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Commento al DDL 3249 (versione pronta per l'Aula del Senato)

Premessa

Si commenteranno qui solo le modifiche introdotte dal lavoro delle Commissioni del Senato, fermo
restando il giudizio complessivo che l'organizzazione ha dato nelle occasioni formali (audizioni) e
nei suoi organismi. La disamina puntuale delle sole modifiche è pensata per dare alle strutture una
conoscenza utile anche per la discussione con i nostri interlocutori esterni. L'esame sarà condotto
suddividendo le modifiche in capitoli relativi rispettivamente alle tipologie d'impiego, agli
ammortizzatori e alle politiche del lavoro, e alla disciplina dei licenziamenti. Le citazioni
virgolettate sono tratte dal testo varato per l'aula. Per “testo originario” o “governativo” si intende
quello depositato in Parlamento dal Governo. Per un esame sinottico si rimanda al seguente link:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlcomm&leg=16&id=662318.                     In
premessa va segnalata la formulazione, che ricorre ovunque nel testo, riferita alla contrattazione e ai
suoi livelli (“a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”)
che rappresenta un importante conferma della gerarchia delle fonti contrattuali rispetto alla vexata
quaestio dell'art. 8 della legge 148/11 e della derogabilità delle disposizioni di leggi e contratti
nazionali da parte della “contrattazione di prossimità”, mostrando un importante cambiamento di
orientamento del legislatore. Ugualmente a scopo di completezza, va ricordato che il testo giunto in
aula rende strutturale la decontribuzione degli elementi salariali variabili derivanti dalla
contrattazione di secondo livello. Sempre in premessa va segnalato un nuovo articolo ( art. 73)
contenente una delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi riferiti al tema della
partecipazione dei lavoratori alle scelte dell'impresa, compreso l'azionariato dei dipendenti, che, per
la delicatezza del tema e l'oggettiva estraneità alle problematiche proprie del Dipartimento, sarà
presumibilmente oggetto di approfondimenti in altre sedi.

a) Tipologie d'impiego
1)Contratti a termine:
1.Assenza di obbligo di causale: si prevede l'assenza di obbligo di causale per il primo contratto a
termine (o missione in somministrazione) di durata fino a 12 mesi (era di sei nella versione
governativa), oppure, in alternativa, la facoltà per la contrattazione di definire una franchigia
dall'obbligo di giustificazione valevole fino al 6% dell'organico aziendale in presenza di necessità
dovute da processi organizzativi caratterizzati “dal lancio di un nuovo prodotto, o di un servizio
innovativo, dall'avvio di nuove attività, dall'implementazione di un rilevante cambiamento
tecnologico, dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, dal rinnovo
o dalla proroga di una commessa consistente”. Tali rapporti continuano a non poter essere oggetto
di proroga e continua a vigere il limite massimo di durata di 36 mesi (ma vedi oltre).
2.Intervalli tra un rapporto e quello successivo: si ammette la possibilità per la contrattazione di
ridurre gli intervalli tra un contratto e quello successivo fino al ritorno alla disciplina previgente
(art. 5, comma 2 del D. Lgs. 368/01), nei casi descritti al punto precedente. [Il testo originario
fissava in 60 e 90, rispettivamente, gli intervalli tra un contratto a termine e uno successivo stipulato
tra le stesse parti, a seconda se il primo contratto avesse avuto una durata inferiore o superiore a sei
mesi, mentre il D.Lgs. 369/01 aveva fissato tali termini in 10 e 20 giorni.]
3.Esclusioni dal computo dei 36 mesi di massimo utilizzo: dal computo sono escluse le missioni di
somministrazione a tempo indeterminato;
4.cancellazione della derogabilità contrattuale per i somministrati “svantaggiati” o percettori di
ammortizzatori sociali: si cancella la parte rilevante dell'art. 13 del D.Lgs. 276/03;
Commento: eccetto l'ultimo punto, si tratta di arretramenti rispetto al già pericoloso superamento
del principio secondo cui ogni rapporto non a tempo indeterminato ( e pertanto “non ordinario”
secondo il nostro ordinamento e secondo l'Unione Europea) doveva essere “giustificato” con
l'indicazione della causale legittimante. Avere ampliato a 12 mesi, o aver indirizzato in futuro la
contrattazione a discutere di franchigie in presenza degli eventi definiti dal testo rischia di
provocare una sostanziale abdicazione alle funzioni di governo sindacale delle fluttuazioni cicliche
dell'organizzazione del lavoro. Si noti, peraltro, che le “causali” indicate nel testo riguardo alla
contrattazione non sono coerenti con l'idea che il “primo contratto” a termine debba essere libero
da giustificazioni, datoché si riferiscono a circostanze tipiche di “proroghe di rapporti già
accesi”;e pertanto non solo si accentua il carattere implicito di “prova” del primo contratto a
termine, ma se ne estende potenzialmente l'effetto a parti significative dell'intero organico
aziendale. Nulla si dice, poi, sul rapporto che tale percentuale di “contratti liberi” avrà con la
quota di contratti a termine giustificati da causali previsti dalla contrattazione, con il rischio
rilevante che le due quote si sommino.
2)Apprendistato:
1.l'apprendistato in somministrazione non potrà essere svolto a termine, ma solo attraverso la
somministrazione a tempo indeterminato, come previsto dal D.Lgs. 167/11 (Testo Unico
sull'apprendistato), riparando una formulazione sbagliata del testo governativo;
2.percentuali di conferma: il testo esclude da ogni obbligo di conferma le imprese con meno di 10
dipendenti, nonché ammette la possibilità dell'assunzione di “un apprendista” anche nel caso non si
sia rispettata la percentuale di conferma prevista dalla legge o dai CCNL;
3.rapporto apprendisti/qualificati: il rapporto 1:1 rimane per le imprese con meno di 10 dipendenti,
per le altre si passa a 3:2 (tre apprendisti per due qualificati)
Commento: bene il ripristino della norma del TU, ottenuta resistendo a spinte molto forti,
compresa un'intesa separata nel settore, per forzare verso un utilizzo della somministrazione a
termine per lo svolgimento dell'apprendistato. Le altre disposizioni contraddicono la funzione
dell'apprendistato, datoché esentare totalmente o diminuire la cogenza della percentuale di
conferma ai fini di nuove assunzioni in apprendistato significa sminuire il senso di un investimento
sulla formazione come miglior viatico verso la stabilizzazione del rapporto e quindi
dell'apprendistato come “canale privilegiato” per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Prevale invece una visione dell'apprendistato come rapporto a costo inferiore.
3)lavoro intermittente:
1.popolazione assumibile anche senza disposizioni contrattuali: viene ripristinata, con alcune
modifiche, la disciplina prevista dall'art. 34 del D.Lgs. 276/03, in base alla quale è possibile
assumere a chiamata persone fino a 25 anni e più di 55 anni (nel vecchio testo la facoltà era limitata
alla fascia [meno di 25- più di 45 anni];
2.la comunicazione ai servizi della chiamata è possibile anche per SMS;
Commento: il ripristino della possibilità di assumere anche senza l'individuazione delle esigenze
giustificatrici da parte della contrattazione collettiva è una scelta sbagliatissima per più ragioni. In
primo luogo perché abilita nuovamente le imprese ad utilizzare l'unico appiglio giuridico che ha
loro consentito fin qui di assumere in questo modo, datoché la contrattazione collettiva si è ben
guardata dal regolamentare un rapporto così precarizzante. Con ciò viene contraddetta la teoria
del governo di scremare la flessibilità buona da quella cattiva: se non si riconosce il ruolo della
contrattazione la funzione selettiva viene semplicemente meno. In secondo luogo, così si
indebolisce la funzione di incentivo alla stabilizzazione che la norma precedente dava,
implicitamente, alla contrattazione, là dove prevedeva che i rapporti a chiamata in essere
cessavano ad avere validità dopo 12 mesi dall'entrata in vigore della legge (datoché veniva meno
la loro “base giuridica”):si apriva così uno spazio negoziale per il sindacato, che avrebbe avuto
per un anno la possibilità di negoziare condizioni migliorative rispetto al lavoro a chiamata
minacciando in caso contrario l'invio dei servizi ispettivi.
4)Collaborazioni:
1.compensi minimi: si introduce la facoltà per la contrattazione collettiva di disporre compensi per
le collaborazioni a progetto, avendo a riferimento i minimi salariali delle mansioni equivalenti e
prevedendo che comunque, in assenza di disposizioni specifiche per i collaboratori, i compensi non
potranno essere inferiori ai minimi retributivi definiti dai CCNL.
Commento: è senza dubbio l'avanzamento più significativo rispetto al testo governativo, che mette
finalmente in chiaro due cose: il diritto della contrattazione collettiva a disciplinare sia l'ambito
per il ricorso alle collaborazioni (desumibile dal riferimento alla contrattazione collettiva di
individuare “compiti meramente esecutivi e ripetitivi” dal cui svolgimento le collaborazioni devono
essere escluse), sia le condizioni salariali (e normative) della loro prestazione. Pregevole anche la
norma di salvaguardia, che garantisce comunque che i compensi non potranno essere inferiori a
minimi salariali dei dipendenti “equivalenti”, a maggior ragione vista la graduale elevazione del
peso contributivo previsto dalla riforma e del connesso rischio, già sperimentato in occasione dei
precedenti aumenti previdenziali, che l'aumento fosse pagato dalla compressione dei compensi dei
collaboratori.
5)partite Iva:
1.presunzioni di subordinazione: i parametri già presenti nel testo governativo subiscono un
indebolimento ( la durata minima sale a otto mesi, il peso sul fatturato deve superare l'80%, la
postazione di lavoro deve essere “fissa”), ma soprattutto essi non hanno efficacia qualora il reddito
percepito sia superiore a 1,25 volte il minimale contributivo (pari per il 2012 a € 14258,4 * 1,25=
€17823), oltre a non avere efficacia nei confronti di quanti svolgessero attività di “competenze
teoriche di grado elevato (....), acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio
concreto di attività” ( a titolo personale, va apprezzata la chiarezza e l'univocità del testo...), né nei
confronti di iscritti ad albi o ordini.
Commento: questo è invece, assieme alle novità introdotte sul lavoro a termine, il punto di più serio
arretramento del testo rispetto a quello governativo. Il rischio di una fuga verso le partite Iva per
scongiurare il rischio del passaggio alla subordinazione di lavoro elusivamente qualificato
parasubordinato (collaborazioni) è molto forte: basti pensare che i limiti di reddito superati i quali
non potrà operare la presunzione di subordinazione equivalgono a compensi mensili netti di poco
superiori a €750.
6)Vouchers:
1.campo di applicazione: rispetto al testo governativo, si allarga l'applicabilità dei vouchers alle
imprese commerciali e agli studi professionali, prima esclusi;
2.agricoltura: al posto della dizione pericolosissima riferita alle “attività stagionali”, il testo adesso
distingue tra imprese esentate dal versamento dell'IVA, che potranno ricorrere liberamente al
voucher nei confronti di soggetti non iscritti l'anno precedente agli elenchi anagrafici, e imprese
invece obbligate al pagamento dell'IVA, per le quali il ricorso ai voucher è limitato alle prestazioni
accessorie svolte dai soli studenti e pensionati;
3.valore del buono: è stato introdotto il riferimento al valore orario del singolo buono,
rimandandone l'importo ad un confronto con le parti sociali, e disponendo comunque la
numerazione progressiva e la datazione dei buoni
Commento: sono importanti le modifiche introdotte sull'agricoltura e sul valore orario e la
tracciabilità del singolo buono, meno positivi gli allargamenti (rispetto al testo governativo) a
settori dove l'abuso è stato assai diffuso nel passato (commercio) o dove non è davvero giustificato
il ricorso a prestazioni “meramente occasionali” quali le attività professionali.
7)associati in partecipazione:
1.estensione: a differenza di quanto convenuto con il Governo in sede di confronto con le parti
sociali, recepito correttamente nel Documento approvato "salvo intese" dal Consiglio dei Ministri il
23 marzo, ma poi alterato in sede di redazione del testo governativo, l'attuale formulazione consente
l'associazione in partecipazione per tre associati, più i famigliari entro il terzo grado di parentela,
con l'ulteriore salvaguardia dei contratti che fossero stati nel frattempo certificati in base alle
disposizioni del D.Lgs. 276/03;
Commento: il nostro giudizio negativo su queste modifiche è noto, e va accentuato riguardo al
riferimento alla certificazione, peraltro la norma è molto dubbia datoché una eventuale
contestazione sull'efficacia della certificazione non può essere impedita (se ad es. la certificazione
riguardava una modalità di prestazione erroneamente definita associazione in partecipazione ma
poi svoltasi con le caratteristiche della subordinazione, essa è contestabile come previsto dallo
stesso d.Lgs. 276/03 , e quindi che effetto potrà avere la salvaguardia approntata da questa
norma?)
8)Tirocini:
1.Delega: modificata la delega per renderla temporalmente molto stringente (180 giorni), entro cui
Governo e Regioni dovranno definire linee guida condivise, con maggiore enfasi sulla “congruità”
del compenso

b) Ammortizzatori sociali
1)AspI:
1.soci di cooperativa: qualora non sia stata raggiunta la contribuzione normale per l'ASpI, pari a
1,31% sul monte salari nel 2012, l'attuale contribuzione sarà gradualmente incrementata per arrivare
all'1,31 entro il 2017;
2.esenzione del maggior costo per assunzioni a termine: alle fattispecie già previste (sostituzioni e
stagionalità ex DPR 1525/63) sono state aggiunte le attività stagionali definite in base alle intese
stipulate, ai sensi della legge 247/07, entro il 31/12/2011, ma solo per gli anni dal 2013 fino al 2015;
3.Contributo in caso di licenziamenti: si esenta l'impresa per gli anni 2013-2015 dal contributo
(0,5% del trattamento iniziale AspI per ogni semestre negli ultimi tre anni) in occasione di
licenziamenti per cambio d'appalto con garanzia di continuità occupazionale per i lavoratori
coinvolti (clausole sociali), nonché per i licenziamenti in edilizia per fine cantiere;
4.Una tantum per collaboratori a progetto: si prevede per gli anni 2013-15 una modifica dei
parametri d'accesso ( le mensilità erogate per l'anno precedente scendono da quattro a tre), si
accresce il coefficiente di calcolo ( 7% del minimale annuo anziché 5%); nel corso di tale periodo,
avuto riguardo alla dinamica della spesa e alle disposizioni restrittive in materia di ricorso alle
collaborazioni si valuterà la possibilità di estendere a questi soggetti la normativa sulla Mini-ASpI
Commento: si sono adottati correttivi importanti, che però non risolvono il problema né
dell'adeguatezza delle prestazioni ( si pensi alle durate fortemente ridotte dell'ASpI e del MiniASpI
rispetto alla mobilità e all'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, con i conseguenti effetti
non solo sui redditi delle persone, ma anche sul piano contributivo, cosa particolarmente grave
visto l'allungamento della vita lavorativa imposto dalla recente riforma), né rappresentano un
allargamento significativo della platea di lavoratori interessata. Inoltre, queste soluzioni hanno
l'ulteriore limite di essere temporanee, confermando così il limite strutturale di questa “riforma”,
fatta con risorse del tutto insufficienti.
2)Cig:
1.resta confermata la cancellazione, a far data dal 2016, delle disposizioni di cui all'art. 3 della legge
223/91.
Commento: è di particolare illogicità e gravità la soppressione delle disposizioni commentate,
datoché ciò consentirà, per fortuna solo dal 2016, operazioni “disinvolte” da parte di imprenditori
scorretti, che potranno rilevare imprese fallite o in concordato previamente svuotate dai lavoratori,
e assumere discriminando tra i precedenti occupati, senza essere chiamati a risponderne neppure
ai sensi dell'art. 2112 c.c.
3)Fondi di solidarietà:
1.Modello alternativo: al posto delle disposizioni riguardanti i Fondi, in settori “nei quali siano
operanti consolidati sistemi di bilateralità quali l'artigianato” sarà possibile adeguare le fonti
istitutive della bilateralità stessa almeno alle seguenti condizioni:
1.contribuzione non inferiore allo 0,20%
2.possibile confluenza almeno parziale del fondo interprofessionale
3.adeguamento delle prestazioni
4.requisiti per gli amministratori
ciò fatto, per gli anni 2013-2015 in caso di sospensione per crisi aziendale ai lavoratori coinvolti
spetterà l'ASpI, per un massimo di 90 giorni e previa una necessaria integrazione pari al 20%
dell'ASpI stessa. Sono esclusi i part-time verticali e le sospensioni programmate.
Commento: la modifica introdotta non sana il vulnus all'universalità già presente nel testo
governativo, che prevedeva la copertura dei Fondi, sia quelli pattizi che quello residuale, per i
lavoratori di imprese con almeno 15 dipendenti. Non solo, ma ripropone un rapporto tra
provvidenze di fonte pattizia condizionanti l'accesso a quelle pubbliche che stravolge l'equilibrio
sancito in Costituzione (art. 38), tanto è vero che su questo punto siamo in Corte Costituzionale
(causa Benedetti contro Inps, rimesse le carte dal giudice di Lucca). In generale, la stessa funzione
della bilateralità pattizia cambia segno, perché da integrativa della provvidenza pubblica diventa
sostitutiva.
         Sul ricorso ai Fondi quale risposta alla mancata estensione ed universalizzazione della Cig
         resta il problema, già evidenziato, di soluzioni mutualistiche che vanno incontro ad almeno
         due difficoltà:
     1.da un lato, l'origine settoriale ha certamente potuto operare efficacemente in quegli ambiti
     dove la rappresentanza delle imprese comprendeva l'universo di riferimento(banche,
     assicurazioni, aziende ex monopoliste quali Poste e Ferrovie, anche se qui l'apertura ai privati
     si accompagna a fenomeni di pluralismo contrattuale competitivo, da ultimo avallati dalla
     legge 35/2012 in materia di semplificazioni). Ma dove questa condizione non si verifica non si
     può esorcizzare il rischio di una pluralità di soluzioni pattizie, con possibili differenti gradi di
     tutela, e possibile concorrenza associativa tra i sistemi imprenditoriali che spingano le adesioni
     verso sistemi “meno costosi”, ossia meno tutelanti per i lavoratori.
     2.A ciò potrebbe fare argine l'ipotesi di dare vita ad un fondo di matrice“interconfederale”. Ma
     qui ci si imbatterà nel secondo problema, tipico di ogni struttura mutualistica: più è ampia la
     platea minore è il costo, ma anche più probabile il rischio di finanziare le esigenze di chi ne fa
     maggior uso da parte di chi contribuisce soltanto; inversamente, minore sarà la platea, e
     quindi minore il rischio che “i miei contributi finanzino imprese di altri settori”,
     necessariamente il costo unitario dovrà lievitare.
4)Politiche del lavoro:
1.offerta di lavoro congrua: si perde il diritto all'ASpI qualora si rifiuti un'offerta superiore del 20%
rispetto all'ASpI stessa;
              Commento: si rimedia ad un errore evidente contenuto nel testo governativo, in cui era
         prevista la perdita in caso di rifiuto di un'offerta inferiore del 20% al valore dell'ASpI;
5)Solidarietà negli appalti: viene introdotto un nuovo articolo (art.62) che ritorna sul principio della
solidarietà tra appaltante e catena dell'appalto, in due modi: da un lato premettendo che la
contrattazione collettiva può definire “metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità
degli appalti”, e dall'altro modificando le disposizioni introdotte in materia dalla legge 35/2012 in
materia di semplificazioni. Il testo risultante ribadisce la correponsabilità dell'appaltante e dell'intera
filiera dell'appalto, prevedendo però che al momento iniziale del processo il committente possa
chiedere al giudice di essere chiamato a rispondere degli addebiti solo al termine della ricerca dei
beni dell'appaltatore diretto.
Commento: entrambi i punti sono molto delicati. Se da un lato non è criticabile il ricorso alla
contrattazione collettiva quale luogo per affinare e specializzare gli strumenti di analisi e di
controllo alle specificità settoriali (si pensi al sistema delle Casse Edili)è tuttavia impossibile
immaginare una “sostituzione” delle funzioni ispettive e di controllo pubbliche da parte di soggetti
privati. In secondo luogo, pur ammettendo la necessità di contrastare comportamenti a volte
rilevati di opportunismo da parte di imprese appaltatrici che spiegavano ai propri dipendenti
l'inutilità di fare i versamenti previdenziali perché comunque sussisteva una garanzia di rivalsa
verso il committente (spesso un ente pubblico), è chiaro che ci si possa trovare di fronte a tempi del
processo molto lunghi, a tutto svantaggio della condizione dei lavoratori.
c)licenziamenti
1) conciliazione con esiti negativi: la modifica introdotta riguarda la decorrenza del licenziamento
per motivi economici in caso di esito negativo della conciliazione obbligatoria. La norma innovata
dispone la retroattività della decorrenza fin dal giorno della comunicazione alla DPL dell'intenzione
dell'impresa di risolvere il rapporto. Conseguentemente il periodo di lavoro eventualmente lavorato
durante il periodo della conciliazione si deve intendere come preavviso!
2) licenziamenti disciplinari: nel valutare l'illegittimità del licenziamento intimato per motivi
disciplinari è stato soppresso il riferimento alle “previsioni della legge”.
Commento: le modifiche riguardo alla conciliazione sono gravi e vessatorie. Infatti per paura che
il lavoratore possa “mettersi in mutua”e con ciò allungare il periodo retribuibile da parte
dell'impresa, si alterano gli equilibri, innovativi, introdotti dal testo governativo. Mentre infatti una
conciliazione svolta in costanza di rapporto poteva, almeno in astratto, consentire una discussione
utile per il lavoratore, anche ai fini di successive azioni vertenziali, adesso è l'impresa ad avere di
nuovo il coltello dalla parte del manico in quanto può comunque avere a disposizione due strade. O
una soluzione (transattiva) conveniente oppure un licenziamento retroattivo, senza neanche il costo
aggiuntivo del preavviso!
La soppressione del rinvio alle previsioni di legge non deve, invece, essere interpretato in maniera
eccessiva: esso avrebbe avuto un senso obbligato qualora le disposizioni fossero applicate anche al
lavoro pubblico, ma applicandosi solo all'impiego privato resta comunque in piedi ed operante
l'art. 2106 c.c. che dispone che il giudice valuti secondo il criterio della proporzionalità ( e i
connessi principi dell'aggravante, della recidiva e delle attenuanti), quindi per le persone non
dovrebbe cambiare nulla. Restano invece del tutto valide le osservazioni sull'intera problematica
dei licenziamenti, individuali e collettivi, già oggetto di giudizi formali degli organismi della Cgil
nonché di documenti consegnati in occasione delle audizioni nelle sedi ufficiali (Senato).

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Commento 3249 a

  • 1. Commento al DDL 3249 (versione pronta per l'Aula del Senato) Premessa Si commenteranno qui solo le modifiche introdotte dal lavoro delle Commissioni del Senato, fermo restando il giudizio complessivo che l'organizzazione ha dato nelle occasioni formali (audizioni) e nei suoi organismi. La disamina puntuale delle sole modifiche è pensata per dare alle strutture una conoscenza utile anche per la discussione con i nostri interlocutori esterni. L'esame sarà condotto suddividendo le modifiche in capitoli relativi rispettivamente alle tipologie d'impiego, agli ammortizzatori e alle politiche del lavoro, e alla disciplina dei licenziamenti. Le citazioni virgolettate sono tratte dal testo varato per l'aula. Per “testo originario” o “governativo” si intende quello depositato in Parlamento dal Governo. Per un esame sinottico si rimanda al seguente link: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlcomm&leg=16&id=662318. In premessa va segnalata la formulazione, che ricorre ovunque nel testo, riferita alla contrattazione e ai suoi livelli (“a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”) che rappresenta un importante conferma della gerarchia delle fonti contrattuali rispetto alla vexata quaestio dell'art. 8 della legge 148/11 e della derogabilità delle disposizioni di leggi e contratti nazionali da parte della “contrattazione di prossimità”, mostrando un importante cambiamento di orientamento del legislatore. Ugualmente a scopo di completezza, va ricordato che il testo giunto in aula rende strutturale la decontribuzione degli elementi salariali variabili derivanti dalla contrattazione di secondo livello. Sempre in premessa va segnalato un nuovo articolo ( art. 73) contenente una delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi riferiti al tema della partecipazione dei lavoratori alle scelte dell'impresa, compreso l'azionariato dei dipendenti, che, per la delicatezza del tema e l'oggettiva estraneità alle problematiche proprie del Dipartimento, sarà presumibilmente oggetto di approfondimenti in altre sedi. a) Tipologie d'impiego 1)Contratti a termine: 1.Assenza di obbligo di causale: si prevede l'assenza di obbligo di causale per il primo contratto a termine (o missione in somministrazione) di durata fino a 12 mesi (era di sei nella versione governativa), oppure, in alternativa, la facoltà per la contrattazione di definire una franchigia dall'obbligo di giustificazione valevole fino al 6% dell'organico aziendale in presenza di necessità dovute da processi organizzativi caratterizzati “dal lancio di un nuovo prodotto, o di un servizio innovativo, dall'avvio di nuove attività, dall'implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente”. Tali rapporti continuano a non poter essere oggetto di proroga e continua a vigere il limite massimo di durata di 36 mesi (ma vedi oltre). 2.Intervalli tra un rapporto e quello successivo: si ammette la possibilità per la contrattazione di ridurre gli intervalli tra un contratto e quello successivo fino al ritorno alla disciplina previgente (art. 5, comma 2 del D. Lgs. 368/01), nei casi descritti al punto precedente. [Il testo originario fissava in 60 e 90, rispettivamente, gli intervalli tra un contratto a termine e uno successivo stipulato tra le stesse parti, a seconda se il primo contratto avesse avuto una durata inferiore o superiore a sei mesi, mentre il D.Lgs. 369/01 aveva fissato tali termini in 10 e 20 giorni.] 3.Esclusioni dal computo dei 36 mesi di massimo utilizzo: dal computo sono escluse le missioni di somministrazione a tempo indeterminato; 4.cancellazione della derogabilità contrattuale per i somministrati “svantaggiati” o percettori di ammortizzatori sociali: si cancella la parte rilevante dell'art. 13 del D.Lgs. 276/03; Commento: eccetto l'ultimo punto, si tratta di arretramenti rispetto al già pericoloso superamento del principio secondo cui ogni rapporto non a tempo indeterminato ( e pertanto “non ordinario” secondo il nostro ordinamento e secondo l'Unione Europea) doveva essere “giustificato” con l'indicazione della causale legittimante. Avere ampliato a 12 mesi, o aver indirizzato in futuro la contrattazione a discutere di franchigie in presenza degli eventi definiti dal testo rischia di
  • 2. provocare una sostanziale abdicazione alle funzioni di governo sindacale delle fluttuazioni cicliche dell'organizzazione del lavoro. Si noti, peraltro, che le “causali” indicate nel testo riguardo alla contrattazione non sono coerenti con l'idea che il “primo contratto” a termine debba essere libero da giustificazioni, datoché si riferiscono a circostanze tipiche di “proroghe di rapporti già accesi”;e pertanto non solo si accentua il carattere implicito di “prova” del primo contratto a termine, ma se ne estende potenzialmente l'effetto a parti significative dell'intero organico aziendale. Nulla si dice, poi, sul rapporto che tale percentuale di “contratti liberi” avrà con la quota di contratti a termine giustificati da causali previsti dalla contrattazione, con il rischio rilevante che le due quote si sommino. 2)Apprendistato: 1.l'apprendistato in somministrazione non potrà essere svolto a termine, ma solo attraverso la somministrazione a tempo indeterminato, come previsto dal D.Lgs. 167/11 (Testo Unico sull'apprendistato), riparando una formulazione sbagliata del testo governativo; 2.percentuali di conferma: il testo esclude da ogni obbligo di conferma le imprese con meno di 10 dipendenti, nonché ammette la possibilità dell'assunzione di “un apprendista” anche nel caso non si sia rispettata la percentuale di conferma prevista dalla legge o dai CCNL; 3.rapporto apprendisti/qualificati: il rapporto 1:1 rimane per le imprese con meno di 10 dipendenti, per le altre si passa a 3:2 (tre apprendisti per due qualificati) Commento: bene il ripristino della norma del TU, ottenuta resistendo a spinte molto forti, compresa un'intesa separata nel settore, per forzare verso un utilizzo della somministrazione a termine per lo svolgimento dell'apprendistato. Le altre disposizioni contraddicono la funzione dell'apprendistato, datoché esentare totalmente o diminuire la cogenza della percentuale di conferma ai fini di nuove assunzioni in apprendistato significa sminuire il senso di un investimento sulla formazione come miglior viatico verso la stabilizzazione del rapporto e quindi dell'apprendistato come “canale privilegiato” per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Prevale invece una visione dell'apprendistato come rapporto a costo inferiore. 3)lavoro intermittente: 1.popolazione assumibile anche senza disposizioni contrattuali: viene ripristinata, con alcune modifiche, la disciplina prevista dall'art. 34 del D.Lgs. 276/03, in base alla quale è possibile assumere a chiamata persone fino a 25 anni e più di 55 anni (nel vecchio testo la facoltà era limitata alla fascia [meno di 25- più di 45 anni]; 2.la comunicazione ai servizi della chiamata è possibile anche per SMS; Commento: il ripristino della possibilità di assumere anche senza l'individuazione delle esigenze giustificatrici da parte della contrattazione collettiva è una scelta sbagliatissima per più ragioni. In primo luogo perché abilita nuovamente le imprese ad utilizzare l'unico appiglio giuridico che ha loro consentito fin qui di assumere in questo modo, datoché la contrattazione collettiva si è ben guardata dal regolamentare un rapporto così precarizzante. Con ciò viene contraddetta la teoria del governo di scremare la flessibilità buona da quella cattiva: se non si riconosce il ruolo della contrattazione la funzione selettiva viene semplicemente meno. In secondo luogo, così si indebolisce la funzione di incentivo alla stabilizzazione che la norma precedente dava, implicitamente, alla contrattazione, là dove prevedeva che i rapporti a chiamata in essere cessavano ad avere validità dopo 12 mesi dall'entrata in vigore della legge (datoché veniva meno la loro “base giuridica”):si apriva così uno spazio negoziale per il sindacato, che avrebbe avuto per un anno la possibilità di negoziare condizioni migliorative rispetto al lavoro a chiamata minacciando in caso contrario l'invio dei servizi ispettivi. 4)Collaborazioni: 1.compensi minimi: si introduce la facoltà per la contrattazione collettiva di disporre compensi per le collaborazioni a progetto, avendo a riferimento i minimi salariali delle mansioni equivalenti e prevedendo che comunque, in assenza di disposizioni specifiche per i collaboratori, i compensi non potranno essere inferiori ai minimi retributivi definiti dai CCNL. Commento: è senza dubbio l'avanzamento più significativo rispetto al testo governativo, che mette finalmente in chiaro due cose: il diritto della contrattazione collettiva a disciplinare sia l'ambito
  • 3. per il ricorso alle collaborazioni (desumibile dal riferimento alla contrattazione collettiva di individuare “compiti meramente esecutivi e ripetitivi” dal cui svolgimento le collaborazioni devono essere escluse), sia le condizioni salariali (e normative) della loro prestazione. Pregevole anche la norma di salvaguardia, che garantisce comunque che i compensi non potranno essere inferiori a minimi salariali dei dipendenti “equivalenti”, a maggior ragione vista la graduale elevazione del peso contributivo previsto dalla riforma e del connesso rischio, già sperimentato in occasione dei precedenti aumenti previdenziali, che l'aumento fosse pagato dalla compressione dei compensi dei collaboratori. 5)partite Iva: 1.presunzioni di subordinazione: i parametri già presenti nel testo governativo subiscono un indebolimento ( la durata minima sale a otto mesi, il peso sul fatturato deve superare l'80%, la postazione di lavoro deve essere “fissa”), ma soprattutto essi non hanno efficacia qualora il reddito percepito sia superiore a 1,25 volte il minimale contributivo (pari per il 2012 a € 14258,4 * 1,25= €17823), oltre a non avere efficacia nei confronti di quanti svolgessero attività di “competenze teoriche di grado elevato (....), acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività” ( a titolo personale, va apprezzata la chiarezza e l'univocità del testo...), né nei confronti di iscritti ad albi o ordini. Commento: questo è invece, assieme alle novità introdotte sul lavoro a termine, il punto di più serio arretramento del testo rispetto a quello governativo. Il rischio di una fuga verso le partite Iva per scongiurare il rischio del passaggio alla subordinazione di lavoro elusivamente qualificato parasubordinato (collaborazioni) è molto forte: basti pensare che i limiti di reddito superati i quali non potrà operare la presunzione di subordinazione equivalgono a compensi mensili netti di poco superiori a €750. 6)Vouchers: 1.campo di applicazione: rispetto al testo governativo, si allarga l'applicabilità dei vouchers alle imprese commerciali e agli studi professionali, prima esclusi; 2.agricoltura: al posto della dizione pericolosissima riferita alle “attività stagionali”, il testo adesso distingue tra imprese esentate dal versamento dell'IVA, che potranno ricorrere liberamente al voucher nei confronti di soggetti non iscritti l'anno precedente agli elenchi anagrafici, e imprese invece obbligate al pagamento dell'IVA, per le quali il ricorso ai voucher è limitato alle prestazioni accessorie svolte dai soli studenti e pensionati; 3.valore del buono: è stato introdotto il riferimento al valore orario del singolo buono, rimandandone l'importo ad un confronto con le parti sociali, e disponendo comunque la numerazione progressiva e la datazione dei buoni Commento: sono importanti le modifiche introdotte sull'agricoltura e sul valore orario e la tracciabilità del singolo buono, meno positivi gli allargamenti (rispetto al testo governativo) a settori dove l'abuso è stato assai diffuso nel passato (commercio) o dove non è davvero giustificato il ricorso a prestazioni “meramente occasionali” quali le attività professionali. 7)associati in partecipazione: 1.estensione: a differenza di quanto convenuto con il Governo in sede di confronto con le parti sociali, recepito correttamente nel Documento approvato "salvo intese" dal Consiglio dei Ministri il 23 marzo, ma poi alterato in sede di redazione del testo governativo, l'attuale formulazione consente l'associazione in partecipazione per tre associati, più i famigliari entro il terzo grado di parentela, con l'ulteriore salvaguardia dei contratti che fossero stati nel frattempo certificati in base alle disposizioni del D.Lgs. 276/03; Commento: il nostro giudizio negativo su queste modifiche è noto, e va accentuato riguardo al riferimento alla certificazione, peraltro la norma è molto dubbia datoché una eventuale contestazione sull'efficacia della certificazione non può essere impedita (se ad es. la certificazione riguardava una modalità di prestazione erroneamente definita associazione in partecipazione ma poi svoltasi con le caratteristiche della subordinazione, essa è contestabile come previsto dallo stesso d.Lgs. 276/03 , e quindi che effetto potrà avere la salvaguardia approntata da questa norma?)
  • 4. 8)Tirocini: 1.Delega: modificata la delega per renderla temporalmente molto stringente (180 giorni), entro cui Governo e Regioni dovranno definire linee guida condivise, con maggiore enfasi sulla “congruità” del compenso b) Ammortizzatori sociali 1)AspI: 1.soci di cooperativa: qualora non sia stata raggiunta la contribuzione normale per l'ASpI, pari a 1,31% sul monte salari nel 2012, l'attuale contribuzione sarà gradualmente incrementata per arrivare all'1,31 entro il 2017; 2.esenzione del maggior costo per assunzioni a termine: alle fattispecie già previste (sostituzioni e stagionalità ex DPR 1525/63) sono state aggiunte le attività stagionali definite in base alle intese stipulate, ai sensi della legge 247/07, entro il 31/12/2011, ma solo per gli anni dal 2013 fino al 2015; 3.Contributo in caso di licenziamenti: si esenta l'impresa per gli anni 2013-2015 dal contributo (0,5% del trattamento iniziale AspI per ogni semestre negli ultimi tre anni) in occasione di licenziamenti per cambio d'appalto con garanzia di continuità occupazionale per i lavoratori coinvolti (clausole sociali), nonché per i licenziamenti in edilizia per fine cantiere; 4.Una tantum per collaboratori a progetto: si prevede per gli anni 2013-15 una modifica dei parametri d'accesso ( le mensilità erogate per l'anno precedente scendono da quattro a tre), si accresce il coefficiente di calcolo ( 7% del minimale annuo anziché 5%); nel corso di tale periodo, avuto riguardo alla dinamica della spesa e alle disposizioni restrittive in materia di ricorso alle collaborazioni si valuterà la possibilità di estendere a questi soggetti la normativa sulla Mini-ASpI Commento: si sono adottati correttivi importanti, che però non risolvono il problema né dell'adeguatezza delle prestazioni ( si pensi alle durate fortemente ridotte dell'ASpI e del MiniASpI rispetto alla mobilità e all'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, con i conseguenti effetti non solo sui redditi delle persone, ma anche sul piano contributivo, cosa particolarmente grave visto l'allungamento della vita lavorativa imposto dalla recente riforma), né rappresentano un allargamento significativo della platea di lavoratori interessata. Inoltre, queste soluzioni hanno l'ulteriore limite di essere temporanee, confermando così il limite strutturale di questa “riforma”, fatta con risorse del tutto insufficienti. 2)Cig: 1.resta confermata la cancellazione, a far data dal 2016, delle disposizioni di cui all'art. 3 della legge 223/91. Commento: è di particolare illogicità e gravità la soppressione delle disposizioni commentate, datoché ciò consentirà, per fortuna solo dal 2016, operazioni “disinvolte” da parte di imprenditori scorretti, che potranno rilevare imprese fallite o in concordato previamente svuotate dai lavoratori, e assumere discriminando tra i precedenti occupati, senza essere chiamati a risponderne neppure ai sensi dell'art. 2112 c.c. 3)Fondi di solidarietà: 1.Modello alternativo: al posto delle disposizioni riguardanti i Fondi, in settori “nei quali siano operanti consolidati sistemi di bilateralità quali l'artigianato” sarà possibile adeguare le fonti istitutive della bilateralità stessa almeno alle seguenti condizioni: 1.contribuzione non inferiore allo 0,20% 2.possibile confluenza almeno parziale del fondo interprofessionale 3.adeguamento delle prestazioni 4.requisiti per gli amministratori ciò fatto, per gli anni 2013-2015 in caso di sospensione per crisi aziendale ai lavoratori coinvolti spetterà l'ASpI, per un massimo di 90 giorni e previa una necessaria integrazione pari al 20% dell'ASpI stessa. Sono esclusi i part-time verticali e le sospensioni programmate. Commento: la modifica introdotta non sana il vulnus all'universalità già presente nel testo governativo, che prevedeva la copertura dei Fondi, sia quelli pattizi che quello residuale, per i lavoratori di imprese con almeno 15 dipendenti. Non solo, ma ripropone un rapporto tra
  • 5. provvidenze di fonte pattizia condizionanti l'accesso a quelle pubbliche che stravolge l'equilibrio sancito in Costituzione (art. 38), tanto è vero che su questo punto siamo in Corte Costituzionale (causa Benedetti contro Inps, rimesse le carte dal giudice di Lucca). In generale, la stessa funzione della bilateralità pattizia cambia segno, perché da integrativa della provvidenza pubblica diventa sostitutiva. Sul ricorso ai Fondi quale risposta alla mancata estensione ed universalizzazione della Cig resta il problema, già evidenziato, di soluzioni mutualistiche che vanno incontro ad almeno due difficoltà: 1.da un lato, l'origine settoriale ha certamente potuto operare efficacemente in quegli ambiti dove la rappresentanza delle imprese comprendeva l'universo di riferimento(banche, assicurazioni, aziende ex monopoliste quali Poste e Ferrovie, anche se qui l'apertura ai privati si accompagna a fenomeni di pluralismo contrattuale competitivo, da ultimo avallati dalla legge 35/2012 in materia di semplificazioni). Ma dove questa condizione non si verifica non si può esorcizzare il rischio di una pluralità di soluzioni pattizie, con possibili differenti gradi di tutela, e possibile concorrenza associativa tra i sistemi imprenditoriali che spingano le adesioni verso sistemi “meno costosi”, ossia meno tutelanti per i lavoratori. 2.A ciò potrebbe fare argine l'ipotesi di dare vita ad un fondo di matrice“interconfederale”. Ma qui ci si imbatterà nel secondo problema, tipico di ogni struttura mutualistica: più è ampia la platea minore è il costo, ma anche più probabile il rischio di finanziare le esigenze di chi ne fa maggior uso da parte di chi contribuisce soltanto; inversamente, minore sarà la platea, e quindi minore il rischio che “i miei contributi finanzino imprese di altri settori”, necessariamente il costo unitario dovrà lievitare. 4)Politiche del lavoro: 1.offerta di lavoro congrua: si perde il diritto all'ASpI qualora si rifiuti un'offerta superiore del 20% rispetto all'ASpI stessa; Commento: si rimedia ad un errore evidente contenuto nel testo governativo, in cui era prevista la perdita in caso di rifiuto di un'offerta inferiore del 20% al valore dell'ASpI; 5)Solidarietà negli appalti: viene introdotto un nuovo articolo (art.62) che ritorna sul principio della solidarietà tra appaltante e catena dell'appalto, in due modi: da un lato premettendo che la contrattazione collettiva può definire “metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità degli appalti”, e dall'altro modificando le disposizioni introdotte in materia dalla legge 35/2012 in materia di semplificazioni. Il testo risultante ribadisce la correponsabilità dell'appaltante e dell'intera filiera dell'appalto, prevedendo però che al momento iniziale del processo il committente possa chiedere al giudice di essere chiamato a rispondere degli addebiti solo al termine della ricerca dei beni dell'appaltatore diretto. Commento: entrambi i punti sono molto delicati. Se da un lato non è criticabile il ricorso alla contrattazione collettiva quale luogo per affinare e specializzare gli strumenti di analisi e di controllo alle specificità settoriali (si pensi al sistema delle Casse Edili)è tuttavia impossibile immaginare una “sostituzione” delle funzioni ispettive e di controllo pubbliche da parte di soggetti privati. In secondo luogo, pur ammettendo la necessità di contrastare comportamenti a volte rilevati di opportunismo da parte di imprese appaltatrici che spiegavano ai propri dipendenti l'inutilità di fare i versamenti previdenziali perché comunque sussisteva una garanzia di rivalsa verso il committente (spesso un ente pubblico), è chiaro che ci si possa trovare di fronte a tempi del processo molto lunghi, a tutto svantaggio della condizione dei lavoratori. c)licenziamenti 1) conciliazione con esiti negativi: la modifica introdotta riguarda la decorrenza del licenziamento per motivi economici in caso di esito negativo della conciliazione obbligatoria. La norma innovata dispone la retroattività della decorrenza fin dal giorno della comunicazione alla DPL dell'intenzione dell'impresa di risolvere il rapporto. Conseguentemente il periodo di lavoro eventualmente lavorato durante il periodo della conciliazione si deve intendere come preavviso! 2) licenziamenti disciplinari: nel valutare l'illegittimità del licenziamento intimato per motivi disciplinari è stato soppresso il riferimento alle “previsioni della legge”.
  • 6. Commento: le modifiche riguardo alla conciliazione sono gravi e vessatorie. Infatti per paura che il lavoratore possa “mettersi in mutua”e con ciò allungare il periodo retribuibile da parte dell'impresa, si alterano gli equilibri, innovativi, introdotti dal testo governativo. Mentre infatti una conciliazione svolta in costanza di rapporto poteva, almeno in astratto, consentire una discussione utile per il lavoratore, anche ai fini di successive azioni vertenziali, adesso è l'impresa ad avere di nuovo il coltello dalla parte del manico in quanto può comunque avere a disposizione due strade. O una soluzione (transattiva) conveniente oppure un licenziamento retroattivo, senza neanche il costo aggiuntivo del preavviso! La soppressione del rinvio alle previsioni di legge non deve, invece, essere interpretato in maniera eccessiva: esso avrebbe avuto un senso obbligato qualora le disposizioni fossero applicate anche al lavoro pubblico, ma applicandosi solo all'impiego privato resta comunque in piedi ed operante l'art. 2106 c.c. che dispone che il giudice valuti secondo il criterio della proporzionalità ( e i connessi principi dell'aggravante, della recidiva e delle attenuanti), quindi per le persone non dovrebbe cambiare nulla. Restano invece del tutto valide le osservazioni sull'intera problematica dei licenziamenti, individuali e collettivi, già oggetto di giudizi formali degli organismi della Cgil nonché di documenti consegnati in occasione delle audizioni nelle sedi ufficiali (Senato).