Partendo dall’esaminare le aspirazioni di carriera e le convinzioni che le donne hanno delle proprie capacità.
Verrà esaminata quindi, l’influenza che gli STEREOTIPI hanno sulla performance delle donne lavoratrici e la correlazione con il costrutto dell’aggressività.
Sarà mostrata una RICERCA che ha voluto verificare empiricamente:
- la presenza di aggressività nelle donne impegnate in professioni manageriali e nelle donne casalinghe;
-in che modo l’aggressività si distribuisce nelle due categorie professionali;
-indagare l’eventuale relazione tra aggressività e autostima di base;
-esplorare le variabili che più di altre risultano correlate all’aggressività.
Qual’ è la ragione per cui le donne non raggiungono mai, o solo molto raramente i vertici professionali?
2. “L’istinto rende la donna somigliante alle bestie (…).
Molte caratteristiche femminili sono connesse a codesta
somiglianza con le bestie; anzitutto la mancanza di
giudizi propri. Ciò che è ritenuto vero e buono, per le
donne è in realtà vero e buono. Esse sono rigide
conservatrici e odiano le novità, eccettuato, s’intende, il
caso, in cui il nuovo arrechi loro un vantaggio
personale, ovvero quando quella novità piaccia
all’amante. Come gli animali, da tempo immemorabile,
agiscono sempre alla stessa giusa, così il genere umano
sarebbe rimasto nel suo stato originario se non fossero
esistite altro che le donne. (…) Se la donna non fosse
fisicamente e mentalmente debole, se per lo più non la
rendessero innocua le circostanze, essa sarebbe un
essere
altamente
pericoloso”
(Moebius,
1900)
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3. Donne
Sottoprodotti dell’uomo
• Creature imperfette
• Inadatte a pensare
• Incapaci di prendere decisioni
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4. Il ruolo dell’ambiente è già attivo durante la gravidanza
La maturazione biologica cerebrale è strettamente connessa alle stimolazioni
ambientali.
In questo periodo e nei primi mesi
di vita postnatale si verifica
un’intensa arborizzazione dei
dentriti, ciò che consente le
connessioni
sinaptiche,
che
derivano dagli stimoli ambientali.
Questi non sono certo neutri, ma
prodotti
da
un
ambiente
socioculturale
specifico
e
determinato, che esprime valori
e modelli di comportamento
(Giovannelli, 1999).
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5. Sin dai primi momenti della nascita
tutto è sessuato
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6. Il processo di costruzione
dell’identità avviene in un
contesto relazionale che,
inevitabilmente,ne
influenza il percorso
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7. I LUOGHI DELLA DISPARITA’
La famiglia
Le donne ne hanno costituito l’asse portante e ne sono rimaste
“impigliate” per secoli. La famiglia è stata il loro habitat naturale,
la loro seconda pelle.
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8. Il Lavoro
“Doppia presenza”
“Discontinuità lavorativa”
La differenza significativa di genere non deve essere ricercata
nella diversa funzione biologica e nelle differenze corporee, ma
nei diversi significati assegnati ai due sessi
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9. CONTESTI LAVORATIVI
Le donne nel tentativo di identificare contesti organizzativi in
cui trovare maggiore opportunità di bilanciamento tra vita
privata e vita professionale sembrano indirizzarsi verso
lavori e percorsi di carriera regolati da meccanismi che
consentono, una gestione più flessibile del proprio tempo
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10. I PERICOLI DEGLI STEREOTIPI
I copioni, a cui sia gli uomini che le donne sono stati educati, influenzano in varia
misura il modo in cui percepiscono e valutano se stessi e gli altri. Si tratta di
modelli internalizzati così profondamente da rimanere spesso inconsci, e proprio
per questo meno controllabili nell’espressione dell’emotività e degli agiti
quotidiani.
Lo stereotipo femminile è risultato sempre un elemento vincolante nella costruzione
dell’autostima delle donne, poiché ancora oggi viene attribuito un valore positivo
a quelle capacità considerate principalmente maschili quali: la fiducia in sé,
l’indipendenza, l’assertività, la forza, l’autonomia, l’aggressività, le abilità
analitiche, di comando e di decisionalità, la capacità di saper prendere sagge
decisioni e di affrontare attività rischiose, mentre vengono screditate quelle
caratteristiche personali considerate tipicamente femminili come: l’essere
affettuose, sensibili, comprensive, compassionevoli e di conforto agli altri.
(Dillon, 2002)
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11. Per le donne risulta più difficile riconoscere il proprio valore, perché
da sempre amate, apprezzate, accettate, non per l’essere, ma per
il fare-accudimento, nutrimento, attenzione e sostegno agli altriin misura proporzionale alle loro prestazioni. E’ per questa ragione,
probabilmente, che non riuscendo a separare la costruzione della
propria identità e della propria autostima dal legame con l’ “altro”,
esse strutturano il proprio comportamento distorcendo, negando e
colpevolizzando la parte motivazionale desiderante, bloccando
l’organismo in un circuito rigido, in cui l’energia si ritorce
negativamente contro se stesse, generando problemi esistenziali e
comunque una profonda sofferenza (Leonardi, 2003).
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12. LA PROFESSIONE COME
SPECCHIO DELL’AUTOSTIMA
FEMMINILE
Dall’infanzia in poi, la famiglia
prima, l’ambiente e la cultura poi,
rappresentano lo specchio in cui, la
bambina
prima,
la
donna
successivamente, vedrà riflessa la
propria
immagine,
che
sarà
accettabile oppure no; se essa sentirà
di doversi uniformare per sentirsi
accettata, se il divario fra il suo
sentire interno e le aspettative
dell’esterno
sarà
considerato
eccessivo, si otterrà come risultato il
dover mostrare a se stessa e agli altri
un’immagine falsa e assai dannosa
per un’autentica realizzazione
personale,
lavorativa.
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affettiva
e
13. AGGRESSIVITA’ E LAVORO
Aggressività, dal latino ad-gredior: muoversi verso un oggetto o una
persona, in generale una meta.
Alla base di ogni “movimento verso”, c’è un bisogno o un desiderio
da soddisfare.
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14. DIBATTITO SULL’AGGRESSIVITA’
Biologica e innata
Psicologico e
psicodinamico
Approccio olistico
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15. In una prima formulazione l’aggressività è considerata un aspetto della libido e intesa come desiderio di controllo
sulla realtà esterna, l’aggressività diviene strumento che viene utilizzato per il superamento degli ostacoli che si
frappongono fra il soggetto e la gratificazione (Freud, 1924).
Successivamente l’aggressività venne intesa come superamento della frustrazione che è lo stato di sofferenza e
di disagio vissuto dall’individuo quando il raggiungimento del piacere viene in qualche modo ostacolato. È stato
sostenuto che la società regolerebbe le pulsioni fondamentali dell’uomo, permettendo la soddisfazione di quelle
improrogabili, ma reprimendone altre meno importanti, come la sessualità e l’aggressività. Queste energie
“domate” si trasformerebbero, secondo questa concezione, in una spinta verso valori culturali e morali (Fromm,
1978).
Lo stesso autore distingue due tipi di aggressività: una positiva, come situazione di difesa a situazioni di reale
pericolo, comune all’animale e all’uomo; l’altra, negativa, distruttiva e non adattiva, che si esprime nella
crudeltà, nell’impulso aggressivo e nella violenza fine a se stessa (Fromm, 1978).
Altri definiscono l’aggressività come una classe di risposte che l’individuo apprende nel corso della sua
esperienza per imitazione più o meno diretta di determinati modello che si pongono come esempio; sostiene che
diversi tipi di stimoli possono produrre nell’individuo uno stato di eccitamento emotivo che può condurre a svariati
comportamenti e la reazione pratica di questi ultimi dipende da come gli individui hanno imparato a fronteggiare
le situazioni stressanti: alcuni, infatti, possono creare aiuto e sostegno, altri mostrano rassegnazione, altri ancora
aggrediscono (Bandura, 1973).
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16. Studi ed indagini comparate hanno invece dimostrato che il concetto di “femminile”, così come il concetto di
“maschile”, varia in funzione degli ambienti culturali e dei periodi storici di riferimento.
Le donne presenterebbero due modalità per esprimere la propria aggressività diverse rispetto all’universo
maschile:
Ipoaggressività
Iperaggressività per compensazione
… differenti manifestazioni di un unico quadro sintomatico che risponde alla “difficoltà a
riconoscere e a proteggere la propria identità ed il proprio progetto di vita”
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17. •
Il comportamento aggressivo nella sfera del
femminile non solo, non è un fenomeno
assente ma, in determinate situazioni
sociali è più o meno agevolato nella sua
manifestazione da vincoli legati
all’ambiente circostante.
•
Gli uomini avrebbero un rapporto più
sereno con la propria aggressività, nel loro
comportamento l’autodifesa, o difesa del
territorio, sembra una cosa molto più
“naturale”.
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18. Secondo una ricerca del Cnr, quando una donna lavora al di fuori del contesto domestico, la percezione e la
stima di sé aumenta; ma aumentano di pari passo anche quelle caratteristiche di aggressività, competizione,
impazienza, che tendono a far decrescere la stima dei familiari nei confronti della lavoratrice, segnalando in tal
modo alla donna il non gradimento per il suo impegno lavorativo, se esso viene letto come modifica
dell’equilibrio del ménage familiare.
Vi sono nell’identità delle donne lavoratrici dei nodi conflittuali irrisolti che minano
dall’interno la possibilità delle donne di realizzarsi pienamente nel lavoro e di farlo in
armonia con la loro personalità.
La donna nel momento in cui si confronta col lavoro produttivo deve affrontare sia la
difficoltà di mantenere la propria identità femminile, all’interno di un ambito specifico
maschile, sia con il retaggio dell’ambivalenza con cui vive le proprie spinte di autonomia e
affermazione
Le figlie ricevono ancora il doppio messaggio “sii uguale a me” e “non essere uguale
a me” da figure materne che avevano interiorizzato ambivalenza culturale riguardo al
modo di essere e relazionarsi delle donne.
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19. RICERCA (Schimmenti, Ippolito, Leo, 2004)
Obiettivo e ipotesi della ricerca
Verificare empiricamente:
• la presenza di aggressività nelle donne impegnate in professioni manageriali e nelle donne
casalinghe;
• in che modo l’aggressività si distribuisce nelle due categorie professionali;
• indagare l’eventuale relazione tra aggressività e autostima di base;
• esplorare le variabili che più di altre risultano correlate all’aggressività
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20. Popolazione
100 donne: 50 imprenditrici e 50 casalinghe.
Età compresa fra i 30 e i 60 anni così suddivisa:
-1° fascia giovani: 30- 40 anni;
-2° fascia adulti: 41- 50 anni;
-3° fascia meno giovani: 51- 60 anni.
Luogo di nascita
E’ stato tripartito in zone: centro Italia, sud Italia e nord Italia.
Stato civile
Il campione viene distinto in:
fidanzata, nubile, coniugata, separata, divorziata, convivente e vedova.
Numero di figli
Il 42% delle imprenditrici ha due o più figli, il 34% non ha figli, il 24% ha un figlio.
Il 60% delle casalinghe ha due o più figli, il 24% un figlio, il 16% non ha figli.
Titolo di studio
Il titolo di studio è stato rilevato su quattro livelli: elementare, media inferiore, media superiore, laurea.
Il 50% delle imprenditrici dichiara di aver conseguito la laurea, il 36% riferisce di essere in possesso del diploma di scuola
media superiore, al 10% si collocano le imprenditrici che hanno conseguito la licenza media inferiore.
In riferimento al titolo di studio il 46% delle casalinghe dichiara di aver conseguito il diploma di media superiore, il 34% di
loro è in possesso della licenza media inferiore, la licenza elementare è stata conseguita dal 12%, l’8% dello stesso gruppo
risulta laureato.
Tempo lavorativo
Il tempo lavorativo è stato codificato in tre categorie raggruppando le informazioni nel seguente modo:
da 5 a 15 anni (prima) categoria;
da 16 a 25 anni (seconda) categoria;
da 26 a 35 anni (terza) categoria.
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21. Strumenti e procedure
Aggression Questionnaire
(AQ di Buss e Perry, 1992, adattamento italiano a cura di
Conti, 1992)
Basic Self-esteen Scale
(Basic SE di Forsman, Johnson, 1996, adattamento
italiano a cura di Ugolini, Bruzzi e Roboni, 2003)
Scala composta da 29 item da cui derivano
quattro
sottoscale:
aggressività
fisica, verbale, rabbia, ostilità.
Scala utilizzata per valutare l’autostima di
base negli adulti.
Modalità di risposta su scala Likert a cinque
punti.
Nella versione italiana si declina in 22 item
con risposta su scala Likert a 5 punti.
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22. Nella ricerca sono emerse differenze significative per il fattore età nella dimensione
dell’aggressività fisica: sono le meno giovani (dai 50 ai 60 anni) ad apparire meno
aggressive.
Questo dato probabilmente fornisce la dimensione di quanto l’età possa influenzare l’attivazione di
momenti di elaborazione più lunghi che frenano il passaggio all’atto e che quindi, inibisce
l’espressione manifesta dello stato di disagio oppure potrebbe essere lo specchio di un’educazione più
rigida impartita in passato e che tenderebbe a reprimere, poiché non convenienti, l’espressione di
emozioni negative.
E’ stata analizzata anche la differenza di punteggi rispetto al luogo di nascita. Sono le
donne nate nel sud ad avere i punteggi più alti.
L’ostilità rappresenta la sensazione di avere subito delle ingiustizie, è una disposizione umorale
negativa con sentimenti di collera verso il mondo in seguito a maltrattamenti veri o immaginari e
rappresenta la componente cognitiva del comportamento aggressivo. Questa particolare disposizione
mentale può essere riferita ad una risposta difensiva verso la maggiore difficoltà che avvertono le
donne, immerse in una situazione socio-economica critica, ad emergere e ad affermare se stesse, sia
con individualità separate dal contesto familiare, nei ruoli tradizionali, sia come professioniste nel
contesto del lavoro.
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23. Si è voluto verificare se lo stato civile si associasse ad un maggiore livello di aggressività. Osservando il
campione è risultato che in tutte le dimensioni del test la categoria rappresentata dalle donne senza un
compagno
ottiene
medie
significativamente
maggiori
rispetto
alle
altre
due
categorie
(convivente/coniugata/fidanzata e vedova). Si può ipotizzare che questo esito sia in linea con quanto esposto
rispetto alle collusioni della vita di coppia. La vita a due, infatti, potrebbe portare la donna a reprimere gli
impulsi aggressivi in favore della valorizzazione di questo aspetto nell’uomo, quasi come una proiezione, una
delega funzionale all’equilibrio della coppia stessa, che vede nella divisione delle competenze e delle
funzioni la sua forza. La situazione rappresentata dalla categoria che non possiede un compagno sarebbe, al
contrario, funzionale all’espressione ed alla stimolazione delle parti maschili di sé, in favore quindi delle
manifestazioni di atteggiamenti aggressivi e competitivi.
Accostando questi dati a quelli in cui si evidenzia che la maggior parte delle laureate sono le imprenditrici, si
può dare conferma al risultato discusso sopra, riguardo alla maggiore aggressività delle donne manager
rispetto alle casalinghe. Ciò significa che chi consegue una laurea spesso si inserisce nel mondo del lavoro in
qualità di professionista e stimola lo svilupparsi di quelle caratteristiche quali la vivacità, il confronto
dialettico, la difesa del proprio punto di vista e del proprio spazio nelle situazioni in cui dovrà confrontarsi.
Il numero di anni lavorativi, probabilmente, risulta essere una sorta di bagaglio di esperienza che attutisce
l’esplosione di emozioni negative; la letteratura risulta concorde nel ritenere che i soggetti con più elevata
anzianità lavorativa evidenziano una maggiore soddisfazione professionale (Pines e Aroson, 1988;
Contessa, 1987); dunque chi lavora da più tempo, essendo più realizzato professionalmente e potendo
contare su una maggiore esperienza, è meno sollecitato a ricorrere all’aggressività nelle situazioni di
tensione.
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24. Da questi studi si è concluso che, probabilmente, le categorie lavorative in cui
si evidenzia una minore esigenza a fornire un’immagine di donna intesa in
maniera tradizionale, poiché rispondenti a ruoli e mansioni che una volta
avevano una tipica caratterizzazione maschile, possono favorire l’emergere di
una dimensione aggressiva.
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25. A livello personale l’incanalamento di questo carburante naturale, quale risulta
l’aggressività, al fine di raggiungere l’autorealizzazione personale e professionale, è
possibile solo mediante un assidua elaborazione, fornendo continue risorse al sé per
nutrirsi ed accrescersi e cercando di non demonizzare, di riconoscere e integrare i
propri aspetti aggressivi.
A livello sociale, questo stesso processo, invece, dovrebbe essere agevolato da una
politica di empowering, che impieghi e stimoli le risorse al femminile in una
prospettiva che si riaffaccia ad una nuova concezione del potere, svincolato dalla sua
impostazione verticistica e spinto verso la formulazione di un modello più vicino al
mondo femminile, che favorisca la collaborazione e la cooperazione.
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