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PSICOPATOLOGIA DELLO
SVILUPPO
 NASCE NEGLI ANNI 70
 Dall’incontro di diverse aree di ricerca: psicologia
generale dello sviluppo, psicologia cognitiva e
clinica, neuropsicologia, etologia
 Si occupa dello sviluppo e delle sue deviazioni
 Studia l’origine e l’evoluzione dei pattern individuali
di comportamento disadattato
 Correlare le manifestazioni sintomatologiche con i
cambiamenti nel ciclo di vita
CLASSIFICAZIONI
DIAGNOSTICHE DESCRITTIVE
IN ETA’ EVOLUTIVA:
POTENZIALITA’ E LIMITI
 Sintomi nel bambino: nel periodo di profonde trasformazioni maturative che
rendono la sua organizzazione comportamentale, cognitiva ed emotiva non
ancora riconoscibile in forma definita e stabilizzata.
 Segni: riportati e definiti in consultazione dagli adulti significativi, mostrando
la loro situazionalità e dipendenza dal contesto relazionale e dalle turbolenze
che lo attraversano. Infatti, bambini con “oggettiva” gravità dei sintomi
giungono o meno in terapia in funzione del livello d’ansia genitoriale riguardo
ai comportamenti del figlio (Sheperd, 1971; Bond e Mc Mahon 1984).
 I bambini vengono percepiti come più disturbati in momenti di particolare crisi
familiare o della coppia coniugale (Kolko e Kazdin, 1993).
SISTEMI TASSONOMICI PER LA
PSICOPATOLOGIA INFANTILE
1. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi
Mentali DSM-IV (American Psychiatric
Association, 1994)
2. Classificazioni delle Sindromi e dei Disturbi
Psichici e Comportamentali ICD- 10 (World
Health Organization,1992)
Ateoretici (basati sul più basso livello inferenziale
possibile), criteri diagnostici descrittivi, no
riferimento a eziologia e patogenesi, minima
interpretazione psicologica dei sintomi.
SCOPO PRINCIPALE
Ridurre la complessità dei segni con cui la
sofferenza del bambino si manifesta, inserendoli
in un sistema rassicurante di categorie
diagnostiche che consentano livelli minimi di
comprensione e comunicazione nell’ambito della
comunità scientifica.
PSICOLOPGIA CLINICA DELL’ETA’
EVOLUTIVA
 SEGNI: comportamenti in TRASFORMAZIONE
riguardanti diversi settori di sviluppo.
 SETTORI:motricità, linguaggio, intelligenza,
apprendimento, affettività e sessualità. Per
ognuno si devono trovare strumenti di
valutazione affidabili (capaci di distinguere tra
comportamenti “normali” e “devianti” in
funzione dell’età).
STRUMENTI STANDARDIZZATI DI
VALUTAZIONE
TEST DI SVILUPPO
Risolvono il problema della definizione
condivisa di segni ma non quello della
definizione nosografica delle malattie.
Un segno infatti, può far parte di malattie
diverse come una stessa malattia può
manifestarsi con segni diversi.
PATOGENESI DEI DISTURBI INFANTILI
Gabriele Levi (1994):
allo stato attuale ignoriamo per la maggior parte dei
disturbi evolutivi se sono transitori o stabili e
quale sia il loro grado di gravità.
 Patogenesi ipotetica
 decorso naturale ignoto
 Utilità interventi non verificata su campioni-controllo
sufficienti
introduzione
 SISTEMA UNIASSIALE: Diagnosi medica, lineare
o ad albero. Procede per quesiti disgiuntivi, risposte
sì/no, allo scopo di restringere il campo delle ipotesi
iniziali.
 SISTEMA MULTIASSIALE: più diagnosi in
parallelo su più assi. Individuazione nosografica di
malattie tramite ricerca di quadri sindromici ove
riconoscere sempre lo stesso schema ricorrente
(valutazione per approssimazione).
STRUTTURA SISTEMI DIAGNOSTICI:
DSM-IV E ICD-10
 CONDIVIDONO
 asse per malattie organiche note; asse per stress
psicosociali; asse per descrizione semeiotica di
sindromi cliniche.
 DIVERGONO
 collocazione dei disturbi di personalità, dei
disturbi di sviluppo, del ritardo mentale e del
funzionamento sociale.
STRUTTURA SISTEMI DIAGNOSTICI:
DSM-IV E ICD-10
1. DSM-IV: disturbi di sviluppo nell’asse I delle sindromi
cliniche, disturbi di personalità e ritardo mentale nell’asse
II, valutazione globale del funzionamento sociale nell’asse
V
1. ICD-10:disturbi di personalità nell’asse I delle sindromi
cliniche, disturbi di sviluppo nell’asse II, ritardo mentale
nell’asse III, NON prevede asse per il funzionamento
globale.
CHE SIGNIFICATO HANNO I SEGNI
DI SOFFERENZA CHE IL BAMBINO
E LA SUA FAMIGLIA PORTANO
ALLA NOSTRA ATTENZIONE?
 Nella valutazione descrittiva categoriale, manca una teoria
esplicativa dei rapporti che connettono e disconnettono nella
storia la biografia familiare con la biografia del bambino.
 La prospettiva cognitivo-evolutiva può costituirsi come
trama esplicativa con cui avvicinarsi al bambino e alla
famiglia tentando di restituire un senso alla sofferenza e
orientarli verso modalità relazionali dotate di maggiori
potenzialità evolutive.
 Sintomi: divengono trasparenti. La loro determinazione
affettiva e la funzione servono nel mantenere lo stato di
relazione con le figure di attaccamento.
PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO E
MULTIFATTORIALITA’ NELL’EVOLUZIONE
DEI DISTURBI INFANTILI
Greenberg (1999)
la teoria dell’attaccamento può informare gli studi
sulla psicopatologia evolutiva in due modi:
A. 1. Certi pattern di attaccamento atipici della prima
infanzia possono essere considerati disordini
primari o incipienti forme di psicopatologia
2. Qualità dell’attaccamento come possibile fattore
predisponente allo sviluppo di successive forme di
disturbo psichico
PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO E
MULTIFATTORIALITA’
NELL’EVOLUZIONE DEI DISTURBI INFANTILI
“disturbi reattivi dell’attaccamento nell’infanzia”: gravi e
anomale modalità di relazione con le figure che si
prendono cura del bambino.
 Sottotipo inibito: ipervigilanza e paura, ritiro,
ambivalenza o contraddittorietà nei comportamenti
 Sottotipo disinibito: attaccamento diffuso e non
selettivamente orientato, tendenza ad aggrapparsi agli
altri, comportamento indiscriminatamente confidenziale.
Attaccamento come fattore che
incrementa
il rischio di psicopatologia
oppure come
“fattore protettivo”.
IPOTESI SULLO SVILUPPO: modello
biopsicosociale
 Sroufe (1979): sviluppo della mente come prodotto
dialettico e contestuale.
 Bambino partecipe della sua esperienza
* Categorizza l’esperienza e con queste
categorie percepisce e risponde
selettivamente nelle sue interazioni sociali
* Bambino formato dal suo ambiente sociale.
modello biopsicosociale
 Disturbi psichiatrici infantili concettualizzati
secondo il modello biopsicosociale (circolare):
Psicopatologia come disfunzione tra il sistema
bambino (corredo neurobiologico)
e il sistema adulti con cui cresce.
IPOTESI SULLO SVILUPPO: modello biopsicosociale
Nel processo di sviluppo vi sono nodi cruciali, che
integrano competenze affettive, cognitive e sociali.
Si crea una sequenza organizzata
Il modo in cui viene affrontato il nodo precedente getta le
basi per la strutturazione dei passi successivi e del
modo di affrontare il nodo evolutivo successivo.
IPOTESI SULLO SVILUPPO:
interazione dinamica tra fattori favorevoli e fattori
sfavorevoli
 Evoluzione a lungo termine dell’individuo dipende
dall’interazione tra fattori di rischio e fattori protettivi
(Rutter, 1995)
 Essi vanno considerati come poli opposti di un processo
di oscillazione tra
vulnerabilità <---> protezione
 dove la persona si trova o si muove da una direzione
all’altra durante il ciclo di vita.
IPOTESI SULLO SVILUPPO:
interazione dinamica tra fattori favorevoli e fattori
sfavorevoli
 Considerando il grado di adattamento e integrazione sociale di in
individuo nelle fasi del ciclo di vita, la persona/bambino può essere
considerato come il risultato momentaneo e transitorio di un
processo dinamico interattivo tra fattori di rischio e protettivi
 A seconda del prevalere tra fattori, il soggetto potrà essere
vulnerabile, non integrato e disadattato oppure resistente,
scarsamente vulnerabile, integrato e adattato socialmente
Fattori di rischio
 Caratteristica dell’individuo o circostanza che
incrementa la probabilità dell’insorgenza, del
mantenimento o dell’ esito evolutivo sfavorevole
di un problema
Fattori protettivi
 Caratteristica dell’individuo o circostanza che
riduce l’impatto dei fattori di rischio e
incrementa la probabilità di esiti evolutivi
desiderabili
I FATTORI DI RISCHIO
(Greenberg, 1999)
 Per la maggior parte dei disturbi non esiste
un’unica causa
 E’ improbabile che l’attaccamento insicuro da solo
porti allo sviluppo di un disturbo, sebbene ne possa
incrementare la probabilità di occorrenza (Sroufe,
1983, 1990)
 Quindi, anche quando sia fortemente presente una
causa biologica (es. autismo) l’intervento sulla
relazione genitore-bambino rappresenta un obiettivo
importante di trattamento
I FATTORI DI RISCHIO
 Equifinalità: diverse combinazioni di fattori di rischio
possono portare allo stesso tipo di disturbo (Cicchetti e
Rogosh, 1997)
 Multifinalità: L’effetto di ogni singolo fattore di
rischio dipende dal momento in cui interviene e dalla
combinazione con altri fattori
I FATTORI DI RISCHIO
 I fattori di rischio da considerare possono essere
sia individuali che familiari e più in generale
“ecologici”: possono in un certo grado costituire
fattori di rischio il gruppo dei pari, i vicini di casa,
le istituzioni scolastiche e sociali, la legislazione
corrente (Kellam, 1990; Bronfenrenner, 1979; Weissberg e
Greenberg, 1979)
 La relazione tra fattori di rischio ed esito non
sembra essere lineare. La probabilità del disturbo
può aumentare anche in modo esponenziale con
l’incremento del numero di fattori di rischio (Rutter,
1979; Sameroff, Seifer, Barocas, Zax e Greenspan, 1987);
I FATTORI DI RISCHIO
 La maggior parte dei fattori di rischio non è
legata regolarmente con disturbi specifici,
ma può condurre ad una varietà di esiti
psicopatologici infantili. Questo vale anche
per la qualità dei legami di attaccamento,
anche se alcune forme di insicurezza possono
essere legate a specifiche forme di disturbo
(Carlson e Sroufe, 1995);
I FATTORI DI RISCHIO
 Alcun fattori possono avere una influenza o
azione differenziata in diversi periodi dello
sviluppo:
 prima infanzia:qualità attaccamento
 fanciullezza:abilità cognitive
 adolescenza:norme educative genitoriali
I FATTORI DI RISCHIO
 Quasi tutti i fattori di rischio (attaccamento
compreso) possono variare nella loro influenza
interagendo con molti altri fattori quali genere,
etnia, cultura
 E’ possibile che un singolo fattore possa essere di
rischio per una condizione e di protezione per
un’altra
 l’attaccamento evitante è considerato un fattore di
rischio riguardo a diverse difficoltà comportamentali
e sociali, ma in certe condizioni potrebbe ridurre il
rischio di suicidio (Adam, Sheldon-Keller e West, 1995).
MODELLO DI GREENBERG
Evidenzia quattro generali domini di rischio:
1. Caratteristiche interne del bambino: vulnerabilità biologica,
funzioni neurocognitive, temperamento.
2. Qualità delle relazioni primarie di attaccamento.
3. Stile educativo parentale e strategie di socializzazione.
4. Ecologia familiare: eventi vitali critici, stress e traumi della
vita familiare, risorse organizzative familiari, rete sociale.
EVIDENZE SPERIMENTALI
 Gli indicatori relativi ad 1,2 e 3 hanno maggior
rilievo nel prevedere esiti patologici, il fattore 4
non fornisce dati certi sul piano previsionale.
 Studi lungitudinali su popolazioni di classi sociali
medio-alte a basso rischio di stress familiari e
fattori educativi: no correlazione tra pattern di
attaccamento primario (sicuro e insicuro) e
successivo sviluppo sintomi esternalizzanti
(disturbi del comportamento).
 Spiegazione del risultato: un attaccamento
insicuro, se isolato, non costituisce fattore certo
di psicopatologia.
VALORE PREDITTIVO
DELL’ATTACCAMENTO RIGUARDO
ALLO SVILUPPO DI COMPETENZE
SOCIALI, FUNZIONAMENTO COGNITIVO,
COMPRENSIONE DI SE’, ABILITA’
LINGUISTICHE
(Sroufe et al. 1996; Cassidy et al. 1994, 1995; Magai et al. 1995; Weinfiels
et al. 1999; Grossmann et al 1999; Meins, 1997)
In bambini in età prescolare il pattern di
attaccamento sviluppando un certo
modello rappresentativo interno di sé e
dell’altro, determina uno stile relazionale
sociale relativamente prevedibile.
AD ESEMPIO…
 Pattern sicuro: buon inserimento in scuola
materna, buona autonomia nel lavoro in classe e
buona interazione sociale coi pari; in ambulatorio
pediatrico appaiono tranquilli, a loro agio e
collaboranti.
 Pattern evitante: in ambulatorio collaboranti ma in
scuola materna sia nel lavoro in classe che nelle
relazioni coi pari tendono ad isolarsi.
 Pattern ansioso-resistente: in scuola materna sono
poco autonomi e dipendenti dalla figura adulta; in
ambulatorio appaiono impauriti, non collaboranti
e mantengono uno stretto contatto fisico con la
madre.
La classificazione dimensionale di Achenbach
Achenbach e colleghi chiesero a genitori e insegnanti di valutare
molte centinaia di bambini osservando una serie di tratti
Le valutazioni relative a numerosi aspetti potenzialmente
problematici furono riconducibili a 2 fattori:
sintomi internalizzanti: problemi su cui il bambino ripiega, senza
esibirli in direzione degli altri (per es. ansia, fobie, eccessivo
autocontrollo, preoccupazioni, timidezze, somatizzazioni);
sintomi esternalizzanti: problemi diretti verso l'ambiente e altre
persone (per es. aggressività, disobbedienza, oppositività,
iperattività).
PATTERN INSICURO ASSOCIATO AD ALTRI
FATTORI DI RISCHIO:
ITINERARIO DI SVILUPPO CON POSSIBILI USCITE
PSICOPATOLOGICHE ESTERNALIZZANTI
(COMPORTAMENTALI) O INTERNALIZZANTI
(EMOZIONALI)
 Livelli diversi di flessibilità, integrazione di sé e
competenza nelle funzioni metacognitive possono
esprimere su uno stesso pattern d’attaccamento, uscite
psicopatologiche diverse, come tipologie e come gravità
del quadro sindromico.
 Stesse categorie descrittive possono essere sostanziate da
itinerari di sviluppo e organizzazioni del sé diverse.
 I diversi pattern d’attaccamento possono esprimersi sul
piano dei sintomi con accentuazioni diverse delle loro
componenti comportamentale, emotiva, ideativa,
somatica, in funzione dei sistemi rappresentativi
prevalenti nel bambino e della loro efficacia nel
mantenere la relazione col genitore.
LIVELLI DIVERSI DI FLESSIBILITA’
 Pattern ansioso-resistente: ha diverse forme, intensità
e modulazioni con cui si manifesta all’osservazione.
Ci sono bambini in grado di modulare in forma sufficientemente
articolata e flessibile le loro strategie di controllo coercitivo sul
genitore, oscillando dal versante seduttivo a quello tirannico,
senza che la regolazione affettivo-emotiva le capacità di
negoziazione vengano perse e senza che i loro schemi
interpersonali acquisiscano carattere ossessivo.
MODELLI RAPPRESENTATIVI DI SE’ E ALTRO DEI DIVERSI
PATTERN: considerati in base ai contenuti e alla coesione interna
che li caratterizza.
 Liotti (1994): nel bambino sicuro c’è una coesione
unitaria, che permane nel corso dello sviluppo, dei
modelli operativi interni di sé-con-altro.
 All’estremo opposto del continuum c’è l’attaccamento
disorganizzato
 l’attaccamento evitante e quello ambivalente sono
intermedi.
 Parallelo al continuum dei modelli operativi
(coerenza/unitarietà dell’attaccamento B –
incoerenza/molteplicità dell’attaccamento D) c’è il
continuum della coscienza (normalità dell’attaccamento B
– seri disturbi dell’attaccamento D).
LETTURA DIMENSIONALE DELLA
PSICOPATOLOGIA INFANTILE: modello
dinamico-maturativo di Crittenden
 Per i bambini che non hanno avuto la possibilità di
essere pensati dalle loro figure d’attaccamento come
esseri pensanti, si attenua la possibilità di far operare,
entro la memoria di lavoro, quel meta-modello
integrativo capace di attivare processi autoriflessivi o
di decentramento e comprensione del funzionamento
mentale altrui, quindi di armonizzare nella corteccia
prefrontale le diverse rappresentazioni interne di Sé
con l’altro.

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Psicopatologia evolutiva

  • 1. PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO  NASCE NEGLI ANNI 70  Dall’incontro di diverse aree di ricerca: psicologia generale dello sviluppo, psicologia cognitiva e clinica, neuropsicologia, etologia  Si occupa dello sviluppo e delle sue deviazioni  Studia l’origine e l’evoluzione dei pattern individuali di comportamento disadattato  Correlare le manifestazioni sintomatologiche con i cambiamenti nel ciclo di vita
  • 2. CLASSIFICAZIONI DIAGNOSTICHE DESCRITTIVE IN ETA’ EVOLUTIVA: POTENZIALITA’ E LIMITI  Sintomi nel bambino: nel periodo di profonde trasformazioni maturative che rendono la sua organizzazione comportamentale, cognitiva ed emotiva non ancora riconoscibile in forma definita e stabilizzata.  Segni: riportati e definiti in consultazione dagli adulti significativi, mostrando la loro situazionalità e dipendenza dal contesto relazionale e dalle turbolenze che lo attraversano. Infatti, bambini con “oggettiva” gravità dei sintomi giungono o meno in terapia in funzione del livello d’ansia genitoriale riguardo ai comportamenti del figlio (Sheperd, 1971; Bond e Mc Mahon 1984).  I bambini vengono percepiti come più disturbati in momenti di particolare crisi familiare o della coppia coniugale (Kolko e Kazdin, 1993).
  • 3. SISTEMI TASSONOMICI PER LA PSICOPATOLOGIA INFANTILE 1. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994) 2. Classificazioni delle Sindromi e dei Disturbi Psichici e Comportamentali ICD- 10 (World Health Organization,1992) Ateoretici (basati sul più basso livello inferenziale possibile), criteri diagnostici descrittivi, no riferimento a eziologia e patogenesi, minima interpretazione psicologica dei sintomi.
  • 4. SCOPO PRINCIPALE Ridurre la complessità dei segni con cui la sofferenza del bambino si manifesta, inserendoli in un sistema rassicurante di categorie diagnostiche che consentano livelli minimi di comprensione e comunicazione nell’ambito della comunità scientifica.
  • 5. PSICOLOPGIA CLINICA DELL’ETA’ EVOLUTIVA  SEGNI: comportamenti in TRASFORMAZIONE riguardanti diversi settori di sviluppo.  SETTORI:motricità, linguaggio, intelligenza, apprendimento, affettività e sessualità. Per ognuno si devono trovare strumenti di valutazione affidabili (capaci di distinguere tra comportamenti “normali” e “devianti” in funzione dell’età).
  • 6. STRUMENTI STANDARDIZZATI DI VALUTAZIONE TEST DI SVILUPPO Risolvono il problema della definizione condivisa di segni ma non quello della definizione nosografica delle malattie. Un segno infatti, può far parte di malattie diverse come una stessa malattia può manifestarsi con segni diversi.
  • 7. PATOGENESI DEI DISTURBI INFANTILI Gabriele Levi (1994): allo stato attuale ignoriamo per la maggior parte dei disturbi evolutivi se sono transitori o stabili e quale sia il loro grado di gravità.  Patogenesi ipotetica  decorso naturale ignoto  Utilità interventi non verificata su campioni-controllo sufficienti
  • 8. introduzione  SISTEMA UNIASSIALE: Diagnosi medica, lineare o ad albero. Procede per quesiti disgiuntivi, risposte sì/no, allo scopo di restringere il campo delle ipotesi iniziali.  SISTEMA MULTIASSIALE: più diagnosi in parallelo su più assi. Individuazione nosografica di malattie tramite ricerca di quadri sindromici ove riconoscere sempre lo stesso schema ricorrente (valutazione per approssimazione).
  • 9. STRUTTURA SISTEMI DIAGNOSTICI: DSM-IV E ICD-10  CONDIVIDONO  asse per malattie organiche note; asse per stress psicosociali; asse per descrizione semeiotica di sindromi cliniche.  DIVERGONO  collocazione dei disturbi di personalità, dei disturbi di sviluppo, del ritardo mentale e del funzionamento sociale.
  • 10. STRUTTURA SISTEMI DIAGNOSTICI: DSM-IV E ICD-10 1. DSM-IV: disturbi di sviluppo nell’asse I delle sindromi cliniche, disturbi di personalità e ritardo mentale nell’asse II, valutazione globale del funzionamento sociale nell’asse V 1. ICD-10:disturbi di personalità nell’asse I delle sindromi cliniche, disturbi di sviluppo nell’asse II, ritardo mentale nell’asse III, NON prevede asse per il funzionamento globale.
  • 11. CHE SIGNIFICATO HANNO I SEGNI DI SOFFERENZA CHE IL BAMBINO E LA SUA FAMIGLIA PORTANO ALLA NOSTRA ATTENZIONE?  Nella valutazione descrittiva categoriale, manca una teoria esplicativa dei rapporti che connettono e disconnettono nella storia la biografia familiare con la biografia del bambino.  La prospettiva cognitivo-evolutiva può costituirsi come trama esplicativa con cui avvicinarsi al bambino e alla famiglia tentando di restituire un senso alla sofferenza e orientarli verso modalità relazionali dotate di maggiori potenzialità evolutive.  Sintomi: divengono trasparenti. La loro determinazione affettiva e la funzione servono nel mantenere lo stato di relazione con le figure di attaccamento.
  • 12. PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO E MULTIFATTORIALITA’ NELL’EVOLUZIONE DEI DISTURBI INFANTILI Greenberg (1999) la teoria dell’attaccamento può informare gli studi sulla psicopatologia evolutiva in due modi: A. 1. Certi pattern di attaccamento atipici della prima infanzia possono essere considerati disordini primari o incipienti forme di psicopatologia 2. Qualità dell’attaccamento come possibile fattore predisponente allo sviluppo di successive forme di disturbo psichico
  • 13. PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO E MULTIFATTORIALITA’ NELL’EVOLUZIONE DEI DISTURBI INFANTILI “disturbi reattivi dell’attaccamento nell’infanzia”: gravi e anomale modalità di relazione con le figure che si prendono cura del bambino.  Sottotipo inibito: ipervigilanza e paura, ritiro, ambivalenza o contraddittorietà nei comportamenti  Sottotipo disinibito: attaccamento diffuso e non selettivamente orientato, tendenza ad aggrapparsi agli altri, comportamento indiscriminatamente confidenziale.
  • 14. Attaccamento come fattore che incrementa il rischio di psicopatologia oppure come “fattore protettivo”.
  • 15. IPOTESI SULLO SVILUPPO: modello biopsicosociale  Sroufe (1979): sviluppo della mente come prodotto dialettico e contestuale.  Bambino partecipe della sua esperienza * Categorizza l’esperienza e con queste categorie percepisce e risponde selettivamente nelle sue interazioni sociali * Bambino formato dal suo ambiente sociale.
  • 16. modello biopsicosociale  Disturbi psichiatrici infantili concettualizzati secondo il modello biopsicosociale (circolare): Psicopatologia come disfunzione tra il sistema bambino (corredo neurobiologico) e il sistema adulti con cui cresce.
  • 17. IPOTESI SULLO SVILUPPO: modello biopsicosociale Nel processo di sviluppo vi sono nodi cruciali, che integrano competenze affettive, cognitive e sociali. Si crea una sequenza organizzata Il modo in cui viene affrontato il nodo precedente getta le basi per la strutturazione dei passi successivi e del modo di affrontare il nodo evolutivo successivo.
  • 18. IPOTESI SULLO SVILUPPO: interazione dinamica tra fattori favorevoli e fattori sfavorevoli  Evoluzione a lungo termine dell’individuo dipende dall’interazione tra fattori di rischio e fattori protettivi (Rutter, 1995)  Essi vanno considerati come poli opposti di un processo di oscillazione tra vulnerabilità <---> protezione  dove la persona si trova o si muove da una direzione all’altra durante il ciclo di vita.
  • 19. IPOTESI SULLO SVILUPPO: interazione dinamica tra fattori favorevoli e fattori sfavorevoli  Considerando il grado di adattamento e integrazione sociale di in individuo nelle fasi del ciclo di vita, la persona/bambino può essere considerato come il risultato momentaneo e transitorio di un processo dinamico interattivo tra fattori di rischio e protettivi  A seconda del prevalere tra fattori, il soggetto potrà essere vulnerabile, non integrato e disadattato oppure resistente, scarsamente vulnerabile, integrato e adattato socialmente
  • 20. Fattori di rischio  Caratteristica dell’individuo o circostanza che incrementa la probabilità dell’insorgenza, del mantenimento o dell’ esito evolutivo sfavorevole di un problema
  • 21. Fattori protettivi  Caratteristica dell’individuo o circostanza che riduce l’impatto dei fattori di rischio e incrementa la probabilità di esiti evolutivi desiderabili
  • 22. I FATTORI DI RISCHIO (Greenberg, 1999)  Per la maggior parte dei disturbi non esiste un’unica causa  E’ improbabile che l’attaccamento insicuro da solo porti allo sviluppo di un disturbo, sebbene ne possa incrementare la probabilità di occorrenza (Sroufe, 1983, 1990)  Quindi, anche quando sia fortemente presente una causa biologica (es. autismo) l’intervento sulla relazione genitore-bambino rappresenta un obiettivo importante di trattamento
  • 23. I FATTORI DI RISCHIO  Equifinalità: diverse combinazioni di fattori di rischio possono portare allo stesso tipo di disturbo (Cicchetti e Rogosh, 1997)  Multifinalità: L’effetto di ogni singolo fattore di rischio dipende dal momento in cui interviene e dalla combinazione con altri fattori
  • 24. I FATTORI DI RISCHIO  I fattori di rischio da considerare possono essere sia individuali che familiari e più in generale “ecologici”: possono in un certo grado costituire fattori di rischio il gruppo dei pari, i vicini di casa, le istituzioni scolastiche e sociali, la legislazione corrente (Kellam, 1990; Bronfenrenner, 1979; Weissberg e Greenberg, 1979)  La relazione tra fattori di rischio ed esito non sembra essere lineare. La probabilità del disturbo può aumentare anche in modo esponenziale con l’incremento del numero di fattori di rischio (Rutter, 1979; Sameroff, Seifer, Barocas, Zax e Greenspan, 1987);
  • 25. I FATTORI DI RISCHIO  La maggior parte dei fattori di rischio non è legata regolarmente con disturbi specifici, ma può condurre ad una varietà di esiti psicopatologici infantili. Questo vale anche per la qualità dei legami di attaccamento, anche se alcune forme di insicurezza possono essere legate a specifiche forme di disturbo (Carlson e Sroufe, 1995);
  • 26. I FATTORI DI RISCHIO  Alcun fattori possono avere una influenza o azione differenziata in diversi periodi dello sviluppo:  prima infanzia:qualità attaccamento  fanciullezza:abilità cognitive  adolescenza:norme educative genitoriali
  • 27. I FATTORI DI RISCHIO  Quasi tutti i fattori di rischio (attaccamento compreso) possono variare nella loro influenza interagendo con molti altri fattori quali genere, etnia, cultura  E’ possibile che un singolo fattore possa essere di rischio per una condizione e di protezione per un’altra  l’attaccamento evitante è considerato un fattore di rischio riguardo a diverse difficoltà comportamentali e sociali, ma in certe condizioni potrebbe ridurre il rischio di suicidio (Adam, Sheldon-Keller e West, 1995).
  • 28. MODELLO DI GREENBERG Evidenzia quattro generali domini di rischio: 1. Caratteristiche interne del bambino: vulnerabilità biologica, funzioni neurocognitive, temperamento. 2. Qualità delle relazioni primarie di attaccamento. 3. Stile educativo parentale e strategie di socializzazione. 4. Ecologia familiare: eventi vitali critici, stress e traumi della vita familiare, risorse organizzative familiari, rete sociale.
  • 29. EVIDENZE SPERIMENTALI  Gli indicatori relativi ad 1,2 e 3 hanno maggior rilievo nel prevedere esiti patologici, il fattore 4 non fornisce dati certi sul piano previsionale.  Studi lungitudinali su popolazioni di classi sociali medio-alte a basso rischio di stress familiari e fattori educativi: no correlazione tra pattern di attaccamento primario (sicuro e insicuro) e successivo sviluppo sintomi esternalizzanti (disturbi del comportamento).  Spiegazione del risultato: un attaccamento insicuro, se isolato, non costituisce fattore certo di psicopatologia.
  • 30. VALORE PREDITTIVO DELL’ATTACCAMENTO RIGUARDO ALLO SVILUPPO DI COMPETENZE SOCIALI, FUNZIONAMENTO COGNITIVO, COMPRENSIONE DI SE’, ABILITA’ LINGUISTICHE (Sroufe et al. 1996; Cassidy et al. 1994, 1995; Magai et al. 1995; Weinfiels et al. 1999; Grossmann et al 1999; Meins, 1997) In bambini in età prescolare il pattern di attaccamento sviluppando un certo modello rappresentativo interno di sé e dell’altro, determina uno stile relazionale sociale relativamente prevedibile.
  • 31. AD ESEMPIO…  Pattern sicuro: buon inserimento in scuola materna, buona autonomia nel lavoro in classe e buona interazione sociale coi pari; in ambulatorio pediatrico appaiono tranquilli, a loro agio e collaboranti.  Pattern evitante: in ambulatorio collaboranti ma in scuola materna sia nel lavoro in classe che nelle relazioni coi pari tendono ad isolarsi.  Pattern ansioso-resistente: in scuola materna sono poco autonomi e dipendenti dalla figura adulta; in ambulatorio appaiono impauriti, non collaboranti e mantengono uno stretto contatto fisico con la madre.
  • 32. La classificazione dimensionale di Achenbach Achenbach e colleghi chiesero a genitori e insegnanti di valutare molte centinaia di bambini osservando una serie di tratti Le valutazioni relative a numerosi aspetti potenzialmente problematici furono riconducibili a 2 fattori: sintomi internalizzanti: problemi su cui il bambino ripiega, senza esibirli in direzione degli altri (per es. ansia, fobie, eccessivo autocontrollo, preoccupazioni, timidezze, somatizzazioni); sintomi esternalizzanti: problemi diretti verso l'ambiente e altre persone (per es. aggressività, disobbedienza, oppositività, iperattività).
  • 33. PATTERN INSICURO ASSOCIATO AD ALTRI FATTORI DI RISCHIO: ITINERARIO DI SVILUPPO CON POSSIBILI USCITE PSICOPATOLOGICHE ESTERNALIZZANTI (COMPORTAMENTALI) O INTERNALIZZANTI (EMOZIONALI)  Livelli diversi di flessibilità, integrazione di sé e competenza nelle funzioni metacognitive possono esprimere su uno stesso pattern d’attaccamento, uscite psicopatologiche diverse, come tipologie e come gravità del quadro sindromico.  Stesse categorie descrittive possono essere sostanziate da itinerari di sviluppo e organizzazioni del sé diverse.  I diversi pattern d’attaccamento possono esprimersi sul piano dei sintomi con accentuazioni diverse delle loro componenti comportamentale, emotiva, ideativa, somatica, in funzione dei sistemi rappresentativi prevalenti nel bambino e della loro efficacia nel mantenere la relazione col genitore.
  • 34. LIVELLI DIVERSI DI FLESSIBILITA’  Pattern ansioso-resistente: ha diverse forme, intensità e modulazioni con cui si manifesta all’osservazione. Ci sono bambini in grado di modulare in forma sufficientemente articolata e flessibile le loro strategie di controllo coercitivo sul genitore, oscillando dal versante seduttivo a quello tirannico, senza che la regolazione affettivo-emotiva le capacità di negoziazione vengano perse e senza che i loro schemi interpersonali acquisiscano carattere ossessivo.
  • 35. MODELLI RAPPRESENTATIVI DI SE’ E ALTRO DEI DIVERSI PATTERN: considerati in base ai contenuti e alla coesione interna che li caratterizza.  Liotti (1994): nel bambino sicuro c’è una coesione unitaria, che permane nel corso dello sviluppo, dei modelli operativi interni di sé-con-altro.  All’estremo opposto del continuum c’è l’attaccamento disorganizzato  l’attaccamento evitante e quello ambivalente sono intermedi.  Parallelo al continuum dei modelli operativi (coerenza/unitarietà dell’attaccamento B – incoerenza/molteplicità dell’attaccamento D) c’è il continuum della coscienza (normalità dell’attaccamento B – seri disturbi dell’attaccamento D).
  • 36. LETTURA DIMENSIONALE DELLA PSICOPATOLOGIA INFANTILE: modello dinamico-maturativo di Crittenden  Per i bambini che non hanno avuto la possibilità di essere pensati dalle loro figure d’attaccamento come esseri pensanti, si attenua la possibilità di far operare, entro la memoria di lavoro, quel meta-modello integrativo capace di attivare processi autoriflessivi o di decentramento e comprensione del funzionamento mentale altrui, quindi di armonizzare nella corteccia prefrontale le diverse rappresentazioni interne di Sé con l’altro.