4. Personali Situazioni
d’aula
Confronto con i
colleghi, con le
Istituzioni, con le
famiglie, ..
Ricerche in Didattica
della Matematica
Indicazioni Nazionali
Prove INVALSI
6. Indicazioni Nazionali
Ogni insegnante ha un proprio quadro di riferimento
per la costruzione del percorso di
insegnamento/apprendimento e per la sua valutazione:
spesso è implicito, ricevuto per osmosi dall'ambiente,
adattato dalla propria esperienza, costruito passo passo
nel proprio percorso.
Il Quadro di Riferimento delle Indicazioni Nazionali
è esplicito e può aiutare a rendere espliciti
quelli dei singoli insegnanti
7. • Individuare i nuclei fondanti
• Focalizzare i traguardi per un tema specifico
• Come vengono declinate le competenze nei
traguardi
• Come le competenze siano fondate sugli
obiettivi di apprendimento
• Premessa metodologica
Indicazioni Nazionali
8. Indicazioni Nazionali
“C'è un sostanziale accordo, a livello
internazionale, (recepito anche nei quadri di
riferimento delle principali valutazioni
internazionali, IEA-TIMSS e OCSE-Pisa) per una
organizzazione dei curricoli attorno a nuclei di
contenuti e a competenze trasversali, variamente
denominate (competenze matematiche, domini
cognitivi, nuclei di processo, processi
cognitivi....)”. (Bolondi G., 2012)
9. Numeri
Spazio e Figure
Dati e Previsioni
Relazioni
Oggetti matematici studiati
(e.g. “numeri”),
piuttosto che il nome delle
teorie (e.g. “aritmetica).
10. • Le continuità e le discontinuità che gli
allievi incontrano durante il proprio
percorso scolastico ed in particolare in
occasione dei passaggi da un segmento
scolastico al successivo, giocano un
ruolo decisivo nell’apprendimento
della matematica.
Dalla Scuola Dell’Infanzia alla
Scuola Primaria
11. Ø I bambini approdano alla scuola primaria con un bagaglio di
conoscenze e abilità matematiche (usando il linguaggio
piagettiano, prematematiche).
Ø E’ importante che l’insegnante di SP riesca a conoscere questo
bagaglio e i modi con i quali viene gestito dal bambino, prima
ancora di avviare il proprio percorso didattico. Entrando in
contatto con l’esperienza prescolastica del bambino e con i suoi
modi di gestire le proprie abilità di tipo logico-matematico.
Dalla Scuola Dell’Infanzia alla
Scuola Primaria
12. Ø Cosa dicono le nuove Indicazioni Nazionali 2012?
• Indicazioni Moratti (2003) Campi d’esperienza.
• Indicazioni per il curricolo Fioroni (2007) per quanto
riguarda la SdI la matematica non è più esplicitamente presente.
Dalla Scuola Dell’Infanzia alla
Scuola Primaria
14. Dalla Scuola Dell’Infanzia alla
Scuola Primaria
L’introduzione vera e propria delle nozioni matematiche
avviene abitualmente durante il primo anno di SP.
SdI ha il compito di fornire al bambino l’esperienza della
matematica implicita, e alla scuola elementare quello di
svilupparla rendendola esplicita.
15. Dalla Scuola Dell’Infanzia alla
Scuola Primaria
Prova INVALSI LIVELLO 02
Quasi il 50% di
risposte corrette
16. Dalla Scuola Dell’Infanzia alla
Scuola Primaria
Prova INVALSI LIVELLO 05
Solo il 35% di
risposte corrette
18. «l’insieme dei comportamenti dell’insegnante che sono
attesi dall’allievo e l’insieme dei comportamenti
dell’allievo che sono attesi dall’insegnante»
(Brousseau, 1986).
19. Come fare a costruire un curricolo verticale?
Gaël è un bambino che frequenta il corrispondente italiano
della seconda elementare pur avendo più di 8 anni. La
condizione nella quale i ricercatori trovarono Gaël è la
seguente: in luogo di esprimere coscientemente la propria
conoscenza, Gaël la esprime sempre e solo in termini che
coinvolgono l’insegnante:
Ø le sue competenze non sono mai sue proprie competenze,
ma quel che la maestra gli ha insegnato
Ø le sue capacità strategiche non sono mai sue proprie
capacità, ma quel che (e come) la maestra ha detto di fare
20. Come fare a costruire un curricolo verticale?
Ø Il complesso di interazioni e comportamenti che si
instaura tra allievo e insegnante, che deve avere quale
prodotto finale l’apprendimento, è formato da una serie di
fasi e di momenti che caratterizzano l’attività svolta in
classe giornalmente. Il rapporto allievo-insegnante è basato
su regole non scritte, su convenzioni sottointese, accettate
implicitamente tanto dallo scolare quanto dall’insegnante.
Queste regole, seppur mai dichiarate, sono ben conosciute
da entrambe le parti in causa, come se costituissero una
sorta di contratto mai firmato: il contratto didattico.
21. Come fare a costruire un curricolo verticale?
<<In una situazione d'insegnamento, preparata e
realizzata da un insegnante, l'allievo ha generalmente
come compito di risolvere il problema (matematico)
che gli e presentato, ma l'accesso a questo compito si fa
attraverso un'interpretazione delle domande poste,
delle risposte fornite, degli obblighi imposti che sono
costanti nel modo di insegnare del maestro. Queste
abitudini (specifiche) del maestro attese dall’allievo ed i
comportamenti dell’allievo attesi dal docente
costituiscono il contratto didattico>>
(Brousseau, 1980)
22. Come fare a costruire un curricolo verticale?
Ø Studi approfonditi sul contratto didattico hanno
rivelato che gli allievi di ogni ordine scolastico
hanno appunto attese particolari, comportamenti
che nulla hanno a che vedere con la matematica ma
che dipendono dal contratto instauratosi in classe.
23. Come fare a costruire un curricolo verticale?
Costruzione della conoscenza si ottiene con la rottura
del contratto didattico, quando l’allievo raggiunge la
DEVOLUZIONE
Ø Per devoluzione si intende il processo o l’attività di
responsabilizzazione, attraverso il quale, l’insegnante
ottiene che lo studente s’impegni nella risoluzione di un
problema, più in generale, in un ‘attività cognitiva,
affinché diventi un suo problema.
24. Come fare a costruire un curricolo verticale?
“L’allievo costruisce la conoscenza solo se
si interessa personalmente della
risoluzione del problema.
Di quanto gli è stato proposto durante la
situazione didattica: in tal caso si usa dire
che si è raggiunta la devoluzione da parte
dell’allievo”. (Brousseau, anni ‘80)
25. Come fare a costruire un curricolo verticale?
Effetto “Età del Capitano”
LIV 02
2013
26. Come fare a costruire un curricolo verticale?
A. 83%
D. 11,5%
LIV 06
2013
28. Sommano i dati nel testo
senza effettuare la
conversione delle unità di
misura
2015
29. Errore tipico legato alla
ripetizione della
procedura di calcolo in
colonna sconnessa dal
significato del valore
posizionale delle
singole cifre.
2015
51. Ricerca Guidata con più opzioni
• Anno
• Livello
• Tipologia (MC, MCC, CLOZE, …)
• Uso (SNV, PN)
• Testo della domanda
• Ambito
• Testo del processo
• Processo
• Testo dell’Indicazione Nazionale
• Indicazioni Nazionali
• Percentuale di risposte corrette
• Percentuale di risposte errate
• Percentuale di risposte mancate
• Parole Chiave
55. Dott.ssa Stefania
Pozio INVALSI
La storia di un quesito: un esempio
DOBBIACO
luglio 2015
Scuola autori: circa
100 docenti di
Matematica nei 4
livelli
56. Organizzazione delle rilevazioni
v Formulazione dei quesiti (numero di quesiti tre o quattro
volte superiore a quello che effettivamente compare nella
prova stessa somministrata agli allievi)
◦ 100 docenti ed esperti provenienti dal mondo della
scuola e dell’università.
◦ il consistente numero di autori rende possibile disporre
di un’ampia varietà di quesiti sia rispetto alla modalità
di formulazione sia rispetto ai contenuti.
◦ se si vuole evitare che si inducano nella scuola
fenomeni non desiderabili di addestramento alle prove
standardizzate è necessario che queste siano molto
varie da un anno all’altro, sia rispetto ai contenuti sia
alle modalità con le quali i quesiti sono formulati.
59. 59
Il gruppo di livello: LIV.08
Ottobre –dicembre 2013
I gruppi di livello selezionano le
domande, le rivedono e
compongono due fascicoli per il
pretest.
Preparano una prima griglia di
correzione
60. 60
La storia di un quesito: un esempio
1
2
MODIFICATA
DAL GRUPPO
DI LIVELLO
61. 61
La costruzione delle prove
Settembre – Dicembre
2015
I fascicoli vengono
composti in 4 versioni
con le domande ruotate
per blocchi, editati,
ricontrollati e stampatiAprile maggio 2016
I fascicoli vengono
pretestati su un
campione casuale
rappresentativo pari a
circa 1000 studenti per
ogni livello
1
2
62. Formulazione dei
quesiti
ca 200 AUTORI
Messa a punto delle
prove di pretest
ca 10 ESPERTI per livello
e RICERCATORI INVALSI
PRE TEST
ca 4000 STUDENTI
Analisi dei risultati del
PRE TEST
ca 10 ESPERTI per livello
e RICERCATORI INVALSI
Composizione delle prove di main study
ca 10 ESPERTI per livello e RICERCATORI INVALSI
revision
e
revisione
L08
Riassumendo
DURATA:2o3anni
63. 63
Analisi statistica del pre-test
FIT alto(1,09): l’andamento osservato della domanda non si adatta
completamente al modello teorico ipotizzato (accettabile 0,9-1,1)
Domanda difficile (1,3) e poco discriminante (0,11) buono se > 0,20
Problemi di significatività dei distrattori (il terzo)
Numero studenti
Indice di
discriminazione
(>0,20)
Fit: relazione fra
dato osservato e
dato ipotizzato
=1
Difficoltà: -3,+3
Alternative di
risposte (1
risposta corretta)
65. 65
NUOVA
Il contenuto matematico del quesito è rilevante . Quindi viene
cambiata in modo da ridurre le criticità rilevate.
• si cambiano i contenitori
• si cambiano i distrattori
La storia di un quesito: un esempio
66. 66
La storia di un quesito: un esempio
Coerentemente
con lo scopo della
domande si
cambiano i
contenitori
(altezze tutte
uguali) e non si
chiede più la
giustificazione
67. La costruzione delle prove
Fit migliorato (da 1,09 a 1,03)
Discriminatività (Item-Rest Cor) da
0,11 a 0,25
Difficoltà sulla scala di Rasch da 1,3 a
1,66 (più difficile) ma da 9,77% a
19,58%
76. Alcuni concetti chiave della didattica della
matematica:
Concetti legati
- alla costruzione dei concetti
- alle difficoltà che gli studenti incontrano nel
raggiungimento di questo obiettivo
77. Ø sollecitazioni interne o esterne
Ø condizionata da tanti fattori, ma con
connotazioni comuni in diversi individui
Ø elaborata più o meno coscientemente
Ø è interna e, almeno in prima istanza,
involontaria
78. Tutte le immagini mentali relative ad uno
stesso concetto, costituiscono il
modello mentale del concetto.
79. Ø costruisce immagine di un concetto C e la
crede stabile, definitiva;
Ø riceve nuove informazioni di C (non
contemplate nell’immagine precedente);
Ø adeguare la vecchia immagine con la nuova
(conservando le precedenti informazioni e
accogliendo le nuove).
La nuova costruzione è ovviamente “più
vicina ” al concetto.
81. Ma .. Si crea un conflitto tra la precedente
immagine e la nuova
Ø Conflitto cognitivo interno causato dalla non-
congruenza tra le due immagini.
Ciò accade molte volte durante il percorso
scolastico, si può pensare a una successione di
immagini che si avvicinano al concetto C.
83. Ø Durante questa successioni di immagini succede che
l’immagine I a cui si è pervenuti “resiste” a sollecitazioni
diverse. E’ abbastanza forte.
Ø Le nuove sollecitazioni, invece che distruggere
l’immagine precedente per costruirne una nuova, finisco
con il confermare la bontà del fatto che I sia l’immagine
corretta.
Un’immagine di questo tipo si può chiamare
modello M del concetto C.
84. “Farsi un modello”: rielaborare successivamente immagini
instabili e deboli fino a giungere a una di esse definitiva,
stabile.
Ø il modello si forma al momento giusto
(l’azione didattica ha funzionato e lo studente si è costruito
il modello atteso del concetto)
Ø il modello si forma troppo presto
(non è facile raggiungere il concetto perché la stabilità
del modello è di per sé stessa un ostacolo ai futuri
apprendimenti)
85. Es: IL CUBO
Ø durante la Scuola Dell’Infanzia la maestra mostra agli
alunni una scatolina di legno rossa a forma di cubo e dice
agli studenti che quello è un cubo.
Quindi un cubo è di legno? E’ rosso???
Ø vengono mostrati altri oggetti di diverso materiale e
diverso colore a forma di cubo
Quindi non è per forza né di legno, né rosso.. È la
forma che lo definisce!
86. Es: IL CUBO
Ø durante la Scuola Primaria vengono mostrati vari oggetti a forma di
cubo … dopo varie sollecitazioni e un susseguirsi di immagini la maggior
parte degli studenti creano il modello di cubo come un solido con una data
forma.
Ø studi rivelano che per la maggior parte degli studenti di Scuola
Primaria,
non è un cubo!!!
87. modelli che rispondono
pienamente alle sollecitazioni
intuitive e che hanno dunque
un’accettazione immediata forte.
Efraim Fishbein
(1920-1998)
«Il livello intuitivo si riferisce alla
dinamica dell’accettazione soggettiva di
un enunciato matematico come cosa
evidente e certa»
(Fischbein , 1985)
88. Ø conseguenza di proposte da parte dell’insegnante di
un’immagine forte e convincente di un concetto, che
diventa persistente, confermata da continui esempi ed
esperienze;
Ø hanno molta forza di persuasione e molta rilevanza
nelle competenze dell’allievo;
Ø conducono ad un’accettazione immediata.
89. Ma non è detto che il modello rispecchi il concetto in
questione; molte volte si tratta di modelli creatisi con
la ripetizione e niente affatto auspicati!!
««L’esistenza di incompatibilità e di
contraddizione nelle relazioni tra
il livello concettuale e il fondamento
intuitivo rappresenta una delle
principali fonti di idee sbagliate e di
errori nell’attività matematica dei
bambini» (Fischbein , 1985)
90. Quando non c’è in gioco una competenza cognitiva
forte, emerge con energia il modello intuitivo. Anche
quando uno studente si è costruito un modello
corretto di un concetto, a volte, il modello intuitivo
ricompare.
«««L’insistere eccessivamente nel fornire
suggerimenti intuitivi usando
rappresentazioni artificiali e troppo
elaborate può fare più male che
bene» (Fischbein , 1985)
91. • Accettato nei numeri naturali ed
erroneamente esteso a tutti i campi numerici.
• Quando si arriverà a dover moltiplicare per
0,5?
• Studenti evoluti (anche universitari) si
dichiarano meravigliati di fronte al fatto che
tra le due operazioni: 18 x 0,25 e 18 : 0,25 la
prima è quella che dà un risultato minore.
Ø La moltiplicazione accresce
92. Ø La moltiplicazione accresce
• Assimilare la nuova situazione per accomodare il
modello ad uno nuovo non è affatto facile
Necessità didattica di non rendere stabile
quell’immagine troppo presto, nel
tentativo di costruire un modello del
concetto di moltiplicazione in modo
ottimale (che tenga conto dei successivi
ampliamenti, per esempio ai numeri
razionali)
93. Ø La divisione diminuisce
Ø Nella situazione A : B, il numero B deve essere
minore del numero A
15 amici si
dividono 5
kg di biscotti.
Quanti ne
spettano a
ciascuno?
Ricerche dimostrano che
studenti, anche di scuole
superiori, vengano
spontaneamente spinti ad
eseguire 15 : 5!!
94. “Con 2 dollari si può comprare una bottiglia di 0,75 l
di aranciata. Quanto costa un litro di aranciata?”
Quanto tempo ci avete impiegato a risolverlo?
Con quale operazione?
“Con 10 dollari si possono comprare 5 l di aranciata.
Quanto costa un litro di aranciata?”
Risolvibili con la stessa procedura!!
95. Il secondo problema si risolve immediatamente con la
divisione 10:5; risolvere il primo con l’analoga divisione
2:0,75 crea imbarazzi a causa del contrasto tra significato
formale e significato intuitivo della divisione.
… nel secondo problema i dati numerici vanno d’accordo
con le richieste intuitive …
Che succede?
96. Quando si cerca di risolvere un problema non ci
affidiamo solo al livello algoritmo, anche se
questo bagaglio è presente nella mente.
Contribuisce anche il livello delle
rappresentazioni intuitive.
Quando l’algoritmo e il livello intuitivo lavorano
in accordo l’apprendimento è semplice,
altrimenti si creano delle difficoltà.
97. “Una misconcezione è un concetto errato e
genericamente costituisce un evento da evitare;
essa però non va vista sempre coma una
situazione del tutto o certamente negativa: non è
escluso che per poter raggiungere la costruzione
di un concetto, si renda necessario passare
attraverso una misconcezione momentanea, ma
in corso di sistemazione.” (D’Amore, 1999)
98. Possono rappresentare concezioni momentaneamente
non corrette, in attesa di sistemazione cognitiva.
Ø le immagini che uno studente si fa dei concetti in
alcuni casi possono essere delle vere e proprie
misconcezioni, cioè interpretazioni errate delle
informazioni ricevute;
Ø tali immagini-misconcezioni risultano di ostacolo
all’apprendimento futuro solo se diventano forti e
stabili modelli erronei di tale concetto.
99. ü Lo studente rivela le proprie misconcezioni
quando applica correttamente regole scorrette.
ü Spesso, all’origine di questo fatto c’è una
mancata comprensione od un’errata
interpretazione.
Se l’insegnante non si rende conto di ciò, le sue
sollecitazioni cadono a vuoto perché lo studente
ha già incluso nel proprio curricolo quelle regole
che ritiene corrette e che, in taluni casi, hanno
funzionato.
100. uno studente esegue in colonna le seguenti sottrazioni:
Nella terza, non è stata “presa in prestito una decina”.
Lo studente non capisce di che decina si sta parlando perché ha in
mente un’altra regola personale:
«per eseguire le sottrazioni in colonna si procede da destra verso
sinistra e, in ogni colonna, si sottrae dal più grande il più piccolo.»
Ne ha avuto conferma in molti casi, la comunicazione che riguardava
casi come la terza sottrazione non gli è giunta per chissà quale
motivo, e dunque aveva assunto nel suo curricolo quella “regola”.
Una vera e propria misconcezione.
101. Le misconcezioni si possono interpretare come concezioni
momentanee non corrette, in attesa di sistemazione cognitiva più
elaborata e critica.
Attenzione, però: lo studente non lo sa e dunque ritiene che le
sue, quelle che per noi sono misconcezioni, siano invece
concezioni vere e proprie.
Chiamarle errori è troppo
semplicistico e banale:
non si tratta di punire, di
valutare negativamente;
si tratta di dare gli
strumenti per
l'elaborazione critica.
102. Quando un’insegnante propone un’immagine forte,
convincente, persistente e in alcuni casi univoca di
un concetto, tale immagine si trasforma in un
modello intuitivo.
In questi casi le misconcezioni possono diventare
ostacoli per i futuri apprendimenti.
103. Quando le misconcezioni non sono da imputare
ad una cattiva trasposizione didattica, ma alla
necessaria gradualità di presentazione del
sapere, sono inevitabili e da considerare non
negative, in quanto fanno parte del normale
sviluppo dei concetti attraverso le immagini e i
modelli.
104. Ø Le misconcezioni “evitabili” derivano dalla
trasposizione didattica del sapere, in quanto sono,
appunto, una diretta conseguenza delle scelte degli
insegnanti
Ø Queste misconcezioni dipendono da una diretta
conseguenza della prassi scolastica minata da
improprie consuetudini proposte dagli insegnanti ai
propri allievi
Nella formazione delle convinzioni ha una
notevole responsabilità il tipo di
insegnamento ricevuto.
112. Ancora misconcezioni
sulla posizione delle
figure geometriche,
sulle figure “standard”
Indicazioni Nazionali
TP-II Riconosce e rappresenta forme del piano e dello
spazio, relazioni e strutture che si trovano in natura o che
sono state create dall’uomo.
119. E i trapezi?
E i triangoli??
Indicazioni Nazionali
Ob3-09 Riconoscere, denominare e descrivere figure
geometriche.
Ob3-10 Disegnare figure geometriche e costruire modelli
materiali anche nello spazio.
Ob3-11 Classificare numeri, figure, oggetti in base a una o più
proprietà, utilizzando rappresentazioni opportune, a seconda dei
contesti e dei fini.
Ob5-24 Descrivere, denominare e classificare figure
geometriche, identificando elementi significativi e simmetrie,
anche al fine di farle riprodurre da altri.
Ob5-25 Riprodurre una figura in base a una descrizione,
utilizzando gli strumenti opportuni (carta a quadretti, riga e
compasso, squadre, software di geometria).
TP-II Riconosce e rappresenta forme del piano e dello spazio, relazioni e
strutture che si trovano in natura o che sono state create dall’uomo.
120. 120
— Una convenzione, accettata da tutti i libri di
testo, è chiamare il seguente lato del trapezio con
il nome di lato obliquo.
121. 121
— Un uso improprio di questi termini, basato
esclusivamente sull’importanza data alla posizione
assunta dall’oggetto, piuttosto che alle
caratteristiche matematiche dell’oggetto stesso,
potrebbe generare misconcezioni “evitabili”.
122. 122
— La parola base nello spazio…
— Nello spazio c’è chi definisce base la faccia
sulla quale “appoggia” il solido
124. 124
— Nell’insegnamento della matematica vi sono dei
concetti considerati semplici da essere appresi da
parte degli allievi ma che, in realtà, sono alla base
di insidiose misconcezioni, causate a volte dalle
scelte didattiche effettuate dagli insegnanti.
— Esempio: l’altezza… causa di diffuse difficoltà tra
gli studenti di qualsiasi età.
125. 125
— Di solito, nei libri di testo, si legge ad esempio che
ciascuna delle tre altezze di un triangolo è «il segmento
che “parte” da un vertice e “cade” perpendicolarmente
sul lato opposto o sul suo prolungamento».
— È lecito domarsi: l’altezza è davvero un segmento o una
grandezza? Come può un segmento “partire” e
“cadere”? Supponendo che un segmento possa
“partire”, lo deve fare per forza da un vertice? Si parla
di altezza solo per determinate figure? Quante altezze
ha un poligono? L’altezza rappresenta quindi un
concetto all’apparenza semplice ma che nasconde al
suo interno notevoli complessità…
126. Vertice o un qualsiasi punto?
«No, questa non è l’altezza, perché
non rispetta la regola che abbiamo
imparato. L’altezza deve partire dal
vertice e scendere fino a
quando incontra la base»
127. 127
Interna o anche esterna?
«Non è un’altezza perché finisce fuori
dal triangolo»
128. Verticale o qualsiasi direzione?
Questo segmento rappresenta una
delle altezze del triangolo?
E così, l’altezza diventa
esclusivamente verticale dal
punto di vista del lettore...
129. 129
— Un bambino di scuola primaria precisa… «In
questo momento non è un’altezza; se voglio che
diventi un’altezza, devo girare il foglio e
rimetterla in piedi»
— e la dispone nel seguente modo:
130. — Ad esempio il trapezio, pur essendo costituito da
4 lati, ha per i libri di testo un’unica altezza: la
distanza tra i due lati paralleli; mentre si
potrebbe far notare che ciascun quadrilatero,
avendo 4 lati, ha 4 altezze, una relativa a ciascun
lato.
— L’autista scolarizzato…
Quante altezze ha un poligono?
133. 133
— Risulta invece interessante parlare di altezza in
modo generalizzato per qualsiasi poligono e far sì
che ogni poligono abbia un numero di altezze pari al
numero di lati.
— Ciò è possibile considerando un’altezza rispetto ad
un lato come «la distanza massima individuata
dai punti del poligono rispetto a quel lato o
al suo prolungamento o, se si preferisce,
rispetto alla retta che contiene quel lato» (nel
concetto di distanza è già implicita la
perpendicolarità).
134. 134
— Queste misconcezioni derivano dalla diversità tra
lo spazio dell’esperienza fisica che è anisotropo,
ossia possiede una direzione privilegiata
rappresentata dalla verticale, e lo spazio isotropo
della geometria euclidea, dove tutte le direzioni
per un punto si equivalgono.
135. — A.: … non è un triangolo isoscele perché non
ha i due lati obliqui della stessa lunghezza.
Sul libro c’era scritto che il triangolo è isoscele
quando ha i lati obliqui della stessa lunghezza.
138. • D’Amore B. (1996). Immagini mentali, lingua comune e comportamenti attesi,
nella risoluzione dei problemi. La matematica e la sua didattica. 4, 424-439.
• D'Amore, B. (1999). Elementi di didattica della matematica. Bologna:Pitagora.
• D’Amore B., Sbaragli S. (2005). Analisi semantica e didattica dell’idea di
“misconcezione”. La matematica e la sua didattica. 2, 139-163.
• D’Amore B., Fandiño Pinilla M.I. (2005). Area e perimetro Relazioni tra area e
• perimetro: convinzioni di insegnanti e studenti. La matematica e la sua didattica.
[Bologna, Italia]. 2, 165-190.
• Sbaragli S. (2008). Perimetro e area. Rubrica: I ferri del mestiere. Il giornale della
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• Sbaragli S. (2012). Il ruolo delle misconcezioni nella didattica della matematica. In:
Bolondi B., Fandiño Pinilla M.I. (2012). I quaderni della didattica. Metodi e
strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della matematica. 121-139. Napoli:
Edises
• Sbaragli S. (2006). Diverse chiavi di lettura delle misconcezioni. Rassegna. Istituto
Pedagogico di Bolzano. XIV, 29, 47-52.
• Sbaragli S. (2010). Qui cade sua... altezza. La Vita Scolastica. 18, 25- 27.
• Sbaragli S., Mammarella I.C. (2010). L’apprendimento della geometria. In:
Lucangeli D., Mammarella I.C. (2010). Psicologia della cognizione numerica.
Approcci teorici, valutazione e intervento. Milano: Franco Angeli.