1. UNEBA
XIV Congresso nazionale
Loano, 25-27 ottobre 2012
WELFARE DI COMUNITA’:
ruolo, valori e prospettive del terzo settore
Gian Paolo Barbetta
Università Cattolica di Milano
2. Il contesto
• Dagli anni ‘70 il nostro paese è stato
caratterizzato da:
– Massicci cambiamenti demografici:
• Aumento speranza di vita alla nascita (da 69 a 79
anni per gli uomini, da 75 a 84 anni per le donne)
• Aumento speranza di vita a 65 anni (da 13 a 18
anni per gli uomini, da 16 a 22 anni per le donne)
• Riduzione tasso di natalità (da 17 a 9 nati per 1000
abitanti)
• Aumento indice di vecchiaia (da 46 a 144)
3. Il contesto
– Cambiamenti sul mercato del lavoro:
• Forte incremento della competizione da
parte dei paesi a basso costo del lavoro
• Lieve aumento del rapporto tra occupati e
popolazione (dal 35 al 37%), nonostante la
crescita della partecipazione femminile al
mercato del lavoro
• Tassi di partecipazione al mercato del
lavoro ancora significativamente più bassi
che in paesi Ocse
4. Le politiche
• Estensione dei diritti previdenziali
• Estensione della copertura sanitaria
• Estensione dei diritti sociali
• Estensione dei diritti sul mercato del
lavoro e dei meccanismi di tutela dei
salari (degli occupati)
5. Le conseguenze
• Forte aumento della spesa previdenziale
pubblica
– Da 260 a 400 pensioni per 1.000 abitanti
– Dall’8% al 16% del pil
• Forte aumento della spesa sanitaria totale
– Dal 5% al 10% del pil
• Più difficile ragionare sulla spesa sociale, ma la
tendenza è all’aumento, specie per quello che
riguarda le tutele sul mkt del lavoro
6. Le conseguenze
• Le altre spese non si riducono e, di
conseguenza:
– aumenta fortemente la pressione fiscale: dal
27% al 45% del pil
– Cresce il debito pubblico: dal 40% al 125%
del pil. Crescono di conseguenza gli interessi
passivi, con problemi di sostenibilità e crisi
finanziaria
7. Le conseguenze
• Rigidità salariale, spese per il welfare e
aumento della pressione fiscale riducono
la crescita del pil. La torta da distribuire
cresce sempre più lentamente:
Anni Crescita cumulata del pil
1970-1979 + 40,4%
1980-1989 + 24,3%
1990-1999 + 12,9%
2000-2009 + 1,2%
8. Un welfare da ridisegnare …
• Troppo ai padri e niente ai figli:
– Spesa pensionistica assai elevata e
riaggiustata con molto ritardo
– Strumenti di sostegno al reddito solo per i
lavoratori occupati (insiders) (Cig, anche in
deroga, mobilità, ecc.) e disegnati in maniera
tale da sostituire i salari per chi perde
l’occupazione -> rigidità salariale e
disoccupazione crescente
9. … un welfare da ridisegnare …
– Nessun sostegno al reddito per chi non è inserito
nel mercato del lavoro (outsiders), con
l’eccezione della Tremonti card … sarebbero
opportune misure di sostegno al reddito basate
su universalismo selettivo e condizionalità?
– Molta spesa per trasferimenti monetari (pensioni di
«varia natura») … ma
– Una spesa prevalentemente «risarcitoria» e poco
votata a promuovere l’autonomia (sul mercato del
lavoro, della casa, dell’educazione) … si possono
immaginare misure più «promozionali» e volte
all’empowerment?
10. … un welfare da ridisegnare …
– Pochi servizi «reali», costruiti su un’ipotesi
«fordista» (poco flessibili e personalizzati)
– Scarsa attitudine alla innovazione ed eccesso
di «burocratizzazione» (standard eccessivi?)
– Forte disparità territoriale e modesta
possibilità di uniformare gli interventi →
Sistema di governance poco efficace …
(verso un decentramento (pluralistico) con
controlli?)
11. … un welfare da ridisegnare …
– Interventi (specie in campo socio-assistenz.le)
che talvolta hanno una efficacia dubbia
(discutibile? Incerta? Mai valutata?)
– e che si perpetuano solo per inerzia, o per
convenienza e rendita
– Interventi di cui raramente si discute la cost-
effectiveness (che cosa ottengo con un certo
costo? Che alternative ci sono?)
12. … un welfare da ridisegnare …
– Servono interventi valutati con metodologie
rigorose
– adottare la logica controfattuale (che cosa
sarebbe successo se non avessimo prestato il
servizio?)
– il «prima e dopo» non basta più (selection
bias, dinamica spontanea)
– Utilizzare randomized controlled trials (anche
in campo sociale, come già in quello medico)
o tecniche statistiche adeguate
13. Che cosa può fare il nonprofit …
– La coesione sociale come obiettivo
– L’innovazione nei servizi sociali come
strumento per aumentare coesione e
inclusione sociale (sperimentazione di servizi
leggeri, flessibili, meno costosi e più efficaci)
– Il vantaggio della «sussidiarietà»: a livello
locale i bisogni sono più evidenti
– Il vantaggio della natura privata: la
sperimentazione è più facile da avviare (per
certi aspetti)
14. …Che cosa può fare il nonprofit…
– La rete dei soggetti a livello locale come
strumento per la sperimentazione delle
innovazioni
– tutte le risorse mobilitate, da quelle più
informali – vicinato, volontariato leggero, ecc.
– a quelle più strutturate (fondazioni, ecc))
15. Che cosa può fare il nonprofit
– La mobilitazione di risorse umane volontarie
(nelle forme più diverse)
– La mobilitazione di risorse economiche
volontarie e la creazione degli intermediari
filantropici locali (il modello delle community
foundations)
– Verso l’impresa sociale … la mobilitazione
della domanda pagante e la creazione di
servizi a basso costo (impact investing)
– La corporate social responsibility