1. Finanza / Corporate Governance
CDA DELLE BANCHE: AFFOLLATI E COSTOSI
di Alessandro Casanova e Emilio Roncoroni 18.02.2011
Dal 2012, gli azionisti delle società quotate dovranno esprimersi anche sui livelli delle
remunerazione dei membri dei consigli di amministrazione e dei manager. Nel settore bancario, la
retribuzione dell'amministrare delegato è in genere pari a trenta volte il costo medio del personale,
di per sé già piuttosto alto. Ancora più elevata nei due istituti più grandi e più internazionalizzati. I
consigli di amministrazione hanno molti membri: probabilmente il gran numero di consiglieri serve a
garantire una adeguata rappresentanza ai diversi soci.
A partire dalle assemblee del 2012, gli azionisti delle società quotate dovranno esprimersi anche sui
livelli delle remunerazione dei membri dei consigli di amministrazione e dei manager. Questo
significa che i bilanci delle società dovranno aumentare le informazioni sui criteri di remunerazione
applicati per i consiglieri e per il top management.
In un precedente intervento ci eravamo occupati dei costi dei Cda di un campione delle principali
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2. società quotate alla borsa di Milano, qui il focus dell’analisi è orientato a un gruppo di imprese
appartenenti allo stesso settore di attività economica: quello bancario.
Un importante assunto della scelta risiede nella ipotesi che le remunerazioni del top management
possano essere correlate ai diversi contesti competitivi dei mercati in cui le singole imprese
agiscono. In altri termini, se si limita l’osservazione a un campione di società simili per attività
economica, ne consegue che le difficoltà di mercato dovrebbero risultare molto coincidenti tra le
società e i livelli di stress altrettanto simili.
BANCHE E COSTO DEL PERSONALE
Le banche analizzate sono undici, il livello di capitalizzazione (media del 2009) raggiunge i 90
miliardi di euro (23 per cento circa della capitalizzazione totale), la struttura occupazionale oltre
380mila addetti, il cui costo medio si colloca attorno a 60mila euro. Le banche sono imprese che
sostengono un alto costo del personale, nel caso del gruppo Bpm si toccano gli 81mila euro per
addetto.
In generale, per confrontare il costo degli organi di governo di un’impresa, si utilizza il metodo del
multiplo ottenuto ponendo a numeratore il costo del Cda o dell’amministratore delegato e a
denominatore il costo medio del personale del gruppo. Nel caso in cui cresca solo il valore del
denominatore, il multiplo tende a ridursi dando luogo a una contrazione del grado di
disuguaglianze delle retribuzioni.
È quanto avviene nelle banche dove il rapporto tra la remunerazione dell’ad e il costo medio del
personale è pari a 30 volte (costo medio dell’amministratore delegato 1,8 milioni di euro e costo
medio del dipendente 60mila euro).
Nelle società industriali il divario cresce soprattutto a causa del basso costo medio del personale:
35–37mila euro pari al 62 per cento del costo del bancario.
Il costo del personale cala nelle due banche più grandi, Unicredit e Intesa San Paolo, forse per la
maggior incidenza di dipendenti occupati in paesi esteri con livelli retributivi inferiori a quelli
nazionali. Unicredit e Intesa San Paolo fanno segnare un rapporto costo di ad su costo medio del
personale superiore di 70 volte, più del doppio rispetto a quello medio del campione, confermando
tendenze convergenti, frutto, molto verosimilmente, di modelli di business simili.
SISTEMI DI GOVERNANCE
Gli organi di governo delle undici banche costano (nel 2009) 68 milioni di euro, di cui circa 20
milioni per gli amministratori delegati. La composizione degli organi è piuttosto numerosa: 228
membri, circa 22 in media. Nel costo sono compresi anche gli emolumenti ai consiglieri presenti nei
consigli di amministrazione di alcune partecipate del gruppo.
Il compenso dell’amministratore delegato risulta fortemente correlato con la dimensione della
banca, almeno per quelle più grandi: Unicredit e Intesa San Paolo offrono remunerazioni più che
doppie rispetto a quella media. La dimensione dei due gruppi, la maggiore articolazione geografica,
un più ampio portafoglio prodotti e mercati, sono elementi che danno ragione di queste differenze
retributive.
Il compenso degli amministratori delegati del campione analizzato è per il 56 per cento relativo a
emolumenti fissi, pertanto alta è la quota variabile. Diventa critico il criterio di individuazione dei
parametri in base ai quali si forma la componente variabile della remunerazione del top
management. Sarebbe interessante verificare se i bilanci del 2011 comprenderanno anche
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3. informazioni su questi parametri e sui criteri di scelta. Si potrebbe ipotizzare che essendo le banche
imprese operanti in mercati simili, anche i criteri di remunerazione potrebbero seguire logiche
coincidenti. Un primo aspetto riguarda la distribuzione temporale del bonus, che non viene pagato
tutto nell’anno, ma spalmato su più esercizi. Morgan Stanley ha deciso che il bonus dei vertici sia
differito nel tempo per l’80 per cento del valore. I parametri che potranno comporre la base per il
calcolo dei bonus devono tener conto delle differenti aree di business in cui ciascuna banca opera.
Le banche quotate, con l’eccezione di Unicredit e Intesa San Paolo, restano molto radicate sul
mercato nazionale e con una forte prevalenza delle attività retail. Il prevalere di questo modello di
business può indurci a ritenere che gli schemi di valutazione delle performance aziendali sui quali
calcolare i premi o bonus da assegnare al top management risultino fondamentalmente simili,
rendendo, conseguentemente, più semplice un futuro confronto tra le diverse banche.
Banca d’Italia sta per emanare un regolamento dove verranno indicati i criteri per il calcolo dei
bonus dei manager con ruoli riconducibili a “risk taker”. Ovviamente vi sono compresi gli
amministratori delegati e i direttori generali, determinando pertanto un criterio condivisibile tra le
banche.
Un aspetto critico è rappresentato invece dall’elevato numero dei membri dei consigli di
amministrazione. In tre casi, Intesa San Paolo, Ubi Banca e Banco Popolare, è stato introdotto il
modello duale con una sensibile crescita del numero dei consiglieri: 30 per Intesa San Paolo, 34 per
Ubi Banca, 32 per Banco Popolare. Negli altri otto casi i consigli di amministrazione variano da un
minimo di dodici (Banca Mps) a un massimo di ventitré (Unicredit).
Se è difficile ipotizzare un numero ideale per la composizione del consiglio di amministrazione, è
certo tuttavia che non è facile rintracciare il valore aggiunto prodotto da organismi affollati.
L’elevato numero dei consiglieri, in società con ampie basi di azionisti, sembra orientato a garantire
una adeguata rappresentanza ai diversi soci.
Grafico1. Variazione rispetto al valore medio del campione pari a 100
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