riunire interessi analoghi nei docenti: pensiamo alla formazione sulla Comunicazione Aumentativa, sulle nuove tecnologie per l’autonomia e la comunicazione, sulla gestione delle problematiche comportamentali gravi; sulle strategie di osservazione sistematica e raccolta dati, ecc. Una delle strategie più efficaci per la preparazione degli insegnanti è quella dell’utilizzo del videotape nelle sessioni didattiche, che permetta, con l’aiuto di un professionista, (ed in mancanza di questo di un team costituito da colleghi) di analizzare le risposte del bambino, recepire le osservazioni e le indicazioni delle persone che stanno osservando le diverse interazioni. Tale strumento può essere utilizzato anche in altre situazioni educative. 8
  • 9. Conclusioni Riteniamo che il modello di Buona prassi sia quello delle migliori esperienze di integrazione che si creano in molte scuole italiane, ma con una particolarità, la nostra, che forse è veramente solo nostra: la particolarità dei bambini con i quali lavoriamo, che presentano combinazioni di disabilità così gravi, che spesso non è nemmeno pensabile il livello di vita, immaginiamo l’integrazione a scuola. Per loro, per i bambini con cui lavoriamo attualmente, e con e per tutti quelli che abbiamo conosciuto negli anni, immaginiamo pensare e costruire percorsi di inclusione ed indicazioni operative da spendere concretamente in classe,e favorire un processo più completo di integrazione quello dell’inclusione, che prevede una relazione completa su più livelli di interazione tra bambini normali ed il nostro, con bisogni davvero speciali. Riferimenti bibliografici Coppa, M.M,; Marchesi, M.C. (2001). La scuola potenziata: il progetto educativo per l’handicap grave al centro dell’organizzazione scolastica. Relazione presentata al 3° Convegno Internazionale su “La qualità dell’integrazione nella scuola e nella società” Rimini, 9-10-11 Novembre 2001. Coppa, M.M., Orena, E., Storani, E., Marziani, M. (2002). Preparare l’integrazione attraverso la conoscenza del deficit e la prosocialità. In: Difficoltà di apprendimento, 4 (7), pp.537-545. Coppa, M.M., Cortucci, S., Orena, E. (2003). L’insegnamento della prosocialità in bambini di scuola materna. In: Psicologia e Scuola, n.116, pp. 15-25. Coppa, M.M., Orlandoni, M., Fanelli, V., Filiali, S., Natalini, E., Braidotti, S. (2005). Buone Prassi di integrazione scolastica: facilitare relazioni sociali positive con un bambino con grave ritardo mentale e plurihandicap. In: L’integrazione scolastica e sociale, 4 (2), pp.183-186. Coppa, M.M. (2009). In classe ho un bambino con disabilità gravi. Relazione presentata al Convegno su “In classe ho un bambino con…” Firenze, 6-7-8/2/2009. Si ringrazia per la collaborazione le educatrici del settore scolare della Lega del Filo d’Oro: Rosina Giuseppetti, Paola Montenovo, Claudia Renzi, Elvira Mazzanti, Maria Assunta Bianchi, Nicoletta Baiocchi, Alberta Marincioni, Caputo Pasqualina 9
  • 10. Mauro Mario Coppa, Direttore Servizi educativo-riabilitativi, fascia scolare e giovani, Lega del Filo d’Oro, Osimo 10