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I ‘TROFEI DI MARIO’,
MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO NOVUS:
IL PERCORSO DELL’ACQUA*
DI
GIUSEPPINA PISANI SARTORIO
SOCIO EFFETTIVO
LEONARDO LOMBARDI – HENRIQUE ROSSI ZAMBOTTI**
In epoca romana, lungo il percorso di un acquedotto1
venivano collocati
in genere uno o più serbatoi detti castella, la cui capacità era calcolata per il
fabbisogno giornaliero della comunità locale. I ‘castella’ potevano funzionare
anche da ‘ripartitori terminali’ dell’acquedotto: servivano cioè non solo a
distribuire le acque nelle tre utenze previste dai regolamenti,2
ma anche a
Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXXIII 2010-2011, pp. 59-89
* Letta nell’Adunanza pubblica del 16 dicembre 2010.
** Leonardo Lombardi, idrogeologo. Giuseppina Pisani Sartorio, archeologa, Henri-
que Rossi Zambotti, computer grafico 3D, al quale si devono le ricostruzioni virtuali. Un
ringraziamento particolare all’ing. Edoardo Gautier (v. Appendice, a pp. 91-99), al dott.
Angelo Corazza e all’Associazione ‘Roma Sotterranea’ per la loro liberale disponibilità e
collaborazione nei sopralluoghi all’interno, assai poco agevole, del monumento. Un testo
più sintetico sullo stesso argomento è stato pubblicato negli Atti del Convegno Internazionale
“ L’acqua, le pietre, i bronzi. Le fontane monumentali. Gestione e conservazione. Esperienze a con-
fronto”, Roma 23-25 ottobre 2008, Roma 2010 (in corso di stampa).
1
Nel percorso extraurbano, ma soprattutto lungo quello urbano.
2
Secondo le indicazioni contenute nel testo di Frontino (FRONTIN., LXXVIII), una
parte dell’acqua veniva erogata fuori della città sia a utenti privati che per le necessità della
casa imperiale (per i giardini e le terme nelle ville), il resto veniva distribuito all’interno
dell’abitato tramite i 247 castella secondo tre destinazioni precise: alla casa imperiale
(nomine Caesaris), ai privati (privatis), agli usi pubblici (usibus publicis), cioè ai 18 accampa-
menti militari (castris), ai 95 servizi pubblici (operibus publicis) (terme, ginnasi, horrea, tea-
tri, anfiteatri, …), alle 39 fontane monumentali (muneribus) e alle 591 fontanelle (lacibus)
distribuite lungo le strade nei vari quartieri. I castra citati da Frontino vengono variamente
interpretati come stationes delle cohortes vigilum dall’Evans (EVANS 1994, p. 10), ma queste
60 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
realizzare il passaggio dal regime di adduzione a pelo libero dei condotti a
quello a pressione nelle tubazioni (fistulae). In considerazione delle loro
dimensioni Vitruvio prescrive che vengano costruiti vicino alle mura delle
città.3
A Roma se ne contavano 130 all’epoca di Agrippa secondo Plinio,4
Fron-
tino ne riporta 247, il che significa che vi erano più castella per ogni acque-
dotto, cioè castella secundaria o serbatoi elevati per ridurre la pressione, se
necessario, fino a valori accettabili per le condutture.
Le ‘mostre’, cioè i serbatoi terminali degli acquedotti, erano dette anche
‘munera’,5
termine che pone l’accento sul significato di ‘dono’, ma anche di
‘servizio’ che aveva la fontana pubblica con la sua acqua a disposizione di
tutti.
Alcuni di questi castella vennero monumentalizzati, come i cd. ‘Trofei
di Mario’6
o Nymphaeum Alexandri, mostra delle acque Claudia-Aniene
Nuovo7
costruita da Alessandro Severo (figg. 1-2): è l’unica mostra antica
d’acquedotto o fontana monumentale conservata in Roma,8
di cui cerche-
remo di ricostruire il funzionamento, restituendole ‘virtualmente’ il per-
corso dell’acqua.9
erano solo 7, una ogni due regioni augustee, altri pensano a castella di maggiori e differenti
dimensioni, cioè cisterne-serbatoio dislocate in punti diversi del sistema di approvvigiona-
mento di ogni singolo acquedotto (v. WILSON 2007, pp. 439-443).
3
VITR., VIII. 6.1. Cfr. il castellum dell’acqua Claudia/Aniene Nuovo post Hortos Pallan-
tianos in FUR, tav. 24.
4
PLIN., N.H., XXXVI, 27.17. P. PACE, Gli acquedotti di Roma, Roma 1983, pp. 55-60.
5
Sul significato di munera, v. LANCIANI 1880-81 (1975), pp. 581-582.
6
Per l’attribuzione a Mario dei Trofei, v. TEDESCHI GRISANTI 1996, p. 352.
7
Una più esatta attribuzione a questi due acquedotti potrebbe risultare dall’applica-
zione di nuove tecniche di analisi delle incrostazioni con prelievi dagli stessi ‘Trofei’, dal
condotto sugli archi di via F. Turati e dai depositi calcarei della cisterna delle Sette Sale;
cfr. LOMBARDI, COATES STEPHENS 2005.
8
Sulla tutela del monumento e sulla situazione urbanistica alla fine dell’Ottocento,
cfr. C. LORENZINI, L’Esquilino, in F. COARELLI (a cura di), Gli scavi di Roma 1878-1921, LTUR,
Supplementum II, 1, pp. 29-30; M. BUONOCORE, Appunti di topografia romana nei Codici Lanciani
della Biblioteca Apostolica Vaticana, I, Roma 1997, pp. 244-245. Per i confronti con altre fon-
tane monumentali del mondo greco-romano, cfr. TEDESCHI GRISANTI 1977.
9
Questa ricerca nasce da una lunga consuetudine con il monumento detto i ‘Trofei di
Mario’ in occasione degli interventi di restauro degli anni 1981-1988 (Legge Biasini), la
cui documentazione e studio furono affidati alla dott.ssa Giovanna Tedeschi Grisanti, che
aveva appena pubblicato (TEDESCHI GRISANTI 1977) uno studio proprio sui Trofei. Un que-
sito all’epoca era rimasto senza risposta: come ‘camminava’ l’acqua in questa monumen-
tale struttura, formata da un intrigo di cunicoli, vasche, sfiatatoi e fogne pieni di impo-
nenti depositi calcarei? Una domanda che ho ‘girato’ agli amici Lombardi e Rossi Zam-
botti: dopo una serie di sopralluoghi al monumento, ne è seguito questo studio.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 61
Fig. 1. Roma. I c.d. ‘Trofei di Mario’ all’interno del giardino di piazza Vittorio Emanuele II: veduta
frontale (foto Rossi Zambotti)
Fig. 2. Roma. I c.d. ‘Trofei di Mario’ all’interno del giardino di piazza Vittorio Emanuele II: veduta
posteriore (foto Rossi Zambotti)
62 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’ACQUA CLAUDIA/ANIO NOVUS
Sarà sufficiente una descrizione sommaria degli aspetti storici, architet-
tonici, archeologici di questa monumentale fontana, molto nota, essenziali
alla illustrazione del suo funzionamento idrico, dando per scontati i risultati
degli studi di Giovanna Tedeschi Grisanti,10
che ne seguì gli scavi e i restauri
più recenti e che – esaminati gli studi e la documentazione storica di Pirro
Ligorio (1550 ca.) (fig. 3), del Fabretti (1680),11
del Piranesi (1761) (fig. 4),12
del Garnaud (1821) (fig. 5),13
del Lanciani (1878)14
e di molti altri15
– ha defi-
nitivamente stabilito che si tratta del ‘ninfeo’ di Alessandro Severo, ripro-
dotto sulle monete del 226 d.C.,16
quindi databile all’anno, e che ne danno
la rappresentazione contemporanea e fedele, fontana alimentata non dal-
l’acqua Giulia, ma bensì dalla Claudia-Aniene Nuovo sulla base di una pre-
cisa livellazione dello speco di queste acque eseguita nel 1987 a Porta Mag-
giore, a via Filippo Turati17
e sui ‘Trofei’ stessi.18
A Porta Maggiore lo speco si
colloca infatti a m 63,85 s.l.m. con la perdita di un metro nel tratto di via
F. Turati (62,83) e con un dislivello di 0,55 tra via Turati e l’arrivo del con-
10
A tali studi si rimanda per una descrizione dettagliata del monumento, della storia
degli studi, per la documentazione storica e degli scavi e dei restauri più recenti: TEDESCHI
GRISANTI 1977, dove ancora la fontana viene attribuita all’acqua Giulia; per le vicende del
monumento in occasione della costruzione del quartiere Esquilino, cfr. TEDESCHI GRISANTI,
CATTALINI 1983, pp. 181-186; da ultimo: TEDESCHI GRISANTI 1996, pp. 351-352, figg. 217-218
(con bibl. precedente). Per l’attribuzione alle aquae Claudia/Anio Novus, cfr.: TEDESCHI GRI-
SANTI 1992, pp. 59-72; inoltre, più recentemente, v. TEDESCHI GRISANTI 2006, pp. 177-185.
11
Per Pirro Ligorio, cfr. Appendice, pp. 91-99; FABRETTI MDCLXX.
12
PIRANESI 1761.
13
A.M. GARNAUD, Mémoir explicatif de la restauration du château de l’eau Jules (Aqua Julia) à
Rome, pubblicato in TEDESCHI GRISANTI 1977, pp. 75-77 (Appendice con i relativi acquerelli).
V. anche: Roma Antiqua 1992, pp. 58-73.
14
Il Lanciani eseguì il primo restauro ‘moderno’ dell’edificio, di cui parla anche nel
suo volume sugli acquedotti (LANCIANI 1880-1881 [1975], pp. 383-387). Di questo restauro,
di cui restano evidenti gli interventi sul monumento (cortine laterizie rifatte e catene di
contenimento), non è pervenuta la documentazione scritta; il fascicolo riguardante i
restauri del 1878-1885, che doveva essere conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato
(Min. P.I., Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. Antichità, 2° versamento, 2a
parte, b. 459), risulta man-
cante dal 1895. Cfr. TEDESCHI GRISANTI 1983, p. 184, nota 11.
15
Ognuno dei quali ha qualche dettaglio ancora oggi valido per la comprensione di
questo monumento.
16
Un medaglione, un denario, un aureo, un sesterzio: TEDESCHI GRISANTI 1977-1978,
pp. 167-177, fig. 17.
17
TEDESCHI GRISANTI 2001, pp. 51-55.
18
TEDESCHI GRISANTI 1992. Una tale ipotesi era già stata fatta da PARKER 1876, p. 131,
tavv. XII, XVII, che fa espresso riferimento alle monete di Alessandro Severo; l’ipotesi
venne ripresa dal Lanciani.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 63
Fig. 3. I c.d. ‘Trofei di Mario’ in un disegno di Pirro Ligorio. È rappresentato il secondo livello, dove l’artista ha
indicato chiaramente la presenza di acque tumultuose ed abbondanti (ASTO, vol. 14 f. 11)
Fig. 4. Da PIRANESI 1761, tav. III: veduta del lato sinistro Fig. 5. Il ninfeo dopo lo scavo del Garnaud (1821)
(sopra). Disegno ricostruttivo del Garnaud (sotto)
64 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
dotto su arcuazioni a ridosso della fontana su una distanza di 350 metri circa,
a m 62,28 s.l.m., quota compatibile solo con i due acquedotti più alti che pas-
sano su Porta Maggiore: l’acqua Claudia e l’Anio Novus appunto.
Frontino fornisce precise informazioni in merito alla portata dei due
acquedotti19
e, delle 3.498 quinariae che raggiungevano la città,20
816 erano
destinate alla casa imperiale e 1.567 ai privati. Per la pubblica utilità ne resta-
vano 1.115, così suddivise, sempre secondo Frontino: 149 quinarie ai 9 castra,
374 per i 18 servizi pubblici, 107 per le 12 fontane monumentali (munera) e
226 per le fontane di quartiere (lacus).
Sappiamo che le due acque – già miscelate – raggiungevano la città
presso la località detta ‘ad Spem Veterem’ e che una quota notevole della Clau-
dia era stata deviata da Nerone sugli arcus caelemontani aquae Claudiae, men-
tre un altro ramo, probabilmente derivato dal castellum ‘post hortos Pallantia-
nos’,21
alimentava forse la cisterna delle Sette Sale destinata alle terme di
Traiano; le due acque – indistinte – raggiungevano tutte le XIV regioni augu-
stee con 92 castella secondari distribuiti all’interno della città.
Solo una parte quindi dell’acqua addotta dal doppio acquedotto rag-
giungeva il nostro grande ninfeo,22
probabilmente su una diramazione pro-
veniente dal castellum principale presso le mura, su arcuazioni appositamente
costruite a tale scopo in epoca severiana (fig. 6), di cui gli archi di via Filippo
Turati, ancora conservati, facevano parte23
(fig. 7).
Inserito in uno spazio trapezoidale (m 25 × 15) alla biforcazione di due
19
FRONTIN., LXXII-LXXIII e LXXXVI.
20
La quinaria, unità di misura usata da Frontino per determinare la portata degli
acquedotti, è stata calcolata sulla base delle misurazioni dell’ing. di Fenizio (DI FENIZIO
1916; PACE 1983, pp. 61-67), che attribuisce alla quinaria il valore di 0,48 l/s.; a tale valore
ci atteniamo per la misurazione della portata dei due acquedotti: acquedotto Claudio:
3313 quinarie, pari a 1590 l/s (1,59 m3
/s), con quota s.l.m. m 63,85; acquedotto Anio
Novus: 4738 quinarie, pari a 2274 l/s (2,274 m3
/s) con quota s.l.m. m 65,99. Si deve ovvia-
mente tener conto che la portata di un acquedotto varia con le stagioni e negli anni; ma
d’altra parte questi sono gli unici dati a nostra disposizione e ragionevolmente non dovreb-
bero discostarsi molto dalla realtà.
21
FRONTIN., XX e XCI.
22
Ancora citato come Nymfeum (divi) Alexandri nella V regione dai Cataloghi Regio-
nari del IV secolo (Curiosum e Notitia). Nell’Ordo Benedicti e nei Mirabilia Urbis Romae del
1140 ca. sono citati come ‘trofei di Mario’ per la prima volta; cfr. TEDESCHI GRISANTI 1977,
pp. 31-33.
23
Negli sterri, eseguiti a partire dal 1873 per la costruzione del quartiere Esquilino ed
in particolare della piazza Vittorio Emanuele II, furono demoliti ben 27 piloni dell’acque-
dotto che portavano l’acqua al ninfeo; resti delle fondazioni dei piloni vennero visti nel
1917 in via Ricasoli; altri vennero rinvenuti durante la costruzione della Metropolitana A
nel 1969 e, più di recente, nel 2002: ASOR ROSA 2005, pp. 327-329, fig. 73.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 65
Fig.6.Fig.6.Ilpercorsoipotetico(inverde)dell’acquedottoClaudio-AnieneNuovodalcastellumpressoPortaMaggioreagliarchidiv.FilippoTuratiedalì,
sugliarchiconservati,finoai‘TrofeidiMario’(elab.daFUR,tav.XXIV)
66 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 7. Gli archi dell’acquedotto, oggi in
via F. Turati, in una tavola del Piranesi
(da PIRANESI 1761, fig. 3)
strade importanti, la via Tiburtina o Collatina Vetus con la via Labicana, il
monumento alto più di 30 m sopra terra24
è stato sempre presente nella topo-
grafia antica e moderna della città, più volte e da più mani rilevato e dise-
gnato, inserito nella urbanizzazione della fine dell’Ottocento nel quadrante
settentrionale dei giardini pubblici di piazza Vittorio Emanuele II.25
Le condizioni di conservazione sono assai precarie: molte parti fonda-
24
La base si trova a circa 50 m s.l.m. Alla fine dell’Ottocento gli scavi per la costruzione
del quartiere Esquilino andarono ben oltre il piano originario, scoprendone anche le fon-
dazioni.
25
Nel 1925 venne addossata alla parte posteriore destra una lapide commemorativa
dei caduti nella Prima Guerra Mondiale del quartiere Esquilino su disegno dell’arch.
Guido Caraffa, che impedisce di vedere questo lato forse originariamente occupato dal-
l’apparato destinato alla distribuzione dell’acqua e dalle fondazioni del monumento
lasciate scoperte a causa dell’abbassamento delle quote per la realizzazione dei giardini di
piazza Vittorio Emanuele II; probabilmente nella stessa occasione una fontana con finte
rocce in tufo venne sistemata su tutto il lato posteriore e demolita nel corso del restauro
del 1982/1988; per cui anche su questa lato risulta difficile un’analisi delle murature. Cfr.
TEDESCHI GRISANTI 1985, p. 487 ss. L’attuale sistemazione dello spazio frontale definito con
un canale semicircolare e luci a terra risale alla fine del secolo scorso.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 67
mentali per la ricostruzione del funzionamento idrico sono state asportate,
trasformate o sono crollate nel tempo. Per la ricostruzione dell’aspetto ori-
ginario della fontana sono state utilizzate in particolare le monete di Ales-
sandro Severo e le parti disegnate dal Piranesi e dal Garnaud, anche se non
più visibili, nonché i grafici e gli studi più recenti; inoltre le restituzioni che
presentiamo sono basate anche sui dati di fatto, cioè sull’analisi delle parti
del monumento ancora visibili.
L’unico elemento di cui disponiamo per una valutazione della portata
idrica che raggiungeva i ‘Trofei’ è la tavola IV, lettera A, di Piranesi, che mostra
il canale dell’acquedotto con le incrostazioni. Queste sembrano avere un’al-
tezza di circa la metà della larghezza nota del canale, pari ad un metro, peral-
tro ridotta dalle incrostazioni. Ipotizzando che il canale abbia una larghezza,
con le incrostazioni, di 80 cm, avremmo un’altezza di circa 40 cm. Con questo
elemento, tenuto conto della pendenza del canale, pari a 0,0015 rispetto al
canale di via Turati, si ottiene una portata compresa tra 200 e 300 l/s.26
DESCRIZIONE DEL MONUMENTO IN RELAZIONE AL SUO FUNZIONAMENTO
Il monumento, in opera laterizia in origine rivestita di marmo, ha la fac-
ciata leggermente concava e consta di cinque livelli che sono stati numerati
dall’alto verso il basso, seguendo cioè il percorso dell’acqua, che arrivava sul
lato destro posteriore con un canale su arcuazioni alte m 9,85 dal piano
attuale27
(figg. 8, 9).
Livello 0 – Solo dalle monete si riconosce un coronamento o fastigio (di
cui nulla rimane) con una quadriga al centro e statue ai lati (Vittorie? o
gruppi statuari formati da due figure); è probabile che ci fosse anche una
iscrizione dedicatoria (fig. 10).
Livello 1 – Al di sotto, si apriva una grande nicchia semicircolare coperta
a semicupola probabilmente decorata a cassettoni (figg. 10-11); al centro
un’apertura ad arco e ai lati due piccole nicchie cieche con soglie di traver-
tino (fig. 12); dall’apertura si passa ad un ambiente quadrangolare sporgente
sul retro,28
che conteneva una scala a rampe per accedere al fastigio dell’arco
26
È evidente che si tratta di una stima, ma è l’unico dato di cui possiamo disporre e
quindi a questa portata ipotetica ci riferiremo per i calcoli idraulici all’interno del monu-
mento; conoscendo le dimensioni del canale (altezza e larghezza) e la pendenza (i) si può
determinare la velocità del flusso e la portata.
27
TEDESCHI GRISANTI 2001, pp. 51-55.
28
PIRANESI 1761, tav. X; TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. VI (Garnaud: sezione lungo il
quarto sinistro dell’edificio).
68 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 8. Il pilone di arrivo al ninfeo del con-
dotto dell’acquedotto (foto Rossi Zambotti)
Fig. 9. Il pilone di arrivo al ninfeo del condotto dell’acquedotto:
dettaglio del canale in laterizio (foto Rossi Zambotti)
Fig. 10. I livelli 0, 1 e 2 descritti, segnati (in rosso) sull’edificio riprodotto sulle monete di Alessandro Severo e gli
stessi indicati (frecce in rosso) sul prospetto del monumento
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 69
Fig. 12. Livello 1: la nicchia centrale (con statue?) (foto Rossi Zambotti)
Fig. 11. Planimetria del livello 1: la nicchia centrale e, ai lati, gli
archi una volta decorati con i c.d. ‘Trofei di Mario’
(da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 10)
70 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
(livello 0) (fig. 13). Al centro dell’abside sulle monete si individuano due sta-
tue, probabilmente Alessandro Severo e la madre Giulia Mamea; ai lati due
archi aperti entro i quali erano inseriti i pannelli marmorei con trofei d’armi
d’epoca domizianea (89 d.C.)29
riutilizzati qui nel 226 d.C. e che hanno dato
il nome con cui la mostra è conosciuta (fig. 14); sono alti m 4,59 e 4, 23 e si
trovano oggi sulla balaustrata della scalinata del Campidoglio, dove li fece
collocare Sisto V nel 1590.
Questi due livelli (0 e 1) del ninfeo non erano interessati dal percorso
dell’acqua.
Il Livello 2 è costituito da un bacino d’acqua pensile poggiante sulla volta
dell’ambiente sottostante con al centro o sulla balaustra esterna una statua
di Oceano sdraiata sul fianco sinistro e poggiante il busto sul braccio sinistro
(v. fig. 10, cerchio rosso), che forse reggeva una cornucopia o un otre (dal
quale poteva uscire l’acqua): è l’Oceani solium citato nella Historia Augusta (figg.
10 e 33, cerchio rosso).30
L’acqua arrivava al bacino direttamente dal condotto
dell’acquedotto, che giungeva sul retro in curva ad una quota leggermente
superiore, il cui flusso era suddiviso da un torrino in due e poi tre canali desti-
nati al bacino centrale dal profilo ricurvo, che segue la facciata (figg. 15, 16, 17
e 18); altri due canali alimentavano fontane entro due nicchie per parte sui lati
del ninfeo decorate probabilmente con statue, come appare nelle monete.
Nella descrizione dei canali che alimentavano le fontane il Piranesi sot-
tolinea che questi avevano un’inclinazione in senso contrario al movimento
dell’acqua e sostiene che terminavano contro pareti in muratura e che erano
sempre pieni; pertanto funzionavano a livello costante, con l’acqua conte-
nuta dalle pareti, da una chiusura ermetica alla fine del canale, dove era inse-
rita una fistula che gettava acqua con una certa pressione nella vasca di
Oceano (fig. 18).
Da questo livello l’acqua contenuta nei cunicoli per trabocco veniva
dirottata al livello inferiore (il terzo) verso due diverse vie: una alimentava
le scale dei pozzi di dissipazione, di cui parleremo in seguito, l’altra serviva
per alimentare due tubazioni (di bronzo?) di grande diametro che usci-
vano dalla parte posteriore del monumento per alimentare probabilmente
altre utenze.
29
I due trofei, come sostiene la Tedeschi Grisanti (1996, p. 352), erano destinati pro-
babilmente ad un arco trionfale eretto dopo la campagna vittoriosa di Domiziano su Catti
e Daci dell’89 d.C., evidentemente eretto in altro luogo, dal momento che « il ninfeo seve-
riano è impiantato su strutture in opera reticolata di età augustea ».
30
Oceani Solium è il nome con il quale viene ricordato il ninfeo nella Vita di Alessan-
dro Severo. SHA, Lampr., Al. Sev., XXV, 3: Oceani solium primus inter <principes> appellavit,
frase in genere attribuita alle terme Alessandrine. V. CASTAGNOLI 1986.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 71
Fig. 13. Il torrino posteriore che, al livello 1, contiene
la scala di accesso all’attico (foto Rossi Zambotti)
Fig. 14. Il trofeo di sinistra e quello di destra (oggi ai lati della scalinata di accesso alla piazza del
Campidoglio (da TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XXII)
72 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 15. Planimetria del livello 2, con il bacino
della fontana superiore (Oceani solium)
(da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 11)
Fig. 16. Lato posteriore della fontana: il torrino
che divide il flusso dell’acqua (livello 2)
Fig. 17. Il lato posteriore della fontana in una tavola di
F. Piranesi (PIRANESI 1761, tav. IV)
Livello 3 – A questo livello i canali sono cinque, due alimentavano tuba-
zioni di grande diametro che uscivano dal monumento nel punto indicato
dalla lettera D (figg. 20-22) e tre immettevano l’acqua in tre grandi ambienti
(in quello centrale il canale è diviso a sua volta in tre) con un salto di metri
otto (figg. 18-20, 22, 24).
Gli studi precedenti non avevano chiarito la funzione dei tre vani C1, C2,
C3 (fig. 20) che comunicano con l’ambiente B; anzi, negli ultimi lavori, si
afferma che non sono elementi connessi all’idraulica del monumento. È
abbastanza chiaro che il flusso dell’acquedotto, che raggiunge il castellum a
quota 62,28, per essere trasferito al piano della grande vasca frontale, a quota
attorno ai 50 m s.l.m., doveva perdere oltre 10 metri di quota. La perdita di
quota, o di carico, comportava un salto che poteva risultare dannoso alla
struttura e ai condotti che ricevevano l’acqua.
Per dissipare l’energia dell’acqua i tecnici romani avevano una vasta espe-
rienza e utilizzavano un sistema abbastanza semplice, i ‘pozzi di dissipazione’.
Alcuni esempi sono riportati in letteratura da Thomas Ashby per gli acque-
dotti di Roma,31
da Fernandez Casado,32
che cita i pozzi di dissipazione degli
acquedotti di Cherchel (Cesarea di Mauritania) e di Merida (Emerita Augu-
sta) in Spagna. Più circostanziata la citazione riportata da Gonzales Tascon33
che, nel descrivere l’acquedotto di Cordova, cita i 34 pozzi di dissipazione
che consentivano di perdere 130 metri di dislivello in soli 400 metri di lun-
ghezza (fig. 21). Infine si può citare Chanson, che ha studiato, anche con
modelli fisici, i dissipatori romani:34
egli cita ben 11 acquedotti con esempi
di vari tipi di dissipatori e riporta schemi e disegni che sono identici al
sistema messo in opera nei ‘Trofei di Mario’.
Rifacendoci a queste esperienze non è stato difficile interpretare i tre vani
C1, C2, C3. Ciascuno di essi è costituito da un tratto di scalinata e da un pozzo
quadrangolare di grandi dimensioni. L’acqua, a monte dei dissipatori scorre su
un piano a quota 58,30 per essere indirizzata verso le brevi scale inclinate (figg.
18, 22-23) e cadere verticalmente nei pozzi che hanno il fondo a più di 2,50
metri dallo sfioro, con un salto totale di otto metri. Dai pozzi a sezione qua-
drangolare l’acqua, ormai in calma, raggiungeva l’ambiente B, mediante tre
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 73
31
Ashby descrive con chiarezza il raccordo idraulico tra l’Anio Novus e gli acquedotti
del Claudio, del Marcio e dell’Anio Vetus, in località Grotte Sconce. Tale raccordo aveva la
funzione di trasferire l’acqua dell’Anio Novus agli altri tre acquedotti in caso di riparazioni
o pulizie per eliminare le incrostazioni. Nel trasferimento l’acqua perdeva molti metri di
carico lungo un tracciato di decine di metri. ASHBY 1935 (1991), pp. 336-337, fig. 98.
32
FERNANDEZ CASADO 1985, pp. 348-349.
33
GONZALES TASCON 2004, pp. 138-140.
34
CHANSON 2000 e CHANSON 2001.
74 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 18. Sezione schematica dei c.d. ‘Trofei di Mario’ con indicato il percorso dell’acqua del secondo livello verso la
fontana di Oceano e del terzo-quinto livello verso la vasca frontale
Fig. 19. I livelli 3, 4 e 5 descritti, segnati (in rosso) sull’edificio riprodotto sulle monete di Alessandro Severo e gli
stessi indicati (frecce in rosso) sul prospetto del monumento
grandi aperture ad arco, che permettevano all’aria e all’acqua di circolare libe-
ramente. I pozzi mostrano tre delle quattro pareti che proseguono verso l’alto.
In quello centrale gli scalini sono scomparsi35
(ma il Piranesi li segna) (fig. 24).
L’alimentazione dei dissipatori avveniva probabilmente alternativamente,
dirottando l’acqua dall’uno all’altro con paratie mobili. Da questi ambienti
l’acqua poteva defluire nell’antistante corridoio B (m 2,60× 26 e alto m. 8
all’imposta della volta a botte) (figg. 20, 25) rivestito in cocciopesto, chiuso ai
lati da saracinesche e lo riempiva per entrare poi nelle tubazioni alloggiate nei
nove passaggi coperti a cappuccina (v. successivo livello 4).
In base alla nostra ipotesi l’ambiente B si riempiva d’acqua e i lati dove-
vano essere delimitati da muri trasversali che potevano contenere paratie
mobili e soglie di troppo pieno. In caso di lavori di manutenzione l’ambiente
doveva essere svuotato completamene, pertanto una paratia mobile era
essenziale. I muri trasversali dovevano essere collocati immediatamente dopo
gli ultimi due canali (a destra e a sinistra). Di questi muri, per ora solo ipo-
tizzati, non si è rinvenuta traccia, ma i restauri effettuati nelle varie epoche
possono averli cancellati.
La parete esterna, a questo livello leggermente ricurva, era articolata in
cinque nicchie alternativamente arcuate e rettangolari forse con statue all’in-
terno; tra una nicchia e l’altra colonne o semicolonne addossate alla parete
reggevano una trabeazione marmorea (rimangono i blocchi di travertino di
appoggio delle basi) (cfr. figg. 36-37). Sui due lati del trapezio, altre due nic-
chie e due fontane, ripetevano il motivo del livello superiore e sono ben visi-
bili sulle monete (cfr. fig. 19).
Nove canalette coperte a cappuccina attraversano in tutto il suo spessore la
parete esterna dell’ambiente B (cfr. fig. 32): secondo la Tedeschi Grisanti36
i
condotti a cappuccina erano chiusi da lastre che avevano due aperture, una
alta ed una bassa, per l’alloggiamento di fistule. Il dato è molto interessante
perché consente di chiarire il funzionamento della parte bassa della grande
fontana. Alle due estremità dell’ambiente B si osservano due canali che escono
dalla struttura mentre all’interno si arrestano dopo pochi metri prima degli
ultimi canali con copertura a cappuccina, sia a destra che a sinistra (fig. 27).
La parete che contiene le nove canalette è esternamente semicircolare,
ed accompagna il disegno generale del ninfeo, mentre internamente verso
l’ambiente B è diritta37
(fig. 20).
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 75
35
Forse scalpellati quando il monumento venne riusato come abitazione.
36
TEDESCHI GRISANTI 2001, p. 53, che nota come i nove piccoli condotti erano raggrup-
pati a tre per tre in direzione delle tre vasche/dissipatori (cfr. fig. 32).
37
Le aperture a cappuccina hanno le seguenti dimensioni: altezza all’imposta delle
due tegole m 0,32, al vertice delle tegole m 0,70, larghezza m 0,50. La lunghezza, pari allo
76 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Sulla parete che alloggia le bocche dei nove canali si ha l’incavo di un
condotto, probabilmente sede di un tubo in piombo, asportato, che doveva
essere lo scarico di fondo o di colmo della fontana dell’Oceano che si trovava
circa 12 metri sopra il corridoio38
(fig. 26).
Alle estremità del lungo corridoio B si hanno due ambienti dei quali uno
(quello di sinistra) costituito da una corta galleria coperta a volta alla cui
estremità vi è un varco voltato chiuso in antico (fig. 32, E1). A destra vi è
un’altra corta galleria, voltata anch’essa (fig. 32, E2), che termina in un
ambiente angusto (fig. 32, D) che mostra a terra un canale in muratura,
Fig. 20. Planimetria del livello 3, con i tre ‘dissipatori’ C1, C2,
C3, il corridoio B e l’ambiente coperto A (livello 4)
(da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 12)
spessore del muro che le contiene, varia in rapporto alla curva esterna del muro da m 2,40,
quelle centrali, a m 3,30 per quelle alle estremità. Il piano di scorrimento dell’acqua nei
canali si colloca a m 53,50 s.l.m. Il pavimento dell’ambiente B è a m 51,20 s.l.m.
38
Dalle dimensioni della traccia si può ipotizzare che la tubazione potesse trasferire,
dalla fontana di Oceano al livello dell’ambiente B, una portata compresa tra 3 e 6 litri al
secondo. Tale doveva essere pertanto la portata degli ugelli che alimentavano la fontana.
Se i tre canali che si dirigono alla fontana di Oceano fossero stati pieni, senza il muro di
fondo con le fistule che indica Piranesi, la fontana sarebbe stata alimentata da circa un
metro cubo al secondo.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 77
Fig. 21. Pozzo di dissipazione dell’acquedotto di
Cordova (da GONZALES TASCON 2004)
Fig. 22. Canale interno alla fontana tra il secondo e il
terzo livello (foto Lombardi-Corazza)
Fig. 23. Scaletta per la caduta dell’acqua nel dissi-
patore C1 (foto Lombardi-Corazza)
78 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 24. Il dissipatore centrale C2 (foto Rossi Zambotti) Fig. 25. Il corridoio B, che doveva essere
sommerso dall’acqua (foto Rossi Zambotti)
Fig. 26. L’alloggiamento della tubazione del ‘troppo pie-
no’ della fontana dell’Oceano (livello 2), che scaricava
nell’ambiente B (foto Pisani Sartorio)
Fig. 27. Condotto con copertura a cappuccina
(foto Lombardi-Corazza)
coperto con lastre in travertino, che si dirige verso l’esterno del monumento.
Il canale, prima di uscire verso il giardino, passa per un ambiente molto pic-
colo con una sola apertura (una finestra?) di non chiara interpretazione.
Nella parete opposta, verso l’interno del monumento, il canale si con-
nette con un canale verticale che risale al livello intermedio, passando den-
tro la muratura tramite un condotto inclinato con copertura a cappuccina.
Alle spalle del piede del canale verticale si osserva un grande arco di scarico
che denota il passaggio, sotto la muratura, di un canale, forse la prosecuzione
di un condotto, corrispettivo di quello individuato nell’ambiente D, che si
dirige verso l’esterno del monumento.
Sul retro del monumento, al livello intermedio si osservano, su un piano
o terrazzo molto restaurato, le tre aperture dei dissipatori (C1, C2 e C3), la
scala S che discende tra i dissipatori C2 e C3 (fig. 20, S)39
e altre due aperture
a fianco del dissipatore di centro C2. Si tratta di corti canali che iniziano sul
‘terrazzo’ del livello intermedio e terminano sulla parete interna del dissipa-
tore C2 con due piccoli archi di scarico (fig. 28).
La scala S a fianco dei due dissipatori mostra, a livello della parte bassa
delle corte scale che discendono verso i pozzi dei dissipatori C2 e C3, due aper-
ture con evidenti tracce di paratie mobili, con sedi di scorrimento in pietra.
Sempre nella parte posteriore, al di sotto dell’ambiente quadrangolare
con scala (cfr. fig. 13), si nota una possente muratura centrale, restaurata con
un ambiente a copertura a crociera con quattro aperture, delle quali tre
guardano al terrazzo e una si apre sul dissipatore centrale (figg. 15, 16, 18,
20, 28). Ai lati di questo elemento in muratura Piranesi segnala la presenza
di due grandi discendenti, le cui tracce lo hanno portato a disegnare un par-
titore (in piombo?) a tre vie. In prosecuzione di tali discendenti, a destra e a
sinistra della grande struttura muraria citata, si hanno tracce evidenti di due
canali che discendono al livello inferiore e raggiungono l’ambiente D (detto
‘purgatorio’40
) per poi uscire dal monumento.
Sul retro del monumento quindi ci doveva essere una grande camera di
manovra che permetteva di regolare la distribuzione dell’acqua che prove-
niva dall’alto. Infatti su questo lato (cfr. fig. 17) si ha il massimo di mancanze
delle murature, indizio certo che è stata distrutta tutta la porzione posteriore
del monumento e che ciò potrebbe essere attribuito alla asportazione di
chiavi in bronzo e tubazioni in piombo fortemente ricercate e commercializ-
zate in età post-antica. Peraltro la diffusa e imponente presenza di incrosta-
zioni denota, come in altri monumenti,41
che per un lungo periodo di tempo
l’acqua continuava ad alimentare il monumento, ma mancavano le tubazioni
e le chiavi indispensabili a distribuire e gestire il flusso (figg. 29, 30).
Ricordando quanto riportato dalla Tedeschi Grisanti42
e osservando le
incrostazioni delle pareti dell’ambiente B e la copertura con cocciopesto
delle nove canalette si può ritenere per certo che l’acqua che traboccava dai
tre pozzi di dissipazione riempiva completamente l’ambiente B e saliva ad un
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 79
39
La scala S, che non è segnata dal Piranesi, è ricavata scalpellando la muratura antica
e si ritiene quindi che sia moderna, almeno nella parte inferiore in uscita nell’ambiente B.
40
Detto così dal Piranesi. Cfr. TEDESCHI GRISANTI, CATTALINI 1984.
41
Ad esempio nelle Terme di Caracalla, ove tutto il giardino, i sotterranei destinati alla
conservazione della legna e la parte frontale dei grandi serbatoi furono invasi dall’acqua
che lasciava depositi e incrostazioni durante i secoli, allorché dalle Terme erano state
asportate tutte le arti metalliche, ma l’acqua seguitava ad arrivare non più gestita (LOM-
BARDI, CORAZZA 1995, p. 67, fig. 48)
42
La chiusura con lastra dei nove condotti con copertura a cappuccina.
80 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 28. Punto di ripartizione delle acque verso i dissipatori e verso le tubazioni di distribuzione
all’esterno (foto Lombardi-Corazza)
livello di circa un metro sopra l’imboccatura dei nove candotti con copertura
a cappuccina.
Livello 4 – Nei nove canali coperti a cappuccina (figg. 31-32) erano allog-
giate delle tubazioni che attraversavano un ambiente coperto A, impermea-
bile, oggi completamente sparito: doveva essere una vera e propria ‘camera
di manovra’ per la scenografia prevista dal progetto, alta meno di due metri,
dove si trovavano le saracinesche per controllare e regolare il flusso dell’ac-
qua che a pressione giungeva nella vasca frontale F (cfr. figg. 18, 20, 32, 35).
Le tubazioni connesse con i nove canali entravano poi nell’ambiente A in
pressione e si collegavano a chiavi di manovra (figg. 18, 35).
Livello 5 – È costituito dalla grande vasca semicircolare, nella quale l’ac-
qua zampillava a pressione dalle nove tubazioni terminanti probabilmente
con boccagli in bronzo, che nelle monete sono indicati in modo schematico
con sette puntini o virgolette; al centro del semicerchio, sempre le monete
mostrano una struttura quadrangolare, forse un’edicola o un saliente: nulla
è rimasto di questa parte del monumento43
(figg. 33, 35-36, 38).
43
Ad eccezione di una serie di blocchi di tufo sperone che sembrerebbero pertinenti
a strutture d’epoca diversa, ma riutilizzati forse come base della vasca.
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 81
Come evidenzia la sezione schematica (fig. 18) e come ancor meglio
fanno vedere le ricostruzioni virtuali (figg. 35-38), all’interno dei ‘Trofei di
Mario’ l’acqua poteva seguire tre percorsi: uno che alimentava la fontana
superiore di Oceano, il secondo diretto alla vasca frontale attraverso i dissipa-
tori, il terzo (del tutto ipotetico) verso due tubazioni con uscita sul lato poste-
riore: la nostra fontana era dunque a tutti gli effetti un castellum di distribu-
zione dell’acqua in eccedenza a ‘pressione’ alle varie utenze pubbliche e pri-
vate del quartiere, in accordo con quanto sostenuto da Giovanna Tedeschi.44
Se nella parte frontale l’edificio doveva avere l’aspetto trionfante di una
fontana che con il suo fragore creava un effetto sonoro che si sommava all’ef-
Figg. 29 e 30. Tubazioni, saracinesche, catene, paratie, cassette di distribuzione immaginate dal
Piranesi per il funzionamento della fontana (PIRANESI 1761)
44
TEDESCHI GRISANTI 1977, pp. 34-38: l’eccedenza sia della fontana frontale che del
castellum retrostante probabilmente finiva nelle fogne ampiamente documentate a livello
sotterraneo sia nei disegni di Piranesi che in quelli del Garnaud.
82 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 31. Lo sbocco delle nove canalette nell’ambiente A (foto Rossi Zambotti)
Fig. 32. Planimetria dei livelli 4 e 5 e la vasca
frontale F (da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 13)
Fig. 33. La vasca frontale con edicola
(livello 5) in un denario di Alessandro
Severo (226 d.C.) (cerchio nero in
basso) (da TEDESCHI GRISANTI 1977-
1978, fig. 1)
fetto scenografico e con la sua maestosità dominava il panorama dell’Esqui-
lino (fig. 34), nella parte posteriore svolgeva un ruolo utile con la distribu-
zione alle utenze, dal momento che l’acqua in eccedenza poteva essere con-
vogliata in due tubazioni di grosso calibro e distribuita; di questa funzione
possono essere prese a testimonianza le sei fistulae aquariae trovate sull’E-
squilino negli horti Lamiani con l’iscrizione stationis propiae (sic) privatae
domini n(ostri) Alexandri Aug(usti)…45
e che potrebbero indicare oltretutto la
presenza sul colle Esquilino di edifici fatti costruire da Alessandro Severo,
per alimentare i quali era stata appunto costruita la derivazione dall’Aqua
Claudia-Anio Novus.46
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 83
Fig. 34. I ‘Trofei di Mario’ in due vedute del Gamucci
(sopra) e del Dosio (sotto) (XVI sec.)
45
LANCIANI 1880-1881 (1975) p. 429, n. 36 tav. IX; LTUR III, 1996, s.v. Horti Lamiani
(M. CIMA DI PUOLO), che mette proprio le fistulae in relazione con la costruzione dei c.d.
Trofei di Mario, mentre il Lanciani si sforzava di collegarle con l’acqua Alessandrina.
46
È possibile, anche se Lanciani non ha trovato fistule e tubi, che una parte o tutta l’ac-
qua venisse poi usata per alimentare altre utenze. Le osservazioni di Lanciani che riferi-
scono sulla presenza di sole fogne e cloache, in mancanza di disegni e schemi, potrebbe
84 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Figg. 35-36. Ricostruzioni virtuali del percorso dell’acqua all’interno della fontana/ninfeo detta
‘Trofei di Mario’ e dell’alimentazione delle vasche superiore e inferiore (sopra) e restituzione della
facciata monumentale (sotto) (ricostruzioni virtuali in 3D di H. Rossi Zambotti)
G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 85
Figg. 37-38. Ricostruzioni virtuali del prospetto monumentale della fontana/ninfeo detta ‘Trofei di
Mario’ e dell’alimentazione delle vasche superiore e inferiore (ricostruzioni virtuali in 3D di
H. Rossi Zambotti)
86 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Infine si deve sottolineare il fatto che la fontana ha la facciata monu-
mentale in direzione della città e non verso l’esterno, cioè non verso chi
entrava in città47
dalle due strade, al cui incrocio era stata costruita secondo
un piano urbanistico ben preciso.
LE RICOSTRUZIONI VIRTUALI
Dall’alto dei suoi 30 metri e più la mostra/fontana severiana dell’acqua
Claudia-Anio Novus era probabilmente visibile da qualsiasi punto della città e
dominava il panorama dell’Esquilino, già caratterizzato dalle arcate in suc-
cessione dei numerosi acquedotti (5 sopraterra) e dal verde degli horti 48
arricchiti da esedre, padiglioni, diete, ville, terme e fontane minori, auditoria,
etc.: un ambiente naturale e costruito che necessitava di acqua in quantità.
Dal punto di vista del metodo, un monumento che sembrava aver detto
tutto, può ancora svelare qualcosa con l’uso di tecniche nuove di indagine,
peraltro assolutamente reversibili e non invasive: le ricostruzioni virtuali non
solo illustrano un aspetto inedito del monumento, cioè il percorso dell’acqua
ed il suo funzionamento idraulico, ma – al di là dello stato di ‘rudere’ –
ce lo rendono certamente più vivo e reale nel panorama della città moderna
(figg. 35-38).
essere erronea e i condotti (le fogne di Lanciani) potrebbero essere le sedi di alloggia-
mento di tubature in canali in muratura. Lo scarico generale del ninfeo doveva trovarsi ai
lati dell’ambiente B (fig. 32), ove si hanno due canali che escono dalla struttura.
47
Il Settizodio, anch’esso una fontana, costruita ai piedi del Palatino, è invece rivolta
verso chi entrava in città dalla via Appia.
48
Cfr. le voci ‘horti’ in LTUR III.
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G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 89
APPENDICE
PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’
DI
EDOARDO GAUTIER DI CONFIENGO
La voce Piscina nel XV libro delle Antichità di Pirro Ligorio1
descrive ed
illustra alcune delle grandi conserve d’acqua degli edifici di epoca romana.
L’autore, dopo aver trattato di un “ gran recettacolo d’acqua ” sul Palatino
distrutto dal Cardinal Farnese e della conserva detta delle Sette Sale, dedica
tre pagine al gran monumentum dell’Esquilino e scrive:2
/f. 10r/ Mi è parso necessariamente di mettere l’essempi dell’altre opere
degne delli recettacoli o castelli d’Aque divisorij in le parti delle regioni di
Roma le quali in ognuna delle quattordici Regioni n’era qualche uno per
l’uso communemente et particolarmente per li comparatori d’esse acque, i
quali recettacoli o castelli sopra delle vie maestre a guisa d’archi o portichi
trionfali gli rappresentarono opere dell’imperatori che haveano debellati
tutti i populi i quali per li commodi della città et per bellezza et per mundana
loro gloria di spoglie et di trophei fatti di marmo l’ornarono con le loro inti-
tulationi. Onde per lo primo porremo questo recettacolo che ora veggiamo
le reliquie sue rimaste oltre alla chiesa di San Vito in Macello presso la piazza
di santo Eusebio et di Iuliano posto nell’Esquilie nella regione già detta Urso
pileato3
et fu esso castello a piedi dell’alloggiamenti della cohorte de soldati
vigili in uno fronte che divide le due vie che conducono alle due porte di
1
PIRRO LIGORIO, Antichità, libro XV (Torino, Archivio di Stato (ASTo), Corte, Biblioteca
antica, Manoscritti, J, a, II, 1, ff. 6-23) (Autorizzazione alla pubblicazione: ASTo, n. 4604 del
22. VII. 2011).
2
Si tratta dei ff. 10, 10’, 11, qui integralmente trascritti.
3
Nome di una contrada dell’Esquilino, presso Santa. Bibiana così detto dalla presenza
di una piccola statua di orso munito di cappello. La denominazione è ricorrente nei testi
cinquecenteschi.
Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXXIII 2010-2011, pp. 90-99
92 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 1. PIRRO LIGORIO, castello dell’Esquilino, vista frontale (ASTo, Libro XV, f. 10)
Roma, quella a destra va alla porta Tiburtina di san Lorenzo,4
che fu un altro
antico castello dell’acqua Augusta et dell’Aniene Novo5
et l’altra all’altra
porta detta Maggiore Esquilina Prenestina.6
/f .10v/ Ch’etiando fu un altro
castello come è detto più oltre. Ordunque di questo edificio o castello delle
acque divisorio per Aquarum Diviortium vi restano ancora in opera sopra di
4
In realtà la via Tiburtina è posta a sinistra del monumentum, come correttamente Pirro
Ligorio stesso indica in fig. 1.
5
Conserva situata lungo l’acquedotto, poi incorporata nella cinta Aureliana, circa 250
m prima della porta Tiburtina.
6
La conserva era situata lungo la via Labicana entro le mura aureliane, a distanza di
circa 300 m da porta Maggiore.
E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 93
esso quelli belli et diligenti trophei di marmo bianco lunense7
i quali vi
dedicò o il grande Augusto o pure Tiberio Claudio imperatore; che molto si
dilettarono in condurre dell’acque alla città sendo imperatori del mondo et
pacificatori i suoi populi, null’altra cosa gli incava loro che attendere alla
magnificenza di quell’opera che facesseno altrui meraviglia et rimanere stu-
piti di tanta maestà et di tanta altezza d’imperio. Laonde i sudetti imperatori
come anchora fecero gli altri successori, così sono state tale opere ornate per
segni di vittoria, et come patroni dell’arme dell’altrui fonti a quali non pote-
vano esser negati per illustrare et beneficiare il nome di Roma nell’ammira-
tione del populo romano impirono sopra dalle vie di opere marmoree nella
commodità del passo dell’acquedutti vi piantarono tali ornamenti. Ma questi
trophei che dall’antico essempio vengo a parlare et mostrare in disegno vi è
da dire alcuna cosa delli oppinioni di alcuni moderni et dotti espositori delle
cose di Roma, madre di ogni natione: i quali nelli loro studii sendo le loro
esposizioni hanno detto essere i trophei di Cimbri di Caio Mario. Non avver-
tendo loro sedi ragione simil trophei potesser quivi o altrove o in qualche più
illustre luogo o pure per la via che alla città conduceva il nome della Vittoria
Cimbrica che metteva per la Cassia et per la Flaminia: ma avvegna pure
ch’essi dicono che siano i trophei di Mario sull’Esquilie, si trova il contrario,
che furono nel Capitolio, dove furono gittati atterra da Lucio Sulla dictatore:
et di poi nella dictatura di Cesare nel Capitolio furono restituiti, perché
Cesare amava Mario come della sua discipulina militare et voleva male a Sulla
per che lo aveva prescritto per farlo morire: et sendo per li prieghi salvato,
doppo morto Sulla, egli rese gli honori a Mario con ritornarli impiedi i
trophei come dice Plutarcho.8
Pertanto gli moderni interpriti, per non
havere memoria o per non havere fatta diligenza nell’antichi scrittori o pure
parendogli mille anni di prendere i danari et andare in stampa et per essere
i primi giostranti hanno rotto la lancia et il scudo della fedeltà, hanno detto
che sono i trophei di Mario, come se non fussero stati altri trophei che quelli
in Roma, che n’era tutta piena et ornata. Ordunque i primi che in tale errore
si confusero in questa loro falsa oppenione fu Pomponio Leto9
et il Blondo
da Friulli,10
che non conoscevano i colli della città et presero il colle Quirinale
per le Esquilie con infiniti inconvenienti et di sciocchi errori. Doppo tale
7
I due trofei rimasero sul monumentum fino al 1590, quando furono spostati sul Cam-
pidoglio.
8
PLUTARCO, Caesar, VI, 1.
9
In realtà Pomponio Leto scrive: «Post eccelesiam Sancti Eusebi est pars aedificii diruti, ubi
sunt duo trophaea, idest spolia hostium». POMPONII LAETI, De antiquitatibus urbis Romae libellus
longe utilissimus, Basileae 1538, p. 18. Pirro Ligorio è quindi in errore quando attribuisce
all’autore un riferimento a Caio Mario.
10
L’umanista Flavio Biondo nato a Forlì nel 1392 scrisse Roma Instaurata. Il capitolo
XXIII del II libro è intitolato: Tropaea C. Marii ubi et quid: R. VALENTINI, G. ZUCCHETTI, Topo-
grafia della città di Roma, IV, Roma 1953, pp. 281-294.
94 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
oppenione il dottissimo Andrea Fulvio11
vi cadde et doppo questo Bartholo-
meo Marliale12
milanese prese anchor esso la cosa per lo capo delle cose, ha
errato in questo et in molte cose principali. Di poi questo Francesco Tarca-
gnotta Gaetano,13
studiando in Venetia l’antichità di Roma ha detto assai peg-
giore che l’altri: et ha egli finti tre autori che scriveno delle antichità: per fare
le sue masticate antichità correre attorno per tutto, con credenza di non
essere conosciuto, col fingere Lucio Fauno prima di poi Lucio Mauro14
et per
ultimo il Palladio15
che uno è il Maestro sciocco, l’altro il discipulo, il terzo è
lo innormatore delle antichità et non vi manca altro chel resentimento che
gli facei il cavallo su le spalle di Madonna querela. Avegna dunque che le cose
siano così state trattate ne hè venuta tale confusione. Elle venuta sendo a tale
termine noi l’havemo, come mostrano per ornamenti del ricettacolo dell’ac-
qua Augusta Venoce16
et della Iulia Tepula, come l’acquedotto proprio l’ac-
cusa: dove erano di belle cose dedicate. Et nel mezzo del nicchione vi dovea
essere qualche grande statua, forse del triomphale imperatore o di Neptuno:
et a destra et a sinistra i duoi trophei. Ordunque, come esso castello o ricet-
tacolo fusse di dentro, havendolo mostrato impiedi conviene significare
come è di dentro et come per duoi piani si dividevano le acque per fistole per
l’uso della regione Esquilina.
La prima pianta è dell’acqua più alta più appresso al piano dove posano i
trophei, [fig. 2] che per due entrate17
l’acquedotto passando fuoravia mette le
sue acque, et ripieno il piano di sotto il volto per triplici hemissari si distribuiva
che sono segnati .A. et i luoghi signati .B. sono le basi delli trophei, il canale
segnato .C. è il principale rivo. Il luogo segnato .D. è il nicchio di mezzo. La
scala signata .E. discende nel luogo di sotto et montava su la fabrica nella parte
più alta ch’era coperta per l’uso delli servici castellarij che servivano alla cura
del luogo et intinere purgato et netto et dalla fraude riguardato.
11
ANDREA FULVIO, Antiquitates Urbis, Roma 1527 (1470-1527). L’umanista fu allievo di
Pomponio Leto, il testo fu successivamente ristampato, tradotto in italiano: Venezia 1543.
12
BARTOLOMEO MARLIANI, Antiquae Romae Topographiae, Roma 1534. Una seconda edi-
zione contenente numerose correzioni ed aggiunte è del 1544.
13
Tarcagnota era lo pseudonimo di Lucio Fauno erudito e traduttore di classici, nativo
di Gaeta. LUCIO FAUNO, Delle Antichità della città di Roma, Venezia 1548, opera che ebbe
grande successo, fu ristampata nel 1552, 1553, 1559. Nel 1549 fu stampata in lingua latina.
14
LUCIO MAURO, Le antichità della città di Roma, Venezia 1562, l’opera è famosa non in
se, ma per l’appendice di ULISSE ALDROVANDI, Delle sculture antiche.
15
Il grande architetto Andrea Palladio (1508-1580) pubblicò: L’Antichità di Roma,
Roma 1554, opera di compilazione. Venne a Roma nel 1541 e frequentò l’Accademia
Vitruviana.
16
Caius Plautius censore con Cl. Appius Caecus, nel 312 a.C. fu denominato Venox per
la sua scoperta delle sorgenti dell’Aqua Appia. L’acqua Augusta era un ramo dell’Appia:
FRONTIN. aq. LXV.
17
È il divisorio P della fig. 2.
E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 95
È da notare che gli antichi in tali edificij che potevano essere sforzati dal
grande peso et forza dell’acqua /f. 11r/ le loro volti erano con grossi pali di
ferro ligati18
et acciocché le mura et i volti non fussero per l’impeto della
unione dell’acqua rovinati disforivano la forza del rivo et lo tripartivano et
per gradi lasciavano scorrere l’acque nel ricettacolo: per più piana caduta
come più debolmente il corso dell’acqua si potesse mitigare così per gradi lo
retinevano come per una temperata consonantia facendovi alcuni meati dove
potesse il vento impietuoso respirare gli facevano luoghi da potere girare et
destribuire gli orgoglisi rivolte nel corso, per conservare l’edificio et derom-
pere l’acqua delsuo violento scorrere et primeramente si devideva in due
parti come è nel luogo segnato .P..
La pianta seguente [fig. 3] è la parte disotto alla detta, dove era la maggiore
radunanza dell’acque in cui si faceva in tal modo l’entrata dell’acquedutto et
vi era la destributione: il ripieno signato .F. dividea il rivo in due parti et pas-
sato oltre si dividea in parte cinque per tre piccoli emissarij et per duoi
grandi,19
tutti fatti a gradili et di poi cadute dentro al gran spatio impiu bon-
dantemente le cinque parti divise signate .G.H.I.K.L. et poscia alla dirittura
delli nicchi più di sotto erano i spiragli donde per sistole o canaletti di
piombo si faceva la distributione i quali sono signati .M. Et questo credo sia
Fig. 2. PIRRO LIGORIO, castello dell’Esquilino, pianta piano trofei (ASTo, vol. 14, f. 11)
18
Tracce di congegni composti da due sbarre di ferro saldate in modo da formare un
angolo ottuso, inseriti nelle reni di archi sono stati visti da Leonardo Lombardi ed Angelo
Corazza nel corso delle esplorazioni delle terme di Caracalla (Comunicazione di Leonardo
Lombardi). Il crollo degli archi della parte sommitale dei trofei di Mario potrebbe essere
stato facilitato dall’asportazione di questi inserti metallici nel corso dei secoli bui. L’edifi-
cio fu abitato fino ai primi decenni del ’900 e saltuariamente occupato fino ai restauri degli
anni Ottanta del ’900.
19
In realtà, come indicato in fig. 3, sono tre le grandi aperture che fanno scendere l’ac-
qua sui gradini e due le aperture più piccole.
96 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
Fig. 3. PIRRO LIGORIO, castello dell’Esquilino, sezione orizzontale a livello della suddivisione dell’acqua
in cinque canali (ASTo, vol 14, f. 11)
la pescina et il castro distributorio di cui Sexto Frontino parla nel trattato del-
l’acquedutti20
che un tempo per novantacinque quinarij che poscia fu ancora
diviso in trecento quinarij21
come si trovava scritto nei commentarij della
pescina Iulia dell’acqua Tepula della quale dirremo della sua origine /f. 11v/
d’essa acqua Tepula.
Il passo in oggetto fa parte della seconda redazione delle Antichità, redatta
a Ferrara dopo il 1568, quando Ligorio aveva già lasciato Roma.22
La tarda ste-
sura della voce Piscina è confermata dalla citazione, in una pagina successiva
del medesimo lemma (f. 15), di papa Gregorio XIII (1572-1585) come ultimo
committente dei lavori di ripristino dell’acquedotto Vergine.23
La descrizione
20
Frontino non può citare il ninfeo che fu realizzato un secolo dopo la sua morte.
21
Passo non reperito, ma è da notare che il testo di Frontino era allora disponibile
nella versione umanistica di Pomponio Leto e in quella di fra’ Giocondo (Venezia 1513),
entrambe basate sul Codice Vaticano (Vat. Lat. 1498) ampiamente corrotto.
22
Pirro Ligorio aveva già trattato l’argomento in altri passi, in particolare nel libro XVII
delle stesse Antichità (ASTo, J, a, II, 2, f. 152r) capitolo ‘Roma, Regione V Esquilino’, sotto
la voce: Castellum Divortium acquae Iuliae Tepulae et Marciae, ove descrive in sintesi quanto
riportato superiormente, riguardo alla polemica con Pomponio Leto e Marliani; aggiunge
però la trascrizione della falsa epigrafe: Aq. Iuliae Tepulae/ Ti. Claudio Avgustus/ Pontifex Maxi-
mus/ Tribun. Pot. X Cos V/ P.P. (CIL VI, 5, 801*, ove è collocato, erroneamente nel f. 154r).
23
Pirro Ligorio elaborò uno specifico progetto per il ripristino dell’Acqua Vergine,
avendone rilevato il percorso anche in sotterraneo, ma non ebbe l’incarico per i lavori di
ripristino, che furono affidati da papa Pio IV ad Antonio Trevisi: P.O. LONG, Hydraulic Engi-
neering and the Study of Antiquity: Rome 1557 – 70, in Renaissance Quarterly 61, 2008, pp. 1098-
1138, particolarmente pp. 1123-1129.
E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 97
Fig. 4. SALLUSTIO PERUZZI (Firenze Museo degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe)
(da TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XIII)
del “ricettacolo” ed i disegni relativi, dimostrano una conoscenza diretta del
monumentum, che l’Autore scrisse in tempi successivi quando era lontano da
Roma. Ciò può giustificare la confusione di alcuni aspetti, così scrive, erronea-
mente, che la via Tuscolana è posta a destra dei trofei, mentre in realtà la scritta
sul disegno (fig. 1) è corretta; sempre in fig. 1 indica l’arrivo degli acquedotti
ad una quota sensibilmente superiore al piano di posa dei trofei, al contrario
della situazione reale; l’acquedotto in arrivo ha sottostante il condotto dell’a-
qua Tepula, fatto non riscontrato; il disegno di fig. 2 mostra che l’acquedotto in
arrivo prosegue oltre il diversorio P, completando in maniera fantasiosa il dise-
gno. Nonostante queste incongruenze, il testo di Pirro Ligorio rivela l’attento
rilievo effettuato dall’Autore, la sua stesura in un tempo successivo e lontano
potrebbe giustificarne le imprecisioni segnalate.24
Il monumentum nel XV e XVI secolo è disegnato da numerosi artisti, che
lo vedono come imponente rovina piuttosto che nella sua funzione di fon-
24
Pirro Ligorio aveva già polemizzato, senza citare questi ‘antiquari’, con le parole:
« Io mi vergogno della vergogna di quelli che dicono che i Trofei di Mario siano a sant’Eu-
sebio di la dall’arco detto di san Vito: che siano stati tanto ignoranti che non habbiano
saputo conoscere che quello è un castello dell’acqua Martia et Augusta. Et che li Trofei di
Mario erano nel Campidoglio, …» Paradosse, Venezia 1553, ff. 50v, 51r.
98 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
tana, ma il suo studio coinvolse, oltre agli umanisti citati da Pirro Ligorio nei
passi sopra riportati, anche numerosi architetti, interessati a ricostruirne il
funzionamento. L’umanista ed ingegnere fra Giovanni Giocondo da
Verona,25
progettista di opere idrauliche che negli anni 80 del XV secolo visse
a Roma, visitò e studiò le rovine anche in compagnia di Pomponio Leto, dise-
gnò una attenta pianta dei ‘trofei di Mario’, realizzata all’altezza della ripar-
tizione dell’acqua.26
Più chiari sono i disegni dell’architetto Sallustio Peruzzi,27
in fig. 4 che
indica l’arrivo dell’acqua, la divisione in due, poi tre, poi cinque rivi.
Un secondo disegno, posto nello stesso foglio, (per simmetria di lettura
in figura 5 è presentato rovesciato), mostra il livello inferiore del monumen-
tum, con l’imbocco dell’acqua nelle tre camere di dissipazione.
Fig. 5. SALLUSTIO PERUZZI (Firenze Museo degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe)
(da TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XIII)
25
Giovanni Monsignori, noto come fra’ Giocondo (1433-1515) traduttore di classici, e
particolarmente di Vitruvio e Frontino, ingegnere idraulico della Repubblica di Venezia,
progettò e realizzò importanti opere. P.N. PAGLIARA, Giovanni Giocondo, DBI, 56, Roma 2001,
pp. 326-338.
26
TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XV.
E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 99
Simile al disegno di fig. 5 è l’incisione dell’architetto Bernardo Gamucci,
che nel testo della sua opera descrive l’edificio cercandone una interpreta-
zione del funzionamento idraulico.28
L’insieme di queste testimonianze conferma la ripresa degli studi di
idraulica a Roma quando la ricerca delle soluzioni adottate in epoca classica
è propedeutica ai lavori offerti dalle grandi committenze della Curia Papale;
con l’arrivo dell’Acqua Vergine (15 agosto 1570) e dell’Acqua Felice (15 giu-
gno 1587) era stata finalmente avviata la distribuzione di acqua in città e la
costruzione di importanti fontane dopo il taglio degli acquedotti ed i ‘secoli
bui’. L’interesse di Pirro Ligorio per acque e fontane era però precedente a
queste realizzazioni romane, i primi studi per le fontane di Villa d’Este
rimontano al 1550 quando, accompagnando il cardinale Ippolito d’Este, nel
suo insediamento come governatore di Tivoli ricevette il primo incarico per
la realizzazione della nuova grande villa.29
Per questa dimora progettò il dise-
gno generale e le fontane, in particolare la fontana detta di Tivoli o del-
l’Ovato30
che ricorda in numerosi aspetti i ‘Trofei di Mario’. Anche a Tivoli
l’acqua del primo livello sorge al di sotto delle statue dei due fiumi Aniene
ed Erculaneo, come aveva immaginato per il monumento romano (f. 10v):
« nel mezzo del nicchione vi dovea essere qualche grande statua, forse del
triomphale imperatore o di Neptuno ». L’insieme delle cascate e degli zam-
pilli che da più livelli si gettano nella vasca ovale finale, sembrano suggeriti
proprio dallo studio del monumentum dell’Esquilino.
27
Sallustio Peruzzi (1511-1573) figlio di Baldassarre ed architetto come il padre, lavorò
a Roma fino al 1567, quando si trasferì a Vienna. Fu architetto della Camera Apostolica
dal 1555 ed ebbe diversi incarichi, perlopiù legati ad aspetti militari. Nel 1558 la carica di
architetto capo fu affidata a Pirro Ligorio, quindi il Peruzzi fu un suo subordinato: M.
RICCI, “ Fu anco suo creato, …” L’eredità di Baldassarre Peruzzi in Antonio Maria Lari e nel figlio
Sallustio, Roma 2002, pp. 74, 75. La similitudine dei rilievi può far pensare un confronto
fra Ligorio e Peruzzi, se non addirittura un rilievo effettuato congiuntamente.
28
B. GAMUCCI, Le antichità della città di Roma raccolte sotto brevità da diversi antichi e moderni
scrittori per M. Bernardo Gamucci da san Gimignano, Venezia 1565; una seconda edizione
emendata è del 1588. L’autore, precisa che: « si riconosce benissimo che questo edificio
non era altro che un castello dello acquidutto dell’acqua Martia per cagione delle tre apri-
tore che vi si veggono nel rilievo, così come nella pianta disegnata si dimostrano gli effetti
che facevano i detti castelli nel compartire l’acqua per uso della città » (f. 100v). Più avanti
fornisce anche la dimensione della facciata, che era pari a cento palmi romani (22,34 m).
29
D. R. COFFIN, Pirro Ligorio. The Reinaissance Artist, Architect, and Antiquarian, Pennsyl-
vania 2004, pp. 83-93.
30
La fontana fu completata nel 1570: M. FAGIOLO, M.L. MADONNA, Pirro Ligorio e i teatri
delle acque: le fontane dell’Ovato, della Rometta e dell’Organo, in I. BARISI, M. FAGIOLO, M.L.
MADONNA, Villa d’Este, Roma 2003, pp. 95-109.
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I trofei di_mario_mostra_dell_aqua_claud

  • 1. I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO NOVUS: IL PERCORSO DELL’ACQUA* DI GIUSEPPINA PISANI SARTORIO SOCIO EFFETTIVO LEONARDO LOMBARDI – HENRIQUE ROSSI ZAMBOTTI** In epoca romana, lungo il percorso di un acquedotto1 venivano collocati in genere uno o più serbatoi detti castella, la cui capacità era calcolata per il fabbisogno giornaliero della comunità locale. I ‘castella’ potevano funzionare anche da ‘ripartitori terminali’ dell’acquedotto: servivano cioè non solo a distribuire le acque nelle tre utenze previste dai regolamenti,2 ma anche a Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXXIII 2010-2011, pp. 59-89 * Letta nell’Adunanza pubblica del 16 dicembre 2010. ** Leonardo Lombardi, idrogeologo. Giuseppina Pisani Sartorio, archeologa, Henri- que Rossi Zambotti, computer grafico 3D, al quale si devono le ricostruzioni virtuali. Un ringraziamento particolare all’ing. Edoardo Gautier (v. Appendice, a pp. 91-99), al dott. Angelo Corazza e all’Associazione ‘Roma Sotterranea’ per la loro liberale disponibilità e collaborazione nei sopralluoghi all’interno, assai poco agevole, del monumento. Un testo più sintetico sullo stesso argomento è stato pubblicato negli Atti del Convegno Internazionale “ L’acqua, le pietre, i bronzi. Le fontane monumentali. Gestione e conservazione. Esperienze a con- fronto”, Roma 23-25 ottobre 2008, Roma 2010 (in corso di stampa). 1 Nel percorso extraurbano, ma soprattutto lungo quello urbano. 2 Secondo le indicazioni contenute nel testo di Frontino (FRONTIN., LXXVIII), una parte dell’acqua veniva erogata fuori della città sia a utenti privati che per le necessità della casa imperiale (per i giardini e le terme nelle ville), il resto veniva distribuito all’interno dell’abitato tramite i 247 castella secondo tre destinazioni precise: alla casa imperiale (nomine Caesaris), ai privati (privatis), agli usi pubblici (usibus publicis), cioè ai 18 accampa- menti militari (castris), ai 95 servizi pubblici (operibus publicis) (terme, ginnasi, horrea, tea- tri, anfiteatri, …), alle 39 fontane monumentali (muneribus) e alle 591 fontanelle (lacibus) distribuite lungo le strade nei vari quartieri. I castra citati da Frontino vengono variamente interpretati come stationes delle cohortes vigilum dall’Evans (EVANS 1994, p. 10), ma queste
  • 2. 60 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII realizzare il passaggio dal regime di adduzione a pelo libero dei condotti a quello a pressione nelle tubazioni (fistulae). In considerazione delle loro dimensioni Vitruvio prescrive che vengano costruiti vicino alle mura delle città.3 A Roma se ne contavano 130 all’epoca di Agrippa secondo Plinio,4 Fron- tino ne riporta 247, il che significa che vi erano più castella per ogni acque- dotto, cioè castella secundaria o serbatoi elevati per ridurre la pressione, se necessario, fino a valori accettabili per le condutture. Le ‘mostre’, cioè i serbatoi terminali degli acquedotti, erano dette anche ‘munera’,5 termine che pone l’accento sul significato di ‘dono’, ma anche di ‘servizio’ che aveva la fontana pubblica con la sua acqua a disposizione di tutti. Alcuni di questi castella vennero monumentalizzati, come i cd. ‘Trofei di Mario’6 o Nymphaeum Alexandri, mostra delle acque Claudia-Aniene Nuovo7 costruita da Alessandro Severo (figg. 1-2): è l’unica mostra antica d’acquedotto o fontana monumentale conservata in Roma,8 di cui cerche- remo di ricostruire il funzionamento, restituendole ‘virtualmente’ il per- corso dell’acqua.9 erano solo 7, una ogni due regioni augustee, altri pensano a castella di maggiori e differenti dimensioni, cioè cisterne-serbatoio dislocate in punti diversi del sistema di approvvigiona- mento di ogni singolo acquedotto (v. WILSON 2007, pp. 439-443). 3 VITR., VIII. 6.1. Cfr. il castellum dell’acqua Claudia/Aniene Nuovo post Hortos Pallan- tianos in FUR, tav. 24. 4 PLIN., N.H., XXXVI, 27.17. P. PACE, Gli acquedotti di Roma, Roma 1983, pp. 55-60. 5 Sul significato di munera, v. LANCIANI 1880-81 (1975), pp. 581-582. 6 Per l’attribuzione a Mario dei Trofei, v. TEDESCHI GRISANTI 1996, p. 352. 7 Una più esatta attribuzione a questi due acquedotti potrebbe risultare dall’applica- zione di nuove tecniche di analisi delle incrostazioni con prelievi dagli stessi ‘Trofei’, dal condotto sugli archi di via F. Turati e dai depositi calcarei della cisterna delle Sette Sale; cfr. LOMBARDI, COATES STEPHENS 2005. 8 Sulla tutela del monumento e sulla situazione urbanistica alla fine dell’Ottocento, cfr. C. LORENZINI, L’Esquilino, in F. COARELLI (a cura di), Gli scavi di Roma 1878-1921, LTUR, Supplementum II, 1, pp. 29-30; M. BUONOCORE, Appunti di topografia romana nei Codici Lanciani della Biblioteca Apostolica Vaticana, I, Roma 1997, pp. 244-245. Per i confronti con altre fon- tane monumentali del mondo greco-romano, cfr. TEDESCHI GRISANTI 1977. 9 Questa ricerca nasce da una lunga consuetudine con il monumento detto i ‘Trofei di Mario’ in occasione degli interventi di restauro degli anni 1981-1988 (Legge Biasini), la cui documentazione e studio furono affidati alla dott.ssa Giovanna Tedeschi Grisanti, che aveva appena pubblicato (TEDESCHI GRISANTI 1977) uno studio proprio sui Trofei. Un que- sito all’epoca era rimasto senza risposta: come ‘camminava’ l’acqua in questa monumen- tale struttura, formata da un intrigo di cunicoli, vasche, sfiatatoi e fogne pieni di impo- nenti depositi calcarei? Una domanda che ho ‘girato’ agli amici Lombardi e Rossi Zam- botti: dopo una serie di sopralluoghi al monumento, ne è seguito questo studio.
  • 3. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 61 Fig. 1. Roma. I c.d. ‘Trofei di Mario’ all’interno del giardino di piazza Vittorio Emanuele II: veduta frontale (foto Rossi Zambotti) Fig. 2. Roma. I c.d. ‘Trofei di Mario’ all’interno del giardino di piazza Vittorio Emanuele II: veduta posteriore (foto Rossi Zambotti)
  • 4. 62 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’ACQUA CLAUDIA/ANIO NOVUS Sarà sufficiente una descrizione sommaria degli aspetti storici, architet- tonici, archeologici di questa monumentale fontana, molto nota, essenziali alla illustrazione del suo funzionamento idrico, dando per scontati i risultati degli studi di Giovanna Tedeschi Grisanti,10 che ne seguì gli scavi e i restauri più recenti e che – esaminati gli studi e la documentazione storica di Pirro Ligorio (1550 ca.) (fig. 3), del Fabretti (1680),11 del Piranesi (1761) (fig. 4),12 del Garnaud (1821) (fig. 5),13 del Lanciani (1878)14 e di molti altri15 – ha defi- nitivamente stabilito che si tratta del ‘ninfeo’ di Alessandro Severo, ripro- dotto sulle monete del 226 d.C.,16 quindi databile all’anno, e che ne danno la rappresentazione contemporanea e fedele, fontana alimentata non dal- l’acqua Giulia, ma bensì dalla Claudia-Aniene Nuovo sulla base di una pre- cisa livellazione dello speco di queste acque eseguita nel 1987 a Porta Mag- giore, a via Filippo Turati17 e sui ‘Trofei’ stessi.18 A Porta Maggiore lo speco si colloca infatti a m 63,85 s.l.m. con la perdita di un metro nel tratto di via F. Turati (62,83) e con un dislivello di 0,55 tra via Turati e l’arrivo del con- 10 A tali studi si rimanda per una descrizione dettagliata del monumento, della storia degli studi, per la documentazione storica e degli scavi e dei restauri più recenti: TEDESCHI GRISANTI 1977, dove ancora la fontana viene attribuita all’acqua Giulia; per le vicende del monumento in occasione della costruzione del quartiere Esquilino, cfr. TEDESCHI GRISANTI, CATTALINI 1983, pp. 181-186; da ultimo: TEDESCHI GRISANTI 1996, pp. 351-352, figg. 217-218 (con bibl. precedente). Per l’attribuzione alle aquae Claudia/Anio Novus, cfr.: TEDESCHI GRI- SANTI 1992, pp. 59-72; inoltre, più recentemente, v. TEDESCHI GRISANTI 2006, pp. 177-185. 11 Per Pirro Ligorio, cfr. Appendice, pp. 91-99; FABRETTI MDCLXX. 12 PIRANESI 1761. 13 A.M. GARNAUD, Mémoir explicatif de la restauration du château de l’eau Jules (Aqua Julia) à Rome, pubblicato in TEDESCHI GRISANTI 1977, pp. 75-77 (Appendice con i relativi acquerelli). V. anche: Roma Antiqua 1992, pp. 58-73. 14 Il Lanciani eseguì il primo restauro ‘moderno’ dell’edificio, di cui parla anche nel suo volume sugli acquedotti (LANCIANI 1880-1881 [1975], pp. 383-387). Di questo restauro, di cui restano evidenti gli interventi sul monumento (cortine laterizie rifatte e catene di contenimento), non è pervenuta la documentazione scritta; il fascicolo riguardante i restauri del 1878-1885, che doveva essere conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato (Min. P.I., Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. Antichità, 2° versamento, 2a parte, b. 459), risulta man- cante dal 1895. Cfr. TEDESCHI GRISANTI 1983, p. 184, nota 11. 15 Ognuno dei quali ha qualche dettaglio ancora oggi valido per la comprensione di questo monumento. 16 Un medaglione, un denario, un aureo, un sesterzio: TEDESCHI GRISANTI 1977-1978, pp. 167-177, fig. 17. 17 TEDESCHI GRISANTI 2001, pp. 51-55. 18 TEDESCHI GRISANTI 1992. Una tale ipotesi era già stata fatta da PARKER 1876, p. 131, tavv. XII, XVII, che fa espresso riferimento alle monete di Alessandro Severo; l’ipotesi venne ripresa dal Lanciani.
  • 5. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 63 Fig. 3. I c.d. ‘Trofei di Mario’ in un disegno di Pirro Ligorio. È rappresentato il secondo livello, dove l’artista ha indicato chiaramente la presenza di acque tumultuose ed abbondanti (ASTO, vol. 14 f. 11) Fig. 4. Da PIRANESI 1761, tav. III: veduta del lato sinistro Fig. 5. Il ninfeo dopo lo scavo del Garnaud (1821) (sopra). Disegno ricostruttivo del Garnaud (sotto)
  • 6. 64 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII dotto su arcuazioni a ridosso della fontana su una distanza di 350 metri circa, a m 62,28 s.l.m., quota compatibile solo con i due acquedotti più alti che pas- sano su Porta Maggiore: l’acqua Claudia e l’Anio Novus appunto. Frontino fornisce precise informazioni in merito alla portata dei due acquedotti19 e, delle 3.498 quinariae che raggiungevano la città,20 816 erano destinate alla casa imperiale e 1.567 ai privati. Per la pubblica utilità ne resta- vano 1.115, così suddivise, sempre secondo Frontino: 149 quinarie ai 9 castra, 374 per i 18 servizi pubblici, 107 per le 12 fontane monumentali (munera) e 226 per le fontane di quartiere (lacus). Sappiamo che le due acque – già miscelate – raggiungevano la città presso la località detta ‘ad Spem Veterem’ e che una quota notevole della Clau- dia era stata deviata da Nerone sugli arcus caelemontani aquae Claudiae, men- tre un altro ramo, probabilmente derivato dal castellum ‘post hortos Pallantia- nos’,21 alimentava forse la cisterna delle Sette Sale destinata alle terme di Traiano; le due acque – indistinte – raggiungevano tutte le XIV regioni augu- stee con 92 castella secondari distribuiti all’interno della città. Solo una parte quindi dell’acqua addotta dal doppio acquedotto rag- giungeva il nostro grande ninfeo,22 probabilmente su una diramazione pro- veniente dal castellum principale presso le mura, su arcuazioni appositamente costruite a tale scopo in epoca severiana (fig. 6), di cui gli archi di via Filippo Turati, ancora conservati, facevano parte23 (fig. 7). Inserito in uno spazio trapezoidale (m 25 × 15) alla biforcazione di due 19 FRONTIN., LXXII-LXXIII e LXXXVI. 20 La quinaria, unità di misura usata da Frontino per determinare la portata degli acquedotti, è stata calcolata sulla base delle misurazioni dell’ing. di Fenizio (DI FENIZIO 1916; PACE 1983, pp. 61-67), che attribuisce alla quinaria il valore di 0,48 l/s.; a tale valore ci atteniamo per la misurazione della portata dei due acquedotti: acquedotto Claudio: 3313 quinarie, pari a 1590 l/s (1,59 m3 /s), con quota s.l.m. m 63,85; acquedotto Anio Novus: 4738 quinarie, pari a 2274 l/s (2,274 m3 /s) con quota s.l.m. m 65,99. Si deve ovvia- mente tener conto che la portata di un acquedotto varia con le stagioni e negli anni; ma d’altra parte questi sono gli unici dati a nostra disposizione e ragionevolmente non dovreb- bero discostarsi molto dalla realtà. 21 FRONTIN., XX e XCI. 22 Ancora citato come Nymfeum (divi) Alexandri nella V regione dai Cataloghi Regio- nari del IV secolo (Curiosum e Notitia). Nell’Ordo Benedicti e nei Mirabilia Urbis Romae del 1140 ca. sono citati come ‘trofei di Mario’ per la prima volta; cfr. TEDESCHI GRISANTI 1977, pp. 31-33. 23 Negli sterri, eseguiti a partire dal 1873 per la costruzione del quartiere Esquilino ed in particolare della piazza Vittorio Emanuele II, furono demoliti ben 27 piloni dell’acque- dotto che portavano l’acqua al ninfeo; resti delle fondazioni dei piloni vennero visti nel 1917 in via Ricasoli; altri vennero rinvenuti durante la costruzione della Metropolitana A nel 1969 e, più di recente, nel 2002: ASOR ROSA 2005, pp. 327-329, fig. 73.
  • 7. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 65 Fig.6.Fig.6.Ilpercorsoipotetico(inverde)dell’acquedottoClaudio-AnieneNuovodalcastellumpressoPortaMaggioreagliarchidiv.FilippoTuratiedalì, sugliarchiconservati,finoai‘TrofeidiMario’(elab.daFUR,tav.XXIV)
  • 8. 66 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 7. Gli archi dell’acquedotto, oggi in via F. Turati, in una tavola del Piranesi (da PIRANESI 1761, fig. 3) strade importanti, la via Tiburtina o Collatina Vetus con la via Labicana, il monumento alto più di 30 m sopra terra24 è stato sempre presente nella topo- grafia antica e moderna della città, più volte e da più mani rilevato e dise- gnato, inserito nella urbanizzazione della fine dell’Ottocento nel quadrante settentrionale dei giardini pubblici di piazza Vittorio Emanuele II.25 Le condizioni di conservazione sono assai precarie: molte parti fonda- 24 La base si trova a circa 50 m s.l.m. Alla fine dell’Ottocento gli scavi per la costruzione del quartiere Esquilino andarono ben oltre il piano originario, scoprendone anche le fon- dazioni. 25 Nel 1925 venne addossata alla parte posteriore destra una lapide commemorativa dei caduti nella Prima Guerra Mondiale del quartiere Esquilino su disegno dell’arch. Guido Caraffa, che impedisce di vedere questo lato forse originariamente occupato dal- l’apparato destinato alla distribuzione dell’acqua e dalle fondazioni del monumento lasciate scoperte a causa dell’abbassamento delle quote per la realizzazione dei giardini di piazza Vittorio Emanuele II; probabilmente nella stessa occasione una fontana con finte rocce in tufo venne sistemata su tutto il lato posteriore e demolita nel corso del restauro del 1982/1988; per cui anche su questa lato risulta difficile un’analisi delle murature. Cfr. TEDESCHI GRISANTI 1985, p. 487 ss. L’attuale sistemazione dello spazio frontale definito con un canale semicircolare e luci a terra risale alla fine del secolo scorso.
  • 9. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 67 mentali per la ricostruzione del funzionamento idrico sono state asportate, trasformate o sono crollate nel tempo. Per la ricostruzione dell’aspetto ori- ginario della fontana sono state utilizzate in particolare le monete di Ales- sandro Severo e le parti disegnate dal Piranesi e dal Garnaud, anche se non più visibili, nonché i grafici e gli studi più recenti; inoltre le restituzioni che presentiamo sono basate anche sui dati di fatto, cioè sull’analisi delle parti del monumento ancora visibili. L’unico elemento di cui disponiamo per una valutazione della portata idrica che raggiungeva i ‘Trofei’ è la tavola IV, lettera A, di Piranesi, che mostra il canale dell’acquedotto con le incrostazioni. Queste sembrano avere un’al- tezza di circa la metà della larghezza nota del canale, pari ad un metro, peral- tro ridotta dalle incrostazioni. Ipotizzando che il canale abbia una larghezza, con le incrostazioni, di 80 cm, avremmo un’altezza di circa 40 cm. Con questo elemento, tenuto conto della pendenza del canale, pari a 0,0015 rispetto al canale di via Turati, si ottiene una portata compresa tra 200 e 300 l/s.26 DESCRIZIONE DEL MONUMENTO IN RELAZIONE AL SUO FUNZIONAMENTO Il monumento, in opera laterizia in origine rivestita di marmo, ha la fac- ciata leggermente concava e consta di cinque livelli che sono stati numerati dall’alto verso il basso, seguendo cioè il percorso dell’acqua, che arrivava sul lato destro posteriore con un canale su arcuazioni alte m 9,85 dal piano attuale27 (figg. 8, 9). Livello 0 – Solo dalle monete si riconosce un coronamento o fastigio (di cui nulla rimane) con una quadriga al centro e statue ai lati (Vittorie? o gruppi statuari formati da due figure); è probabile che ci fosse anche una iscrizione dedicatoria (fig. 10). Livello 1 – Al di sotto, si apriva una grande nicchia semicircolare coperta a semicupola probabilmente decorata a cassettoni (figg. 10-11); al centro un’apertura ad arco e ai lati due piccole nicchie cieche con soglie di traver- tino (fig. 12); dall’apertura si passa ad un ambiente quadrangolare sporgente sul retro,28 che conteneva una scala a rampe per accedere al fastigio dell’arco 26 È evidente che si tratta di una stima, ma è l’unico dato di cui possiamo disporre e quindi a questa portata ipotetica ci riferiremo per i calcoli idraulici all’interno del monu- mento; conoscendo le dimensioni del canale (altezza e larghezza) e la pendenza (i) si può determinare la velocità del flusso e la portata. 27 TEDESCHI GRISANTI 2001, pp. 51-55. 28 PIRANESI 1761, tav. X; TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. VI (Garnaud: sezione lungo il quarto sinistro dell’edificio).
  • 10. 68 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 8. Il pilone di arrivo al ninfeo del con- dotto dell’acquedotto (foto Rossi Zambotti) Fig. 9. Il pilone di arrivo al ninfeo del condotto dell’acquedotto: dettaglio del canale in laterizio (foto Rossi Zambotti) Fig. 10. I livelli 0, 1 e 2 descritti, segnati (in rosso) sull’edificio riprodotto sulle monete di Alessandro Severo e gli stessi indicati (frecce in rosso) sul prospetto del monumento
  • 11. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 69 Fig. 12. Livello 1: la nicchia centrale (con statue?) (foto Rossi Zambotti) Fig. 11. Planimetria del livello 1: la nicchia centrale e, ai lati, gli archi una volta decorati con i c.d. ‘Trofei di Mario’ (da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 10)
  • 12. 70 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII (livello 0) (fig. 13). Al centro dell’abside sulle monete si individuano due sta- tue, probabilmente Alessandro Severo e la madre Giulia Mamea; ai lati due archi aperti entro i quali erano inseriti i pannelli marmorei con trofei d’armi d’epoca domizianea (89 d.C.)29 riutilizzati qui nel 226 d.C. e che hanno dato il nome con cui la mostra è conosciuta (fig. 14); sono alti m 4,59 e 4, 23 e si trovano oggi sulla balaustrata della scalinata del Campidoglio, dove li fece collocare Sisto V nel 1590. Questi due livelli (0 e 1) del ninfeo non erano interessati dal percorso dell’acqua. Il Livello 2 è costituito da un bacino d’acqua pensile poggiante sulla volta dell’ambiente sottostante con al centro o sulla balaustra esterna una statua di Oceano sdraiata sul fianco sinistro e poggiante il busto sul braccio sinistro (v. fig. 10, cerchio rosso), che forse reggeva una cornucopia o un otre (dal quale poteva uscire l’acqua): è l’Oceani solium citato nella Historia Augusta (figg. 10 e 33, cerchio rosso).30 L’acqua arrivava al bacino direttamente dal condotto dell’acquedotto, che giungeva sul retro in curva ad una quota leggermente superiore, il cui flusso era suddiviso da un torrino in due e poi tre canali desti- nati al bacino centrale dal profilo ricurvo, che segue la facciata (figg. 15, 16, 17 e 18); altri due canali alimentavano fontane entro due nicchie per parte sui lati del ninfeo decorate probabilmente con statue, come appare nelle monete. Nella descrizione dei canali che alimentavano le fontane il Piranesi sot- tolinea che questi avevano un’inclinazione in senso contrario al movimento dell’acqua e sostiene che terminavano contro pareti in muratura e che erano sempre pieni; pertanto funzionavano a livello costante, con l’acqua conte- nuta dalle pareti, da una chiusura ermetica alla fine del canale, dove era inse- rita una fistula che gettava acqua con una certa pressione nella vasca di Oceano (fig. 18). Da questo livello l’acqua contenuta nei cunicoli per trabocco veniva dirottata al livello inferiore (il terzo) verso due diverse vie: una alimentava le scale dei pozzi di dissipazione, di cui parleremo in seguito, l’altra serviva per alimentare due tubazioni (di bronzo?) di grande diametro che usci- vano dalla parte posteriore del monumento per alimentare probabilmente altre utenze. 29 I due trofei, come sostiene la Tedeschi Grisanti (1996, p. 352), erano destinati pro- babilmente ad un arco trionfale eretto dopo la campagna vittoriosa di Domiziano su Catti e Daci dell’89 d.C., evidentemente eretto in altro luogo, dal momento che « il ninfeo seve- riano è impiantato su strutture in opera reticolata di età augustea ». 30 Oceani Solium è il nome con il quale viene ricordato il ninfeo nella Vita di Alessan- dro Severo. SHA, Lampr., Al. Sev., XXV, 3: Oceani solium primus inter <principes> appellavit, frase in genere attribuita alle terme Alessandrine. V. CASTAGNOLI 1986.
  • 13. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 71 Fig. 13. Il torrino posteriore che, al livello 1, contiene la scala di accesso all’attico (foto Rossi Zambotti) Fig. 14. Il trofeo di sinistra e quello di destra (oggi ai lati della scalinata di accesso alla piazza del Campidoglio (da TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XXII)
  • 14. 72 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 15. Planimetria del livello 2, con il bacino della fontana superiore (Oceani solium) (da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 11) Fig. 16. Lato posteriore della fontana: il torrino che divide il flusso dell’acqua (livello 2) Fig. 17. Il lato posteriore della fontana in una tavola di F. Piranesi (PIRANESI 1761, tav. IV)
  • 15. Livello 3 – A questo livello i canali sono cinque, due alimentavano tuba- zioni di grande diametro che uscivano dal monumento nel punto indicato dalla lettera D (figg. 20-22) e tre immettevano l’acqua in tre grandi ambienti (in quello centrale il canale è diviso a sua volta in tre) con un salto di metri otto (figg. 18-20, 22, 24). Gli studi precedenti non avevano chiarito la funzione dei tre vani C1, C2, C3 (fig. 20) che comunicano con l’ambiente B; anzi, negli ultimi lavori, si afferma che non sono elementi connessi all’idraulica del monumento. È abbastanza chiaro che il flusso dell’acquedotto, che raggiunge il castellum a quota 62,28, per essere trasferito al piano della grande vasca frontale, a quota attorno ai 50 m s.l.m., doveva perdere oltre 10 metri di quota. La perdita di quota, o di carico, comportava un salto che poteva risultare dannoso alla struttura e ai condotti che ricevevano l’acqua. Per dissipare l’energia dell’acqua i tecnici romani avevano una vasta espe- rienza e utilizzavano un sistema abbastanza semplice, i ‘pozzi di dissipazione’. Alcuni esempi sono riportati in letteratura da Thomas Ashby per gli acque- dotti di Roma,31 da Fernandez Casado,32 che cita i pozzi di dissipazione degli acquedotti di Cherchel (Cesarea di Mauritania) e di Merida (Emerita Augu- sta) in Spagna. Più circostanziata la citazione riportata da Gonzales Tascon33 che, nel descrivere l’acquedotto di Cordova, cita i 34 pozzi di dissipazione che consentivano di perdere 130 metri di dislivello in soli 400 metri di lun- ghezza (fig. 21). Infine si può citare Chanson, che ha studiato, anche con modelli fisici, i dissipatori romani:34 egli cita ben 11 acquedotti con esempi di vari tipi di dissipatori e riporta schemi e disegni che sono identici al sistema messo in opera nei ‘Trofei di Mario’. Rifacendoci a queste esperienze non è stato difficile interpretare i tre vani C1, C2, C3. Ciascuno di essi è costituito da un tratto di scalinata e da un pozzo quadrangolare di grandi dimensioni. L’acqua, a monte dei dissipatori scorre su un piano a quota 58,30 per essere indirizzata verso le brevi scale inclinate (figg. 18, 22-23) e cadere verticalmente nei pozzi che hanno il fondo a più di 2,50 metri dallo sfioro, con un salto totale di otto metri. Dai pozzi a sezione qua- drangolare l’acqua, ormai in calma, raggiungeva l’ambiente B, mediante tre G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 73 31 Ashby descrive con chiarezza il raccordo idraulico tra l’Anio Novus e gli acquedotti del Claudio, del Marcio e dell’Anio Vetus, in località Grotte Sconce. Tale raccordo aveva la funzione di trasferire l’acqua dell’Anio Novus agli altri tre acquedotti in caso di riparazioni o pulizie per eliminare le incrostazioni. Nel trasferimento l’acqua perdeva molti metri di carico lungo un tracciato di decine di metri. ASHBY 1935 (1991), pp. 336-337, fig. 98. 32 FERNANDEZ CASADO 1985, pp. 348-349. 33 GONZALES TASCON 2004, pp. 138-140. 34 CHANSON 2000 e CHANSON 2001.
  • 16. 74 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 18. Sezione schematica dei c.d. ‘Trofei di Mario’ con indicato il percorso dell’acqua del secondo livello verso la fontana di Oceano e del terzo-quinto livello verso la vasca frontale Fig. 19. I livelli 3, 4 e 5 descritti, segnati (in rosso) sull’edificio riprodotto sulle monete di Alessandro Severo e gli stessi indicati (frecce in rosso) sul prospetto del monumento
  • 17. grandi aperture ad arco, che permettevano all’aria e all’acqua di circolare libe- ramente. I pozzi mostrano tre delle quattro pareti che proseguono verso l’alto. In quello centrale gli scalini sono scomparsi35 (ma il Piranesi li segna) (fig. 24). L’alimentazione dei dissipatori avveniva probabilmente alternativamente, dirottando l’acqua dall’uno all’altro con paratie mobili. Da questi ambienti l’acqua poteva defluire nell’antistante corridoio B (m 2,60× 26 e alto m. 8 all’imposta della volta a botte) (figg. 20, 25) rivestito in cocciopesto, chiuso ai lati da saracinesche e lo riempiva per entrare poi nelle tubazioni alloggiate nei nove passaggi coperti a cappuccina (v. successivo livello 4). In base alla nostra ipotesi l’ambiente B si riempiva d’acqua e i lati dove- vano essere delimitati da muri trasversali che potevano contenere paratie mobili e soglie di troppo pieno. In caso di lavori di manutenzione l’ambiente doveva essere svuotato completamene, pertanto una paratia mobile era essenziale. I muri trasversali dovevano essere collocati immediatamente dopo gli ultimi due canali (a destra e a sinistra). Di questi muri, per ora solo ipo- tizzati, non si è rinvenuta traccia, ma i restauri effettuati nelle varie epoche possono averli cancellati. La parete esterna, a questo livello leggermente ricurva, era articolata in cinque nicchie alternativamente arcuate e rettangolari forse con statue all’in- terno; tra una nicchia e l’altra colonne o semicolonne addossate alla parete reggevano una trabeazione marmorea (rimangono i blocchi di travertino di appoggio delle basi) (cfr. figg. 36-37). Sui due lati del trapezio, altre due nic- chie e due fontane, ripetevano il motivo del livello superiore e sono ben visi- bili sulle monete (cfr. fig. 19). Nove canalette coperte a cappuccina attraversano in tutto il suo spessore la parete esterna dell’ambiente B (cfr. fig. 32): secondo la Tedeschi Grisanti36 i condotti a cappuccina erano chiusi da lastre che avevano due aperture, una alta ed una bassa, per l’alloggiamento di fistule. Il dato è molto interessante perché consente di chiarire il funzionamento della parte bassa della grande fontana. Alle due estremità dell’ambiente B si osservano due canali che escono dalla struttura mentre all’interno si arrestano dopo pochi metri prima degli ultimi canali con copertura a cappuccina, sia a destra che a sinistra (fig. 27). La parete che contiene le nove canalette è esternamente semicircolare, ed accompagna il disegno generale del ninfeo, mentre internamente verso l’ambiente B è diritta37 (fig. 20). G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 75 35 Forse scalpellati quando il monumento venne riusato come abitazione. 36 TEDESCHI GRISANTI 2001, p. 53, che nota come i nove piccoli condotti erano raggrup- pati a tre per tre in direzione delle tre vasche/dissipatori (cfr. fig. 32). 37 Le aperture a cappuccina hanno le seguenti dimensioni: altezza all’imposta delle due tegole m 0,32, al vertice delle tegole m 0,70, larghezza m 0,50. La lunghezza, pari allo
  • 18. 76 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Sulla parete che alloggia le bocche dei nove canali si ha l’incavo di un condotto, probabilmente sede di un tubo in piombo, asportato, che doveva essere lo scarico di fondo o di colmo della fontana dell’Oceano che si trovava circa 12 metri sopra il corridoio38 (fig. 26). Alle estremità del lungo corridoio B si hanno due ambienti dei quali uno (quello di sinistra) costituito da una corta galleria coperta a volta alla cui estremità vi è un varco voltato chiuso in antico (fig. 32, E1). A destra vi è un’altra corta galleria, voltata anch’essa (fig. 32, E2), che termina in un ambiente angusto (fig. 32, D) che mostra a terra un canale in muratura, Fig. 20. Planimetria del livello 3, con i tre ‘dissipatori’ C1, C2, C3, il corridoio B e l’ambiente coperto A (livello 4) (da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 12) spessore del muro che le contiene, varia in rapporto alla curva esterna del muro da m 2,40, quelle centrali, a m 3,30 per quelle alle estremità. Il piano di scorrimento dell’acqua nei canali si colloca a m 53,50 s.l.m. Il pavimento dell’ambiente B è a m 51,20 s.l.m. 38 Dalle dimensioni della traccia si può ipotizzare che la tubazione potesse trasferire, dalla fontana di Oceano al livello dell’ambiente B, una portata compresa tra 3 e 6 litri al secondo. Tale doveva essere pertanto la portata degli ugelli che alimentavano la fontana. Se i tre canali che si dirigono alla fontana di Oceano fossero stati pieni, senza il muro di fondo con le fistule che indica Piranesi, la fontana sarebbe stata alimentata da circa un metro cubo al secondo.
  • 19. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 77 Fig. 21. Pozzo di dissipazione dell’acquedotto di Cordova (da GONZALES TASCON 2004) Fig. 22. Canale interno alla fontana tra il secondo e il terzo livello (foto Lombardi-Corazza) Fig. 23. Scaletta per la caduta dell’acqua nel dissi- patore C1 (foto Lombardi-Corazza)
  • 20. 78 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 24. Il dissipatore centrale C2 (foto Rossi Zambotti) Fig. 25. Il corridoio B, che doveva essere sommerso dall’acqua (foto Rossi Zambotti) Fig. 26. L’alloggiamento della tubazione del ‘troppo pie- no’ della fontana dell’Oceano (livello 2), che scaricava nell’ambiente B (foto Pisani Sartorio) Fig. 27. Condotto con copertura a cappuccina (foto Lombardi-Corazza) coperto con lastre in travertino, che si dirige verso l’esterno del monumento. Il canale, prima di uscire verso il giardino, passa per un ambiente molto pic- colo con una sola apertura (una finestra?) di non chiara interpretazione. Nella parete opposta, verso l’interno del monumento, il canale si con- nette con un canale verticale che risale al livello intermedio, passando den- tro la muratura tramite un condotto inclinato con copertura a cappuccina. Alle spalle del piede del canale verticale si osserva un grande arco di scarico che denota il passaggio, sotto la muratura, di un canale, forse la prosecuzione di un condotto, corrispettivo di quello individuato nell’ambiente D, che si dirige verso l’esterno del monumento. Sul retro del monumento, al livello intermedio si osservano, su un piano
  • 21. o terrazzo molto restaurato, le tre aperture dei dissipatori (C1, C2 e C3), la scala S che discende tra i dissipatori C2 e C3 (fig. 20, S)39 e altre due aperture a fianco del dissipatore di centro C2. Si tratta di corti canali che iniziano sul ‘terrazzo’ del livello intermedio e terminano sulla parete interna del dissipa- tore C2 con due piccoli archi di scarico (fig. 28). La scala S a fianco dei due dissipatori mostra, a livello della parte bassa delle corte scale che discendono verso i pozzi dei dissipatori C2 e C3, due aper- ture con evidenti tracce di paratie mobili, con sedi di scorrimento in pietra. Sempre nella parte posteriore, al di sotto dell’ambiente quadrangolare con scala (cfr. fig. 13), si nota una possente muratura centrale, restaurata con un ambiente a copertura a crociera con quattro aperture, delle quali tre guardano al terrazzo e una si apre sul dissipatore centrale (figg. 15, 16, 18, 20, 28). Ai lati di questo elemento in muratura Piranesi segnala la presenza di due grandi discendenti, le cui tracce lo hanno portato a disegnare un par- titore (in piombo?) a tre vie. In prosecuzione di tali discendenti, a destra e a sinistra della grande struttura muraria citata, si hanno tracce evidenti di due canali che discendono al livello inferiore e raggiungono l’ambiente D (detto ‘purgatorio’40 ) per poi uscire dal monumento. Sul retro del monumento quindi ci doveva essere una grande camera di manovra che permetteva di regolare la distribuzione dell’acqua che prove- niva dall’alto. Infatti su questo lato (cfr. fig. 17) si ha il massimo di mancanze delle murature, indizio certo che è stata distrutta tutta la porzione posteriore del monumento e che ciò potrebbe essere attribuito alla asportazione di chiavi in bronzo e tubazioni in piombo fortemente ricercate e commercializ- zate in età post-antica. Peraltro la diffusa e imponente presenza di incrosta- zioni denota, come in altri monumenti,41 che per un lungo periodo di tempo l’acqua continuava ad alimentare il monumento, ma mancavano le tubazioni e le chiavi indispensabili a distribuire e gestire il flusso (figg. 29, 30). Ricordando quanto riportato dalla Tedeschi Grisanti42 e osservando le incrostazioni delle pareti dell’ambiente B e la copertura con cocciopesto delle nove canalette si può ritenere per certo che l’acqua che traboccava dai tre pozzi di dissipazione riempiva completamente l’ambiente B e saliva ad un G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 79 39 La scala S, che non è segnata dal Piranesi, è ricavata scalpellando la muratura antica e si ritiene quindi che sia moderna, almeno nella parte inferiore in uscita nell’ambiente B. 40 Detto così dal Piranesi. Cfr. TEDESCHI GRISANTI, CATTALINI 1984. 41 Ad esempio nelle Terme di Caracalla, ove tutto il giardino, i sotterranei destinati alla conservazione della legna e la parte frontale dei grandi serbatoi furono invasi dall’acqua che lasciava depositi e incrostazioni durante i secoli, allorché dalle Terme erano state asportate tutte le arti metalliche, ma l’acqua seguitava ad arrivare non più gestita (LOM- BARDI, CORAZZA 1995, p. 67, fig. 48) 42 La chiusura con lastra dei nove condotti con copertura a cappuccina.
  • 22. 80 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 28. Punto di ripartizione delle acque verso i dissipatori e verso le tubazioni di distribuzione all’esterno (foto Lombardi-Corazza) livello di circa un metro sopra l’imboccatura dei nove candotti con copertura a cappuccina. Livello 4 – Nei nove canali coperti a cappuccina (figg. 31-32) erano allog- giate delle tubazioni che attraversavano un ambiente coperto A, impermea- bile, oggi completamente sparito: doveva essere una vera e propria ‘camera di manovra’ per la scenografia prevista dal progetto, alta meno di due metri, dove si trovavano le saracinesche per controllare e regolare il flusso dell’ac- qua che a pressione giungeva nella vasca frontale F (cfr. figg. 18, 20, 32, 35). Le tubazioni connesse con i nove canali entravano poi nell’ambiente A in pressione e si collegavano a chiavi di manovra (figg. 18, 35). Livello 5 – È costituito dalla grande vasca semicircolare, nella quale l’ac- qua zampillava a pressione dalle nove tubazioni terminanti probabilmente con boccagli in bronzo, che nelle monete sono indicati in modo schematico con sette puntini o virgolette; al centro del semicerchio, sempre le monete mostrano una struttura quadrangolare, forse un’edicola o un saliente: nulla è rimasto di questa parte del monumento43 (figg. 33, 35-36, 38). 43 Ad eccezione di una serie di blocchi di tufo sperone che sembrerebbero pertinenti a strutture d’epoca diversa, ma riutilizzati forse come base della vasca.
  • 23. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 81 Come evidenzia la sezione schematica (fig. 18) e come ancor meglio fanno vedere le ricostruzioni virtuali (figg. 35-38), all’interno dei ‘Trofei di Mario’ l’acqua poteva seguire tre percorsi: uno che alimentava la fontana superiore di Oceano, il secondo diretto alla vasca frontale attraverso i dissipa- tori, il terzo (del tutto ipotetico) verso due tubazioni con uscita sul lato poste- riore: la nostra fontana era dunque a tutti gli effetti un castellum di distribu- zione dell’acqua in eccedenza a ‘pressione’ alle varie utenze pubbliche e pri- vate del quartiere, in accordo con quanto sostenuto da Giovanna Tedeschi.44 Se nella parte frontale l’edificio doveva avere l’aspetto trionfante di una fontana che con il suo fragore creava un effetto sonoro che si sommava all’ef- Figg. 29 e 30. Tubazioni, saracinesche, catene, paratie, cassette di distribuzione immaginate dal Piranesi per il funzionamento della fontana (PIRANESI 1761) 44 TEDESCHI GRISANTI 1977, pp. 34-38: l’eccedenza sia della fontana frontale che del castellum retrostante probabilmente finiva nelle fogne ampiamente documentate a livello sotterraneo sia nei disegni di Piranesi che in quelli del Garnaud.
  • 24. 82 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 31. Lo sbocco delle nove canalette nell’ambiente A (foto Rossi Zambotti) Fig. 32. Planimetria dei livelli 4 e 5 e la vasca frontale F (da TEDESCHI GRISANTI 1985, fig. 13) Fig. 33. La vasca frontale con edicola (livello 5) in un denario di Alessandro Severo (226 d.C.) (cerchio nero in basso) (da TEDESCHI GRISANTI 1977- 1978, fig. 1)
  • 25. fetto scenografico e con la sua maestosità dominava il panorama dell’Esqui- lino (fig. 34), nella parte posteriore svolgeva un ruolo utile con la distribu- zione alle utenze, dal momento che l’acqua in eccedenza poteva essere con- vogliata in due tubazioni di grosso calibro e distribuita; di questa funzione possono essere prese a testimonianza le sei fistulae aquariae trovate sull’E- squilino negli horti Lamiani con l’iscrizione stationis propiae (sic) privatae domini n(ostri) Alexandri Aug(usti)…45 e che potrebbero indicare oltretutto la presenza sul colle Esquilino di edifici fatti costruire da Alessandro Severo, per alimentare i quali era stata appunto costruita la derivazione dall’Aqua Claudia-Anio Novus.46 G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 83 Fig. 34. I ‘Trofei di Mario’ in due vedute del Gamucci (sopra) e del Dosio (sotto) (XVI sec.) 45 LANCIANI 1880-1881 (1975) p. 429, n. 36 tav. IX; LTUR III, 1996, s.v. Horti Lamiani (M. CIMA DI PUOLO), che mette proprio le fistulae in relazione con la costruzione dei c.d. Trofei di Mario, mentre il Lanciani si sforzava di collegarle con l’acqua Alessandrina. 46 È possibile, anche se Lanciani non ha trovato fistule e tubi, che una parte o tutta l’ac- qua venisse poi usata per alimentare altre utenze. Le osservazioni di Lanciani che riferi- scono sulla presenza di sole fogne e cloache, in mancanza di disegni e schemi, potrebbe
  • 26. 84 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Figg. 35-36. Ricostruzioni virtuali del percorso dell’acqua all’interno della fontana/ninfeo detta ‘Trofei di Mario’ e dell’alimentazione delle vasche superiore e inferiore (sopra) e restituzione della facciata monumentale (sotto) (ricostruzioni virtuali in 3D di H. Rossi Zambotti)
  • 27. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 85 Figg. 37-38. Ricostruzioni virtuali del prospetto monumentale della fontana/ninfeo detta ‘Trofei di Mario’ e dell’alimentazione delle vasche superiore e inferiore (ricostruzioni virtuali in 3D di H. Rossi Zambotti)
  • 28. 86 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Infine si deve sottolineare il fatto che la fontana ha la facciata monu- mentale in direzione della città e non verso l’esterno, cioè non verso chi entrava in città47 dalle due strade, al cui incrocio era stata costruita secondo un piano urbanistico ben preciso. LE RICOSTRUZIONI VIRTUALI Dall’alto dei suoi 30 metri e più la mostra/fontana severiana dell’acqua Claudia-Anio Novus era probabilmente visibile da qualsiasi punto della città e dominava il panorama dell’Esquilino, già caratterizzato dalle arcate in suc- cessione dei numerosi acquedotti (5 sopraterra) e dal verde degli horti 48 arricchiti da esedre, padiglioni, diete, ville, terme e fontane minori, auditoria, etc.: un ambiente naturale e costruito che necessitava di acqua in quantità. Dal punto di vista del metodo, un monumento che sembrava aver detto tutto, può ancora svelare qualcosa con l’uso di tecniche nuove di indagine, peraltro assolutamente reversibili e non invasive: le ricostruzioni virtuali non solo illustrano un aspetto inedito del monumento, cioè il percorso dell’acqua ed il suo funzionamento idraulico, ma – al di là dello stato di ‘rudere’ – ce lo rendono certamente più vivo e reale nel panorama della città moderna (figg. 35-38). essere erronea e i condotti (le fogne di Lanciani) potrebbero essere le sedi di alloggia- mento di tubature in canali in muratura. Lo scarico generale del ninfeo doveva trovarsi ai lati dell’ambiente B (fig. 32), ove si hanno due canali che escono dalla struttura. 47 Il Settizodio, anch’esso una fontana, costruita ai piedi del Palatino, è invece rivolta verso chi entrava in città dalla via Appia. 48 Cfr. le voci ‘horti’ in LTUR III.
  • 29. ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE ASHBY 1935 (1991) ASHBY T., Gli acquedotti dell’antica Roma, Oxford 1935 (traduzione italiana, Roma 1991). ASOR ROSA 2005 ASOR ROSA L., Rinvenimenti archeologici in piazza Vittorio Emanuele. II. 4. La media età imperiale (III secolo). 4.1. L’acquedotto, in BullCom CVI, 2005, pp. 327-329. CASTAGNOLI 1986 CASTAGNOLI F., Oceani Solium, diebus solia (SHA, Sev. Alex. 25, 3-6), in BullCom XCI, 1, 1986, pp. 101-102 CATTALINI, TEDESCHI CATTALINI D., TEDESCHI GRISANTI G., Regione V, Trofei di Mario, in GRISANTI 1986 BullCom. XCI, 2, 1986, pp. 143-150. CHANSON 2000 CHANSON H., Hydraulics of Roman Aqueducts: Steep Chutes, Cascades, and Dropshafts, in American Journal of Archaeology 104, 2000, pp. 47-72. CHANSON 2001 CHANSON H., Une étude experimentale de l’hydraulique des puits de rup- ture romains, in Journal of Hydraulich Research 39, 2001, n. 5, pp. 1-9. DI FENIZIO 1916 DI FENIZIO C., Sulla portata degli antichi acquedotti romani, Roma 1916. FABRETTI MDCLXX FABRETTI G., De aquis et aquaeductibus veteris Romae disserta- tiones tres, Romae MDCLXX. FERNANDEZ FERNANDEZ CASADO C., Ingeniería Hidraulica Romana, Madrid 1985. CASADO 1985 EVANS 1994 EVANS H.B., Water distribution in ancient Rome. The evidence of Frontinus, 1994. FRONTINVS IVLIVS FRONTINVS, De aquaeductu Urbis Romae, ed. a cura di P. GRIMAL, Les Belles Lettres, Paris 1961. FUR LANCIANI R., Forma Urbis Romae, Roma 1893-1901 (ristampa Ed. Quasar, Roma 1989). GONZALES GONZALES TASCON I., Ingeniería romana en Hispania, Madrid 2004. TASCON 2004 LANCIANI LANCIANI R., Topografia di Roma antica. I commentari di Frontino 1880-81(1975) intorno alle acque e gli acquedotti. Silloge epigrafica acquaria, in Memorie dell’Accademia dei Lincei, Classe di Scienze morali, serie III, IV, Roma 1880-1881, ristampa anastatica, Roma 1975. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 87
  • 30. LOMBARDI, COATES LOMBARDI L., COATES STEPHENS R., L’acquedotto Antoniniano, l’alimen- STEPHENS 2005 tazione idrica delle Terme di Caracalla, in In Binos Actus Lumina, anno II, a cura di Italo Riera, Sarzana 2005, pp. 211-216. LOMBARDI, LOMBARDI L., CORAZZA A., Le terme di Caracalla, Roma 1995. CORAZZA 1995 LTUR III Lexicon Topographicum Urbis Romae (a cura di E.M. STEINBY), vol. III, 1996. PACE 1983 PACE P., Gli acquedotti di Roma, Roma 1983. PARKER 1876 PARKER J.H., Archaeology of Rome. The Aqueducts, London 1876, p. 131, tavv. XII, XVII. PIRANESI 1761 PIRANESI G.B., Del Castello dell’Acqua Giulia, Roma 1761. Roma antiqua 1992 TEDESCHI GRISANTI G., I Trofei di Mario, in Roma antiqua. I grandi edifici pubblici, IV, Catalogo della mostra, Roma 1992, pp. 58-73. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., I Trofei di Mario. Il ninfeo dell’Acqua Giulia GRISANTI 1977 sull’Esquilino, Monumenti Romani VII, Roma 1977. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., Il “ nymfeum Alexandri ” sulle monete di Ales- GRISANTI 1977-1978 sandro Severo del 226 d.C., in RendPontAcc L, 1977-1978, pp. 167-177, fig. 17. TEDESCHI GRISANTI, TEDESCHI GRISANTI G., CATTALINI D., I Trofei di Mario, in Roma CATTALINI 1983 Capitale. L’archeologia tra sterro e scavo , Catalogo della mostra, Venezia 1983, pp. 181-186. TEDESCHI GRISANTI, TEDESCHI GRISANTI G., CATTALINI D., L’acqua Giulia e i Trofei di Mario: CATTALINI 1984 un acquedotto e il suo terminal, in Ingegneri e Architetti XXXIV, 1, 1984, pp. 134-20. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., Trofei di Mario, il monumento, in AA.VV., GRISANTI 1985 Roma. Archeologia nel centro, LSA 6, II, Roma 1985, pp. 487- 501. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., Primo contributo ad una livellazione urbana GRISANTI 1992 sistematica degli antichi acquedotti di Roma, in Atti del Conve- gno “ Gli antichi acquedotti di Roma: problemi di cono- scenza, conservazione e tutela ”, Roma 29-30 ottobre 1987, Roma 1992, pp. 59-72. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., s.v. Nymphaeum Alexandri, in LTUR III, GRISANTI 1996 Roma 1996, pp. 351-352, figg. 217-218. 88 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII
  • 31. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., I Trofei di Mario, in D. MANCIOLI, G. PISANI GRISANTI 2001 SARTORIO (a cura di), Gli acquedotti Claudio e Aniene Nuovo nell’area della Banca d’Italia in via Tuscolana, Roma 2001, pp. 51-55. TEDESCHI TEDESCHI GRISANTI G., Architettura dell’acqua: Raffaele Fabretti e i Tro- GRISANTI 2003 fei di Mario, in “ Raffaele Fabretti, archeologo ed erudito ”, Atti della Giornata di Studi, a cura di D. Mazzoleni, 24 mag- gio 2003, 2006, pp. 177-185. WILSON 2007 WILSON A., The castra of Frontinus, in “ Res bene gestae. Ricerche di storia urbana su Roma antica in onore di Eva Margareta Steinby”, Roma 2007, pp. 439-443. G. PISANI SARTORIO - I ‘TROFEI DI MARIO’, MOSTRA DELL’AQUA CLAUDIA-ANIO… 89
  • 32.
  • 33. APPENDICE PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ DI EDOARDO GAUTIER DI CONFIENGO La voce Piscina nel XV libro delle Antichità di Pirro Ligorio1 descrive ed illustra alcune delle grandi conserve d’acqua degli edifici di epoca romana. L’autore, dopo aver trattato di un “ gran recettacolo d’acqua ” sul Palatino distrutto dal Cardinal Farnese e della conserva detta delle Sette Sale, dedica tre pagine al gran monumentum dell’Esquilino e scrive:2 /f. 10r/ Mi è parso necessariamente di mettere l’essempi dell’altre opere degne delli recettacoli o castelli d’Aque divisorij in le parti delle regioni di Roma le quali in ognuna delle quattordici Regioni n’era qualche uno per l’uso communemente et particolarmente per li comparatori d’esse acque, i quali recettacoli o castelli sopra delle vie maestre a guisa d’archi o portichi trionfali gli rappresentarono opere dell’imperatori che haveano debellati tutti i populi i quali per li commodi della città et per bellezza et per mundana loro gloria di spoglie et di trophei fatti di marmo l’ornarono con le loro inti- tulationi. Onde per lo primo porremo questo recettacolo che ora veggiamo le reliquie sue rimaste oltre alla chiesa di San Vito in Macello presso la piazza di santo Eusebio et di Iuliano posto nell’Esquilie nella regione già detta Urso pileato3 et fu esso castello a piedi dell’alloggiamenti della cohorte de soldati vigili in uno fronte che divide le due vie che conducono alle due porte di 1 PIRRO LIGORIO, Antichità, libro XV (Torino, Archivio di Stato (ASTo), Corte, Biblioteca antica, Manoscritti, J, a, II, 1, ff. 6-23) (Autorizzazione alla pubblicazione: ASTo, n. 4604 del 22. VII. 2011). 2 Si tratta dei ff. 10, 10’, 11, qui integralmente trascritti. 3 Nome di una contrada dell’Esquilino, presso Santa. Bibiana così detto dalla presenza di una piccola statua di orso munito di cappello. La denominazione è ricorrente nei testi cinquecenteschi. Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXXIII 2010-2011, pp. 90-99
  • 34. 92 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 1. PIRRO LIGORIO, castello dell’Esquilino, vista frontale (ASTo, Libro XV, f. 10) Roma, quella a destra va alla porta Tiburtina di san Lorenzo,4 che fu un altro antico castello dell’acqua Augusta et dell’Aniene Novo5 et l’altra all’altra porta detta Maggiore Esquilina Prenestina.6 /f .10v/ Ch’etiando fu un altro castello come è detto più oltre. Ordunque di questo edificio o castello delle acque divisorio per Aquarum Diviortium vi restano ancora in opera sopra di 4 In realtà la via Tiburtina è posta a sinistra del monumentum, come correttamente Pirro Ligorio stesso indica in fig. 1. 5 Conserva situata lungo l’acquedotto, poi incorporata nella cinta Aureliana, circa 250 m prima della porta Tiburtina. 6 La conserva era situata lungo la via Labicana entro le mura aureliane, a distanza di circa 300 m da porta Maggiore.
  • 35. E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 93 esso quelli belli et diligenti trophei di marmo bianco lunense7 i quali vi dedicò o il grande Augusto o pure Tiberio Claudio imperatore; che molto si dilettarono in condurre dell’acque alla città sendo imperatori del mondo et pacificatori i suoi populi, null’altra cosa gli incava loro che attendere alla magnificenza di quell’opera che facesseno altrui meraviglia et rimanere stu- piti di tanta maestà et di tanta altezza d’imperio. Laonde i sudetti imperatori come anchora fecero gli altri successori, così sono state tale opere ornate per segni di vittoria, et come patroni dell’arme dell’altrui fonti a quali non pote- vano esser negati per illustrare et beneficiare il nome di Roma nell’ammira- tione del populo romano impirono sopra dalle vie di opere marmoree nella commodità del passo dell’acquedutti vi piantarono tali ornamenti. Ma questi trophei che dall’antico essempio vengo a parlare et mostrare in disegno vi è da dire alcuna cosa delli oppinioni di alcuni moderni et dotti espositori delle cose di Roma, madre di ogni natione: i quali nelli loro studii sendo le loro esposizioni hanno detto essere i trophei di Cimbri di Caio Mario. Non avver- tendo loro sedi ragione simil trophei potesser quivi o altrove o in qualche più illustre luogo o pure per la via che alla città conduceva il nome della Vittoria Cimbrica che metteva per la Cassia et per la Flaminia: ma avvegna pure ch’essi dicono che siano i trophei di Mario sull’Esquilie, si trova il contrario, che furono nel Capitolio, dove furono gittati atterra da Lucio Sulla dictatore: et di poi nella dictatura di Cesare nel Capitolio furono restituiti, perché Cesare amava Mario come della sua discipulina militare et voleva male a Sulla per che lo aveva prescritto per farlo morire: et sendo per li prieghi salvato, doppo morto Sulla, egli rese gli honori a Mario con ritornarli impiedi i trophei come dice Plutarcho.8 Pertanto gli moderni interpriti, per non havere memoria o per non havere fatta diligenza nell’antichi scrittori o pure parendogli mille anni di prendere i danari et andare in stampa et per essere i primi giostranti hanno rotto la lancia et il scudo della fedeltà, hanno detto che sono i trophei di Mario, come se non fussero stati altri trophei che quelli in Roma, che n’era tutta piena et ornata. Ordunque i primi che in tale errore si confusero in questa loro falsa oppenione fu Pomponio Leto9 et il Blondo da Friulli,10 che non conoscevano i colli della città et presero il colle Quirinale per le Esquilie con infiniti inconvenienti et di sciocchi errori. Doppo tale 7 I due trofei rimasero sul monumentum fino al 1590, quando furono spostati sul Cam- pidoglio. 8 PLUTARCO, Caesar, VI, 1. 9 In realtà Pomponio Leto scrive: «Post eccelesiam Sancti Eusebi est pars aedificii diruti, ubi sunt duo trophaea, idest spolia hostium». POMPONII LAETI, De antiquitatibus urbis Romae libellus longe utilissimus, Basileae 1538, p. 18. Pirro Ligorio è quindi in errore quando attribuisce all’autore un riferimento a Caio Mario. 10 L’umanista Flavio Biondo nato a Forlì nel 1392 scrisse Roma Instaurata. Il capitolo XXIII del II libro è intitolato: Tropaea C. Marii ubi et quid: R. VALENTINI, G. ZUCCHETTI, Topo- grafia della città di Roma, IV, Roma 1953, pp. 281-294.
  • 36. 94 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII oppenione il dottissimo Andrea Fulvio11 vi cadde et doppo questo Bartholo- meo Marliale12 milanese prese anchor esso la cosa per lo capo delle cose, ha errato in questo et in molte cose principali. Di poi questo Francesco Tarca- gnotta Gaetano,13 studiando in Venetia l’antichità di Roma ha detto assai peg- giore che l’altri: et ha egli finti tre autori che scriveno delle antichità: per fare le sue masticate antichità correre attorno per tutto, con credenza di non essere conosciuto, col fingere Lucio Fauno prima di poi Lucio Mauro14 et per ultimo il Palladio15 che uno è il Maestro sciocco, l’altro il discipulo, il terzo è lo innormatore delle antichità et non vi manca altro chel resentimento che gli facei il cavallo su le spalle di Madonna querela. Avegna dunque che le cose siano così state trattate ne hè venuta tale confusione. Elle venuta sendo a tale termine noi l’havemo, come mostrano per ornamenti del ricettacolo dell’ac- qua Augusta Venoce16 et della Iulia Tepula, come l’acquedotto proprio l’ac- cusa: dove erano di belle cose dedicate. Et nel mezzo del nicchione vi dovea essere qualche grande statua, forse del triomphale imperatore o di Neptuno: et a destra et a sinistra i duoi trophei. Ordunque, come esso castello o ricet- tacolo fusse di dentro, havendolo mostrato impiedi conviene significare come è di dentro et come per duoi piani si dividevano le acque per fistole per l’uso della regione Esquilina. La prima pianta è dell’acqua più alta più appresso al piano dove posano i trophei, [fig. 2] che per due entrate17 l’acquedotto passando fuoravia mette le sue acque, et ripieno il piano di sotto il volto per triplici hemissari si distribuiva che sono segnati .A. et i luoghi signati .B. sono le basi delli trophei, il canale segnato .C. è il principale rivo. Il luogo segnato .D. è il nicchio di mezzo. La scala signata .E. discende nel luogo di sotto et montava su la fabrica nella parte più alta ch’era coperta per l’uso delli servici castellarij che servivano alla cura del luogo et intinere purgato et netto et dalla fraude riguardato. 11 ANDREA FULVIO, Antiquitates Urbis, Roma 1527 (1470-1527). L’umanista fu allievo di Pomponio Leto, il testo fu successivamente ristampato, tradotto in italiano: Venezia 1543. 12 BARTOLOMEO MARLIANI, Antiquae Romae Topographiae, Roma 1534. Una seconda edi- zione contenente numerose correzioni ed aggiunte è del 1544. 13 Tarcagnota era lo pseudonimo di Lucio Fauno erudito e traduttore di classici, nativo di Gaeta. LUCIO FAUNO, Delle Antichità della città di Roma, Venezia 1548, opera che ebbe grande successo, fu ristampata nel 1552, 1553, 1559. Nel 1549 fu stampata in lingua latina. 14 LUCIO MAURO, Le antichità della città di Roma, Venezia 1562, l’opera è famosa non in se, ma per l’appendice di ULISSE ALDROVANDI, Delle sculture antiche. 15 Il grande architetto Andrea Palladio (1508-1580) pubblicò: L’Antichità di Roma, Roma 1554, opera di compilazione. Venne a Roma nel 1541 e frequentò l’Accademia Vitruviana. 16 Caius Plautius censore con Cl. Appius Caecus, nel 312 a.C. fu denominato Venox per la sua scoperta delle sorgenti dell’Aqua Appia. L’acqua Augusta era un ramo dell’Appia: FRONTIN. aq. LXV. 17 È il divisorio P della fig. 2.
  • 37. E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 95 È da notare che gli antichi in tali edificij che potevano essere sforzati dal grande peso et forza dell’acqua /f. 11r/ le loro volti erano con grossi pali di ferro ligati18 et acciocché le mura et i volti non fussero per l’impeto della unione dell’acqua rovinati disforivano la forza del rivo et lo tripartivano et per gradi lasciavano scorrere l’acque nel ricettacolo: per più piana caduta come più debolmente il corso dell’acqua si potesse mitigare così per gradi lo retinevano come per una temperata consonantia facendovi alcuni meati dove potesse il vento impietuoso respirare gli facevano luoghi da potere girare et destribuire gli orgoglisi rivolte nel corso, per conservare l’edificio et derom- pere l’acqua delsuo violento scorrere et primeramente si devideva in due parti come è nel luogo segnato .P.. La pianta seguente [fig. 3] è la parte disotto alla detta, dove era la maggiore radunanza dell’acque in cui si faceva in tal modo l’entrata dell’acquedutto et vi era la destributione: il ripieno signato .F. dividea il rivo in due parti et pas- sato oltre si dividea in parte cinque per tre piccoli emissarij et per duoi grandi,19 tutti fatti a gradili et di poi cadute dentro al gran spatio impiu bon- dantemente le cinque parti divise signate .G.H.I.K.L. et poscia alla dirittura delli nicchi più di sotto erano i spiragli donde per sistole o canaletti di piombo si faceva la distributione i quali sono signati .M. Et questo credo sia Fig. 2. PIRRO LIGORIO, castello dell’Esquilino, pianta piano trofei (ASTo, vol. 14, f. 11) 18 Tracce di congegni composti da due sbarre di ferro saldate in modo da formare un angolo ottuso, inseriti nelle reni di archi sono stati visti da Leonardo Lombardi ed Angelo Corazza nel corso delle esplorazioni delle terme di Caracalla (Comunicazione di Leonardo Lombardi). Il crollo degli archi della parte sommitale dei trofei di Mario potrebbe essere stato facilitato dall’asportazione di questi inserti metallici nel corso dei secoli bui. L’edifi- cio fu abitato fino ai primi decenni del ’900 e saltuariamente occupato fino ai restauri degli anni Ottanta del ’900. 19 In realtà, come indicato in fig. 3, sono tre le grandi aperture che fanno scendere l’ac- qua sui gradini e due le aperture più piccole.
  • 38. 96 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII Fig. 3. PIRRO LIGORIO, castello dell’Esquilino, sezione orizzontale a livello della suddivisione dell’acqua in cinque canali (ASTo, vol 14, f. 11) la pescina et il castro distributorio di cui Sexto Frontino parla nel trattato del- l’acquedutti20 che un tempo per novantacinque quinarij che poscia fu ancora diviso in trecento quinarij21 come si trovava scritto nei commentarij della pescina Iulia dell’acqua Tepula della quale dirremo della sua origine /f. 11v/ d’essa acqua Tepula. Il passo in oggetto fa parte della seconda redazione delle Antichità, redatta a Ferrara dopo il 1568, quando Ligorio aveva già lasciato Roma.22 La tarda ste- sura della voce Piscina è confermata dalla citazione, in una pagina successiva del medesimo lemma (f. 15), di papa Gregorio XIII (1572-1585) come ultimo committente dei lavori di ripristino dell’acquedotto Vergine.23 La descrizione 20 Frontino non può citare il ninfeo che fu realizzato un secolo dopo la sua morte. 21 Passo non reperito, ma è da notare che il testo di Frontino era allora disponibile nella versione umanistica di Pomponio Leto e in quella di fra’ Giocondo (Venezia 1513), entrambe basate sul Codice Vaticano (Vat. Lat. 1498) ampiamente corrotto. 22 Pirro Ligorio aveva già trattato l’argomento in altri passi, in particolare nel libro XVII delle stesse Antichità (ASTo, J, a, II, 2, f. 152r) capitolo ‘Roma, Regione V Esquilino’, sotto la voce: Castellum Divortium acquae Iuliae Tepulae et Marciae, ove descrive in sintesi quanto riportato superiormente, riguardo alla polemica con Pomponio Leto e Marliani; aggiunge però la trascrizione della falsa epigrafe: Aq. Iuliae Tepulae/ Ti. Claudio Avgustus/ Pontifex Maxi- mus/ Tribun. Pot. X Cos V/ P.P. (CIL VI, 5, 801*, ove è collocato, erroneamente nel f. 154r). 23 Pirro Ligorio elaborò uno specifico progetto per il ripristino dell’Acqua Vergine, avendone rilevato il percorso anche in sotterraneo, ma non ebbe l’incarico per i lavori di ripristino, che furono affidati da papa Pio IV ad Antonio Trevisi: P.O. LONG, Hydraulic Engi- neering and the Study of Antiquity: Rome 1557 – 70, in Renaissance Quarterly 61, 2008, pp. 1098- 1138, particolarmente pp. 1123-1129.
  • 39. E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 97 Fig. 4. SALLUSTIO PERUZZI (Firenze Museo degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe) (da TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XIII) del “ricettacolo” ed i disegni relativi, dimostrano una conoscenza diretta del monumentum, che l’Autore scrisse in tempi successivi quando era lontano da Roma. Ciò può giustificare la confusione di alcuni aspetti, così scrive, erronea- mente, che la via Tuscolana è posta a destra dei trofei, mentre in realtà la scritta sul disegno (fig. 1) è corretta; sempre in fig. 1 indica l’arrivo degli acquedotti ad una quota sensibilmente superiore al piano di posa dei trofei, al contrario della situazione reale; l’acquedotto in arrivo ha sottostante il condotto dell’a- qua Tepula, fatto non riscontrato; il disegno di fig. 2 mostra che l’acquedotto in arrivo prosegue oltre il diversorio P, completando in maniera fantasiosa il dise- gno. Nonostante queste incongruenze, il testo di Pirro Ligorio rivela l’attento rilievo effettuato dall’Autore, la sua stesura in un tempo successivo e lontano potrebbe giustificarne le imprecisioni segnalate.24 Il monumentum nel XV e XVI secolo è disegnato da numerosi artisti, che lo vedono come imponente rovina piuttosto che nella sua funzione di fon- 24 Pirro Ligorio aveva già polemizzato, senza citare questi ‘antiquari’, con le parole: « Io mi vergogno della vergogna di quelli che dicono che i Trofei di Mario siano a sant’Eu- sebio di la dall’arco detto di san Vito: che siano stati tanto ignoranti che non habbiano saputo conoscere che quello è un castello dell’acqua Martia et Augusta. Et che li Trofei di Mario erano nel Campidoglio, …» Paradosse, Venezia 1553, ff. 50v, 51r.
  • 40. 98 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXXIII tana, ma il suo studio coinvolse, oltre agli umanisti citati da Pirro Ligorio nei passi sopra riportati, anche numerosi architetti, interessati a ricostruirne il funzionamento. L’umanista ed ingegnere fra Giovanni Giocondo da Verona,25 progettista di opere idrauliche che negli anni 80 del XV secolo visse a Roma, visitò e studiò le rovine anche in compagnia di Pomponio Leto, dise- gnò una attenta pianta dei ‘trofei di Mario’, realizzata all’altezza della ripar- tizione dell’acqua.26 Più chiari sono i disegni dell’architetto Sallustio Peruzzi,27 in fig. 4 che indica l’arrivo dell’acqua, la divisione in due, poi tre, poi cinque rivi. Un secondo disegno, posto nello stesso foglio, (per simmetria di lettura in figura 5 è presentato rovesciato), mostra il livello inferiore del monumen- tum, con l’imbocco dell’acqua nelle tre camere di dissipazione. Fig. 5. SALLUSTIO PERUZZI (Firenze Museo degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe) (da TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XIII) 25 Giovanni Monsignori, noto come fra’ Giocondo (1433-1515) traduttore di classici, e particolarmente di Vitruvio e Frontino, ingegnere idraulico della Repubblica di Venezia, progettò e realizzò importanti opere. P.N. PAGLIARA, Giovanni Giocondo, DBI, 56, Roma 2001, pp. 326-338. 26 TEDESCHI GRISANTI 1977, tav. XV.
  • 41. E. GAUTIER DI CONFIENGO - PIRRO LIGORIO ED I ‘TROFEI DI MARIO’ 99 Simile al disegno di fig. 5 è l’incisione dell’architetto Bernardo Gamucci, che nel testo della sua opera descrive l’edificio cercandone una interpreta- zione del funzionamento idraulico.28 L’insieme di queste testimonianze conferma la ripresa degli studi di idraulica a Roma quando la ricerca delle soluzioni adottate in epoca classica è propedeutica ai lavori offerti dalle grandi committenze della Curia Papale; con l’arrivo dell’Acqua Vergine (15 agosto 1570) e dell’Acqua Felice (15 giu- gno 1587) era stata finalmente avviata la distribuzione di acqua in città e la costruzione di importanti fontane dopo il taglio degli acquedotti ed i ‘secoli bui’. L’interesse di Pirro Ligorio per acque e fontane era però precedente a queste realizzazioni romane, i primi studi per le fontane di Villa d’Este rimontano al 1550 quando, accompagnando il cardinale Ippolito d’Este, nel suo insediamento come governatore di Tivoli ricevette il primo incarico per la realizzazione della nuova grande villa.29 Per questa dimora progettò il dise- gno generale e le fontane, in particolare la fontana detta di Tivoli o del- l’Ovato30 che ricorda in numerosi aspetti i ‘Trofei di Mario’. Anche a Tivoli l’acqua del primo livello sorge al di sotto delle statue dei due fiumi Aniene ed Erculaneo, come aveva immaginato per il monumento romano (f. 10v): « nel mezzo del nicchione vi dovea essere qualche grande statua, forse del triomphale imperatore o di Neptuno ». L’insieme delle cascate e degli zam- pilli che da più livelli si gettano nella vasca ovale finale, sembrano suggeriti proprio dallo studio del monumentum dell’Esquilino. 27 Sallustio Peruzzi (1511-1573) figlio di Baldassarre ed architetto come il padre, lavorò a Roma fino al 1567, quando si trasferì a Vienna. Fu architetto della Camera Apostolica dal 1555 ed ebbe diversi incarichi, perlopiù legati ad aspetti militari. Nel 1558 la carica di architetto capo fu affidata a Pirro Ligorio, quindi il Peruzzi fu un suo subordinato: M. RICCI, “ Fu anco suo creato, …” L’eredità di Baldassarre Peruzzi in Antonio Maria Lari e nel figlio Sallustio, Roma 2002, pp. 74, 75. La similitudine dei rilievi può far pensare un confronto fra Ligorio e Peruzzi, se non addirittura un rilievo effettuato congiuntamente. 28 B. GAMUCCI, Le antichità della città di Roma raccolte sotto brevità da diversi antichi e moderni scrittori per M. Bernardo Gamucci da san Gimignano, Venezia 1565; una seconda edizione emendata è del 1588. L’autore, precisa che: « si riconosce benissimo che questo edificio non era altro che un castello dello acquidutto dell’acqua Martia per cagione delle tre apri- tore che vi si veggono nel rilievo, così come nella pianta disegnata si dimostrano gli effetti che facevano i detti castelli nel compartire l’acqua per uso della città » (f. 100v). Più avanti fornisce anche la dimensione della facciata, che era pari a cento palmi romani (22,34 m). 29 D. R. COFFIN, Pirro Ligorio. The Reinaissance Artist, Architect, and Antiquarian, Pennsyl- vania 2004, pp. 83-93. 30 La fontana fu completata nel 1570: M. FAGIOLO, M.L. MADONNA, Pirro Ligorio e i teatri delle acque: le fontane dell’Ovato, della Rometta e dell’Organo, in I. BARISI, M. FAGIOLO, M.L. MADONNA, Villa d’Este, Roma 2003, pp. 95-109.