Nota al grande pubblico soprattutto per il Retail Banking, ING è attiva nel Wholesale Banking (Corporate & Investment Banking) da oltre 30 anni. E oggi serve numerosi clienti focalizzandosi su finanziamenti alle energie sostenibili e sul Real Estate, ma non solo: lo racconta ad Azienda Banca Max Rossi, Max Rossi, Head of Wholesale Banking per ING Italia
Efficienza e digitale per competere nel corporate banking - Intervista a Max Rossi, Head of Wholesale Banking per ING Italia
1. 46 AZIENDABANCA - dicembre 2017
INTERVISTA - ING
Domanda. ING è attiva in Italia nel Wholesale
Banking dal 1979. Quali sono i vostri numeri nel
nostro Paese?
Risposta. La Divisione Wholesale Banking di ING Italia
ha esposizioni per 9 miliardi, di cui circa 5 fuori bilan-
cio, e conta uno staff di 85 dipendenti. Ci rivolgiamo
a clienti Corporate, Financial Institutions e Investitori,
per un totale di circa 400 soggetti.
Il Corporate Italiano è un mondo notoriamente
piccolo. Con quante aziende di grandi dimensioni
lavorate?
La soglia di 250 milioni di euro di fatturato restringe
i nostri clienti Corporate italiani a una cinquantina di
aziende. A queste possiamo aggiungere poco meno
di 300 subsidiaries di large corporate estere, cioè di
multinazionali che lavorano con ING nei 40 mercati
in cui la banca è presente. Alle subsidiaries fornia-
mo servizi di payment e cash management, garanzie
sul credito e linee di finanziamento. Come volume di
Efficienza e digitale
per competere nel
Corporate
NOTA AL GRANDE PUBBLICO SOPRATTUTTO PER
IL RETAIL BANKING, ING È ATTIVA NEL WHOLESALE
BANKING IN ITALIA DA OLTRE 30 ANNI. E OGGI SERVE
DIVERSI CLIENTI FOCALIZZANDOSI SUI FINANZIAMENTI
ALLE ENERGIE SOSTENIBILI E IL REAL ESTATE, MA
NON SOLO: CE LO RACCONTA MASSIMILIANO ROSSI,
RESPONSABILE WHOLESALE BANKING PER ING ITALIA
Massimiliano Rossi,
Responsabile Wholesale
Banking per ING Italia
2. dicembre 2017 - AZIENDABANCA 47
INTERVISTA - ING
business, pesano comunque meno delle Corporate
italiane, che seguiamo a tutto tondo con il corporate
banking.
Il familismo di molte realtà italiane viene spesso
visto come un ostacolo nel rapporto tra banca e
impresa. Come valuta il livello degli interlocutori
all’interno delle aziende?
Parliamo con CFO, Tesorieri e anche singoli respon-
sabili di prodotto, in base al modello operativo di
ogni azienda. Nelle aziende Corporate, quasi sem-
pre quotate, il livello dei CFO è eccellente e non ha
nulla da invidiare ai clienti internazionali. Certamente,
scendendo di scala dimensionale si possono incontra-
re aziende magari eccellenti nel loro settore ma poco
sofisticate dal punto di vista finanziario.
Negli ultimi anni abbiamo visto una crescita
dell’interesse verso la supply chain finance,
visto il forte legame tra alcune grandi imprese e
molti fornitori specializzati ma di piccole dimensioni.
Il credito di filiera è sicuramente in linea con le esigen-
ze di molte aziende italiane e non è certo un prodotto
banale. Richiede investimenti importanti per creare
piattaforme informatiche e sistemi di back office di
supporto. Fare parte di un gruppo internazionale ci
aiuta molto da questo punto di vista.
Essere parte di un Gruppo internazionale è un
vantaggio competitivo nel Corporate banking?
Lo è, in quanto ci dà la possibilità di servire alcuni grandi
clienti su più mercati e la capacità di fare scala. I margini
sono in compressione e un funding efficiente fa la dif-
ferenza rispetto ai competitor. Ma le quote di mercato
si conquistano con i tempi di delivery: a livello interna-
zionale abbiamo adottato procedure decisionali snelle,
con comitati che interagiscono su portali online di col-
laboration, commentando e approvando le operazioni.
Abbiamo tempi di risposta particolarmente veloci. La
solidità di una banca internazionale conta sicuramente
su alcuni aspetti: ING ha un rating migliore rispetto ai
competitor italiani. E questo per esempio dà alle nostre
garanzie uno standing molto elevato.
Per quanto riguarda il project finance, siete tra i
principali player per i progetti legati alle energie
rinnovabili.
Abbiamo partecipato a operazioni nelle infrastruttu-
re, nelle telecomunicazioni e nello shipping, ma siamo
particolarmente forti nel finanziamento delle energie
rinnovabili, con circa 600 milioni di euro di erogato.
L’attenzione al tema della sostenibilità è comune a tut-
to il Gruppo ING che, a livello globale, investe 35 mi-
liardi in finanzia sostenibile. Siamo all’interno del Dow
Jones Sustainability Index con 89 punti, rispetto a una
media bancaria di 58.
Quali criteri di investimento sostenibile avete
adottato?
Dagli anni ’90 ING si è dotata di target rigidi non solo
per ridurre il carbon footprint della propria attività
aziendale, ma soprattutto per l’allocazione sostenibile
degli investimenti. Non finanziamo da anni il nucleare
e il Gruppo sta progressivamente riducendo gli inve-
stimenti in carbone e in altri settori esclusi dalla finan-
za etica. Questo nel breve termine è andato anche a
discapito della massimizzazione della redditività, ma
nel lungo periodo un’azienda sostenibile ha più pro-
babilità di restare sul mercato e prosperare. Per que-
sto adottiamo criteri di investimento sostenibili anche
nel real estate.
Il mercato del real estate si sta riprendendo? Che
impatto ha avuto la crisi?
Nel 2016 ING è tornata ai livelli di esposizione pre-
crisi per quanto riguarda i finanziamenti al real estate.
In Italia abbiamo una esposizione di circa 2 miliardi di
euro. La crisi in realtà non ci ha penalizzato: con un
team di otto persone finanziamo l’acquisizione di im-
mobili finiti e quindi abbiamo evitato il rischio di co-
struzione; e abbiamo adottato criteri stringenti, man-
tenendo il loan to value in un range tra il 50% e il 60%.
Negli ultimi tre anni gli investitori istituzionali sono
tornati a guardare con interesse al real estate italiano
e questo sta aiutando la ripresa.
A.G.