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Classe 3 C LAM Liceo Artistico Audiovisivo Multimediale
L’ULTIMA MOSSA
SCENEGGIATURA CONCORSO
PROLOGO
La scena si apre su una grande scacchiera: da una parte sono schierati i personaggi, vestiti di
bianco; dalla parte opposta una schiera di sagome nere.
Entra un uomo: si ferma davanti alla scacchiera e la osserva assorto. Poi si rivolge al pubblico:
“Nella vita accade come nel gioco degli scacchi: noi abbozziamo un piano, ma esso è condizionato
da ciò che si compiacerà di fare nel gioco degli scacchi l'avversario, nella vita il destino.”
… Bella è? No… non è mia… è di Schopenhauer… lo conoscente, no? Il famoso, il grande filosofo…
Ebbene, direte, questa scacchiera sarebbe una metafora del gioco della vita? Può darsi…
O forse, per una volta, noi comuni mortali, noi gente ordinaria, semplici lavoratori, ci
permetteremo di contraddire i grandi filosofi. Per noi la vita non è un gioco. Non è il destino a
condizionare i nostri errori. Sono i nostri errori a condizionare il nostro destino.
Pausa. Si volta a guardare nuovamente la scacchiera, poi di nuovo il pubblico.
E gli errori sono tutti là, sulla scacchiera in attesa di essere fatti.
Buio.
Scena 1
STORIA DI ANTONIO
Entra in scena una donna con una sedia a rotelle, seguita da un fascio di luce, e si avvicina alla schiera
bianca per far prendere posto sulla sedia a un giovane uomo. Lo aiuta a sistemarsi e lo conduce al
centro del palco. Poi si sposta nell’ombra. La luce resta fissa sul giovane. Antonio comincia a parlare.
Antonio: Una storia di un incidente sul lavoro finisce raramente sui giornali o addirittura in
televisione. All’epoca non ero neanche maggiorenne. A diciassette anni ero già indipendente grazie
allo stipendio di una ditta. Lavoravo in una squadra da otto, quattro ragazzi della mia stessa età e
quattro uomini più anziani, gli esperti, i capi...
Lancia uno sguardo distratto alla schiera nera. Fa una pausa, poi riprende.
Quel giorno il capo mi disse prendi il muletto e sistema quelle cisterne li. Io quel grosso e strano
macchinario “il muletto” non l’avevo mai utilizzato, ma in quel momento c’ero solo io, il muletto, la
cisterna da sistemare, la mia dannata voglia di tenermi quel lavoro, di dimostrare quanto ero bravo,
quanto ero capace, quanto ero grande… e poi il buio. Quando riaprii gli occhi la prima cosa che
pensai fu ora cosa penseranno i miei genitori, come reagiranno a vedermi qui per terra pieno di
sangue, in quel momento non pensavo a me stesso ma alla mia famiglia, ai colleghi che urlano e
all'ambulanza che si avvicinava.
Suoni lontani di sirene, grida, trambusto, che gradualmente si spengono
“Un anno in ospedale” più di quanto era durata l’esperienza in azienda. Sorride con amarezza.
Non camminerai più una sentenza pesantissima per qualsiasi persona immaginiamo per un ragazzo
di diciassette anni che non potrà più utilizzare le sue gambe. . Durante quell’anno di ospedale il mio
datore di lavoro non è mai venuto a trovarmi e non mi ha neanche mandato una dannata lettera.
Avrei preferito vedere quel buio per sempre. Era tutto nuovo, è vero, ma era come se fossi nato per
la seconda volta. La vita davanti a noi ci mette tanti ostacoli a volte più grandi di noi, un po’ come è
successo a me. Non mollate mai anche quando vi sembra tutto finito, circondatevi delle persone
giuste di persone che vi tendono la mano anche quando è tutto nero. Io sono stato fortunato ho
avuto una donna che mi ha sempre teso la mano e ora abbiamo due figli. Prende la mano della
donna accanto a lui. Insieme abbiamo denunciato e ora i miei giovani colleghi non rischiano la vita,
come è successo a me.
La sicurezza non è un gioco.
La donna lo accompagna vicino alla schiera nera: con un colpo secco Antonio capovolge una delle
sagome. Quindi la donna lo riaccompagna al suo posto, in cui resta, seduto sulla sedia a rotelle.
Scena 2
SEI SICURO?
La scena si illumina su un tavolo sul quale sono sparsi i pezzi di un puzzle, mentre due figure
femminili sono intente a costruirlo. Dalla schiera bianca si stacca la figura di Luca, un giovane sui
vent’anni, che si fa avanti.
Angela- Vai a lavarti prima di sederti a tavola.
Luca sbuffando si alza e cammina verso Angela. Poggia una busta di soldi sul tavolo
Luca- Tieni... ho avuto solo questi oggi.
Angela- Dovrebbero bastare per questo mese e a tua sorella serve anche uno zaino nuovo.
Luca- Farò di più.
Noemi- Finito!!
Angela- dai andiamo ad appenderlo in camera
Luca esce di scena seguito poco dopo da Angela e Noemi. La scena si illumina nuovamente, tre
panche sono poste al centro della scena.
Andrea- Ma perché non arriva quel disgraziato, non se ne può più la prossima volta lo mando
via...pausa.. c'è una fila di persone che vorrebbe il suo posto e lui si prende la briga di arrivare in
ritardo.
Entra in scena Luca affannato
Gaetano- Era ora… vuoi anche un caffè?
Luca- Scusate il ritardo non sto bene ultimamente
Andrea- (bisbigliando verso Gaetano) Adesso vedrai che ti chiederà anche di andare in malattia
Luca prende gli attrezzi e inizia a lavorare. Entra in scena Alessandro che aiuta Luca nel lavoro
Alessandro- Lù fai attenzione alle scarpe
Luca si abbassa e si allaccia le scarpe
Luca- Ale ma il casco non ce l'hai?
Alessandro - è già tanto che ho un lavoro adesso anche il casco?
Luca- prendi il mio ne ho due
Alessandro- Ma sei sicuro?
Luca- Tieni dai !
Alessandro prende il casco e lo indossa
Alessandro- ma come si allaccia?
Luca- basta che lo indossi e siamo sicuri, qui passano spesso i controlli
Alessandro- Capisco...pausa… lavori da tanto qui?
Luca- più o meno, sono due mesi che aspetto il cont….
Luca cade dalla panca sbattendo la testa. Alessandro Andrea e Gaetano lo soccorrono spaventati
Andrea- oh Luca! Luca! spostiamolo
Gaetano e Andrea prestano soccorso a Luca mentre Alessandro chiama i soccorsi. La scena si
oscura.
In scena Angela e Noemi che si tengono per mano. A destra della scena è posto un tavolo. A
sinistra il corpo disteso di Luca.
Angela- Mio figlio si doveva laureare… doveva seguire i suoi sogni e lasciare questa casa, era solare
e spensierato, si… “era”.
Angela e Noemi camminano verso il tavolo dove una signora seduta le fa accomodare
Angela- Buongiorno, vorrei sporgere denuncia.
Buio sul tavolo. Luce sul corpo di Luca, che si rialza e si rivolge al pubblico.
La sicurezza non è un gioco.
Va verso una delle sagome nere e la capovolge. Poi torna al suo posto sulla scacchiera.
Buio.
Scena 3
TAPPETO A NIDO D’APE
La luce illumina un tavolo da lavoro su un grande tappeto a nido d’ape e due operai in tenuta
antinfortunistica alle prese col montaggio di un macchinario. Dalla schiera bianca si stacca Andrea
e si dirige verso il centro del palco. Procede a fatica, inciampando di quando in quando, a causa dei
tappetti a nido d’ape. Andrea raggiunge la postazione e aiuta gli altri due operai
Andrea: Quanto sono fastidiosi questi tappeti..
Collega: Tutti hanno fatto reclamo al capo ma nessuno muove un dito
Mentre lavora, Andrea prende un pezzo a un paio di metri dalla postazione e lo mette sul tavolo,
ma nel farlo si incastra la scarpa nel tappeto, non se ne accorge, e cade urlando e tenendosi il
ginocchio.
Buio.
In scena Andrea su un lettino di ospedale, un medico e il datore di lavoro.
Il medico controlla il ginocchio
Medico: C’è un problema con i tendini
ANDREA: quindi cosa dovrei fare?
DATORE: richiedi la malattia.
ANDREA: ma è infortunio…
DATORE: mettiti in malattia e poi vediamo.
Buio.
Andrea entra in scena zoppicando, appoggiato alla spalla di una giovane donna. Si avvicinano alle
sagome nere.
Donna: Non avere paura. Stai facendo la cosa giusta. Devi denunciare per te e per chi, come te,
potrebbe subire la tua stessa sorte.
Andrea: Hai ragione. (Rivolto al pubblico) La sicurezza non è un gioco.
Si avvicina a una delle sagome nere e la capovolge. Buio.
Scena 4
ALTA TENSIONE
Su un lato del palco un tavolo e una donna che prepara la colazione. Francesco si stacca dalla schiera
bianca e si avvicina al tavolo e afferra un muffin dandogli un morso. La donna, mentre si aggiusta i
capelli, si rivolge all’uomo preoccupata.
ROSA: Caro mi raccomando, non lavorare troppo che il turno di ieri ti ha distrutto. Ma guardati! Ti
si vedono le occhiaie. Ma è regolare fare due turni così ravvicinati? Non hai neanche avuto il tempo
di dormire!
FRANCESCO: Tranquilla amore. Le dà un bacio sulla testa.
FRANCESCO: Ci vediamo per l’ora di pranzo. Buona giornata.
Rosa si mette una giacca ed esce di scena. Buio.
La scena si accende nuovamente su Rosa che si lega i capelli per preparare il pranzo, affaccendandosi
attorno al tavolo. Sente bussare alla porta. Ha un’espressione turbata
ROSA: Come mai? Avrà dimenticato le chiavi di casa... Lo dico sempre io, è troppo stressato…
Apre la porta e vede due poliziotti.
ROSA: (turbata): Salve!
POLIZIOTTO: Salve signora.
ROSA: Cosa succede?
POLIZIOTTO: Signora… suo marito è rimasto coinvolto in un brutto incidente sul posto d lavoro…. E’
morto. Rosa ha gli occhi sbarrati, piange, si accascia sul pavimento. I poliziotti la aiutano a sedersi,
riprende fiato. ROSA: Com’è successo?
POLIZIOTTI: Beh ecco….
Buio sulla donna e i poliziotti. Luce dall’altra parte del palco, dove c’è Francesco, che sollecitato dal
datore di lavoro, afferra i primi guanti che trova, sale sul traliccio (ipotetica scala/finge i movimenti
di salita). Spostando gli isolatori, un cavo gli tocca la mano e muore folgorato. In sottofondo rumori
confusi.
Buio. La luce si riaccende solo su Rosa e i poliziotti
POLIZIOTTO: 360.000 Volts hanno trapassato il suo corpo….
ROSA: (voce tremante): Ok…
POLIZIOTTO: Ci dispiace tanto signora.
ROSA: Adesso dovreste andare.
Rosa li accompagna verso le quinte, ma a un tratto si ferma, si asciuga le lacrime
ROSA: No aspettate! Voglio sporgere denuncia…
Buio. La scena si accende sul corpo accasciato di Francesco che si rialza e si rivolge al pubblico
FRANCERSCO: La sicurezza non è un gioco.
Si dirige verso una delle sagome nere e la capovolge.
Scena 5
LA SARTA DI BAMBOLE
In scena una donna è seduta comodamente su un divanetto mentre sorseggia una tisana. Agnese si
stacca dalla schiera bianca, ha una mano fasciata e sembra farle molto male. Si dirige verso la
donna e prende posto accanto a lei.
Donna - Allora, mi spieghi che è successo? Come mai hai la mano bendata? E poi, ho sentito che il
capo dell’azienda in cui lavori è stato arrestato, come mai?
Agnese, leggermente nervosa, guarda la tazza con un dolce musetto sulle labbra.
Agnese- ricordi il progetto per la nuova bambola a cui stavo lavorando? (La donna annuisce)
Qualche mesetto fa, ero in ufficio e finalmente avevo ricevuto la macchina da cucire per cui avevo
fatto richiesta da tempo. C’era qualcosa che non andava, il macchinario faceva degli strani rumori
e la luce sopra l’ago era molto fioca. Ho pensato fosse una particolarità del modello, dato che non
ne avevo mai vista una simile.(si sente il rumore di una macchina da cucire in sottofondo) Invece a
quanto pare era difettata, e non appena l’ho accesa la mia povera mano è stata cucita insieme ai
tessuti. (il rumore della macchina aumenta di colpo e poi si stoppa)
La donna rimane in silenzio e si preoccupa per la ferita dell’amica.
Agnese- quando il capo è accorso, allarmato per il mio urlo, mi ha portata in pronto soccorso.
Mentre aspettavamo mi ha chiesto di non denunciare l’accaduto, ma di mettermi in malattia, in
modo tale da non compromettere l’immagine dell’azienda, in occasione di un’ imminente
ispezione dalla sede centrale. Ho acconsentito, dopotutto mi aveva dato la garanzia che i giorni di
malattia in più non avrebbero messo a rischio il mio posto, e anche perché in caso contrario
sicuramente mi avrebbe licenziata o mi avrebbe tolto il progetto.
La donna arrabbiata salta in piedi.
Donna: Ma non è giusto!
Agnese- (annuendo) non ero informata su ciò che davvero dovessi fare. Dopo due mesi ancora non
ero in grado di muovere la mano, e dopo l’ispezione il capo mi ha chiaramente dichiarato di
volermi licenziare per i troppi giorni di malattia. Mi ha fatto arrabbiare molto e ho fatto ricerche
per capire ciò che fosse meglio fare. All’inizio ho provato a persuaderlo, a convincerlo che sarei
guarita presto, poi mi sono arresa e finalmente ho deciso di denunciarlo.
La donna sorride e applaude all’amica.
Donna- bravissima, sei stata molto coraggiosa e hai fatto ciò che era giusto. E ora?
Agnese sorride contenta.
Agnese- ho vinto la causa, sono stata risarcita e ho ricevuto anche una promozione. Adesso posso
partecipare a tutti i progetti per i nuovi giocattoli e mi occupo anche della sicurezza dei miei
sottoposti, facendo fare loro corsi e accertandomi che tutto sia a regola e sicuro. La sicurezza, cara
amica, non è un gioco…
Agnese si alza e si dirige verso la schiera nera e capovolge una sagoma. Poi lentamente riprende
posto nella schiera bianca
Scena 6
VIAGGIO SOLA ANDATA
Ugo, 64 anni, si stacca dalla schiera bianca. È un uomo di statura media, calvo con i peli del naso
grigi, è vestito tutto di bianco, e ha una pettorina catarifrangente anch’essa bianca.
Ugo alza lo sguardo al cielo e dopo un lungo sospiro si guarda intorno e con le mani tocca il suo
viso per controllare i peli del naso
Ugo: Accidenti sono davvero lunghi, ( ne prende uno in mano e cerca di tirarlo) ahia! Non se ne
vuole proprio venire questo bastardo!
Fallisce e chiude gli occhi
Ugo : Sono nato a Torino, pioveva quel giorno, appena nato il medico mi fece cadere e per colpa
sua ho ancora la narice destra più piccola della sinistra,... mia madre era troppo distratta dal parto
di mio fratello gemello così non se ne accorse, fu meglio per il medico, conoscendo mia madre
neanche dopo il parto si sarebbe risparmiata due ceffoni….
Ugo si guarda di nuovo intorno e tocca di nuovo il pelo del naso
Ugo : Avevo una fidanzata: … Maria! La conobbi a 20 anni, sia io che lei non avevamo ancora avuto
esperienze, mio fratello a quell’età invece aveva già fatto strage di cuori….. (sospiro) Mi manca….
chissà se ha trovato un posto di lavoro? Era un pigrone.
Ugo si tira un altro pelo
Ugo : uh.. non lo ricordavo! Io e Maria ci siamo sposati! Abbiamo vissuto a lungo in campagna fino
a quando io ho iniziato a lavorare nelle ferrovie e fummo costretti a trasferirci in città.
Ugo si tira un altro pelo
Ugo : Ora ricordo: mi stavo tirando un pelo del naso!...... (triste) mentre stavo sul mezzo di
manutenzione insieme ai miei colleghi, un altro mezzo ci è venuto incontro e ci ha tamponati, non
so come sia potuto succedere, di solito l’organizzazione dei mezzi ci tutelava, ma questa volta no!
Dopo il tamponamento siamo caduti giù, i miei colleghi sono rimasti feriti ma io ero troppo
vecchio per sopravvivere, cademmo dal mezzo poi rotolammo giù , i binari erano in collina quindi
continuai rotolare….. fino a quando una roccia mi ha fermato e l’impatto mi ha ucciso.
Ugo : Non so chi sia stato a non fare attenzione,... a metterci in rotta sullo stesso binario, ma
Maria ha denunciato. La sicurezza non è un gioco.
Si dirige verso la schiera nera e capovolge una sagoma. Poi ritorna a prendere posto nella schiera
bianca.
Scena 7
VOLARE
Roberto si stacca dalla schiera bianca e si porta al centro della scena; si mostra agitato, fa avanti e
indietro in preda a sensi di colpi, si stringe la testa con le mani e delle lacrime percorrono il suo
viso.
Roberto - (con voce rassegnata) Non posso permettermi neanche di comprare un giocattolo per
Natale ai miei figli… mi odiano, mi odierei anche io…
Roberto consulta nervosamente il telefono.
Roberto – Ancora nulla… eppure mi avevano detto che mi avrebbero fatto sapere entro questa
settimana… Ah ecco, un altro annuncio… (speranzoso) Provarci non costerà nulla..
Entra in scena la moglie, tutta esultante. Stringe tra le mani una lettera.
Moglie: Guarda, guarda… È arrivata! Ti hanno assumono! Siamo fieri di te!
Roberto prende in mano la lettera con le lacrime agli occhi
Roberto - Ce l’ho fatta! Ora posso realizzare ogni vostro desiderio! Inizierò domani.
Buio. Quando il palco si illumina, sulla scena Roberto, il Capo e un altro operaio, Marco, in tenuta
da lavoro.
Capo - Buongiorno e benvenuto nella mia azienda. È pronto ad iniziare?
Roberto - (sicuro di sè) Buongiorno! Sono nato pronto.
Capo - Bene, come prima cosa, passa questa tessera quando entri e quando esci dall’azienda così
da confermare la tua presenza. Questo invece è il tuo abbigliamento e la tua attrezzatura.
Capo – Lui è Marco, ti mostrerà le tue mansioni.
Marco - Provvedo subito. Roberto seguimi.
Roberto affascinato sale su un’impalcatura e osserva attentamente ogni suo passo e ogni punto
dell’azienda visibile da quella prospettiva. Arrivati in cima
Marco - Questo è un punto strategico: puoi lavorare ma anche osservare che tutti svolgano il
proprio lavoro!
Roberto si avvicina alla soglia dell’impalcatura con un senso di libertà. Sospiro profondo. Buio.
Quando il palco si illumina, Roberto è disteso sull’impalcatura privo di sensi. Rianimato da Marco si
riprende e guarda verso il basso dell’impalcatura.
Roberto - (preoccupato) Perché non viene utilizzato nessuno strumento, nessuna protezione in
modo da salvarsi se si perde l’equilibrio e si cade giù??
Capo - (ridendo - simpatico) Cosa credi che i soldi cadano dal cielo?
Roberto - Beh neanche i lavoratori dovrebbero cadere dal cielo…
Buio. Roberto illuminato, solo sul palco. Rivolto al pubblico
La sicurezza non è un gioco
Roberto si dirige verso la schiera nera e capovolge una sagoma. Buio
Scena 8
MOSTRO DI FUOCO
Il narratore rientra in scena. La luce illumina solo lui, al centro del palco.
Narratore: Ed eccoci alla fine di questa partita, signori. Una partita in cui non ci sono vincitori né
vinti. Il lavoro non è una scommessa. Il lavoro è un diritto. Lo sanno bene (la luce illumina la
schiera bianca) Antonio, Luca, Andrea, Agnese, Francesco, Ugo, Roberto (li indica uno a uno).
E lo sa lui, Marco (l’ultimo personaggio si stacca dalla schiera bianca e si porta al centro della
scena, seguito dal fascio di luce).
Questa è la sua storia. Un uomo… (un sospiro) un grande uomo di 36 anni, innamorato di sua
moglie Rosa e dei suoi due figli. Alessia, 13 anni, e Paolo, 11.
Mentre il narratore parla, a lato del palco si illumina il tavolo e un interno di cucina; entrano in
scena Rosa, Alessia e Paolo e con Marco prendono posto intorno al tavolo
Narratore (avvicinandosi ai personaggi): Una casa, piccola, fredda, un po’ umida. Una casa del
quartiere Tamburi di Taranto. (Si ferma improvvisamente) Una vista sul mare cristallino? No! Basta
aprire i loro occhi: il grande mostro di fuoco è lì… (indicando uno schermo posto sullo sfondo, su cui
viene proiettata un’immagine dell’Ilva) davanti a loro. E’ pronto a consumarli vivi. È qui che lavora
Marco! Duramente, tutti i giorni; è qui che Marco rischia la propria vita per guadagnare quei pochi
spiccioli, per crescere i suoi due figli. Questo è il pane per loro, la causa di ogni male.
Buio. Il narratore rimane nell’angolo a sinistra del palco.
Luce dall’alto sul narratore che rimane fermo in un angolo a sinistra. Fiamme sullo schermo. Marco
esegue le azioni mentre il narratore racconta. Rosa e i figli restano seduti al tavolo nell’ombra,
immobili.
Narratore – Ennesima giornata di lavoro sta per concludersi per Marco. Il suo orologio da polso
segna le 14:00. E’ arrivato per lui il momento di tornare a casa e godersi il pomeriggio di un sabato
primaverile con la famiglia. È nella sala di controllo, primo piano, conserva i documenti in un
armadietto che chiude a chiave e si dirige verso l’appendi abiti. Lascia la giacca con cui lavora e
prende il suo cappotto.
Scoppio improvviso.
Marco – Cosa è stato? Ma Giacomo non era sceso nel settore dei forni? (spalanca gli occhi)
Noooo! Giacomo è bloccato lì!
Narratore – Marco prende tuta di sicurezza, casco e guanti nell’armadietto accanto a lui. Indossa
tutto. Corre veloce per le scale.
Comparsa di fiamme alte sullo schermo. Sul palco tre tubi e una nube di gas (nebbia).
Narratore – Il gas impedisce a Marco di trovare il suo amico e collega Giacomo. Inutili le sue grida.
Marco – (grida disperato) Giacomooo! (colpi di tosse) Giacomoooo! Rispondimiii! (mentre
tossisce, grida e piange) Ti pregoooo!!!
Narratore – Anche Marco è svenuto, su quello squallido e acido pavimento. La giornata si è
trasformata in un incubo.
Buio sul narratore. Fumogeni invadono la scena. La nube di gas si fa sempre più intensa, fiamme
sullo schermo. Buio.
La luce si riaccende sul tavolo a lato della scena. Qui c’è Rosa, con i suoi due figli, Paolo e Alessia.
Rosa – Paolo, potresti prendermi il sacco di patate … (mentre indica) lì sul tavolo?
Paolo prende il sacco di patate sul tavolo e le passa alla mamma.
Paolo – Ecco mamma.
Rosa – (con un sorriso sul volto) Grazie tesoro.
Squilla il telefono fisso.
Rosa – (pensando) chi sarà?! Alessia, potresti prendere e passarmi il telefono?
Alessia prende il telefono e lo passa alla mamma. La mamma risponde.
Rosa – Buon pomeriggio. Sì… mi dica. Cosa succede? COSAAA?!
Rosa trema molto. Respira con fatica. Il telefono le cade dalla mano. Buio.
Le luci dall’alto sul narratore si riaccendono. Sfondo di una parete della camera 25 d’ospedale dal
lato opposto del palco rispetto al tavolo. Rosa è su una sedia, vicino il marito. Il narratore rientra.
Narratore – Rosa stringe la mano del marito, la bagna delle sue lacrime. Rosa si sente soffocare.
Vorrebbe strapparsi quel cuore che le batte fortissimo. (indica il pubblico con il dito, da sinistra a
destra) Questo è Amore, che da quegli occhi rossi e pieni di lacrime le sta divorando il cuore
fragile.
Dalla porta della camera 25 dell’ospedale entra la dottoressa. Rosa si alza dalla sedia vicino al
marito e si dirige verso la dottoressa.
Rosa – (in lacrime) Dottoressa, cosa è successo?
Dottoressa – (le accarezza il braccio) Dispiace darle questa notizia ma… suo marito soffre di
leucemia. Dobbiamo proseguire con la terapia intensiva.
Rosa continua a piangere.
Dottoressa – Nel primo pomeriggio è accaduto un incidente nel settore dei forni dell’Ilva. È
scoppiato un incendio e in questo settore dei forni era rimasto vittima un collega di suo marito. Da
uomo coraggioso e con le attrezzature di sicurezza è andato a cercare il suo collega. Ha però
respirato troppo fumo, troppo gas, troppe polveri sottili in questi anni ed è svenuto. Ha perso i
sensi. Il suo amico è morto e suo marito è qui, a lottare e … (mentre stringe le mani di Rosa) suo
marito è forte, è un grande combattente, uscirà vincitore da questa battaglia.
La dottoressa e Rosa si abbracciano. Buio
Luce dall’alto sul narratore che continua a raccontare. Rosa e Marco restano nell’ombra immobili,
Marco disteso nel letto di ospedale, Rosa al suo capezzale.
Narratore – Rosa, giorno dopo giorno, va in ospedale per visitare il marito. I dottori le dicono che
ogni giorno che passa il marito subisce un piccolo miglioramento. È questa, per Rosa, un
quadrifoglio in un pozzo. È questa, per Rosa, la speranza. (pausa) Ma quando sembrava arrivato il
momento di vedere un piccolo raggio di sole, seppur debole nel bel mezzo del buio, ecco che
arriva la tempesta, che porta via con sé tutti. Il marito è morto.
La luce illumina il letto di ospedale. Rosa si alza e copre il volto del marito col lenzuolo.
Narratore: Rosa è stanca, ma questa volta non perde tempo. Questa volta è decisa a sporgere
denuncia alla fabbrica. Nessuno può più restituire a Rosa suo marito, nessuno può più restituire ai
figli un papà. (si rivolge verso il pubblico) Amore è la tempesta, il cuore la nave, che con le
impetuose onde del mare e la forza del vento, spiazza tutti.
Il narratore rimane nell’angolo a sinistra del palco. Buio.
Le luci si riaccendono. Al centro una tomba con un mazzo di crisantemi e una foto di Marco. Alessia
e Paolo sono seduti ai lati della tomba, con la testa chinata, mentre piangono. Rosa cammina
intorno alla tomba del marito.
Rosa –Mi avete distrutta, piano piano, un’azione che farebbero solo i meschini come voi, che si
riempiono quelle misere tasche di denaro sporco. Anzi, ti darò del tu, perché non ti meriti il mio
rispetto. Tu sei uno di quelli che vivono solo di pezzi rettangolari di carta. Tu sei uno di quei grandi
signori che si fanno tanto imprenditori ma non valgono neanche una briciola raccolta per strada.
Sei tu che rovini la vita di centinaia e centinaia di donne, di centinaia e centinaia di famiglie. Sei
solo un codardo. Ecco cosa sei. Tu con questo mostro di fuoco hai fatto morire tanti di quegli
uomini, che non lo meritavano. Non mi fermerò fin quando non avrò giustizia per mio marito, per i
miei figli, per me e per tutti i lavoratori che ti porti sulla coscienza. Solo allora griderò “E’ FINITA”.
Rosa tocca la tomba del marito.
EPILOGO
Il narratore rientra in scena. La luce illumina solo lui, al centro del palco.
Narratore – Ebbene sì signori. La sicurezza non è un gioco, la vita non è un gioco. Il destino non è
un gioco. Basta una mossa sbagliata e… scacco matto. La partita si chiude. Ma nella vita, come
negli scacchi, vince chi fa l’ultima mossa.
Si avvicina all’ultima sagoma nera e la capovolge. Si rivolge al pubblico
Narratore: Scacco matto
Buio.
SIPARIO

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52 Luxemburg Acquaviva delle fonti L'ultima mossa

  • 1. Classe 3 C LAM Liceo Artistico Audiovisivo Multimediale L’ULTIMA MOSSA SCENEGGIATURA CONCORSO
  • 2. PROLOGO La scena si apre su una grande scacchiera: da una parte sono schierati i personaggi, vestiti di bianco; dalla parte opposta una schiera di sagome nere. Entra un uomo: si ferma davanti alla scacchiera e la osserva assorto. Poi si rivolge al pubblico: “Nella vita accade come nel gioco degli scacchi: noi abbozziamo un piano, ma esso è condizionato da ciò che si compiacerà di fare nel gioco degli scacchi l'avversario, nella vita il destino.” … Bella è? No… non è mia… è di Schopenhauer… lo conoscente, no? Il famoso, il grande filosofo… Ebbene, direte, questa scacchiera sarebbe una metafora del gioco della vita? Può darsi… O forse, per una volta, noi comuni mortali, noi gente ordinaria, semplici lavoratori, ci permetteremo di contraddire i grandi filosofi. Per noi la vita non è un gioco. Non è il destino a condizionare i nostri errori. Sono i nostri errori a condizionare il nostro destino. Pausa. Si volta a guardare nuovamente la scacchiera, poi di nuovo il pubblico. E gli errori sono tutti là, sulla scacchiera in attesa di essere fatti. Buio. Scena 1 STORIA DI ANTONIO Entra in scena una donna con una sedia a rotelle, seguita da un fascio di luce, e si avvicina alla schiera bianca per far prendere posto sulla sedia a un giovane uomo. Lo aiuta a sistemarsi e lo conduce al centro del palco. Poi si sposta nell’ombra. La luce resta fissa sul giovane. Antonio comincia a parlare. Antonio: Una storia di un incidente sul lavoro finisce raramente sui giornali o addirittura in televisione. All’epoca non ero neanche maggiorenne. A diciassette anni ero già indipendente grazie allo stipendio di una ditta. Lavoravo in una squadra da otto, quattro ragazzi della mia stessa età e quattro uomini più anziani, gli esperti, i capi... Lancia uno sguardo distratto alla schiera nera. Fa una pausa, poi riprende. Quel giorno il capo mi disse prendi il muletto e sistema quelle cisterne li. Io quel grosso e strano macchinario “il muletto” non l’avevo mai utilizzato, ma in quel momento c’ero solo io, il muletto, la cisterna da sistemare, la mia dannata voglia di tenermi quel lavoro, di dimostrare quanto ero bravo, quanto ero capace, quanto ero grande… e poi il buio. Quando riaprii gli occhi la prima cosa che pensai fu ora cosa penseranno i miei genitori, come reagiranno a vedermi qui per terra pieno di sangue, in quel momento non pensavo a me stesso ma alla mia famiglia, ai colleghi che urlano e all'ambulanza che si avvicinava. Suoni lontani di sirene, grida, trambusto, che gradualmente si spengono “Un anno in ospedale” più di quanto era durata l’esperienza in azienda. Sorride con amarezza. Non camminerai più una sentenza pesantissima per qualsiasi persona immaginiamo per un ragazzo di diciassette anni che non potrà più utilizzare le sue gambe. . Durante quell’anno di ospedale il mio datore di lavoro non è mai venuto a trovarmi e non mi ha neanche mandato una dannata lettera. Avrei preferito vedere quel buio per sempre. Era tutto nuovo, è vero, ma era come se fossi nato per
  • 3. la seconda volta. La vita davanti a noi ci mette tanti ostacoli a volte più grandi di noi, un po’ come è successo a me. Non mollate mai anche quando vi sembra tutto finito, circondatevi delle persone giuste di persone che vi tendono la mano anche quando è tutto nero. Io sono stato fortunato ho avuto una donna che mi ha sempre teso la mano e ora abbiamo due figli. Prende la mano della donna accanto a lui. Insieme abbiamo denunciato e ora i miei giovani colleghi non rischiano la vita, come è successo a me. La sicurezza non è un gioco. La donna lo accompagna vicino alla schiera nera: con un colpo secco Antonio capovolge una delle sagome. Quindi la donna lo riaccompagna al suo posto, in cui resta, seduto sulla sedia a rotelle. Scena 2 SEI SICURO? La scena si illumina su un tavolo sul quale sono sparsi i pezzi di un puzzle, mentre due figure femminili sono intente a costruirlo. Dalla schiera bianca si stacca la figura di Luca, un giovane sui vent’anni, che si fa avanti. Angela- Vai a lavarti prima di sederti a tavola. Luca sbuffando si alza e cammina verso Angela. Poggia una busta di soldi sul tavolo Luca- Tieni... ho avuto solo questi oggi. Angela- Dovrebbero bastare per questo mese e a tua sorella serve anche uno zaino nuovo. Luca- Farò di più. Noemi- Finito!! Angela- dai andiamo ad appenderlo in camera Luca esce di scena seguito poco dopo da Angela e Noemi. La scena si illumina nuovamente, tre panche sono poste al centro della scena. Andrea- Ma perché non arriva quel disgraziato, non se ne può più la prossima volta lo mando via...pausa.. c'è una fila di persone che vorrebbe il suo posto e lui si prende la briga di arrivare in ritardo. Entra in scena Luca affannato Gaetano- Era ora… vuoi anche un caffè? Luca- Scusate il ritardo non sto bene ultimamente Andrea- (bisbigliando verso Gaetano) Adesso vedrai che ti chiederà anche di andare in malattia Luca prende gli attrezzi e inizia a lavorare. Entra in scena Alessandro che aiuta Luca nel lavoro Alessandro- Lù fai attenzione alle scarpe Luca si abbassa e si allaccia le scarpe Luca- Ale ma il casco non ce l'hai? Alessandro - è già tanto che ho un lavoro adesso anche il casco? Luca- prendi il mio ne ho due Alessandro- Ma sei sicuro? Luca- Tieni dai ! Alessandro prende il casco e lo indossa
  • 4. Alessandro- ma come si allaccia? Luca- basta che lo indossi e siamo sicuri, qui passano spesso i controlli Alessandro- Capisco...pausa… lavori da tanto qui? Luca- più o meno, sono due mesi che aspetto il cont…. Luca cade dalla panca sbattendo la testa. Alessandro Andrea e Gaetano lo soccorrono spaventati Andrea- oh Luca! Luca! spostiamolo Gaetano e Andrea prestano soccorso a Luca mentre Alessandro chiama i soccorsi. La scena si oscura. In scena Angela e Noemi che si tengono per mano. A destra della scena è posto un tavolo. A sinistra il corpo disteso di Luca. Angela- Mio figlio si doveva laureare… doveva seguire i suoi sogni e lasciare questa casa, era solare e spensierato, si… “era”. Angela e Noemi camminano verso il tavolo dove una signora seduta le fa accomodare Angela- Buongiorno, vorrei sporgere denuncia. Buio sul tavolo. Luce sul corpo di Luca, che si rialza e si rivolge al pubblico. La sicurezza non è un gioco. Va verso una delle sagome nere e la capovolge. Poi torna al suo posto sulla scacchiera. Buio. Scena 3 TAPPETO A NIDO D’APE La luce illumina un tavolo da lavoro su un grande tappeto a nido d’ape e due operai in tenuta antinfortunistica alle prese col montaggio di un macchinario. Dalla schiera bianca si stacca Andrea e si dirige verso il centro del palco. Procede a fatica, inciampando di quando in quando, a causa dei tappetti a nido d’ape. Andrea raggiunge la postazione e aiuta gli altri due operai Andrea: Quanto sono fastidiosi questi tappeti.. Collega: Tutti hanno fatto reclamo al capo ma nessuno muove un dito Mentre lavora, Andrea prende un pezzo a un paio di metri dalla postazione e lo mette sul tavolo, ma nel farlo si incastra la scarpa nel tappeto, non se ne accorge, e cade urlando e tenendosi il ginocchio. Buio. In scena Andrea su un lettino di ospedale, un medico e il datore di lavoro. Il medico controlla il ginocchio Medico: C’è un problema con i tendini ANDREA: quindi cosa dovrei fare? DATORE: richiedi la malattia. ANDREA: ma è infortunio…
  • 5. DATORE: mettiti in malattia e poi vediamo. Buio. Andrea entra in scena zoppicando, appoggiato alla spalla di una giovane donna. Si avvicinano alle sagome nere. Donna: Non avere paura. Stai facendo la cosa giusta. Devi denunciare per te e per chi, come te, potrebbe subire la tua stessa sorte. Andrea: Hai ragione. (Rivolto al pubblico) La sicurezza non è un gioco. Si avvicina a una delle sagome nere e la capovolge. Buio. Scena 4 ALTA TENSIONE Su un lato del palco un tavolo e una donna che prepara la colazione. Francesco si stacca dalla schiera bianca e si avvicina al tavolo e afferra un muffin dandogli un morso. La donna, mentre si aggiusta i capelli, si rivolge all’uomo preoccupata. ROSA: Caro mi raccomando, non lavorare troppo che il turno di ieri ti ha distrutto. Ma guardati! Ti si vedono le occhiaie. Ma è regolare fare due turni così ravvicinati? Non hai neanche avuto il tempo di dormire! FRANCESCO: Tranquilla amore. Le dà un bacio sulla testa. FRANCESCO: Ci vediamo per l’ora di pranzo. Buona giornata. Rosa si mette una giacca ed esce di scena. Buio. La scena si accende nuovamente su Rosa che si lega i capelli per preparare il pranzo, affaccendandosi attorno al tavolo. Sente bussare alla porta. Ha un’espressione turbata ROSA: Come mai? Avrà dimenticato le chiavi di casa... Lo dico sempre io, è troppo stressato… Apre la porta e vede due poliziotti. ROSA: (turbata): Salve! POLIZIOTTO: Salve signora. ROSA: Cosa succede? POLIZIOTTO: Signora… suo marito è rimasto coinvolto in un brutto incidente sul posto d lavoro…. E’ morto. Rosa ha gli occhi sbarrati, piange, si accascia sul pavimento. I poliziotti la aiutano a sedersi, riprende fiato. ROSA: Com’è successo? POLIZIOTTI: Beh ecco…. Buio sulla donna e i poliziotti. Luce dall’altra parte del palco, dove c’è Francesco, che sollecitato dal datore di lavoro, afferra i primi guanti che trova, sale sul traliccio (ipotetica scala/finge i movimenti di salita). Spostando gli isolatori, un cavo gli tocca la mano e muore folgorato. In sottofondo rumori confusi. Buio. La luce si riaccende solo su Rosa e i poliziotti POLIZIOTTO: 360.000 Volts hanno trapassato il suo corpo…. ROSA: (voce tremante): Ok…
  • 6. POLIZIOTTO: Ci dispiace tanto signora. ROSA: Adesso dovreste andare. Rosa li accompagna verso le quinte, ma a un tratto si ferma, si asciuga le lacrime ROSA: No aspettate! Voglio sporgere denuncia… Buio. La scena si accende sul corpo accasciato di Francesco che si rialza e si rivolge al pubblico FRANCERSCO: La sicurezza non è un gioco. Si dirige verso una delle sagome nere e la capovolge. Scena 5 LA SARTA DI BAMBOLE In scena una donna è seduta comodamente su un divanetto mentre sorseggia una tisana. Agnese si stacca dalla schiera bianca, ha una mano fasciata e sembra farle molto male. Si dirige verso la donna e prende posto accanto a lei. Donna - Allora, mi spieghi che è successo? Come mai hai la mano bendata? E poi, ho sentito che il capo dell’azienda in cui lavori è stato arrestato, come mai? Agnese, leggermente nervosa, guarda la tazza con un dolce musetto sulle labbra. Agnese- ricordi il progetto per la nuova bambola a cui stavo lavorando? (La donna annuisce) Qualche mesetto fa, ero in ufficio e finalmente avevo ricevuto la macchina da cucire per cui avevo fatto richiesta da tempo. C’era qualcosa che non andava, il macchinario faceva degli strani rumori e la luce sopra l’ago era molto fioca. Ho pensato fosse una particolarità del modello, dato che non ne avevo mai vista una simile.(si sente il rumore di una macchina da cucire in sottofondo) Invece a quanto pare era difettata, e non appena l’ho accesa la mia povera mano è stata cucita insieme ai tessuti. (il rumore della macchina aumenta di colpo e poi si stoppa) La donna rimane in silenzio e si preoccupa per la ferita dell’amica. Agnese- quando il capo è accorso, allarmato per il mio urlo, mi ha portata in pronto soccorso. Mentre aspettavamo mi ha chiesto di non denunciare l’accaduto, ma di mettermi in malattia, in modo tale da non compromettere l’immagine dell’azienda, in occasione di un’ imminente ispezione dalla sede centrale. Ho acconsentito, dopotutto mi aveva dato la garanzia che i giorni di malattia in più non avrebbero messo a rischio il mio posto, e anche perché in caso contrario sicuramente mi avrebbe licenziata o mi avrebbe tolto il progetto. La donna arrabbiata salta in piedi. Donna: Ma non è giusto! Agnese- (annuendo) non ero informata su ciò che davvero dovessi fare. Dopo due mesi ancora non ero in grado di muovere la mano, e dopo l’ispezione il capo mi ha chiaramente dichiarato di volermi licenziare per i troppi giorni di malattia. Mi ha fatto arrabbiare molto e ho fatto ricerche per capire ciò che fosse meglio fare. All’inizio ho provato a persuaderlo, a convincerlo che sarei guarita presto, poi mi sono arresa e finalmente ho deciso di denunciarlo.
  • 7. La donna sorride e applaude all’amica. Donna- bravissima, sei stata molto coraggiosa e hai fatto ciò che era giusto. E ora? Agnese sorride contenta. Agnese- ho vinto la causa, sono stata risarcita e ho ricevuto anche una promozione. Adesso posso partecipare a tutti i progetti per i nuovi giocattoli e mi occupo anche della sicurezza dei miei sottoposti, facendo fare loro corsi e accertandomi che tutto sia a regola e sicuro. La sicurezza, cara amica, non è un gioco… Agnese si alza e si dirige verso la schiera nera e capovolge una sagoma. Poi lentamente riprende posto nella schiera bianca Scena 6 VIAGGIO SOLA ANDATA Ugo, 64 anni, si stacca dalla schiera bianca. È un uomo di statura media, calvo con i peli del naso grigi, è vestito tutto di bianco, e ha una pettorina catarifrangente anch’essa bianca. Ugo alza lo sguardo al cielo e dopo un lungo sospiro si guarda intorno e con le mani tocca il suo viso per controllare i peli del naso Ugo: Accidenti sono davvero lunghi, ( ne prende uno in mano e cerca di tirarlo) ahia! Non se ne vuole proprio venire questo bastardo! Fallisce e chiude gli occhi Ugo : Sono nato a Torino, pioveva quel giorno, appena nato il medico mi fece cadere e per colpa sua ho ancora la narice destra più piccola della sinistra,... mia madre era troppo distratta dal parto di mio fratello gemello così non se ne accorse, fu meglio per il medico, conoscendo mia madre neanche dopo il parto si sarebbe risparmiata due ceffoni…. Ugo si guarda di nuovo intorno e tocca di nuovo il pelo del naso Ugo : Avevo una fidanzata: … Maria! La conobbi a 20 anni, sia io che lei non avevamo ancora avuto esperienze, mio fratello a quell’età invece aveva già fatto strage di cuori….. (sospiro) Mi manca…. chissà se ha trovato un posto di lavoro? Era un pigrone. Ugo si tira un altro pelo Ugo : uh.. non lo ricordavo! Io e Maria ci siamo sposati! Abbiamo vissuto a lungo in campagna fino a quando io ho iniziato a lavorare nelle ferrovie e fummo costretti a trasferirci in città. Ugo si tira un altro pelo Ugo : Ora ricordo: mi stavo tirando un pelo del naso!...... (triste) mentre stavo sul mezzo di manutenzione insieme ai miei colleghi, un altro mezzo ci è venuto incontro e ci ha tamponati, non
  • 8. so come sia potuto succedere, di solito l’organizzazione dei mezzi ci tutelava, ma questa volta no! Dopo il tamponamento siamo caduti giù, i miei colleghi sono rimasti feriti ma io ero troppo vecchio per sopravvivere, cademmo dal mezzo poi rotolammo giù , i binari erano in collina quindi continuai rotolare….. fino a quando una roccia mi ha fermato e l’impatto mi ha ucciso. Ugo : Non so chi sia stato a non fare attenzione,... a metterci in rotta sullo stesso binario, ma Maria ha denunciato. La sicurezza non è un gioco. Si dirige verso la schiera nera e capovolge una sagoma. Poi ritorna a prendere posto nella schiera bianca. Scena 7 VOLARE Roberto si stacca dalla schiera bianca e si porta al centro della scena; si mostra agitato, fa avanti e indietro in preda a sensi di colpi, si stringe la testa con le mani e delle lacrime percorrono il suo viso. Roberto - (con voce rassegnata) Non posso permettermi neanche di comprare un giocattolo per Natale ai miei figli… mi odiano, mi odierei anche io… Roberto consulta nervosamente il telefono. Roberto – Ancora nulla… eppure mi avevano detto che mi avrebbero fatto sapere entro questa settimana… Ah ecco, un altro annuncio… (speranzoso) Provarci non costerà nulla.. Entra in scena la moglie, tutta esultante. Stringe tra le mani una lettera. Moglie: Guarda, guarda… È arrivata! Ti hanno assumono! Siamo fieri di te! Roberto prende in mano la lettera con le lacrime agli occhi Roberto - Ce l’ho fatta! Ora posso realizzare ogni vostro desiderio! Inizierò domani. Buio. Quando il palco si illumina, sulla scena Roberto, il Capo e un altro operaio, Marco, in tenuta da lavoro. Capo - Buongiorno e benvenuto nella mia azienda. È pronto ad iniziare? Roberto - (sicuro di sè) Buongiorno! Sono nato pronto. Capo - Bene, come prima cosa, passa questa tessera quando entri e quando esci dall’azienda così da confermare la tua presenza. Questo invece è il tuo abbigliamento e la tua attrezzatura. Capo – Lui è Marco, ti mostrerà le tue mansioni. Marco - Provvedo subito. Roberto seguimi. Roberto affascinato sale su un’impalcatura e osserva attentamente ogni suo passo e ogni punto dell’azienda visibile da quella prospettiva. Arrivati in cima
  • 9. Marco - Questo è un punto strategico: puoi lavorare ma anche osservare che tutti svolgano il proprio lavoro! Roberto si avvicina alla soglia dell’impalcatura con un senso di libertà. Sospiro profondo. Buio. Quando il palco si illumina, Roberto è disteso sull’impalcatura privo di sensi. Rianimato da Marco si riprende e guarda verso il basso dell’impalcatura. Roberto - (preoccupato) Perché non viene utilizzato nessuno strumento, nessuna protezione in modo da salvarsi se si perde l’equilibrio e si cade giù?? Capo - (ridendo - simpatico) Cosa credi che i soldi cadano dal cielo? Roberto - Beh neanche i lavoratori dovrebbero cadere dal cielo… Buio. Roberto illuminato, solo sul palco. Rivolto al pubblico La sicurezza non è un gioco Roberto si dirige verso la schiera nera e capovolge una sagoma. Buio Scena 8 MOSTRO DI FUOCO Il narratore rientra in scena. La luce illumina solo lui, al centro del palco. Narratore: Ed eccoci alla fine di questa partita, signori. Una partita in cui non ci sono vincitori né vinti. Il lavoro non è una scommessa. Il lavoro è un diritto. Lo sanno bene (la luce illumina la schiera bianca) Antonio, Luca, Andrea, Agnese, Francesco, Ugo, Roberto (li indica uno a uno). E lo sa lui, Marco (l’ultimo personaggio si stacca dalla schiera bianca e si porta al centro della scena, seguito dal fascio di luce). Questa è la sua storia. Un uomo… (un sospiro) un grande uomo di 36 anni, innamorato di sua moglie Rosa e dei suoi due figli. Alessia, 13 anni, e Paolo, 11. Mentre il narratore parla, a lato del palco si illumina il tavolo e un interno di cucina; entrano in scena Rosa, Alessia e Paolo e con Marco prendono posto intorno al tavolo Narratore (avvicinandosi ai personaggi): Una casa, piccola, fredda, un po’ umida. Una casa del quartiere Tamburi di Taranto. (Si ferma improvvisamente) Una vista sul mare cristallino? No! Basta aprire i loro occhi: il grande mostro di fuoco è lì… (indicando uno schermo posto sullo sfondo, su cui viene proiettata un’immagine dell’Ilva) davanti a loro. E’ pronto a consumarli vivi. È qui che lavora Marco! Duramente, tutti i giorni; è qui che Marco rischia la propria vita per guadagnare quei pochi spiccioli, per crescere i suoi due figli. Questo è il pane per loro, la causa di ogni male. Buio. Il narratore rimane nell’angolo a sinistra del palco. Luce dall’alto sul narratore che rimane fermo in un angolo a sinistra. Fiamme sullo schermo. Marco esegue le azioni mentre il narratore racconta. Rosa e i figli restano seduti al tavolo nell’ombra, immobili.
  • 10. Narratore – Ennesima giornata di lavoro sta per concludersi per Marco. Il suo orologio da polso segna le 14:00. E’ arrivato per lui il momento di tornare a casa e godersi il pomeriggio di un sabato primaverile con la famiglia. È nella sala di controllo, primo piano, conserva i documenti in un armadietto che chiude a chiave e si dirige verso l’appendi abiti. Lascia la giacca con cui lavora e prende il suo cappotto. Scoppio improvviso. Marco – Cosa è stato? Ma Giacomo non era sceso nel settore dei forni? (spalanca gli occhi) Noooo! Giacomo è bloccato lì! Narratore – Marco prende tuta di sicurezza, casco e guanti nell’armadietto accanto a lui. Indossa tutto. Corre veloce per le scale. Comparsa di fiamme alte sullo schermo. Sul palco tre tubi e una nube di gas (nebbia). Narratore – Il gas impedisce a Marco di trovare il suo amico e collega Giacomo. Inutili le sue grida. Marco – (grida disperato) Giacomooo! (colpi di tosse) Giacomoooo! Rispondimiii! (mentre tossisce, grida e piange) Ti pregoooo!!! Narratore – Anche Marco è svenuto, su quello squallido e acido pavimento. La giornata si è trasformata in un incubo. Buio sul narratore. Fumogeni invadono la scena. La nube di gas si fa sempre più intensa, fiamme sullo schermo. Buio. La luce si riaccende sul tavolo a lato della scena. Qui c’è Rosa, con i suoi due figli, Paolo e Alessia. Rosa – Paolo, potresti prendermi il sacco di patate … (mentre indica) lì sul tavolo? Paolo prende il sacco di patate sul tavolo e le passa alla mamma. Paolo – Ecco mamma. Rosa – (con un sorriso sul volto) Grazie tesoro. Squilla il telefono fisso. Rosa – (pensando) chi sarà?! Alessia, potresti prendere e passarmi il telefono? Alessia prende il telefono e lo passa alla mamma. La mamma risponde. Rosa – Buon pomeriggio. Sì… mi dica. Cosa succede? COSAAA?! Rosa trema molto. Respira con fatica. Il telefono le cade dalla mano. Buio. Le luci dall’alto sul narratore si riaccendono. Sfondo di una parete della camera 25 d’ospedale dal lato opposto del palco rispetto al tavolo. Rosa è su una sedia, vicino il marito. Il narratore rientra. Narratore – Rosa stringe la mano del marito, la bagna delle sue lacrime. Rosa si sente soffocare. Vorrebbe strapparsi quel cuore che le batte fortissimo. (indica il pubblico con il dito, da sinistra a destra) Questo è Amore, che da quegli occhi rossi e pieni di lacrime le sta divorando il cuore fragile.
  • 11. Dalla porta della camera 25 dell’ospedale entra la dottoressa. Rosa si alza dalla sedia vicino al marito e si dirige verso la dottoressa. Rosa – (in lacrime) Dottoressa, cosa è successo? Dottoressa – (le accarezza il braccio) Dispiace darle questa notizia ma… suo marito soffre di leucemia. Dobbiamo proseguire con la terapia intensiva. Rosa continua a piangere. Dottoressa – Nel primo pomeriggio è accaduto un incidente nel settore dei forni dell’Ilva. È scoppiato un incendio e in questo settore dei forni era rimasto vittima un collega di suo marito. Da uomo coraggioso e con le attrezzature di sicurezza è andato a cercare il suo collega. Ha però respirato troppo fumo, troppo gas, troppe polveri sottili in questi anni ed è svenuto. Ha perso i sensi. Il suo amico è morto e suo marito è qui, a lottare e … (mentre stringe le mani di Rosa) suo marito è forte, è un grande combattente, uscirà vincitore da questa battaglia. La dottoressa e Rosa si abbracciano. Buio Luce dall’alto sul narratore che continua a raccontare. Rosa e Marco restano nell’ombra immobili, Marco disteso nel letto di ospedale, Rosa al suo capezzale. Narratore – Rosa, giorno dopo giorno, va in ospedale per visitare il marito. I dottori le dicono che ogni giorno che passa il marito subisce un piccolo miglioramento. È questa, per Rosa, un quadrifoglio in un pozzo. È questa, per Rosa, la speranza. (pausa) Ma quando sembrava arrivato il momento di vedere un piccolo raggio di sole, seppur debole nel bel mezzo del buio, ecco che arriva la tempesta, che porta via con sé tutti. Il marito è morto. La luce illumina il letto di ospedale. Rosa si alza e copre il volto del marito col lenzuolo. Narratore: Rosa è stanca, ma questa volta non perde tempo. Questa volta è decisa a sporgere denuncia alla fabbrica. Nessuno può più restituire a Rosa suo marito, nessuno può più restituire ai figli un papà. (si rivolge verso il pubblico) Amore è la tempesta, il cuore la nave, che con le impetuose onde del mare e la forza del vento, spiazza tutti. Il narratore rimane nell’angolo a sinistra del palco. Buio. Le luci si riaccendono. Al centro una tomba con un mazzo di crisantemi e una foto di Marco. Alessia e Paolo sono seduti ai lati della tomba, con la testa chinata, mentre piangono. Rosa cammina intorno alla tomba del marito. Rosa –Mi avete distrutta, piano piano, un’azione che farebbero solo i meschini come voi, che si riempiono quelle misere tasche di denaro sporco. Anzi, ti darò del tu, perché non ti meriti il mio rispetto. Tu sei uno di quelli che vivono solo di pezzi rettangolari di carta. Tu sei uno di quei grandi signori che si fanno tanto imprenditori ma non valgono neanche una briciola raccolta per strada. Sei tu che rovini la vita di centinaia e centinaia di donne, di centinaia e centinaia di famiglie. Sei solo un codardo. Ecco cosa sei. Tu con questo mostro di fuoco hai fatto morire tanti di quegli uomini, che non lo meritavano. Non mi fermerò fin quando non avrò giustizia per mio marito, per i miei figli, per me e per tutti i lavoratori che ti porti sulla coscienza. Solo allora griderò “E’ FINITA”. Rosa tocca la tomba del marito.
  • 12. EPILOGO Il narratore rientra in scena. La luce illumina solo lui, al centro del palco. Narratore – Ebbene sì signori. La sicurezza non è un gioco, la vita non è un gioco. Il destino non è un gioco. Basta una mossa sbagliata e… scacco matto. La partita si chiude. Ma nella vita, come negli scacchi, vince chi fa l’ultima mossa. Si avvicina all’ultima sagoma nera e la capovolge. Si rivolge al pubblico Narratore: Scacco matto Buio. SIPARIO