Le Comunità di pratica (CdP) sono sistemi emergenti all’interno dei quali si gestisce la conoscenza che deriva dalle pratiche di rete dei singoli componenti. Dall’antichità ai giorni nostri, organizzarsi in comunità costituisce un fenomeno sociale di interesse che rivela il bisogno di riconoscimento reciproco all’interno di un gruppo e di conseguente autorealizzazione.
Le Comunità di pratica sono “gruppi di persone che condividono un interesse, un insieme di problemi, una passione rispetto a una tematica e che approfondiscono la loro conoscenza ed esperienza in quest’area mediante interazioni continue.” (Wenger E., McDermott, R., Snyder, W. M.; 2007).
C’è qualcosa nella pratica di ogni persona che la rende universale. La propria identità è legata all’interazione, alla competenza sociale. L’identità si costruisce facendo esperienza, la pratica non è qualcosa di stabile ma è qualcosa in continuo divenire.
Gli individui che appartengono a una Comunità di pratica non necessariamente lavorano insieme, ma sicuramente condividono interessi, bisogni, aspirazioni e idee che le fanno sentire unite e motivate nell’ambito di una stessa comunità. All’interno delle comunità, a poco a poco, la collaborazione e il dialogo, l’interazione e lo scambio reciproco di esperienza consentono di costruire una conoscenza condivisa e preziose relazioni personali.
Il punto di partenza è l’abilità di riconoscere gli altri come eventuali partner per dare forma a delle comunità. Le persone possono riconoscersi l’un l’altra in base alla propria esperienza e al fatto che c’è un interesse reciproco per l’esperienza dell’altro (“Io sono interessato alla tua esperienza”). Il focus delle comunità risiede nella pratica e nel saper riconoscere l’altro.
Le Comunità sono paragonabili a esseri viventi, dunque a ecologie. Nella fase di progettazione di una Comunità di pratica occorre considerare la complessità dell’organismo che si intende formare. Si inizia con la creazione di un elemento che cresca di vita propria. Ci sono esempi di comunità considerate marginali che nel processo di evoluzione diventano strategiche per l’organizzazione o il territorio di appartenenza. Le comunità di pratica, come gli organismi viventi, durante la fase di crescita mutano, come anche durante la fase di maturità.
La collaborazione, il dialogo, l’interazione e lo scambio di esperienze che avvengono all’interno di una Comunità di pratica consentono di costruire relazioni personali e di accumulare conoscenza in riferimento a settori specifici e strategici. Rendere la conoscenza accessibile e fruibile nelle organizzazioni complesse è una problematica sentita che ha portato a investimenti in tecnologie e sistemi informatici. Tuttavia, nulla è più accessibile, vivo e vibrante di una comunità che dibatte, discute, si confronta e sviluppa soluzioni in merito a tematiche rilevanti. La comunità stessa e i suoi membri sono uno strumento per conservare e sviluppare la conoscenza delle organizzazioni, oltre a consentire lo sviluppo di competenze nelle persone e a valorizzarne i talenti.
“La tendenza per il terzo millennio è l’affermarsi di nuove forme di socialità tenute insieme dalla condivisione di emozioni. All’orizzonte c’è un “ideale comunitario” ancora non del tutto definito ma di cui ci sono tracce nelle manifestazioni più recenti dell’immaginario collettivo” (Maffesoli, 2004).
Il Web, oltre a essere un fenomeno sociale che aggrega tribù eterogenee di cittadini appartenenti a contesti e a fasce d’età differenti, è anche una risorsa strategica per le Comunità di pratica che in questo humus traggono nutrimento per costruire apprendimenti di tipo informale.
Cenni storici e normativi sulle imprese cooperative.
Il documento fa parte degli incontri di promozione cooperativa organizzati dalla Cooperativa Sociale La Garganta dell'Aquila.
Le Comunità di pratica (CdP) sono sistemi emergenti all’interno dei quali si gestisce la conoscenza che deriva dalle pratiche di rete dei singoli componenti. Dall’antichità ai giorni nostri, organizzarsi in comunità costituisce un fenomeno sociale di interesse che rivela il bisogno di riconoscimento reciproco all’interno di un gruppo e di conseguente autorealizzazione.
Le Comunità di pratica sono “gruppi di persone che condividono un interesse, un insieme di problemi, una passione rispetto a una tematica e che approfondiscono la loro conoscenza ed esperienza in quest’area mediante interazioni continue.” (Wenger E., McDermott, R., Snyder, W. M.; 2007).
C’è qualcosa nella pratica di ogni persona che la rende universale. La propria identità è legata all’interazione, alla competenza sociale. L’identità si costruisce facendo esperienza, la pratica non è qualcosa di stabile ma è qualcosa in continuo divenire.
Gli individui che appartengono a una Comunità di pratica non necessariamente lavorano insieme, ma sicuramente condividono interessi, bisogni, aspirazioni e idee che le fanno sentire unite e motivate nell’ambito di una stessa comunità. All’interno delle comunità, a poco a poco, la collaborazione e il dialogo, l’interazione e lo scambio reciproco di esperienza consentono di costruire una conoscenza condivisa e preziose relazioni personali.
Il punto di partenza è l’abilità di riconoscere gli altri come eventuali partner per dare forma a delle comunità. Le persone possono riconoscersi l’un l’altra in base alla propria esperienza e al fatto che c’è un interesse reciproco per l’esperienza dell’altro (“Io sono interessato alla tua esperienza”). Il focus delle comunità risiede nella pratica e nel saper riconoscere l’altro.
Le Comunità sono paragonabili a esseri viventi, dunque a ecologie. Nella fase di progettazione di una Comunità di pratica occorre considerare la complessità dell’organismo che si intende formare. Si inizia con la creazione di un elemento che cresca di vita propria. Ci sono esempi di comunità considerate marginali che nel processo di evoluzione diventano strategiche per l’organizzazione o il territorio di appartenenza. Le comunità di pratica, come gli organismi viventi, durante la fase di crescita mutano, come anche durante la fase di maturità.
La collaborazione, il dialogo, l’interazione e lo scambio di esperienze che avvengono all’interno di una Comunità di pratica consentono di costruire relazioni personali e di accumulare conoscenza in riferimento a settori specifici e strategici. Rendere la conoscenza accessibile e fruibile nelle organizzazioni complesse è una problematica sentita che ha portato a investimenti in tecnologie e sistemi informatici. Tuttavia, nulla è più accessibile, vivo e vibrante di una comunità che dibatte, discute, si confronta e sviluppa soluzioni in merito a tematiche rilevanti. La comunità stessa e i suoi membri sono uno strumento per conservare e sviluppare la conoscenza delle organizzazioni, oltre a consentire lo sviluppo di competenze nelle persone e a valorizzarne i talenti.
“La tendenza per il terzo millennio è l’affermarsi di nuove forme di socialità tenute insieme dalla condivisione di emozioni. All’orizzonte c’è un “ideale comunitario” ancora non del tutto definito ma di cui ci sono tracce nelle manifestazioni più recenti dell’immaginario collettivo” (Maffesoli, 2004).
Il Web, oltre a essere un fenomeno sociale che aggrega tribù eterogenee di cittadini appartenenti a contesti e a fasce d’età differenti, è anche una risorsa strategica per le Comunità di pratica che in questo humus traggono nutrimento per costruire apprendimenti di tipo informale.
Cenni storici e normativi sulle imprese cooperative.
Il documento fa parte degli incontri di promozione cooperativa organizzati dalla Cooperativa Sociale La Garganta dell'Aquila.
Apparatus muscular, anatomical and physiological characteristics. Research realized by a group of students of Liceo Classico Monti Cesena: Mazzotti, Pitingaro, Zannoli, 4Bc. Prof. William Costantini
Lo sviluppo storico e la definizione del concetto di mole. L'applicazione del concetto di mole nella stechiometria e per esprimere la concentrazione delle soluzioni.
Apparatus muscular, anatomical and physiological characteristics. Research realized by a group of students of Liceo Classico Monti Cesena: Mazzotti, Pitingaro, Zannoli, 4Bc. Prof. William Costantini
Lo sviluppo storico e la definizione del concetto di mole. L'applicazione del concetto di mole nella stechiometria e per esprimere la concentrazione delle soluzioni.
Express Yourself 2016
Autori: M.G. Giordano, M. Nappa, N. Musso, V. Pizzuto, A. Murat, C. Nardone, E. Esposito
(I D, LS. V.Cuoco-T.Campanella di Napoli, prof. C. Mattera)
La ricerca di vita nell’universo richiede dei metodi per identificare e caratterizzare i pianeti abitabili attorno ad altre stelle.
Il concetto di zona abitabile intorno a una stella rappresenta il procedimento più facile per identificare i pianeti abitabili.
ATTENZIONE: "abitabile" non significa "abitato"
La classificazione permette non solo di capire quali osservazioni possono essere prioritarie rispetto ad altre, ma anche di confrontare i risultati fra loro.
Definizione e misure della durezza dell'acqua, gradi francesi e altre misure, addolcitori, ecc.
Realizzazione di Manuel T., 2^ isitituto tecnico turistico.
Pile, batterie, accumulatori: chi li ha inventati, come funzionano, usi, vantaggi e svantaggi dei diversi tipi. Presentazione di Alessandro Z., 2^ ist. tecn. A.F.&M., 2016.
I principali tipi di rocce, la loro origine, il loro aspetto, descritti da un giovanissimo appassionato scalatore. Le foto sono dell'autore, Elio C., 1^ liceo musicale, anno scolastico 2014/15.
2. L'acqua è una sostanza
fondamentale per la vita sulla terra.
Occupa quasi i 2/3 del nostro pianeta
ed è proprio per questo che viene
chiamata “Oro Blu”.
Inoltre il nostro corpo è formato per il
70% circa di acqua e questo lascia
intendere quanto sia importante e
indispensabile.
Ma ci sono benifici che non sono così
espliciti e leciti.
..Scopriamoli!
3. La molecola dell'acqua
L'acqua è un composto
chimico di formula
molecolare H2O, in cui i
due atomi di idrogeno sono
legati all'atomo di ossigeno
con legame covalente.
4. Una molecola polare
L'acqua è una molecola polare: gli
elettroni trascorrono più tempo
attorno all'atomo di ossigeno piuttosto
che agli atomi di idrogeno. E' questa
struttura che dona carica positiva agli
atomi di idrogeno e una carica
negativa all'atomo di ossigeno.
5. Il momento dipolare
Queste due cariche opposte,
poste a una certa distanza
costituiscono un dipolo.
Il momento dipolare esprime la
forza di un dipolo elettrico,
espressa dal prodotto tra le
cariche elettriche e la
distanza dei due poli.
6. Il legame a
idrogeno
Il legame a idrogeno è una delle caratteristiche fondamentali dell'acqua,
ed è proprio questo che le attribuisce così tanta importanza.
Il legame a idrogeno è un'interazione dipolo-dipolo che ha origine dalla
differenza di elettronegatività tra l'atomo di ossigeno e l'atomo di
idrogeno. L'ossigeno possiede una carica negativa e l'idrogeno una
positiva, perciò quest'ultimo è attratto dall'ossigeno di una molecola
vicina; la forza attrattiva che si stabilisce viene chiamata legame a
idrogeno.
7. La rappresentazione mette in
evidenza come l'atomo di
idrogeno faccia da ponte
tra i due atomi di ossigeno.
Il legame a idrogeno è la più
grande forza attrattiva
intermolecolare.
8. Il legame a idrogeno è una
forza intermolecolare cioè
una forza di natura
elettrostatica che mantiene
le molecole vicine tra di
loro. Da ricordare che tra le
molecole c'è spazio vuoto.
9. La densità dell'acqua: da liquido a solido
La prima proprietà di cui il legame a
idrogeno è responsabile è il favorire
una densità minore all'acqua allo
stato solido rispetto alla densità dello
stato liquido.
I legami a idrogeno si forma in tutti e
due gli stadi; allo stadio solido però
la costruzione interna dell'atomo non
è più mobile ed è per questo che gli
spazi interni alla struttura sono
maggiori. Questo fa aumentare il
volume del ghiaccio, rispetto alla
stessa quantità d'acqua, ma fa
diminuire la densità, permettendo al
ghiaccio di galleggiare sull'acqua.
10. La conseguenza fondamentale di questo fenomeno è il
mantenimento di acqua allo stato liquido, protetto dal
ghiaccio sovrastante, per permettere la vita umana e quella
marina.
11. L'elevato calore specifico dell'acqua
La seconda proprietà che i legami a idrogeno danno all'acqua
è l'elevato calore specifico.
L'acqua quando assorbe calore allo stato liquido, prima rompe
i legami di idrogeno di conseguenza le molecole aumentano
di velocità; al contrario quando si raffredda la ricreazione dei
legami a idrogeno comporta una liberazione di energia sotto
forma di calore: il raffredamento è molto più lento.
12. Questa è la spiegazione alla
temperatura mite che
troviamo nelle vicinanze dei
mari o dei laghi.
D'estate l'acqua assorbe
calore, che molto lentamente
rilascia quando le
temperature si abbassano.
Questo è molto importante
soprattutto per gli oceani, in
cui la temperatura rimane
costante in modo da
garantire condizioni
favorevoli alle specie marine.
13. La forza di coesione dell'acqua
I legami a idrogeno inoltre
favoriscono e aumentano la
forza di coesione delle
molecole dell'acqua.
La forza di coesione si
manifesta con la
“compattezza” dell'acqua. Le
molecole d'acqua si
attraggono una con l'altra, e
questa attrazione si sviluppa
in ogni direzione.
14. Una delle conseguenze di questa caratteristica è la possibilità di far
risalire l'acqua dalle radice alle foglie degli alberi. L'acqua presente
nelle radici viene attratta da quella presenta nel tronco e nelle foglie,
permettendole così di risalire e favorire il nutrimento della pianta. E'
proprio la forza di coesione alla base di questa attrazione.
15. Sitografia
Per la mia ricerca ho utilizzato essenzialmente:
Il libro scolastico “Idee della chimica”
La ricerca, per le immagini, di GoggleImmagini
Alcuni siti come Scienzaoggi.it, Molecole in movimento Istituto
Tecnico Galilei.
Firmato
Chiara Mangiacasale 4°G