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Tecnologia 
bellica 
PON In viaggio con Archimede 
Prof. Mennea Giovanni
Argomenti che tratteremo 
● L'assedio romano a Siracusa 
● Catapulte e balista 
● Artiglio 
● Lo specchio ustore
L'assedio romano a Siracusa 
Nel 240 comincia l’assedio romano, sotto il comando 
del console Marcello e di Appio Claudio. Siracusa 
sarebbe subito caduta se un solo uomo non avesse 
fermato l’offensiva dell’esercito invasore. 
Marcello circondò la città siceliota per mare con 60 
galere, Appio attaccava da terra. In cinque giorni i 
due comandanti contavano, come ci tramanda 
Polibio, di portare a termine i loro piani.
La difesa 
Ma con le sue invenzioni Archimede riuscì a 
diffondere un superstizioso terrore nel nemico. I 
soldati romani, così, tentarono la notte di 
cogliere di sorpresa gli assediati, ma dalle 
fessure delle mura, ad altezza d’uomo dentro e 
grandi come un palmo fuori, gli arcieri 
investivano il nemico con miriadi di frecce.
Lancio di dardi 
Quando i Romani cercavano di agganciare le 
sambuche, dalle mura emergevano nuove armi, 
che si estendevano molto al di fuori dei bastioni 
e lanciavano massi e sfere di piombo dal peso 
minimo di dieci libbre: le punte erano orientate 
da uno speciale congegno e per mezzo di una 
carrucola scaricavano il macigno ad una 
velocità che aumentava la sua potenza 
distruttiva, annientando navi ed armi annesse.
.. e mani di ferro 
Dalle mura, inoltre, Archimede faceva calare 
robuste catene provviste di uncini, le cosiddette 
“mani di ferro” che, pilotate da dentro, 
arpionavano la prora della nave e, mentre nella 
città un manico si abbassava, la nave fuori si 
alzava sulla poppa, poi di botto la catena 
veniva lasciata libera e la nave cadeva in acqua 
rovesciandosi.
E i romani fuggivano 
I Romani fuggivano, ormai, appena vedevano 
funi e travi uscire dalle mura! L’industrioso 
Archimede utilizzava inoltre i celeberrimi 
specchi ustori di sua invenzione che egli 
orientava sulle navi nemiche, facendovi 
concentrare i raggi solari per incendiarle. 
A raccontarlo sono Plutarco, Tito Livio e Polibio.
Catapulta e balista 
Archimede inventò diverse macchine 
belliche schierate nella battaglia tra 
Siracusa e Roma. Macchine in grado di 
colpire un bersaglio a diversa distanza di 
tiro, sia con pietre o corpi pesanti 
(baliste), sia con frecce e giavellotti 
(scorpioncini). 
La storia riferisce di forze romane 
terrorizzate dalla potenza distruttrice 
degli apparati bellici che si trovavano a 
dover fronteggiare, e del condottiero 
romano Marcello a corto di risorse e in 
forte dubbio sulla possibilità di portare a 
buon fine la missione contro Gerone II.
La potenza della balista 
Il culmine della potenza venne raggiunto da 
Archimede, che sviluppò una balista capace di 
scagliare massi di ben 3 talenti (78 kg). 
Per ottenere questi risultati, grazie a studi 
matematici, giunse alla conclusione che il 
diametro del fascio di corde era uguale a 1.1 
volte la radice cubica di 100 volte il peso della 
pietra in mine.
L'Artiglio di Archimede 
L'artiglio di Archimede (greco: Ἁρπάγη), o mano 
di ferro, era un'antica arma ideata da Archimede 
per difendere le mura di Siracusa dagli assalti 
nemici. 
Nonostante la sua vera natura non sia chiara, i 
racconti degli antichi storici sembrano 
descriverla come una sorta di gru armata con un 
gancio attaccato ad una corda in grado di 
sollevare parzialmente le navi nemiche 
dall'acqua, per poi farla rovesciare o cadere.
Impiego dell'arma 
Queste macchine furono usate soprattutto 
durante la seconda guerra punica nel 214 a.C., 
quando la Repubblica romana attaccò Siracusa 
con una flotta composta di almeno 120 
quinquereme guidate da Marco Claudio 
Marcello. 
Quando la flotta romana si avvicinò alle mura 
cittadine approfittando dell'oscurità, furono usate 
le macchine, affondando molte navi e spargendo 
la confusione negli assalitori.
Test effettuati in seguito 
Il funzionamento di questa invenzione fu testato 
nel 1999 all'interno di un programma della BBC, 
Secrets of the Ancients, e poi di nuovo nel 2005 
da Discovery Channel in Superweapons of the 
Ancient World riunendo un gruppo di ingegneri. 
In sette giorni riuscirono a testare la loro 
creazione. Furono in grado di sollevare ed 
affondare una nave romana. Nonostante questo 
non provi l'esistenza dell'artiglio, perlomeno ne 
dimostra la fattibilità.
Lo specchio ustore 
Legata alla vicenda dell'assedio è la leggenda 
che vorrebbe le mura della città difese, dalla 
parte del mare, anche da colossali costruzioni di 
specchi parabolici, che catturando e 
concentrando i raggi solari, li avrebbero riflessi 
direttamente sulle navi romane, provocando 
numerosi incendi.
Esperimenti condotti 
Non si può dare credito a questa suggestiva 
versione, sia perché le fonti più antiche non 
menzionano gli specchi ustori, sia perché in 
epoca contemporanea i fisici hanno effettuato 
esperimenti e calcoli, dimostrando l'impossibilità 
degli effetti che la tradizione attribuisce all'azione 
degli specchi incendiari. Questa leggenda è 
comunque il sintomo della visione che di 
Archimede si aveva nel Medioevo.
Evoluzione dello specchio ustore 
Nonostante tutto lo scienziato siracusano 
appariva un simbolo del potere della tecnica e 
del sapere. Il principio scoperto da Archimede 
afferma che uno specchio a parabola riflette tutti 
i raggi che arrivano paralleli all'asse della 
parabola verso un punto ben preciso, dove si 
concentra il fascio di radiazione: il fuoco della 
parabola. 
A raccogliere il testimone della sua opera 
saranno poi i veri protagonisti della nuova 
scienza del Rinascimento: Galileo, Leonardo e 
Newton.

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Archimede e la tecnologia bellica

  • 1. Tecnologia bellica PON In viaggio con Archimede Prof. Mennea Giovanni
  • 2. Argomenti che tratteremo ● L'assedio romano a Siracusa ● Catapulte e balista ● Artiglio ● Lo specchio ustore
  • 3. L'assedio romano a Siracusa Nel 240 comincia l’assedio romano, sotto il comando del console Marcello e di Appio Claudio. Siracusa sarebbe subito caduta se un solo uomo non avesse fermato l’offensiva dell’esercito invasore. Marcello circondò la città siceliota per mare con 60 galere, Appio attaccava da terra. In cinque giorni i due comandanti contavano, come ci tramanda Polibio, di portare a termine i loro piani.
  • 4. La difesa Ma con le sue invenzioni Archimede riuscì a diffondere un superstizioso terrore nel nemico. I soldati romani, così, tentarono la notte di cogliere di sorpresa gli assediati, ma dalle fessure delle mura, ad altezza d’uomo dentro e grandi come un palmo fuori, gli arcieri investivano il nemico con miriadi di frecce.
  • 5. Lancio di dardi Quando i Romani cercavano di agganciare le sambuche, dalle mura emergevano nuove armi, che si estendevano molto al di fuori dei bastioni e lanciavano massi e sfere di piombo dal peso minimo di dieci libbre: le punte erano orientate da uno speciale congegno e per mezzo di una carrucola scaricavano il macigno ad una velocità che aumentava la sua potenza distruttiva, annientando navi ed armi annesse.
  • 6. .. e mani di ferro Dalle mura, inoltre, Archimede faceva calare robuste catene provviste di uncini, le cosiddette “mani di ferro” che, pilotate da dentro, arpionavano la prora della nave e, mentre nella città un manico si abbassava, la nave fuori si alzava sulla poppa, poi di botto la catena veniva lasciata libera e la nave cadeva in acqua rovesciandosi.
  • 7. E i romani fuggivano I Romani fuggivano, ormai, appena vedevano funi e travi uscire dalle mura! L’industrioso Archimede utilizzava inoltre i celeberrimi specchi ustori di sua invenzione che egli orientava sulle navi nemiche, facendovi concentrare i raggi solari per incendiarle. A raccontarlo sono Plutarco, Tito Livio e Polibio.
  • 8. Catapulta e balista Archimede inventò diverse macchine belliche schierate nella battaglia tra Siracusa e Roma. Macchine in grado di colpire un bersaglio a diversa distanza di tiro, sia con pietre o corpi pesanti (baliste), sia con frecce e giavellotti (scorpioncini). La storia riferisce di forze romane terrorizzate dalla potenza distruttrice degli apparati bellici che si trovavano a dover fronteggiare, e del condottiero romano Marcello a corto di risorse e in forte dubbio sulla possibilità di portare a buon fine la missione contro Gerone II.
  • 9. La potenza della balista Il culmine della potenza venne raggiunto da Archimede, che sviluppò una balista capace di scagliare massi di ben 3 talenti (78 kg). Per ottenere questi risultati, grazie a studi matematici, giunse alla conclusione che il diametro del fascio di corde era uguale a 1.1 volte la radice cubica di 100 volte il peso della pietra in mine.
  • 10. L'Artiglio di Archimede L'artiglio di Archimede (greco: Ἁρπάγη), o mano di ferro, era un'antica arma ideata da Archimede per difendere le mura di Siracusa dagli assalti nemici. Nonostante la sua vera natura non sia chiara, i racconti degli antichi storici sembrano descriverla come una sorta di gru armata con un gancio attaccato ad una corda in grado di sollevare parzialmente le navi nemiche dall'acqua, per poi farla rovesciare o cadere.
  • 11. Impiego dell'arma Queste macchine furono usate soprattutto durante la seconda guerra punica nel 214 a.C., quando la Repubblica romana attaccò Siracusa con una flotta composta di almeno 120 quinquereme guidate da Marco Claudio Marcello. Quando la flotta romana si avvicinò alle mura cittadine approfittando dell'oscurità, furono usate le macchine, affondando molte navi e spargendo la confusione negli assalitori.
  • 12. Test effettuati in seguito Il funzionamento di questa invenzione fu testato nel 1999 all'interno di un programma della BBC, Secrets of the Ancients, e poi di nuovo nel 2005 da Discovery Channel in Superweapons of the Ancient World riunendo un gruppo di ingegneri. In sette giorni riuscirono a testare la loro creazione. Furono in grado di sollevare ed affondare una nave romana. Nonostante questo non provi l'esistenza dell'artiglio, perlomeno ne dimostra la fattibilità.
  • 13. Lo specchio ustore Legata alla vicenda dell'assedio è la leggenda che vorrebbe le mura della città difese, dalla parte del mare, anche da colossali costruzioni di specchi parabolici, che catturando e concentrando i raggi solari, li avrebbero riflessi direttamente sulle navi romane, provocando numerosi incendi.
  • 14. Esperimenti condotti Non si può dare credito a questa suggestiva versione, sia perché le fonti più antiche non menzionano gli specchi ustori, sia perché in epoca contemporanea i fisici hanno effettuato esperimenti e calcoli, dimostrando l'impossibilità degli effetti che la tradizione attribuisce all'azione degli specchi incendiari. Questa leggenda è comunque il sintomo della visione che di Archimede si aveva nel Medioevo.
  • 15. Evoluzione dello specchio ustore Nonostante tutto lo scienziato siracusano appariva un simbolo del potere della tecnica e del sapere. Il principio scoperto da Archimede afferma che uno specchio a parabola riflette tutti i raggi che arrivano paralleli all'asse della parabola verso un punto ben preciso, dove si concentra il fascio di radiazione: il fuoco della parabola. A raccogliere il testimone della sua opera saranno poi i veri protagonisti della nuova scienza del Rinascimento: Galileo, Leonardo e Newton.