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PERCHÉ STILE FLESSIBILE PIÙ EFFICACE?PERCHÉ STILE FLESSIBILE PIÙ EFFICACE?
Posizione rigida Conflitto
Strategie di
riduzione del
conflitto
Screditare la
minoranza
Le minoranze sono screditate attraverso:
•l’attribuzione di un errore sistematico (es. dogmatismo)
•La naturalizzazione (Doise, Deschamps e Mugny, 1980)
•Attribuendo la causa dei comportamenti a proprietà
idiosincratiche della minoranza:
Biologizzazione (perché è una donna, perché è tarato)
Psicologizzazione (per il carattere, per intelligenza limitata)
Riduzione al sociologico (è un comunista)
CONDISCENDENZA E CONVERSIONECONDISCENDENZA E CONVERSIONE
Influenza maggioritaria porta a condiscendenza:Influenza maggioritaria porta a condiscendenza:
Un cambiamento a livello manifesto (sociale)
Raramente a un cambiamento a livello profondo
Influenza minoritaria porta a conversione:Influenza minoritaria porta a conversione:
Un cambiamento a livello latente, non dovuto ad imitazione
della posizione minoritaria
Qualche volta a un cambiamento a livello manifesto
ESPERIMENTO dell’AFTER EFFECT
(Moscovici, Personnaz, 1980)
I FASE (5 prove): coppie di soggetti (soggetto sperimentale e un
complice) scrivevano individualmente proprie risposte relative a:
a) Colore di una diapositiva (blu)
b) Colore dell’after effect (su una scala a 9 punti: 1=giallo 9=rosso-porpora)
Induzione maggioritaria e minoritaria: ricercatore dà
informazioni su come altri hanno risposto al questionario:
• Condizione maggioritaria: 18.2% blu; 81.8% verde
• Condizione minoritaria: 81.8% blu; 18.2% verde
II FASE: influenza vera e propria
15 prove: risposte date a voce alta e riguardano solo il colore
della foto
Complice risponde per primo e dice sempre “verde”
III FASE: diapositiva proiettata 15 volte. Soggetti danno
risposte in privato su:
a) Colore della diapositiva (blu)
b) Colore dell’after effect
c) Fine III fase il complice lascia la sala
IV FASE: soggetto partecipa a un’altra seduta di 5 prove
su: a) colore della diapositiva (blu)
b) colore dell’after effect
RISULTATI:RISULTATI:
Nei risultati della II fase (interazione) non c’era
differenza tra le due condizioni (maggioritaria e
minoritaria)
Nella III fase nella condizione di influenza
minoritaria le risposte sull’after effect si orientano
verso il colore complementare del verde
Il risultato è più evidente quando la fonte di
influenza è assente
PROCESSI di INFLUENZA MAGGIORITARI E
MINORITARI
Dinnanzi a una maggioranza coerente che esprime un
messaggio in contrasto con le opinioni sino a quel momento
condivise:
individuo è portato a considerare il messaggio vero, legittimato dal
prestigio, dalla numerosità o dal potere della fonte
individuo, se non d’accordo, si sente deviante e si adegua per non
essere diverso
Processo di confronto
Processi di influenza minoritaria richiedono:
•Elaborazione più prolungata
•Attività cognitiva
Confronto fra sé e fonte di influenza
Validazione della posizione innovativa
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AGGRESSIVITÀ E ALTRUISMO
aspetto situazionale e dimensione collettiva
dimensione individuale
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Molteplici prospettive teoriche
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In psicologia sociale, ciò che differenzia aggressività e
altruismo non è l’esito positivo o negativo di una particolare
azione, ma la motivazione e l’intenzione a essa sottese che
hanno orientato il comportamento di chi ha agito contro o a
favore di qualcun altro
Comportamento aggressivo: insieme di azioni dirette a colpire uno o
più individui, tali da infliggere loro sofferenze fisiche e morali,
oppure la morte (Baron, 1977)
AGGRESSIVITÀ
Molteplicità di espressioni
difficoltà ad elaborare una
definizione univoca
Ha come esito la produzione di un danno ad un’altra persona. Si
definisce solo in riferimento alla sua natura intenzionale e
assumendo il punto di vista dell’aggressore
MOTIVAZIONE
Chi compie un atto aggressivo emozionale prova emozioni forti (es.
rabbia), e sentimenti di frustrazione, paura e bisogno di difendersi,
il cui insorgere è determinato da una serie di condizioni situazionali.
AGGRESSIVITÀ EMOZIONALE
emozioni e sentimenti
Cause più frequenti: aggressore sente minacciati autostima e/o
status di cui gode nel gruppo di appartenenza (Baumeister, 1997)
Insieme delle condizioni che si verificano rendono giustificabile,
agli occhi dell’aggressore, l’atto violento
Cause: motivazione alla padronanza  aggressore percepisce in
modo peculiare il rapporto tra costi dell’azione aggressiva e benefici
che ne derivano  no ruolo preponderante delle emozioni
AGGRESSIVITÀ STRUMENTALE
Aggressore vede la possibilità di ottenere dei vantaggi materiali
ai danni della vittima
Fattori che possono influenzare tale percezione: forza fisica, abilità
nel maneggiare un’arma, mancanza di punizioni, in passato, per
aver messo in atto comportamenti aggressivi
1) Aggressività come comportamento guidato da istinti e pulsioni.
Connaturato alla natura umana e quindi inevitabile (psicanalisi: Freud;
etologia: Lorenz)
2) Aggressività come apprendimento sociale. Comportamento
aggressivo acquisito attraverso l’esperienza individuale come qualsiasi
altro comportamento (Bandura, 1973)
3) Aggressività come reazione emotiva. Ipotesi frustrazione-
aggressività (Dollard e Miller, 1939) e suoi sviluppi (Berkowitz 1989,
1990, 1993). Attenzione del ricercatore: fattori interni che mediano il
comportamento aggressivo
MODELLI INTERPRETATIVI
3 orientamenti
L’ISTINTO AGGRESSIVO
PSICANALISI & ETOLOGIA
Teoria dei due istinti:
nelle persone agiscono
due istinti fondamentali
contrapposti
Eros: autoconservazione
Thanatos: morte e ritorno allo
stato inorganico
Aggressività: istinto al servizio della conservazione della specie
Disposizione comportamentale innata che ha origine nella selezione
naturale e che accresce le probabilità di conservazione e riproduzione
della specie
Animali: funzione adattiva.
Meccanismi inibitori impediscono ai
membri di una stessa specie di
uccidersi tra di loro
Esseri umani: evoluzioni
culturali dell’istinto naturale
hanno ridotto questi meccanismi
Aggressività: fenomeno inevitabile, ma incanalabile e “scaricabile”
attraverso manifestazioni aggressive socialmente accettabili (es.:
partecipazione, anche solo passiva, a gare sportive)
MODELLO IDRAULICO
Per evitare l’autodistruzione l’individuo deve rivolgere Thanatos
all’esterno. Comportamento aggressivo devia l’energia distruttiva e
riduce la tensione (fisicità distruttiva, ma anche umorismo o fantasie)
IPOTESI FRUSTRAZIONE-AGGRESSIVITÀ
(Dollard, Dobb, Miller, Mowrer & Sears, 1939)
Frustrazione conduce sempre ad una qualche forma di aggressività
e l’aggressività è sempre conseguenza di una frustrazione
frustrazione aggressività
condizione psicologica
che insorge in chi
incontra un ostacolo nel
raggiungimento dei
propri fini
Limiti
1) Non sempre l’aggressività si manifesta in
presenza di una frustrazione (es.
aggressività strumentale);
2) Frustrazione non produce sempre e solo
comportamenti aggressivi, ma può essere
accompagnata anche da altri tipi di
reazione (pianto, fuga o apatia; es.
sindrome da impotenza appresa)
FRUSTRAZIONE-AGGRESSIVITÀ
Emozione negativa aggressivitàSITUAZIONE
Leon Berkowitz
Stimoli aggressivi
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arma
Teoria del segnale-stimolo
Condizionamento classico
Frustrazione induce una risposta aggressiva, che però è solo una delle
possibili alternative di risposta a disposizione dell’individuo, anche
se rappresenta la tendenza dominante (Miller et al., 1941)
TEORIA dell’APPRENDIMENTO SOCIALE
Bandura (1973): teoria del modellamento
Comportamenti umani appresi, modificati e modellati
dall’ambiente, attraverso elementi quali: ricompensa e
punizione.
Persone imparano quali sono i comportamenti appropriati nelle
diverse situazioni attraverso i meccanismi classici del rinforzo e
dell’imitazione
RUOLO delle NORME:
DEINDIVIDUAZIONE E NORMA EMERGENTE
Deindividuazione (Zimbardo): diminuzione della consapevolezza
di sé  porta le persone a essere meno capaci di agire secondo le
regole sociali che normalmente condividono e applicano
Teoria della norma emergente (Turner e Kilian, 1972): maggiore
probabilità che un gruppo o una folla producano forme di
comportamento estreme legata all’emergere, nel gruppo, di nuove
norme, approvate e condivise da tutti i membri in quelle situazioni
specifiche
azioni che un individuo può compiere a vantaggio di una o più
persone senza aspettarsi alcuna ricompensa esterna concreta
MA
azione tesa a produrre il benessere dell’altro non sempre chiara e
univoca rispetto a come viene interpretata dai soggetti coinvolti
ALTRUISMO
Distinzione tra: 1) altruismo egoistico
2) altruismo altruistico
MODELLI TEORICI
Sociobiologia: altruismo geneticamente fondato, basato su un
meccanismo attraverso il quale il patrimonio genetico cerca di
conservarsi e moltiplicarsi attraverso soggetti consanguinei (figli,
fratelli, nipoti, ecc.), così che i geni buoni si accumulino di
generazione in generazione  selezione di parentela (Hamilton,
1964)
Probabile si verifichi condotta altruistica se:
1) è a vantaggio di un individuo legato da stretto grado di parentela
con il benefattore (alta comunanza di geni);
2) prezzo pagato da chi si sacrifica è ripagato dal beneficio
complessivo per la conservazione dello stesso patrimonio genetico
nella generazione successiva
Ma: non previsti e non spiegati atti altruistici vs. persone con cui non si
hanno legami di parentela
Teoria dell’altruismo reciproco (Trivers, 1971): atto altruistico verso
chi non è legato da vincoli di parentela è selezionato se:
1) comporta un danno per il benefattore più basso del beneficio che
ricava chi viene aiutato
2) ci sono particolari condizioni che rendono probabile che il
benefattore, o suoi successori, possano a loro volta essere oggetto di
comportamenti altruistici da parte di chi è aiutato
In generale: approccio sociobiologico non in grado di spiegare varietà e
complessità di tutti gli elementi che entrano in gioco nel comportamento
altruistico
Teoria dell’apprendimento sociale: attenzione alle variabili
ambientali e relazionali e allo studio dei processi alla base
dell’assimilazione delle norme sociali
Forme di comportamento prosociale: apprese osservando o imitando
modelli del contesto sociale (es. genitori o altri adulti significativi) e
rappresentano l’esito di rinforzi diretti
Teoria dello sviluppo cognitivo (Kohlberg, 1973): studia
strutturazione del pensiero e modo in cui il ragionamento si organizza
Strutture cognitive non statiche, attraversano una serie di stadi
sequenziali e si modificano, costituendo dei processi tesi a comprendere
e attribuire significato a ciò che accade nel contesto sociale
Bambini costruiscono proprie norme attraverso esperienze personali.
No accettazione passiva di norme stabilite dall’esterno
Rinforzo, modellamento e imitazione modelli
input rielaborati cognitivamente e inseriti in sistemi di idee organizzati,
che guidano elaborazione di informazioni successive e orientano il
comportamento sociale
Strutture cognitive fondamentali per sviluppo morale. No unico e
univoco processo di interiorizzazione: livelli cognitivi che bambini e
adulti sviluppano si trasformano ripetutamente nel corso della vita
Più moderna social cognition (anni ’80): mente sistema proattivo, in
grado di agire e dar luogo a delle situazioni
Sottolineato ruolo dei mediatori cognitivi sul comportamento 
permettono al soggetto di raggiungere obiettivi, pianificando e
valutando le proprie azioni
Ricerche su ruolo dell’empatia e sensi di colpa  ampliato studi sul
comportamento altruistico. Preso in considerazione aspetto affettivo
oltre che quello relativo al comportamento manifesto. Analizzata
connessione tra fattori cognitivi ed emotivi
Componenti dell’altruismo: a) individuali
b) situazionali
a) Dimensioni di personalità: no risultati soddisfacenti circa
esistenza di un tratto di personalità altruistico. Ma: possibile
evidenziare qualche costante  Persone altruiste sembrano avere:
buona autostima, elevata competenza sociale, forte senso di
responsabilità sociale e senso morale, buona accettazione di sé e alto
locus of control interno
Studiato quanto umore e stato d’animo possono incidere su
propensione o meno ad attuare una condotta altruistica  quando
aiutare qualcuno è un modo per rendere migliore proprio stato
psicologico, si è disposti ad agire in tal senso. Maggior disponibilità
all’altruismo quando si è di buon umore (good mood).
Perché?
Umore favorirebbe un’attenzione selettiva e renderebbe più facilmente
accessibili alla memoria argomenti coerenti con lo stato d’animo
a) Dimensioni affettive e cognitive: empatia = uno dei mediatori del
comportamento altruistico
Attivazione emotiva suscitata dall’osservare qualcuno in stato di
disagio provandone simpatia e compassione (Hoffman, 1975, 2000).
Associata a un processo cognitivo  capacità di assumere prospettiva
di un’altra persona, provando uno stato d’animo analogo al suo e
riuscendo a comprenderne le necessità.
Questa capacità fa sì che sia probabile intervenire in aiuto di chi si
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  • 1. PERCHÉ STILE FLESSIBILE PIÙ EFFICACE?PERCHÉ STILE FLESSIBILE PIÙ EFFICACE? Posizione rigida Conflitto Strategie di riduzione del conflitto Screditare la minoranza Le minoranze sono screditate attraverso: •l’attribuzione di un errore sistematico (es. dogmatismo) •La naturalizzazione (Doise, Deschamps e Mugny, 1980) •Attribuendo la causa dei comportamenti a proprietà idiosincratiche della minoranza: Biologizzazione (perché è una donna, perché è tarato) Psicologizzazione (per il carattere, per intelligenza limitata) Riduzione al sociologico (è un comunista)
  • 2. CONDISCENDENZA E CONVERSIONECONDISCENDENZA E CONVERSIONE Influenza maggioritaria porta a condiscendenza:Influenza maggioritaria porta a condiscendenza: Un cambiamento a livello manifesto (sociale) Raramente a un cambiamento a livello profondo Influenza minoritaria porta a conversione:Influenza minoritaria porta a conversione: Un cambiamento a livello latente, non dovuto ad imitazione della posizione minoritaria Qualche volta a un cambiamento a livello manifesto
  • 3. ESPERIMENTO dell’AFTER EFFECT (Moscovici, Personnaz, 1980) I FASE (5 prove): coppie di soggetti (soggetto sperimentale e un complice) scrivevano individualmente proprie risposte relative a: a) Colore di una diapositiva (blu) b) Colore dell’after effect (su una scala a 9 punti: 1=giallo 9=rosso-porpora) Induzione maggioritaria e minoritaria: ricercatore dà informazioni su come altri hanno risposto al questionario: • Condizione maggioritaria: 18.2% blu; 81.8% verde • Condizione minoritaria: 81.8% blu; 18.2% verde
  • 4. II FASE: influenza vera e propria 15 prove: risposte date a voce alta e riguardano solo il colore della foto Complice risponde per primo e dice sempre “verde” III FASE: diapositiva proiettata 15 volte. Soggetti danno risposte in privato su: a) Colore della diapositiva (blu) b) Colore dell’after effect c) Fine III fase il complice lascia la sala IV FASE: soggetto partecipa a un’altra seduta di 5 prove su: a) colore della diapositiva (blu) b) colore dell’after effect
  • 5. RISULTATI:RISULTATI: Nei risultati della II fase (interazione) non c’era differenza tra le due condizioni (maggioritaria e minoritaria) Nella III fase nella condizione di influenza minoritaria le risposte sull’after effect si orientano verso il colore complementare del verde Il risultato è più evidente quando la fonte di influenza è assente
  • 6. PROCESSI di INFLUENZA MAGGIORITARI E MINORITARI Dinnanzi a una maggioranza coerente che esprime un messaggio in contrasto con le opinioni sino a quel momento condivise: individuo è portato a considerare il messaggio vero, legittimato dal prestigio, dalla numerosità o dal potere della fonte individuo, se non d’accordo, si sente deviante e si adegua per non essere diverso Processo di confronto
  • 7. Processi di influenza minoritaria richiedono: •Elaborazione più prolungata •Attività cognitiva Confronto fra sé e fonte di influenza Validazione della posizione innovativa Processo di convalida
  • 8. AGGRESSIVITÀ E ALTRUISMO aspetto situazionale e dimensione collettiva dimensione individuale versus Molteplici prospettive teoriche fattori innati apprendimento emozioni
  • 9. In psicologia sociale, ciò che differenzia aggressività e altruismo non è l’esito positivo o negativo di una particolare azione, ma la motivazione e l’intenzione a essa sottese che hanno orientato il comportamento di chi ha agito contro o a favore di qualcun altro
  • 10. Comportamento aggressivo: insieme di azioni dirette a colpire uno o più individui, tali da infliggere loro sofferenze fisiche e morali, oppure la morte (Baron, 1977) AGGRESSIVITÀ Molteplicità di espressioni difficoltà ad elaborare una definizione univoca Ha come esito la produzione di un danno ad un’altra persona. Si definisce solo in riferimento alla sua natura intenzionale e assumendo il punto di vista dell’aggressore MOTIVAZIONE
  • 11. Chi compie un atto aggressivo emozionale prova emozioni forti (es. rabbia), e sentimenti di frustrazione, paura e bisogno di difendersi, il cui insorgere è determinato da una serie di condizioni situazionali. AGGRESSIVITÀ EMOZIONALE emozioni e sentimenti Cause più frequenti: aggressore sente minacciati autostima e/o status di cui gode nel gruppo di appartenenza (Baumeister, 1997) Insieme delle condizioni che si verificano rendono giustificabile, agli occhi dell’aggressore, l’atto violento
  • 12. Cause: motivazione alla padronanza  aggressore percepisce in modo peculiare il rapporto tra costi dell’azione aggressiva e benefici che ne derivano  no ruolo preponderante delle emozioni AGGRESSIVITÀ STRUMENTALE Aggressore vede la possibilità di ottenere dei vantaggi materiali ai danni della vittima Fattori che possono influenzare tale percezione: forza fisica, abilità nel maneggiare un’arma, mancanza di punizioni, in passato, per aver messo in atto comportamenti aggressivi
  • 13. 1) Aggressività come comportamento guidato da istinti e pulsioni. Connaturato alla natura umana e quindi inevitabile (psicanalisi: Freud; etologia: Lorenz) 2) Aggressività come apprendimento sociale. Comportamento aggressivo acquisito attraverso l’esperienza individuale come qualsiasi altro comportamento (Bandura, 1973) 3) Aggressività come reazione emotiva. Ipotesi frustrazione- aggressività (Dollard e Miller, 1939) e suoi sviluppi (Berkowitz 1989, 1990, 1993). Attenzione del ricercatore: fattori interni che mediano il comportamento aggressivo MODELLI INTERPRETATIVI 3 orientamenti
  • 14. L’ISTINTO AGGRESSIVO PSICANALISI & ETOLOGIA Teoria dei due istinti: nelle persone agiscono due istinti fondamentali contrapposti Eros: autoconservazione Thanatos: morte e ritorno allo stato inorganico Aggressività: istinto al servizio della conservazione della specie Disposizione comportamentale innata che ha origine nella selezione naturale e che accresce le probabilità di conservazione e riproduzione della specie Animali: funzione adattiva. Meccanismi inibitori impediscono ai membri di una stessa specie di uccidersi tra di loro Esseri umani: evoluzioni culturali dell’istinto naturale hanno ridotto questi meccanismi
  • 15. Aggressività: fenomeno inevitabile, ma incanalabile e “scaricabile” attraverso manifestazioni aggressive socialmente accettabili (es.: partecipazione, anche solo passiva, a gare sportive) MODELLO IDRAULICO Per evitare l’autodistruzione l’individuo deve rivolgere Thanatos all’esterno. Comportamento aggressivo devia l’energia distruttiva e riduce la tensione (fisicità distruttiva, ma anche umorismo o fantasie)
  • 16. IPOTESI FRUSTRAZIONE-AGGRESSIVITÀ (Dollard, Dobb, Miller, Mowrer & Sears, 1939) Frustrazione conduce sempre ad una qualche forma di aggressività e l’aggressività è sempre conseguenza di una frustrazione frustrazione aggressività condizione psicologica che insorge in chi incontra un ostacolo nel raggiungimento dei propri fini Limiti 1) Non sempre l’aggressività si manifesta in presenza di una frustrazione (es. aggressività strumentale); 2) Frustrazione non produce sempre e solo comportamenti aggressivi, ma può essere accompagnata anche da altri tipi di reazione (pianto, fuga o apatia; es. sindrome da impotenza appresa)
  • 17. FRUSTRAZIONE-AGGRESSIVITÀ Emozione negativa aggressivitàSITUAZIONE Leon Berkowitz Stimoli aggressivi Effetto arma Teoria del segnale-stimolo Condizionamento classico Frustrazione induce una risposta aggressiva, che però è solo una delle possibili alternative di risposta a disposizione dell’individuo, anche se rappresenta la tendenza dominante (Miller et al., 1941)
  • 18. TEORIA dell’APPRENDIMENTO SOCIALE Bandura (1973): teoria del modellamento Comportamenti umani appresi, modificati e modellati dall’ambiente, attraverso elementi quali: ricompensa e punizione. Persone imparano quali sono i comportamenti appropriati nelle diverse situazioni attraverso i meccanismi classici del rinforzo e dell’imitazione
  • 19. RUOLO delle NORME: DEINDIVIDUAZIONE E NORMA EMERGENTE Deindividuazione (Zimbardo): diminuzione della consapevolezza di sé  porta le persone a essere meno capaci di agire secondo le regole sociali che normalmente condividono e applicano Teoria della norma emergente (Turner e Kilian, 1972): maggiore probabilità che un gruppo o una folla producano forme di comportamento estreme legata all’emergere, nel gruppo, di nuove norme, approvate e condivise da tutti i membri in quelle situazioni specifiche
  • 20. azioni che un individuo può compiere a vantaggio di una o più persone senza aspettarsi alcuna ricompensa esterna concreta MA azione tesa a produrre il benessere dell’altro non sempre chiara e univoca rispetto a come viene interpretata dai soggetti coinvolti ALTRUISMO Distinzione tra: 1) altruismo egoistico 2) altruismo altruistico
  • 21. MODELLI TEORICI Sociobiologia: altruismo geneticamente fondato, basato su un meccanismo attraverso il quale il patrimonio genetico cerca di conservarsi e moltiplicarsi attraverso soggetti consanguinei (figli, fratelli, nipoti, ecc.), così che i geni buoni si accumulino di generazione in generazione  selezione di parentela (Hamilton, 1964) Probabile si verifichi condotta altruistica se: 1) è a vantaggio di un individuo legato da stretto grado di parentela con il benefattore (alta comunanza di geni); 2) prezzo pagato da chi si sacrifica è ripagato dal beneficio complessivo per la conservazione dello stesso patrimonio genetico nella generazione successiva Ma: non previsti e non spiegati atti altruistici vs. persone con cui non si hanno legami di parentela
  • 22. Teoria dell’altruismo reciproco (Trivers, 1971): atto altruistico verso chi non è legato da vincoli di parentela è selezionato se: 1) comporta un danno per il benefattore più basso del beneficio che ricava chi viene aiutato 2) ci sono particolari condizioni che rendono probabile che il benefattore, o suoi successori, possano a loro volta essere oggetto di comportamenti altruistici da parte di chi è aiutato In generale: approccio sociobiologico non in grado di spiegare varietà e complessità di tutti gli elementi che entrano in gioco nel comportamento altruistico Teoria dell’apprendimento sociale: attenzione alle variabili ambientali e relazionali e allo studio dei processi alla base dell’assimilazione delle norme sociali Forme di comportamento prosociale: apprese osservando o imitando modelli del contesto sociale (es. genitori o altri adulti significativi) e rappresentano l’esito di rinforzi diretti
  • 23. Teoria dello sviluppo cognitivo (Kohlberg, 1973): studia strutturazione del pensiero e modo in cui il ragionamento si organizza Strutture cognitive non statiche, attraversano una serie di stadi sequenziali e si modificano, costituendo dei processi tesi a comprendere e attribuire significato a ciò che accade nel contesto sociale Bambini costruiscono proprie norme attraverso esperienze personali. No accettazione passiva di norme stabilite dall’esterno Rinforzo, modellamento e imitazione modelli input rielaborati cognitivamente e inseriti in sistemi di idee organizzati, che guidano elaborazione di informazioni successive e orientano il comportamento sociale Strutture cognitive fondamentali per sviluppo morale. No unico e univoco processo di interiorizzazione: livelli cognitivi che bambini e adulti sviluppano si trasformano ripetutamente nel corso della vita
  • 24. Più moderna social cognition (anni ’80): mente sistema proattivo, in grado di agire e dar luogo a delle situazioni Sottolineato ruolo dei mediatori cognitivi sul comportamento  permettono al soggetto di raggiungere obiettivi, pianificando e valutando le proprie azioni Ricerche su ruolo dell’empatia e sensi di colpa  ampliato studi sul comportamento altruistico. Preso in considerazione aspetto affettivo oltre che quello relativo al comportamento manifesto. Analizzata connessione tra fattori cognitivi ed emotivi
  • 25. Componenti dell’altruismo: a) individuali b) situazionali a) Dimensioni di personalità: no risultati soddisfacenti circa esistenza di un tratto di personalità altruistico. Ma: possibile evidenziare qualche costante  Persone altruiste sembrano avere: buona autostima, elevata competenza sociale, forte senso di responsabilità sociale e senso morale, buona accettazione di sé e alto locus of control interno Studiato quanto umore e stato d’animo possono incidere su propensione o meno ad attuare una condotta altruistica  quando aiutare qualcuno è un modo per rendere migliore proprio stato psicologico, si è disposti ad agire in tal senso. Maggior disponibilità all’altruismo quando si è di buon umore (good mood). Perché? Umore favorirebbe un’attenzione selettiva e renderebbe più facilmente accessibili alla memoria argomenti coerenti con lo stato d’animo
  • 26. a) Dimensioni affettive e cognitive: empatia = uno dei mediatori del comportamento altruistico Attivazione emotiva suscitata dall’osservare qualcuno in stato di disagio provandone simpatia e compassione (Hoffman, 1975, 2000). Associata a un processo cognitivo  capacità di assumere prospettiva di un’altra persona, provando uno stato d’animo analogo al suo e riuscendo a comprenderne le necessità. Questa capacità fa sì che sia probabile intervenire in aiuto di chi si trova in condizioni difficili; spiega anche motivo per cui le persone aiutano più facilmente coloro che riconoscono come più simili a sé

Editor's Notes

  1. Problema della violenza nei media
  2. È al fondatore del positivismo, il filosofo Auguste Comte, che si deve il termine altruismo, da lui utilizzato nel 1852 in opposizione ad egoismo. Con questo concetto, Comte si riferisce a una peculiarità naturale dell’essere umano, che esprime un bisogno di socialità e porta ognuno verso l’altro. Questo atteggiamento sociale, che si fonda sul desiderio di vivere per l’altro, sarebbe originato da istinti e motivazioni simpatetiche, che possono essere accresciute e rese dominanti grazie all’educazione positivista. Secondo Comte l’altruismo è un fattore di carattere naturale e innato, eterno e non modificabile. Lavori di Darwin hanno ripreso in parte le indicazioni di Comte, così come pure, in anni molto più recenti, è accaduto per la sociobiologia (Wilson, 1975). Questa prospettiva teorica studia le basi biologiche dei comportamenti sociali, umani e animali, e intende fondare sulla genetica la spiegazione della condotta altruistica in tutte le specie animali, considerandone le conseguenze per l’adattamento dell’essere umano all’ambiente. Selezione di parentela: probabile che una condotta altruistica si verifichi nella misura in cui: 1) reca vantaggio a un individuo legato da uno stretto grado di parentela con il benefattore (alta comunanza di geni); 2) il prezzo pagato da chi si sacrifica, che comporta una più bassa replica dei suoi geni, è ripagato dal beneficio complessivo per la conservazione dello stesso patrimonio genetico nella generazione successiva. Questo meccanismo spiega l’amore e le attenzioni verso i propri figli, i comportamenti altruistici tra individui della stessa famiglia, ecc., ma non prevede, e non è in grado di spiegarli, i comportamenti altruistici verso soggetti con cui non si hanno legami di parentela.
  3. Il processo di selezione che preserva i “geni altruistici”, ed è in grado di spiegare le condotte altruistiche tra individui che non appartengono alla stessa famiglia, prende il nome di selezione di reciprocità , o teoria dell’altruismo reciproco (Trivers, 1971). In generale l’altruismo biologico è una forma di altruismo pienamente in linea con il principio utilitaristico che, secondo la sociobiologia, regge l’evoluzione della specie. L’elemento centrale per questa teoria non è l’individuo, ma il gene. Teoria dell’apprendimento sociale : negli anni sessanta approccio teorico di riferimento in ambito psicologico. Si è occupata di studiare in particolare la questione della socializzazione, intesa come il processo grazie al quale gli individui interiorizzano e fanno propri i modelli comportamentali, i valori e le norme sociali. Grande attenzione è posta alle variabili ambientali e relazionali e allo studio dei processi alla base dell’assimilazione delle norme sociali . Secondo questa teoria, infatti, le molteplici forme di comportamento prosociale (come quelle aggressive) sono apprese osservando o imitando modelli presenti nel contesto sociale, come i genitori o altri adulti significativi, e rappresentano l’esito di rinforzi diretti. Prospettive più recenti all’interno di questa teoria hanno dato rilievo ai mediatori cognitivi del comportamento = progetti e strategie che gli individui mettono in atto per raggiungere i propri obiettivi. Si postula così che i soggetti sono dotati di cognizioni tra loro collegate e che queste costituiscono una forza motivazionale .
  4. Anni ’70: primi studi sullo sviluppo dell’altruismo in età evolutiva che, in gran parte, affondano le proprie radici nella teoria dello sviluppo cognitivo  studia la strutturazione del pensiero e il modo in cui il ragionamento si organizza. Sostiene che le strutture cognitive non sono statiche e date una volta per tutte ma, grazie alla crescita, la maturazione e le esperienze che gli individui compiono, attraversano una serie di stadi sequenziali e si modificano, costituendo dei processi volti a comprendere e attribuire significato a ciò che avviene nel contesto sociale. I bambini, secondo questa teoria, non accettano passivamente le norme stabilite dall’esterno, ma ne costruiscono di proprie attraverso le loro esperienze personali. In tale prospettiva rinforzo, modellamento e imitazione dei modelli rappresentano soltanto degli input che vengono rielaborati cognitivamente e inseriti in sistemi di idee organizzati, che guidano l’elaborazione di un’informazione successiva e orientano il comportamento sociale. Strutture cognitive sono fondamentali per lo sviluppo morale e non c’è un solo e univoco processo di interiorizzazione, poiché i livelli cognitivi che i bambini e gli adulti sviluppano si trasformano ripetutamente nel corso della vita. Lo studio del modificarsi, indotto dall’età e dallo sviluppo cognitivo, dei giudizi morali e delle capacità di assunzione di ruoli e prospettive diverse dalla propria hanno dato un apporto importante per comprendere i comportamenti volti a favorire e beneficiare l’altro. Particolarmente rilevanti a questo proposito sono gli studi Kohlberg , in cui è chiaro il ruolo attivo del soggetto . Kohlberg (1969, 1973) delinea diversi stadi in cui avviene lo sviluppo morale , che rappresentano sistemi di pensiero sempre più svincolati da fatti esterni e fisici. Nei primi stadi i bambini stabiliscono i propri diritti e i propri obblighi sulla base di premi e punizioni che provengono dall’esterno. Negli stadi intermedi essi fanno riferimento a fattori di natura “interna”, quali il consenso e il biasimo, consuetudini e regole condivise, rielaborandoli a livello individuale. Negli ultimi stadi, infine, la moralità si basa fondamentalmente su convinzioni personali, astratte e di carattere generale. Gli studiosi che fanno riferimento alla teoria dello sviluppo cognitivo sono d’accordo sulle modalità in cui avviene il processo di interiorizzazione delle norme morali, mentre non lo sono sulle strutture mentali coinvolte: alcuni ricercatori ritengono che si tratti di strutture logiche e cognitive di carattere generale, applicate al campo morale; altri invece sostengono che questo processo sia in parte indipendente da queste strutture logiche. Vedremo più avanti quali sono le norme sociali alla base dell’altruismo.
  5. Dimensioni di personalità . A lungo si è discusso sulle caratteristiche psicologiche di chi attua comportam. altruistici, chiedendosi se esista o meno una personalità altruistica. Inizio anni ottanta Rushton (1981), sulla base di alcuni studi che avevano rilevato l’altruismo utilizzando delle misurazioni multiple ed evidenziato che alcuni individui attuavano in modo regolare e stabile dei comportamenti prosociali, ha sostenuto l’esistenza di un vero e proprio tratto altruistico  posizione sottoposta a diverse critiche: una di queste rileva come la regolarità comportamentale non sia una condizione sufficiente, per quanto necessaria, affinché si possa sostenere che esiste un tratto disposizionale, tale per cui vi sono individui che possiedono caratteristiche di personalità stabili orientate all’altruismo. Diverse ricerche volte a rilevare questa disposizione interna all’altruismo, in cui sono stati utilizzati anche strumenti psicometrici costruiti appositamente, non hanno fornito nel loro insieme risultati soddisfacenti (Krebs, Miller, 1985) e, in generale, da questi studi emergono relazioni piuttosto deboli tra caratteristiche di personalità e comportamenti altruistici. Malgrado la ricerca della personalità altruista non abbia dato i risultati sperati, e benché secondo alcuni studiosi il problema sia privo di senso date le varie forme di altruismo (Piliavin, Charng, 1990), si può evidenziare qualche costante  persone altruiste paiono avere: buona autostima, elevata competenza sociale, forte senso di responsabilità sociale e senso morale, buona accettazione di sé e alto locus of control interno. Ricerche sulla personalità altruistica sono state oggetto di critiche. Tra le principali debolezze attribuite a questi lavori vi è che, per lo più, sono studi svolti in laboratorio, ponendo i soggetti al di fuori del contesto sociale reale ed esaminando soltanto alcune forme di comportamento considerate altruistiche, senza valutare l’ampia varietà di espressioni di aiuto che esistono al di fuori del laboratorio. Altri studi hanno studiato quanto umore e stato d’animo incidano sulla propensione o meno ad attuare un comport.altruistico  in generale, c’è uno stato affettivo che favorisce l’altruismo e, quando sostenere qualcuno è una forma per rendere migliore il proprio stato psicologico, si è disposti ad agire in tal senso. Evidenziata una maggior disponibilità all’altruismo quando si è di buon umore ( good mood ). Ragione di ciò dovuta, secondo alcuni (Forgas, 1992), al fatto che l’umore favorirebbe un’attenzione selettiva e renderebbe più facilmente accessibili alla memoria argomenti coerenti con lo stato d’animo positivo, e questi comprendono anche comportamenti sociali positivi. Non altrettanto univoci i risultati relativi all’umore negativo. In alcuni studi si è rilevato che uno stato d’animo non positivo riduce la realizzazione di intenti altruisti e accentua la percezione del costo che deriverebbe dall’aiuto ( ibid. ). Viceversa in altri lavori è emerso che sentimenti negativi (es. cattivo umore, sentirsi tristi, senso di colpa) aumentano disponibilità all’aiuto. Interpretazione: comportam. altruistico consentirebbe di vincere proprio stato psicologico negativo (Moscovici, 1994).