Le nuove regole da rispettare per i contratti a termine
1. Le nuove regole da rispettare per i contratti a termine
Decreto Dignità
2. 20/07/2018 consulenza del lavoro - amministrazione del personale – tirocini - politiche attive - ricerca e selezione del personale – welfare – previdenza 2
TEMPI DETERMINATI
AMBITO DI
APPLICAZIONE
Le nuove regole si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in
vigore del decreto (14 luglio) nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso che possono essere
rinnovati o prorogati esclusivamente alle condizioni previste dalla nuova disciplina.
OBBIETTIVO
DELLA NORMA
Limitare l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato.
DURATA E
CAUSALI
Durata massima complessiva scende da 36 a 24 mesi, con le seguenti specifiche:
la stipula di un contratto a termine o la proroga può avvenire senza causali nei primi 12 mesi;
i successivi 12 mesi saranno ammessi esclusivamente a fronte di specifiche causali che implichino esigenze:
temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria;
per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
relative a lavorazioni e a picchi di attività stagionali, individuate con Decreto del Ministero del Lavoro.
Potrà essere stipulato un contratto superiore a 12 mesi (non superiore ai 24 mesi) ma in questo caso,
dovrà essere indicata una causale.
CONSEGUENZE del mancato rispetto: il superamento dei limiti di durata previsti, per effetto di un unico
contratto o di una successione di contratti, comporta la TRASFORMAZIONE A TEMPO INDETERMINATO,
dalla data del superamento.
3. 20/07/2018 consulenza del lavoro - amministrazione del personale – tirocini - politiche attive - ricerca e selezione del personale – welfare – previdenza 3
TEMPI DETERMINATI
ATTO
SCRITTO
Il termine DEVE risultare da atto scritto. In mancanza: trasformazione a tempo indeterminato.
CONSEGNA COPIA DEL CONTRATTO: massimo entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
PROROGHE
4 al massimo, nell’arco dei 24 mesi, a prescindere del numero di contratti.
Mancato rispetto: Trasformazione a tempo indeterminato.
È possibile prorogare “liberamente” quindi senza invocare una causale ESCLUSIVAMENTE nei primi 12 mesi di
contratto tra le parti e sempre al massimo 4 volte.
I contratti in essere non potranno avere durata, per effetto anche di proroghe o rinnovi, superiore a 24 mesi.
Qualora, invece, tale durata fosse stata superata per interventi antecedenti all’entrata in vigore, il rapporto potrà
giungere a naturale scadenza senza possibilità di nuove proroghe o rinnovi, essendo l’assunzione a tempo
indeterminato l’unica alternativa consentita per il mantenimento del rapporto tra le medesime parti.
RINNOVI
In caso di rinnovo, il contratto dovrà riportare la specificazione delle causali che lo motivano. Diversamente, in
caso di proroga, la esplicitazione della causale risulta necessaria solo laddove il termine complessivo ecceda i 12
mesi.
4. 20/07/2018 consulenza del lavoro - amministrazione del personale – tirocini - politiche attive - ricerca e selezione del personale – welfare – previdenza 4
TEMPI DETERMINATI
COSTI
Per CIASCUN rinnovo del contratto a tempo determinato la CONTRIBUZIONE viene AUMENTATA dello 0,5%,
attualmente pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, a carico del datore di lavoro.
Essendo legato al contributo di finanziamento per la Naspi, tale incremento non si applica alle ipotesi già
esonerate dal medesimo contributo (es. per sostituzione di un lavoratore assente).
TERMINE PER
L’IMPUGNATIVA
È stato elevato da 120 a 180 giorni il termine entro il quale il dipendente potrà impugnare il contratto a
tempo determinato concluso.
5. 20/07/2018 consulenza del lavoro - amministrazione del personale – tirocini - politiche attive - ricerca e selezione del personale – welfare – previdenza 5
LAVORO STAGIONALE
La stipula dei contratti a tempo determinato relativi ad attività stagionali sarà possibile senza tenere conto delle nuove
condizioni: durata massima e causali.
L’individuazione delle attività stagionali è soggetta a quanto indicato dall’art. 21 c. 2 d.lgs. 81/2015 che prevede 2 ipotesi:
una legale e una contrattuale.
Legale: l’individuazione è rinviata ad un decreto ministeriale ancora non emanato. Fino all’adozione di tale decreto è
espressamente previsto che si applichino le disposizioni del DPR 7/10/1955 n. 1525;
Contrattuale: i CCNL possono individuare concretamente le ipotesi.
6. 20/07/2018 consulenza del lavoro - amministrazione del personale – tirocini - politiche attive - ricerca e selezione del personale – welfare – previdenza 6
SOMMINISTRAZIONI
Tutte le regole previste per il contratto a termine vengono applicate ai rapporti in somministrazione, ad eccezione di
quanto previsto per la percentuale massima di lavoratori a termine presenti in azienda e il rispetto del diritto di
precedenza.
Quindi:
DURATA MASSIMA: 24 mesi, sommando i rapporti a termine diretti (tra l’azienda e il dipendente) e quelli in
somministrazione.
NUMERO MASSIMO DI PROROGHE: 4
INDENNITA’ PER LICENZIAMENTO SENZA GIUSTA CUSA
È previsto l’aumento del 50% dei tetti minimo e massimo dell’indennizzo economico per il licenziamento senza giusta
causa e/o giustificato motivo intimati ai lavoratori assunti a decorrere dal 7 marzo 2015. Quindi laddove il dipendente
abbia diritto ad una tutela meramente indennitaria, questa non potrà essere inferiore a 6 mensilità o superiore a 36
mensilità.
Editor's Notes
“privacy” è un termine inglese traducibile all’incirca con “riservatezza”, quindi dando una prima definizione si potrebbe dire che privacy significa diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata.
Il termine privacy – concetto inizialmente riferito alla sfera della vita privata- ha subito una evoluzione estensiva, arrivando a indicare il diritto al controllo sui propri dati personali.
Senza usare dei termini giuridici, possiamo dire che il “diritto alla privacy” non è altro che il diritto di ciascuno di noi di poter decidere quali informazioni che ci riguardano possono essere divulgate e quali invece non. In sostanza, è il diritto di sapere chi possiede delle informazioni su di noi, da chi le ha ottenute, a che cosa gli servono.
Per poter utilizzare in maniera lecita le informazioni, come vedremo nel corso, occorre dare sempre un’informazione preventiva all’interessato e – in alcuni casi- bisogna ottenere un suo consenso espresso.
L’informativa è il consenso, perciò, sono le due “chiavi” fondamentali della normativa italiana sulla privacy, ma queste valgono solamente se le informazioni sono trattate in un determinato modo e se sono adeguatamente custodite e protette.
Nel corso parleremmo di alcuni temi come i trattamenti dei dati e le regole per gestirli lecitamente.
Alcuni vivono la normativa privacy con un senso di fastidio e di rifiuto, invece, se applicata correttamente e in maniera intelligente, non stravolge certamente il modo di lavorare delle imprese, ma mette un po’ di ordine nel modo di trattare le informazioni e richiede soltanto un po’ più di attenzione nel modo di trattare le informazioni .
Molti non si sono ne anche accorti che il codice della privacy è già entrato in vigore da qualche anno. Molto più probabilmente soltanto l’applicazione delle severe sanzioni e l’intensificarsi dei controlli che la Guardia di Finanza ha incominciato da tempo ad effettuare sul territorio, convinceranno i più scettici e restii ad adeguarsi alla legge.
Attualmente le aziende si stano rendendo conto che è necessario adoperarsi per mettere finalmente in sicurezza tutto il proprio patrimonio di informazioni, ossia quella importantissima “ricchezza immateriale” che è fondamentale per ogni impresa.
Lo scopo di questo corso è quello di trasmettere a chi durante il lavoro quotidiano viene a contatto con le informazioni più disparate relative ai clienti, ai fornitori o ai dipendenti, gli elementi fondamentali del Codice della privacy, cioè quelle conoscenze minime necessarie per trattare le informazioni di carattere personale in maniera più corretta e consapevole, garantendo al “titolare del trattamento dei dati” (cioè in sostanza all’impresa) che il trattamento di tali informazioni avvenga nel rispetto delle regole del codice della privacy.
È evidente che le indicazioni che riceverete in questa giornata non sono esaustive e, naturalmente, esse devono essere integrate con le disposizioni particolari che ogni “titolare del trattamento” deve darsi al proprio interno per garantire un trattamento corretto dei dati personali nel proprio ambito di attività economica svolta.
Ci sono differenze conforme alle misure minime da rispettare, nel caso si trattasi di piccole imprese o professionisti, applicazione delle misure idonee, nel caso di imprese o regole particolari nel caso di soggetti che svolgono la propria attività nell’ambito della sanità.
Noi oggi, per questioni di tempo e della particolarità del corso, “interaziendale”, non potremmo approfondire ogni singola particolarità, che sarà necessario fare all’interno della propria azienda.
A tale proposito, sarebbe estremamente utile (come del resto suggerito dalla stessa Autorità Garante della privacy), che ciascuna impresa definisse un proprio Regolamento interno, da pubblicizzare adeguatamente, contenente tutte le regole comportamentali da osservare per essere sicuri di effettuare un trattamento dei dati, ossia la propria “privacy policy” e, in particolare, contente le regole per utilizzare correttamente gli strumenti elettronici, informatici e telematici messi a disposizione del personale nominato “incaricato del trattamento dati”.
Nella prima parte del corso, durante la mattinata, vedremo la parte teorica, alcune definizioni, le figure proprie della privacy. Nella seconda parte, la gestione del rapporto di lavoro, la videosorveglianza quindi, nel pomeriggio, potremmo vedere una raccolta di casi e questioni pratiche ed alcune delle principali caratteristiche di attività economiche che comportano diversi adempimenti privacy.
Vorrei ricordarvi a tutti coloro i quali trattano i dati che circolano all’interno delle organizzazioni aziendali che il primo e fondamentale anello della catena della sicurezza per il trattamento delle informazioni sono proprio “gli incaricati del trattamento”. Infatti, è proprio dal quotidiano approccio corretto di ciascun incaricato rispetto ai dati ai quali egli ha accesso, che, in buona sostanza, dipende la sicurezza dei dati stessi e quindi il rispetto del codice della privacy.
Soltanto con questa consapevolezza, ciascun incaricato del trattamento potrà concretamente contribuire ad un corretto e sicuro trattamento dei dati che gli sono stati affidati dall’azienda-titolare del trattamento, e potrà realmente contribuire alla tutela del patrimonio informativo dell’impresa.
La legge considera il trattamento dei dati personali “esercizio di attività pericolosa” con la conseguenza che il titolare del trattamento deve fare quanto necessario per prevenire ed evitare il prevedibile danno. Vi è quindi, in’inversione dell’onere della prova, nel senso che il danneggiato (cioè il soggetto a cui si riferiscono i dati oggetto di trattamento) dovrà solo provare il fatto storico, ossia l’evento dannoso, mentre colui che lo ha provocato – direttamente o indirettamente- dovrà provare di aver adottato tutte le misure “idonee” ad evitarlo.
Solamente dimostrando di aver applicato quanto tecnicamente possibile ad evitare il danno, l’impresa, titolare del trattamento dei dati, potrà sperare di evitare il risarcimento, qualora il giudice si convinca che il danno non si sarebbe potuto evitare.
La legge considera il trattamento dei dati personali “esercizio di attività pericolosa” con la conseguenza che il titolare del trattamento deve fare quanto necessario per prevenire ed evitare il prevedibile danno. Vi è quindi, in’inversione dell’onere della prova, nel senso che il danneggiato (cioè il soggetto a cui si riferiscono i dati oggetto di trattamento) dovrà solo provare il fatto storico, ossia l’evento dannoso, mentre colui che lo ha provocato – direttamente o indirettamente- dovrà provare di aver adottato tutte le misure “idonee” ad evitarlo.
Solamente dimostrando di aver applicato quanto tecnicamente possibile ad evitare il danno, l’impresa, titolare del trattamento dei dati, potrà sperare di evitare il risarcimento, qualora il giudice si convinca che il danno non si sarebbe potuto evitare.
La legge considera il trattamento dei dati personali “esercizio di attività pericolosa” con la conseguenza che il titolare del trattamento deve fare quanto necessario per prevenire ed evitare il prevedibile danno. Vi è quindi, in’inversione dell’onere della prova, nel senso che il danneggiato (cioè il soggetto a cui si riferiscono i dati oggetto di trattamento) dovrà solo provare il fatto storico, ossia l’evento dannoso, mentre colui che lo ha provocato – direttamente o indirettamente- dovrà provare di aver adottato tutte le misure “idonee” ad evitarlo.
Solamente dimostrando di aver applicato quanto tecnicamente possibile ad evitare il danno, l’impresa, titolare del trattamento dei dati, potrà sperare di evitare il risarcimento, qualora il giudice si convinca che il danno non si sarebbe potuto evitare.
La legge considera il trattamento dei dati personali “esercizio di attività pericolosa” con la conseguenza che il titolare del trattamento deve fare quanto necessario per prevenire ed evitare il prevedibile danno. Vi è quindi, in’inversione dell’onere della prova, nel senso che il danneggiato (cioè il soggetto a cui si riferiscono i dati oggetto di trattamento) dovrà solo provare il fatto storico, ossia l’evento dannoso, mentre colui che lo ha provocato – direttamente o indirettamente- dovrà provare di aver adottato tutte le misure “idonee” ad evitarlo.
Solamente dimostrando di aver applicato quanto tecnicamente possibile ad evitare il danno, l’impresa, titolare del trattamento dei dati, potrà sperare di evitare il risarcimento, qualora il giudice si convinca che il danno non si sarebbe potuto evitare.
La legge considera il trattamento dei dati personali “esercizio di attività pericolosa” con la conseguenza che il titolare del trattamento deve fare quanto necessario per prevenire ed evitare il prevedibile danno. Vi è quindi, in’inversione dell’onere della prova, nel senso che il danneggiato (cioè il soggetto a cui si riferiscono i dati oggetto di trattamento) dovrà solo provare il fatto storico, ossia l’evento dannoso, mentre colui che lo ha provocato – direttamente o indirettamente- dovrà provare di aver adottato tutte le misure “idonee” ad evitarlo.
Solamente dimostrando di aver applicato quanto tecnicamente possibile ad evitare il danno, l’impresa, titolare del trattamento dei dati, potrà sperare di evitare il risarcimento, qualora il giudice si convinca che il danno non si sarebbe potuto evitare.