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Alla scoperta del Piave


estate
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3


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Produzione
WWF Italia, sezione WWF Veneto
con la collaborazione di Legambiente, Circolo Piavenire di Maserada
Referente acque e resp. progetto Piave WWF Veneto
Giustino Martignago
Referente educazione WWF Veneto
Rosa Zanotti
Responsabile territorio ed ecoregioni WWF Italia
Daniele Meregalli
Responsabile programma Acque WWF Italia
Andrea Agapito Ludovici
Soggetto sceneggiatura e regia
Murielle Drouille
Supporto logistico e organizzativo nel trevigiano
Fausto Pozzobon
Ragazzi protagonisti
Alessia Buongiorno, Charlotte Emmanuelle Scarpa, Cosmin Tronciu
Colonna sonora
PICININ dei PITURA FRESKA www.piturafreska.it
musica di C. Verardo / testo di M. Forieri - Skardy
Edizioni musicali: Ossigeno Srl
S’AIMER TENDREMENT
AU PAYS
ATTAQUE A MALLARME
REMIX DE SOMBREROS
musica e testi di Regis Vogelene www.myspace.com/regisvogelene
Edizioni musicali: Danae sustema
Progetto didattico, coordinamento editoriale e grafica booklet
Murielle Drouille
Stampa Dvd
Ossigeno Srl - Luciano Trevisan www.o2pub.com
Venezia, ottobre 2010


INDICE
pag.
Premessa 6
CONOSCERE IL FIUME PIAVE
Il bacino idrografico 8
Le origini e la storia del fiume 10
Il trasporto fluviale: zattieri e zattere 13
Il fiume sacro alla Patria 15
Il disastro della diga del Vajont 17
Lo sfruttamento del bacino idrico 18
I BIOTOPI DEL CORSO MEDIO DEL PIAVE
a cura di Luigino Ghedin e Fausto Pozzobon
20
Lanche e bosco igrofilo 21
Il magredo e i prati aridi 24
L'ACQUA RISORSA DA TUTELARE
a cura di Andrea Agapito
L’acqua un diritto di tutti 27
L’acqua minerale in bottiglia 28
La gestione dell’acqua nel territorio 28
La direttiva quadro sulle acque 29
IL PROGETTO VIDEO: OBIETTIVI, METODO,
RISULTATI
a cura di Murielle Drouille
30
Il soggetto e la sceneggiatura 31
Le interviste e le ambientazioni 32
Analisi dei dati e delle interviste 36
Bibliografia 38
Glossario 39
6


Premessa
IL PIAVE!!!!!!
Quando pensiamo ad un fiume, comunemente pensiamo
ad una cosa, ad un oggetto.
Dovremmo invece pensare al fiume come ad una
persona, ad un soggetto, con la sua vita, la sua storia, le
sue relazioni. Solo in questo modo potremo
comprenderlo davvero e giungere ad un rapporto
equilibrato e armonioso con esso. Non più quindi acque
libere contrapposte ad acque prigioniere; non più acque
bianche contro acque nere, non più angoli
ambientalmente pregevoli ad interrompere strutture
artificiali che “costringono” le acque.
Il fiume non è soltanto acqua con le sue comunità di
esseri viventi, è anche utilità per gli uomini e per
l'economia. Il fiume è comunicazione, via d'acqua, è un
mondo che rigenera lo spirito, è metafora della vita e del
tempo: la spiritualità legata al fiume e all'acqua permea
infatti da sempre le fedi e le credenze.
Ma esso può essere anche fonte di preoccupazione e
rischio, tanto più se “costretto” entro un alveo ridotto,
com’è il caso del Piave, uno dei corsi d’acqua più
artificializzati d’Europa; è il frutto di quel pensiero che ha
posto le esigenze del fiume come residuali rispetto alle
esigenze di spazio per le più diverse attività umane,
arrivando a costruire paesi dentro l'alveo stesso.
Il WWF ha impegnato le proprie risorse umane ed
economiche per raccogliere quanto è rimasto della vita
libera e naturale del Piave, al fine di farne memoria e
base per una tutela consapevole.
Tutela, salvaguardia, utilizzo, sono vocaboli che
testimoniano la complessità del sistema Piave.
7


Complessità che il quadro normativo prevede sia
governata a livello di bacino (purtroppo l’Ente preposto
non è ancora stato costituito!!), con lo scopo di
armonizzare la fresca e guizzante acqua di montagna
con l'acqua placida di pianura; di salvaguardare
l'equilibrio tra acqua sotterranea ed acqua superficiale
fluente nell'alveo; di regolare la quantità d’acqua
necessaria a supportare una buona vita acquatica e la
quantità prelevabile dall’uomo per i più svariati usi; di
mantenerne ad alto livello la qualità chimica e biologica
contro le immissioni puntuali e diffuse di inquinanti.
Tutte queste azioni complesse e interdipendenti trovano
nel termine biodiversità un’appropriata sintesi, che
dovrebbe fungere da perno e regola per le proposte di
governo e per la tutela delle acque, sia in quantità che in
qualità.
Oggi noi tutti abbiamo il compito di portare le istanze del
fiume sul tavolo delle amministrazioni preposte,
dobbiamo essere i portavoce a tutela della sua natura,
della sua soggettività. Solo in questo modo potremo
godere dei benefici della sua acqua e preservarci da
possibili danni. Solo pensando al fiume nella sua
interezza, potremo far sì che opere e azioni intraprese
nei suoi confronti, non siano causa di danni futuri.
Con questa volontà e con l'obiettivo di essere di supporto
per decisioni consapevoli e ponderate, il WWF propone a
tutti questo strumento di conoscenza e riflessione, con
l'augurio di trovarci in tanti a tutelare una parte così
importante di noi e del nostro ambiente vitale.
Giustino Martignago
referente “acque” e “progetto Piave” per il WWF Veneto
Sandra Tura
presidente Comitato WWF Montello PIave
CONOSCERE IL FIUME PIAVE
Il bacino idrografico
fonte: www.magicoveneto.it
Jesolo

9


Carta d’identità del fiume Piave
Nascita monte Peralba 2203 m, comune di Sappada (BL)
Foce mare Adriatico, località Cortellazzo, comune di
Jesolo (VE)
Lunghezza 221 km (quinto fiume italiano)
Percorso attraversa la regione Veneto nelle province di
Belluno, Treviso, Venezia
Gli affluenti
Torrente Cordevole, dalla Val Visdende (il principale affluente).
Torrente Padola, dal passo Monte Croce Comelico.
Torrente Ansiei, dal Lavaredo per Auronzo.
Torrente Boite, dalla Val Travenanzes attraverso Cortina
d'Ampezzo.
Torrente Vaiont, dalla Val Zemola e il lago di Vajont.
Torrente Maè, dalla Val di Zoldo.
Torrente Tesa, dall'Alpago e il lago di Santa Croce.
Fiume Cordevole, dal Sella per la valle di Alleghe e Agordo (è il
più importante affluente che a sua volta raccoglie le acque dei
torrenti delle valli Pettorina, Biois, Tegnas, Fiorentina, ecc.).
Torrente Mis, dalla Valle del Mis.
Torrente Caorame, dalla Val Canzoi e le Dolomiti Feltrine.
Torrenti Tegorzo, Calcino, Curogna, dal monte Grappa e dalla
pedemontana.
I laghi e gli invasi artificiali
Lago di Misurina
Lago di Auronzo, o di Santa Caterina (invaso artificiale)
Lago di Centro Cadore, o di Pieve di Cadore (invaso artificiale)
Il Lago di Pontesei in Val di Zoldo (invaso artificiale)
Il Lago di Val Gallina (invaso artificiale)
Il Lago di Santa Croce in Alpago (il più grande lago naturale)
Il Lago di Fedaia in Marmolada (invaso artificiale)
Il Lago di Alleghe
Il Lago del Mis (invaso artificiale)
Il lago della Stua in Val Canzoi (invaso artificiale)
10


Le origini e la storia del fiume
fonte: Rete di coordinamento progetto Piave
Istituto Comprensivo Domege del Cadore
Il Piave nasce tra il 30.000 e il 20.000 a.C. durante le
glaciazioni. Fino a 12.000 anni a.C. il Cadore e la Val
Belluna erano occupati dal grande ghiacciaio Lapisino;
solo quando il ghiacciaio si sciolse cominciò ad apparire
il primo corso del fiume Piave; numerosi rivoli d’acqua
provenienti dal grande blocco gelato scendevano verso
la pianura attraverso valli, vallette e valloni.
Paleolitico
Nel Paleolitico e nel Mesolitico il fiume, che collegava
montagna – pianura – mare, fu usato dai cacciatori
primitivi come via di passaggio per la ricerca della selce
con cui costruivano le armi. Essi vivevano in piccoli
gruppi in territori di caccia delimitati ed hanno lasciato
tracce evidenti del loro passaggio nei ripari temporanei
ricavati sotto massi o incavi della roccia.
Età del Bronzo
Nel Neolitico e nell’Età del Bronzo
l’uomo primitivo cominciò a
stabilirsi in villaggi lungo il bacino
del Piave, comprese le vallate degli
affluenti, per commerciare la selce,
ricercare metalli, coltivare i terreni
ed allevare gli animali. In
quest’epoca comincia a delinearsi

fonte: www.bolzano.net/oetzi.htm
il ruolo del fiume come via di scambio delle merci,
attraverso la forma del baratto. Vicino a Ponte nelle Alpi
sono state ritrovate asce e scalpelli che testimoniano
l’interesse dell’uomo primitivo per il bosco ed il legname.
Il fiume era usato anche per il trasporto su zattere dello
11


stagno e dell’ambra di provenienza transalpina.
Età del Ferro
Nell’Età del Ferro il bacino del Piave era particolarmente
ricco di minerali, per questo motivo i Paleoveneti si
stanziarono lungo il suo corso; ci hanno lasciato ricche
testimonianze della loro presenza a Mel, a Cavarzano e
a Lagole, nel Cadore, dove l’acqua del fiume era
utilizzata per praticare riti religiosi.
Età romana
Nella seconda metà del I sec. a.C. avviene la totale
romanizzazione del Veneto. In quell’epoca il bacino del
Piave viene diviso in tre municipi: Jiulium Carnicum che
comprende il Comelico, il Cadore e l’Agordino; Bellunum
che comprende il corso del fiume da Castellavazzo a
Sedico; quello di Feltria, fino a Valdobbiadene.
Le iscrizioni ritrovate a Feltre e a Belluno confermano
che già dal II sec. d.C. esistevano associazioni di
dendrofhori (zattieri) che scendevano lungo il Piave fino
alla laguna per trasportare legname dalla Val Visdende,
dall’Agordinoe dal Cansiglio, metalli dalle miniere
dell’Agordino e dello Zoldano, pietre dal Cansiglio, da
Castellavazzo e Codissago.
Età medioevale e rinascimentale
Sembra che le acque
incontaminate del Piave e
dei suoi affluenti fossero
un tempo molto pescose
in particolare di gamberi
d’acqua dolce, facili da
pescare.
Lo confermerebbero gli affreschi di numerose chiese
medievali lungo il corso del fiume, sia in Valbelluna che
12


nel Feltrino, in cui i gamberi rossi compaiono in
rappresentazionidell’Ultima Cena, accanto ai simboli
tradizionali del pane e del vino. Ecco ciò che scrisse
Pierio Valeriano, studioso bellunese del XVI secolo, a
proposito della confluenza del torrente Ardo con il Piave:
“Ma non vi porta tutta la sua acqua, poichè una buona
parte di essa la lascia alle officine degli armaioli e dei
tessitori, ai molini, alle tintorie, alle segherie…”.
Nel 1574 l’allora Podestà di Belluno Marco Antonio Miari,
in una lettera indirizzata al Doge di Venezia, scriveva che
lungo il torrente Ardo vi erano undici molini, sei magli da
acqua, sei fucine, due seghe da legnami, tre “folli”.
Nell’epoca del dominio veneziano il ruolo commerciale
del fiume diventa importante, soprattutto per la maggior
richiesta di legname, ma anche per il mercato dei metalli,
del carbone, della pietra da costruzione, della lana e
degli altri prodotti dell’allevamento. Lungo il corso del
Piave, nelle zone di Castellavazzo, Codissago, Polpet e
Belluno nascono le prime officine specializzate nella
lavorazione della pietra, dove gli scalpellini (dei veri
scultori) eseguivano lavori ornamentali che andavano ad
abbellire le ville ed i monumenti delle città venete.
Evoluzione della foce
Fino a tutta l'età romana, il
Piave sfociava nella laguna
di Venezia, unendo le
proprie acque a quelle del
Brenta e del Sile
raggiungendo il mare
attraverso l'attuale canale di San Felice in prossimità del
Lido. In seguito all'alluvione del 589 il fiume deviò a nord;
nel 1683 un altro evento di piena denominato "rotta della
Landrona" provocò un ulteriore deviazione a nord della
foce del Piave, che da allora sfociò a Cortellazzo di
13


Jesolo, lasciando il vecchio letto alle acque del Sile, la
cosiddetta Piave Vecchia. Già a partire dalla prima metà
del 1600 i veneziani, per evitare l’interamento della
Laguna Nord causato dai sedimenti delle piene e per
bonificare la circostante zona paludosa e malarica,
avevano avviato i lavori di deviazione del Piave e del
Sile. I siti delle foci si sono quindi modificati
gradualmente dando origine alla Laguna del Mort a
Eraclea e al litorale di Cortellazzo.
Il trasporto fluviale: zattieri e zattere
fonte: Fameia dei zatèr e menadas del Piave, Associazione dei dendrofori e
zattieri del PiaveCodissago (BL) “www. museozattieri.it”
Già dai tempi dei
Romani e fino
all’avvento della
società industriale, la
zattera era il mezzo
più comodo e veloce
per il trasporto delle
merci e il fiume
Piave era l’autentica 



autostrada dell’epoca. La zattera era il mezzo che
trasportava tutti i prodotti della montagna. Lungo il
percorso fino a Venezia potevano essere caricati anche
animali, prodotti della campagna e passeggeri. Venezia
difficilmente avrebbe potuto sopravvivere senza i
rifornimenti che provenivano dal Piave e sopratutto il
legname usato per le fondazioni della città, per la
costruzione dei palazzi, per la realizzazione delle navi
della flotta della Serenissima con le quali ha dominato
per secoli sul Mediterraneo. Proprio perchè il legname
era fondamentale per i suoi bisogni, Venezia aveva
14


messo sotto tutela e boschi della valle dell’Ansei, del
Cansiglio e del Montello.
Fluitazione dei tronchi "menada"
Alla fine di marzo lungo il Piave e i suoi affluenti venivano
a trovarsi migliaia di tronchi, pronti per essere messi in
acqua e iniziare la fluitazione libera, cosiddetta menada,
fino alle segherie. I tronchi venivano segnati in modo tale
da riconoscerli quando arrivavano alle segherie situate
tra Perarolo e Castellavazzo. L’ultima menada si è svolta
sul Boite nell’anno 1942.
Le Compagnie degli zattieri e il trasporto dalle
Dolomiti alla laguna di Venezia
Cinque erano le confraternite degli zattieri: Codissago,
Ponte nelle Alpi, Borgo Piave, Nervesa, Ponte di Piave.
Gli abitanti di Codissago erano specializzati nel costruire
le zattere; il paese posto a valle delle segherie
permetteva loro di percorrere 20 km a piedi, raggiungere
le segherie, costruire la zattera con cui verso sera
scendevano il fiume per arrivare al porto di Castello.
Il giorno successivo, mentre gli zattieri di Codissago
risalivano per tornare a costruire un’altra zattera, gli
zattieri di Ponte nelle Alpi prendevano la zattera e
scendevano fino al porto di Borgo Piave sotto Belluno
dove li aspettavano i confratelli a cui consegnavano la
zattera.
Il giorno seguente gli zattieri proseguivano il percorso
scendendo 60 Km fino a Falzè di Piave. A volte si
fermavano al Montello a S. Mama per caricare i roveri del
bosco del Montello, e arrivavano a Falzè a mezzogiorno,
mangiavano e iniziavano la marcia di ritorno di 40 Km,
risalendo il passo di Praderadego o il S. Boldo.
15


A Falzè il quarto giorno subentravano gli zattieri di
Nervesa che salpavano per Ponte di Piave per l’ultima
consegna; qui il quinto giorno le zattere venivano legate
tra loro per formare un lungo treno che proseguiva fino a
Musile di Piave, dove superavano le paratoie tra Piave
Nuova e Piave Vecchia e venivano trainate dai cavalli
lungo le alzaie del canale Caligo. Arrivavano ai Treporti e
con la marea montante entravano in laguna trainate dai
burchi a vela fino alla Sacca della Misericordia a
Venezia. Le zattere venivano quindi disfatte e il legname
veniva accatastato nei depositi dei mercanti cadorini,
oppure proseguiva verso l’adiacente Arsenale. Ogni anno
arrivavano a Venezia circa tremila zattere.
fonte: arch. Museo Nazionale delle Arti e tradizioni Popolari di Roma
Il fiume sacro alla patria
Il Piave è conosciuto
come "fiume Sacro
alla Patria" in memoria
dei combattimenti
avvenuti durante la
prima guerra mondiale
(l’Offensiva del Piave
del 1917-18).
16


Il famoso inno che commemora questi avvenimenti è La
legenda del Piave del 1918 di Giovanni Gaeta.
Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi
fanti, il ventiquattro maggio; l'esercito marciava per
raggiunger la frontiera per far contro il nemico una
barriera…
Muti passaron quella notte i fanti: tacere bisognava, e
andare avanti!
S'udiva intanto dalle amate sponde, sommesso e lieve il
tripudiar dell'onde. Era un presagio dolce e lusinghiero, il
Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»
Ma in una notte trista si parlò di un fosco evento, e il Piave
udiva l'ira e lo sgomento... Ahi, quanta gente ha vista venir
giù, lasciare il tetto, poi che il nemico irruppe a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti Venivan a gremir tutti i
suoi ponti!
S'udiva allor, dalle violate sponde, sommesso e triste il
mormorio de l'onde: come un singhiozzo, in quell'autunno
nero, il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»
E ritornò il nemico; per l'orgoglio e per la fame volea sfogare
tutte le sue brame... Vedeva il piano aprico, di lassù: voleva
ancora sfamarsi e tripudiare come allora...
«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti, «Mai più il
nemico faccia un passo avanti!»
Si vide il Piave rigonfiar le sponde, e come i fanti
combatteron l'onde... Rosso di sangue del nemico altero, il
Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»
Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento... E la
vittoria sciolse le ali al vento! Fu sacro il patto antico: tra le
schiere, furon visti Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...
17


Infranse, alfin, l'italico valore le forche e l'armi
dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi... Libere le sponde... E tacque il Piave: si
placaron l'onde... Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi, la Pace
non trovò né oppressi, né stranieri!
Il disastro della diga del Vajont
fonte: www.vajont.net e www.magicoveneto.it
La diga del Vajont è
stata costruita all'inizio
negli anni 1960 lungo
il corso del torrente
che scorre nella valle
di Erto e Casso. Il
disastro acccadde la
sera del 9 ottobre 1963 e fu causato da una frana che si
staccò dal monte Toc e che precipitò ricolmando
completamente il lago artificiale che era stato realizzato
da pochi anni. L'acqua dell’invaso fu spinta violentemente
cancellando le piccole borgate sotto Erto e le case più
basse di Casso, e causò un'onda alta un centinaio di
metri che oltrepassò lo sbarramento della diga
cancellando in pochi attimi Longarone e le frazioni di
Rivalta, Pirago, Faè, Villanova e Codissago di
Castellavazzo. Le vittime furono 1910. Fu aperta
un'inchiesta che riconobbe la responsabilità dei
costruttori della diga che avevano trascurato le prevedibili
conseguenze provocate dalla realizzazione del lago
artificale. Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati
ricostruiti; la diga è rimasta come attrazione turistica e si
raggiunge facilmente da Longarone.
18


Lo sfruttamento del bacino idrico.
fonte: www.acquabenecomunebelluno.info
19


Cronologia delle piene (fonte: Comitato intercomunale per la difesa del Piave)
820 Prima piena di cui si abbia notizia: il fiume arriva fino a
Feltre e distrugge la città
1295 Piena con gravi interramenti nella laguna di Venezia
1304 Colpito nuovamente il Feltrino
1311,1312 Il fiume rompe a Lovadina
1313 Il fiume lambisce Treviso
1330 Il fiume devasta Pedavena e le zona limitrofe a Feltre
1368 La divise in due l'abitato di Lovadina
1404 o 1409 Inondate le campagne di Oderzo
1450 Treviso è di nuovo allagata
1467 Cimadolmo rimane isolata da Salettuol
1470 Il fiume rompe a Ramanziol
1512 Allagamento della zona che va da Nervesa a Treviso
1424 Danni a Fagarè
1531 Danni a Cimadolmo
1533 Nuovi interrimenti nella Laguna di Venezia
1558 Il fiume rompe a Nervesa minacciando Treviso
1567 Rotta a Zenson, Musile e San Donà
1578 Venne spazzato via il ponte di Belluno ma si registrano
danni anche nel Trevigiano
1601,1642,1664,1665,
1667,1678,1693,1694
Altre alluvioni
1681,1683 43 rotte solo per il tratto terminale
1708 Straripamento di alcuni affluenti (il Boite investì
Perarolo)
1748,1774,1782,1811,
1816
Altre piene
13 Ottobre 1823 A Perarolo una frana ostruì la confluenza tra il Piave
ed il Boite. La pressione fece saltare lo sbarramento
della frana distruggendo il paese.
1825,1841,1851,1858,
1863,1872,1877
Tra il 1851 ed il 1877 il fiume entrò a Zenson 38 volte.
Settembre 1882 Il Piave ruppe a Salgareda con una piena devastante
che durò sette giorni.
Ottobre 1882 Una seconda piena travolse lo sperone di Stabiuzzo ad
Ormelle: 25 i comuni allagati (tre metri d'acqua sul
piano campagna); distrutti i ponti di Quero, Vidor e San
Donà e quelli di numerosi affluenti del Piave; 130
fabbriche crollate e 670 case lesionate.
1885,1889,1896 Altre piene
1903,1905,1907,1914,
1916,1917,1926,1928
Altre piene
4 Novembre 1966 Una piena colpì i paesi rivieraschi e devastò Zenson.
20


I BIOTOPI DEL CORSO MEDIO DEL PIAVE
Lago di Busche (Lentiai e Cesiomaggiore) BL
Lago di santa Croce (Farra d'Alpago; Ponte nelle Alpi; Puos
d'Alpago)
BL
Fontane di Nogarè (Belluno) BL
Torbiera di Antole (Belluno) BL
Torbiera di Lipoi (Feltre) BL
Vincheto di Cellarda (Feltre; Lentiai) BL
Campazzi di Onigo (Pederobba) TV
Garzaia di Pederobba (Pederobba) TV
Settolo Basso (Bigolino di Valdobbiadene) TV
Fontane bianche di Fontigo (Sernaglia della Battaglia) TV
Isola dei Morti (Moriago della Battaglia) TV
Montello (Crocetta del Montello; Giavera del Montello; Nervesa
della Battaglia; Volpago del Montello)
TV
Oasi Naturalistica di Codibugnolo (Salettuol di Maserada) TV
Grave di Saletto e di Negrisia (Breda di P. e Ponte di P.) TV
Anse fluviali (Fossalta P.; Musile P.; San Donà P.; Noventa di P.) VE
Parco fluviale (San Donà di Piave) VE
fonte: Progetto Plavis, a cura di Luigino Ghedin, WWF Italia 2004
foto: Legambiente Circolo Piavenire di Maserada (TV)
21


Lanche e bosco igrofilo
a cura di Fausto Pozzobon
A ridosso del greto attivo, nella zona dove si sviluppano,
con una cornice di piante acquatiche idrofile e di fitti
canneti, le lanche, cresce rigogliosa e verdissima la
quinta dei boschi igrofili. Lungo questa fascia verde, a
volte impenetrabile, è ancora possibile ritrovare stagni
con acque calme, quasi ferme, dal fondo ricco di limi e
blocchi di argilla compatta che appaiono dalle ghiaie più
fini appena a valle della fascia delle risorgive e specchi
d’acqua limpidissima dove si può percepire il movimento
dell’acqua che passa attraverso le ghiaie a monte ed
inonda questi avvallamenti costruiti e segnati dalle piene
autunnali e primaverili. Entrambe queste zone umide,
contrassegnate da una medesima, incredibile
biodiversità, potrebbero essere volani di una rinascita
biologica nel momento in cui questo nostro fiume vivrà, in
questa parte travagliata del suo corso, qualche decennio
di tranquillità e di sviluppo ritmato dalle leggi
dell’ecologia.
Il bosco igrofilo, cioè amante dei suoli umidi, è formato,
relativamente alla componente arborea, da tutta una
serie di Salici, in primo luogo il Salice bianco (Salix
alba), dai Pioppi neri (Populus nigra e ssp.), da qualche
Frassino (Fraxinus excelsior) e, soprattutto dall’Ontano
nero (Alnus glutinosa), specie che affonda le sue radici
nei limi e nelle sabbie finissime filtrate dalle polle sorgive;
questo tipo di copertura boschiva include altresì una
vasta gamma di arbusti di notevole diffusione, quali
l’Amorfa (Amorpha fruticosa) che, in certe parti della riva
fluviale, crea arbusteti quasi impenetrabili, il Sambuco
22


(Sambucus nigra) dai frutti eduli, il Salice ripaiolo (Salix
eleagnos) da cui si ricavavano i flessuosi vimini da ceste,
il Salice cinereo (Salix cinerea), proprio in prossimità
degli specchi d’acqua, il Salicone (Salix caprea) che
predilige suoli più profondi ed argillosi, la Frangola
(Alnus frangula) dalle innumerevoli fioriture stagionali.
Queste fasce di vegetazione che si insediano nelle zone
comprese tra le rive e il greto ghiaioso garantiscono,
soprattutto nel medio corso del fiume, un’adeguata
protezione alle acque che emergono dai bordi della
conoide alluvionale creatasi nei millenni dei vari periodi
postglaciali: è il corretto assetto di questa conoide che
determina il fenomeno delle polle sorgive, alimentate
dalla falda freatica, sia nella sinistra che nella destra
Piave. E’ chiaro che i progetti dissennati di
canalizzazione del Medio Corso, provocheranno una crisi
probabilmente irreversibile di questo fenomeno
idrogeologico e la scomparsa di queste aree di
vegetazione così importanti per tutto l’ecosistema
fluviale. Soprattutto negli ultimi anni si è intervenuti
pesantemente su questa importante fascia di fitta
vegetazione procedendo a notevoli trasformazioni fisiche
della morfologia naturale del fiume con l’asportazione di
isole di grava e con la chiusura e la soppressione di rami
fluviali, di lanche e di macchie arbustive e arboree che
difendevano le rive dalle erosioni. Boschi igrofili e lanche
vanno difesi come importanti riserve di naturalità e come
efficaci serbatoi per la laminazione delle onde di piena e
per l’attenuazione delle magre, visto il loro essenziale
contributo idrico a favore di tutti i terreni golenali.
23


24


Il magredo e i prati aridi
a cura di Fausto Pozzobon
I prati aridi sono documentati in numerose aree, e pur
con estensioni molto diverse, si trovano in quasi tutta
l’Italia: lungo l’arco alpino, nella pianura padana, nella
pianura veneto-friulana, lungo tutta la penisola, sugli
appennini e nelle isole.
Le zone in cui si sviluppano prati aridi, possono
essere notevolmente differenti per caratteristiche
climatiche, geologiche e morfologiche, ma, con modalità
variegate, condividono un’accentuata aridità dei luoghi.
Nella maggioranza dei casi, i prati aridi sono presenti in
zone in cui affiorano rocce o ciottoli calcarei o dolomitici,
su aree caratterizzate dall’assenza di scorrimento idrico
superficiale.
Una caratteristica comune delle zone occupate
dai prati aridi è il limitato sviluppo, la degradazione o la
completa assenza del suolo. In tali aree, la scarsità di
risorse nutritive disponibili nel terreno, rendono
impossibile la sopravvivenza del bosco che scompare o
diviene rado costituendosi in tipiche isole vegetazionali
che si associano per aumentare la loro capacità di
trattenere la poca umidità. Nella pianura veneto-friulana, i
torrenti Cellina e Meduna, i fiumi Brenta, Piave,
Tagliamento e Isonzo hanno formato con le grandi
inondazioni del post-glaciale wurmiano (12000 anni fa),
ampie conoidi alluvionali dell’alta e della media pianura
dove l’elevata granulometria delle ghiaie e la loro
composizione totalmente carbonatica, rendono i terreni
particolarmente poveri.
Il termine magredo indica proprio queste aree
dove faticosamente e lentamente si sono instaurate
associazioni vegetali di grande rilevanza naturalistica.
25


26


I licheni, i funghi e i muschi del magredo
Nei prati aridi, i licheni rappresentano una componente
importante della biodiversità. Spesso licheni e muschi
terricoli svolgono, in questo habitat, funzioni ecologiche
importanti, contribuendo, ad esempio, alla regolazione
dei flussi idrici e, in alcuni casi, hanno differenziato
interessanti meccanismi adattivi. Alcuni dei licheni del
magredo, crescono sui resti di muschi o di piante
erbacee in decomposizione: nell’habitat arido del prato
spontaneo, queste nicchie rimangono umide più a lungo,
permettendo al lichene di procurarsi l’acqua necessaria
per la fotosintesi.
Molte specie di lichene dei prati aridi sono in simbiosi con
cianobatteri, minuscoli organismi in grado di fissare
direttamente l’azoto atmosferico e quindi di arricchire di
nutrienti il suolo poverissimo. Altri licheni sono in grado di
propagarsi per semplice frammentazione del tallo,
causata, per esempio, dal calpestio delle greggi: in
questo caso un nuovo individuo può formarsi a partire da
piccole parti del tallo originario che contengono già i due
partner della simbiosi: il fungo e l’alga.
Sia i licheni che i muschi presenti nei magredi del Medio
Corso del Piave, appartengono a specie termo-xerofile e
steppiche provenienti dai ghiaioni originati dallo
scioglimento dei ghiacciai dell’ultima era glaciale di
Wurm. E’ il caso del muschio - Tortella tortuosa - ben
diffuso nelle zone calcaree dalle nostre Prealpi fino ai
prati aridi spontanei della nostra pianura.
Non fa meraviglia che anche in biotopi particolari, come
quelli dei prati aridi, sia possibile reperire un numero
significativo di specie fungine: si sviluppano sulle radici
legnose di piante perenni come Heliantemun e Fumana e
sugli stipi marcescenti di Ombrellifere di cui è ben fornito
il complesso floristico del magredo.
27


L'ACQUA RISORSA DA TUTELARE
a cura di Andrea Agapito Ludovici
L'acqua un diritto di tutti
La Dichiarazione Universale dei diritti umani dice che
l’acqua è un diritto essenziale per la vita umana. Oggi
però oltre un miliardo di persone non hanno una fornitura
continua di acqua potabile, mentre oltre un terzo della
popolazione mondiale vive senza impianti fognari e
l’acqua di scarico viene riversata direttamente nei fiumi
provocando 250 milioni di ammalati all’anno. Pertanto è
fondamentale che la gestione dell’acqua sia basata su
principi di solidarietà e risparmio della risorsa,
garantendo a tutti un quantitativo giornaliero di almeno
50 litri, facendo pagare le tariffe solo in proporzione
all'eventuale consumo crescente.
Di tutta l'acqua presente nel pianeta solo il 2,5% è
potabile, e la maggior parte di questa è racchiusa nei
ghiacciai o raccolta nelle falde terrestri. Solo il rimanente
0,3% forma il ciclo dell'acqua che garantisce la vita del
pianeta. Di questa quantità minuscola solo una parte è
disponibile per l'uso umano.
E' stato stimato che ogni abitante della Terra consuma in
media circa 755 metri cubi d’acqua; il problema è
costituito dalla iniqua distribuzione dei consumi per cui,
ad esempio, uno statunitense ne consuma 2150 metri
cubi mentre un nigeriano ne consuma 45. L'Italia, che si
colloca tra i paesi ricchi di risorse idriche, ha un consumo
annuo procapite di 155 metri cubi d’acqua.
I nostri consumi idrici sono distribuiti come segue:
• 46% attività agricola
• 19% produzione elettrica
• 18% forniture idriche
• 17% industria.
28


L’acqua minerale in bottiglia
Negli ultimi anni è cresciuto il
consumo di acqua in bottiglia.
L’utilizzo delle bottiglie in
plastica e il loro trasporto fa sì
che questo fenomeno
provochi un ulteriore accumulo
di rifiuti e di produzioni
inquinanti. L'Italia è uno dei
maggiori consumatori al
mondo di acqua potabile e
ogni italiano, mediamente,
beve 179 litri l'anno di acqua
in bottiglia.
La pubblicità ha fortemente condizionato i nostri
comportamenti tanto che molti di noi pensano
erroneamente che l'acqua in bottiglia abbia qualità
migliori di quella dell'acquedotto.
Se vogliamo un’acqua pura dobbiamo porre maggiori
sforzi nel proteggere fiumi, laghi e falde idriche, e
impegnarci per l’efficienza delle reti che distribuiscono
l'acqua. Per questi motivi sosteniamo il fatto che la
gestione delle acque potabili venga svolta dal pubblico,
evitando gli interessi privati nella cura di questa
importante risorsa comune.
La gestione dell’acqua nel territorio
In tutto il mondo si stanno pompando dalle falde
sotterranee quantità d’acqua superiori alla capacità del
suolo di rigenerarle. L’agricoltura intensiva utilizza molta
acqua e provoca forti impatti ambientali, a causa
dell’inquinamento dei fertilizzanti e dei pesticidi, della
riduzione degli habitat naturali, dell’aumento dell’erosione
29


dei suoli, della salinizzazione delle acque. E’ quindi
indispensabile avviare una politica di incentivi per un
utilizzo razionale dell’acqua e un suo risparmio e rivedere
il ruolo dell’agricoltura nell’ambito della manutenzione del
territorio.
I Consorzi di Bonifica, che potrebbero in quest’ottica
essere chiamati “Consorzi per la gestione dell’acqua nel
territorio”, avrebbero un ruolo fondamentale per
promuovere una gestione sostenibile e un controllo
diffuso del territorio in chiave ecologica.
La direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE
Questa norma obbliga alla protezione delle acque di
superficie, di transizione, costiere e sotterranee,
attraverso l’ottimizzazione degli usi e promuovendo
l’integrazione delle diverse normative. In particolare,
viene rilanciata la necessità di gestire la risorsa
attraverso una “pianificazione di bacino idrografico”
basata sulla rinaturalizzazione degli ecosistemi, sul
governo delle acque integrato, e sui principi di
prevenzione, precauzione e solidarietà, considerando il
territorio in cui avviene il ciclo delle acque e non solo i
confini amministrativi di province, regioni o stati.
La trasparenza e il coinvolgimento degli enti pubblici
(Autorità di bacino, Regioni, Province, Comuni, ATO) e
dei soggetti coinvolti nei processi di gestione delle acque
(Associazioni di categoria, Consorzi di bonifica,
associazioni ambientaliste, sportive, culturali) costituisce
il fondamento per l’attuazione della direttiva.
L’obiettivo della Direttiva è di raggiungere un “buono
stato delle acque superficiali” entro il 2015, avendo come
riferimento dei parametri standard di tipo ecologico,
idrologico e chimico-fisico.
30


IL PROGETTO VIDEO: OBIETTIVI E METODO
a cura di Murielle Drouille
Il video s'iscrive in un progetto
sperimentale finalizzato allo
svolgimento di una ricerca
partecipata e pluridisciplinare
videofilmata con il
coinvolgimento diretto dei
ragazzi. L'obiettivo iniziale era
quello di realizzare un docu-
fiction per migliorare la
conoscenza del fiume Piave e
delle aree naturali circostanti
nonchè di sensibilizzare sul
valore della risorsa acqua.
Si è quindi cercato di studiare e
rappresentare il territorio del
corso medio del Piave sotto
molteplici aspetti (la
geomorfologia, il paesaggio, la
fauna, i biotopi, l'acqua...)
integrando la conoscenza
tecnica con quella comune.
La partecipazione di Cosmin, il ragazzino rumeno
residente nel trevigiano, ha consentito di accennare
all’importanza dell’integrazione dei minori stranieri. Si
ricorda che il Veneto è la seconda regione in Italia per
numero di immigrati e la presenza dei minori stranieri in
Provincia di Treviso raggiunge il 25% ne consegue una
forte crescita degli alunni stranieri nelle scuole.
I destinatari del video sono gli studenti delle scuole del
primo grado (classi Vª elementare) e del secondo grado
(classi Iª, IIª, IIIª media), pertanto la messa in scena dei
31


ragazzi facilita l'identificazione degli studenti nei confronti
dei tre protagonisti e del loro percorso educativo e
sensoriale che li porta a scoprire il Piave passeggiando,
giocando e incontrando degli esperti.
Il soggetto e la sceneggiatura
Le scene iniziali e finali sono ambientate nelle scuole, ma
il documentario si sviluppa negli ambiti del corso medio
del Piave; collegamenti visivi e didascalici sulle aree del
veneziano e del bellunese sono utilizzati per
ricomprendere l’intero bacino idrografico.
La storia mostra paesaggi e ritmi diversi, caratterizzati
dalla mobilità lenta di Venezia, dall'accellerazione degli
spostamenti in automobile nel trevigiano, dalla quiete dei
paesaggi del Piave.
La sceneggiatura è stata progressivamente integrata
durante la ricostruzione e l'analisi delle interviste in modo
tale da collegare tra loro le interviste e fare emergere le
criticità e le risorse dei luoghi realizzando un racconto
che legasse con una sequenza logica-temporale i
contenuti scientifici e culturali delle interviste per
sviluppare l'avanzamento della ricerca compiuta sul
campo dai ragazzini.
La narrazione è di volta in volta introdotta dalla voce fuori
campo di Charlotte, la ragazzina veneziana, che mette in
scena gli esperti che intervengono incrementando la
conoscenza del fiume.
Alcune scene sono state implementate sul momento con
la collaborazione degli intervistati e/o altri soggetti
incontrati per caso come “Renata” la trevigiana, il
ragazzo veneziano o i turisti tedeschi nella scena
ambientata a Negrisia (vd. scena…).
Il soggetto si basa su alcune linee guida:
32


• La mobilità (veloce / lenta).
• L’acqua ed il fiume come risorse vitali.
• I ragazzi protagonisti dell’ambiente.
• Le vacanze scolastiche estive (giugno / settembre).
• Il contrasto e la ricchezza esistente tra i paesaggi del
trevigiano.
• I diversi tipi di conoscenza, quella scientifica, e quella
dell’esperienza sul campo e l'apprendimento di tipo
pluridisciplinare.
• La molteplicità dei luoghi attraverso cui avviene la
conoscenza (scuola, università, biblioteca, centro di
educazione ambientale...) e le sue diverse modalità
(libri, internet, interviste, passeggiate, esplorazioni sul
campo...)
• L’uso delle nuove tecnologie da parte dei ragazzi (PC,
IPod, cellulare) utilizzate per la comunicazione, lo
studio e lo svago.
• La presenza e l'integrazione socio-culturale dei minori
stranieri nel Veneto.
Le interviste e le ambientazioni
Auto-interviste e interviste semistrutturate
In molti casi si richiedeva all’esperto di preparare una
sintesi dei contenuti dell’intervista per fare emergere le
2/3 domande alla base del proprio intervento; le
domande venivano poi implementate durante lo
svolgimento dell’intervista; veniva inoltre richiesto
l’utilizzo di un linguaggio semplice per facilitare la
comprensione dei temi trattati. L'intervista durava in
media 30 minuti; successivamente, a seguito della
sbobinatura e della ricostruzione dei testi, selezionavo
2/3 minuti costituiti da alcune frasi chiave da riprendere
nel documentario. In fase di montaggio le scene sono
state viste da alcuni ragazzi che hanno verificato
33


l’efficacia del filmato e dei suoi contenuti, suggerendo
eventuali integrazioni e correzioni.
La scelta degli elementi da riprendere veniva
generalmente indicata dall'esperto durante l'intervista; in
seguito si realizzava un box di immagini che veniva poi
collegato all'intervista in fase di montaggio, attraverso la
sbobinatura/ricostruzione delle interviste, l’insermento
delle fotografie e la realizzazione delle didascalie.
Le ambientazioni
La scelta del luogo in cui svolgere l’intervista era
effettuata dall'esperto a seconda dell'argomento trattato,
ma nei limiti di una lista predefinita di ambiti naturalistici
situati nel corso medio del Piave.
R.
Loro
(qualità
acque,
habitat)

F.
Pozzobon
(bosco
igrofilo,























oasi
Codibugnolo)

G.
Barbieri
(paesaggio)

F.
Pozzobon
(magredo)

A.
Piovesan

(geomorfologia)

R.
Loro

(escavazione)

E.
Romanazzi
(migrazione
anfibi)

LIPU
(garzaia
Pederobba)

M.
Marchi
(vimini)

F.
Scarabel

(Piave
ieri/oggi)

34


Gli esperti e i testimoni privilegiati intervistati
I soggetti sono stati selezionati dal WWF sezione Veneto
e da Legambiente Circolo Piavenire di Maserada.
Andrea
Agapito
responsabile
progr. acque
WWF Italia
La risorsa idrica
Gian Pietro
Barbieri
associazione La
Dura Madre
Il paesaggio
Luigino
Ghedin
Gis e vertenze
territ. WWF Italia
I biotopi del Piave
Pier Francesco
Ghetti
Univ. Cà Foscari,
prof. scienze
ambientali
Metodo per
studiare un fiume
35


Roberto
Loro
biologo
Habitat, qualità
delle acque,
l'escavazione
Mansueto
Marchi
artigiano
La lavorazione del
vimini
Alberto
Piovesan
architetto
La geomorfologia
del fiume
Fausto
Pozzobon
insegnante
Il bosco igrofilo,
il magredo, l'Oasi
di Codibugnolo
Enrico
Romanazzi
naturalista
La migrazione
degli anfibi e il
salvataggio dei
rospi
36


Fiorenzo
Scarabel
ex-cavatore
pensionato
Il/la Piave
Ieri / oggi
Analisi dei dati e delle interviste
Le problematiche emerse
• Mancanza dell'acqua in estate; troppi prelievi idrici.
• Abbassamento del livello idrico del fiume.
• Escavazione nell'alveo.
• Inquinamento dell'acqua in determinati luoghi.
• Conoscenza e gestione settoriale e frammentaria del fiume
e delle risorse naturali.
• Occupazione golenale e rischio idrogeologico.
• Assenza di governance a scala di bacino idrografico.
• Sistema ambientale in equilibrio fragile.
• Infrastrutturazione, campagna urbanizzata, consumo del
suolo, perdita di aree umide, impoverimento della
biodiversità ed estinzione di alcune specie.
• Agricoltura invasiva ed impattante.
• Scarsa sensibilizzazione ed educazione in materia di
ambiente fluviale.
• Scarsa conoscenza e tutela delle aree di interesse
naturalistico.
• Scarsa frequentazione del Piave e perdita dell'identità
culturale del fiume.
• Cambiamenti climatici ed ambientali.
37


Linee guida per la ricostruzione delle interviste
• Lo studio del fiume attraverso quattro dimensioni
(trasversale, verticale, longitudinale e temporale).
• L'importanza di un approccio globale partecipativo e
pluridisciplinare a scala di bacino idrografico.
• Usi, sprechi e conflitti gestionali (le centrali idroelettriche, le
attività industriali, l’agricoltura con sistemi d’irrigazione poco
efficienti e le coltivazioni nell’alveo).
• Lo sfruttamento e l'artificializzazione del fiume (prelievi
idrici, escavazione); l'approccio ingegneristico a scapito
dell'approccio ecologico. L'impoverimento fisico dell’alveo
(ridotto e canalizzato).
• L’infrastrutturazione territoriale ed il consumo di suolo.
• La scarsa qualità dell’acqua in alcuni tratti del fiume.
• Il paesaggio: una richezza territoriale a rischio di
impoverimento, la perdita del ruolo culturale ed identitario
del paesaggio naturale.
• Ia perdita della funzione storica-culturale del Piave come via
di comunicazione tra i monti e il mare; l’indebolimento del
suo ruolo di corridoio ecologico, come luogo di passaggio,
migrazione e riproduzione della fauna.
• La ricchezza delle aree naturalistiche del corso medio del
Piave, malgrado la loro costante riduzione; il rapporto
cruciale tra il fiume e le aree circostanti e l’importanza della
biodiversità.
• La necessità di creare una rete di corridoi ecologici attorno
al fiume e di tutelare le zone umide ricche in biodiversità.
• L'imprevidibilità del Piave; le difficoltà nel valutare sia le
conseguenze delle sue manifestazioni estreme (le piene)
che le conseguenze inerenti gli interventi umani.
• Il dilemma conservare/valorizzare: per chi, come?
L'assenza di scenari condivisi.
• L’interconnessione tra i cambiamenti climatici/ambientali
degli ultimi 20 anni e la scomparsa di specie faunistiche e
floristiche.
• La scarsa considerazione/integrazione delle risorse
floristiche e faunistiche nella pianificazione territoriale.
38


Principali riferimenti bibliografici
AA.VV., Il conflitto dell’acqua, Il caso Piave, atto
secondo, CIESSE, 2009.
WWF Italia sezione Veneto, Progetto Plavis,
monitoraggio ambientale del medio-basso corso del
fiume Piave, Venezia 2004.
Circolo Piavenire Legambiente, Guida al percorso
storico-naturalistico dell'Oasi di Codibugnolo a Salettuol
di Maserada sul Piave, 2004.
Scoccianti C., Amphibia: aspetti di ecologia della
conservazione, G. Persichino, Firenze, 2001.
Zanetti M., Il Piave fiume vivente. Ambiente, flora, fauna
del basso corso, Nuova Dimensione, 1995.
AA.VV., Il Piave, Cierre edizioni, 2000.
DVD
Progetto Piave, Rete intercomunale di coordinamento,
Istituto Domege di Cadore, 2009.
Zattere e zattieri, Comunità montana Cadore
Longaronese Zoldo, programma regionale Leader+.
Sitologia
http://home.tele2.it/piavenire
http://www.acquabenecomunebelluno.info
http://www.lacveneto.it
http://www.legambienteveneto.it
http://www.lipupedemontanatrevigiana.it
http://www.magicoveneto.it
http://www.museozattieri.it
http://www.webdolomiti.it
http://www.wwf.it/acque
39


Glossario
ALVEO porzione di terreno occupato da un corso d'acqua
ANTROPIZZATO modificato ad opera dell'uomo
BIODIVERSITA’ varietà di specie animali e vegetali presenti in un
ecosistema
BIOTOPO area in cui vive una determinata specie animale e
vegetale in simbiosi con l'ambiente circostante
ECOSISTEMA sistema complesso formato da organismi che
vivono in un determinato ambiente
ECOTONO ambiente di transizione tra due ecosistemi
EROSIONE insieme delle azioni naturali che portano alla
disgregazione e alla demolizione della superficie
terrestre
ESONDAZIONE fenomeno che si verifica quando il fiume esce dagli
argini e l'acqua si riversa nelle zone circostanti.
FAUNA le specie animali presenti in un territorio
FLORA le specie vegetali, spontanee, naturalizzate o
coltivate, presenti in un territorio
FOCE punto dove un fiume sfocia in un'altra massa
acquatica
GEO
MORFOLOGIA
scienza che studia la morfologia della superficie
della Terra, cioè le forme che costituiscono il rilievo
del territorio
HABITAT Insieme delle condizioni ambientali in cui vive una
data specie di animali o piante
LANCA braccio abbandonato di un fiume; stagno a forma di
mezzaluna che si forma in un meandro di fiume
isolato
MACRO
INVERTEBRATI
organismi presenti nelle acque correnti, facilmente
visibili ad occhio nudo
RIPARIO che vegeta presso le sponde di un fiume
SORGENTE punto della superficie terrestre dove viene alla luce,
in modo naturale, l’acqua sotterranea dando origine
a un corso d’acqua
ZONA UMIDA area caratterizzata dall’abbondante presenza
d’acqua liquida in condizioni naturali
Tratto dalla “Guida al percorso storico- naturalistico, dell’oasi di Codibugnolo a Salettuol di
Maserada sul Piave”
40


Produzione
WWF Italia, sezione WWF Veneto
con la collaborazione di Legambiente, Circolo Piavenire di Maserada
Referente acque e resp. progetto Piave WWF Veneto
Giustino Martignago
WWF Sezione Veneto - via Bonaiuti 38 - 30171 Venezia Mestre
tf 041 971384
veneto@wwf.it, www.wwf.it/veneto
Responsabile programma Acque WWF Italia
Andrea Agapito Ludovici
WWF Italia - via Orseolo, 12 - 20144 Milano
t 02 83133223, f 02 83133202
a.agapito@wwf.it , www.wwf.it/acque

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 Produzione WWF Italia, sezione WWF Veneto con la collaborazione di Legambiente, Circolo Piavenire di Maserada Referente acque e resp. progetto Piave WWF Veneto Giustino Martignago Referente educazione WWF Veneto Rosa Zanotti Responsabile territorio ed ecoregioni WWF Italia Daniele Meregalli Responsabile programma Acque WWF Italia Andrea Agapito Ludovici Soggetto sceneggiatura e regia Murielle Drouille Supporto logistico e organizzativo nel trevigiano Fausto Pozzobon Ragazzi protagonisti Alessia Buongiorno, Charlotte Emmanuelle Scarpa, Cosmin Tronciu Colonna sonora PICININ dei PITURA FRESKA www.piturafreska.it musica di C. Verardo / testo di M. Forieri - Skardy Edizioni musicali: Ossigeno Srl S’AIMER TENDREMENT AU PAYS ATTAQUE A MALLARME REMIX DE SOMBREROS musica e testi di Regis Vogelene www.myspace.com/regisvogelene Edizioni musicali: Danae sustema Progetto didattico, coordinamento editoriale e grafica booklet Murielle Drouille Stampa Dvd Ossigeno Srl - Luciano Trevisan www.o2pub.com Venezia, ottobre 2010
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 INDICE pag. Premessa 6 CONOSCERE IL FIUME PIAVE Il bacino idrografico 8 Le origini e la storia del fiume 10 Il trasporto fluviale: zattieri e zattere 13 Il fiume sacro alla Patria 15 Il disastro della diga del Vajont 17 Lo sfruttamento del bacino idrico 18 I BIOTOPI DEL CORSO MEDIO DEL PIAVE a cura di Luigino Ghedin e Fausto Pozzobon 20 Lanche e bosco igrofilo 21 Il magredo e i prati aridi 24 L'ACQUA RISORSA DA TUTELARE a cura di Andrea Agapito L’acqua un diritto di tutti 27 L’acqua minerale in bottiglia 28 La gestione dell’acqua nel territorio 28 La direttiva quadro sulle acque 29 IL PROGETTO VIDEO: OBIETTIVI, METODO, RISULTATI a cura di Murielle Drouille 30 Il soggetto e la sceneggiatura 31 Le interviste e le ambientazioni 32 Analisi dei dati e delle interviste 36 Bibliografia 38 Glossario 39
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 Premessa IL PIAVE!!!!!! Quando pensiamo ad un fiume, comunemente pensiamo ad una cosa, ad un oggetto. Dovremmo invece pensare al fiume come ad una persona, ad un soggetto, con la sua vita, la sua storia, le sue relazioni. Solo in questo modo potremo comprenderlo davvero e giungere ad un rapporto equilibrato e armonioso con esso. Non più quindi acque libere contrapposte ad acque prigioniere; non più acque bianche contro acque nere, non più angoli ambientalmente pregevoli ad interrompere strutture artificiali che “costringono” le acque. Il fiume non è soltanto acqua con le sue comunità di esseri viventi, è anche utilità per gli uomini e per l'economia. Il fiume è comunicazione, via d'acqua, è un mondo che rigenera lo spirito, è metafora della vita e del tempo: la spiritualità legata al fiume e all'acqua permea infatti da sempre le fedi e le credenze. Ma esso può essere anche fonte di preoccupazione e rischio, tanto più se “costretto” entro un alveo ridotto, com’è il caso del Piave, uno dei corsi d’acqua più artificializzati d’Europa; è il frutto di quel pensiero che ha posto le esigenze del fiume come residuali rispetto alle esigenze di spazio per le più diverse attività umane, arrivando a costruire paesi dentro l'alveo stesso. Il WWF ha impegnato le proprie risorse umane ed economiche per raccogliere quanto è rimasto della vita libera e naturale del Piave, al fine di farne memoria e base per una tutela consapevole. Tutela, salvaguardia, utilizzo, sono vocaboli che testimoniano la complessità del sistema Piave.
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 Complessità che il quadro normativo prevede sia governata a livello di bacino (purtroppo l’Ente preposto non è ancora stato costituito!!), con lo scopo di armonizzare la fresca e guizzante acqua di montagna con l'acqua placida di pianura; di salvaguardare l'equilibrio tra acqua sotterranea ed acqua superficiale fluente nell'alveo; di regolare la quantità d’acqua necessaria a supportare una buona vita acquatica e la quantità prelevabile dall’uomo per i più svariati usi; di mantenerne ad alto livello la qualità chimica e biologica contro le immissioni puntuali e diffuse di inquinanti. Tutte queste azioni complesse e interdipendenti trovano nel termine biodiversità un’appropriata sintesi, che dovrebbe fungere da perno e regola per le proposte di governo e per la tutela delle acque, sia in quantità che in qualità. Oggi noi tutti abbiamo il compito di portare le istanze del fiume sul tavolo delle amministrazioni preposte, dobbiamo essere i portavoce a tutela della sua natura, della sua soggettività. Solo in questo modo potremo godere dei benefici della sua acqua e preservarci da possibili danni. Solo pensando al fiume nella sua interezza, potremo far sì che opere e azioni intraprese nei suoi confronti, non siano causa di danni futuri. Con questa volontà e con l'obiettivo di essere di supporto per decisioni consapevoli e ponderate, il WWF propone a tutti questo strumento di conoscenza e riflessione, con l'augurio di trovarci in tanti a tutelare una parte così importante di noi e del nostro ambiente vitale. Giustino Martignago referente “acque” e “progetto Piave” per il WWF Veneto Sandra Tura presidente Comitato WWF Montello PIave
  • 8. CONOSCERE IL FIUME PIAVE Il bacino idrografico fonte: www.magicoveneto.it Jesolo

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 Carta d’identità del fiume Piave Nascita monte Peralba 2203 m, comune di Sappada (BL) Foce mare Adriatico, località Cortellazzo, comune di Jesolo (VE) Lunghezza 221 km (quinto fiume italiano) Percorso attraversa la regione Veneto nelle province di Belluno, Treviso, Venezia Gli affluenti Torrente Cordevole, dalla Val Visdende (il principale affluente). Torrente Padola, dal passo Monte Croce Comelico. Torrente Ansiei, dal Lavaredo per Auronzo. Torrente Boite, dalla Val Travenanzes attraverso Cortina d'Ampezzo. Torrente Vaiont, dalla Val Zemola e il lago di Vajont. Torrente Maè, dalla Val di Zoldo. Torrente Tesa, dall'Alpago e il lago di Santa Croce. Fiume Cordevole, dal Sella per la valle di Alleghe e Agordo (è il più importante affluente che a sua volta raccoglie le acque dei torrenti delle valli Pettorina, Biois, Tegnas, Fiorentina, ecc.). Torrente Mis, dalla Valle del Mis. Torrente Caorame, dalla Val Canzoi e le Dolomiti Feltrine. Torrenti Tegorzo, Calcino, Curogna, dal monte Grappa e dalla pedemontana. I laghi e gli invasi artificiali Lago di Misurina Lago di Auronzo, o di Santa Caterina (invaso artificiale) Lago di Centro Cadore, o di Pieve di Cadore (invaso artificiale) Il Lago di Pontesei in Val di Zoldo (invaso artificiale) Il Lago di Val Gallina (invaso artificiale) Il Lago di Santa Croce in Alpago (il più grande lago naturale) Il Lago di Fedaia in Marmolada (invaso artificiale) Il Lago di Alleghe Il Lago del Mis (invaso artificiale) Il lago della Stua in Val Canzoi (invaso artificiale)
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 Le origini e la storia del fiume fonte: Rete di coordinamento progetto Piave Istituto Comprensivo Domege del Cadore Il Piave nasce tra il 30.000 e il 20.000 a.C. durante le glaciazioni. Fino a 12.000 anni a.C. il Cadore e la Val Belluna erano occupati dal grande ghiacciaio Lapisino; solo quando il ghiacciaio si sciolse cominciò ad apparire il primo corso del fiume Piave; numerosi rivoli d’acqua provenienti dal grande blocco gelato scendevano verso la pianura attraverso valli, vallette e valloni. Paleolitico Nel Paleolitico e nel Mesolitico il fiume, che collegava montagna – pianura – mare, fu usato dai cacciatori primitivi come via di passaggio per la ricerca della selce con cui costruivano le armi. Essi vivevano in piccoli gruppi in territori di caccia delimitati ed hanno lasciato tracce evidenti del loro passaggio nei ripari temporanei ricavati sotto massi o incavi della roccia. Età del Bronzo Nel Neolitico e nell’Età del Bronzo l’uomo primitivo cominciò a stabilirsi in villaggi lungo il bacino del Piave, comprese le vallate degli affluenti, per commerciare la selce, ricercare metalli, coltivare i terreni ed allevare gli animali. In quest’epoca comincia a delinearsi 
fonte: www.bolzano.net/oetzi.htm il ruolo del fiume come via di scambio delle merci, attraverso la forma del baratto. Vicino a Ponte nelle Alpi sono state ritrovate asce e scalpelli che testimoniano l’interesse dell’uomo primitivo per il bosco ed il legname. Il fiume era usato anche per il trasporto su zattere dello
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 stagno e dell’ambra di provenienza transalpina. Età del Ferro Nell’Età del Ferro il bacino del Piave era particolarmente ricco di minerali, per questo motivo i Paleoveneti si stanziarono lungo il suo corso; ci hanno lasciato ricche testimonianze della loro presenza a Mel, a Cavarzano e a Lagole, nel Cadore, dove l’acqua del fiume era utilizzata per praticare riti religiosi. Età romana Nella seconda metà del I sec. a.C. avviene la totale romanizzazione del Veneto. In quell’epoca il bacino del Piave viene diviso in tre municipi: Jiulium Carnicum che comprende il Comelico, il Cadore e l’Agordino; Bellunum che comprende il corso del fiume da Castellavazzo a Sedico; quello di Feltria, fino a Valdobbiadene. Le iscrizioni ritrovate a Feltre e a Belluno confermano che già dal II sec. d.C. esistevano associazioni di dendrofhori (zattieri) che scendevano lungo il Piave fino alla laguna per trasportare legname dalla Val Visdende, dall’Agordinoe dal Cansiglio, metalli dalle miniere dell’Agordino e dello Zoldano, pietre dal Cansiglio, da Castellavazzo e Codissago. Età medioevale e rinascimentale Sembra che le acque incontaminate del Piave e dei suoi affluenti fossero un tempo molto pescose in particolare di gamberi d’acqua dolce, facili da pescare. Lo confermerebbero gli affreschi di numerose chiese medievali lungo il corso del fiume, sia in Valbelluna che
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 nel Feltrino, in cui i gamberi rossi compaiono in rappresentazionidell’Ultima Cena, accanto ai simboli tradizionali del pane e del vino. Ecco ciò che scrisse Pierio Valeriano, studioso bellunese del XVI secolo, a proposito della confluenza del torrente Ardo con il Piave: “Ma non vi porta tutta la sua acqua, poichè una buona parte di essa la lascia alle officine degli armaioli e dei tessitori, ai molini, alle tintorie, alle segherie…”. Nel 1574 l’allora Podestà di Belluno Marco Antonio Miari, in una lettera indirizzata al Doge di Venezia, scriveva che lungo il torrente Ardo vi erano undici molini, sei magli da acqua, sei fucine, due seghe da legnami, tre “folli”. Nell’epoca del dominio veneziano il ruolo commerciale del fiume diventa importante, soprattutto per la maggior richiesta di legname, ma anche per il mercato dei metalli, del carbone, della pietra da costruzione, della lana e degli altri prodotti dell’allevamento. Lungo il corso del Piave, nelle zone di Castellavazzo, Codissago, Polpet e Belluno nascono le prime officine specializzate nella lavorazione della pietra, dove gli scalpellini (dei veri scultori) eseguivano lavori ornamentali che andavano ad abbellire le ville ed i monumenti delle città venete. Evoluzione della foce Fino a tutta l'età romana, il Piave sfociava nella laguna di Venezia, unendo le proprie acque a quelle del Brenta e del Sile raggiungendo il mare attraverso l'attuale canale di San Felice in prossimità del Lido. In seguito all'alluvione del 589 il fiume deviò a nord; nel 1683 un altro evento di piena denominato "rotta della Landrona" provocò un ulteriore deviazione a nord della foce del Piave, che da allora sfociò a Cortellazzo di
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 Jesolo, lasciando il vecchio letto alle acque del Sile, la cosiddetta Piave Vecchia. Già a partire dalla prima metà del 1600 i veneziani, per evitare l’interamento della Laguna Nord causato dai sedimenti delle piene e per bonificare la circostante zona paludosa e malarica, avevano avviato i lavori di deviazione del Piave e del Sile. I siti delle foci si sono quindi modificati gradualmente dando origine alla Laguna del Mort a Eraclea e al litorale di Cortellazzo. Il trasporto fluviale: zattieri e zattere fonte: Fameia dei zatèr e menadas del Piave, Associazione dei dendrofori e zattieri del PiaveCodissago (BL) “www. museozattieri.it” Già dai tempi dei Romani e fino all’avvento della società industriale, la zattera era il mezzo più comodo e veloce per il trasporto delle merci e il fiume Piave era l’autentica 
 
 autostrada dell’epoca. La zattera era il mezzo che trasportava tutti i prodotti della montagna. Lungo il percorso fino a Venezia potevano essere caricati anche animali, prodotti della campagna e passeggeri. Venezia difficilmente avrebbe potuto sopravvivere senza i rifornimenti che provenivano dal Piave e sopratutto il legname usato per le fondazioni della città, per la costruzione dei palazzi, per la realizzazione delle navi della flotta della Serenissima con le quali ha dominato per secoli sul Mediterraneo. Proprio perchè il legname era fondamentale per i suoi bisogni, Venezia aveva
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 messo sotto tutela e boschi della valle dell’Ansei, del Cansiglio e del Montello. Fluitazione dei tronchi "menada" Alla fine di marzo lungo il Piave e i suoi affluenti venivano a trovarsi migliaia di tronchi, pronti per essere messi in acqua e iniziare la fluitazione libera, cosiddetta menada, fino alle segherie. I tronchi venivano segnati in modo tale da riconoscerli quando arrivavano alle segherie situate tra Perarolo e Castellavazzo. L’ultima menada si è svolta sul Boite nell’anno 1942. Le Compagnie degli zattieri e il trasporto dalle Dolomiti alla laguna di Venezia Cinque erano le confraternite degli zattieri: Codissago, Ponte nelle Alpi, Borgo Piave, Nervesa, Ponte di Piave. Gli abitanti di Codissago erano specializzati nel costruire le zattere; il paese posto a valle delle segherie permetteva loro di percorrere 20 km a piedi, raggiungere le segherie, costruire la zattera con cui verso sera scendevano il fiume per arrivare al porto di Castello. Il giorno successivo, mentre gli zattieri di Codissago risalivano per tornare a costruire un’altra zattera, gli zattieri di Ponte nelle Alpi prendevano la zattera e scendevano fino al porto di Borgo Piave sotto Belluno dove li aspettavano i confratelli a cui consegnavano la zattera. Il giorno seguente gli zattieri proseguivano il percorso scendendo 60 Km fino a Falzè di Piave. A volte si fermavano al Montello a S. Mama per caricare i roveri del bosco del Montello, e arrivavano a Falzè a mezzogiorno, mangiavano e iniziavano la marcia di ritorno di 40 Km, risalendo il passo di Praderadego o il S. Boldo.
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 A Falzè il quarto giorno subentravano gli zattieri di Nervesa che salpavano per Ponte di Piave per l’ultima consegna; qui il quinto giorno le zattere venivano legate tra loro per formare un lungo treno che proseguiva fino a Musile di Piave, dove superavano le paratoie tra Piave Nuova e Piave Vecchia e venivano trainate dai cavalli lungo le alzaie del canale Caligo. Arrivavano ai Treporti e con la marea montante entravano in laguna trainate dai burchi a vela fino alla Sacca della Misericordia a Venezia. Le zattere venivano quindi disfatte e il legname veniva accatastato nei depositi dei mercanti cadorini, oppure proseguiva verso l’adiacente Arsenale. Ogni anno arrivavano a Venezia circa tremila zattere. fonte: arch. Museo Nazionale delle Arti e tradizioni Popolari di Roma Il fiume sacro alla patria Il Piave è conosciuto come "fiume Sacro alla Patria" in memoria dei combattimenti avvenuti durante la prima guerra mondiale (l’Offensiva del Piave del 1917-18).
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 Il famoso inno che commemora questi avvenimenti è La legenda del Piave del 1918 di Giovanni Gaeta. Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi fanti, il ventiquattro maggio; l'esercito marciava per raggiunger la frontiera per far contro il nemico una barriera… Muti passaron quella notte i fanti: tacere bisognava, e andare avanti! S'udiva intanto dalle amate sponde, sommesso e lieve il tripudiar dell'onde. Era un presagio dolce e lusinghiero, il Piave mormorò: «Non passa lo straniero!» Ma in una notte trista si parlò di un fosco evento, e il Piave udiva l'ira e lo sgomento... Ahi, quanta gente ha vista venir giù, lasciare il tetto, poi che il nemico irruppe a Caporetto! Profughi ovunque! Dai lontani monti Venivan a gremir tutti i suoi ponti! S'udiva allor, dalle violate sponde, sommesso e triste il mormorio de l'onde: come un singhiozzo, in quell'autunno nero, il Piave mormorò: «Ritorna lo straniero!» E ritornò il nemico; per l'orgoglio e per la fame volea sfogare tutte le sue brame... Vedeva il piano aprico, di lassù: voleva ancora sfamarsi e tripudiare come allora... «No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti, «Mai più il nemico faccia un passo avanti!» Si vide il Piave rigonfiar le sponde, e come i fanti combatteron l'onde... Rosso di sangue del nemico altero, il Piave comandò: «Indietro va', straniero!» Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento... E la vittoria sciolse le ali al vento! Fu sacro il patto antico: tra le schiere, furon visti Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...
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 Infranse, alfin, l'italico valore le forche e l'armi dell'Impiccatore! Sicure l'Alpi... Libere le sponde... E tacque il Piave: si placaron l'onde... Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi, la Pace non trovò né oppressi, né stranieri! Il disastro della diga del Vajont fonte: www.vajont.net e www.magicoveneto.it La diga del Vajont è stata costruita all'inizio negli anni 1960 lungo il corso del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso. Il disastro acccadde la sera del 9 ottobre 1963 e fu causato da una frana che si staccò dal monte Toc e che precipitò ricolmando completamente il lago artificiale che era stato realizzato da pochi anni. L'acqua dell’invaso fu spinta violentemente cancellando le piccole borgate sotto Erto e le case più basse di Casso, e causò un'onda alta un centinaio di metri che oltrepassò lo sbarramento della diga cancellando in pochi attimi Longarone e le frazioni di Rivalta, Pirago, Faè, Villanova e Codissago di Castellavazzo. Le vittime furono 1910. Fu aperta un'inchiesta che riconobbe la responsabilità dei costruttori della diga che avevano trascurato le prevedibili conseguenze provocate dalla realizzazione del lago artificale. Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti; la diga è rimasta come attrazione turistica e si raggiunge facilmente da Longarone.
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 Lo sfruttamento del bacino idrico. fonte: www.acquabenecomunebelluno.info
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 Cronologia delle piene (fonte: Comitato intercomunale per la difesa del Piave) 820 Prima piena di cui si abbia notizia: il fiume arriva fino a Feltre e distrugge la città 1295 Piena con gravi interramenti nella laguna di Venezia 1304 Colpito nuovamente il Feltrino 1311,1312 Il fiume rompe a Lovadina 1313 Il fiume lambisce Treviso 1330 Il fiume devasta Pedavena e le zona limitrofe a Feltre 1368 La divise in due l'abitato di Lovadina 1404 o 1409 Inondate le campagne di Oderzo 1450 Treviso è di nuovo allagata 1467 Cimadolmo rimane isolata da Salettuol 1470 Il fiume rompe a Ramanziol 1512 Allagamento della zona che va da Nervesa a Treviso 1424 Danni a Fagarè 1531 Danni a Cimadolmo 1533 Nuovi interrimenti nella Laguna di Venezia 1558 Il fiume rompe a Nervesa minacciando Treviso 1567 Rotta a Zenson, Musile e San Donà 1578 Venne spazzato via il ponte di Belluno ma si registrano danni anche nel Trevigiano 1601,1642,1664,1665, 1667,1678,1693,1694 Altre alluvioni 1681,1683 43 rotte solo per il tratto terminale 1708 Straripamento di alcuni affluenti (il Boite investì Perarolo) 1748,1774,1782,1811, 1816 Altre piene 13 Ottobre 1823 A Perarolo una frana ostruì la confluenza tra il Piave ed il Boite. La pressione fece saltare lo sbarramento della frana distruggendo il paese. 1825,1841,1851,1858, 1863,1872,1877 Tra il 1851 ed il 1877 il fiume entrò a Zenson 38 volte. Settembre 1882 Il Piave ruppe a Salgareda con una piena devastante che durò sette giorni. Ottobre 1882 Una seconda piena travolse lo sperone di Stabiuzzo ad Ormelle: 25 i comuni allagati (tre metri d'acqua sul piano campagna); distrutti i ponti di Quero, Vidor e San Donà e quelli di numerosi affluenti del Piave; 130 fabbriche crollate e 670 case lesionate. 1885,1889,1896 Altre piene 1903,1905,1907,1914, 1916,1917,1926,1928 Altre piene 4 Novembre 1966 Una piena colpì i paesi rivieraschi e devastò Zenson.
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 I BIOTOPI DEL CORSO MEDIO DEL PIAVE Lago di Busche (Lentiai e Cesiomaggiore) BL Lago di santa Croce (Farra d'Alpago; Ponte nelle Alpi; Puos d'Alpago) BL Fontane di Nogarè (Belluno) BL Torbiera di Antole (Belluno) BL Torbiera di Lipoi (Feltre) BL Vincheto di Cellarda (Feltre; Lentiai) BL Campazzi di Onigo (Pederobba) TV Garzaia di Pederobba (Pederobba) TV Settolo Basso (Bigolino di Valdobbiadene) TV Fontane bianche di Fontigo (Sernaglia della Battaglia) TV Isola dei Morti (Moriago della Battaglia) TV Montello (Crocetta del Montello; Giavera del Montello; Nervesa della Battaglia; Volpago del Montello) TV Oasi Naturalistica di Codibugnolo (Salettuol di Maserada) TV Grave di Saletto e di Negrisia (Breda di P. e Ponte di P.) TV Anse fluviali (Fossalta P.; Musile P.; San Donà P.; Noventa di P.) VE Parco fluviale (San Donà di Piave) VE fonte: Progetto Plavis, a cura di Luigino Ghedin, WWF Italia 2004 foto: Legambiente Circolo Piavenire di Maserada (TV)
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 Lanche e bosco igrofilo a cura di Fausto Pozzobon A ridosso del greto attivo, nella zona dove si sviluppano, con una cornice di piante acquatiche idrofile e di fitti canneti, le lanche, cresce rigogliosa e verdissima la quinta dei boschi igrofili. Lungo questa fascia verde, a volte impenetrabile, è ancora possibile ritrovare stagni con acque calme, quasi ferme, dal fondo ricco di limi e blocchi di argilla compatta che appaiono dalle ghiaie più fini appena a valle della fascia delle risorgive e specchi d’acqua limpidissima dove si può percepire il movimento dell’acqua che passa attraverso le ghiaie a monte ed inonda questi avvallamenti costruiti e segnati dalle piene autunnali e primaverili. Entrambe queste zone umide, contrassegnate da una medesima, incredibile biodiversità, potrebbero essere volani di una rinascita biologica nel momento in cui questo nostro fiume vivrà, in questa parte travagliata del suo corso, qualche decennio di tranquillità e di sviluppo ritmato dalle leggi dell’ecologia. Il bosco igrofilo, cioè amante dei suoli umidi, è formato, relativamente alla componente arborea, da tutta una serie di Salici, in primo luogo il Salice bianco (Salix alba), dai Pioppi neri (Populus nigra e ssp.), da qualche Frassino (Fraxinus excelsior) e, soprattutto dall’Ontano nero (Alnus glutinosa), specie che affonda le sue radici nei limi e nelle sabbie finissime filtrate dalle polle sorgive; questo tipo di copertura boschiva include altresì una vasta gamma di arbusti di notevole diffusione, quali l’Amorfa (Amorpha fruticosa) che, in certe parti della riva fluviale, crea arbusteti quasi impenetrabili, il Sambuco
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 (Sambucus nigra) dai frutti eduli, il Salice ripaiolo (Salix eleagnos) da cui si ricavavano i flessuosi vimini da ceste, il Salice cinereo (Salix cinerea), proprio in prossimità degli specchi d’acqua, il Salicone (Salix caprea) che predilige suoli più profondi ed argillosi, la Frangola (Alnus frangula) dalle innumerevoli fioriture stagionali. Queste fasce di vegetazione che si insediano nelle zone comprese tra le rive e il greto ghiaioso garantiscono, soprattutto nel medio corso del fiume, un’adeguata protezione alle acque che emergono dai bordi della conoide alluvionale creatasi nei millenni dei vari periodi postglaciali: è il corretto assetto di questa conoide che determina il fenomeno delle polle sorgive, alimentate dalla falda freatica, sia nella sinistra che nella destra Piave. E’ chiaro che i progetti dissennati di canalizzazione del Medio Corso, provocheranno una crisi probabilmente irreversibile di questo fenomeno idrogeologico e la scomparsa di queste aree di vegetazione così importanti per tutto l’ecosistema fluviale. Soprattutto negli ultimi anni si è intervenuti pesantemente su questa importante fascia di fitta vegetazione procedendo a notevoli trasformazioni fisiche della morfologia naturale del fiume con l’asportazione di isole di grava e con la chiusura e la soppressione di rami fluviali, di lanche e di macchie arbustive e arboree che difendevano le rive dalle erosioni. Boschi igrofili e lanche vanno difesi come importanti riserve di naturalità e come efficaci serbatoi per la laminazione delle onde di piena e per l’attenuazione delle magre, visto il loro essenziale contributo idrico a favore di tutti i terreni golenali.
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 Il magredo e i prati aridi a cura di Fausto Pozzobon I prati aridi sono documentati in numerose aree, e pur con estensioni molto diverse, si trovano in quasi tutta l’Italia: lungo l’arco alpino, nella pianura padana, nella pianura veneto-friulana, lungo tutta la penisola, sugli appennini e nelle isole. Le zone in cui si sviluppano prati aridi, possono essere notevolmente differenti per caratteristiche climatiche, geologiche e morfologiche, ma, con modalità variegate, condividono un’accentuata aridità dei luoghi. Nella maggioranza dei casi, i prati aridi sono presenti in zone in cui affiorano rocce o ciottoli calcarei o dolomitici, su aree caratterizzate dall’assenza di scorrimento idrico superficiale. Una caratteristica comune delle zone occupate dai prati aridi è il limitato sviluppo, la degradazione o la completa assenza del suolo. In tali aree, la scarsità di risorse nutritive disponibili nel terreno, rendono impossibile la sopravvivenza del bosco che scompare o diviene rado costituendosi in tipiche isole vegetazionali che si associano per aumentare la loro capacità di trattenere la poca umidità. Nella pianura veneto-friulana, i torrenti Cellina e Meduna, i fiumi Brenta, Piave, Tagliamento e Isonzo hanno formato con le grandi inondazioni del post-glaciale wurmiano (12000 anni fa), ampie conoidi alluvionali dell’alta e della media pianura dove l’elevata granulometria delle ghiaie e la loro composizione totalmente carbonatica, rendono i terreni particolarmente poveri. Il termine magredo indica proprio queste aree dove faticosamente e lentamente si sono instaurate associazioni vegetali di grande rilevanza naturalistica.
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 I licheni, i funghi e i muschi del magredo Nei prati aridi, i licheni rappresentano una componente importante della biodiversità. Spesso licheni e muschi terricoli svolgono, in questo habitat, funzioni ecologiche importanti, contribuendo, ad esempio, alla regolazione dei flussi idrici e, in alcuni casi, hanno differenziato interessanti meccanismi adattivi. Alcuni dei licheni del magredo, crescono sui resti di muschi o di piante erbacee in decomposizione: nell’habitat arido del prato spontaneo, queste nicchie rimangono umide più a lungo, permettendo al lichene di procurarsi l’acqua necessaria per la fotosintesi. Molte specie di lichene dei prati aridi sono in simbiosi con cianobatteri, minuscoli organismi in grado di fissare direttamente l’azoto atmosferico e quindi di arricchire di nutrienti il suolo poverissimo. Altri licheni sono in grado di propagarsi per semplice frammentazione del tallo, causata, per esempio, dal calpestio delle greggi: in questo caso un nuovo individuo può formarsi a partire da piccole parti del tallo originario che contengono già i due partner della simbiosi: il fungo e l’alga. Sia i licheni che i muschi presenti nei magredi del Medio Corso del Piave, appartengono a specie termo-xerofile e steppiche provenienti dai ghiaioni originati dallo scioglimento dei ghiacciai dell’ultima era glaciale di Wurm. E’ il caso del muschio - Tortella tortuosa - ben diffuso nelle zone calcaree dalle nostre Prealpi fino ai prati aridi spontanei della nostra pianura. Non fa meraviglia che anche in biotopi particolari, come quelli dei prati aridi, sia possibile reperire un numero significativo di specie fungine: si sviluppano sulle radici legnose di piante perenni come Heliantemun e Fumana e sugli stipi marcescenti di Ombrellifere di cui è ben fornito il complesso floristico del magredo.
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 L'ACQUA RISORSA DA TUTELARE a cura di Andrea Agapito Ludovici L'acqua un diritto di tutti La Dichiarazione Universale dei diritti umani dice che l’acqua è un diritto essenziale per la vita umana. Oggi però oltre un miliardo di persone non hanno una fornitura continua di acqua potabile, mentre oltre un terzo della popolazione mondiale vive senza impianti fognari e l’acqua di scarico viene riversata direttamente nei fiumi provocando 250 milioni di ammalati all’anno. Pertanto è fondamentale che la gestione dell’acqua sia basata su principi di solidarietà e risparmio della risorsa, garantendo a tutti un quantitativo giornaliero di almeno 50 litri, facendo pagare le tariffe solo in proporzione all'eventuale consumo crescente. Di tutta l'acqua presente nel pianeta solo il 2,5% è potabile, e la maggior parte di questa è racchiusa nei ghiacciai o raccolta nelle falde terrestri. Solo il rimanente 0,3% forma il ciclo dell'acqua che garantisce la vita del pianeta. Di questa quantità minuscola solo una parte è disponibile per l'uso umano. E' stato stimato che ogni abitante della Terra consuma in media circa 755 metri cubi d’acqua; il problema è costituito dalla iniqua distribuzione dei consumi per cui, ad esempio, uno statunitense ne consuma 2150 metri cubi mentre un nigeriano ne consuma 45. L'Italia, che si colloca tra i paesi ricchi di risorse idriche, ha un consumo annuo procapite di 155 metri cubi d’acqua. I nostri consumi idrici sono distribuiti come segue: • 46% attività agricola • 19% produzione elettrica • 18% forniture idriche • 17% industria.
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 L’acqua minerale in bottiglia Negli ultimi anni è cresciuto il consumo di acqua in bottiglia. L’utilizzo delle bottiglie in plastica e il loro trasporto fa sì che questo fenomeno provochi un ulteriore accumulo di rifiuti e di produzioni inquinanti. L'Italia è uno dei maggiori consumatori al mondo di acqua potabile e ogni italiano, mediamente, beve 179 litri l'anno di acqua in bottiglia. La pubblicità ha fortemente condizionato i nostri comportamenti tanto che molti di noi pensano erroneamente che l'acqua in bottiglia abbia qualità migliori di quella dell'acquedotto. Se vogliamo un’acqua pura dobbiamo porre maggiori sforzi nel proteggere fiumi, laghi e falde idriche, e impegnarci per l’efficienza delle reti che distribuiscono l'acqua. Per questi motivi sosteniamo il fatto che la gestione delle acque potabili venga svolta dal pubblico, evitando gli interessi privati nella cura di questa importante risorsa comune. La gestione dell’acqua nel territorio In tutto il mondo si stanno pompando dalle falde sotterranee quantità d’acqua superiori alla capacità del suolo di rigenerarle. L’agricoltura intensiva utilizza molta acqua e provoca forti impatti ambientali, a causa dell’inquinamento dei fertilizzanti e dei pesticidi, della riduzione degli habitat naturali, dell’aumento dell’erosione
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 dei suoli, della salinizzazione delle acque. E’ quindi indispensabile avviare una politica di incentivi per un utilizzo razionale dell’acqua e un suo risparmio e rivedere il ruolo dell’agricoltura nell’ambito della manutenzione del territorio. I Consorzi di Bonifica, che potrebbero in quest’ottica essere chiamati “Consorzi per la gestione dell’acqua nel territorio”, avrebbero un ruolo fondamentale per promuovere una gestione sostenibile e un controllo diffuso del territorio in chiave ecologica. La direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE Questa norma obbliga alla protezione delle acque di superficie, di transizione, costiere e sotterranee, attraverso l’ottimizzazione degli usi e promuovendo l’integrazione delle diverse normative. In particolare, viene rilanciata la necessità di gestire la risorsa attraverso una “pianificazione di bacino idrografico” basata sulla rinaturalizzazione degli ecosistemi, sul governo delle acque integrato, e sui principi di prevenzione, precauzione e solidarietà, considerando il territorio in cui avviene il ciclo delle acque e non solo i confini amministrativi di province, regioni o stati. La trasparenza e il coinvolgimento degli enti pubblici (Autorità di bacino, Regioni, Province, Comuni, ATO) e dei soggetti coinvolti nei processi di gestione delle acque (Associazioni di categoria, Consorzi di bonifica, associazioni ambientaliste, sportive, culturali) costituisce il fondamento per l’attuazione della direttiva. L’obiettivo della Direttiva è di raggiungere un “buono stato delle acque superficiali” entro il 2015, avendo come riferimento dei parametri standard di tipo ecologico, idrologico e chimico-fisico.
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 IL PROGETTO VIDEO: OBIETTIVI E METODO a cura di Murielle Drouille Il video s'iscrive in un progetto sperimentale finalizzato allo svolgimento di una ricerca partecipata e pluridisciplinare videofilmata con il coinvolgimento diretto dei ragazzi. L'obiettivo iniziale era quello di realizzare un docu- fiction per migliorare la conoscenza del fiume Piave e delle aree naturali circostanti nonchè di sensibilizzare sul valore della risorsa acqua. Si è quindi cercato di studiare e rappresentare il territorio del corso medio del Piave sotto molteplici aspetti (la geomorfologia, il paesaggio, la fauna, i biotopi, l'acqua...) integrando la conoscenza tecnica con quella comune. La partecipazione di Cosmin, il ragazzino rumeno residente nel trevigiano, ha consentito di accennare all’importanza dell’integrazione dei minori stranieri. Si ricorda che il Veneto è la seconda regione in Italia per numero di immigrati e la presenza dei minori stranieri in Provincia di Treviso raggiunge il 25% ne consegue una forte crescita degli alunni stranieri nelle scuole. I destinatari del video sono gli studenti delle scuole del primo grado (classi Vª elementare) e del secondo grado (classi Iª, IIª, IIIª media), pertanto la messa in scena dei
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 ragazzi facilita l'identificazione degli studenti nei confronti dei tre protagonisti e del loro percorso educativo e sensoriale che li porta a scoprire il Piave passeggiando, giocando e incontrando degli esperti. Il soggetto e la sceneggiatura Le scene iniziali e finali sono ambientate nelle scuole, ma il documentario si sviluppa negli ambiti del corso medio del Piave; collegamenti visivi e didascalici sulle aree del veneziano e del bellunese sono utilizzati per ricomprendere l’intero bacino idrografico. La storia mostra paesaggi e ritmi diversi, caratterizzati dalla mobilità lenta di Venezia, dall'accellerazione degli spostamenti in automobile nel trevigiano, dalla quiete dei paesaggi del Piave. La sceneggiatura è stata progressivamente integrata durante la ricostruzione e l'analisi delle interviste in modo tale da collegare tra loro le interviste e fare emergere le criticità e le risorse dei luoghi realizzando un racconto che legasse con una sequenza logica-temporale i contenuti scientifici e culturali delle interviste per sviluppare l'avanzamento della ricerca compiuta sul campo dai ragazzini. La narrazione è di volta in volta introdotta dalla voce fuori campo di Charlotte, la ragazzina veneziana, che mette in scena gli esperti che intervengono incrementando la conoscenza del fiume. Alcune scene sono state implementate sul momento con la collaborazione degli intervistati e/o altri soggetti incontrati per caso come “Renata” la trevigiana, il ragazzo veneziano o i turisti tedeschi nella scena ambientata a Negrisia (vd. scena…). Il soggetto si basa su alcune linee guida:
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 • La mobilità (veloce / lenta). • L’acqua ed il fiume come risorse vitali. • I ragazzi protagonisti dell’ambiente. • Le vacanze scolastiche estive (giugno / settembre). • Il contrasto e la ricchezza esistente tra i paesaggi del trevigiano. • I diversi tipi di conoscenza, quella scientifica, e quella dell’esperienza sul campo e l'apprendimento di tipo pluridisciplinare. • La molteplicità dei luoghi attraverso cui avviene la conoscenza (scuola, università, biblioteca, centro di educazione ambientale...) e le sue diverse modalità (libri, internet, interviste, passeggiate, esplorazioni sul campo...) • L’uso delle nuove tecnologie da parte dei ragazzi (PC, IPod, cellulare) utilizzate per la comunicazione, lo studio e lo svago. • La presenza e l'integrazione socio-culturale dei minori stranieri nel Veneto. Le interviste e le ambientazioni Auto-interviste e interviste semistrutturate In molti casi si richiedeva all’esperto di preparare una sintesi dei contenuti dell’intervista per fare emergere le 2/3 domande alla base del proprio intervento; le domande venivano poi implementate durante lo svolgimento dell’intervista; veniva inoltre richiesto l’utilizzo di un linguaggio semplice per facilitare la comprensione dei temi trattati. L'intervista durava in media 30 minuti; successivamente, a seguito della sbobinatura e della ricostruzione dei testi, selezionavo 2/3 minuti costituiti da alcune frasi chiave da riprendere nel documentario. In fase di montaggio le scene sono state viste da alcuni ragazzi che hanno verificato
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 l’efficacia del filmato e dei suoi contenuti, suggerendo eventuali integrazioni e correzioni. La scelta degli elementi da riprendere veniva generalmente indicata dall'esperto durante l'intervista; in seguito si realizzava un box di immagini che veniva poi collegato all'intervista in fase di montaggio, attraverso la sbobinatura/ricostruzione delle interviste, l’insermento delle fotografie e la realizzazione delle didascalie. Le ambientazioni La scelta del luogo in cui svolgere l’intervista era effettuata dall'esperto a seconda dell'argomento trattato, ma nei limiti di una lista predefinita di ambiti naturalistici situati nel corso medio del Piave. R.
Loro
(qualità
acque,
habitat)
 F.
Pozzobon
(bosco
igrofilo,
 





















oasi
Codibugnolo)
 G.
Barbieri
(paesaggio)
 F.
Pozzobon
(magredo)
 A.
Piovesan
 (geomorfologia)
 R.
Loro
 (escavazione)
 E.
Romanazzi
(migrazione
anfibi)
 LIPU
(garzaia
Pederobba)
 M.
Marchi
(vimini)
 F.
Scarabel
 (Piave
ieri/oggi)

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 Gli esperti e i testimoni privilegiati intervistati I soggetti sono stati selezionati dal WWF sezione Veneto e da Legambiente Circolo Piavenire di Maserada. Andrea Agapito responsabile progr. acque WWF Italia La risorsa idrica Gian Pietro Barbieri associazione La Dura Madre Il paesaggio Luigino Ghedin Gis e vertenze territ. WWF Italia I biotopi del Piave Pier Francesco Ghetti Univ. Cà Foscari, prof. scienze ambientali Metodo per studiare un fiume
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 Roberto Loro biologo Habitat, qualità delle acque, l'escavazione Mansueto Marchi artigiano La lavorazione del vimini Alberto Piovesan architetto La geomorfologia del fiume Fausto Pozzobon insegnante Il bosco igrofilo, il magredo, l'Oasi di Codibugnolo Enrico Romanazzi naturalista La migrazione degli anfibi e il salvataggio dei rospi
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 Fiorenzo Scarabel ex-cavatore pensionato Il/la Piave Ieri / oggi Analisi dei dati e delle interviste Le problematiche emerse • Mancanza dell'acqua in estate; troppi prelievi idrici. • Abbassamento del livello idrico del fiume. • Escavazione nell'alveo. • Inquinamento dell'acqua in determinati luoghi. • Conoscenza e gestione settoriale e frammentaria del fiume e delle risorse naturali. • Occupazione golenale e rischio idrogeologico. • Assenza di governance a scala di bacino idrografico. • Sistema ambientale in equilibrio fragile. • Infrastrutturazione, campagna urbanizzata, consumo del suolo, perdita di aree umide, impoverimento della biodiversità ed estinzione di alcune specie. • Agricoltura invasiva ed impattante. • Scarsa sensibilizzazione ed educazione in materia di ambiente fluviale. • Scarsa conoscenza e tutela delle aree di interesse naturalistico. • Scarsa frequentazione del Piave e perdita dell'identità culturale del fiume. • Cambiamenti climatici ed ambientali.
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 Linee guida per la ricostruzione delle interviste • Lo studio del fiume attraverso quattro dimensioni (trasversale, verticale, longitudinale e temporale). • L'importanza di un approccio globale partecipativo e pluridisciplinare a scala di bacino idrografico. • Usi, sprechi e conflitti gestionali (le centrali idroelettriche, le attività industriali, l’agricoltura con sistemi d’irrigazione poco efficienti e le coltivazioni nell’alveo). • Lo sfruttamento e l'artificializzazione del fiume (prelievi idrici, escavazione); l'approccio ingegneristico a scapito dell'approccio ecologico. L'impoverimento fisico dell’alveo (ridotto e canalizzato). • L’infrastrutturazione territoriale ed il consumo di suolo. • La scarsa qualità dell’acqua in alcuni tratti del fiume. • Il paesaggio: una richezza territoriale a rischio di impoverimento, la perdita del ruolo culturale ed identitario del paesaggio naturale. • Ia perdita della funzione storica-culturale del Piave come via di comunicazione tra i monti e il mare; l’indebolimento del suo ruolo di corridoio ecologico, come luogo di passaggio, migrazione e riproduzione della fauna. • La ricchezza delle aree naturalistiche del corso medio del Piave, malgrado la loro costante riduzione; il rapporto cruciale tra il fiume e le aree circostanti e l’importanza della biodiversità. • La necessità di creare una rete di corridoi ecologici attorno al fiume e di tutelare le zone umide ricche in biodiversità. • L'imprevidibilità del Piave; le difficoltà nel valutare sia le conseguenze delle sue manifestazioni estreme (le piene) che le conseguenze inerenti gli interventi umani. • Il dilemma conservare/valorizzare: per chi, come? L'assenza di scenari condivisi. • L’interconnessione tra i cambiamenti climatici/ambientali degli ultimi 20 anni e la scomparsa di specie faunistiche e floristiche. • La scarsa considerazione/integrazione delle risorse floristiche e faunistiche nella pianificazione territoriale.
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 Principali riferimenti bibliografici AA.VV., Il conflitto dell’acqua, Il caso Piave, atto secondo, CIESSE, 2009. WWF Italia sezione Veneto, Progetto Plavis, monitoraggio ambientale del medio-basso corso del fiume Piave, Venezia 2004. Circolo Piavenire Legambiente, Guida al percorso storico-naturalistico dell'Oasi di Codibugnolo a Salettuol di Maserada sul Piave, 2004. Scoccianti C., Amphibia: aspetti di ecologia della conservazione, G. Persichino, Firenze, 2001. Zanetti M., Il Piave fiume vivente. Ambiente, flora, fauna del basso corso, Nuova Dimensione, 1995. AA.VV., Il Piave, Cierre edizioni, 2000. DVD Progetto Piave, Rete intercomunale di coordinamento, Istituto Domege di Cadore, 2009. Zattere e zattieri, Comunità montana Cadore Longaronese Zoldo, programma regionale Leader+. Sitologia http://home.tele2.it/piavenire http://www.acquabenecomunebelluno.info http://www.lacveneto.it http://www.legambienteveneto.it http://www.lipupedemontanatrevigiana.it http://www.magicoveneto.it http://www.museozattieri.it http://www.webdolomiti.it http://www.wwf.it/acque
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 Glossario ALVEO porzione di terreno occupato da un corso d'acqua ANTROPIZZATO modificato ad opera dell'uomo BIODIVERSITA’ varietà di specie animali e vegetali presenti in un ecosistema BIOTOPO area in cui vive una determinata specie animale e vegetale in simbiosi con l'ambiente circostante ECOSISTEMA sistema complesso formato da organismi che vivono in un determinato ambiente ECOTONO ambiente di transizione tra due ecosistemi EROSIONE insieme delle azioni naturali che portano alla disgregazione e alla demolizione della superficie terrestre ESONDAZIONE fenomeno che si verifica quando il fiume esce dagli argini e l'acqua si riversa nelle zone circostanti. FAUNA le specie animali presenti in un territorio FLORA le specie vegetali, spontanee, naturalizzate o coltivate, presenti in un territorio FOCE punto dove un fiume sfocia in un'altra massa acquatica GEO MORFOLOGIA scienza che studia la morfologia della superficie della Terra, cioè le forme che costituiscono il rilievo del territorio HABITAT Insieme delle condizioni ambientali in cui vive una data specie di animali o piante LANCA braccio abbandonato di un fiume; stagno a forma di mezzaluna che si forma in un meandro di fiume isolato MACRO INVERTEBRATI organismi presenti nelle acque correnti, facilmente visibili ad occhio nudo RIPARIO che vegeta presso le sponde di un fiume SORGENTE punto della superficie terrestre dove viene alla luce, in modo naturale, l’acqua sotterranea dando origine a un corso d’acqua ZONA UMIDA area caratterizzata dall’abbondante presenza d’acqua liquida in condizioni naturali Tratto dalla “Guida al percorso storico- naturalistico, dell’oasi di Codibugnolo a Salettuol di Maserada sul Piave”
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 Produzione WWF Italia, sezione WWF Veneto con la collaborazione di Legambiente, Circolo Piavenire di Maserada Referente acque e resp. progetto Piave WWF Veneto Giustino Martignago WWF Sezione Veneto - via Bonaiuti 38 - 30171 Venezia Mestre tf 041 971384 veneto@wwf.it, www.wwf.it/veneto Responsabile programma Acque WWF Italia Andrea Agapito Ludovici WWF Italia - via Orseolo, 12 - 20144 Milano t 02 83133223, f 02 83133202 a.agapito@wwf.it , www.wwf.it/acque