Il mobbing è stato descritto da vari Autori (Heinz, L., 1990; Ege, H., 1996, 1997, 1998, 2002; Favretto, G., 2005; Casilli, A., 2000) come una forma subdola di terrore psicologico effettuata sul posto di lavoro attraverso atti vessatori e persecutori, portati avanti in modo frequente e duraturo, da parte di una o più persone (mobber) nei confronti di un altro membro del gruppo di lavoro (mobbizzato) di posizione gerarchica inferiore, superiore o paritaria. Le conseguenze di questa situazione patologica sono per la vittima davvero devastanti e coinvolgono sia la sfera biologica della persona che quella sociale-relazionale ed affettivo-emotiva.
La strategia del mobber: l’elemento soggettivo del mobbingDrughe .it
TRIBUNALE DI TRIESTE, sez. lavoro - Sentenza del 10 dicembre 2003
Le controversie dirette ad accertare fattispecie di mobbing comportano per loro stessa natura una penetrazione psicologica dei comportamenti, al di là di atti che possono presentarsi anche come legittimi e inoffensivi, in modo da indagarne il carattere eventualmente vessatorio, ossia dolosamente diretto a svilire, nuocere o ledere la dignità personale e professionale di un dipendente. La coscienza e volontà del mobber si pone rispetto al fatto non solo come elemento essenziale e costitutivo dell’illecito, ma come elemento idoneo persino a darvi significato: in altri termini, senza il dolo specifico del mobber gli atti potrebbero tutti apparire legittimi e leciti.
Accanto ai tradizionali rischi per la salute dei lavoratori di origine igienico-ambientale (da agenti chimici, fisici, meccanici e biologici) ormai da diversi anni hanno acquistato peculiare rilievo i rischi c.d. trasversali, potenzialmente incidenti sia sulla sicurezza che sull'integrità psicofisica dei lavoratori. Tra questi vengono inclusi i rischi di tipo organizzativo.
Il Mobbing Secondario e gli effetti sulla prole in età evolutiva - Tesi di La...Drughe .it
Questa tesi ha lo scopo di individuare i disturbi che un genitore vittima di Mobbing provoca sulla prole in età evolutiva. Abbiamo parlato convenzionalmente di “Mobbing Secondario” perché si considerano come primari gli effetti causati dal Mobbing sulla vittima, e secondari tutti gli effetti che a sua volta la vittima provoca sulle persone che gli stanno intorno.
Un male oscuro chiamato mobbing
di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi
(Lavoro@Confronto - Numero 22 - Luglio/Agosto 2017)
In Italia il mobbing sta assumendo proporzioni significative e per molti aspetti allarmanti in ciò accentuato anche dalla crisi economica e la crescente disoccupazione che diventano fardelli sempre più pesanti per quei lavoratori che sono fatti oggetto di soprusi e sono per certi versi costretti a subirli per paura di perdere il posto di lavoro.
Un male oscuro chiamato mobbing
di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi
Il termine mobbing ha una derivazione anglosassone; il verbo è “to mob” che significa affollarsi intorno a qualcuno, ed anche assalire, malmenare e aggredire. Diretto derivato di una comune espressione latina, mobile vulgus (folla tumultuante), che identificava la situazione tipica di una marcia o di un evento caratterizzato dalla presenza di persone con la cattiva abitudine di muoversi in modo disordinato spingendo ed urtando i vicini. Il dizionario Treccani ci ricorda che la parola viene usata in etologia per indicare il comportamento messo in atto da un gruppo di potenziali prede nei confronti di un predatore, per intimorirlo e dissuaderlo dall’attacco. Ed infatti il primo ad usare tale termine è stato proprio un etologo, Konrad Lorenz, all’inizio degli anni ’70, per descrivere il comportamento di alcuni animali che si coalizzano contro un componente del gruppo per escluderlo ed isolarlo.
La strategia del mobber: l’elemento soggettivo del mobbingDrughe .it
TRIBUNALE DI TRIESTE, sez. lavoro - Sentenza del 10 dicembre 2003
Le controversie dirette ad accertare fattispecie di mobbing comportano per loro stessa natura una penetrazione psicologica dei comportamenti, al di là di atti che possono presentarsi anche come legittimi e inoffensivi, in modo da indagarne il carattere eventualmente vessatorio, ossia dolosamente diretto a svilire, nuocere o ledere la dignità personale e professionale di un dipendente. La coscienza e volontà del mobber si pone rispetto al fatto non solo come elemento essenziale e costitutivo dell’illecito, ma come elemento idoneo persino a darvi significato: in altri termini, senza il dolo specifico del mobber gli atti potrebbero tutti apparire legittimi e leciti.
Accanto ai tradizionali rischi per la salute dei lavoratori di origine igienico-ambientale (da agenti chimici, fisici, meccanici e biologici) ormai da diversi anni hanno acquistato peculiare rilievo i rischi c.d. trasversali, potenzialmente incidenti sia sulla sicurezza che sull'integrità psicofisica dei lavoratori. Tra questi vengono inclusi i rischi di tipo organizzativo.
Il Mobbing Secondario e gli effetti sulla prole in età evolutiva - Tesi di La...Drughe .it
Questa tesi ha lo scopo di individuare i disturbi che un genitore vittima di Mobbing provoca sulla prole in età evolutiva. Abbiamo parlato convenzionalmente di “Mobbing Secondario” perché si considerano come primari gli effetti causati dal Mobbing sulla vittima, e secondari tutti gli effetti che a sua volta la vittima provoca sulle persone che gli stanno intorno.
Un male oscuro chiamato mobbing
di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi
(Lavoro@Confronto - Numero 22 - Luglio/Agosto 2017)
In Italia il mobbing sta assumendo proporzioni significative e per molti aspetti allarmanti in ciò accentuato anche dalla crisi economica e la crescente disoccupazione che diventano fardelli sempre più pesanti per quei lavoratori che sono fatti oggetto di soprusi e sono per certi versi costretti a subirli per paura di perdere il posto di lavoro.
Un male oscuro chiamato mobbing
di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi
Il termine mobbing ha una derivazione anglosassone; il verbo è “to mob” che significa affollarsi intorno a qualcuno, ed anche assalire, malmenare e aggredire. Diretto derivato di una comune espressione latina, mobile vulgus (folla tumultuante), che identificava la situazione tipica di una marcia o di un evento caratterizzato dalla presenza di persone con la cattiva abitudine di muoversi in modo disordinato spingendo ed urtando i vicini. Il dizionario Treccani ci ricorda che la parola viene usata in etologia per indicare il comportamento messo in atto da un gruppo di potenziali prede nei confronti di un predatore, per intimorirlo e dissuaderlo dall’attacco. Ed infatti il primo ad usare tale termine è stato proprio un etologo, Konrad Lorenz, all’inizio degli anni ’70, per descrivere il comportamento di alcuni animali che si coalizzano contro un componente del gruppo per escluderlo ed isolarlo.
Dalla limerenza alla violenza di genere. Anna Carderi
Convegno “Violenza di Genere. Informarsi Riflettere Agire”.
Quando il disperato bisogno di reciprocità diventa la conditio sine qua non che alimenta il desiderio e orienta il comportamento la persona tende a fare di tutto pur di superare l’ostacolo alla reciprocità e quando la corrispondenza manca, il rifiuto che ne deriva può far emergere vissuti frustranti di tipo fallimentare tali da innescare meccanismi di riconquista di tipo aggressivo e la limerenza può assumere le connotazioni dello stalking e della violenza di genere.
Le conseguenze nefaste del mobbing (Lavoro@Confronto - Numero 26 - Marzo/Apr...Drughe .it
Le conseguenze nefaste del mobbing
A colloquio con Herald Hege, psicologo del lavoro
di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi
Lavoro@Confronto - Numero 26 - Marzo/Aprile 2018
Il mobbing, ovvero il lavoro nella modernità “liquida” di Tiziano MorettiDrughe .it
Già a suo tempo, John Maynard Keynes, nel suo celebre apologo delle giraffe in lotta attorno ad un albero per assicurarsi le foglie migliori, aveva ammonito sui rischi insiti in una società dove conta solo la competizione. È tempo allora di ripensare profondamente i meccanismi che stanno alla base del mondo del lavoro. La lotta al mobbing, e alle sue pesantissime conseguenze personali e collettive, non si sostiene soltanto con le pur necessarie azioni legali e sindacali. Occorre far sì che la massa indistinta racchiusa nell’espressione “capitale umano” torni a diventare un insieme di persone ognuna con i propri diritti, la propria individualità, le proprie speranze e la propria vita da realizzare in modo dignitoso. Questo è un compito che spetta all’educazione e, soprattutto alla politica. Sarebbe un modo per celebrare degnamente il settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani che cadrà nel 2018. Sarà davvero possibile veder realizzato davvero questo augurio?
Introduco il mio breve intervento nella sessione assegnatami in questo interessante convegno, splendidamente organizzato dall’Ordine dei Medici di Lecce, dal tema suggestivo ed attuale di “mobbing sessuale”, con un breve profilo del mobber, tratto da un saggio della vittimologa francese Marie-France Hirigoyen, dal titolo “La perfida arte di annullare l’altro”: quel soggetto pericoloso, quell’individuo che non può esistere se non demolendo l’altro, quel capo che in un ufficio governa svalutando i sottoposti, quel genitore che confonde l’educazione con l’umiliazione, quel marito che non perde occasione per degradare la moglie, quel soggetto a volte determinato, brillante, intelligente e di potere, sull’orlo costante di una psicosi, che è seducente se tutto va bene e distruttivo se messo in discussione e, all’avvento di ogni problema, anche il più banale, si sceglie una vittima.
CAMERA DEI DEPUTATI N. 1722 - PROPOSTA DI LEGGE - Disposizioni per la prevenz...Drughe .it
CAMERA DEI DEPUTATI N. 1722 - PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI ROBERTO ROSSINI, GALANTINO, FRATE, DAVIDE AIELLO, CASA, CATALDI, CECCONI, DE GIROLAMO, GIANNONE, GIULIODORI, LOMBARDO, MAMMÌ, PENNA, RAFFA, ROMANIELLO, SARLI, VILLANI, VIZZINI
Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo
Presentata il 1° aprile 2019
…..
INTRODUZIONE DELL’ARTICOLO 610-BIS DEL CODICE PENALE
Dopo l’articolo 610 del codice penale è inserito il seguente:
« Art. 610-bis. – (Atti di discriminazione o di persecuzione psicologica in ambito lavorativo) – Chiunque, nel luogo o nell’ambito di lavoro, si rende responsabile di atti, omissioni o comportamenti di vessazione, discriminazione, violenza morale o persecuzione psicologica, reiterati nel tempo in modo sistematico o abituale, che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 30.000 a euro 100.000.
La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi dal superiore gerarchico ovvero in accordo tra più persone appartenenti al medesimo ambiente di lavoro. Se gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi nei confronti di una donna in stato di gravidanza o nel corso dei primi quattro anni di vita del figlio, ovvero nei confronti di un minore o di una persona con disabilità ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, le pene di cui ai commi primo e secondo del presente articolo sono aumentate della metà.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede d’ufficio nelle ipotesi di cui al secondo e al terzo comma».
Dalla limerenza alla violenza di genere. Anna Carderi
Convegno “Violenza di Genere. Informarsi Riflettere Agire”.
Quando il disperato bisogno di reciprocità diventa la conditio sine qua non che alimenta il desiderio e orienta il comportamento la persona tende a fare di tutto pur di superare l’ostacolo alla reciprocità e quando la corrispondenza manca, il rifiuto che ne deriva può far emergere vissuti frustranti di tipo fallimentare tali da innescare meccanismi di riconquista di tipo aggressivo e la limerenza può assumere le connotazioni dello stalking e della violenza di genere.
Le conseguenze nefaste del mobbing (Lavoro@Confronto - Numero 26 - Marzo/Apr...Drughe .it
Le conseguenze nefaste del mobbing
A colloquio con Herald Hege, psicologo del lavoro
di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi
Lavoro@Confronto - Numero 26 - Marzo/Aprile 2018
Il mobbing, ovvero il lavoro nella modernità “liquida” di Tiziano MorettiDrughe .it
Già a suo tempo, John Maynard Keynes, nel suo celebre apologo delle giraffe in lotta attorno ad un albero per assicurarsi le foglie migliori, aveva ammonito sui rischi insiti in una società dove conta solo la competizione. È tempo allora di ripensare profondamente i meccanismi che stanno alla base del mondo del lavoro. La lotta al mobbing, e alle sue pesantissime conseguenze personali e collettive, non si sostiene soltanto con le pur necessarie azioni legali e sindacali. Occorre far sì che la massa indistinta racchiusa nell’espressione “capitale umano” torni a diventare un insieme di persone ognuna con i propri diritti, la propria individualità, le proprie speranze e la propria vita da realizzare in modo dignitoso. Questo è un compito che spetta all’educazione e, soprattutto alla politica. Sarebbe un modo per celebrare degnamente il settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani che cadrà nel 2018. Sarà davvero possibile veder realizzato davvero questo augurio?
Introduco il mio breve intervento nella sessione assegnatami in questo interessante convegno, splendidamente organizzato dall’Ordine dei Medici di Lecce, dal tema suggestivo ed attuale di “mobbing sessuale”, con un breve profilo del mobber, tratto da un saggio della vittimologa francese Marie-France Hirigoyen, dal titolo “La perfida arte di annullare l’altro”: quel soggetto pericoloso, quell’individuo che non può esistere se non demolendo l’altro, quel capo che in un ufficio governa svalutando i sottoposti, quel genitore che confonde l’educazione con l’umiliazione, quel marito che non perde occasione per degradare la moglie, quel soggetto a volte determinato, brillante, intelligente e di potere, sull’orlo costante di una psicosi, che è seducente se tutto va bene e distruttivo se messo in discussione e, all’avvento di ogni problema, anche il più banale, si sceglie una vittima.
CAMERA DEI DEPUTATI N. 1722 - PROPOSTA DI LEGGE - Disposizioni per la prevenz...Drughe .it
CAMERA DEI DEPUTATI N. 1722 - PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI ROBERTO ROSSINI, GALANTINO, FRATE, DAVIDE AIELLO, CASA, CATALDI, CECCONI, DE GIROLAMO, GIANNONE, GIULIODORI, LOMBARDO, MAMMÌ, PENNA, RAFFA, ROMANIELLO, SARLI, VILLANI, VIZZINI
Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo
Presentata il 1° aprile 2019
…..
INTRODUZIONE DELL’ARTICOLO 610-BIS DEL CODICE PENALE
Dopo l’articolo 610 del codice penale è inserito il seguente:
« Art. 610-bis. – (Atti di discriminazione o di persecuzione psicologica in ambito lavorativo) – Chiunque, nel luogo o nell’ambito di lavoro, si rende responsabile di atti, omissioni o comportamenti di vessazione, discriminazione, violenza morale o persecuzione psicologica, reiterati nel tempo in modo sistematico o abituale, che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 30.000 a euro 100.000.
La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi dal superiore gerarchico ovvero in accordo tra più persone appartenenti al medesimo ambiente di lavoro. Se gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi nei confronti di una donna in stato di gravidanza o nel corso dei primi quattro anni di vita del figlio, ovvero nei confronti di un minore o di una persona con disabilità ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, le pene di cui ai commi primo e secondo del presente articolo sono aumentate della metà.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede d’ufficio nelle ipotesi di cui al secondo e al terzo comma».
DISTURBI DEL SONNO E PATOLOGIE MOBBING-CORRELATEDrughe .it
DISTURBI DEL SONNO E PATOLOGIE MOBBING-CORRELATE
UNIVERSITÀ DI PISA
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia
I disturbi del sonno giocano un ruolo importante nel disturbo da disadattamento lavorativo, in particolare se questo disturbo consegue ad attività mobbizzanti.
MOBBING e PSICONEUROIMMUNOLOGIA: DALLO STRESS PSICOSOCIALE ALLA MALATTIA Drughe .it
MOBBING e PSICONEUROIMMUNOLOGIA: DALLO STRESS PSICOSOCIALE ALLA MALATTIA
Emilia Costa - Flora Ippoliti
Cattedra di Psichiatria, Sapienza Università di Roma
Cattedra di Immunologia sapienza Università di Roma
E’ ormai noto come il “Mobbing è una forma di violenza psicofisica e molestia morale che conduce al degrado delle condizioni di lavoro ed è atta a ledere la salute, la professionalità, la dignità e l’immagine della persona lavoratore …”(Costa E. 2002).
Il calcolo dei costi dello stress e dei rischi psicosociali nei luoghi di lav...Drughe .it
I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato, unitamente alle ripercussioni negative sulla salute e sull’economia, interessano un numero estremamente elevato di luoghi di lavoro in Europa (EU-OSHA, 2014a, 2014b). Tra i cambiamenti significativi osservati nei luoghi di lavoro negli ultimi decenni, che hanno portato a nuove sfide per la sicurezza e la salute sul lavoro (SSL), si annoverano gli sviluppi sociopolitici a livello globale, come il diffondersi della globalizzazione e l’instaurarsi di un libero mercato, i progressi nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nuovi tipi di accordi in materia contrattuale e di orario di lavoro e gli importanti mutamenti demografici (EU-OSHA, 2007). In un più ampio contesto sociologico, la vita lavorativa risente di una accelerazione del ritmo di vita in generale, che determina un’intensificazione del lavoro, con ritmi costantemente incalzanti, la necessità di eseguire più compiti contemporaneamente (“multitasking”) e il bisogno di acquisire nuove competenze anche soltanto per mantenere lo status quo (Rosa, 2013). Oltre a questi cambiamenti strutturali e a lungo termine, l’attuale crisi economica sta sottoponendo datori di lavoro e lavoratori a una pressione crescente per rimanere competitivi.
È considerato illegittimo, anche qualora non contrasti con specifiche disposizioni, il licenziamento disposto a conclusione di un percorso vessatorio di mobbing.
Aspetti clinici del Mobbing - Prof. Dott. Gino Pozzi Drughe .it
Ministero degli Affari Esteri
D.G.R.O. – Istituto Diplomatico
Mattinata di sensibilizzazione sul fenomeno del Mobbing
Sala Conferenze Internazionali - Palazzo della Farnesina
Roma, 18 novembre 2009
Aspetti clinici del Mobbing - Prof. Dott. Gino Pozzi (Ricercatore confermato e Professore aggregato di Psichiatria - Facoltà di Medicina e Chirurgia "A. Gemelli" - Università Cattolica del Sacro Cuore Roma).
Mobbing: virus organizzativo - La prevenzione del fenomeno per lo sviluppo de...Drughe .it
DEFINIZIONE DI MOBBING PSICOSOCIALE
“Atti, atteggiamenti o comportamenti di violenza morale o psichica in occasione di lavoro ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale che portano ad un degrado delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore e della lavoratrice”
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Funzione Pubblica
Università La Statale di Milano - Un solo evento stressante può causare effet...Drughe .it
Uno studio dell’Università Statale di Milano osserva come un singolo evento stressante possa causare modificazioni a lungo termine nella trasmissione nervosa e nella struttura dei circuiti neuronali, aprendo nuove vie per la gestione del Disturbo Post‐traumatico da Stress.
Milano, 14 novembre 2016 ‐ Lo stress causato da vari fattori ambientali (traumi, eventi naturali, stress psicologico, etc.) è considerato un fattore di rischio importante per numerose malattie, in particolare le malattie neuropsichiatriche e neurodegenerative. Uno studio recente, pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry (del gruppo Nature), ha dimostrato che un solo evento stressante può causare effetti a lungo termine nella corteccia cerebrale. La ricerca è stata coordinata da Laura Musazzi e Maurizio Popoli, del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano.
CAMERA DEI DEPUTATI N. 2191 - PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA DELLA DEPUTATA G...Drughe .it
Introduzione dell’articolo 582-bis del codice penale, in materia di molestia morale e violenza psicologica nell’attività lavorativa (mobbing e straining).
Presentata il 14 marzo 2014
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
1. La Repubblica promuove incontri tra i diversi soggetti del mercato del lavoro al fine di sensibilizzare i lavoratori, i datori di lavoro e i sindacati al rispetto della normativa in materia dei reati di mobbing e di straining.
ART. 2.
1. Dopo l’articolo 582 del codice penale è inserito il seguente:
« ART. 582-bis. – (Mobbing e straining). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro o il lavoratore che, in pendenza di un rapporto di lavoro, con più azioni di molestia, minaccia, violenza morale, fisica o psicologica ripetute nel tempo ponga in pericolo o leda la salute fisica o psichica ovvero la dignità di un lavoratore, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 5.000 a euro 20.000. Il delitto è procedibile d’ufficio. Se la condotta di cui al primo comma è realizzata con un’unica azione, il reato è punito con la pena da tre mesi a due anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000. Il delitto è procedibile d’ufficio».
Mobbing: elementi costitutivi e onere della provaDrughe .it
MOBBING: una serie di atti vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da
parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di
persecuzione e di emarginazione, finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo.
Mobbing da parte del dirigente scolastico, la storia di un’insegnante che ha vinto
Quello che a breve andrete a leggere non è una favola tantomeno un romanzo ma semplicemente una storia di vita vissuta, dolorosa, molto comune (più di quanto non si pensi), complessa e ricca di cattiverie, così come solo la mente umana è capace di sviluppare. La voglio rendere pubblica per dare coraggio a chi può condividere o ha già condiviso questo percorso, per dire che il mobbing si può combattere, si può sconfiggere. Per farlo però è necessario avere fiducia e autostima; il mobizzato non ha problemi psicologici, è principalmente una vittima. Poiché la mente umana, attraverso la memoria compatta gli avvenimenti, ne cancella quelli poco piacevoli, è necessario per prima cosa prendere appunti, annotare tutto quello che accade, giorno per giorno, episodio con episodio, registrare gli orari in cui i fatti accadono e le persone presenti.
Esordisce così la professoressa Giovanna Piga nel suo racconto inviato alla redazione di “OggiScuola.it” in cui parla di un momento delicato della sua vita. Una storia fatta di mobbing da parte del dirigente scolastico, anni di bugie e calunnie che alla fine hanno visto trionfare l’insegnante in tribunale. Il Miur è stato condannato a risarcire la docente per il danno biologico subito. “Io – scrive la docente – ho pagato un prezzo alto: la serenità che per anni è venuta a mancare ma sono stata ripagata da tanta solidarietà che è vero non è arrivata dall’ufficio ma ciò che conta è il risultato”. Una storia fatta di ansie, dolori, tachicardia e visite dalla psichiatra, anni che hanno devastato l’insegnante che per raccontare la sua vittoria, ma soprattutto i suoi dolori, ha scelto di scrivere, mettere nero su bianco quelle sofferenze e condividerle.
tratto da: oggiscuola.com
DISEGNO DI LEGGE SUI REATI RELATIVI AGLI ATTI PERSECUTORI NEI LUOGHI DI LAVORO
MOBBING, UNA FORMA PATOLOGICA DI DOPPIO LEGAME - di Laura Cervone
1. MOBBING, UNA FORMA PATOLOGICA DI
DOPPIO LEGAME
di Laura Cervone *
Il mobbing è stato descritto da vari Autori (Heinz, L., 1990; Ege, H., 1996, 1997,
1998, 2002; Favretto, G., 2005; Casilli, A., 2000) come una forma subdola di
terrore psicologico effettuata sul posto di lavoro attraverso atti vessatori e
persecutori, portati avanti in modo frequente e duraturo, da parte di una o più
persone (mobber) nei confronti di un altro membro del gruppo di lavoro
(mobbizzato) di posizione gerarchica inferiore, superiore o paritaria. Le
conseguenze di questa situazione patologica sono per la vittima davvero
devastanti e coinvolgono sia la sfera biologica della persona che quella sociale-
relazionale ed affettivo-emotiva.
Secondo una lettura sistemica del fenomeno, il mobbing può essere letto, in senso
ampio, anche come una forma patologica di doppio legame (Bateson G., Jackson
D.D., Haley., e al. 1956; Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson D.D., 1997;
weakland J. H., 1974).
La base teorica del doppio legame è la teoria dei tipi logici di Russell, la cui tesi
centrale postula una discontinuità tra una classe e i suoi membri, in quanto né
una classe può essere membro di se stessa, né uno dei suoi membri può essere la
classe, appartenendo “membro” e “classe” a livelli di astrazione differenti.
Secondo Bateson e coll. (1956) quando questa discontinuità viene violata nella
comunicazione umana insorge una patologia, come la schizofrenia.
Le caratteristiche fondamentali del doppio legame sono sinteticamente queste:
a) due o più persone sono coinvolte in una situazione di cui una è designata
come vittima;
b) la ripetitività dell’esperienza;
2. c) una ingiunzione negativa primaria, come ad esempio “Non fare così se no
ti punirò” oppure “Se fai così, ti punirò”. Si crea in tal modo un contesto
basato sull’evitare la punizione;
d) una ingiunzione secondaria in conflitto con la prima e ad un livello più
astratto, rinforzata sempre dall’evitare la punizione e da segnali che
minacciano la sopravvivenza dell’individuo. Questa comunicazione viene
di solito fatta al bambino con mezzi non verbali e contraddice
l’ingiunzione negativa primaria;
e) una ingiunzione terziaria negativa che proibisce di abbandonare il campo
per l’intensità e l’importanza della relazione;
f) una volta che l’individuo-vittima ha imparato a percepire il mondo in
termini di doppio legame, non è più necessaria la serie completa di eventi,
sopra descritta, perché si verifichi il doppio legame.
Gli effetti del doppio legame sono per l’individuo-vittima davvero drammatici:
a) l’individuo coinvolto nella relazione non riesce a distinguere con
precisione il tipo di messaggio per rispondere in modo appropriato; anche
perché l’altra persona (“la madre”) gli invia contemporaneamente
messaggi di livello diverso di astrazione di cui l’uno nega l’altro;
b) l’individuo-vittima non è in grado di metacomunicare per uscire
dall’ambiguità né di abbandonare il campo per l’importanza di quella
relazione per la sua sopravvivenza. La schizofrenia ricorre allora alla
descrizione metaforica come via d’uscita.
Parallelamente alla situazione sopra descritta, il mobbing, come forma subdola
di terrore psicologico sul posto di lavoro, agisce a due livelli logici differenti: da
un lato il mobber metterà in pratica tutta una serie di azioni finalizzate a
screditare e umiliare il mobbizzato col fine di ottenere le sue dimissioni;
dall’altro, sul piano verbale, non esprimerà mai chiaramente questo suo
desiderio, cioè non dirà mai “Io ti licenzio, te ne devi andare!”, ma farà in modo
che sia la vittima a capirlo indirettamente e a farlo. Quindi, come nel doppio
3. legame, ad un livello logico il mobber (la madre) dirà una cosa ,“Non voglio che
tu te ne vada!” (piano verbale inferiore), ma ad un altro livello (piano non-
verbale superiore) dirà esattamente l’opposto, “Vattene!”. Intanto il Mobbizzato
(il figlio) viene spostato in un altro ufficio isolato, gli viene tolta la scrivania o la
macchina e altri bonus aziendali… Si trova quindi come in gabbia, intrappolato
tra due messaggi contraddittori: “Ti tolgo la macchina, ti attribuisco mansioni
dequalificanti, ma non voglio che tu te ne vada!”. In questa frase si rivela
chiaramente l’aspetto paradossale della situazione di mobbing che assomiglia
molto a quella del doppio legame, a parte il differente contesto in cui si svolge
(luogo di lavoro), la differente qualità delle relazioni umane coinvolte, il fatto
che nel mobbing abbiamo un fine a cui il mobber mira direttamente
(eliminazione della vittima), mentre nel doppio legame descritto da Bateson e al.
(1956) non è così chiaro e ben definito. Inoltre le azioni mobbizzanti, ad un certo
punto del processo, vengono svolte in modo intenzionale e consapevole dal
mobber; non possiamo dire invece la stessa cosa per la madre coinvolta nel
doppio legame.
Il doppio legame è stato studiato da vari Autori nel sistema familiare e in
particolare prima nella relazione diadica madre-figlio (Bateson 1956), poi in
quella triadica (Weakland, 1974) genitori-figlio. Successivamente è stato studiato
in altri sistemi più ampi, come l’ospedalizzazione, i rapporti d’affari, ecc.
(Weakland, 1974). E’ un fenomeno quindi molto diffuso, che si presta ad essere
utilizzato in contesti differenti con le dovute modifiche e specificazioni, come nel
gruppo di lavoro. Anche qui, infatti, come nella situazione classica del doppio
legame, l’intensità e l’importanza della relazione con il gruppo rendono per la
vittima difficile e molto sofferta la scelta di abbandonare il proprio posto di
lavoro. Il lavoro infatti costituisce la nostra principale entrata economica, il
mezzo attraverso il quale possiamo provvedere a noi stessi e alla nostra famiglia.
Inoltre il lavoro rappresenta simbolicamente anche il nostro ingresso nella
società degli adulti, la fine quindi del periodo adolescenziale e l’inizio dell’età
4. adulta con tutte le sue difficoltà e responsabilità. Diviene allora fondamentale
per la sopravvivenza del nostro Sé sociale il sentirci appartenenti ad un gruppo,
in questo caso, di lavoro, se è vero, come dice Tajfel (1981) che “l’identità sociale
è quella parte dell’immagine di sé di un individuo che deriva dalla sua
consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale unita al valore e al
significato emotivo attribuito a tale appartenenza”.
Anche metacomunicare sulla situazione è impossibile: il mobber non dirà mai
quello che vuole realmente e, se il mobbizzato si azzarderà soltanto a dire come
stanno veramente le cose, passerà per matto e paranoide. Non c’è nulla da fare!
Il mobbizzato deve subire tutta la contraddittorietà della situazione in cui si
trova in silenzio, mantenendola e rafforzandola a sua volta. Secondo una lettura
cibernetica, come per il doppio legame, anche per il mobbing, ad un certo punto
si crea un circolo vizioso, paradossale, dove diviene difficile individuare un
prima e un dopo, una vittima e un persecutore. Al massimo si può dire che uno,
quello più debole, sembra essere la vittima e che l’altro, quello invece più forte,
sembra essere il persecutore (Sluzki, 2000). Entrambi gli individui coinvolti nella
relazione si stimolano a vicenda, mantenendo così la relazione ricorsiva e
circolare, come nel doppio legame.
* Laura Cervone: Psicologa, esercita a Modena, prestando servizio anche presso
la casa circondariale locale.
5. BIBLIOGRAFIA
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