XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
Arboricoltura Morini-Tecniche di propagazione terza parte
1. Bancale collocato in serra di nebulizzazione con talee di olivo piantate in perlite.
In questo caso è difficile mantenere uniforme l’umidità relativa a causa del notevole
volume di aria da umidificare.
Le talee di olivo
e di numerose altre
specie sono formate da 4 – 6
nodi, con almeno
un paio di foglie sui
nodi apicali. Nuova tecnica
con talee più piccole.
2. Doppio tunnel
Il controllo dell’umidità relativa in
ambienti molto grandi come quelli delle
serre di propagazione non è di facile
esecuzione, particolarmente nei periodi a
più elevata temperatura. Già da diversi
anni il problema è stato ridotto ricoprendo
i bancali di radicazione con un tunnel di
materiale plastico (doppio tunnel)
abbastanza trasparente, in modo da
ridurre il volume in cui controllare
l’umidità relativa (Fig. 13). I risultati sulla
radicazione sono stati rilevanti, grazie al
minore stress idrico subito dalle talee che
hanno potuto, in questo modo, mantenere
un buon livello di attività metabolica anche
in presenza di temperature abbastanza
elevate. Oggi, la maggior parte delle serre
di nebulizzazione utilizza con successo
questa tecnica.
3.
4. Fog-system
Il fog-system è un sistema di umidificazione alternativo alla nebulizzazione grazie al quale
vengono prodotte gocce di acqua di dimensioni estremamente piccole fino a generare una sorta di
nebbia artificiale. In condizioni di elevata temperatura e radiazione luminosa questa tecnica
consente di ottenere livelli di umidità relativa molto elevati e costanti senza dover impiegare le
notevoli quantità di acqua necessarie, invece, con la nebulizzazione. In questo modo, il substrato
di radicazione può essere modificato nelle sue caratteristiche fisiche (ad esempio impiegando un
maggior contenuto di torba) non essendo più necessaria un’elevata capacità drenante. E’ ancora
più importante la qualità dell’acqua impiegata che deve avere un minore contenuto di sali e non
portare in sospensione alcuna impurità che potrebbe ostruire gli spruzzatori. Il fog-system può
essere impiegato contemporaneamente alla nebulizzazione per un migliore controllo dell’umidità
relativa oppure da solo. Un effetto fisico del fog-system che si differenzia dalla nebulizzazione è
che le foglie non vengono ricoperte di quel velo di acqua che evaporando può contribuire alla
riduzione della temperatura dei tessuti fogliari.
5. Cassone riscaldato
Rappresenta un’alternativa alla nebulizzazione con la quale le talee
vengono piantate in un cassone di 40 – 50 cm di altezza, di larghezza e
lunghezza variabili, chiuso lateralmente con materiale plastico e provvisto di
uno sportello nella parte superiore. La base è corredata di un sistema di
riscaldamento che consente l’evaporazione dell’acqua dal substrato di
radicazione e il ristagno del vapore nella camera d’aria che si crea al di sopra
delle talee. Il ridotto volume di aria del cassone consente di mantenere un
elevato livello di umidità relativa. Nel cassone riscaldato sono stati ottenuti
buoni risultati di radicazione delle talee e di attecchimento di innesti-talea di
olivo.
6. Una variante alla nebulizzazione consiste nel coprire le talee
con un foglio di polietilene trasparente in modo da ridurre il volume di aria e
mantenere una elevata e costante umidità relativa intorno alle talee.
7. Qualità dell’acqua di nebulizzazione
E’ un requisito molto importante poiché se l’acqua è troppo ricca di sali, in particolare
di calcio, si va incontro a due tipi di problema: il primo che gli ugelli possono otturarsi
e non erogare più un’omogenea quantità di acqua, il secondo che con l’evaporazione
dell’acqua dalla superficie delle foglie, con il passare del tempo, si forma uno strato
calcareo sulla lamina fogliare che ne riduce il metabolismo, in particolare a seguito di
una ridotta funzionalità stomatica. Inoltre, le caratteristiche dell’acqua come la
durezza e la conducibilità elettrica possono indurre fenomeni di salinità con
ripercussioni negative sulla rizogenesi delle tale. In generale, la salinità non dovrebbe
superare 100 mg/L. Nel caso di acque dure l’impianto di nebulizzazione potrà essere
corredato di un sistema di addolcimento con resine a scambio cationico di ioni di K
dal momento che quelle con NaCl possono provocare danni per eccesso di sodio nei
tessuti.
8. Substrato di radicazione
Il substrato di radicazione ha come funzione principale di sostenere la talea in
posizione verticale ma in relazione alle sue caratteristiche fisico-chimiche può
svolgere un ruolo molto importante sulla qualità della radicazione.
I principali requisiti di un substrato sono rappresentati da una buona porosità e
una buona capacità drenante per evitare eccessi di acqua, deve trattenere una
sufficiente umidità, permettere un’elevata circolazione dell’aria (ossigeno) durante il
periodo di radicazione ed essere esente da funghi e batteri.
Nelle serre provviste di impianto di nebulizzazione, il materiale che più si adatta
all’elevato apporto di acqua, è la perlite, costituita da granuli di 1 – 5 mm di
diametro di roccia vulcanica porosa, inerte, sterile, leggera (95 – 140 Kg/m3), con pH
di circa 6 – 7. La perlite viene posta nel bancale per un’altezza di circa 20 cm,
abbondantemente bagnata e leggermente pressata prima di introdurvi le talee. Grazie
alle sue caratteristiche è il materiale più adatto come substrato di radicazione
quando l’apporto di acqua alle talee è elevato, rispetto anche ad altri componenti
come vermiculite, sabbia, ecc.
11. Temperatura e luce
- Temperatura ambientale: evitare la schiusura delle gemme prima
della formazione delle radici
-Temperatura del substrato di radicazione (Riscaldamento basale durante
i periodi a bassa temperatura (< a circa 10 – 12 °C)
La luce (radiazione solare) può essere eccessiva nei mesi estivi quando
deve essere ridotta con reti ombreggianti (al 60 – 80 % ) e
imbiancando le pareti interne della serra. Deve, però, essere assicurato un
valore sufficiente per l’attività fotosintetica. Nei mesi invernali ed alle
latitudini più elevate potrebbe essere utile una illuminazione supplementare.
12. Imbiancatura della serra per ridurre l’intensità della radiazione solare
e quindi della temperatura interna.
13. Serra provvista di cooling system: a sinistra ventilatori che estraggono
l’aria interna; a destra pannelli umidificati attraverso quali l’aria esterna e
costretta a passare, umidificandosi eraffreddandosi.
COOLING SYSTEM
per il controllo della temperatura
14. RISCALDAMENTO BASALE:
- viene applicato in tutti i casi in cui la temperatura ambientale
è inferiore a circa 13 – 15 °C; una temperatura biologicamente più
efficace (18 – 20 °C) favorisce la rizogenesi,
- la temperatura deve riscaldare solo la parte base delle talee lasciando
dormienti (a più bassa temperatura) le gemme esposte all’aria fino a
quando la radicazione non è avvenuta e le radici hanno acquisito la
capacità di assorbire.
Bancale di radicazione
provvisto di impianto
di riscaldamento basale.
15. in generale da circa 45 giorni a 90 giorni in funzione:
- dell’attitudine rizogena del genotipo
- del periodo dell’anno
- della condizione fisiologica delle talee
- dello stato sanitario delle talee (ad esempio certe virosi
riducono la rizogenesi)
- controllo dello stato sanitario (eventualmente trattare con
fungicidi)
- verifica costante del funzionamento della nebulizzazione
e del riscaldamento basale
- eliminazione delle foglie cadute
Durata della fase di radicazione
Cure alle talee in radicazione
16. ACCLIMATAZIONE DELLE TALEE RADICATE ALL’AMBIENTE ESTERNO
AL BANCALE DI RADICAZIONE.
Terminata la radicazione, le radici delle talee legnose sottoposte a riscaldamento
basale, le radici e tutta la parte aerea delle talee sottoposte a nebulizzazione (talee
provviste di foglie) devono essere abituate (acclimatate) alle nuove condizioni
(diverso substrato e ambiente esterno) in cui saranno poste dopo il trapianto.
Per evitare stress idrici e termici è necessario ridurre gradualmente la temperatura
basale e l’erogazione dell’acqua fino a valori simili a quelli del nuovo ambiente. Ciò
può essere iniziato una decina di giorni prima del trapianto.
Questa fase è particolarmente importante quando le talee in nebulizzazione hanno
sviluppato nuovi germogli le cui foglie si adattano alla più elevata umidità relativa
riducendo il meccanismo di chiusura stomatica; tale meccanismo deve essere
ripristinato gradualmente in modo che la talea risponda prontamente alla minore
umidità relativa ambientale dopo il trapianto.
17. INNESTO
Si ricorre all’innesto per:
- modificare la vigoria della pianta
- conferire alla pianta una particolare conformazione
- propagare un genotipo a difficile radicazione avventizia
- superare problemi di natura sanitaria (es. fillossera: vite europea/vite americana)
- adattare un particolare genotipo a condizioni pedologiche non appropriate
(es. asfissia radicale per ristagno idrico, elevata concentrazione di calcare attivo)
- accelerare la fruttificazione
- rimediare a danni provocati da agenti vari
- allevare branche e rami in zone spoglie di vegetazione
Le parti che compongono una pianta innestata sono:
- il portinnesto (ipobionte)
- il nesto (epibionte)
le due parti si chiamano anche bionti
18.
19. Cedrus atlantica glauca pendula:
l’innesto modifica la forma
Portinnesto melo: diversa vigoria
Ligustrum ovalifolium
innesto
23. Innesto a gemma dormiente: viene eseguito alla fine dell’estate su piante in succhio
utilizzando gemme dormienti prelevate al momento dell’innesto da piante della cultivar da
innestare. Sullo scudetto viene lasciata una porzione di picciolo della foglia; se l’innesto
attecchisce, il picciolo, una decina di giorni dopo dissecca e cade; se avvizzisce senza
cadere la gemma non ha, probabilmente, attecchito.
Innesto a gemma vegetante: viene eseguito in primavera (aprile – maggio) su piante in
succhio utilizzando gemme dormienti prelevate da rami raccolti in gennaio e conservati in
frigo; i possibili problemi sono dovuti ad una cattiva conservazione ed al fallimento
dell’innesto.
CONDIZIONE ESSENZIALE AFFINCHÉ GLI INNESTI A GEMMA
ATTECCHISCANO È CHE IL PORTINNESTO SIA IN SUCCHIO
24. Innesti a marza:
a) a spacco
b) a spacco terminale
c) a doppio spacco inglese
d) a sella
e) a cavallo
f) a spacco laterale
25. Innesti a marza:
g) a sperone
h) a intarsio
i) a penna
l) a becco di clarino
m) a corona
n) a arco
o) a ponte
29. Scopi dell’INNESTO ERBACEO:
- ridurre i tempi necessari per ottenere una pianta
- essendo fatto in contenitore (la pianta deve essere sottoposta
a forzatura) possiamo eseguire l’innesto indipendentemente
dalle condizioni climatiche e disporre di piante anche in periodi
non adatti al trapianto.
INNESTO ERBACEO
Si esegue su piante i cui tessuti (portinnesto e nesto)
non sono ancora ben differenziati
35. APPROFONDIMENTI (fino alla dia n. 39)
Sintomatologia della disaffinità di innesto
I sintomi associati alla disaffinità di innesto possono essere riuniti in cinque grandi gruppi in relazione alla
velocità ed alle modalità con le quali il fenomeno si manifesta.
1) Mancato attecchimento dell’innesto o precoce morte delle gemme ed
eventuali germogli (disaffinità totale). Il primo e più evidente sintomo della disaffinità totale è
rappresentato dal mancato attecchimento dell’innesto o dalla precoce morte del germoglio del nesto alla
ripresa vegetativa. Questa forma di disaffinità si può verificare anche in combinazioni tassonomicamente
non molto distanti (melo/pero), o ordinariamente affini (per esempio le cultivar di pesco sono in genere
affini al susino Damasco, mentre le cultivar di nettarine manifestano una precoce e totale disaffinità con
questo portinnesto).
2) Deperimento con morte del portinnesto in piante adulte (disaffinità
ritardata)
In questo gruppo si inseriscono quei casi di disaffinità che portano alla morte dell’individuo alcuni anni
dopo l’esecuzione dell’innesto; è il caso del pesco innestato su mandorlo, o del mandorlo innestato su
Marianna 2624. Queste combinazioni danno origine a piante che crescono e sono in grado di produrre per
uno, due anni, ma che, successivamente, manifestano un veloce deperimento e precoce caduta delle
foglie; con il deperimento del nesto compaiono anche ampie zone necrotiche a livello dei tessuti floematici
del portinnesto, che inevitabilmente finisce per morire.
Un caso molto particolare di disaffinità ritardata, in pratica l’unico caso di disaffinità di cui sono ben note le
cause ed i meccanismi, è quello riguardante alcune cultivar di pero su portinnesti di cotogno, con
particolare riferimento all’East Malling C. In genere l’innesto di pero su cotogno è affine, ma per alcune
varietà (“William” e “Kaiser”) dopo qualche anno dall’innesto incominciano
a comparire delle sintomatologie di deperimento dovute ad una progressiva necrosi dei tessuti cambiali,
che finisce per alterare la continuità dei due bionti sino a creare una vera e propria decorticazione anulare
nel punto di innesto, con la presenza di tessuti necrotici che impediscono la traslocazione degli elaborati
tra i due individui.
36. Classicamente la disaffinità ritardata viene divisa in due categorie:
a) Disaffinità superabile mediante l’interposizione di un terzo bionte (intermediario)
affine con il portinnesto e la varietà individuata per la produzione (disaffinità localizzata), ed è
il caso del pero su cotogno, nel quale l’interposizione di una varietà di pero (“Old Home” o
“Beurrè Hardy”) perfettamente affine al cotogno “East Malling C” permette di superare la
disaffinità che si manifesta quando le varietà sono direttamente innestate sul portinnesto.
b) Disaffinità non superabile mediante l’interposizione di un intermediario affine con il
portinnesto e la varietà individuata per la produzione (disaffinità traslocabile), come è il caso
delle varietà di mandorlo su “Marianna 2624”.
3) Disaffinità per discontinuità dei tessuti
Questa disaffinità insorge quando i due cambiformi, cioè quei gruppi di cellule che ricreano le
fasce cambiali nel soggetto e nel nesto, non arrivano a congiungersi al momento
dell’attecchimento dell’innesto; con l’attività cambiale i due bionti crescono in modo sincrono,
ma rimangono sempre separati da un sottile strato calloso, che consente il regolare
trasferimento degli elaborati attraverso il sistema plasmodesmico, ma non consente la
continuità dei tessuti xilematico e floematico. In questo modo, crescendo la pianta, la
mancata continuità dei tessuti determina al livello del punto di innesto una zona di rottura,
rendendo la struttura dell’albero molto sensibile a sollecitazioni meccaniche.
Nella combinazione albicocco su mandorlo, la rottura avviene precocemente, nel giro di
uno, due anni, mentre quando l’albicocco è innestato su mirabolano, la pianta può
crescere per un indeterminato numero di anni, arrivando alla completa maturità produttiva, e
poi “scollarsi” senza alcun preavviso, con la caduta dell’intera chioma; il punto di rottura
evidenzia la mancata connessione dei tessuti dei bionti lasciando le relative superfici di
contatto nette e praticamente speculari; questa combinazione di innesto può essere
agronomicamente utilizzata per la adattabilità dell’apparato radicale del mirabolano a suoli
“pesanti”.
37. 4) Disaffinità per diverso accrescimento dei bionti e formazione di iperplasie sopra il
punto di innesto.
In alcune combinazioni di innesto, dopo un attecchimento apparentemente regolare, si
possono verificare delle differenze nell’accrescimento diametrale dei due bionti, molto
evidenti quando si innesta ad esempio il ciliegio dolce (Prunus avium) su ciliegio delle sabbie
(Prunus bessey). In genere, quando il diametro del portinnesto è inferiore a quello della
varietà, si determina nella zona basale del nesto un accumulo di sostanze di riserva,
prevalentemente amidi, e la formazione di iperplasie, talora anche vistose, come nel caso
della Vitis vinifera innestata su portinnesti di specie americane o ibridi americo-americani, o
ciliegio dolce su magaleppo o, infine, alcune cultivar di melo su East Malling 9 (Malus pumila
var. paradisiaca) ed East Malling 27.Questa forma di disaffinità in melo determina la
formazione di piante di rilevante interesse agronomico in specifiche combinazioni di innesto,
utilizzando i portinnesti nanizzanti come l’EM 9, che permettono alle varietà di esprimere le
elevate capacità produttive e le elevate qualità della produzione.
38. 5) Deperimento (disaffinità) indotto da agenti patogeni (virus, viroidi e
micoplasmi) in specifiche combinazioni di innesto.
I casi di disaffinità indotta da questo gruppo di patogeni sembrano molto diffusi;
il loro verificarsi in specifiche combinazioni di innesto può avere sulla
coltivazione di una specie conseguenze che possono essere di portata analoga
a quella che ha avuto la fillossera per la vite; esemplificativo è il caso del virus
della “tristezza” (deperimento), che rende incompatibili gli innesti di arancio
dolce (Citrus sinensis), resistente, su arancio amaro (Citrus aurantium),
sensibile. L’infezione, che si presenta come un deperimento della chioma di
arancio dolce, è letale per il portinnesto e, nelle zone ove questa malattia è
presente, è indispensabile scegliere portinnesti resistenti. Un’altra
sintomatologia (“pear decline”) legata alla presenza di un micoplasma si
verifica nella combinazione di innesto di Pyrus communis (resistente) su Pyrus
pyrifolia (pero orientale, sensibile); anche in questo caso si ha una
devitalizzazione del portinnesto, e viene segnalata la comparsa di bande
necrotiche nel floema sotto il punto di innesto.
39. Cause della disaffinità
Sulle cause della disaffinità si conoscono numerosi studi che ne hanno rivelato le
basi biochimiche-fisiologiche. I principali modelli di riferimento sono le combinazioni
di pero/cotogno e pesco/Prunus spp nelle quali l’insorgenza dei sintomi iniziali della
disaffinità (es. isole necrotiche, tipiche della discontinuità dei tessuti) viene attribuita
agli effetti citotossici esercitati dall’acido cianidrico derivato dalla degradazione di
glucosidi cianogenici (come amigdalina o prunasina presenti nel soggetto), operata
da una coppia di enzimi b-glucosidasi e mandelonitrile-liasi presenti invece nel
nesto. Ne sono principalmente colpite le cellule cambiali e quelle floematiche e
xilematiche sopra il punto d’innesto. È verosimile che la dinamica di questo
meccanismo sia scatenata da segnali di riconoscimento cellulare che inducono la
sintesi di proteine specifiche che inducono o sono messaggere del rigetto biologico
del nesto, almeno nel caso di disaffinità totale. In proposito risulta che l’innesto di
albicocco su susino ibrido (Mirabolano x Marianna), combinazione disaffine
osservata “in vitro” attraverso la fusione di due bionti, provoca una rapida sintesi
della proteina UGPase (glucosio-pirofosforilasi), messa subito in relazione con la
disaffinità.
40. Un altro meccanismo eziologico della disaffinità è quello riconducibile allo
stress ossidativo legato a classi di enzimi, quali le perossidasi (POD),
alla cui attività, collegata a quella di alcuni fenoli, può seguire la morte
cellulare. Si sa ad esempio che i fenoli, pur essendo considerati in gran parte
protettivi, almeno alle concentrazioni medio-basse, possono essere anch’essi
causa di tossicità quando, dopo forte accumulo nelle combinazioni disaffini,
possono essere ossidati e degradati a chinoni, la cui polimerizzazione
produce azione tossica su vari metaboliti secondari, compresa l’inibizione
della sintesi della lignina.
Modelli di studio “in vitro” di calli e cellule dei due bionti in combinazione
disaffini hanno evidenziato il basilare ruolo di alcune perossidasi, il cui
contenuto è fortemente aumentato in coincidenza con l’accumulo di flavanoli
che interagiscono col meccanismo di resistenza agli stress ossidativi.
41. Altri enzimi coinvolti sono l’IAA ossidasi (IAAOx), importante per la
lignificazione del nesto, e la polifenolossidasi PPO, che agisce sul metabolismo
fenolico. In particolare, nelle combinazioni di pero William e Kaiser/Cotogno
(disaffini), co-coltivate in vitro, è stato riscontrato un più forte consumo di ossigeno
(da extra-respirazione) connesso con la modulazione della produzione di composti
ROS (Reactive Oxigen Species), secondo uno scenario metabolico reattivo di
detossificazione e di contrasto dei danni da stress ossidativi. È stata anche
riscontrata nelle combinazioni di calli incompatibili una precoce senescenza delle
cellule.
La presenza di un’accresciuta sintesi di polifenoli nella disaffinità d’innesto può
essere utilizzata anche a fini diagnostici; alcuni fenoli (es. catechine ed
epicatechine) sono stati indicati come possibili marcatori biochimici della disaffinità,
utili per monitorare il grado di affinità (o di disaffinità) con i possibili portinnesti.
Come prima detto, l’affinità intervarietale (intraspecifica) normalmente è elevata, ed
il suo livello può essere studiato valutando mediante elettroforesi i profili
isoenzimatici, in particolare quelli di perossidasi e proteine, che possono essere
classificati come fattori di compatibilità.
44. Per superare la disaffinità d’innesto si può utilizzare
l’innesto con Intermediario o sottoscudo
Oppure vedi metodo che segue
45. I fase: innesto a gemma dormiente (fine agosto) della
cultivar su un ramo di una pianta dell’intermediario
(affine con cultivar e portinnesto)
intermediario
Cultivar disaffine
II fase: innesto a marza (a triangolo), in marzo, sul portinnesto
intermediario
Vantaggio: si evita il rischio che la cultivar disaffine venga a contatto
con i tessuti del portinnesto, come potrebbe avvenire con l’innesto
a gemma a doppio scudo
46. Fattori ambientali favorevoli all’attecchimento dell’innesto:
- temperatura adeguata (15 – 25°C)
- umidità (relativa e del terreno) sufficiente
- stato sanitario
47. Microinnesto
Può essere impiegato per:
- produrre piante virus esenti (portinnesto e meristema virus esenti,
termoterapia per l’apice meristematico)
- eseguire saggi di virus indexing (i sintomi appaiono più precocemente che
in vivo)
- determinare precocemente fenomeni di incompatibilità di innesto
- indurre ringiovanimento in materiale vegetale prelevato da piante
mature
- propagare piante a difficile radicazione
49. Fig. 14 - Identificazione precoce della presenza di virus in tessuti di
vite mediante innesto in vitro.
50. E’ una tecnica con la quale una marza di una varietà a difficile radicazione
viene innestata su talee di un portinnesto a facile radicazione.
Gli innesti-talea vengono forzati in ambiente riscaldato dove l’elevata e
costante umidità e una temperatura ottimale consentono la contemporanea
saldatura dell’innesto e la radicazione del portinnesto.
Questa tecnica presenta il vantaggio, rispetto all’innesto su semenzale, di
richiedere un tempo minore per l’attecchimento dell’innesto e, in particolare,
di produrre piante caratterizzate da una maggior uniformità genetica del
portinnesto, evitando così anche quelle più o meno evidenti differenze
biologiche e agronomiche derivanti dall’eterogeneità dei semenzali.
INNESTO-TALEA
52. Preparazione della talea
portinnesto
Inserimento della marza Fasciatura con parafilm
Radicazione avvenutaDurante la radicazione sotto mistInnesti-talea pronti per la radicazione
Innesto - talea
Agrumi
Innesto - talea
Agrumi
53. Micropropagazione
E’ una applicazione della coltura in vitro
La coltura in vitro è una tecnica che consiste nel coltivare in
condizioni ambientali controllate, su substrati artificiali, in ambiente
asettico, porzioni di tessuto differenziato o indifferenziato per ottenere
un “prodotto” (es. callo, sospensioni cellulari, germogli, radici,
embrioni somatici, protoplasti, ecc) con caratteristiche diverse in
relazione agli obiettivi prefissati.
54. Impieghi della coltura in vitro
• - micropropagazione
• - organogenesi (rizogenesi, caulogenesi)
• - embriogenesi somatica
• - produzione di semi artificiali
• - microinnesto
• - embriocoltura (coltura di ovulo e di ovario)
• - coltura di antere e polline
• - coltura di callo
• - colture di cellule in sospensione
• - colture di protoplasti (cellule con plasmalemma ma senza parete cellulare)
55. Cenni storici e situazione attuale della micropropagazione in Italia.
Importanza commerciale: produzione di specie ornamentali, forestali,
arboree, medicinali, officinali
Vantaggi della micropropagazione:
- propagazione di genotipi recalcitranti
- propagazione di cloni specifici
- propagazione di specie a lenta moltiplicazione (es. orchidee,
rizomatose, felci, palme, ecc.)
- non dipendenza dalle condizioni ambientali
- produzione di piante virus esenti (con apposita procedura)
- diffusione di nuove cultivar molto richieste dal mercato
- propagazione di specie e cultivar ad elevato valore di mercato
- conservazione del germoplasma (crioconservazione, espianti
incapsulati)
- produzione di elevate quantità di piante in spazi e tempi ridotti
- facilità di programmare la produzione
- piante esenti da patogeni
- piccole dimensioni delle piante che facilitano il trasporto
58. Prelievo apice
Allungamento dei germogli
Moltiplicazione dei germogli
Colture in moltiplicazione Germogli pronti per la radicazione
Germogli radicati
Piantine in acclimatazione
Piantine acclimatate
59. Fasi della micropropagazione.
• Impianto in vitro
- scelta del tipo di espianto (true-to-type), stato di vegetatività
- sterilizzazione dell’espianto
- scelta del substrato di coltura
- stabilizzazione della coltura
• Moltiplicazione dei germogli
• Allungamento dei germogli
• Radicazione dei germogli
• Acclimatazione delle piantine
Scelta del tipo di espianto
Importante è la conformità genetica (true-to-type)
Tipi di espianto:
- Meristema gemmario, apice di germoglio, gemma dormiente
60. Sterilizzazione dell’espianto
- Obiettivo: eliminare contaminanti (funghi e batteri) presenti sulla
superficie esterna dell’espianto
Preparazione del materiale vegetale che costituirà l’espianto
- Pretrattamenti con fungicidi sulla pianta madre
- Maggiore facilità di sterilizzazione del materiale vegetale giovane
fatto crescere in condizioni ambientali controllate
- Difficoltà di eliminazione dei contaminanti interni ai tessuti
Trattamento degli espianti
-Agenti sterilizzanti: alcool, acqua ossigenata, ipoclorito di sodio
o di calcio, cloruro di mercurio.
61. Le operazioni di trasferimento delle colture avvengono sotto cappa
a flusso laminare di aria sterile
Lampada UV per la sterilizzazione del vano
della cappa prima del suo impiego
62.
63.
64.
65. Scelta del substrato di coltura
- E’ una delle scelte più importanti
(da esso dipende la risposta di crescita delle colture)
- Non esistono parametri o riferimenti specifici
(indicazioni di massima dall’analisi dei componenti dei tessuti)
- Substrato di riferimento Murashige e Skoog (MS)
- Componenti del substrato ritenuti essenziali:
- Sali inorganici
- Composti organici
- Agente gelificante
Sali inorganici:
- macroelementi (azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio)
- microelementi (boro, cobalto, rame, manganese iodio, zinco e ferro)
- esistono molte combinazioni di macro e micro i formulazioni diverse
68. Auxine (in radicazione)
Effetti fisiologici
Cellule, organi e tessuti bersaglio Effetto
- Cellule nei fusti e coleoptili Distensione della cellula
- Parete cellulare nei giovani fusti e nei
coleoptili in via di sviluppo Aumento dell'estensibilità
- Radici e foglie Regolazione dell'accrescimento
- Gemme laterali Inibizione della crescita
- Frutto in via di sviluppo Regola l’accrescimento
- Tropismi Mediano gli effetti della luce e della gravità
Tipo:
- Acido indolbutirrico (IBA)
- Acido naftalenacetico (NAA)
- Acido indolacetico (IAA)
- Concentrazione: 0,1 – 2 mg/l
69. Citokinine
Effetti fisiologici
- Stimolano la divisione cellulare
- Stimolano la morfogenesi (formazione di gemme e germogli) in colture in
vitro
- Stimolano la crescita delle gemme laterali liberandole dalla dominanza
apicale
- Controllano l’espansione della foglia modificando l’espansione cellulare
(effetto miniaturizzante)
- Possono favorire l’apertura stomatica
- Favoriscono la differenziazione dei cloroplasti (stimolando la sintesi della
clorofilla)
Il bilancio auxine/citokinine è cruciale durante la divisione cellulare
e la differenziazione dei essuti
70. Concentrazione citokinina (mg/l)
Effetto del diversa concentrazione di citokinina
Numero
di germogli
Lunghezza
germogli (cm)
Concentrazione ottimale?
2.52.01.51.00.5
10
1
3.0
1
72. Gibberelline
La più efficace è la GA3
Nella micropropagazione questa gibberellina è impiegata nella
fase di moltiplicazione ed allungamento dei germogli ma non
durante la radicazione (ha effetto inibente sulla rizogenesi).
Concentrazione: 0,1 – 0,2 mg/l in moltiplicazione; 0,5 – 0,6 in
allungamento dei germogli
73. - Saccarosio 20 – 30 g/l
- Agar 5 - 10 g/l
Importanza del saccarosio:
1) Rifornisce le colture di energia per l’accrescimento
2) Influisce sulla pressione osmotica del substrato
(influisce sulla capacità di assorbimento dei nutrienti e
dell’acqua – può ridurre la vitrescenza)
Problematiche delle colture in vitro nei riguardi
dell’attività fotosintetica.
Tale processo può manifestarsi ma è ostacolato
1) dalla ridotta intensità della luce e
2) dalla carenza di anidride carbonica
74. Agar
Viene usato per dare una consistenza gelatinosa al substrato e
mantenere le colture nella posizione ritenuta ottimale (verticale)
per l’accrescimento.
E’ prodotto da alghe rosse ed è purificato a diversi livelli (Agar
alimentare e da laboratorio)
Quantità variabile: 3 - 4 g/l fino a 8 - 10 g/l
Influisce sulla diffusione dei componenti del substrato disciolti
nella fase liquida. Effetto sull’accrescimento (vedi fig.)
Accrescimento
Conc. di Agar
75. Fasi successive della preparazione del substrato:
Dopo aver miscelato tutti i componenti del substrato si procede alla:
- Misurazione ed aggiustamento pH del substrato: con KOH 1 N
(se acido) oppure con HCl 1 N se alcalino).
Il valore ottimale del pH è compreso tra 5.2 e 5.8
- Sterilizzazione del substrato in autoclave a 121°C per 20 min.
- Raffreddamento ed utilizzazione del nuovo substrato
76. Condizioni ambientali della camera di crescita
- temperatura: 22 – 24 °C
- luce:
- intensità circa 50 µmoli m -2
s -1
(problemi fotosintesi)
- fotoperiodo 16/8
- qualità
- UR