Discorso Tenuto In Occasione Della Commemorazione Della 55° Giornata Della Memoria.
1. Ciao a tutti,
in qualità di presidente della commissione Cultura della Consulta Provinciale, vi chiedo soltanto
qualche minuto per parlare dell'evento al quale stiamo per partecipare e dell'istituzione che l'ha
organizzato.
L'evento è stato promosso dalla consulta provinciale, che è un organo istituzionale composto da
due rappresentanti degli studenti per ogni scuola, ed impiega risorse economiche per promuovere
iniziative di vario genere, tra cui la giornata della memoria, che viene regolarmente organizzata da
diversi anni; ma anche molte altre iniziative sia nella bassa bergamasca che in città e provincia.
La consulta, nella figura delle Commissioni Cultura e Bassa bergamasca, ha ritenuto importante
passare dei momenti di riflessione sul significato della giornata della memoria, per non
dimenticare i sei milioni di ebrei, morti per l’efferatezza di chi si è arrogato il diritto di poterli
considerare una razza inferiore, e quindi indesiderata.
Storicamente parlando, domani, ricorre il sessantacinquesimo anniversario dell'apertura del
celebre, quanto tristemente noto, campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, abbandonato
dai nazisti in fuga, poco prima dell'arrivo dei Russi. L'apertura dei cancelli restituì la libertà alle
migliaia di sopravvissuti al freddo e spietato sterminio. Forse, la giornata della Memoria, è
qualcosa di più del simbolico abbattimento dei cancelli, serve a non dimenticare il più vergognoso
evento storico della storia dell'umanità nei confronti di quei cittadini, anche italiani, che subirono
la deportazione, la prigionia e la morte.
Abbiamo voluto ricordare questa giornata, perché il passato, per quanto possa essere amaro, non
è da rinnegare e dimenticare. Per essere più consapevoli di noi stessi, di chi siamo e di quali siano i
valori e gli errori su cui s'è costruita la nostra nazione non possiamo né chiudere gli occhi su
quanto è stato, né rifugiarci in un presente senza storia. Perché, come scrisse Indro Montanelli:
"Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente".
Andrea Moriggi