In occasione del settecento-cinquantesimo anniversario della nascita del Sommo Poeta fiorentino, per la metà di maggio 2105, sono previste diverse manifestazioni per celebrare la memoria dell’autore della Divina Commedia a Firenze, Roma, Verona, Ravenna. Persino l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, in collegamento dalla sua navicella spaziale, si cimenterà nella lettura di alcune terzine dell’opera dantesca.
Dopo aver letto quei versi, abbandonerà i fogli nello spazio, simboleggiandone, in riferimento a Dante, universale e perpetua memoria. In relazione a questo evento culturale e umanistico di carattere universale, abbiamo posto al professor Giorgio Barberi Squarotti, esimio umanista, già docente di Letteratura Italiana presso l’Università di Torino, alcune domande sulla figura di Dante e la sua opera.
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Dante a 750 anni dalla nascita
1. In occasione del settecento-cinquantesimo anniversario della nascita del Sommo
Poeta fiorentino, per la metà di maggio 2105, sono previste diverse manifestazioni
per celebrare la memoria dell’autore della Divina Commedia a Firenze, Roma, Verona,
Ravenna. Persino l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, in collegamento dalla
sua navicella spaziale, si cimenterà nella lettura di alcune terzine dell’opera dantesca.
Dopo aver letto quei versi, abbandonerà i fogli nello spazio, simboleggiandone, in
riferimento a Dante, universale e perpetua memoria. In relazione a questo evento
culturale e umanistico di carattere universale, abbiamo posto al professor Giorgio
Barberi Squarotti, esimio umanista, già docente di Letteratura Italiana presso
l’Università di Torino, alcune domande sulla figura di Dante e la sua opera.
Professor Giorgio Barberi Squarotti, quest’anno, a maggio, ricorrono i 750 anni
della nascita di Dante Alighieri, che Thomas Eliot ha definito «il poeta europeo più
universale». Condivide quest’encomio su Dante e perché?
«Non si tratta di un encomio, ma di un dato di fatto! E, del resto, corrisponde appieno a
quanto è stato universalmente detto fin da quando la Commedia di Dante incominciò
a essere letta e ascoltata. Il Boccaccio, grande teorico di letteratura, chiamò pertanto
“divina” la Commedia, consegnandola ai contemporanei e ai posteri con quel titolo
imperituro: La Divina Commedia. Opera che in Occidente ha raccolto la totalità del
dicibile con la parola letteraria, vita e morte, l’umano e il divino, il tempo delle origini
fino al futuro e alla conclusione apocalittici; e lo spazio del viaggio di conoscenza
e di esperienza, che è quello che ogni uomo ricapitola dalla nascita fino alla fine e
oltre ancora, fino cioè alla spiegazione, davanti a Dio, del senso della propria storia
individuale, che è anche la minima o la massima parte della storia dell’umanità».
Il De Vulgari Eloquentia e il Convivio e il De Monarchia sono tra le opere letterarie
e filosofiche di Dante che meglio configurano e trasmettono i suoi elevati ideali
e scopi. E con lui nasce la lingua italiana. In queste opere menzionate vi si può
scorgere una finalità che non è solo squisitamente letteraria, ma anche di altra
natura?
«Sì, Dante ha voluto offrire anche una teoria della lingua in poesia, del modo con cui
devono essere interpretati forme, maniere e stili di scrittura, e proporre un archetipo
della politica ideale, perfetta. È significativo il fatto che soltanto il Monarchia è
un’opera compiuta, mentre sia il De Vulgari Eloquentia, sia il Convivio sono rimasti
incompiuti. Dante, a un certo punto, aveva deciso di tradurre nella forma poetica la
teoria, ma non pose a termine il suo obiettivo. Solo il Monarchia riuscì a concludere,
forse perché l’argomento politico gli stava troppo a cuore, considerando la politica
come l’esperienza fondamentale dell’uomo nel mondo».
Dante e lo Stilnovo. Un’altra sua caratteristica lirica, forse concentrata di più negli
anni giovanili, quali sono le sue peculiarità nella poesia d’amore dell’epoca?
«Parlando con Dante, Bonagiunta Orbicciani, o da Lucca (1220-1296), un rimatore
dello “Stil Vecchio”, si fece spiegare la differenza che passava tra il vecchio e il
nuovo stile. Si ricordi il fatto, inoltre, che proprio Bonagiunta biasimò, in tenzone con
Guido Guinizelli, lo stile moderno, che aveva abbandonato la “maniera” dell’amore ed
DANTE A 750 ANNI
DALLA NASCITA
Intervista a
Giorgio Barbieri Squarotti
2. elaborato un sistema di mettere in rima estremamente ermetico, da filosofi. C’è da
aggiungere che Dante scrisse rime anche in tempi non più giovanili, come dimostrano
le canzoni inserite nel Convivio. L’Amore di cui parla Dante, rivolgendosi a Bonagiunta,
è quello divino, rispetto al quale, quello umano è forma sensibile. Fondamentale fu,
in questo ambito, anche l’opera del sommo rimatore, Guido Cavalcanti, che trattò
l’Amore come concetto filosofico, mentre Dante intese l’Amore come immagine di
Dio…».
Dante politico, Dante filosofo, Dante teologo, Dante poeta, quali di queste categorie
culturali gli sono più appropriate?
«Occorre sottolineare che Dante è anche un linguista, un interprete della parola e
teorico della politica, come lo sono stati tanti scrittori antichi e moderni. L’originalità
fondamentale di Dante sta nel fatto che egli ha tradotto in poesia sublime tutte
queste esperienze di conoscenza e di ricerca umana. Che poi determinati concetti
della Commedia possano essere intrinsecamente filosofici, è vero: da molti decenni
l’idea dei distinti, secondo cui chi è poeta non possa essere filosofo e neppure
teologo o scienziato e viceversa, sia fortunatamente defunta. Dante non è un poeta
“sentimentale” e neppure un poeta “realista”. Bisogna sempre ricordare il fatto che
Dante evoca i dannati nell’Inferno, i personaggi del Purgatorio e i beati nel Paradiso,
non come effettivamente sono secondo il giudizio divino, ma come Dio li fa vedere a
Dante, perché egli comprenda appieno lo stato delle anime dopo la morte, e quale è la
conseguenza delle loro azioni in terra. L’uomo, come dice Dante con la sua filosofia,
può conoscere le cose e la condizione umana, soltanto per il tramite dei sensi. Le
anime non sono sensibili, non sono materia. Tutta la Commedia, di conseguenza, è
una grandiosa metafora o similitudine; non è un racconto realistico. Per esempio,
Paolo e Francesca, nel V Canto dell’Inferno, non sono realisticamente trasportati per
l’eternità dalla bufera infernale, ma così sono mostrati a Dante, perché in questo
modo possa comprendere la loro colpa e la punizione che loro compete. La Commedia
non è un racconto di storia e di vita reale. Ha un fine fondamentale: quello di far
conoscere ai lettori la verità dello stato delle anime dopo la morte. Per questo a
Dante sono mostrati personaggi e avvenimenti e azioni del passato e dei tempi a lui
contemporanei, che sono esemplari nel male e nel bene, come lezioni decisive».
Se la filosofia (e la teologia) in Dante ha contribuito in modo notevole nella
stesura delle sue opere, in particolare nella Commedia, quali specifici pensieri
filosofici hanno condizionato dunque l’opera di Dante?
«La Biblioteca filosofica di Dante è stata ampiamente studiata e commentata, e io
non posso certamente elencare i nomi dei filosofi che Dante ha conosciuto e usato,
spesso per il tramite indiretto di compendî e di traduzioni latine di opere di Aristotele,
Palatone o Averroè, per esempio. Per quel che riguarda la filosofia moderna, cioè
quella a lui contemporanea, si direbbe che Dante propendesse per i novatori, ossia
Tommaso, gli averroisti, Sigieri di Brabante, ecc.».
Perché studiare Dante a scuola, non ci sono solo ragioni storiche o celebrative? E
secondo Lei, come studiarlo, come affrontare la lettura e la comprensione della sua
produzione letteraria?
«Quando insegnavo, a un esame si presentò una ragazza che, non soltanto dimostrò
di aver letto e commentato uno specifico passo della Commedia, ma aggiunse alcune
osservazioni molto acute e suasive. Dopo l’esame, venne da me e mi disse queste
testuali parole: “Sa che la Commedia è davvero bellissima e indimenticabile? A scuola
si era letto qualche Canto nella forma di riassunto o di traduzione: che disastro!
Quanto si è perduto! Adesso ho visto che leggere tuta l’opera di Dante è lo strumento
vero di conoscenza e di maturazione”. Non aggiungo altro».
Che ruolo infine occupa Dante nel panorama della letteratura italiana, e perché è
così fondamentale la sua opera a livello nazionale e anche mondiale?
«La nostra letteratura come le altre letterature occidentali fin dal Trecento
inseriscono più o meno frequentemente citazioni, allusioni, immagini, riferimenti
danteschi, a testimonianza del perdurare fermissimo dell’opera dantesca, come
modello ed esempio della poesia in assoluto».
Dottoressa Agnese Cremaschi