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Søren
Kierkegaard
Copenaghen, 5 maggio 1813 –
Copenaghen, 11 novembre 1855
La Vita in breve
• Soren Aabye Kierkegaard nacque in Danimarca, a Copenhagen, il
5 maggio 1813.
• Educato dal padre nel clima di una severa religiosità, si iscrisse
alla facoltà di teologia di Copenhagen, presso la quale dominava
l'ispirazione hegeliana.
• Nel 1840, circa dieci anni dopo il suo ingresso in università, si
laureò.
• Nel 1841-1842 fu a Berlino e ascoltò le lezioni di Schelling, che
v'insegnava la propria filosofia, fondata
• sulla distinzione radicale tra realtà e ragione.
• Dapprima entusiasta del pensiero di Schelling, Kierkegaard ne fu
presto deluso.
• Dopo di allora, visse a Copenaghen grazie a un capitale lasciatogli
dal padre, assorto nella composizione dei suoi libri. Morì 1'11
novembre 1855.
Il Pensiero
1. Oggetto di studio= esistenza umana, esistenza del
singolo intesa come singola esistenza, una
categoria attraverso la quale andare alla ricerca
del senso ultimo, profondo della vita
2. Si interroga sull’esistenza umana, che si basa
sulle possibilità dell’uomo e soprattutto sulle
SCELTE di vita
3. Anti-hegeliano radicale: Kierkegaard ritiene che
il sistema filosofico di Hegel (che sacrifica
l'unicità e la specificità del singolo in nome del
tutto, in nome di uno spirito universale e della
ragione che si aliena e poi ritorna in sé) sia un
errore filosofico ed etico, totalmente assurdo.
4. Per Kierkegaard il tutto non è semplicemente la
somma delle singole parti, ma le singole parti
sono il tutto.
5. Ritiene che l’esistenza sia fatta di scelte, di
possibilità che implicano sempre una rinuncia di
qualcosa (avendo la possibilità di scegliere tra
più cose, scegliendo qualcosa, rinuncio a
qualcos’altro: scegliere un tipo di vita piuttosto
che un altro significa rinunciare a tutti gli altri
tipi di vita)
6. La scelta acquista un’accezione negativa perché
per Kierkegaard viene vista come RINUNCIA
La Valorizzazione del
singolo
Il baricentro della sua filosofia è l’uomo come
individuo nella sua essenza.
La particolarità della filosofia di Kierkegaard sta
proprio nell’esaltazione del singolo e dell’esistenza
dell’uomo nel rapporto con le sue scelte e con la
totalità. L’esistenza è unica ma provoca anche
dolore in quanto si basa sulle scelte. Pensiero
centrato sull’analisi dell’esistenza del singolo, che
vive di una vita che ha scelto (la scelta genera la
non-scelta, quindi una rinuncia).
A differenza di Hegel che parte dal “tutto”,
Kierkegaard parte dal singolo individuo per
arrivare ad una visione complessiva.
AUT-AUT
Nell’opera Kierkegaard pone al centro dello studio l’analisi esistenziale dell’uomo ponendo l’accento
sui diversi stadi esistenziali: esistono delle tipologie di esistenza diverse di fronte alle quali l’uomo è
costretto a compiere delle scelte.
L’uomo è ciò che sceglie.
Di fronte all’uomo vengono poste tante possibilità tra le quali è impossibile scegliere poiché fare una
scelta comporta rinunciare ad altre scelte, quindi è impossibile scegliere.
Secondo Kierkegaard le scelte sono impossibili da fare, infatti egli viene anche chiamato “teorico
dell’impossibilità” di scelta poiché la scelta implica una rinuncia. Scegliere=rinunciare.
L’esistenza è quindi possibilità (scelta) di esistenze che implica la rinuncia di altre esistenze.
La vita implica il sacrificio delle altre esistenze.
«La grandezza non consiste
nell'essere questo o quello, ma
nell'essere se stesso, e questo
ciascuno lo può se lo vuole»
Aut-Aut: La Paralisi Esistenziale
In ogni scelta compiuta, quindi, c’è DOLORE della
rinuncia, del sacrificio delle altre esistenze.
Kierkegaard, per definire il termine scelta, usa l’aggettivo
“paralizzante”, poiché di fronte al dolore e alla difficoltà
della scelta l’uomo rimane PARALIZZATO, immobile,
cade nell’abisso.
La scelta viene vista come una minaccia: quando l’uomo
sceglie, in realtà sta rinunciando a qualcosa. Infatti pensa a
ciò che non ha realizzato, che non ha vissuto e che non ha
scelto.
Come per Schopenhauer l’uomo non ha modo di liberarsi
dal dolore, allo stesso modo per Kierkegaard l’uomo non
può evitare di soffrire poiché è inevitabile che si trovi a
dover compiere delle scelte. L’uomo è sempre immerso
nelle possibilità, nel dover scegliere e quindi di
conseguenza è costretto a scegliere e a rinunciare ad altre
scelte. L’uomo è destinato alla PARALISI
ESISTENZIALE.
"Così anche l’uomo, se dimentica di
calcolare questa velocità, alla
fine giunge un momento in cui non
ha più la libertà della scelta,
non perché ha scelto, ma perché
non l’ha fatto, il che si può anche
esprimere così: perché gli altri
hanno scelto per lui, perché ha
perso se stesso."
Il Punto zero
L’uomo vive costantemente in uno stato di PUNTO ZERO:
= punto in cui l’uomo si trova a scegliere
= stato di equilibrio instabile tra due estremi opposti
= equilibrio precario tra 2 vite diverse, tra 2 scelte diverse, tra 2
alternative opposte
= stato transitorio, precario poiché l’uomo si trova in un bivio
= situazione di stallo in cui l’uomo guarda e contempla la vita e le
scelte possibili da fare
Se l’uomo rimane fermo al punto zero rischia la paralisi esistenziale:
per questo è costretto a muoversi verso le alternative che ha davanti. La
contemplazione delle scelte non è fine a sé stessa, ma deve portare
l’uomo a prendere una decisione.
La scelta implica DOLORE, SOFFERENZA, ANGOSCIA.
Il Paradosso dell'asino di Buridano
Narra di un asino assetato ed affamato che si trova davanti a due mucchi di fieno identici; vicino ad ogni
mucchio c’è un secchio d’acqua: l’asino ha la possibilità di mangiare e di dissetarsi.
Però siccome i due mucchi di fieno sono talmente identici che nessuno dei due gli dà un motivo per
essere scelto, l’asino, non sapendo scegliere, rimane immobile e muore di fame e di sete.
Con questo paradosso Kierkegaard ci fa capire che se l’uomo non prende una decisione, si arenerà in una
paralisi esistenziale e morirà.
La mancanza di scelta fu vissuta in prima persona da Kierkegaard: egli doveva sposarsi con la regina
Olsen, ma, quando arrivò quel momento, fuggì, poiché non voleva scegliere: ha scelto di non scegliere.
Il modello che rappresenta lo stile di vita estetico è
il DON GIOVANNI (il seduttore intellettuale)
[esiste anche il seduttore più fisico, passionale,
carnale ed è rappresentato dal Casanova]
Il Don Giovanni è colui che sceglie di non scegliere,
vive di attimi, non sceglie una donna, non vuole
impegnarsi in un progetto di vita costante, sceglie di
seguire l’ottica del carpe diem: sedute, si gode il
frutto della seduzione e poi passa ad un’altra
seduzione.
Il seduttore è EGOISTA, NON SI IMPEGNA, non
si assume responsabilità, ha come OBIETTIVO SÉ
STESSO.
I 3 stadi esistenziali:
1) VITA ESTETICA
1) VITA ESTETICA
Secondo Kierkegaard il Don Giovanni è colui che cerca di fare della propria
vita un’opera d’arte.
La vita del Don Giovanni è però ripetitiva poiché l’atto seduttivo è sempre identico a
sé stesso (seduzione, consumo, abbandono).
Come dice anche Schopenhauer, raggiunto un piacere ci si annoia e si desidera altro.
La ripetitività della vita del Don Giovanni crea NOIA. Questa noi ha una valenza:
- negativa= intesa come dolore, sofferenza
- positiva= chi si annoia in realtà si reinventa, prova a creare qualcosa di nuovo. Stimola la
creatività (se in questo caso l’uomo sceglie di cambiare il suo modo di essere, può passare
alla vita etica)
2) VITA ETICA
Modello della vita etica è il MARITO, colui che compie delle scelte, sceglie una moglie, si impegna nella
famiglia e nella progettualità= ha un progetto di vita e degli obbiettivi (famiglia, lavoro)
Il marito è modello della moralità, è ALTRUISTA, lavora per sé stesso e per la famiglia.
Il marito però ha una VISIONE PARZIALE: è uno stadio incompleto e insufficiente poiché il marito, nel
momento in cui riflette sul senso ultimo delle sue scelte, naufraga nella DISPERAZIONE, in quanto non
ha certezze, non riesce a darsi risposte.
Nella vita etica si è incompleti poiché l’uomo si impegna in tanti piccoli progetti che però non hanno un
senso più profondo, sono scelte e progetti finalizzati a sé stessi e che non riescono ad arrivare al senso
ultimo.
Sia nella vita estetica sia nella vita etica l’uomo cade nel cosiddetto “scacco matto”: l’esteta cade nella
noia della ripetitività dell’atto di seduzione, l’uomo etico si trova davanti alla sua incompletezza e cade
nella disperazione poiché non riesce a trovare il senso ultimo del suo agire.
3) VITA RELIGIOSA
Via di salvezza: l’uomo, di fronte alla mancanza di un senso ultimo della vita e delle
sue scelte, comincia una ricerca verso il senso ultimo di tutte le cose.
In questo caso l’uomo si serve della FEDE, che con Kierkegaard assume
un’accezione totalmente diversa, poiché vista come uno slancio verso l’alto, una sorta
di rapimento da parte di Dio, un totale abbandono nelle mani di Dio, un’illuminazione:
non è l’uomo a scegliere Dio, ma è Dio che sceglie l’uomo.
Modello della vita religiosa è ABRAMO, l’uomo religioso per eccellenza: sia
Abramo che sua moglie hanno condotto una vita di obbedienza a Dio. I due hanno
cercato per anni di avere figli e soltanto dopo 70 anni sono riusciti a far nascere il loro
bambino Isacco, visto come un dono di Dio.
Dio, dopo aver fatto questo dono, chiede ad Abramo di sacrificarlo: Abramo,
nonostante non capisse il motivo di tale richiesta, decise di uccidere il figlio. Nel
momento in cui era sul punto di farlo viene fermato da Dio, soddisfatto di aver
ottenuto da Abramo un ATTO DI FEDE, ulteriore dimostrazione della sua
obbedienza.
Angoscia
Sentimento connaturato all’uomo, che non può essere
superato, fa parte della natura stessa dell’uomo= condizione
esistenziale= modo di vivere la propria esistenza.
L’uomo vive la sua vita contrassegnato da questo sentimento:
l’uomo è destinato all’angoscia.
Angoscia=paura?
Per Kierkegaard no, poiché solitamente l’angoscia legata alla paura di qualcosa solitamente è
sempre finalizzata ad un oggetto specifico.
Per Kierkegaard l’angoscia non consiste nella paura di qualcosa di specifico, ma è causata
da qualcosa di indeterminato che non si può definire, riguarda delle possibilità esterne all’io.
Perché l’uomo è destinato all’angoscia? Perché l’angoscia deriva dalla possibilità di scelta che caratterizz
a l’esistenza dell’uomo. Ciò che contraddistingue l’esistenza umana è l’essere costantemente posti di fronte
a delle scelte di vita, di fronte a alle quali non è semplice scegliere:
la scelta di qualcosa implica la rinuncia di altro.
Angoscia
Inoltre l’angoscia generata dalla scelta è strettamente
connessa al PECCATO: per cercare di spiegare questo
concetto Kierkegaard fa riferimento alla figura biblica di
ADAMO:
Adamo è il primo uomo creato da Dio, colui che vive
nell’Eden, “liberamente”, senza limiti, insieme alla sua donna,
Eva.
Ad un certo punto Dio gli pone un limite: quello di non
mangiare la mela dell’albero del bene e del male.
.
Adamo, prima che Dio gli ponesse un limite, non conosceva il
limite al proprio agire, non era libero: anche se
apparentemente sembrava libero, poiché non aveva limiti e
poteva fare ciò che voleva, in realtà non era veramente
libero, poiché NON aveva possibilità di SCELTA.
Ciò che stava vivendo senza limiti non era libertà, ma
“innocenza”, inconsapevolezza.
Nel momento in cui Dio gli ha posto un limite, e quindi gli ha
dato una scelta da fare, Adamo diventa libero di scegliere se
obbedire o meno, quindi diventa consapevole.
La libertà umana
La libertà nasce dal momento in cui all’uomo viene posto il
limite, il vincolo.
E nel momento in cui l’uomo si trova a dover scegliere, conosce
l’angoscia di dover scegliere: per questo l’angoscia è strettamente
collegata al peccato.
Finché un uomo non ha limiti, non è realmente un uomo, ma è
come una sorta di “angelo”, anima inconsapevole (come Adamo, che
viveva nell’Eden). Nel momento in cui all’uomo viene posto un
limite e ha la possibilità di scegliere, acquista consapevolezza delle
proprie azioni, delle conseguenze delle proprie azioni, quindi
diventa uomo. Diventando uomo, le azioni acquistano per la prima
volta una conseguenza.
L’angoscia ha una proiezione nel futuro.
"Il mio aut-aut non indica la scelta tra il bene e il male; indica la scelta con la quale ci si
sottopone o non ci si sottopone al contrasto di bene e male. Qui la questione è, sotto quale punto di
vista si voglia considerare tutta l’esistenza e vivere. Che chi sceglie tra il bene e il male, scelga il
bene, è sì vero, ma questo appare soltanto dopo; poiché l’estetica non è il male, ma l’indifferenza,
ed è perciò che dissi che è l’etica a fondare la scelta. Perciò non importa tanto scegliere di volere
il bene o il male, quanto di scegliere il fatto di volere;"
Quanto più passa il tempo, tanto più difficile diventa lo
scegliere; infatti l’anima è costantemente in una delle parti del
dilemma, e perciò diventa sempre più difficile svincolarsi.
Eppure questo è necessario se si deve scegliere, e ha la
massima importanza se una scelta ha un qualche significato.
Disperazione
All’angoscia può aggiungersi la disperazione.
Apparentemente potrebbero sembrare la stessa cosa ma
in realtà la DISPERAZIONE è un tipo particolare di
angoscia perché:
• mentre l’angoscia è la paura verso qualcosa di
indeterminato, delle possibilità esterne all’io
(che cosa farò? Cosa sceglierò di fare?)
• la disperazione riguarda la paura
dell’indeterminato per possibilità interne all’io
(chi sarò? che identità avrò?)
In questo caso l’uomo può scegliere tra 3 possibilità:
1. l’uomo può scegliere di non darsi identità
2. l’uomo può scegliere di non scegliere
3. l’uomo può scegliere o di identificarsi con il proprio io (accettando il proprio io) o di rifiutare il proprio io: c’è
un io rispetto al quale l’uomo può decidere o di adeguarsi (essendo sé stesso) o di rifiutarlo (rinnegando sé
stesso). In entrambi i casi non si raggiunge un equilibrio poiché:
- se l’uomo decide di essere sé stesso, in quanto essere finito, si sente sempre insufficiente a se stesso
(equilibrio parziale)
- se l’uomo decide di rifiutare sé stesso entra in crisi poiché non può rifiutare qualcosa che lo costituisce
La crisi per il mancato raggiungimento dell’equilibrio per Kierkegaard è definita MALATTIA
Disperazione
"Ed è assai triste, quando si considera la vita degli uomini, che tanti trascorrano
tutta la loro vita in tranquilla perdizione. Cessano di vivere prima della fine
della loro vita, non nel senso che il contenuto della loro vita si evolva
successivamente, e poi sia posseduto in questa evoluzione, ma finiscono col
vivere quasi fuori di sé, scompaiono come ombre, la loro anima immortale vien
dissipata e non si spaventano al problema della sua immortalità, poiché sono già
disciolti prima di morire. Non vivono esteticamente, ma nemmeno l’etica si è
mostrata loro in tutta la sua interezza; non hanno nemmeno veramente rifiutato
l’etica, e perciò non peccano neppure, se non in quanto è peccato non essere né
uomo etico né uomo estetico. Non dubitano nemmeno della loro immortalità,
poiché colui che profondamente e sinceramente per conto proprio ne dubita,
troverà certo il giusto..."
Mortale
MORTALE= vivere la morte dell’io= tentativo impossibile di
negare la propria identità e la propria possibilità dell’io= malattia
della quale l’uomo non può mai liberarsi.
Siccome l’IO per Kierkegaard è sintesi di libertà e necessità,
nell’io la disperazione e la sofferenza nascono da una mancanza di
libertà o necessità
- Se c’è mancanza di necessità l’uomo si trova di fronte a
tantissime libertà di scelta e si dispera: l’uomo si smarrisce nelle
troppe libertà
- Se c’è mancanza di libertà l’uomo soffre poiché è costretto a fare
ciò che la libertà impone e quindi non è libero di scegliere. L’uomo
è prigioniero di una mancata libertà
La Fede in Dio
Quando l’uomo prova angoscia, l’unica cosa che può fare è
abbandonarsi a Dio.
La grandezza di Kierkegaard sta proprio nel riconoscere la
piccolezza dell’uomo, la fragilità dell’uomo che è consapevole di
non essere autosufficiente e di avere una visione parziale (nella vita
etica).
L’uomo, nel momento in cui si scopre incompleto, capisce di
essere dipendente da Dio e di aver bisogno di Dio per
raggiungere la sua completezza.
Soltanto affidandosi a Dio l’uomo può raggiungere la salvezza.
Il suo sentimento di angoscia e disperazione porta l’uomo a scegliere
Dio.
Proprio dall’essere inquieto dell’uomo nasce il bisogno di affidarsi a
Dio (anche se è Dio a scegliere l’uomo): è l’uomo che si “candida”
ad essere scelto da Dio, si pone (attraverso il suo stile di vita) nella
posizione di poter essere scelto da Dio.

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  • 1. Søren Kierkegaard Copenaghen, 5 maggio 1813 – Copenaghen, 11 novembre 1855
  • 2. La Vita in breve • Soren Aabye Kierkegaard nacque in Danimarca, a Copenhagen, il 5 maggio 1813. • Educato dal padre nel clima di una severa religiosità, si iscrisse alla facoltà di teologia di Copenhagen, presso la quale dominava l'ispirazione hegeliana. • Nel 1840, circa dieci anni dopo il suo ingresso in università, si laureò. • Nel 1841-1842 fu a Berlino e ascoltò le lezioni di Schelling, che v'insegnava la propria filosofia, fondata • sulla distinzione radicale tra realtà e ragione. • Dapprima entusiasta del pensiero di Schelling, Kierkegaard ne fu presto deluso. • Dopo di allora, visse a Copenaghen grazie a un capitale lasciatogli dal padre, assorto nella composizione dei suoi libri. Morì 1'11 novembre 1855.
  • 3. Il Pensiero 1. Oggetto di studio= esistenza umana, esistenza del singolo intesa come singola esistenza, una categoria attraverso la quale andare alla ricerca del senso ultimo, profondo della vita 2. Si interroga sull’esistenza umana, che si basa sulle possibilità dell’uomo e soprattutto sulle SCELTE di vita 3. Anti-hegeliano radicale: Kierkegaard ritiene che il sistema filosofico di Hegel (che sacrifica l'unicità e la specificità del singolo in nome del tutto, in nome di uno spirito universale e della ragione che si aliena e poi ritorna in sé) sia un errore filosofico ed etico, totalmente assurdo. 4. Per Kierkegaard il tutto non è semplicemente la somma delle singole parti, ma le singole parti sono il tutto. 5. Ritiene che l’esistenza sia fatta di scelte, di possibilità che implicano sempre una rinuncia di qualcosa (avendo la possibilità di scegliere tra più cose, scegliendo qualcosa, rinuncio a qualcos’altro: scegliere un tipo di vita piuttosto che un altro significa rinunciare a tutti gli altri tipi di vita) 6. La scelta acquista un’accezione negativa perché per Kierkegaard viene vista come RINUNCIA
  • 4. La Valorizzazione del singolo Il baricentro della sua filosofia è l’uomo come individuo nella sua essenza. La particolarità della filosofia di Kierkegaard sta proprio nell’esaltazione del singolo e dell’esistenza dell’uomo nel rapporto con le sue scelte e con la totalità. L’esistenza è unica ma provoca anche dolore in quanto si basa sulle scelte. Pensiero centrato sull’analisi dell’esistenza del singolo, che vive di una vita che ha scelto (la scelta genera la non-scelta, quindi una rinuncia). A differenza di Hegel che parte dal “tutto”, Kierkegaard parte dal singolo individuo per arrivare ad una visione complessiva.
  • 5. AUT-AUT Nell’opera Kierkegaard pone al centro dello studio l’analisi esistenziale dell’uomo ponendo l’accento sui diversi stadi esistenziali: esistono delle tipologie di esistenza diverse di fronte alle quali l’uomo è costretto a compiere delle scelte. L’uomo è ciò che sceglie. Di fronte all’uomo vengono poste tante possibilità tra le quali è impossibile scegliere poiché fare una scelta comporta rinunciare ad altre scelte, quindi è impossibile scegliere. Secondo Kierkegaard le scelte sono impossibili da fare, infatti egli viene anche chiamato “teorico dell’impossibilità” di scelta poiché la scelta implica una rinuncia. Scegliere=rinunciare. L’esistenza è quindi possibilità (scelta) di esistenze che implica la rinuncia di altre esistenze. La vita implica il sacrificio delle altre esistenze. «La grandezza non consiste nell'essere questo o quello, ma nell'essere se stesso, e questo ciascuno lo può se lo vuole»
  • 6. Aut-Aut: La Paralisi Esistenziale In ogni scelta compiuta, quindi, c’è DOLORE della rinuncia, del sacrificio delle altre esistenze. Kierkegaard, per definire il termine scelta, usa l’aggettivo “paralizzante”, poiché di fronte al dolore e alla difficoltà della scelta l’uomo rimane PARALIZZATO, immobile, cade nell’abisso. La scelta viene vista come una minaccia: quando l’uomo sceglie, in realtà sta rinunciando a qualcosa. Infatti pensa a ciò che non ha realizzato, che non ha vissuto e che non ha scelto. Come per Schopenhauer l’uomo non ha modo di liberarsi dal dolore, allo stesso modo per Kierkegaard l’uomo non può evitare di soffrire poiché è inevitabile che si trovi a dover compiere delle scelte. L’uomo è sempre immerso nelle possibilità, nel dover scegliere e quindi di conseguenza è costretto a scegliere e a rinunciare ad altre scelte. L’uomo è destinato alla PARALISI ESISTENZIALE. "Così anche l’uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non l’ha fatto, il che si può anche esprimere così: perché gli altri hanno scelto per lui, perché ha perso se stesso."
  • 7. Il Punto zero L’uomo vive costantemente in uno stato di PUNTO ZERO: = punto in cui l’uomo si trova a scegliere = stato di equilibrio instabile tra due estremi opposti = equilibrio precario tra 2 vite diverse, tra 2 scelte diverse, tra 2 alternative opposte = stato transitorio, precario poiché l’uomo si trova in un bivio = situazione di stallo in cui l’uomo guarda e contempla la vita e le scelte possibili da fare Se l’uomo rimane fermo al punto zero rischia la paralisi esistenziale: per questo è costretto a muoversi verso le alternative che ha davanti. La contemplazione delle scelte non è fine a sé stessa, ma deve portare l’uomo a prendere una decisione. La scelta implica DOLORE, SOFFERENZA, ANGOSCIA.
  • 8. Il Paradosso dell'asino di Buridano Narra di un asino assetato ed affamato che si trova davanti a due mucchi di fieno identici; vicino ad ogni mucchio c’è un secchio d’acqua: l’asino ha la possibilità di mangiare e di dissetarsi. Però siccome i due mucchi di fieno sono talmente identici che nessuno dei due gli dà un motivo per essere scelto, l’asino, non sapendo scegliere, rimane immobile e muore di fame e di sete. Con questo paradosso Kierkegaard ci fa capire che se l’uomo non prende una decisione, si arenerà in una paralisi esistenziale e morirà. La mancanza di scelta fu vissuta in prima persona da Kierkegaard: egli doveva sposarsi con la regina Olsen, ma, quando arrivò quel momento, fuggì, poiché non voleva scegliere: ha scelto di non scegliere.
  • 9. Il modello che rappresenta lo stile di vita estetico è il DON GIOVANNI (il seduttore intellettuale) [esiste anche il seduttore più fisico, passionale, carnale ed è rappresentato dal Casanova] Il Don Giovanni è colui che sceglie di non scegliere, vive di attimi, non sceglie una donna, non vuole impegnarsi in un progetto di vita costante, sceglie di seguire l’ottica del carpe diem: sedute, si gode il frutto della seduzione e poi passa ad un’altra seduzione. Il seduttore è EGOISTA, NON SI IMPEGNA, non si assume responsabilità, ha come OBIETTIVO SÉ STESSO. I 3 stadi esistenziali: 1) VITA ESTETICA
  • 10. 1) VITA ESTETICA Secondo Kierkegaard il Don Giovanni è colui che cerca di fare della propria vita un’opera d’arte. La vita del Don Giovanni è però ripetitiva poiché l’atto seduttivo è sempre identico a sé stesso (seduzione, consumo, abbandono). Come dice anche Schopenhauer, raggiunto un piacere ci si annoia e si desidera altro. La ripetitività della vita del Don Giovanni crea NOIA. Questa noi ha una valenza: - negativa= intesa come dolore, sofferenza - positiva= chi si annoia in realtà si reinventa, prova a creare qualcosa di nuovo. Stimola la creatività (se in questo caso l’uomo sceglie di cambiare il suo modo di essere, può passare alla vita etica)
  • 11. 2) VITA ETICA Modello della vita etica è il MARITO, colui che compie delle scelte, sceglie una moglie, si impegna nella famiglia e nella progettualità= ha un progetto di vita e degli obbiettivi (famiglia, lavoro) Il marito è modello della moralità, è ALTRUISTA, lavora per sé stesso e per la famiglia. Il marito però ha una VISIONE PARZIALE: è uno stadio incompleto e insufficiente poiché il marito, nel momento in cui riflette sul senso ultimo delle sue scelte, naufraga nella DISPERAZIONE, in quanto non ha certezze, non riesce a darsi risposte. Nella vita etica si è incompleti poiché l’uomo si impegna in tanti piccoli progetti che però non hanno un senso più profondo, sono scelte e progetti finalizzati a sé stessi e che non riescono ad arrivare al senso ultimo. Sia nella vita estetica sia nella vita etica l’uomo cade nel cosiddetto “scacco matto”: l’esteta cade nella noia della ripetitività dell’atto di seduzione, l’uomo etico si trova davanti alla sua incompletezza e cade nella disperazione poiché non riesce a trovare il senso ultimo del suo agire.
  • 12. 3) VITA RELIGIOSA Via di salvezza: l’uomo, di fronte alla mancanza di un senso ultimo della vita e delle sue scelte, comincia una ricerca verso il senso ultimo di tutte le cose. In questo caso l’uomo si serve della FEDE, che con Kierkegaard assume un’accezione totalmente diversa, poiché vista come uno slancio verso l’alto, una sorta di rapimento da parte di Dio, un totale abbandono nelle mani di Dio, un’illuminazione: non è l’uomo a scegliere Dio, ma è Dio che sceglie l’uomo. Modello della vita religiosa è ABRAMO, l’uomo religioso per eccellenza: sia Abramo che sua moglie hanno condotto una vita di obbedienza a Dio. I due hanno cercato per anni di avere figli e soltanto dopo 70 anni sono riusciti a far nascere il loro bambino Isacco, visto come un dono di Dio. Dio, dopo aver fatto questo dono, chiede ad Abramo di sacrificarlo: Abramo, nonostante non capisse il motivo di tale richiesta, decise di uccidere il figlio. Nel momento in cui era sul punto di farlo viene fermato da Dio, soddisfatto di aver ottenuto da Abramo un ATTO DI FEDE, ulteriore dimostrazione della sua obbedienza.
  • 13. Angoscia Sentimento connaturato all’uomo, che non può essere superato, fa parte della natura stessa dell’uomo= condizione esistenziale= modo di vivere la propria esistenza. L’uomo vive la sua vita contrassegnato da questo sentimento: l’uomo è destinato all’angoscia. Angoscia=paura? Per Kierkegaard no, poiché solitamente l’angoscia legata alla paura di qualcosa solitamente è sempre finalizzata ad un oggetto specifico. Per Kierkegaard l’angoscia non consiste nella paura di qualcosa di specifico, ma è causata da qualcosa di indeterminato che non si può definire, riguarda delle possibilità esterne all’io. Perché l’uomo è destinato all’angoscia? Perché l’angoscia deriva dalla possibilità di scelta che caratterizz a l’esistenza dell’uomo. Ciò che contraddistingue l’esistenza umana è l’essere costantemente posti di fronte a delle scelte di vita, di fronte a alle quali non è semplice scegliere: la scelta di qualcosa implica la rinuncia di altro.
  • 14. Angoscia Inoltre l’angoscia generata dalla scelta è strettamente connessa al PECCATO: per cercare di spiegare questo concetto Kierkegaard fa riferimento alla figura biblica di ADAMO: Adamo è il primo uomo creato da Dio, colui che vive nell’Eden, “liberamente”, senza limiti, insieme alla sua donna, Eva. Ad un certo punto Dio gli pone un limite: quello di non mangiare la mela dell’albero del bene e del male. . Adamo, prima che Dio gli ponesse un limite, non conosceva il limite al proprio agire, non era libero: anche se apparentemente sembrava libero, poiché non aveva limiti e poteva fare ciò che voleva, in realtà non era veramente libero, poiché NON aveva possibilità di SCELTA. Ciò che stava vivendo senza limiti non era libertà, ma “innocenza”, inconsapevolezza. Nel momento in cui Dio gli ha posto un limite, e quindi gli ha dato una scelta da fare, Adamo diventa libero di scegliere se obbedire o meno, quindi diventa consapevole.
  • 15. La libertà umana La libertà nasce dal momento in cui all’uomo viene posto il limite, il vincolo. E nel momento in cui l’uomo si trova a dover scegliere, conosce l’angoscia di dover scegliere: per questo l’angoscia è strettamente collegata al peccato. Finché un uomo non ha limiti, non è realmente un uomo, ma è come una sorta di “angelo”, anima inconsapevole (come Adamo, che viveva nell’Eden). Nel momento in cui all’uomo viene posto un limite e ha la possibilità di scegliere, acquista consapevolezza delle proprie azioni, delle conseguenze delle proprie azioni, quindi diventa uomo. Diventando uomo, le azioni acquistano per la prima volta una conseguenza. L’angoscia ha una proiezione nel futuro.
  • 16. "Il mio aut-aut non indica la scelta tra il bene e il male; indica la scelta con la quale ci si sottopone o non ci si sottopone al contrasto di bene e male. Qui la questione è, sotto quale punto di vista si voglia considerare tutta l’esistenza e vivere. Che chi sceglie tra il bene e il male, scelga il bene, è sì vero, ma questo appare soltanto dopo; poiché l’estetica non è il male, ma l’indifferenza, ed è perciò che dissi che è l’etica a fondare la scelta. Perciò non importa tanto scegliere di volere il bene o il male, quanto di scegliere il fatto di volere;" Quanto più passa il tempo, tanto più difficile diventa lo scegliere; infatti l’anima è costantemente in una delle parti del dilemma, e perciò diventa sempre più difficile svincolarsi. Eppure questo è necessario se si deve scegliere, e ha la massima importanza se una scelta ha un qualche significato.
  • 17. Disperazione All’angoscia può aggiungersi la disperazione. Apparentemente potrebbero sembrare la stessa cosa ma in realtà la DISPERAZIONE è un tipo particolare di angoscia perché: • mentre l’angoscia è la paura verso qualcosa di indeterminato, delle possibilità esterne all’io (che cosa farò? Cosa sceglierò di fare?) • la disperazione riguarda la paura dell’indeterminato per possibilità interne all’io (chi sarò? che identità avrò?)
  • 18. In questo caso l’uomo può scegliere tra 3 possibilità: 1. l’uomo può scegliere di non darsi identità 2. l’uomo può scegliere di non scegliere 3. l’uomo può scegliere o di identificarsi con il proprio io (accettando il proprio io) o di rifiutare il proprio io: c’è un io rispetto al quale l’uomo può decidere o di adeguarsi (essendo sé stesso) o di rifiutarlo (rinnegando sé stesso). In entrambi i casi non si raggiunge un equilibrio poiché: - se l’uomo decide di essere sé stesso, in quanto essere finito, si sente sempre insufficiente a se stesso (equilibrio parziale) - se l’uomo decide di rifiutare sé stesso entra in crisi poiché non può rifiutare qualcosa che lo costituisce La crisi per il mancato raggiungimento dell’equilibrio per Kierkegaard è definita MALATTIA Disperazione
  • 19. "Ed è assai triste, quando si considera la vita degli uomini, che tanti trascorrano tutta la loro vita in tranquilla perdizione. Cessano di vivere prima della fine della loro vita, non nel senso che il contenuto della loro vita si evolva successivamente, e poi sia posseduto in questa evoluzione, ma finiscono col vivere quasi fuori di sé, scompaiono come ombre, la loro anima immortale vien dissipata e non si spaventano al problema della sua immortalità, poiché sono già disciolti prima di morire. Non vivono esteticamente, ma nemmeno l’etica si è mostrata loro in tutta la sua interezza; non hanno nemmeno veramente rifiutato l’etica, e perciò non peccano neppure, se non in quanto è peccato non essere né uomo etico né uomo estetico. Non dubitano nemmeno della loro immortalità, poiché colui che profondamente e sinceramente per conto proprio ne dubita, troverà certo il giusto..."
  • 20. Mortale MORTALE= vivere la morte dell’io= tentativo impossibile di negare la propria identità e la propria possibilità dell’io= malattia della quale l’uomo non può mai liberarsi. Siccome l’IO per Kierkegaard è sintesi di libertà e necessità, nell’io la disperazione e la sofferenza nascono da una mancanza di libertà o necessità - Se c’è mancanza di necessità l’uomo si trova di fronte a tantissime libertà di scelta e si dispera: l’uomo si smarrisce nelle troppe libertà - Se c’è mancanza di libertà l’uomo soffre poiché è costretto a fare ciò che la libertà impone e quindi non è libero di scegliere. L’uomo è prigioniero di una mancata libertà
  • 21. La Fede in Dio Quando l’uomo prova angoscia, l’unica cosa che può fare è abbandonarsi a Dio. La grandezza di Kierkegaard sta proprio nel riconoscere la piccolezza dell’uomo, la fragilità dell’uomo che è consapevole di non essere autosufficiente e di avere una visione parziale (nella vita etica). L’uomo, nel momento in cui si scopre incompleto, capisce di essere dipendente da Dio e di aver bisogno di Dio per raggiungere la sua completezza. Soltanto affidandosi a Dio l’uomo può raggiungere la salvezza. Il suo sentimento di angoscia e disperazione porta l’uomo a scegliere Dio. Proprio dall’essere inquieto dell’uomo nasce il bisogno di affidarsi a Dio (anche se è Dio a scegliere l’uomo): è l’uomo che si “candida” ad essere scelto da Dio, si pone (attraverso il suo stile di vita) nella posizione di poter essere scelto da Dio.