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36 Martedì 10 Marzo 2020
ISTITUTO NAZIONALE DI RAGIONERIA
Intervista a Gianluca Tartaro, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Tivoli
Occorre aver cura dei giovani
Condivisione e flessibilità per il futuro della professione
«È
la febbre del-
la gioventù che
mantiene il resto
del mondo alla
temperatura normale. Quan-
do la gioventù si raffredda, il
resto del mondo batte i denti».
Con queste parole lo scrittore
francese George Bernanos ha
sempre sostenuto la neces-
sità di valorizzare i giovani,
partendo in primo luogo dallo
smettere di darli per scontati.
Avere nuova linfa vitale per
la collettività, la famiglia ed il
lavoro,infatti,è ciò che permet-
te alla società di andare avanti
nonostante tutto. Ed è proprio
la consapevolezza di questa re-
altà che, ad avviso di Gianluca
Tartaro, presidente dell’Ordi-
ne dei dottori commercialisti e
degli esperti contabili diTivoli,
dovrebbe guidare le scelte della
categoria. Classe ’64, padre di
famiglia, appassionato di libri
gialli, di tennis e amante degli
animali, di cani in particolare,
per Tartaro l’attenzione alle
nuove generazioni è sempre
stata prioritaria, così come il
rapporto di colleganza. «L’aver
dato avvio,assieme ai miei col-
leghi,allo studio quando erava-
mo ancora molto giovani ci ha
dato la possibilità non solo di
affrontare meglio le difficoltà
della professione ma anche e
soprattutto di condividere e ac-
crescere le nostre conoscenze»,
ha raccontato Tartaro, «una
esperienza che raccomanderei
a ciascun aspirante professio-
nista di poter fare». Affinché
questo accada, però, è necessa-
rio che prima di tutto ci siano
dei giovani ancora interessati
a dedicarsi anima e corpo ad
essere commercialisti e,in que-
sto senso, un grande contribu-
to può essere fornito sia dalle
università, sia dalle istituzioni
pubbliche e di categoria.
«Il futuro della professione
sta tutto nella capacità che
avremo di tornare ad essere dei
professionisti che si colloca-
no al fianco delle imprese
e all’interno dei tribunali.
Per fare questo, però, dob-
biamo in primo luogo ab-
bandonare l’idea di poter
svolgere la professione in
modo statico,stanziale,die-
tro alla scrivania. Dobbia-
molentamenteabbandonarela
quotidianità della professione
come sinora intesa e spostarci
sul territorio,lì dove è necessa-
rio. Per fare questo, però», ha
proseguitoTartaro,«è necessa-
rio che arrivi un input prima
di tutto durante il percorso di
studi universitari. In seconda
battuta,poi,dobbiamo mettere
in moto un meccanismo virtuo-
so che garantisca la certifica-
zione delle nostre competenze.
In tale ottica», ha sottolineato
il numero uno dell’Odcec di
Tivoli, «le specializzazioni, così
come intese adesso, sono una
risposta solo a metà. Meglio
sarebbe, invece, se fosse presa
seriamente in considerazio-
ne l’ipotesi dell’istituzione di
esclusive professionali attri-
buibili alla figura del commer-
cialista.All’interno delle quali,
poi, procedere con l’analisi
profonda sulle tanto dibattute
specializzazioni. Un passo in
questa direzione, però, potreb-
beesserefattosolosullabasedi
una presa di coscienza da parte
della politica e delle istituzio-
ni che, come categoria, siamo
fondamentali e che, come tali,
non possiamo lavorare gratis o
conto terzi o,addirittura,quoti-
dianamente contrastando le cd
attività non ordinisticamente
organizzate».
Una convinzione rafforzata
anche grazie al costante con-
tatto con i colleghi. «Essere un
ordine di medie dimensioni
offre a tutti noi la possibilità
di conoscere e confrontarsi con
tantissimi professionisti. Ed è
proprio dal confronto con loro
che, in questi anni, ho matura-
to la consapevolezza della ne-
cessità di un cambio di prospet-
tiva rispetto alla professione.
Non possiamo continuare ad
essere autoreferenziali e poco
propositivi nei confronti di ciò
che ci succede intorno. È no-
stro preciso compito, sia come
professionisti,sia come rappre-
sentati della categoria, fare in
modo che, nei prossimi anni,
sia avviato un meccanismo
“morale” in base al quale
Università, imprese e ca-
tegorie professionali lavo-
rino fianco a fianco. Solo
così»,ha conclusoTartaro,
«potremo riavvicinare i
giovani alla professione e
garantirne il futuro».
© Riproduzione riservata
Un film di fantascienza dalle sfumatu-
re gotiche fa da sfondo alla nascita del
cyberFrankenstein e il ruolo del dott.
Frankenstein è interpretato da uno dei
personaggi più disruptive della nostra
epoca: Elon Musk, ceo di Tesla e SpaceX.
Potenziare il cervello umano e fondersi
con le macchine. Nasce così il progetto
di una nuova startup, Neuralink, fondata
nel luglio 2016 e dedicata alla creazione
del chip neurale, un’estensione capace
di accrescere le potenzialità del cervello
umano. Il progetto all’avanguardia, avva-
lendosi di neurostimolazione cerebrale,
utilizza un chip per il potenziamento del
cervello umano e l’impianto di elettrodi
per espandere la sua capacità mnemoni-
ca, creando una sorta di superuomo co-
stantemente connesso con la macchina.
Grazie alle nanotecnologie, minuscoli
elettrodi potrebbero essere impiantati
nel cervello per avere un’interazione
diretta con il computer in un costante
download e upload di
informazioni. Nel suo
libro Cyberuomo, Musk
dipinge un futuro simi-
le a quello tratteggiato
da Asimov, in cui l’in-
telligenza artificiale
ha totalmente soppian-
tato l’uomo divenendo
«la più grande minaccia
alla nostra esistenza».
Unico argine possibile
all’estinzione dell’uo-
mo resta il potenziamento umano, la na-
scita del cyborg che, integrando uomo e
macchina e fondendo IA e genere umano,
garantisce una sorta di immortalità di-
gitale. Il processo avviato dai pc e dagli
smartphone, ci ha già trasformato in una
sorta di cyberuomini, fornendo il collega-
mento tra tecnologia e cervello. Il chip,
come estensione, renderebbe ancora più
veloce qualsiasi processo di condivisione
di dati. «Il tuo smartphone è già una tua
estensione. Molte persone non si rendo-
no conto di essere già dei cyborg. Ma la
condivisione dei dati è lenta, molto lenta.
È come un sottile flusso di informazioni
tra la versione biologica e quella digitale
di te stesso. Dobbiamo trasformare quel
piccolo flusso in un enorme fiume». Pro-
prio come nell’enigmatico film cult «ex
machina», del regista Alex Garland, la na-
scita di un’interfaccia cervello-macchina
iperconnessa, crea la prima intelligenza
artificiale capace di autocoscienza. Uma-
nizzare le macchine e
robotizzare gli esseri
umani, immortalità
digitale e superuomo
sono l’ibrido destino
che ci attende e l’oriz-
zonte futuro al di là
«dei bastioni di Orio-
ne vicino alle porte di
Tannhauser».
Jessica Sini, presi-
dente Neure
© Riproduzione riservata
Neuralink e la nascita del primo cyberuomo
Solo tre settimane fa, in un ateneo del Nord Italia, una
docente si informò presso la segreteria se fossero state
attuate precauzioni nei confronti di studenti e docenti
di rientro dalla Cina. In effetti, far rispettare un periodo
di quarantena o soluzioni similari non sarebbe stata una
cattiva idea, tenuto conto dell’alto numero di contatti e
dei prolungati momenti di vita collettiva che richiede la
quotidianità universitaria e della piena idoneità di tali
comportamenti a favorire la diffusione. Quel che fu cat-
tiva fu la risposta: «No! E sarebbe comunque discrimi-
natorio», come se si fosse chiesto di adottare misure di
prevenzione solo per studenti e docenti di etnia cinese,
benché la richiesta riguardasse chiunque fosse stato di
rientro dalle zone del primo focolaio, indipendentemente
dai loro tratti somatici, nazionalità, religione o convin-
cimento politico. Fortunatamente, la comunità cinese,
con grande e pragmatico senso civico, si autoimpose un
periodo di quarantena per i propri membri in rientro dalla
madrepatria, in alcuni casi sconsigliando il rientro stes-
so. Inoltre, i rettori del Nord Italia per primi hanno pro-
ceduto alla sospensione dei lavori, annunciata già nella
mattina seguente la scoperta dei primi casi. L’auspicio di
chiunque abbia a cuore la razionalità umana è che la fine
dell’epidemia che stiamo sopportando, oltre agli anticor-
pi per questo nuovo virus, ci lasci anche degli anticorpi
capaci di farci distinguere le argomentazioni oggettive
da quelle soggettive o di natura politica e che la netta se-
parazione fra evidenze scientifiche ed opinioni personali
si imponga in modo definitivo e sistematico, corroborato
da procedure specifiche. Perché è di tutta evidenza che
i costi della confusione, senza alcun riferimento a quelli
di natura economica, non sono accettabili in una società
che ambisca a definirsi evoluta.
Nicola Mavellia
Cina e università italiane
da subito in regola
Lo scorso 25 febbraio l’articolo
«La musica può essere uno stru-
mento per vivere meglio» recava
lafirmadiNicolaMavelliainve-
ce di quello dell’autrice Beatrice
Barbano. Il comitato di redazio-
ne dell’Inr si scusa per l’equivoco
con i lettori e con gli autori
ERRATA CORRIGE
Sopra, Gianluca Tartaro.A destra, il cane Ettore,
un Alano e un campo da tennis in terra rossa

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  • 1. 36 Martedì 10 Marzo 2020 ISTITUTO NAZIONALE DI RAGIONERIA Intervista a Gianluca Tartaro, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Tivoli Occorre aver cura dei giovani Condivisione e flessibilità per il futuro della professione «È la febbre del- la gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quan- do la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti». Con queste parole lo scrittore francese George Bernanos ha sempre sostenuto la neces- sità di valorizzare i giovani, partendo in primo luogo dallo smettere di darli per scontati. Avere nuova linfa vitale per la collettività, la famiglia ed il lavoro,infatti,è ciò che permet- te alla società di andare avanti nonostante tutto. Ed è proprio la consapevolezza di questa re- altà che, ad avviso di Gianluca Tartaro, presidente dell’Ordi- ne dei dottori commercialisti e degli esperti contabili diTivoli, dovrebbe guidare le scelte della categoria. Classe ’64, padre di famiglia, appassionato di libri gialli, di tennis e amante degli animali, di cani in particolare, per Tartaro l’attenzione alle nuove generazioni è sempre stata prioritaria, così come il rapporto di colleganza. «L’aver dato avvio,assieme ai miei col- leghi,allo studio quando erava- mo ancora molto giovani ci ha dato la possibilità non solo di affrontare meglio le difficoltà della professione ma anche e soprattutto di condividere e ac- crescere le nostre conoscenze», ha raccontato Tartaro, «una esperienza che raccomanderei a ciascun aspirante professio- nista di poter fare». Affinché questo accada, però, è necessa- rio che prima di tutto ci siano dei giovani ancora interessati a dedicarsi anima e corpo ad essere commercialisti e,in que- sto senso, un grande contribu- to può essere fornito sia dalle università, sia dalle istituzioni pubbliche e di categoria. «Il futuro della professione sta tutto nella capacità che avremo di tornare ad essere dei professionisti che si colloca- no al fianco delle imprese e all’interno dei tribunali. Per fare questo, però, dob- biamo in primo luogo ab- bandonare l’idea di poter svolgere la professione in modo statico,stanziale,die- tro alla scrivania. Dobbia- molentamenteabbandonarela quotidianità della professione come sinora intesa e spostarci sul territorio,lì dove è necessa- rio. Per fare questo, però», ha proseguitoTartaro,«è necessa- rio che arrivi un input prima di tutto durante il percorso di studi universitari. 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Una convinzione rafforzata anche grazie al costante con- tatto con i colleghi. «Essere un ordine di medie dimensioni offre a tutti noi la possibilità di conoscere e confrontarsi con tantissimi professionisti. Ed è proprio dal confronto con loro che, in questi anni, ho matura- to la consapevolezza della ne- cessità di un cambio di prospet- tiva rispetto alla professione. Non possiamo continuare ad essere autoreferenziali e poco propositivi nei confronti di ciò che ci succede intorno. È no- stro preciso compito, sia come professionisti,sia come rappre- sentati della categoria, fare in modo che, nei prossimi anni, sia avviato un meccanismo “morale” in base al quale Università, imprese e ca- tegorie professionali lavo- rino fianco a fianco. Solo così»,ha conclusoTartaro, «potremo riavvicinare i giovani alla professione e garantirne il futuro». © Riproduzione riservata Un film di fantascienza dalle sfumatu- re gotiche fa da sfondo alla nascita del cyberFrankenstein e il ruolo del dott. Frankenstein è interpretato da uno dei personaggi più disruptive della nostra epoca: Elon Musk, ceo di Tesla e SpaceX. Potenziare il cervello umano e fondersi con le macchine. Nasce così il progetto di una nuova startup, Neuralink, fondata nel luglio 2016 e dedicata alla creazione del chip neurale, un’estensione capace di accrescere le potenzialità del cervello umano. Il progetto all’avanguardia, avva- lendosi di neurostimolazione cerebrale, utilizza un chip per il potenziamento del cervello umano e l’impianto di elettrodi per espandere la sua capacità mnemoni- ca, creando una sorta di superuomo co- stantemente connesso con la macchina. Grazie alle nanotecnologie, minuscoli elettrodi potrebbero essere impiantati nel cervello per avere un’interazione diretta con il computer in un costante download e upload di informazioni. Nel suo libro Cyberuomo, Musk dipinge un futuro simi- le a quello tratteggiato da Asimov, in cui l’in- telligenza artificiale ha totalmente soppian- tato l’uomo divenendo «la più grande minaccia alla nostra esistenza». Unico argine possibile all’estinzione dell’uo- mo resta il potenziamento umano, la na- scita del cyborg che, integrando uomo e macchina e fondendo IA e genere umano, garantisce una sorta di immortalità di- gitale. Il processo avviato dai pc e dagli smartphone, ci ha già trasformato in una sorta di cyberuomini, fornendo il collega- mento tra tecnologia e cervello. Il chip, come estensione, renderebbe ancora più veloce qualsiasi processo di condivisione di dati. «Il tuo smartphone è già una tua estensione. Molte persone non si rendo- no conto di essere già dei cyborg. Ma la condivisione dei dati è lenta, molto lenta. È come un sottile flusso di informazioni tra la versione biologica e quella digitale di te stesso. Dobbiamo trasformare quel piccolo flusso in un enorme fiume». Pro- prio come nell’enigmatico film cult «ex machina», del regista Alex Garland, la na- scita di un’interfaccia cervello-macchina iperconnessa, crea la prima intelligenza artificiale capace di autocoscienza. Uma- nizzare le macchine e robotizzare gli esseri umani, immortalità digitale e superuomo sono l’ibrido destino che ci attende e l’oriz- zonte futuro al di là «dei bastioni di Orio- ne vicino alle porte di Tannhauser». Jessica Sini, presi- dente Neure © Riproduzione riservata Neuralink e la nascita del primo cyberuomo Solo tre settimane fa, in un ateneo del Nord Italia, una docente si informò presso la segreteria se fossero state attuate precauzioni nei confronti di studenti e docenti di rientro dalla Cina. In effetti, far rispettare un periodo di quarantena o soluzioni similari non sarebbe stata una cattiva idea, tenuto conto dell’alto numero di contatti e dei prolungati momenti di vita collettiva che richiede la quotidianità universitaria e della piena idoneità di tali comportamenti a favorire la diffusione. Quel che fu cat- tiva fu la risposta: «No! E sarebbe comunque discrimi- natorio», come se si fosse chiesto di adottare misure di prevenzione solo per studenti e docenti di etnia cinese, benché la richiesta riguardasse chiunque fosse stato di rientro dalle zone del primo focolaio, indipendentemente dai loro tratti somatici, nazionalità, religione o convin- cimento politico. Fortunatamente, la comunità cinese, con grande e pragmatico senso civico, si autoimpose un periodo di quarantena per i propri membri in rientro dalla madrepatria, in alcuni casi sconsigliando il rientro stes- so. Inoltre, i rettori del Nord Italia per primi hanno pro- ceduto alla sospensione dei lavori, annunciata già nella mattina seguente la scoperta dei primi casi. L’auspicio di chiunque abbia a cuore la razionalità umana è che la fine dell’epidemia che stiamo sopportando, oltre agli anticor- pi per questo nuovo virus, ci lasci anche degli anticorpi capaci di farci distinguere le argomentazioni oggettive da quelle soggettive o di natura politica e che la netta se- parazione fra evidenze scientifiche ed opinioni personali si imponga in modo definitivo e sistematico, corroborato da procedure specifiche. Perché è di tutta evidenza che i costi della confusione, senza alcun riferimento a quelli di natura economica, non sono accettabili in una società che ambisca a definirsi evoluta. Nicola Mavellia Cina e università italiane da subito in regola Lo scorso 25 febbraio l’articolo «La musica può essere uno stru- mento per vivere meglio» recava lafirmadiNicolaMavelliainve- ce di quello dell’autrice Beatrice Barbano. Il comitato di redazio- ne dell’Inr si scusa per l’equivoco con i lettori e con gli autori ERRATA CORRIGE Sopra, Gianluca Tartaro.A destra, il cane Ettore, un Alano e un campo da tennis in terra rossa