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AGGRESSIVITA’ FEMMINILE
NELLA PROSPETTIVA
PROFESSIONALE

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
“L’istinto rende la donna somigliante alle bestie (…).
Molte caratteristiche femminili sono connesse a codesta
somiglianza con le bestie; anzitutto la mancanza di
giudizi propri. Ciò che è ritenuto vero e buono, per le
donne è in realtà vero e buono. Esse sono rigide
conservatrici e odiano le novità, eccettuato, s’intende, il
caso, in cui il nuovo arrechi loro un vantaggio
personale, ovvero quando quella novità piaccia
all’amante. Come gli animali, da tempo immemorabile,
agiscono sempre alla stessa giusa, così il genere umano
sarebbe rimasto nel suo stato originario se non fossero
esistite altro che le donne. (…) Se la donna non fosse
fisicamente e mentalmente debole, se per lo più non la
rendessero innocua le circostanze, essa sarebbe un
essere
altamente
pericoloso”
(Moebius,
1900)
Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Donne
Sottoprodotti dell’uomo
• Creature imperfette
• Inadatte a pensare
• Incapaci di prendere decisioni

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Il ruolo dell’ambiente è già attivo durante la gravidanza
La maturazione biologica cerebrale è strettamente connessa alle stimolazioni
ambientali.
In questo periodo e nei primi mesi
di vita postnatale si verifica
un’intensa arborizzazione dei
dentriti, ciò che consente le
connessioni
sinaptiche,
che
derivano dagli stimoli ambientali.
Questi non sono certo neutri, ma
prodotti
da
un
ambiente
socioculturale
specifico
e
determinato, che esprime valori
e modelli di comportamento
(Giovannelli, 1999).

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Sin dai primi momenti della nascita
tutto è sessuato

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Il processo di costruzione
dell’identità avviene in un
contesto relazionale che,
inevitabilmente,ne

influenza il percorso

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
I LUOGHI DELLA DISPARITA’
La famiglia
Le donne ne hanno costituito l’asse portante e ne sono rimaste
“impigliate” per secoli. La famiglia è stata il loro habitat naturale,
la loro seconda pelle.

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Il Lavoro
“Doppia presenza”

“Discontinuità lavorativa”

La differenza significativa di genere non deve essere ricercata
nella diversa funzione biologica e nelle differenze corporee, ma
nei diversi significati assegnati ai due sessi

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Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
CONTESTI LAVORATIVI
Le donne nel tentativo di identificare contesti organizzativi in
cui trovare maggiore opportunità di bilanciamento tra vita
privata e vita professionale sembrano indirizzarsi verso
lavori e percorsi di carriera regolati da meccanismi che
consentono, una gestione più flessibile del proprio tempo

Dott.ssa Marianna Bello
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I PERICOLI DEGLI STEREOTIPI
I copioni, a cui sia gli uomini che le donne sono stati educati, influenzano in varia
misura il modo in cui percepiscono e valutano se stessi e gli altri. Si tratta di
modelli internalizzati così profondamente da rimanere spesso inconsci, e proprio
per questo meno controllabili nell’espressione dell’emotività e degli agiti
quotidiani.
Lo stereotipo femminile è risultato sempre un elemento vincolante nella costruzione
dell’autostima delle donne, poiché ancora oggi viene attribuito un valore positivo
a quelle capacità considerate principalmente maschili quali: la fiducia in sé,
l’indipendenza, l’assertività, la forza, l’autonomia, l’aggressività, le abilità
analitiche, di comando e di decisionalità, la capacità di saper prendere sagge
decisioni e di affrontare attività rischiose, mentre vengono screditate quelle
caratteristiche personali considerate tipicamente femminili come: l’essere
affettuose, sensibili, comprensive, compassionevoli e di conforto agli altri.
(Dillon, 2002)

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Per le donne risulta più difficile riconoscere il proprio valore, perché
da sempre amate, apprezzate, accettate, non per l’essere, ma per
il fare-accudimento, nutrimento, attenzione e sostegno agli altriin misura proporzionale alle loro prestazioni. E’ per questa ragione,
probabilmente, che non riuscendo a separare la costruzione della
propria identità e della propria autostima dal legame con l’ “altro”,
esse strutturano il proprio comportamento distorcendo, negando e
colpevolizzando la parte motivazionale desiderante, bloccando
l’organismo in un circuito rigido, in cui l’energia si ritorce
negativamente contro se stesse, generando problemi esistenziali e
comunque una profonda sofferenza (Leonardi, 2003).

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
LA PROFESSIONE COME
SPECCHIO DELL’AUTOSTIMA
FEMMINILE
Dall’infanzia in poi, la famiglia
prima, l’ambiente e la cultura poi,
rappresentano lo specchio in cui, la
bambina
prima,
la
donna
successivamente, vedrà riflessa la
propria
immagine,
che
sarà
accettabile oppure no; se essa sentirà
di doversi uniformare per sentirsi
accettata, se il divario fra il suo

sentire interno e le aspettative
dell’esterno
sarà
considerato

eccessivo, si otterrà come risultato il
dover mostrare a se stessa e agli altri
un’immagine falsa e assai dannosa
per un’autentica realizzazione

personale,
lavorativa.

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni

affettiva

e
AGGRESSIVITA’ E LAVORO
Aggressività, dal latino ad-gredior: muoversi verso un oggetto o una
persona, in generale una meta.
Alla base di ogni “movimento verso”, c’è un bisogno o un desiderio
da soddisfare.

Dott.ssa Marianna Bello
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DIBATTITO SULL’AGGRESSIVITA’
Biologica e innata

Psicologico e
psicodinamico

Approccio olistico

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In una prima formulazione l’aggressività è considerata un aspetto della libido e intesa come desiderio di controllo
sulla realtà esterna, l’aggressività diviene strumento che viene utilizzato per il superamento degli ostacoli che si
frappongono fra il soggetto e la gratificazione (Freud, 1924).
Successivamente l’aggressività venne intesa come superamento della frustrazione che è lo stato di sofferenza e
di disagio vissuto dall’individuo quando il raggiungimento del piacere viene in qualche modo ostacolato. È stato
sostenuto che la società regolerebbe le pulsioni fondamentali dell’uomo, permettendo la soddisfazione di quelle
improrogabili, ma reprimendone altre meno importanti, come la sessualità e l’aggressività. Queste energie
“domate” si trasformerebbero, secondo questa concezione, in una spinta verso valori culturali e morali (Fromm,
1978).
Lo stesso autore distingue due tipi di aggressività: una positiva, come situazione di difesa a situazioni di reale
pericolo, comune all’animale e all’uomo; l’altra, negativa, distruttiva e non adattiva, che si esprime nella
crudeltà, nell’impulso aggressivo e nella violenza fine a se stessa (Fromm, 1978).
Altri definiscono l’aggressività come una classe di risposte che l’individuo apprende nel corso della sua
esperienza per imitazione più o meno diretta di determinati modello che si pongono come esempio; sostiene che
diversi tipi di stimoli possono produrre nell’individuo uno stato di eccitamento emotivo che può condurre a svariati
comportamenti e la reazione pratica di questi ultimi dipende da come gli individui hanno imparato a fronteggiare
le situazioni stressanti: alcuni, infatti, possono creare aiuto e sostegno, altri mostrano rassegnazione, altri ancora
aggrediscono (Bandura, 1973).

Dott.ssa Marianna Bello
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Studi ed indagini comparate hanno invece dimostrato che il concetto di “femminile”, così come il concetto di
“maschile”, varia in funzione degli ambienti culturali e dei periodi storici di riferimento.

Le donne presenterebbero due modalità per esprimere la propria aggressività diverse rispetto all’universo
maschile:
Ipoaggressività

Iperaggressività per compensazione

… differenti manifestazioni di un unico quadro sintomatico che risponde alla “difficoltà a
riconoscere e a proteggere la propria identità ed il proprio progetto di vita”

Dott.ssa Marianna Bello
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•

Il comportamento aggressivo nella sfera del
femminile non solo, non è un fenomeno
assente ma, in determinate situazioni
sociali è più o meno agevolato nella sua
manifestazione da vincoli legati
all’ambiente circostante.

•

Gli uomini avrebbero un rapporto più
sereno con la propria aggressività, nel loro
comportamento l’autodifesa, o difesa del
territorio, sembra una cosa molto più
“naturale”.

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Secondo una ricerca del Cnr, quando una donna lavora al di fuori del contesto domestico, la percezione e la
stima di sé aumenta; ma aumentano di pari passo anche quelle caratteristiche di aggressività, competizione,
impazienza, che tendono a far decrescere la stima dei familiari nei confronti della lavoratrice, segnalando in tal
modo alla donna il non gradimento per il suo impegno lavorativo, se esso viene letto come modifica
dell’equilibrio del ménage familiare.

 Vi sono nell’identità delle donne lavoratrici dei nodi conflittuali irrisolti che minano
dall’interno la possibilità delle donne di realizzarsi pienamente nel lavoro e di farlo in
armonia con la loro personalità.
 La donna nel momento in cui si confronta col lavoro produttivo deve affrontare sia la
difficoltà di mantenere la propria identità femminile, all’interno di un ambito specifico
maschile, sia con il retaggio dell’ambivalenza con cui vive le proprie spinte di autonomia e
affermazione

 Le figlie ricevono ancora il doppio messaggio “sii uguale a me” e “non essere uguale
a me” da figure materne che avevano interiorizzato ambivalenza culturale riguardo al
modo di essere e relazionarsi delle donne.

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
RICERCA (Schimmenti, Ippolito, Leo, 2004)
Obiettivo e ipotesi della ricerca
Verificare empiricamente:
• la presenza di aggressività nelle donne impegnate in professioni manageriali e nelle donne
casalinghe;
• in che modo l’aggressività si distribuisce nelle due categorie professionali;
• indagare l’eventuale relazione tra aggressività e autostima di base;
• esplorare le variabili che più di altre risultano correlate all’aggressività

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Popolazione
100 donne: 50 imprenditrici e 50 casalinghe.
Età compresa fra i 30 e i 60 anni così suddivisa:
-1° fascia giovani: 30- 40 anni;
-2° fascia adulti: 41- 50 anni;
-3° fascia meno giovani: 51- 60 anni.
Luogo di nascita
E’ stato tripartito in zone: centro Italia, sud Italia e nord Italia.
Stato civile
Il campione viene distinto in:
fidanzata, nubile, coniugata, separata, divorziata, convivente e vedova.
Numero di figli
Il 42% delle imprenditrici ha due o più figli, il 34% non ha figli, il 24% ha un figlio.
Il 60% delle casalinghe ha due o più figli, il 24% un figlio, il 16% non ha figli.
Titolo di studio
Il titolo di studio è stato rilevato su quattro livelli: elementare, media inferiore, media superiore, laurea.
Il 50% delle imprenditrici dichiara di aver conseguito la laurea, il 36% riferisce di essere in possesso del diploma di scuola
media superiore, al 10% si collocano le imprenditrici che hanno conseguito la licenza media inferiore.
In riferimento al titolo di studio il 46% delle casalinghe dichiara di aver conseguito il diploma di media superiore, il 34% di
loro è in possesso della licenza media inferiore, la licenza elementare è stata conseguita dal 12%, l’8% dello stesso gruppo
risulta laureato.
Tempo lavorativo
Il tempo lavorativo è stato codificato in tre categorie raggruppando le informazioni nel seguente modo:
da 5 a 15 anni (prima) categoria;
da 16 a 25 anni (seconda) categoria;
da 26 a 35 anni (terza) categoria.
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Strumenti e procedure
Aggression Questionnaire
(AQ di Buss e Perry, 1992, adattamento italiano a cura di
Conti, 1992)

Basic Self-esteen Scale
(Basic SE di Forsman, Johnson, 1996, adattamento
italiano a cura di Ugolini, Bruzzi e Roboni, 2003)

Scala composta da 29 item da cui derivano
quattro
sottoscale:
aggressività
fisica, verbale, rabbia, ostilità.

Scala utilizzata per valutare l’autostima di
base negli adulti.

Modalità di risposta su scala Likert a cinque
punti.

Nella versione italiana si declina in 22 item
con risposta su scala Likert a 5 punti.

Dott.ssa Marianna Bello
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 Nella ricerca sono emerse differenze significative per il fattore età nella dimensione

dell’aggressività fisica: sono le meno giovani (dai 50 ai 60 anni) ad apparire meno
aggressive.
Questo dato probabilmente fornisce la dimensione di quanto l’età possa influenzare l’attivazione di
momenti di elaborazione più lunghi che frenano il passaggio all’atto e che quindi, inibisce
l’espressione manifesta dello stato di disagio oppure potrebbe essere lo specchio di un’educazione più
rigida impartita in passato e che tenderebbe a reprimere, poiché non convenienti, l’espressione di
emozioni negative.
 E’ stata analizzata anche la differenza di punteggi rispetto al luogo di nascita. Sono le

donne nate nel sud ad avere i punteggi più alti.
L’ostilità rappresenta la sensazione di avere subito delle ingiustizie, è una disposizione umorale
negativa con sentimenti di collera verso il mondo in seguito a maltrattamenti veri o immaginari e
rappresenta la componente cognitiva del comportamento aggressivo. Questa particolare disposizione
mentale può essere riferita ad una risposta difensiva verso la maggiore difficoltà che avvertono le
donne, immerse in una situazione socio-economica critica, ad emergere e ad affermare se stesse, sia
con individualità separate dal contesto familiare, nei ruoli tradizionali, sia come professioniste nel
contesto del lavoro.

Dott.ssa Marianna Bello
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 Si è voluto verificare se lo stato civile si associasse ad un maggiore livello di aggressività. Osservando il
campione è risultato che in tutte le dimensioni del test la categoria rappresentata dalle donne senza un
compagno
ottiene
medie
significativamente
maggiori
rispetto
alle
altre
due
categorie
(convivente/coniugata/fidanzata e vedova). Si può ipotizzare che questo esito sia in linea con quanto esposto
rispetto alle collusioni della vita di coppia. La vita a due, infatti, potrebbe portare la donna a reprimere gli
impulsi aggressivi in favore della valorizzazione di questo aspetto nell’uomo, quasi come una proiezione, una
delega funzionale all’equilibrio della coppia stessa, che vede nella divisione delle competenze e delle
funzioni la sua forza. La situazione rappresentata dalla categoria che non possiede un compagno sarebbe, al
contrario, funzionale all’espressione ed alla stimolazione delle parti maschili di sé, in favore quindi delle
manifestazioni di atteggiamenti aggressivi e competitivi.
Accostando questi dati a quelli in cui si evidenzia che la maggior parte delle laureate sono le imprenditrici, si
può dare conferma al risultato discusso sopra, riguardo alla maggiore aggressività delle donne manager
rispetto alle casalinghe. Ciò significa che chi consegue una laurea spesso si inserisce nel mondo del lavoro in
qualità di professionista e stimola lo svilupparsi di quelle caratteristiche quali la vivacità, il confronto
dialettico, la difesa del proprio punto di vista e del proprio spazio nelle situazioni in cui dovrà confrontarsi.
 Il numero di anni lavorativi, probabilmente, risulta essere una sorta di bagaglio di esperienza che attutisce
l’esplosione di emozioni negative; la letteratura risulta concorde nel ritenere che i soggetti con più elevata
anzianità lavorativa evidenziano una maggiore soddisfazione professionale (Pines e Aroson, 1988;
Contessa, 1987); dunque chi lavora da più tempo, essendo più realizzato professionalmente e potendo
contare su una maggiore esperienza, è meno sollecitato a ricorrere all’aggressività nelle situazioni di
tensione.

Dott.ssa Marianna Bello
Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
Da questi studi si è concluso che, probabilmente, le categorie lavorative in cui
si evidenzia una minore esigenza a fornire un’immagine di donna intesa in
maniera tradizionale, poiché rispondenti a ruoli e mansioni che una volta
avevano una tipica caratterizzazione maschile, possono favorire l’emergere di
una dimensione aggressiva.

Dott.ssa Marianna Bello
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A livello personale l’incanalamento di questo carburante naturale, quale risulta
l’aggressività, al fine di raggiungere l’autorealizzazione personale e professionale, è
possibile solo mediante un assidua elaborazione, fornendo continue risorse al sé per
nutrirsi ed accrescersi e cercando di non demonizzare, di riconoscere e integrare i
propri aspetti aggressivi.
A livello sociale, questo stesso processo, invece, dovrebbe essere agevolato da una
politica di empowering, che impieghi e stimoli le risorse al femminile in una
prospettiva che si riaffaccia ad una nuova concezione del potere, svincolato dalla sua
impostazione verticistica e spinto verso la formulazione di un modello più vicino al
mondo femminile, che favorisca la collaborazione e la cooperazione.

Dott.ssa Marianna Bello
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Grazie per l’attenzione
Dott.ssa Marianna Bello

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Aggressivita’ femminile nella prospettiva professionale

  • 1. AGGRESSIVITA’ FEMMINILE NELLA PROSPETTIVA PROFESSIONALE Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 2. “L’istinto rende la donna somigliante alle bestie (…). Molte caratteristiche femminili sono connesse a codesta somiglianza con le bestie; anzitutto la mancanza di giudizi propri. Ciò che è ritenuto vero e buono, per le donne è in realtà vero e buono. Esse sono rigide conservatrici e odiano le novità, eccettuato, s’intende, il caso, in cui il nuovo arrechi loro un vantaggio personale, ovvero quando quella novità piaccia all’amante. Come gli animali, da tempo immemorabile, agiscono sempre alla stessa giusa, così il genere umano sarebbe rimasto nel suo stato originario se non fossero esistite altro che le donne. (…) Se la donna non fosse fisicamente e mentalmente debole, se per lo più non la rendessero innocua le circostanze, essa sarebbe un essere altamente pericoloso” (Moebius, 1900) Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 3. Donne Sottoprodotti dell’uomo • Creature imperfette • Inadatte a pensare • Incapaci di prendere decisioni Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 4. Il ruolo dell’ambiente è già attivo durante la gravidanza La maturazione biologica cerebrale è strettamente connessa alle stimolazioni ambientali. In questo periodo e nei primi mesi di vita postnatale si verifica un’intensa arborizzazione dei dentriti, ciò che consente le connessioni sinaptiche, che derivano dagli stimoli ambientali. Questi non sono certo neutri, ma prodotti da un ambiente socioculturale specifico e determinato, che esprime valori e modelli di comportamento (Giovannelli, 1999). Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 5. Sin dai primi momenti della nascita tutto è sessuato Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 6. Il processo di costruzione dell’identità avviene in un contesto relazionale che, inevitabilmente,ne influenza il percorso Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 7. I LUOGHI DELLA DISPARITA’ La famiglia Le donne ne hanno costituito l’asse portante e ne sono rimaste “impigliate” per secoli. La famiglia è stata il loro habitat naturale, la loro seconda pelle. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 8. Il Lavoro “Doppia presenza” “Discontinuità lavorativa” La differenza significativa di genere non deve essere ricercata nella diversa funzione biologica e nelle differenze corporee, ma nei diversi significati assegnati ai due sessi Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 9. CONTESTI LAVORATIVI Le donne nel tentativo di identificare contesti organizzativi in cui trovare maggiore opportunità di bilanciamento tra vita privata e vita professionale sembrano indirizzarsi verso lavori e percorsi di carriera regolati da meccanismi che consentono, una gestione più flessibile del proprio tempo Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 10. I PERICOLI DEGLI STEREOTIPI I copioni, a cui sia gli uomini che le donne sono stati educati, influenzano in varia misura il modo in cui percepiscono e valutano se stessi e gli altri. Si tratta di modelli internalizzati così profondamente da rimanere spesso inconsci, e proprio per questo meno controllabili nell’espressione dell’emotività e degli agiti quotidiani. Lo stereotipo femminile è risultato sempre un elemento vincolante nella costruzione dell’autostima delle donne, poiché ancora oggi viene attribuito un valore positivo a quelle capacità considerate principalmente maschili quali: la fiducia in sé, l’indipendenza, l’assertività, la forza, l’autonomia, l’aggressività, le abilità analitiche, di comando e di decisionalità, la capacità di saper prendere sagge decisioni e di affrontare attività rischiose, mentre vengono screditate quelle caratteristiche personali considerate tipicamente femminili come: l’essere affettuose, sensibili, comprensive, compassionevoli e di conforto agli altri. (Dillon, 2002) Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 11. Per le donne risulta più difficile riconoscere il proprio valore, perché da sempre amate, apprezzate, accettate, non per l’essere, ma per il fare-accudimento, nutrimento, attenzione e sostegno agli altriin misura proporzionale alle loro prestazioni. E’ per questa ragione, probabilmente, che non riuscendo a separare la costruzione della propria identità e della propria autostima dal legame con l’ “altro”, esse strutturano il proprio comportamento distorcendo, negando e colpevolizzando la parte motivazionale desiderante, bloccando l’organismo in un circuito rigido, in cui l’energia si ritorce negativamente contro se stesse, generando problemi esistenziali e comunque una profonda sofferenza (Leonardi, 2003). Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 12. LA PROFESSIONE COME SPECCHIO DELL’AUTOSTIMA FEMMINILE Dall’infanzia in poi, la famiglia prima, l’ambiente e la cultura poi, rappresentano lo specchio in cui, la bambina prima, la donna successivamente, vedrà riflessa la propria immagine, che sarà accettabile oppure no; se essa sentirà di doversi uniformare per sentirsi accettata, se il divario fra il suo sentire interno e le aspettative dell’esterno sarà considerato eccessivo, si otterrà come risultato il dover mostrare a se stessa e agli altri un’immagine falsa e assai dannosa per un’autentica realizzazione personale, lavorativa. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni affettiva e
  • 13. AGGRESSIVITA’ E LAVORO Aggressività, dal latino ad-gredior: muoversi verso un oggetto o una persona, in generale una meta. Alla base di ogni “movimento verso”, c’è un bisogno o un desiderio da soddisfare. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 14. DIBATTITO SULL’AGGRESSIVITA’ Biologica e innata Psicologico e psicodinamico Approccio olistico Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 15. In una prima formulazione l’aggressività è considerata un aspetto della libido e intesa come desiderio di controllo sulla realtà esterna, l’aggressività diviene strumento che viene utilizzato per il superamento degli ostacoli che si frappongono fra il soggetto e la gratificazione (Freud, 1924). Successivamente l’aggressività venne intesa come superamento della frustrazione che è lo stato di sofferenza e di disagio vissuto dall’individuo quando il raggiungimento del piacere viene in qualche modo ostacolato. È stato sostenuto che la società regolerebbe le pulsioni fondamentali dell’uomo, permettendo la soddisfazione di quelle improrogabili, ma reprimendone altre meno importanti, come la sessualità e l’aggressività. Queste energie “domate” si trasformerebbero, secondo questa concezione, in una spinta verso valori culturali e morali (Fromm, 1978). Lo stesso autore distingue due tipi di aggressività: una positiva, come situazione di difesa a situazioni di reale pericolo, comune all’animale e all’uomo; l’altra, negativa, distruttiva e non adattiva, che si esprime nella crudeltà, nell’impulso aggressivo e nella violenza fine a se stessa (Fromm, 1978). Altri definiscono l’aggressività come una classe di risposte che l’individuo apprende nel corso della sua esperienza per imitazione più o meno diretta di determinati modello che si pongono come esempio; sostiene che diversi tipi di stimoli possono produrre nell’individuo uno stato di eccitamento emotivo che può condurre a svariati comportamenti e la reazione pratica di questi ultimi dipende da come gli individui hanno imparato a fronteggiare le situazioni stressanti: alcuni, infatti, possono creare aiuto e sostegno, altri mostrano rassegnazione, altri ancora aggrediscono (Bandura, 1973). Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 16. Studi ed indagini comparate hanno invece dimostrato che il concetto di “femminile”, così come il concetto di “maschile”, varia in funzione degli ambienti culturali e dei periodi storici di riferimento. Le donne presenterebbero due modalità per esprimere la propria aggressività diverse rispetto all’universo maschile: Ipoaggressività Iperaggressività per compensazione … differenti manifestazioni di un unico quadro sintomatico che risponde alla “difficoltà a riconoscere e a proteggere la propria identità ed il proprio progetto di vita” Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 17. • Il comportamento aggressivo nella sfera del femminile non solo, non è un fenomeno assente ma, in determinate situazioni sociali è più o meno agevolato nella sua manifestazione da vincoli legati all’ambiente circostante. • Gli uomini avrebbero un rapporto più sereno con la propria aggressività, nel loro comportamento l’autodifesa, o difesa del territorio, sembra una cosa molto più “naturale”. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 18. Secondo una ricerca del Cnr, quando una donna lavora al di fuori del contesto domestico, la percezione e la stima di sé aumenta; ma aumentano di pari passo anche quelle caratteristiche di aggressività, competizione, impazienza, che tendono a far decrescere la stima dei familiari nei confronti della lavoratrice, segnalando in tal modo alla donna il non gradimento per il suo impegno lavorativo, se esso viene letto come modifica dell’equilibrio del ménage familiare.  Vi sono nell’identità delle donne lavoratrici dei nodi conflittuali irrisolti che minano dall’interno la possibilità delle donne di realizzarsi pienamente nel lavoro e di farlo in armonia con la loro personalità.  La donna nel momento in cui si confronta col lavoro produttivo deve affrontare sia la difficoltà di mantenere la propria identità femminile, all’interno di un ambito specifico maschile, sia con il retaggio dell’ambivalenza con cui vive le proprie spinte di autonomia e affermazione  Le figlie ricevono ancora il doppio messaggio “sii uguale a me” e “non essere uguale a me” da figure materne che avevano interiorizzato ambivalenza culturale riguardo al modo di essere e relazionarsi delle donne. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 19. RICERCA (Schimmenti, Ippolito, Leo, 2004) Obiettivo e ipotesi della ricerca Verificare empiricamente: • la presenza di aggressività nelle donne impegnate in professioni manageriali e nelle donne casalinghe; • in che modo l’aggressività si distribuisce nelle due categorie professionali; • indagare l’eventuale relazione tra aggressività e autostima di base; • esplorare le variabili che più di altre risultano correlate all’aggressività Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 20. Popolazione 100 donne: 50 imprenditrici e 50 casalinghe. Età compresa fra i 30 e i 60 anni così suddivisa: -1° fascia giovani: 30- 40 anni; -2° fascia adulti: 41- 50 anni; -3° fascia meno giovani: 51- 60 anni. Luogo di nascita E’ stato tripartito in zone: centro Italia, sud Italia e nord Italia. Stato civile Il campione viene distinto in: fidanzata, nubile, coniugata, separata, divorziata, convivente e vedova. Numero di figli Il 42% delle imprenditrici ha due o più figli, il 34% non ha figli, il 24% ha un figlio. Il 60% delle casalinghe ha due o più figli, il 24% un figlio, il 16% non ha figli. Titolo di studio Il titolo di studio è stato rilevato su quattro livelli: elementare, media inferiore, media superiore, laurea. Il 50% delle imprenditrici dichiara di aver conseguito la laurea, il 36% riferisce di essere in possesso del diploma di scuola media superiore, al 10% si collocano le imprenditrici che hanno conseguito la licenza media inferiore. In riferimento al titolo di studio il 46% delle casalinghe dichiara di aver conseguito il diploma di media superiore, il 34% di loro è in possesso della licenza media inferiore, la licenza elementare è stata conseguita dal 12%, l’8% dello stesso gruppo risulta laureato. Tempo lavorativo Il tempo lavorativo è stato codificato in tre categorie raggruppando le informazioni nel seguente modo: da 5 a 15 anni (prima) categoria; da 16 a 25 anni (seconda) categoria; da 26 a 35 anni (terza) categoria. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 21. Strumenti e procedure Aggression Questionnaire (AQ di Buss e Perry, 1992, adattamento italiano a cura di Conti, 1992) Basic Self-esteen Scale (Basic SE di Forsman, Johnson, 1996, adattamento italiano a cura di Ugolini, Bruzzi e Roboni, 2003) Scala composta da 29 item da cui derivano quattro sottoscale: aggressività fisica, verbale, rabbia, ostilità. Scala utilizzata per valutare l’autostima di base negli adulti. Modalità di risposta su scala Likert a cinque punti. Nella versione italiana si declina in 22 item con risposta su scala Likert a 5 punti. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 22.  Nella ricerca sono emerse differenze significative per il fattore età nella dimensione dell’aggressività fisica: sono le meno giovani (dai 50 ai 60 anni) ad apparire meno aggressive. Questo dato probabilmente fornisce la dimensione di quanto l’età possa influenzare l’attivazione di momenti di elaborazione più lunghi che frenano il passaggio all’atto e che quindi, inibisce l’espressione manifesta dello stato di disagio oppure potrebbe essere lo specchio di un’educazione più rigida impartita in passato e che tenderebbe a reprimere, poiché non convenienti, l’espressione di emozioni negative.  E’ stata analizzata anche la differenza di punteggi rispetto al luogo di nascita. Sono le donne nate nel sud ad avere i punteggi più alti. L’ostilità rappresenta la sensazione di avere subito delle ingiustizie, è una disposizione umorale negativa con sentimenti di collera verso il mondo in seguito a maltrattamenti veri o immaginari e rappresenta la componente cognitiva del comportamento aggressivo. Questa particolare disposizione mentale può essere riferita ad una risposta difensiva verso la maggiore difficoltà che avvertono le donne, immerse in una situazione socio-economica critica, ad emergere e ad affermare se stesse, sia con individualità separate dal contesto familiare, nei ruoli tradizionali, sia come professioniste nel contesto del lavoro. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 23.  Si è voluto verificare se lo stato civile si associasse ad un maggiore livello di aggressività. Osservando il campione è risultato che in tutte le dimensioni del test la categoria rappresentata dalle donne senza un compagno ottiene medie significativamente maggiori rispetto alle altre due categorie (convivente/coniugata/fidanzata e vedova). Si può ipotizzare che questo esito sia in linea con quanto esposto rispetto alle collusioni della vita di coppia. La vita a due, infatti, potrebbe portare la donna a reprimere gli impulsi aggressivi in favore della valorizzazione di questo aspetto nell’uomo, quasi come una proiezione, una delega funzionale all’equilibrio della coppia stessa, che vede nella divisione delle competenze e delle funzioni la sua forza. La situazione rappresentata dalla categoria che non possiede un compagno sarebbe, al contrario, funzionale all’espressione ed alla stimolazione delle parti maschili di sé, in favore quindi delle manifestazioni di atteggiamenti aggressivi e competitivi. Accostando questi dati a quelli in cui si evidenzia che la maggior parte delle laureate sono le imprenditrici, si può dare conferma al risultato discusso sopra, riguardo alla maggiore aggressività delle donne manager rispetto alle casalinghe. Ciò significa che chi consegue una laurea spesso si inserisce nel mondo del lavoro in qualità di professionista e stimola lo svilupparsi di quelle caratteristiche quali la vivacità, il confronto dialettico, la difesa del proprio punto di vista e del proprio spazio nelle situazioni in cui dovrà confrontarsi.  Il numero di anni lavorativi, probabilmente, risulta essere una sorta di bagaglio di esperienza che attutisce l’esplosione di emozioni negative; la letteratura risulta concorde nel ritenere che i soggetti con più elevata anzianità lavorativa evidenziano una maggiore soddisfazione professionale (Pines e Aroson, 1988; Contessa, 1987); dunque chi lavora da più tempo, essendo più realizzato professionalmente e potendo contare su una maggiore esperienza, è meno sollecitato a ricorrere all’aggressività nelle situazioni di tensione. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 24. Da questi studi si è concluso che, probabilmente, le categorie lavorative in cui si evidenzia una minore esigenza a fornire un’immagine di donna intesa in maniera tradizionale, poiché rispondenti a ruoli e mansioni che una volta avevano una tipica caratterizzazione maschile, possono favorire l’emergere di una dimensione aggressiva. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni
  • 25. A livello personale l’incanalamento di questo carburante naturale, quale risulta l’aggressività, al fine di raggiungere l’autorealizzazione personale e professionale, è possibile solo mediante un assidua elaborazione, fornendo continue risorse al sé per nutrirsi ed accrescersi e cercando di non demonizzare, di riconoscere e integrare i propri aspetti aggressivi. A livello sociale, questo stesso processo, invece, dovrebbe essere agevolato da una politica di empowering, che impieghi e stimoli le risorse al femminile in una prospettiva che si riaffaccia ad una nuova concezione del potere, svincolato dalla sua impostazione verticistica e spinto verso la formulazione di un modello più vicino al mondo femminile, che favorisca la collaborazione e la cooperazione. Dott.ssa Marianna Bello Psicologa- Esperta Sviluppo Risorse Umane e Organizzazioni