Linee guida per la ricostruzione delle interviste
• Lo studio del fiume attraverso quattro dimensioni
(trasversale, verticale, longitudinale e temporale).
• L'importanza di un approccio globale partecipativo e
pluridisciplinare a scala di bacino idrografico.
• Usi, sprechi e conflitti gestionali (le centrali idroelettriche, le
attività industriali, l’agricoltura con sistemi d’irrigazione poco
efficienti e le coltivazioni nell’alveo).
• Lo sfruttamento e l'artificializzazione del fiume (prelievi
idrici, escavazione); l'approccio ingegneristico a scapito
dell'approccio ecologico. L'impoverimento fisico dell’alveo
(ridotto e canalizzato).
• L’infrastrutturazione territoriale ed il consumo di suolo.
• La scarsa qualità dell’acqua in alcuni tratti del fiume.
• Il paesaggio: una richezza territoriale a rischio di
impoverimento, la perdita del ruolo culturale ed identitario
del paesaggio naturale.
• Ia perdita della funzione storica-culturale del Piave come via
di comunicazione tra i monti e il mare; l’indebolimento del
suo ruolo di corridoio ecologico, come luogo di passaggio,
migrazione e riproduzione della fauna.
• La ricchezza delle aree naturalistiche del corso medio del
Piave, malgrado la loro costante riduzione; il rapporto
cruciale tra il fiume e le aree circostanti e l’importanza della
biodiversità.
• La necessità di creare una rete di corridoi ecologici attorno
al fiume e di tutelare le zone umide ricche in biodiversità.
• L'imprevidibilità del Piave; le difficoltà nel valutare sia le
conseguenze delle sue manifestazioni estreme (le piene)
che le conseguenze inerenti gli interventi umani.
• Il dilemma conservare/valorizzare: per chi, come?
L'assenza di scenari condivisi.
• L’interconnessione tra i cambiamenti climatici/ambientali
degli ultimi 20 anni e la scomparsa di specie faunistiche e
floristiche.
• La scarsa considerazione/integrazione delle risorse
floristiche e faunistiche nella pianificazione territoriale.
Problematiche emerse:
Mancanza dell'acqua in estate; troppi prelievi idrici.
• Abbassamento del livello idrico del fiume.
• Escavazione nell'alveo.
• Inquinamento dell'acqua in determinati luoghi.
• Conoscenza e gestione settoriale e frammentaria del fiume
e delle risorse naturali.
• Occupazione golenale e rischio idrogeologico.
• Assenza di governance a scala di bacino idrografico.
• Sistema ambientale in equilibrio fragile.
• Infrastrutturazione, campagna urbanizzata, consumo del
suolo, perdita di aree umide, impoverimento della
biodiversità ed estinzione di alcune specie.
• Agricoltura invasiva ed impattante.
• Scarsa sensibilizzazione ed educazione in materia di
ambiente fluviale.
• Scarsa conoscenza e tutela delle aree di interesse
naturalistico.
• Scarsa frequentazione del Piave e perdita dell'identità
culturale del fiume.
• Cambiamenti climatici ed ambientali.
4. 4
Produzione
WWF Italia, sezione WWF Veneto
con la collaborazione di Legambiente, Circolo Piavenire di Maserada
Referente acque e resp. progetto Piave WWF Veneto
Giustino Martignago
Referente educazione WWF Veneto
Rosa Zanotti
Responsabile territorio ed ecoregioni WWF Italia
Daniele Meregalli
Responsabile programma Acque WWF Italia
Andrea Agapito Ludovici
Soggetto sceneggiatura e regia
Murielle Drouille
Supporto logistico e organizzativo nel trevigiano
Fausto Pozzobon
Ragazzi protagonisti
Alessia Buongiorno, Charlotte Emmanuelle Scarpa, Cosmin Tronciu
Colonna sonora
PICININ dei PITURA FRESKA www.piturafreska.it
musica di C. Verardo / testo di M. Forieri - Skardy
Edizioni musicali: Ossigeno Srl
S’AIMER TENDREMENT
AU PAYS
ATTAQUE A MALLARME
REMIX DE SOMBREROS
musica e testi di Regis Vogelene www.myspace.com/regisvogelene
Edizioni musicali: Danae sustema
Progetto didattico, coordinamento editoriale e grafica booklet
Murielle Drouille
Stampa Dvd
Ossigeno Srl - Luciano Trevisan www.o2pub.com
Venezia, ottobre 2010
5.
INDICE
pag.
Premessa 6
CONOSCERE IL FIUME PIAVE
Il bacino idrografico 8
Le origini e la storia del fiume 10
Il trasporto fluviale: zattieri e zattere 13
Il fiume sacro alla Patria 15
Il disastro della diga del Vajont 17
Lo sfruttamento del bacino idrico 18
I BIOTOPI DEL CORSO MEDIO DEL PIAVE
a cura di Luigino Ghedin e Fausto Pozzobon
20
Lanche e bosco igrofilo 21
Il magredo e i prati aridi 24
L'ACQUA RISORSA DA TUTELARE
a cura di Andrea Agapito
L’acqua un diritto di tutti 27
L’acqua minerale in bottiglia 28
La gestione dell’acqua nel territorio 28
La direttiva quadro sulle acque 29
IL PROGETTO VIDEO: OBIETTIVI, METODO,
RISULTATI
a cura di Murielle Drouille
30
Il soggetto e la sceneggiatura 31
Le interviste e le ambientazioni 32
Analisi dei dati e delle interviste 36
Bibliografia 38
Glossario 39
6. 6
Premessa
IL PIAVE!!!!!!
Quando pensiamo ad un fiume, comunemente pensiamo
ad una cosa, ad un oggetto.
Dovremmo invece pensare al fiume come ad una
persona, ad un soggetto, con la sua vita, la sua storia, le
sue relazioni. Solo in questo modo potremo
comprenderlo davvero e giungere ad un rapporto
equilibrato e armonioso con esso. Non più quindi acque
libere contrapposte ad acque prigioniere; non più acque
bianche contro acque nere, non più angoli
ambientalmente pregevoli ad interrompere strutture
artificiali che “costringono” le acque.
Il fiume non è soltanto acqua con le sue comunità di
esseri viventi, è anche utilità per gli uomini e per
l'economia. Il fiume è comunicazione, via d'acqua, è un
mondo che rigenera lo spirito, è metafora della vita e del
tempo: la spiritualità legata al fiume e all'acqua permea
infatti da sempre le fedi e le credenze.
Ma esso può essere anche fonte di preoccupazione e
rischio, tanto più se “costretto” entro un alveo ridotto,
com’è il caso del Piave, uno dei corsi d’acqua più
artificializzati d’Europa; è il frutto di quel pensiero che ha
posto le esigenze del fiume come residuali rispetto alle
esigenze di spazio per le più diverse attività umane,
arrivando a costruire paesi dentro l'alveo stesso.
Il WWF ha impegnato le proprie risorse umane ed
economiche per raccogliere quanto è rimasto della vita
libera e naturale del Piave, al fine di farne memoria e
base per una tutela consapevole.
Tutela, salvaguardia, utilizzo, sono vocaboli che
testimoniano la complessità del sistema Piave.
7. 7
Complessità che il quadro normativo prevede sia
governata a livello di bacino (purtroppo l’Ente preposto
non è ancora stato costituito!!), con lo scopo di
armonizzare la fresca e guizzante acqua di montagna
con l'acqua placida di pianura; di salvaguardare
l'equilibrio tra acqua sotterranea ed acqua superficiale
fluente nell'alveo; di regolare la quantità d’acqua
necessaria a supportare una buona vita acquatica e la
quantità prelevabile dall’uomo per i più svariati usi; di
mantenerne ad alto livello la qualità chimica e biologica
contro le immissioni puntuali e diffuse di inquinanti.
Tutte queste azioni complesse e interdipendenti trovano
nel termine biodiversità un’appropriata sintesi, che
dovrebbe fungere da perno e regola per le proposte di
governo e per la tutela delle acque, sia in quantità che in
qualità.
Oggi noi tutti abbiamo il compito di portare le istanze del
fiume sul tavolo delle amministrazioni preposte,
dobbiamo essere i portavoce a tutela della sua natura,
della sua soggettività. Solo in questo modo potremo
godere dei benefici della sua acqua e preservarci da
possibili danni. Solo pensando al fiume nella sua
interezza, potremo far sì che opere e azioni intraprese
nei suoi confronti, non siano causa di danni futuri.
Con questa volontà e con l'obiettivo di essere di supporto
per decisioni consapevoli e ponderate, il WWF propone a
tutti questo strumento di conoscenza e riflessione, con
l'augurio di trovarci in tanti a tutelare una parte così
importante di noi e del nostro ambiente vitale.
Giustino Martignago
referente “acque” e “progetto Piave” per il WWF Veneto
Sandra Tura
presidente Comitato WWF Montello PIave
8. CONOSCERE IL FIUME PIAVE
Il bacino idrografico
fonte: www.magicoveneto.it
Jesolo
9. 9
Carta d’identità del fiume Piave
Nascita monte Peralba 2203 m, comune di Sappada (BL)
Foce mare Adriatico, località Cortellazzo, comune di
Jesolo (VE)
Lunghezza 221 km (quinto fiume italiano)
Percorso attraversa la regione Veneto nelle province di
Belluno, Treviso, Venezia
Gli affluenti
Torrente Cordevole, dalla Val Visdende (il principale affluente).
Torrente Padola, dal passo Monte Croce Comelico.
Torrente Ansiei, dal Lavaredo per Auronzo.
Torrente Boite, dalla Val Travenanzes attraverso Cortina
d'Ampezzo.
Torrente Vaiont, dalla Val Zemola e il lago di Vajont.
Torrente Maè, dalla Val di Zoldo.
Torrente Tesa, dall'Alpago e il lago di Santa Croce.
Fiume Cordevole, dal Sella per la valle di Alleghe e Agordo (è il
più importante affluente che a sua volta raccoglie le acque dei
torrenti delle valli Pettorina, Biois, Tegnas, Fiorentina, ecc.).
Torrente Mis, dalla Valle del Mis.
Torrente Caorame, dalla Val Canzoi e le Dolomiti Feltrine.
Torrenti Tegorzo, Calcino, Curogna, dal monte Grappa e dalla
pedemontana.
I laghi e gli invasi artificiali
Lago di Misurina
Lago di Auronzo, o di Santa Caterina (invaso artificiale)
Lago di Centro Cadore, o di Pieve di Cadore (invaso artificiale)
Il Lago di Pontesei in Val di Zoldo (invaso artificiale)
Il Lago di Val Gallina (invaso artificiale)
Il Lago di Santa Croce in Alpago (il più grande lago naturale)
Il Lago di Fedaia in Marmolada (invaso artificiale)
Il Lago di Alleghe
Il Lago del Mis (invaso artificiale)
Il lago della Stua in Val Canzoi (invaso artificiale)
10. 10
Le origini e la storia del fiume
fonte: Rete di coordinamento progetto Piave
Istituto Comprensivo Domege del Cadore
Il Piave nasce tra il 30.000 e il 20.000 a.C. durante le
glaciazioni. Fino a 12.000 anni a.C. il Cadore e la Val
Belluna erano occupati dal grande ghiacciaio Lapisino;
solo quando il ghiacciaio si sciolse cominciò ad apparire
il primo corso del fiume Piave; numerosi rivoli d’acqua
provenienti dal grande blocco gelato scendevano verso
la pianura attraverso valli, vallette e valloni.
Paleolitico
Nel Paleolitico e nel Mesolitico il fiume, che collegava
montagna – pianura – mare, fu usato dai cacciatori
primitivi come via di passaggio per la ricerca della selce
con cui costruivano le armi. Essi vivevano in piccoli
gruppi in territori di caccia delimitati ed hanno lasciato
tracce evidenti del loro passaggio nei ripari temporanei
ricavati sotto massi o incavi della roccia.
Età del Bronzo
Nel Neolitico e nell’Età del Bronzo
l’uomo primitivo cominciò a
stabilirsi in villaggi lungo il bacino
del Piave, comprese le vallate degli
affluenti, per commerciare la selce,
ricercare metalli, coltivare i terreni
ed allevare gli animali. In
quest’epoca comincia a delinearsi
fonte: www.bolzano.net/oetzi.htm
il ruolo del fiume come via di scambio delle merci,
attraverso la forma del baratto. Vicino a Ponte nelle Alpi
sono state ritrovate asce e scalpelli che testimoniano
l’interesse dell’uomo primitivo per il bosco ed il legname.
Il fiume era usato anche per il trasporto su zattere dello
11. 11
stagno e dell’ambra di provenienza transalpina.
Età del Ferro
Nell’Età del Ferro il bacino del Piave era particolarmente
ricco di minerali, per questo motivo i Paleoveneti si
stanziarono lungo il suo corso; ci hanno lasciato ricche
testimonianze della loro presenza a Mel, a Cavarzano e
a Lagole, nel Cadore, dove l’acqua del fiume era
utilizzata per praticare riti religiosi.
Età romana
Nella seconda metà del I sec. a.C. avviene la totale
romanizzazione del Veneto. In quell’epoca il bacino del
Piave viene diviso in tre municipi: Jiulium Carnicum che
comprende il Comelico, il Cadore e l’Agordino; Bellunum
che comprende il corso del fiume da Castellavazzo a
Sedico; quello di Feltria, fino a Valdobbiadene.
Le iscrizioni ritrovate a Feltre e a Belluno confermano
che già dal II sec. d.C. esistevano associazioni di
dendrofhori (zattieri) che scendevano lungo il Piave fino
alla laguna per trasportare legname dalla Val Visdende,
dall’Agordinoe dal Cansiglio, metalli dalle miniere
dell’Agordino e dello Zoldano, pietre dal Cansiglio, da
Castellavazzo e Codissago.
Età medioevale e rinascimentale
Sembra che le acque
incontaminate del Piave e
dei suoi affluenti fossero
un tempo molto pescose
in particolare di gamberi
d’acqua dolce, facili da
pescare.
Lo confermerebbero gli affreschi di numerose chiese
medievali lungo il corso del fiume, sia in Valbelluna che
12. 12
nel Feltrino, in cui i gamberi rossi compaiono in
rappresentazionidell’Ultima Cena, accanto ai simboli
tradizionali del pane e del vino. Ecco ciò che scrisse
Pierio Valeriano, studioso bellunese del XVI secolo, a
proposito della confluenza del torrente Ardo con il Piave:
“Ma non vi porta tutta la sua acqua, poichè una buona
parte di essa la lascia alle officine degli armaioli e dei
tessitori, ai molini, alle tintorie, alle segherie…”.
Nel 1574 l’allora Podestà di Belluno Marco Antonio Miari,
in una lettera indirizzata al Doge di Venezia, scriveva che
lungo il torrente Ardo vi erano undici molini, sei magli da
acqua, sei fucine, due seghe da legnami, tre “folli”.
Nell’epoca del dominio veneziano il ruolo commerciale
del fiume diventa importante, soprattutto per la maggior
richiesta di legname, ma anche per il mercato dei metalli,
del carbone, della pietra da costruzione, della lana e
degli altri prodotti dell’allevamento. Lungo il corso del
Piave, nelle zone di Castellavazzo, Codissago, Polpet e
Belluno nascono le prime officine specializzate nella
lavorazione della pietra, dove gli scalpellini (dei veri
scultori) eseguivano lavori ornamentali che andavano ad
abbellire le ville ed i monumenti delle città venete.
Evoluzione della foce
Fino a tutta l'età romana, il
Piave sfociava nella laguna
di Venezia, unendo le
proprie acque a quelle del
Brenta e del Sile
raggiungendo il mare
attraverso l'attuale canale di San Felice in prossimità del
Lido. In seguito all'alluvione del 589 il fiume deviò a nord;
nel 1683 un altro evento di piena denominato "rotta della
Landrona" provocò un ulteriore deviazione a nord della
foce del Piave, che da allora sfociò a Cortellazzo di
13. 13
Jesolo, lasciando il vecchio letto alle acque del Sile, la
cosiddetta Piave Vecchia. Già a partire dalla prima metà
del 1600 i veneziani, per evitare l’interamento della
Laguna Nord causato dai sedimenti delle piene e per
bonificare la circostante zona paludosa e malarica,
avevano avviato i lavori di deviazione del Piave e del
Sile. I siti delle foci si sono quindi modificati
gradualmente dando origine alla Laguna del Mort a
Eraclea e al litorale di Cortellazzo.
Il trasporto fluviale: zattieri e zattere
fonte: Fameia dei zatèr e menadas del Piave, Associazione dei dendrofori e
zattieri del PiaveCodissago (BL) “www. museozattieri.it”
Già dai tempi dei
Romani e fino
all’avvento della
società industriale, la
zattera era il mezzo
più comodo e veloce
per il trasporto delle
merci e il fiume
Piave era l’autentica
autostrada dell’epoca. La zattera era il mezzo che
trasportava tutti i prodotti della montagna. Lungo il
percorso fino a Venezia potevano essere caricati anche
animali, prodotti della campagna e passeggeri. Venezia
difficilmente avrebbe potuto sopravvivere senza i
rifornimenti che provenivano dal Piave e sopratutto il
legname usato per le fondazioni della città, per la
costruzione dei palazzi, per la realizzazione delle navi
della flotta della Serenissima con le quali ha dominato
per secoli sul Mediterraneo. Proprio perchè il legname
era fondamentale per i suoi bisogni, Venezia aveva
14. 14
messo sotto tutela e boschi della valle dell’Ansei, del
Cansiglio e del Montello.
Fluitazione dei tronchi "menada"
Alla fine di marzo lungo il Piave e i suoi affluenti venivano
a trovarsi migliaia di tronchi, pronti per essere messi in
acqua e iniziare la fluitazione libera, cosiddetta menada,
fino alle segherie. I tronchi venivano segnati in modo tale
da riconoscerli quando arrivavano alle segherie situate
tra Perarolo e Castellavazzo. L’ultima menada si è svolta
sul Boite nell’anno 1942.
Le Compagnie degli zattieri e il trasporto dalle
Dolomiti alla laguna di Venezia
Cinque erano le confraternite degli zattieri: Codissago,
Ponte nelle Alpi, Borgo Piave, Nervesa, Ponte di Piave.
Gli abitanti di Codissago erano specializzati nel costruire
le zattere; il paese posto a valle delle segherie
permetteva loro di percorrere 20 km a piedi, raggiungere
le segherie, costruire la zattera con cui verso sera
scendevano il fiume per arrivare al porto di Castello.
Il giorno successivo, mentre gli zattieri di Codissago
risalivano per tornare a costruire un’altra zattera, gli
zattieri di Ponte nelle Alpi prendevano la zattera e
scendevano fino al porto di Borgo Piave sotto Belluno
dove li aspettavano i confratelli a cui consegnavano la
zattera.
Il giorno seguente gli zattieri proseguivano il percorso
scendendo 60 Km fino a Falzè di Piave. A volte si
fermavano al Montello a S. Mama per caricare i roveri del
bosco del Montello, e arrivavano a Falzè a mezzogiorno,
mangiavano e iniziavano la marcia di ritorno di 40 Km,
risalendo il passo di Praderadego o il S. Boldo.
15. 15
A Falzè il quarto giorno subentravano gli zattieri di
Nervesa che salpavano per Ponte di Piave per l’ultima
consegna; qui il quinto giorno le zattere venivano legate
tra loro per formare un lungo treno che proseguiva fino a
Musile di Piave, dove superavano le paratoie tra Piave
Nuova e Piave Vecchia e venivano trainate dai cavalli
lungo le alzaie del canale Caligo. Arrivavano ai Treporti e
con la marea montante entravano in laguna trainate dai
burchi a vela fino alla Sacca della Misericordia a
Venezia. Le zattere venivano quindi disfatte e il legname
veniva accatastato nei depositi dei mercanti cadorini,
oppure proseguiva verso l’adiacente Arsenale. Ogni anno
arrivavano a Venezia circa tremila zattere.
fonte: arch. Museo Nazionale delle Arti e tradizioni Popolari di Roma
Il fiume sacro alla patria
Il Piave è conosciuto
come "fiume Sacro
alla Patria" in memoria
dei combattimenti
avvenuti durante la
prima guerra mondiale
(l’Offensiva del Piave
del 1917-18).
16. 16
Il famoso inno che commemora questi avvenimenti è La
legenda del Piave del 1918 di Giovanni Gaeta.
Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi
fanti, il ventiquattro maggio; l'esercito marciava per
raggiunger la frontiera per far contro il nemico una
barriera…
Muti passaron quella notte i fanti: tacere bisognava, e
andare avanti!
S'udiva intanto dalle amate sponde, sommesso e lieve il
tripudiar dell'onde. Era un presagio dolce e lusinghiero, il
Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»
Ma in una notte trista si parlò di un fosco evento, e il Piave
udiva l'ira e lo sgomento... Ahi, quanta gente ha vista venir
giù, lasciare il tetto, poi che il nemico irruppe a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti Venivan a gremir tutti i
suoi ponti!
S'udiva allor, dalle violate sponde, sommesso e triste il
mormorio de l'onde: come un singhiozzo, in quell'autunno
nero, il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»
E ritornò il nemico; per l'orgoglio e per la fame volea sfogare
tutte le sue brame... Vedeva il piano aprico, di lassù: voleva
ancora sfamarsi e tripudiare come allora...
«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti, «Mai più il
nemico faccia un passo avanti!»
Si vide il Piave rigonfiar le sponde, e come i fanti
combatteron l'onde... Rosso di sangue del nemico altero, il
Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»
Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento... E la
vittoria sciolse le ali al vento! Fu sacro il patto antico: tra le
schiere, furon visti Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...
17. 17
Infranse, alfin, l'italico valore le forche e l'armi
dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi... Libere le sponde... E tacque il Piave: si
placaron l'onde... Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi, la Pace
non trovò né oppressi, né stranieri!
Il disastro della diga del Vajont
fonte: www.vajont.net e www.magicoveneto.it
La diga del Vajont è
stata costruita all'inizio
negli anni 1960 lungo
il corso del torrente
che scorre nella valle
di Erto e Casso. Il
disastro acccadde la
sera del 9 ottobre 1963 e fu causato da una frana che si
staccò dal monte Toc e che precipitò ricolmando
completamente il lago artificiale che era stato realizzato
da pochi anni. L'acqua dell’invaso fu spinta violentemente
cancellando le piccole borgate sotto Erto e le case più
basse di Casso, e causò un'onda alta un centinaio di
metri che oltrepassò lo sbarramento della diga
cancellando in pochi attimi Longarone e le frazioni di
Rivalta, Pirago, Faè, Villanova e Codissago di
Castellavazzo. Le vittime furono 1910. Fu aperta
un'inchiesta che riconobbe la responsabilità dei
costruttori della diga che avevano trascurato le prevedibili
conseguenze provocate dalla realizzazione del lago
artificale. Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati
ricostruiti; la diga è rimasta come attrazione turistica e si
raggiunge facilmente da Longarone.
19. 19
Cronologia delle piene (fonte: Comitato intercomunale per la difesa del Piave)
820 Prima piena di cui si abbia notizia: il fiume arriva fino a
Feltre e distrugge la città
1295 Piena con gravi interramenti nella laguna di Venezia
1304 Colpito nuovamente il Feltrino
1311,1312 Il fiume rompe a Lovadina
1313 Il fiume lambisce Treviso
1330 Il fiume devasta Pedavena e le zona limitrofe a Feltre
1368 La divise in due l'abitato di Lovadina
1404 o 1409 Inondate le campagne di Oderzo
1450 Treviso è di nuovo allagata
1467 Cimadolmo rimane isolata da Salettuol
1470 Il fiume rompe a Ramanziol
1512 Allagamento della zona che va da Nervesa a Treviso
1424 Danni a Fagarè
1531 Danni a Cimadolmo
1533 Nuovi interrimenti nella Laguna di Venezia
1558 Il fiume rompe a Nervesa minacciando Treviso
1567 Rotta a Zenson, Musile e San Donà
1578 Venne spazzato via il ponte di Belluno ma si registrano
danni anche nel Trevigiano
1601,1642,1664,1665,
1667,1678,1693,1694
Altre alluvioni
1681,1683 43 rotte solo per il tratto terminale
1708 Straripamento di alcuni affluenti (il Boite investì
Perarolo)
1748,1774,1782,1811,
1816
Altre piene
13 Ottobre 1823 A Perarolo una frana ostruì la confluenza tra il Piave
ed il Boite. La pressione fece saltare lo sbarramento
della frana distruggendo il paese.
1825,1841,1851,1858,
1863,1872,1877
Tra il 1851 ed il 1877 il fiume entrò a Zenson 38 volte.
Settembre 1882 Il Piave ruppe a Salgareda con una piena devastante
che durò sette giorni.
Ottobre 1882 Una seconda piena travolse lo sperone di Stabiuzzo ad
Ormelle: 25 i comuni allagati (tre metri d'acqua sul
piano campagna); distrutti i ponti di Quero, Vidor e San
Donà e quelli di numerosi affluenti del Piave; 130
fabbriche crollate e 670 case lesionate.
1885,1889,1896 Altre piene
1903,1905,1907,1914,
1916,1917,1926,1928
Altre piene
4 Novembre 1966 Una piena colpì i paesi rivieraschi e devastò Zenson.
20. 20
I BIOTOPI DEL CORSO MEDIO DEL PIAVE
Lago di Busche (Lentiai e Cesiomaggiore) BL
Lago di santa Croce (Farra d'Alpago; Ponte nelle Alpi; Puos
d'Alpago)
BL
Fontane di Nogarè (Belluno) BL
Torbiera di Antole (Belluno) BL
Torbiera di Lipoi (Feltre) BL
Vincheto di Cellarda (Feltre; Lentiai) BL
Campazzi di Onigo (Pederobba) TV
Garzaia di Pederobba (Pederobba) TV
Settolo Basso (Bigolino di Valdobbiadene) TV
Fontane bianche di Fontigo (Sernaglia della Battaglia) TV
Isola dei Morti (Moriago della Battaglia) TV
Montello (Crocetta del Montello; Giavera del Montello; Nervesa
della Battaglia; Volpago del Montello)
TV
Oasi Naturalistica di Codibugnolo (Salettuol di Maserada) TV
Grave di Saletto e di Negrisia (Breda di P. e Ponte di P.) TV
Anse fluviali (Fossalta P.; Musile P.; San Donà P.; Noventa di P.) VE
Parco fluviale (San Donà di Piave) VE
fonte: Progetto Plavis, a cura di Luigino Ghedin, WWF Italia 2004
foto: Legambiente Circolo Piavenire di Maserada (TV)
21. 21
Lanche e bosco igrofilo
a cura di Fausto Pozzobon
A ridosso del greto attivo, nella zona dove si sviluppano,
con una cornice di piante acquatiche idrofile e di fitti
canneti, le lanche, cresce rigogliosa e verdissima la
quinta dei boschi igrofili. Lungo questa fascia verde, a
volte impenetrabile, è ancora possibile ritrovare stagni
con acque calme, quasi ferme, dal fondo ricco di limi e
blocchi di argilla compatta che appaiono dalle ghiaie più
fini appena a valle della fascia delle risorgive e specchi
d’acqua limpidissima dove si può percepire il movimento
dell’acqua che passa attraverso le ghiaie a monte ed
inonda questi avvallamenti costruiti e segnati dalle piene
autunnali e primaverili. Entrambe queste zone umide,
contrassegnate da una medesima, incredibile
biodiversità, potrebbero essere volani di una rinascita
biologica nel momento in cui questo nostro fiume vivrà, in
questa parte travagliata del suo corso, qualche decennio
di tranquillità e di sviluppo ritmato dalle leggi
dell’ecologia.
Il bosco igrofilo, cioè amante dei suoli umidi, è formato,
relativamente alla componente arborea, da tutta una
serie di Salici, in primo luogo il Salice bianco (Salix
alba), dai Pioppi neri (Populus nigra e ssp.), da qualche
Frassino (Fraxinus excelsior) e, soprattutto dall’Ontano
nero (Alnus glutinosa), specie che affonda le sue radici
nei limi e nelle sabbie finissime filtrate dalle polle sorgive;
questo tipo di copertura boschiva include altresì una
vasta gamma di arbusti di notevole diffusione, quali
l’Amorfa (Amorpha fruticosa) che, in certe parti della riva
fluviale, crea arbusteti quasi impenetrabili, il Sambuco
22. 22
(Sambucus nigra) dai frutti eduli, il Salice ripaiolo (Salix
eleagnos) da cui si ricavavano i flessuosi vimini da ceste,
il Salice cinereo (Salix cinerea), proprio in prossimità
degli specchi d’acqua, il Salicone (Salix caprea) che
predilige suoli più profondi ed argillosi, la Frangola
(Alnus frangula) dalle innumerevoli fioriture stagionali.
Queste fasce di vegetazione che si insediano nelle zone
comprese tra le rive e il greto ghiaioso garantiscono,
soprattutto nel medio corso del fiume, un’adeguata
protezione alle acque che emergono dai bordi della
conoide alluvionale creatasi nei millenni dei vari periodi
postglaciali: è il corretto assetto di questa conoide che
determina il fenomeno delle polle sorgive, alimentate
dalla falda freatica, sia nella sinistra che nella destra
Piave. E’ chiaro che i progetti dissennati di
canalizzazione del Medio Corso, provocheranno una crisi
probabilmente irreversibile di questo fenomeno
idrogeologico e la scomparsa di queste aree di
vegetazione così importanti per tutto l’ecosistema
fluviale. Soprattutto negli ultimi anni si è intervenuti
pesantemente su questa importante fascia di fitta
vegetazione procedendo a notevoli trasformazioni fisiche
della morfologia naturale del fiume con l’asportazione di
isole di grava e con la chiusura e la soppressione di rami
fluviali, di lanche e di macchie arbustive e arboree che
difendevano le rive dalle erosioni. Boschi igrofili e lanche
vanno difesi come importanti riserve di naturalità e come
efficaci serbatoi per la laminazione delle onde di piena e
per l’attenuazione delle magre, visto il loro essenziale
contributo idrico a favore di tutti i terreni golenali.
24. 24
Il magredo e i prati aridi
a cura di Fausto Pozzobon
I prati aridi sono documentati in numerose aree, e pur
con estensioni molto diverse, si trovano in quasi tutta
l’Italia: lungo l’arco alpino, nella pianura padana, nella
pianura veneto-friulana, lungo tutta la penisola, sugli
appennini e nelle isole.
Le zone in cui si sviluppano prati aridi, possono
essere notevolmente differenti per caratteristiche
climatiche, geologiche e morfologiche, ma, con modalità
variegate, condividono un’accentuata aridità dei luoghi.
Nella maggioranza dei casi, i prati aridi sono presenti in
zone in cui affiorano rocce o ciottoli calcarei o dolomitici,
su aree caratterizzate dall’assenza di scorrimento idrico
superficiale.
Una caratteristica comune delle zone occupate
dai prati aridi è il limitato sviluppo, la degradazione o la
completa assenza del suolo. In tali aree, la scarsità di
risorse nutritive disponibili nel terreno, rendono
impossibile la sopravvivenza del bosco che scompare o
diviene rado costituendosi in tipiche isole vegetazionali
che si associano per aumentare la loro capacità di
trattenere la poca umidità. Nella pianura veneto-friulana, i
torrenti Cellina e Meduna, i fiumi Brenta, Piave,
Tagliamento e Isonzo hanno formato con le grandi
inondazioni del post-glaciale wurmiano (12000 anni fa),
ampie conoidi alluvionali dell’alta e della media pianura
dove l’elevata granulometria delle ghiaie e la loro
composizione totalmente carbonatica, rendono i terreni
particolarmente poveri.
Il termine magredo indica proprio queste aree
dove faticosamente e lentamente si sono instaurate
associazioni vegetali di grande rilevanza naturalistica.
26. 26
I licheni, i funghi e i muschi del magredo
Nei prati aridi, i licheni rappresentano una componente
importante della biodiversità. Spesso licheni e muschi
terricoli svolgono, in questo habitat, funzioni ecologiche
importanti, contribuendo, ad esempio, alla regolazione
dei flussi idrici e, in alcuni casi, hanno differenziato
interessanti meccanismi adattivi. Alcuni dei licheni del
magredo, crescono sui resti di muschi o di piante
erbacee in decomposizione: nell’habitat arido del prato
spontaneo, queste nicchie rimangono umide più a lungo,
permettendo al lichene di procurarsi l’acqua necessaria
per la fotosintesi.
Molte specie di lichene dei prati aridi sono in simbiosi con
cianobatteri, minuscoli organismi in grado di fissare
direttamente l’azoto atmosferico e quindi di arricchire di
nutrienti il suolo poverissimo. Altri licheni sono in grado di
propagarsi per semplice frammentazione del tallo,
causata, per esempio, dal calpestio delle greggi: in
questo caso un nuovo individuo può formarsi a partire da
piccole parti del tallo originario che contengono già i due
partner della simbiosi: il fungo e l’alga.
Sia i licheni che i muschi presenti nei magredi del Medio
Corso del Piave, appartengono a specie termo-xerofile e
steppiche provenienti dai ghiaioni originati dallo
scioglimento dei ghiacciai dell’ultima era glaciale di
Wurm. E’ il caso del muschio - Tortella tortuosa - ben
diffuso nelle zone calcaree dalle nostre Prealpi fino ai
prati aridi spontanei della nostra pianura.
Non fa meraviglia che anche in biotopi particolari, come
quelli dei prati aridi, sia possibile reperire un numero
significativo di specie fungine: si sviluppano sulle radici
legnose di piante perenni come Heliantemun e Fumana e
sugli stipi marcescenti di Ombrellifere di cui è ben fornito
il complesso floristico del magredo.
27. 27
L'ACQUA RISORSA DA TUTELARE
a cura di Andrea Agapito Ludovici
L'acqua un diritto di tutti
La Dichiarazione Universale dei diritti umani dice che
l’acqua è un diritto essenziale per la vita umana. Oggi
però oltre un miliardo di persone non hanno una fornitura
continua di acqua potabile, mentre oltre un terzo della
popolazione mondiale vive senza impianti fognari e
l’acqua di scarico viene riversata direttamente nei fiumi
provocando 250 milioni di ammalati all’anno. Pertanto è
fondamentale che la gestione dell’acqua sia basata su
principi di solidarietà e risparmio della risorsa,
garantendo a tutti un quantitativo giornaliero di almeno
50 litri, facendo pagare le tariffe solo in proporzione
all'eventuale consumo crescente.
Di tutta l'acqua presente nel pianeta solo il 2,5% è
potabile, e la maggior parte di questa è racchiusa nei
ghiacciai o raccolta nelle falde terrestri. Solo il rimanente
0,3% forma il ciclo dell'acqua che garantisce la vita del
pianeta. Di questa quantità minuscola solo una parte è
disponibile per l'uso umano.
E' stato stimato che ogni abitante della Terra consuma in
media circa 755 metri cubi d’acqua; il problema è
costituito dalla iniqua distribuzione dei consumi per cui,
ad esempio, uno statunitense ne consuma 2150 metri
cubi mentre un nigeriano ne consuma 45. L'Italia, che si
colloca tra i paesi ricchi di risorse idriche, ha un consumo
annuo procapite di 155 metri cubi d’acqua.
I nostri consumi idrici sono distribuiti come segue:
• 46% attività agricola
• 19% produzione elettrica
• 18% forniture idriche
• 17% industria.
28. 28
L’acqua minerale in bottiglia
Negli ultimi anni è cresciuto il
consumo di acqua in bottiglia.
L’utilizzo delle bottiglie in
plastica e il loro trasporto fa sì
che questo fenomeno
provochi un ulteriore accumulo
di rifiuti e di produzioni
inquinanti. L'Italia è uno dei
maggiori consumatori al
mondo di acqua potabile e
ogni italiano, mediamente,
beve 179 litri l'anno di acqua
in bottiglia.
La pubblicità ha fortemente condizionato i nostri
comportamenti tanto che molti di noi pensano
erroneamente che l'acqua in bottiglia abbia qualità
migliori di quella dell'acquedotto.
Se vogliamo un’acqua pura dobbiamo porre maggiori
sforzi nel proteggere fiumi, laghi e falde idriche, e
impegnarci per l’efficienza delle reti che distribuiscono
l'acqua. Per questi motivi sosteniamo il fatto che la
gestione delle acque potabili venga svolta dal pubblico,
evitando gli interessi privati nella cura di questa
importante risorsa comune.
La gestione dell’acqua nel territorio
In tutto il mondo si stanno pompando dalle falde
sotterranee quantità d’acqua superiori alla capacità del
suolo di rigenerarle. L’agricoltura intensiva utilizza molta
acqua e provoca forti impatti ambientali, a causa
dell’inquinamento dei fertilizzanti e dei pesticidi, della
riduzione degli habitat naturali, dell’aumento dell’erosione
29. 29
dei suoli, della salinizzazione delle acque. E’ quindi
indispensabile avviare una politica di incentivi per un
utilizzo razionale dell’acqua e un suo risparmio e rivedere
il ruolo dell’agricoltura nell’ambito della manutenzione del
territorio.
I Consorzi di Bonifica, che potrebbero in quest’ottica
essere chiamati “Consorzi per la gestione dell’acqua nel
territorio”, avrebbero un ruolo fondamentale per
promuovere una gestione sostenibile e un controllo
diffuso del territorio in chiave ecologica.
La direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE
Questa norma obbliga alla protezione delle acque di
superficie, di transizione, costiere e sotterranee,
attraverso l’ottimizzazione degli usi e promuovendo
l’integrazione delle diverse normative. In particolare,
viene rilanciata la necessità di gestire la risorsa
attraverso una “pianificazione di bacino idrografico”
basata sulla rinaturalizzazione degli ecosistemi, sul
governo delle acque integrato, e sui principi di
prevenzione, precauzione e solidarietà, considerando il
territorio in cui avviene il ciclo delle acque e non solo i
confini amministrativi di province, regioni o stati.
La trasparenza e il coinvolgimento degli enti pubblici
(Autorità di bacino, Regioni, Province, Comuni, ATO) e
dei soggetti coinvolti nei processi di gestione delle acque
(Associazioni di categoria, Consorzi di bonifica,
associazioni ambientaliste, sportive, culturali) costituisce
il fondamento per l’attuazione della direttiva.
L’obiettivo della Direttiva è di raggiungere un “buono
stato delle acque superficiali” entro il 2015, avendo come
riferimento dei parametri standard di tipo ecologico,
idrologico e chimico-fisico.
30. 30
IL PROGETTO VIDEO: OBIETTIVI E METODO
a cura di Murielle Drouille
Il video s'iscrive in un progetto
sperimentale finalizzato allo
svolgimento di una ricerca
partecipata e pluridisciplinare
videofilmata con il
coinvolgimento diretto dei
ragazzi. L'obiettivo iniziale era
quello di realizzare un docu-
fiction per migliorare la
conoscenza del fiume Piave e
delle aree naturali circostanti
nonchè di sensibilizzare sul
valore della risorsa acqua.
Si è quindi cercato di studiare e
rappresentare il territorio del
corso medio del Piave sotto
molteplici aspetti (la
geomorfologia, il paesaggio, la
fauna, i biotopi, l'acqua...)
integrando la conoscenza
tecnica con quella comune.
La partecipazione di Cosmin, il ragazzino rumeno
residente nel trevigiano, ha consentito di accennare
all’importanza dell’integrazione dei minori stranieri. Si
ricorda che il Veneto è la seconda regione in Italia per
numero di immigrati e la presenza dei minori stranieri in
Provincia di Treviso raggiunge il 25% ne consegue una
forte crescita degli alunni stranieri nelle scuole.
I destinatari del video sono gli studenti delle scuole del
primo grado (classi Vª elementare) e del secondo grado
(classi Iª, IIª, IIIª media), pertanto la messa in scena dei
31. 31
ragazzi facilita l'identificazione degli studenti nei confronti
dei tre protagonisti e del loro percorso educativo e
sensoriale che li porta a scoprire il Piave passeggiando,
giocando e incontrando degli esperti.
Il soggetto e la sceneggiatura
Le scene iniziali e finali sono ambientate nelle scuole, ma
il documentario si sviluppa negli ambiti del corso medio
del Piave; collegamenti visivi e didascalici sulle aree del
veneziano e del bellunese sono utilizzati per
ricomprendere l’intero bacino idrografico.
La storia mostra paesaggi e ritmi diversi, caratterizzati
dalla mobilità lenta di Venezia, dall'accellerazione degli
spostamenti in automobile nel trevigiano, dalla quiete dei
paesaggi del Piave.
La sceneggiatura è stata progressivamente integrata
durante la ricostruzione e l'analisi delle interviste in modo
tale da collegare tra loro le interviste e fare emergere le
criticità e le risorse dei luoghi realizzando un racconto
che legasse con una sequenza logica-temporale i
contenuti scientifici e culturali delle interviste per
sviluppare l'avanzamento della ricerca compiuta sul
campo dai ragazzini.
La narrazione è di volta in volta introdotta dalla voce fuori
campo di Charlotte, la ragazzina veneziana, che mette in
scena gli esperti che intervengono incrementando la
conoscenza del fiume.
Alcune scene sono state implementate sul momento con
la collaborazione degli intervistati e/o altri soggetti
incontrati per caso come “Renata” la trevigiana, il
ragazzo veneziano o i turisti tedeschi nella scena
ambientata a Negrisia (vd. scena…).
Il soggetto si basa su alcune linee guida:
32. 32
• La mobilità (veloce / lenta).
• L’acqua ed il fiume come risorse vitali.
• I ragazzi protagonisti dell’ambiente.
• Le vacanze scolastiche estive (giugno / settembre).
• Il contrasto e la ricchezza esistente tra i paesaggi del
trevigiano.
• I diversi tipi di conoscenza, quella scientifica, e quella
dell’esperienza sul campo e l'apprendimento di tipo
pluridisciplinare.
• La molteplicità dei luoghi attraverso cui avviene la
conoscenza (scuola, università, biblioteca, centro di
educazione ambientale...) e le sue diverse modalità
(libri, internet, interviste, passeggiate, esplorazioni sul
campo...)
• L’uso delle nuove tecnologie da parte dei ragazzi (PC,
IPod, cellulare) utilizzate per la comunicazione, lo
studio e lo svago.
• La presenza e l'integrazione socio-culturale dei minori
stranieri nel Veneto.
Le interviste e le ambientazioni
Auto-interviste e interviste semistrutturate
In molti casi si richiedeva all’esperto di preparare una
sintesi dei contenuti dell’intervista per fare emergere le
2/3 domande alla base del proprio intervento; le
domande venivano poi implementate durante lo
svolgimento dell’intervista; veniva inoltre richiesto
l’utilizzo di un linguaggio semplice per facilitare la
comprensione dei temi trattati. L'intervista durava in
media 30 minuti; successivamente, a seguito della
sbobinatura e della ricostruzione dei testi, selezionavo
2/3 minuti costituiti da alcune frasi chiave da riprendere
nel documentario. In fase di montaggio le scene sono
state viste da alcuni ragazzi che hanno verificato
33. 33
l’efficacia del filmato e dei suoi contenuti, suggerendo
eventuali integrazioni e correzioni.
La scelta degli elementi da riprendere veniva
generalmente indicata dall'esperto durante l'intervista; in
seguito si realizzava un box di immagini che veniva poi
collegato all'intervista in fase di montaggio, attraverso la
sbobinatura/ricostruzione delle interviste, l’insermento
delle fotografie e la realizzazione delle didascalie.
Le ambientazioni
La scelta del luogo in cui svolgere l’intervista era
effettuata dall'esperto a seconda dell'argomento trattato,
ma nei limiti di una lista predefinita di ambiti naturalistici
situati nel corso medio del Piave.
R. Loro (qualità acque, habitat)
F. Pozzobon (bosco igrofilo,
oasi Codibugnolo)
G. Barbieri (paesaggio)
F. Pozzobon (magredo)
A. Piovesan
(geomorfologia)
R. Loro
(escavazione)
E. Romanazzi (migrazione anfibi)
LIPU (garzaia Pederobba)
M. Marchi (vimini)
F. Scarabel
(Piave ieri/oggi)
34. 34
Gli esperti e i testimoni privilegiati intervistati
I soggetti sono stati selezionati dal WWF sezione Veneto
e da Legambiente Circolo Piavenire di Maserada.
Andrea
Agapito
responsabile
progr. acque
WWF Italia
La risorsa idrica
Gian Pietro
Barbieri
associazione La
Dura Madre
Il paesaggio
Luigino
Ghedin
Gis e vertenze
territ. WWF Italia
I biotopi del Piave
Pier Francesco
Ghetti
Univ. Cà Foscari,
prof. scienze
ambientali
Metodo per
studiare un fiume
36. 36
Fiorenzo
Scarabel
ex-cavatore
pensionato
Il/la Piave
Ieri / oggi
Analisi dei dati e delle interviste
Le problematiche emerse
• Mancanza dell'acqua in estate; troppi prelievi idrici.
• Abbassamento del livello idrico del fiume.
• Escavazione nell'alveo.
• Inquinamento dell'acqua in determinati luoghi.
• Conoscenza e gestione settoriale e frammentaria del fiume
e delle risorse naturali.
• Occupazione golenale e rischio idrogeologico.
• Assenza di governance a scala di bacino idrografico.
• Sistema ambientale in equilibrio fragile.
• Infrastrutturazione, campagna urbanizzata, consumo del
suolo, perdita di aree umide, impoverimento della
biodiversità ed estinzione di alcune specie.
• Agricoltura invasiva ed impattante.
• Scarsa sensibilizzazione ed educazione in materia di
ambiente fluviale.
• Scarsa conoscenza e tutela delle aree di interesse
naturalistico.
• Scarsa frequentazione del Piave e perdita dell'identità
culturale del fiume.
• Cambiamenti climatici ed ambientali.
37. 37
Linee guida per la ricostruzione delle interviste
• Lo studio del fiume attraverso quattro dimensioni
(trasversale, verticale, longitudinale e temporale).
• L'importanza di un approccio globale partecipativo e
pluridisciplinare a scala di bacino idrografico.
• Usi, sprechi e conflitti gestionali (le centrali idroelettriche, le
attività industriali, l’agricoltura con sistemi d’irrigazione poco
efficienti e le coltivazioni nell’alveo).
• Lo sfruttamento e l'artificializzazione del fiume (prelievi
idrici, escavazione); l'approccio ingegneristico a scapito
dell'approccio ecologico. L'impoverimento fisico dell’alveo
(ridotto e canalizzato).
• L’infrastrutturazione territoriale ed il consumo di suolo.
• La scarsa qualità dell’acqua in alcuni tratti del fiume.
• Il paesaggio: una richezza territoriale a rischio di
impoverimento, la perdita del ruolo culturale ed identitario
del paesaggio naturale.
• Ia perdita della funzione storica-culturale del Piave come via
di comunicazione tra i monti e il mare; l’indebolimento del
suo ruolo di corridoio ecologico, come luogo di passaggio,
migrazione e riproduzione della fauna.
• La ricchezza delle aree naturalistiche del corso medio del
Piave, malgrado la loro costante riduzione; il rapporto
cruciale tra il fiume e le aree circostanti e l’importanza della
biodiversità.
• La necessità di creare una rete di corridoi ecologici attorno
al fiume e di tutelare le zone umide ricche in biodiversità.
• L'imprevidibilità del Piave; le difficoltà nel valutare sia le
conseguenze delle sue manifestazioni estreme (le piene)
che le conseguenze inerenti gli interventi umani.
• Il dilemma conservare/valorizzare: per chi, come?
L'assenza di scenari condivisi.
• L’interconnessione tra i cambiamenti climatici/ambientali
degli ultimi 20 anni e la scomparsa di specie faunistiche e
floristiche.
• La scarsa considerazione/integrazione delle risorse
floristiche e faunistiche nella pianificazione territoriale.
38. 38
Principali riferimenti bibliografici
AA.VV., Il conflitto dell’acqua, Il caso Piave, atto
secondo, CIESSE, 2009.
WWF Italia sezione Veneto, Progetto Plavis,
monitoraggio ambientale del medio-basso corso del
fiume Piave, Venezia 2004.
Circolo Piavenire Legambiente, Guida al percorso
storico-naturalistico dell'Oasi di Codibugnolo a Salettuol
di Maserada sul Piave, 2004.
Scoccianti C., Amphibia: aspetti di ecologia della
conservazione, G. Persichino, Firenze, 2001.
Zanetti M., Il Piave fiume vivente. Ambiente, flora, fauna
del basso corso, Nuova Dimensione, 1995.
AA.VV., Il Piave, Cierre edizioni, 2000.
DVD
Progetto Piave, Rete intercomunale di coordinamento,
Istituto Domege di Cadore, 2009.
Zattere e zattieri, Comunità montana Cadore
Longaronese Zoldo, programma regionale Leader+.
Sitologia
http://home.tele2.it/piavenire
http://www.acquabenecomunebelluno.info
http://www.lacveneto.it
http://www.legambienteveneto.it
http://www.lipupedemontanatrevigiana.it
http://www.magicoveneto.it
http://www.museozattieri.it
http://www.webdolomiti.it
http://www.wwf.it/acque
39. 39
Glossario
ALVEO porzione di terreno occupato da un corso d'acqua
ANTROPIZZATO modificato ad opera dell'uomo
BIODIVERSITA’ varietà di specie animali e vegetali presenti in un
ecosistema
BIOTOPO area in cui vive una determinata specie animale e
vegetale in simbiosi con l'ambiente circostante
ECOSISTEMA sistema complesso formato da organismi che
vivono in un determinato ambiente
ECOTONO ambiente di transizione tra due ecosistemi
EROSIONE insieme delle azioni naturali che portano alla
disgregazione e alla demolizione della superficie
terrestre
ESONDAZIONE fenomeno che si verifica quando il fiume esce dagli
argini e l'acqua si riversa nelle zone circostanti.
FAUNA le specie animali presenti in un territorio
FLORA le specie vegetali, spontanee, naturalizzate o
coltivate, presenti in un territorio
FOCE punto dove un fiume sfocia in un'altra massa
acquatica
GEO
MORFOLOGIA
scienza che studia la morfologia della superficie
della Terra, cioè le forme che costituiscono il rilievo
del territorio
HABITAT Insieme delle condizioni ambientali in cui vive una
data specie di animali o piante
LANCA braccio abbandonato di un fiume; stagno a forma di
mezzaluna che si forma in un meandro di fiume
isolato
MACRO
INVERTEBRATI
organismi presenti nelle acque correnti, facilmente
visibili ad occhio nudo
RIPARIO che vegeta presso le sponde di un fiume
SORGENTE punto della superficie terrestre dove viene alla luce,
in modo naturale, l’acqua sotterranea dando origine
a un corso d’acqua
ZONA UMIDA area caratterizzata dall’abbondante presenza
d’acqua liquida in condizioni naturali
Tratto dalla “Guida al percorso storico- naturalistico, dell’oasi di Codibugnolo a Salettuol di
Maserada sul Piave”
40. 40
Produzione
WWF Italia, sezione WWF Veneto
con la collaborazione di Legambiente, Circolo Piavenire di Maserada
Referente acque e resp. progetto Piave WWF Veneto
Giustino Martignago
WWF Sezione Veneto - via Bonaiuti 38 - 30171 Venezia Mestre
tf 041 971384
veneto@wwf.it, www.wwf.it/veneto
Responsabile programma Acque WWF Italia
Andrea Agapito Ludovici
WWF Italia - via Orseolo, 12 - 20144 Milano
t 02 83133223, f 02 83133202
a.agapito@wwf.it , www.wwf.it/acque