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Marina Milella – Museo dei Fori Imperiali
I modelli di edifici antichi del Museo della Civiltà Romana
in mostra al Museo dei Fori Imperiali ci offrono
l’occasione di cogliere quali elementi visivi
caratterizzavano l’immagine di una città romana in tutto
il territorio dell’impero.
Da Pexel.com: zhang kaiyv (https://www.pexels.com/it-it/photo-license/)
https://www.pexels.com/it-it/foto/alba-architettura-centro-citta-citta-1139556/
Per nessuno di noi è difficile identificare quale tra queste due immagini
rappresenti una città romana e quale una città moderna.
Anche nel nostro immaginario templi, archi e portici permettono di riconoscere
la monumentalità degli spazi pubblici antichi.
Sono gli ordini colonnati che ritmano e articolano gli edifici e gli spazi dei
complessi architettonici e trasmettono a chi osserva un’immagine di
monumentalità, adeguata alla loro funzione pubblica e/o
all’autorappresentazione del loro committente.
Da Pexel.com: zhang kaiyv (https://www.pexels.com/it-it/photo-license/)
https://www.pexels.com/it-it/foto/alba-architettura-centro-citta-citta-1139556/
I numerosi modelli di edifici della
mostra ci consentono di osservare i
particolari, spesso molto curati, e di
viaggiare attraverso tempo e spazio
nelle architetture antiche e nelle
loro decorazioni, cogliendo
somiglianze e differenze e particolari
costruttivi.
Tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio a Roma, 509 a.C.
È l’edificio più antico il cui modello ricostruttivo è esposto nella mostra. Fu costruito alla fine dell’età regia,
quando Roma era la “grande Roma dei Tarquini” e si trovava nell’orbita culturale etrusca, e fu inaugurato
proprio nel primo anno della Roma repubblicana.
Nella decorazione non si utilizzava ancora il marmo, ma lastre di terracotta che ricoprivano la struttura lignea del tetto.
Alcune di queste lastre sono giunte fino a noi e talvolta conservano la vivace colorazione (che manca nel
modello ricostruttivo esposto, che è di piccole dimensioni).
Pompei, Basilica, 130/120 a.C.
Durante l’età repubblicana si
afferma l’influsso della Grecia
ellenistica. Gli ordini architettonici
vengono rielaborati nel contesto
culturale italico e sono utilizzati, a
rimarcarne l’importanza, in nuovi
edifici destinati a essenziali
funzioni cittadine, come la basilica
civile.
La basilica, tra i più antichi esempi conosciuti di questa tipologia di edifici, si inserisce nel contesto utilizzando lo spazio
rimasto e in modo difforme da quanto poi prescriverà Vitruvio per le basiliche dei fori cittadini.
Gli spazi si organizzano: il foro, la principale piazza cittadina, intorno alla quale sorgono i principali edifici destinati alle
attività pubbliche, inizialmente in modo disordinato, si regolarizza con porticati che risolvono i disallineamenti.
Da Wikimedia Commons: Dave & Margie Hill / Kleerup from Centennial, CO, USA / CC
BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_(7238819338).jpg
Le architetture sono
ormai in pietra e non più
in legno e terracotta, ma
non ancora in marmo.
Il modello architettonico
greco ellenistico permette
di creare uno sfondo
scenografico e di pregio
alle attività istituzionali
che vi si svolgono.
Da Wikimedia Commons: Miguel Hermoso Cuesta / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) Ritagli
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bas%C3%ADlica_de_Pompeya._08.JPG
I capitelli sono del tipo detto “italico”, elaborato nella Magna Grecia ellenistica
Capitello corinzio italico
Basilica di Pompei, 130-120 a.C.
(tufo stuccato)
Capitello corinzio “normale”
Olympieion di Atene, 184-163 a.C.
(marmo)
Elici e volute a stelo tubolare
che nascono libere dalle corone
di foglie d’acanto
Elici e volute a nastro concavo
che nascono da caulicoli e calici
Fiore dell’abaco di grandi
dimensioni, che “scende” a
invadere il kalathos
Fiore dell’abaco più piccolo
confinato al centro dei lati
dell’abaco
Da notare che nonostante le piccole dimensioni, il capitello del plastico riporta queste importanti caratteristiche strutturali
a riprova dell’accuratezza con cui i modelli sono stati realizzati.
Capitello ionico italico
Basilica di Pompei, 130-120 a.C.
(tufo stuccato)
Capitello ionico “normale”
Artemision di Sardi, 300 a.C. ca.
(marmo)
Da Wikimedia Commons Mentnafunangann / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_Pompei_8.JPG
Da Flikr Carole Raddato / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/) Modificato
https://www.flickr.com/photos/carolemage/24595965956/
Palmette verticali che
coprono il canale delle volute
e l’abaco
Semipalmette orizzontali che
coprono il kyma ionico
Da Wikimedia Commons Mentnafunangann / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_Pompei_8.JPG
Da Flikr Carole Raddato / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/) Modificato
https://www.flickr.com/photos/carolemage/24595965956/
Kyma ionico con sguscio appuntito
che si allunga sotto il piccolo ovulo
(particolare di Pompei).
Kyma ionico con sguscio arrotondato
intorno al grande ovulo.
Da Wikimedia Commons Mentnafunangann / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_Pompei_8.JPG
Da Flikr Carole Raddato / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/) Modificato
https://www.flickr.com/photos/carolemage/24595965956/
Pompei, portici del Foro, rifacimento
di età augustea
Da Wikimedia Commons: Wknight94 / CC BY-SA (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) Ritaglio
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Forum_in_Pompeii_6.jpg
Pompei, portici del Foro, rifacimento
di età augustea
Pur nelle limitate dimensioni del
modello, è possibile osservare le
modalità di suddivisione dei blocchi.
Nella trabeazione: fregio e architrave
sono intagliati in un blocco centrale
che non poggia sopra le colonne, ma
grazie ai fianchi obliqui si appoggia su
più corti blocchi contigui, come una
piattabanda.
Inoltre sul retro della trabeazione
sono intagliati grandi incassi destinati
alle travi in legno del solaio tra i due
piani.
Da Wikimedia Commons: Carole Raddato from FRANKFURT, Germany / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-
sa/2.0) Ritaglio
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arch_of_Augustus_at_Ariminum,_dedicated_to_the_Emperor_Augustus_by_the_Rom
an_Senate_in_27_BC,_the_oldest_Roman_arch_which_survives,_Rimini,_Italy_(19948839545).jpg
Rimini, porta monumentale dedicata a Augusto, 27 a.C.
Il modello è di maggiori
dimensioni degli altri visti
fin qui e molto accurato
anche per i particolari
della decorazione
architettonica.
Possiamo notare nella
cornice le mensole piatte e
i cassettoni privi di propria
incorniciatura.
Sempre nella cornice, i
dentelli hanno lo spazio
intermedio quasi
interamente riempito.
Il capitello corinzio ha
sottili elici e volute a
giorno e con fiorellini a
riempire lo spazio di
risulta.
Sono tutte caratteristiche
comuni tra la fine dell’età
repubblicana e la prima
età augustea.
Il modello è il capitello corinzio greco-ellenistico, come quello dell’Olympieion di Atene
Ma lo spazio più ampio tra elici e volute ha reso necessaria l’introduzione di questo
particolare motivo decorativo, che in seguito scomparirà.
Anche il capitello corinzio di pilastro, di cui si conserva la metà superiore, appartenente alla collezione esposta
nel Museo dei Fori Imperiali, dai portici del Foro di Cesare nella loro prima fase cesariano-augustea, presenta il
fiorellino nello spazio tra elici e volute.
Un particolare interessante sono i due
cassettoni decorati con grandi aquile che
tengono tra gli artigli i fulmini di Giove
Mausoleo di Glanum
30/20 a.C.
Da Wikimedia Commons: Carole Raddato from FRANKFURT, Germany / CC BY-SA
(https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:The_Mausoleum_of_the_Julii,_about_40_BC,_Glanu
m_(14794079015).jpg
Da Wikimedia Commons: Marianne Casamance / CC BY-SA
(https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_R%C3%A9my_-
_Mausol%C3%A9e_de_Glanum_7.JPG
Il linguaggio architettonico che
abbiamo visto nella porta di Rimini,
si diffonde anche nelle più antiche
province romane. Le famiglie delle
elite locali lo adottano nei
monumenti destinati alla loro
autorappresentazione, come per il
mausoleo della famiglia dei Giulii a
Glanum.
Anche nel modello, nonostante la
scala ridotta il capitello mostra il
tipico fiore nello spazio tra elici e
volute.
Da Wikimedia Commons: Marianne Casamance / CC BY-SA
(https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_R%C3%A9my_-
_Mausol%C3%A9e_de_Glanum_7.JPG
Un altro elemento di
questo linguaggio
decorativo è
rappresentato dalle girali
d’acanto.
Adoperarlo per il proprio
monumento funerario,
come farsi rappresentare
in toga per esplicitare la
propria condizione di
cittadino, testimonia
l’adesione delle elite locali
al modello romano.
Da Wikimedia Commons: Marianne Casamance / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_R%C3%A9my_-_Mausol%C3%A9e_de_Glanum_7.JPG
In questo mausoleo il motivo delle girali
d’acanto è applicato anche sull’archivolto,
invece di riprendere la tradizionale
decorazione di un architrave curvilineo:
anche in seguito in questi stessi luoghi si
manifesterà un simile gusto per ampie
superfici riccamente decorate.
Roma
Foro di Augusto
2 a.C.
Roma
Foro di Augusto
2 a.C.
Il modello ha dimensioni relativamente piccole ed è meno preciso nei particolari, ma ricostruisce l’aspetto del
complesso in antico, come oggi non possiamo più vederlo.
L’autore, Italo Gismondi, ha dovuto ipotizzare come il coronamento con mensoloni in travertino del muro di
fondo, non più conservato in questo punto, si collegasse alla trabeazione del Tempio di Marte Ultore.
L’ordine architettonico del Tempio
diventerà il modello per tutti gli
edifici successivi, a Roma e nelle
province. Si è creato uno stile
decorativo tipicamente romano che
riprende i modelli greco-ellenistici e
italici e avrà successivamente una
sua propria evoluzione.
La scala del modello non consente di apprezzare a pieno i particolari decorativi
“Il tumultuoso affluire di opere d’arte e di impulsi artistici diversi si era esaurito. La miscela, satura di tanti
ingredienti, incominciava a chiarirsi e a depositare il suo residuo.” (R. Bianchi Bandinelli, Roma. L’arte romana nel centro del potere, 1969)
Nell’architrave è interessante la vegetalizzazione del
kyma lesbio trilobato, con l’inserimento di foglie di
quercia.
Anche i particolari decorativi sono uno dei mezzi
attraverso cui viene trasmesso il messaggio
propagandistico del principe.
Arco di Orange, età tiberiana
Da Wikimedia Commons: Akke di Wikipedia in inglese / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arch_in_Orange,_France_Aug_2013_-_Front.jpg
Le piccole dimensioni del modello hanno implicato una semplificazione dei particolari decorativi
(manca per esempio la decorazione a foglie d’acanto delle mensole della cornice o la decorazione
dell’abaco e l’intaglio delle foglie d’acanto nel capitello corinzio).
È chiaro comunque che il modello decorativo augusteo è ormai pienamente recepito anche nelle
province meridionali della Gallia.
L’archivolto mostra però il gusto locale per l’esuberanza
decorativa, come già visto nel più antico mausoleo di
Glanum.
Il gusto locale si manifesta anche in questa particolare decorazione “a cilindretti” (che nel plastico sono stati
“tradotti” come più tradizionali dentelli), che si ritrova anche in altri esempi della provincia e non altrove.
Verona, arco dei Gavii, età giulio-claudia
Nel modello, come nell’originale, resta
traccia della ricca decorazione vegetale
degli stipiti dell’arco.
Questo arricchimento decorativo tende
a estendersi nel corso dell’età giulio
claudia.
La decorazione è arricchita anche
sull’archivolto, decorato
tradizionalmente come un
architrave. La prima fascia è
decorata da baccellature e una
modanatura più articolata del
tradizionale astragalo a fusarole e
perline è presente tra seconda e
terza fascia.
Capitolium di Brescia, 73 d.C.
Da Wikimedia Commons: Ben Bender / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Brescia,_Province_of_Brescia,_Italy_-_panoramio_(76).jpg
Capitolium di Brescia, 73 d.C.
Da Wikimedia Commons: Zairon / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Brescia_Capitolium_Giebel_4.jpg
Come nel caso del Foro di Augusto, il modello ha dimensioni relativamente piccole e non è molto preciso
nei particolari, ma ricostruisce l’aspetto del complesso in antico, come oggi non possiamo più vederlo.
Anche in questo caso è interessante notare
come i realizzatori del plastico abbiano dovuto
ipotizzare una soluzione per la giunzione tra
l’ordine dei portici laterali e l’ordine di maggiori
dimensioni delle ali del tempio.
Arco di Tito,
Roma,
81 d.C.
Da Wikimedia Commons: Rabax63/ CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:TitusbogenFront.jpg
La trabeazione dell’arco mostra come in epoca flavia la decorazione sia diventata più ricca e fortemente chiaroscurata,
anche se il profondo intaglio che arriva a scavare dietro le superfici in vista si perde un po’ nel modello.
Un dettaglio dell’originale
mostra la splendida
decorazione delle
mensole, con due delfini
intrecciati al posto della
tradizionale foglia
d’acanto.
I fianchi della mensola
sono decorati in modo
meno marcato: sono meno
visibili e l’esperienza ormai
acquisita dalle officine
consente anche di
risparmiare una
lavorazione approfondita
dove non contribuisce
all’effetto generale.
Il taglio della foto consente
anche di apprezzare nel
kyma ionico, in un punto
dove le parti più sporgenti
sono andate perdute,
quanto profondamente il
marmo era scavato dietro
di esse.
L’effetto è quello di un
intenso chiaroscuro.
L’accuratezza del modello si spinge fino a registrare un piccolo tratto
dell’archivolto dove si era cominciata a intagliare una modanatura
decorata sul coronamento, liscio in tutto il resto del monumento.
Porta di Adriano,
Adalia,
130 d.C.
Porta di Adriano,
Adalia,
130 d.C. Da Wikimedia Commons: Ingo Mehling / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Antalya_-_Hadrian%27s_Gate.jpg
Nel modello, che ricostruisce il monumento integro, si perdono tuttavia i particolari del disegno e la raffinata
resa della decorazione originaria.
Da Wikimedia Commons: Bernard Gagnon / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hadrian%27s_Gate,_Antalya_05.jpg
La decorazione delle
province romane dell’Asia
Minore è erede della
raffinata tradizione
ellenistica, che ha
influenzato alle origini, in età
augustea, la formazione di
uno stile decorativo romano
e ora, agli inizi del II secolo
d.C., è a sua volta influenzata
dai modelli urbani.
Da notare la cornice con
sima molto sviluppata e
sottocornice ridotta in
altezza e l’intaglio quasi
metallico degli elementi
decorativi sui profili
modanati.
Architrave del portale del Pantheon di
Roma (120-124 d.C.)
Altri particolari tipici della
decorazione delle province
dell’Asia Minore sono il fregio
leggermente convesso, il
coronamento dell’architrave
con anthemion a palmette,
kyma ionico e astragalo
(anziché con kyma lesbio
trilobato e astragalo) e
l’architrave stesso a due fasce
(anziché a tre)
Altri particolari tipici della
decorazione delle province
dell’Asia Minore sono il fregio
leggermente convesso, il
coronamento dell’architrave
con anthemion a palmette,
kyma ionico e astragalo
(anziché con kyma lesbio
trilobato e astragalo) e
l’architrave stesso a due fasce
(anziché a tre)
Architrave del portale del Pantheon di
Roma (120-124 d.C.)
Porta di Adriano, Atene, 125-138 d.C.
Ancora una volta, la resa dei
particolari decorativi si perde nel
modello, a causa delle sue piccole
dimensioni, ma si colgono ancora
alcune delle caratteristiche della
struttura decorativa.
I capitelli corinzi hanno elici e volute a
nastro piuttosto largo e sono aderenti
il più possibile al kalathos.
Il confronto con il quasi contemporaneo capitello del pronao del Pantheon, a Roma
(120-124 d.C.) mostra invece il nastro sottile delle elici e delle volute nella capitale.
Le grandi zone d’ombra circolari delle foglie d’acanto ad Atene riprendono la
tradizione locale, differenziandosi dalle zone d’ombra strette e a cuneo di Roma.
Atene, Porta di Adriano
125-138 d.C.
Atene
Olympieion
184-163 a.C.
Atene, Odeion di Agrippa
16-14 a.C.
Roma, Pantheon,
120-124 d.C:
In tutto l’Impero, le
tradizioni decorative e i
gusti locali si intrecciano
con il modello della
capitale, con esiti diversi
ogni volta.
Anche la presenza di
capitelli “a sofà” come
imposta dell’arco inferiore
riprende un tema della
tradizione decorativa
greca, ibridato con i
capitelli corinzieggianti
romani.
Cenotafio di Anna Regilla, Roma, parco della Caffarella, poco dopo il 160 d.C.
Il modello ripropone
l’edificio come
doveva essere in
origine
Da Wikimedia Commons: Camelia.boban / CC BY-SA
(https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:MAppiaM_2016_
Parco_della_Caffarella_12.jpg
Da Wikimedia Commons: Giuppy85 / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sepolcro_di_Annia_Regilla_-
_tempio_del_dio_Redicolo_(dettaglio_15).jpg
Fianchi e retro conservano una raffinata decorazione in laterizio, che si avvale a fini decorativi della
policromia data dai mattoni rossi e gialli
Inoltre i mattoni
sono stati
accuratamente
intagliati con
modanature
decorate molto
articolate, in
particolare per le
bellissime
incorniciature delle
finestre
Da Wikimedia Commons: Giuppy85 / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sepolcro_di_Annia_Regilla_-
_tempio_del_dio_Redicolo_(dettaglio_12).jpg
Da notare che le
due foto
riguardano la
stessa finestra, sul
fianco sinistro del
monumento. Nel
modello però la
modanatura che
incornicia
l’apertura è un
kyma ionico,
invece che un
kyma lesbio
trilobato: i
realizzatori hanno
ripreso anche per i
fianchi la finestra,
meglio conservata,
del retro.
Da Wikimedia Commons: Giuppy85 / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sepolcro_di_Annia_Regilla_-
_tempio_del_dio_Redicolo_(dettaglio_12).jpg
Sabratha, scena del teatro, 180-211 d.C.
Sabratha, scena del teatro, 180-211 d.C.
Da Wikimedia
Commons: Jan
Hazevoet / CC BY
(https://creativeco
mmons.org/licenses
/by/3.0)
https://commons.w
ikimedia.org/wiki/Fi
le:Sabratha_theatre
_-_panoramio.jpg
Il modello ripropone
i tre ordini della
scena in modo
spettacolare e
consente di
apprezzare le diverse
qualità di marmi
colorati dei fusti
delle colonne.
Il colorismo
dell’insieme è
accentuato
anche
dall’alternanza
tra fusti lisci,
scananati e
scanalati a
spirale.
Da Wikimedia Commons: Riad Hadjsadok / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Temple_de_Minerve,_Tebessa.jpg
Tempio detto di Minerva a Tébessa (Algeria), inizi del III secolo d.C.
Da Wikimedia Commons: Michel-georges bernard / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:T%C3%A9bessa.3.jpg
Nel modello ricostruttivo, ancor meglio che nell’originale, privo della parte superiore, si coglie la strana articolazione
della trabeazione, dove fregio e architrave sono sostituiti da rilievi, alternati a dadi con bucrani posti al di sopra delle
colonne. Al di sopra della ridotta cornice, questa stessa articolazione in rilievi e dadi si ripete su una sorta di attico,
che in origine era a sua volta coronato da una seconda cornice.
Da Wikimedia Commons: Michel-georges bernard / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:T%C3%A9bessa.3.jpg
Questa strana disposizione, che moltiplica le superfici disponibili per i rilievi, risponde evidentemente a una precisa
esigenza dei committenti, che preferiscono, secondo il gusto locale, una maggiore ricchezza decorativa ad una
corretta articolazione della trabeazione, ed hanno in questo modo un maggiore spazio per trasmettere attraverso i
rilievi il proprio messaggio.
Da Wikimedia Commons: Habib kaki / CC0
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Porte_Caracalla_-
_T%C3%A9bessa_%D8%A8%D8%A7%D8%A8_%D9%83%D8%B1%D9%83%D9%84%D8%A7_-_%D8%AA%D8%A8%D8%B3%D8%A9_3.jpg
Arco di Caracalla a Tébessa (Algeria), 214 d.C.
Da Wikimedia Commons: Mabrouk boutagouga / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) (ritagliato)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Caracalla_tebessa_1.jpg
La strana articolazione della trabeazione, propria di Tébessa, si ritrova anche sull’arco, con il fregio-architrave
rimpiazzato da un rilievo vegetale incorniciato da modanature e interrotto agli angoli da grandi foglie d’acanto
verticali, che occupano anche la fascia inferiore.
Arco di Settimio Severo a Roma, 203 d.C.
Pochi anni prima, a Roma, la trabeazione e i capitelli compositi
dell’arco di Settimio Severo sono pienamente nel solco della
tradizione, mescolando diversi influssi.
Il grande sviluppo della sopracornice e l’architrave a due fasce
provengono dalla tradizione delle province asiatiche, introdotta
a Roma qualche tempo prima da Adriano.
I tralci vegetali che occupano interamente il nastro delle volute
e la modanatura decorata relativamente grande tra le fasce
dell’architrave, come anche il fiorellino negli archetti del kyma
lesbio trilobato, sono ciò che si è sedimentato della ricchezza
decorativa di età flavia.
Da notare, nel modello, la strana resa allungata dei dentelli della
cornice, che non corrisponde all’originale. Tuttavia le
decorazioni sono riprodotte in generale con grande fedeltà
anche nei particolari.
Foto di Massimo Baldi
Il coronamento di imposta dei fornici minori reca una splendida decorazione, fortemente vegetalizzata, che si distingue dai
precedenti flavi solo per una minore sottolavorazione delle forme e per le linee d’ombra scavate da forellini di trapano, che
contribuiscono alla definizione del disegno.
Foto di Massimo Baldi
Da notare il particolare della “maschera d’acanto” (un volto umano con capelli e barba resi dal fogliame) che è inserita nel
fregio a girali in basso.
Da Wikimedia Commons: cunoastelumea / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arcul_lui_Constantin_3.jpg
Arco di Costantino a Roma, 312-315 d.C.
La ricostruzione delle modanature della cornice è piuttosto accurata, ma a causa delle dimensioni relativamente piccole
del modello, non riesce tuttavia a dar conto delle differenze di resa tra i blocchi di cornice più antichi reimpiegati
nell’arco e le loro copie costantiniane, inserite per le parti sporgenti.
Queste differenze sono molto significative: nelle foto sotto abbiamo da sinistra un tratto di una delle cornici
originali, reimpiegate nell’arco, un tratto del lato anteriore, più visibile e più rifinito, di uno dei blocchi di cornice
costantiniani utilizzati per gli elementi sporgenti sopra le colonne, e infine le modanature meno rifinite, e anzi,
quasi non finite, di uno dei fianchi di questi elementi.
In epoca tardo antica, l’adattamento di elementi di reimpiego richiede particolare abilità e cura. L’attenzione delle
officine e le richieste dei committenti si focalizzando sull’effetto generale da ottenere, risparmiando le lavorazioni
non necessarie a questo scopo, grazie a un’accurata organizzazione.
I modelli esposti nella mostra ci
hanno consentito una carrellata
attraverso la decorazione
architettonica dei grandi edifici
monumentali delle città
dell’impero, con le diverse
soluzioni adottate per qualificare
gli spazi importanti della vita
cittadina nel corso del tempo e
nelle diverse province.
Per quando l’emergenza sanitaria sarà finita vi aspettiamo e vi
invitiamo a tornare per osservare i particolari dei modelli
esposti, anche di quelli che non abbiamo mostrato qui.
E nell’attesa, vi proponiamo una sfida:
riuscirete a riconoscere al modello di quali
altri edifici esposti in mostra appartengono
le foto che seguono?
(le soluzioni al termine del video)
Soluzioni
1 Arco di Marco Aurelio a Tripoli (Libia)
2 Mausoleo di Augusto a Roma
3 Arco di Galerio a Salonicco (Grecia)
4 Capitolium di Timgad (Algeria)
5 Arco di Berà (Spagna)
6 Mercato di Serzio a Timgad (Algeria)
7 Arco detto “Porta Nera” a Besançon (Francia)
8 Cesareo di Cirene (Libia)
9 Arco detto di Giano a Roma
10 Arco di Laodicea (Siria)
Marmo e gesso

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Marmo e gesso

  • 1. Marina Milella – Museo dei Fori Imperiali
  • 2. I modelli di edifici antichi del Museo della Civiltà Romana in mostra al Museo dei Fori Imperiali ci offrono l’occasione di cogliere quali elementi visivi caratterizzavano l’immagine di una città romana in tutto il territorio dell’impero.
  • 3. Da Pexel.com: zhang kaiyv (https://www.pexels.com/it-it/photo-license/) https://www.pexels.com/it-it/foto/alba-architettura-centro-citta-citta-1139556/ Per nessuno di noi è difficile identificare quale tra queste due immagini rappresenti una città romana e quale una città moderna. Anche nel nostro immaginario templi, archi e portici permettono di riconoscere la monumentalità degli spazi pubblici antichi.
  • 4. Sono gli ordini colonnati che ritmano e articolano gli edifici e gli spazi dei complessi architettonici e trasmettono a chi osserva un’immagine di monumentalità, adeguata alla loro funzione pubblica e/o all’autorappresentazione del loro committente. Da Pexel.com: zhang kaiyv (https://www.pexels.com/it-it/photo-license/) https://www.pexels.com/it-it/foto/alba-architettura-centro-citta-citta-1139556/
  • 5. I numerosi modelli di edifici della mostra ci consentono di osservare i particolari, spesso molto curati, e di viaggiare attraverso tempo e spazio nelle architetture antiche e nelle loro decorazioni, cogliendo somiglianze e differenze e particolari costruttivi.
  • 6. Tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio a Roma, 509 a.C.
  • 7. È l’edificio più antico il cui modello ricostruttivo è esposto nella mostra. Fu costruito alla fine dell’età regia, quando Roma era la “grande Roma dei Tarquini” e si trovava nell’orbita culturale etrusca, e fu inaugurato proprio nel primo anno della Roma repubblicana.
  • 8. Nella decorazione non si utilizzava ancora il marmo, ma lastre di terracotta che ricoprivano la struttura lignea del tetto.
  • 9. Alcune di queste lastre sono giunte fino a noi e talvolta conservano la vivace colorazione (che manca nel modello ricostruttivo esposto, che è di piccole dimensioni).
  • 11. Durante l’età repubblicana si afferma l’influsso della Grecia ellenistica. Gli ordini architettonici vengono rielaborati nel contesto culturale italico e sono utilizzati, a rimarcarne l’importanza, in nuovi edifici destinati a essenziali funzioni cittadine, come la basilica civile.
  • 12. La basilica, tra i più antichi esempi conosciuti di questa tipologia di edifici, si inserisce nel contesto utilizzando lo spazio rimasto e in modo difforme da quanto poi prescriverà Vitruvio per le basiliche dei fori cittadini.
  • 13. Gli spazi si organizzano: il foro, la principale piazza cittadina, intorno alla quale sorgono i principali edifici destinati alle attività pubbliche, inizialmente in modo disordinato, si regolarizza con porticati che risolvono i disallineamenti.
  • 14. Da Wikimedia Commons: Dave & Margie Hill / Kleerup from Centennial, CO, USA / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_(7238819338).jpg Le architetture sono ormai in pietra e non più in legno e terracotta, ma non ancora in marmo. Il modello architettonico greco ellenistico permette di creare uno sfondo scenografico e di pregio alle attività istituzionali che vi si svolgono.
  • 15. Da Wikimedia Commons: Miguel Hermoso Cuesta / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) Ritagli https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bas%C3%ADlica_de_Pompeya._08.JPG I capitelli sono del tipo detto “italico”, elaborato nella Magna Grecia ellenistica
  • 16. Capitello corinzio italico Basilica di Pompei, 130-120 a.C. (tufo stuccato) Capitello corinzio “normale” Olympieion di Atene, 184-163 a.C. (marmo)
  • 17. Elici e volute a stelo tubolare che nascono libere dalle corone di foglie d’acanto Elici e volute a nastro concavo che nascono da caulicoli e calici
  • 18. Fiore dell’abaco di grandi dimensioni, che “scende” a invadere il kalathos Fiore dell’abaco più piccolo confinato al centro dei lati dell’abaco
  • 19. Da notare che nonostante le piccole dimensioni, il capitello del plastico riporta queste importanti caratteristiche strutturali a riprova dell’accuratezza con cui i modelli sono stati realizzati.
  • 20. Capitello ionico italico Basilica di Pompei, 130-120 a.C. (tufo stuccato) Capitello ionico “normale” Artemision di Sardi, 300 a.C. ca. (marmo) Da Wikimedia Commons Mentnafunangann / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_Pompei_8.JPG Da Flikr Carole Raddato / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/) Modificato https://www.flickr.com/photos/carolemage/24595965956/
  • 21. Palmette verticali che coprono il canale delle volute e l’abaco Semipalmette orizzontali che coprono il kyma ionico Da Wikimedia Commons Mentnafunangann / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_Pompei_8.JPG Da Flikr Carole Raddato / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/) Modificato https://www.flickr.com/photos/carolemage/24595965956/
  • 22. Kyma ionico con sguscio appuntito che si allunga sotto il piccolo ovulo (particolare di Pompei). Kyma ionico con sguscio arrotondato intorno al grande ovulo. Da Wikimedia Commons Mentnafunangann / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_Pompei_8.JPG Da Flikr Carole Raddato / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/) Modificato https://www.flickr.com/photos/carolemage/24595965956/
  • 23. Pompei, portici del Foro, rifacimento di età augustea
  • 24. Da Wikimedia Commons: Wknight94 / CC BY-SA (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) Ritaglio https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Forum_in_Pompeii_6.jpg Pompei, portici del Foro, rifacimento di età augustea
  • 25. Pur nelle limitate dimensioni del modello, è possibile osservare le modalità di suddivisione dei blocchi. Nella trabeazione: fregio e architrave sono intagliati in un blocco centrale che non poggia sopra le colonne, ma grazie ai fianchi obliqui si appoggia su più corti blocchi contigui, come una piattabanda.
  • 26. Inoltre sul retro della trabeazione sono intagliati grandi incassi destinati alle travi in legno del solaio tra i due piani.
  • 27. Da Wikimedia Commons: Carole Raddato from FRANKFURT, Germany / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by- sa/2.0) Ritaglio https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arch_of_Augustus_at_Ariminum,_dedicated_to_the_Emperor_Augustus_by_the_Rom an_Senate_in_27_BC,_the_oldest_Roman_arch_which_survives,_Rimini,_Italy_(19948839545).jpg Rimini, porta monumentale dedicata a Augusto, 27 a.C.
  • 28. Il modello è di maggiori dimensioni degli altri visti fin qui e molto accurato anche per i particolari della decorazione architettonica.
  • 29. Possiamo notare nella cornice le mensole piatte e i cassettoni privi di propria incorniciatura.
  • 30. Sempre nella cornice, i dentelli hanno lo spazio intermedio quasi interamente riempito.
  • 31. Il capitello corinzio ha sottili elici e volute a giorno e con fiorellini a riempire lo spazio di risulta.
  • 32. Sono tutte caratteristiche comuni tra la fine dell’età repubblicana e la prima età augustea.
  • 33. Il modello è il capitello corinzio greco-ellenistico, come quello dell’Olympieion di Atene Ma lo spazio più ampio tra elici e volute ha reso necessaria l’introduzione di questo particolare motivo decorativo, che in seguito scomparirà.
  • 34. Anche il capitello corinzio di pilastro, di cui si conserva la metà superiore, appartenente alla collezione esposta nel Museo dei Fori Imperiali, dai portici del Foro di Cesare nella loro prima fase cesariano-augustea, presenta il fiorellino nello spazio tra elici e volute.
  • 35. Un particolare interessante sono i due cassettoni decorati con grandi aquile che tengono tra gli artigli i fulmini di Giove
  • 36. Mausoleo di Glanum 30/20 a.C. Da Wikimedia Commons: Carole Raddato from FRANKFURT, Germany / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:The_Mausoleum_of_the_Julii,_about_40_BC,_Glanu m_(14794079015).jpg
  • 37. Da Wikimedia Commons: Marianne Casamance / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_R%C3%A9my_- _Mausol%C3%A9e_de_Glanum_7.JPG Il linguaggio architettonico che abbiamo visto nella porta di Rimini, si diffonde anche nelle più antiche province romane. Le famiglie delle elite locali lo adottano nei monumenti destinati alla loro autorappresentazione, come per il mausoleo della famiglia dei Giulii a Glanum.
  • 38. Anche nel modello, nonostante la scala ridotta il capitello mostra il tipico fiore nello spazio tra elici e volute. Da Wikimedia Commons: Marianne Casamance / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_R%C3%A9my_- _Mausol%C3%A9e_de_Glanum_7.JPG
  • 39. Un altro elemento di questo linguaggio decorativo è rappresentato dalle girali d’acanto. Adoperarlo per il proprio monumento funerario, come farsi rappresentare in toga per esplicitare la propria condizione di cittadino, testimonia l’adesione delle elite locali al modello romano.
  • 40. Da Wikimedia Commons: Marianne Casamance / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Modificato https://commons.wikimedia.org/wiki/File:St_R%C3%A9my_-_Mausol%C3%A9e_de_Glanum_7.JPG In questo mausoleo il motivo delle girali d’acanto è applicato anche sull’archivolto, invece di riprendere la tradizionale decorazione di un architrave curvilineo: anche in seguito in questi stessi luoghi si manifesterà un simile gusto per ampie superfici riccamente decorate.
  • 43. Il modello ha dimensioni relativamente piccole ed è meno preciso nei particolari, ma ricostruisce l’aspetto del complesso in antico, come oggi non possiamo più vederlo.
  • 44. L’autore, Italo Gismondi, ha dovuto ipotizzare come il coronamento con mensoloni in travertino del muro di fondo, non più conservato in questo punto, si collegasse alla trabeazione del Tempio di Marte Ultore.
  • 45. L’ordine architettonico del Tempio diventerà il modello per tutti gli edifici successivi, a Roma e nelle province. Si è creato uno stile decorativo tipicamente romano che riprende i modelli greco-ellenistici e italici e avrà successivamente una sua propria evoluzione.
  • 46. La scala del modello non consente di apprezzare a pieno i particolari decorativi
  • 47. “Il tumultuoso affluire di opere d’arte e di impulsi artistici diversi si era esaurito. La miscela, satura di tanti ingredienti, incominciava a chiarirsi e a depositare il suo residuo.” (R. Bianchi Bandinelli, Roma. L’arte romana nel centro del potere, 1969)
  • 48. Nell’architrave è interessante la vegetalizzazione del kyma lesbio trilobato, con l’inserimento di foglie di quercia. Anche i particolari decorativi sono uno dei mezzi attraverso cui viene trasmesso il messaggio propagandistico del principe.
  • 49. Arco di Orange, età tiberiana Da Wikimedia Commons: Akke di Wikipedia in inglese / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arch_in_Orange,_France_Aug_2013_-_Front.jpg
  • 50. Le piccole dimensioni del modello hanno implicato una semplificazione dei particolari decorativi (manca per esempio la decorazione a foglie d’acanto delle mensole della cornice o la decorazione dell’abaco e l’intaglio delle foglie d’acanto nel capitello corinzio).
  • 51. È chiaro comunque che il modello decorativo augusteo è ormai pienamente recepito anche nelle province meridionali della Gallia.
  • 52. L’archivolto mostra però il gusto locale per l’esuberanza decorativa, come già visto nel più antico mausoleo di Glanum.
  • 53. Il gusto locale si manifesta anche in questa particolare decorazione “a cilindretti” (che nel plastico sono stati “tradotti” come più tradizionali dentelli), che si ritrova anche in altri esempi della provincia e non altrove.
  • 54. Verona, arco dei Gavii, età giulio-claudia
  • 55. Nel modello, come nell’originale, resta traccia della ricca decorazione vegetale degli stipiti dell’arco. Questo arricchimento decorativo tende a estendersi nel corso dell’età giulio claudia.
  • 56. La decorazione è arricchita anche sull’archivolto, decorato tradizionalmente come un architrave. La prima fascia è decorata da baccellature e una modanatura più articolata del tradizionale astragalo a fusarole e perline è presente tra seconda e terza fascia.
  • 58. Da Wikimedia Commons: Ben Bender / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Brescia,_Province_of_Brescia,_Italy_-_panoramio_(76).jpg Capitolium di Brescia, 73 d.C.
  • 59. Da Wikimedia Commons: Zairon / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Brescia_Capitolium_Giebel_4.jpg Come nel caso del Foro di Augusto, il modello ha dimensioni relativamente piccole e non è molto preciso nei particolari, ma ricostruisce l’aspetto del complesso in antico, come oggi non possiamo più vederlo.
  • 60. Anche in questo caso è interessante notare come i realizzatori del plastico abbiano dovuto ipotizzare una soluzione per la giunzione tra l’ordine dei portici laterali e l’ordine di maggiori dimensioni delle ali del tempio.
  • 61. Arco di Tito, Roma, 81 d.C. Da Wikimedia Commons: Rabax63/ CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:TitusbogenFront.jpg
  • 62. La trabeazione dell’arco mostra come in epoca flavia la decorazione sia diventata più ricca e fortemente chiaroscurata, anche se il profondo intaglio che arriva a scavare dietro le superfici in vista si perde un po’ nel modello.
  • 63. Un dettaglio dell’originale mostra la splendida decorazione delle mensole, con due delfini intrecciati al posto della tradizionale foglia d’acanto.
  • 64. I fianchi della mensola sono decorati in modo meno marcato: sono meno visibili e l’esperienza ormai acquisita dalle officine consente anche di risparmiare una lavorazione approfondita dove non contribuisce all’effetto generale.
  • 65. Il taglio della foto consente anche di apprezzare nel kyma ionico, in un punto dove le parti più sporgenti sono andate perdute, quanto profondamente il marmo era scavato dietro di esse. L’effetto è quello di un intenso chiaroscuro.
  • 66. L’accuratezza del modello si spinge fino a registrare un piccolo tratto dell’archivolto dove si era cominciata a intagliare una modanatura decorata sul coronamento, liscio in tutto il resto del monumento.
  • 68. Porta di Adriano, Adalia, 130 d.C. Da Wikimedia Commons: Ingo Mehling / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Antalya_-_Hadrian%27s_Gate.jpg
  • 69. Nel modello, che ricostruisce il monumento integro, si perdono tuttavia i particolari del disegno e la raffinata resa della decorazione originaria. Da Wikimedia Commons: Bernard Gagnon / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hadrian%27s_Gate,_Antalya_05.jpg
  • 70. La decorazione delle province romane dell’Asia Minore è erede della raffinata tradizione ellenistica, che ha influenzato alle origini, in età augustea, la formazione di uno stile decorativo romano e ora, agli inizi del II secolo d.C., è a sua volta influenzata dai modelli urbani.
  • 71. Da notare la cornice con sima molto sviluppata e sottocornice ridotta in altezza e l’intaglio quasi metallico degli elementi decorativi sui profili modanati.
  • 72. Architrave del portale del Pantheon di Roma (120-124 d.C.) Altri particolari tipici della decorazione delle province dell’Asia Minore sono il fregio leggermente convesso, il coronamento dell’architrave con anthemion a palmette, kyma ionico e astragalo (anziché con kyma lesbio trilobato e astragalo) e l’architrave stesso a due fasce (anziché a tre)
  • 73. Altri particolari tipici della decorazione delle province dell’Asia Minore sono il fregio leggermente convesso, il coronamento dell’architrave con anthemion a palmette, kyma ionico e astragalo (anziché con kyma lesbio trilobato e astragalo) e l’architrave stesso a due fasce (anziché a tre) Architrave del portale del Pantheon di Roma (120-124 d.C.)
  • 74. Porta di Adriano, Atene, 125-138 d.C.
  • 75. Ancora una volta, la resa dei particolari decorativi si perde nel modello, a causa delle sue piccole dimensioni, ma si colgono ancora alcune delle caratteristiche della struttura decorativa. I capitelli corinzi hanno elici e volute a nastro piuttosto largo e sono aderenti il più possibile al kalathos.
  • 76. Il confronto con il quasi contemporaneo capitello del pronao del Pantheon, a Roma (120-124 d.C.) mostra invece il nastro sottile delle elici e delle volute nella capitale.
  • 77. Le grandi zone d’ombra circolari delle foglie d’acanto ad Atene riprendono la tradizione locale, differenziandosi dalle zone d’ombra strette e a cuneo di Roma.
  • 78. Atene, Porta di Adriano 125-138 d.C. Atene Olympieion 184-163 a.C. Atene, Odeion di Agrippa 16-14 a.C. Roma, Pantheon, 120-124 d.C: In tutto l’Impero, le tradizioni decorative e i gusti locali si intrecciano con il modello della capitale, con esiti diversi ogni volta.
  • 79. Anche la presenza di capitelli “a sofà” come imposta dell’arco inferiore riprende un tema della tradizione decorativa greca, ibridato con i capitelli corinzieggianti romani.
  • 80. Cenotafio di Anna Regilla, Roma, parco della Caffarella, poco dopo il 160 d.C.
  • 81. Il modello ripropone l’edificio come doveva essere in origine Da Wikimedia Commons: Camelia.boban / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:MAppiaM_2016_ Parco_della_Caffarella_12.jpg
  • 82. Da Wikimedia Commons: Giuppy85 / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sepolcro_di_Annia_Regilla_- _tempio_del_dio_Redicolo_(dettaglio_15).jpg Fianchi e retro conservano una raffinata decorazione in laterizio, che si avvale a fini decorativi della policromia data dai mattoni rossi e gialli
  • 83. Inoltre i mattoni sono stati accuratamente intagliati con modanature decorate molto articolate, in particolare per le bellissime incorniciature delle finestre Da Wikimedia Commons: Giuppy85 / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sepolcro_di_Annia_Regilla_- _tempio_del_dio_Redicolo_(dettaglio_12).jpg
  • 84. Da notare che le due foto riguardano la stessa finestra, sul fianco sinistro del monumento. Nel modello però la modanatura che incornicia l’apertura è un kyma ionico, invece che un kyma lesbio trilobato: i realizzatori hanno ripreso anche per i fianchi la finestra, meglio conservata, del retro. Da Wikimedia Commons: Giuppy85 / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sepolcro_di_Annia_Regilla_- _tempio_del_dio_Redicolo_(dettaglio_12).jpg
  • 85. Sabratha, scena del teatro, 180-211 d.C.
  • 86. Sabratha, scena del teatro, 180-211 d.C. Da Wikimedia Commons: Jan Hazevoet / CC BY (https://creativeco mmons.org/licenses /by/3.0) https://commons.w ikimedia.org/wiki/Fi le:Sabratha_theatre _-_panoramio.jpg
  • 87. Il modello ripropone i tre ordini della scena in modo spettacolare e consente di apprezzare le diverse qualità di marmi colorati dei fusti delle colonne.
  • 88. Il colorismo dell’insieme è accentuato anche dall’alternanza tra fusti lisci, scananati e scanalati a spirale.
  • 89. Da Wikimedia Commons: Riad Hadjsadok / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Temple_de_Minerve,_Tebessa.jpg Tempio detto di Minerva a Tébessa (Algeria), inizi del III secolo d.C.
  • 90. Da Wikimedia Commons: Michel-georges bernard / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:T%C3%A9bessa.3.jpg Nel modello ricostruttivo, ancor meglio che nell’originale, privo della parte superiore, si coglie la strana articolazione della trabeazione, dove fregio e architrave sono sostituiti da rilievi, alternati a dadi con bucrani posti al di sopra delle colonne. Al di sopra della ridotta cornice, questa stessa articolazione in rilievi e dadi si ripete su una sorta di attico, che in origine era a sua volta coronato da una seconda cornice.
  • 91. Da Wikimedia Commons: Michel-georges bernard / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:T%C3%A9bessa.3.jpg Questa strana disposizione, che moltiplica le superfici disponibili per i rilievi, risponde evidentemente a una precisa esigenza dei committenti, che preferiscono, secondo il gusto locale, una maggiore ricchezza decorativa ad una corretta articolazione della trabeazione, ed hanno in questo modo un maggiore spazio per trasmettere attraverso i rilievi il proprio messaggio.
  • 92. Da Wikimedia Commons: Habib kaki / CC0 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Porte_Caracalla_- _T%C3%A9bessa_%D8%A8%D8%A7%D8%A8_%D9%83%D8%B1%D9%83%D9%84%D8%A7_-_%D8%AA%D8%A8%D8%B3%D8%A9_3.jpg Arco di Caracalla a Tébessa (Algeria), 214 d.C.
  • 93. Da Wikimedia Commons: Mabrouk boutagouga / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) (ritagliato) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Caracalla_tebessa_1.jpg La strana articolazione della trabeazione, propria di Tébessa, si ritrova anche sull’arco, con il fregio-architrave rimpiazzato da un rilievo vegetale incorniciato da modanature e interrotto agli angoli da grandi foglie d’acanto verticali, che occupano anche la fascia inferiore.
  • 94. Arco di Settimio Severo a Roma, 203 d.C.
  • 95. Pochi anni prima, a Roma, la trabeazione e i capitelli compositi dell’arco di Settimio Severo sono pienamente nel solco della tradizione, mescolando diversi influssi.
  • 96. Il grande sviluppo della sopracornice e l’architrave a due fasce provengono dalla tradizione delle province asiatiche, introdotta a Roma qualche tempo prima da Adriano.
  • 97. I tralci vegetali che occupano interamente il nastro delle volute e la modanatura decorata relativamente grande tra le fasce dell’architrave, come anche il fiorellino negli archetti del kyma lesbio trilobato, sono ciò che si è sedimentato della ricchezza decorativa di età flavia.
  • 98. Da notare, nel modello, la strana resa allungata dei dentelli della cornice, che non corrisponde all’originale. Tuttavia le decorazioni sono riprodotte in generale con grande fedeltà anche nei particolari.
  • 99. Foto di Massimo Baldi Il coronamento di imposta dei fornici minori reca una splendida decorazione, fortemente vegetalizzata, che si distingue dai precedenti flavi solo per una minore sottolavorazione delle forme e per le linee d’ombra scavate da forellini di trapano, che contribuiscono alla definizione del disegno.
  • 100. Foto di Massimo Baldi Da notare il particolare della “maschera d’acanto” (un volto umano con capelli e barba resi dal fogliame) che è inserita nel fregio a girali in basso.
  • 101. Da Wikimedia Commons: cunoastelumea / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arcul_lui_Constantin_3.jpg Arco di Costantino a Roma, 312-315 d.C.
  • 102. La ricostruzione delle modanature della cornice è piuttosto accurata, ma a causa delle dimensioni relativamente piccole del modello, non riesce tuttavia a dar conto delle differenze di resa tra i blocchi di cornice più antichi reimpiegati nell’arco e le loro copie costantiniane, inserite per le parti sporgenti.
  • 103. Queste differenze sono molto significative: nelle foto sotto abbiamo da sinistra un tratto di una delle cornici originali, reimpiegate nell’arco, un tratto del lato anteriore, più visibile e più rifinito, di uno dei blocchi di cornice costantiniani utilizzati per gli elementi sporgenti sopra le colonne, e infine le modanature meno rifinite, e anzi, quasi non finite, di uno dei fianchi di questi elementi.
  • 104. In epoca tardo antica, l’adattamento di elementi di reimpiego richiede particolare abilità e cura. L’attenzione delle officine e le richieste dei committenti si focalizzando sull’effetto generale da ottenere, risparmiando le lavorazioni non necessarie a questo scopo, grazie a un’accurata organizzazione.
  • 105. I modelli esposti nella mostra ci hanno consentito una carrellata attraverso la decorazione architettonica dei grandi edifici monumentali delle città dell’impero, con le diverse soluzioni adottate per qualificare gli spazi importanti della vita cittadina nel corso del tempo e nelle diverse province.
  • 106. Per quando l’emergenza sanitaria sarà finita vi aspettiamo e vi invitiamo a tornare per osservare i particolari dei modelli esposti, anche di quelli che non abbiamo mostrato qui.
  • 107. E nell’attesa, vi proponiamo una sfida: riuscirete a riconoscere al modello di quali altri edifici esposti in mostra appartengono le foto che seguono? (le soluzioni al termine del video)
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  • 118. Soluzioni 1 Arco di Marco Aurelio a Tripoli (Libia) 2 Mausoleo di Augusto a Roma 3 Arco di Galerio a Salonicco (Grecia) 4 Capitolium di Timgad (Algeria) 5 Arco di Berà (Spagna) 6 Mercato di Serzio a Timgad (Algeria) 7 Arco detto “Porta Nera” a Besançon (Francia) 8 Cesareo di Cirene (Libia) 9 Arco detto di Giano a Roma 10 Arco di Laodicea (Siria)

Editor's Notes

  1. Spazi ed edifici delle città romane come elemento unificante della civiltà romana in tutto l’impero