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37Martedì 3 Novembre 2020
ISTITUTO NAZIONALE DI RAGIONERIA
Fabrizio Acerbis, presidente della Commissione Milano place to be dell’Odcec meneghino
L’attrattività è la parola chiave
Comunicazione e attività di rete devono essere le priorità
R
idurre gli elementi
strutturali che impe-
discono agli investitori
stranieri di impegnarsi
in Italia.Valorizzare le peculia-
rità territoriali. Implementare
lacapacitàdifarereteedisaper
comunicare.Dialogareconipro-
fessionisti del settore economi-
co. Questi sono i quattro fronti
su cui lavorare per assicurare
alla Lombardia e al Paese la
possibilità di svolgere un ruolo
da protagonista nello scenario
economico interna-
zionale. Ad esserne
convinto è Fabrizio
Acerbis, presidente
della commissione
Milano place to be
dell’Ordine dei dot-
tori commercialisti e
degliesperticontabi-
li del capoluogo lom-
bardo.Abilitato dalla
fine degli anni 80,
nelle prime fasi del suo percor-
so professionale dopo la caduta
del muro di Berlino, Acerbis ha
la possibilità di entrare in con-
tattoconrealtàinternazionalidi
paesi emergenti e di maturare
una breve esperienza all’inter-
no del mondo industriale, per
poi scegliere definitivamente
di dedicarsi alla libera profes-
sione. Una scelta dettata dal
«desiderio di vivere e conoscere
da vicino più realtà aziendali e
quindi»,haraccontatoilnumero
unodellacommissione,«dipoter
essere a contatto con un mondo
imprenditoriale estremamente
ampio e variegato rispetto alla
singola azienda». Esperienze
che gli hanno dato la possibi-
lità di approfondire, nel corso
degli anni, tematiche relative
alla corporate governance di
grandi gruppi industriali. «La
vicinanza a realtà internazio-
nali», ha spiegato Acerbis, «mi
ha permesso di apprezzare la
rilevanza dei temi dell’attrat-
tività e della competitività tra
Sistemi-Paeseesoprattutto»,ha
sottolineato il presidente della
commissione, «quanto questi
argomenti siano importanti
per il mondo delle imprese». La
candidatura di Milano per la
sede dell’Agenzia del farmaco e
la Brexit, con l’orga-
nizzazionediunciclo
di incontri tuttora
in corso, sono stati
eventi che hanno
interessato l’Odcec
di Milano su queste
tematiche, e hanno
permesso ad Acer-
bis di impegnarsi
nella vita ordinisti-
ca. «La competitivi-
tà e l’attrattività dell’Italia per
gli investimenti internazionali
sono di grande interesse per i
Commercialistimilanesi,perché
operiamo nel cuore della produ-
zione economica del Paese. In
questa ottica», ha proseguito,
«l’Ordine di Milano ha dato un
grande contributo perché ha
favorito lo sviluppo di un dibat-
titocriticotraiprofessionistidel
settore. Questo ci ha permesso
di scongiurare un rischio rea-
le, ovvero quello di distogliere
l’attenzione dal tema e di non
percepirne l’urgenza. L’Italia,
infatti, è un Paese che deve at-
trarre investimenti in misura
maggiore rispetto a quanto non
riesca a fare». Per farlo però, è
necessario intervenire a livello
sistemico. «Sul tema dell’at-
trattività»,ha spiegatoAcerbis,
«l’Italiascontaalcunedebolezze
strutturali, in gran parte note.
Quindi, in primo luogo è neces-
sario rimuovere tutti quegli
elementi che,nella lettura degli
investitoristranieri,riduconola
possibilità di fare business. In
secondo luogo», ha proseguito,
«sarebbe necessario che ciascu-
na area territoriale iniziasse, o
proseguisse rafforzandola, una
concretapoliticadivalorizzazio-
ne delle proprie peculiarità,per
esseremaggiormenteattrattiva.
Il passo successivo,poi,dovreb-
be essere quello di sviluppare
la capacità di fare rete a livello
territoriale: la dimensione di
questa competizione è tale da
non poter pensare di adottare
strategie isolate». «Infine», ha
concluso Acerbis, «deve essere
valorizzato il ruolo dei profes-
sionisti, dei commercialisti in
particolare, perché siamo a
tutti gli effetti, le prime senti-
nelle proattive e qualificate in
grado di recepire la positività
e la negatività che si riflettono
sulleimpresedalcontestoincui
queste operano».
«Essendospecializzatoinmatematica,credevochetuttofosse
ugualeallasommadellesueparti,finchénonhocominciatoa
lavorare con le squadre.Poi,quando divenni allenatore,capii
che il tutto non è mai la somma delle sue parti. È, invece,
maggiore o minore,a seconda di come riescono a collaborare i
suoi membri».Con queste parole l’allenatore di football ame-
ricano Chuck Noll,ha sempre posto l’accento sui risultati che
si possono ottenere lavorando insieme, indipendentemente
dalla tipologia di gruppi coinvolti: squadre, classi, aziende
oppure liberi professionisti appartenenti ad una categoria,
come nel caso dei commercialisti. Una convinzione che ha
sempre mosso Alessandro Marelli, presidente della com-
missione Cassa di previdenza dei ragionieri commercialisti
dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili
di Milano. Classe ’67, milanese di
nascita,piacentinodiadozione,let-
tore appassionato,con il sogno nel
cassettodipoterviaggiareevisita-
re l’America in lungo ed in largo,
per il presidente della commissio-
ne,uno degli aspetti maggiormen-
te gratificanti della professione «è
stata la possibilità di applicarmi
in un continuo esercizio di adat-
tamento del mio modo di pensare
a materie,come il diritto e l’econo-
mia, che sono per loro stessa na-
tura sempre soggette a modifiche.
Con il tempo, poi», ha proseguito,
«hoimparatoadapprezzareilfattochequestocontinuosforzo
che svolgevo ogni giorno, se condiviso con i colleghi, poteva
portare a dei risultati migliori e più costruttivi». L’incontro
con la realtà milanese ha, poi, portato Marelli a scegliere di
impegnarsi per la categoria.«All’inizio del mio percorso pro-
fessionale ho avuto l’occasione di frequentare un corso sulla
revisione che mi ha dato la possibilità di entrare in contatto
con molti professionisti del territorio che mi hanno coinvolto
nellavitadicategoria,introducendomi»,haraccontatoMarel-
li,«alle materie previdenziali.Un’attività che questi anni mi
ha portato a comprendere un elemento centrale:occuparsi di
previdenza significa, in primo luogo, scegliere di prestare il
proprio tempo all’ascolto e al supporto dei colleghi sia da un
punto di vista umano, sia
da un punto di vista pro-
fessionale». Un supporto
che, ad avviso del numero
uno della commissione,
dovrebbe arrivare anche
dalle istituzioni. «Come
professionisti ci troviamo
coinvolti, sia in prima
persona, sia in qualità di
intermediari,nella gestio-
neeapplicazionedinorme
estremamente complesse
e che cambiano molto
velocemente e questo,
molto spesso, si tramuta
in criticità legate anche
al mancato rispetto dello
statuto del contribuente»,
ha spiegato Marelli, «ecco
perché come categoria
siamo sempre di più chia-
mati ad implementare le
attività indirizzate verso
un lavoro di squadra, così
come ha fatto l’Odcec di
Milano negli ultimi anni.
Ilmessaggiochedobbiamo
riuscire a trasmettere e,
parallelamente l’obiettivo
a cui dobbiamo puntare,
infatti», ha proseguito, «è
quello di essere un gruppo
coeso che può puntare ad
essere un punto di riferi-
mentoperilsistemapaese
e per le istituzioni».
ALESSANDRO MARELLI, ORDINE DI MILANO
A fianco dei colleghi
La parola multitasking si riferisce all’in-
sieme di comportamenti che ci portano
ad essere impegnati contemporanea-
mente in differenti compiti. Il termi-
ne, preso in prestito dall’informatica,
designa la capacità di un sistema ope-
rativo di eseguire più compiti simulta-
neamente. Il fenomeno sembra essere
un’inevitabile conseguenza dell’attua-
le contesto socio-culturale nel quale
la nostra attenzione è contesa da una
sempre più invadente multicanalità e
cross-medialità. I dispositivi tecnologici
come tablet, laptop e smartphone han-
no intensificato i ritmi di lavoro, reso le
comunicazioni istantanee e velocizzato
l’esecuzione dei compiti, potenziando le
nostre capacità e semplificando la no-
stra vita quotidiana, diminuendo però
l’accuratezza e la memorabilità delle
azioni, sia nell’ambito lavorativo che
privato.
La nostra mente, come un grande ela-
boratore di info in entrata e in uscita,
fa sì che i processi cognitivi gestiscano
le singole attività e determinino come,
quando e con quale ordine debbano es-
sere eseguite. La prioritizzazione dei
compiti e la frammentazione in micro
taskdiventanopertantounaprecisaesi-
genza cognitiva, dettata dal fatto che
il completamento di un task, fa sì che
il nostro cervello rilasci una sostanza
chiamata dopamina, la quale ci dà una
sensazione di appagamento.
Nell’ambito della psicologia sperimen-
tale e della neuropsicologia, il multita-
sking fa riferimento al «paradigma del
doppio compito», lo svolgimento di due
attività contemporaneamente. Se la
prestazione nei due compiti è inferiore
rispetto a quella che si avrebbe svolgen-
do una singola azione, allora i due task
interferiscono tra di loro e quindi «com-
petono» per le stesse risorse all’interno
del sistema cognitivo. Se invece, lo svol-
gimento simultaneo dei due compiti non
inficia la qualità della performance, essi
afferiscono a risorse cognitive differen-
ti. Ad esempio cantare non pregiudica
la capacità di guidare, mentre parlare e
leggere sono azioni che interferiscono
tra loro in termini di funzioni cognitive.
L’essere umano ha potenzialità cogniti-
ve limitate che devono essere suddivise
tra le diverse attività. Il cosiddetto so-
vraccarico cognitivo è determinato da
un eccessivo impiego di risorse in situa-
zioni di multi-tasks e può compromet-
tere l’efficacia della prestazione. Due
studi, condotti dai prestigiosi atenei di
Stanford e Londra, hanno evidenzia-
to le conseguenze sulla nostra psiche
dell’abitudine a gestire contemporanea-
mente più attività: perdita della capaci-
tà di filtrare le informazioni importanti,
aumento dell’ansia, difficoltà di focaliz-
zare l’attenzione, incapacità di organiz-
zarelepriorità,riduzionedell’efficienza
e della velocità della prestazione, fino
addirittura ad un calo di 15 punti del
quoziente intellettivo. La ricerca, che
collega il comportamento multitasking
alla struttura fisica del cervello, ha
evidenziato come le persone abituate
ad utilizzare contemporaneamente più
device, abbiano addirittura una minor
densità di materia grigia nella corteccia
cingolata anteriore, la zona del cervello
deputata al controllo delle funzionalità
emotive e cognitive.
Tuttavia, per non cadere nella cosid-
detta «trappola del multitasking», ci
sono una serie di regole auree da im-
plementare che ci aiutano a rimanere
focalizzati sulla qualità del risultato:
organizzare delle to do list, prioritizza-
re i compiti con il micromanagement,
concedersi delle pause per far riposare
la mente (20 minuti al giorno minimo
lontani da pc e cellulare), trascorrere
del tempo coltivando le nostre passioni
e le amicizie.
Essere o non essere multitasking? Un
dilemma estremamente attuale!
Jessica Sini, presidente Neurec
L’importanza di essere multitasking
Fabrizio Acerbis
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Ad esserne convinto è Fabrizio Acerbis, presidente della commissione Milano place to be dell’Ordine dei dot- tori commercialisti e degliesperticontabi- li del capoluogo lom- bardo.Abilitato dalla fine degli anni 80, nelle prime fasi del suo percor- so professionale dopo la caduta del muro di Berlino, Acerbis ha la possibilità di entrare in con- tattoconrealtàinternazionalidi paesi emergenti e di maturare una breve esperienza all’inter- no del mondo industriale, per poi scegliere definitivamente di dedicarsi alla libera profes- sione. Una scelta dettata dal «desiderio di vivere e conoscere da vicino più realtà aziendali e quindi»,haraccontatoilnumero unodellacommissione,«dipoter essere a contatto con un mondo imprenditoriale estremamente ampio e variegato rispetto alla singola azienda». Esperienze che gli hanno dato la possibi- lità di approfondire, nel corso degli anni, tematiche relative alla corporate governance di grandi gruppi industriali. «La vicinanza a realtà internazio- nali», ha spiegato Acerbis, «mi ha permesso di apprezzare la rilevanza dei temi dell’attrat- tività e della competitività tra Sistemi-Paeseesoprattutto»,ha sottolineato il presidente della commissione, «quanto questi argomenti siano importanti per il mondo delle imprese». La candidatura di Milano per la sede dell’Agenzia del farmaco e la Brexit, con l’orga- nizzazionediunciclo di incontri tuttora in corso, sono stati eventi che hanno interessato l’Odcec di Milano su queste tematiche, e hanno permesso ad Acer- bis di impegnarsi nella vita ordinisti- ca. «La competitivi- tà e l’attrattività dell’Italia per gli investimenti internazionali sono di grande interesse per i Commercialistimilanesi,perché operiamo nel cuore della produ- zione economica del Paese. In questa ottica», ha proseguito, «l’Ordine di Milano ha dato un grande contributo perché ha favorito lo sviluppo di un dibat- titocriticotraiprofessionistidel settore. Questo ci ha permesso di scongiurare un rischio rea- le, ovvero quello di distogliere l’attenzione dal tema e di non percepirne l’urgenza. L’Italia, infatti, è un Paese che deve at- trarre investimenti in misura maggiore rispetto a quanto non riesca a fare». Per farlo però, è necessario intervenire a livello sistemico. «Sul tema dell’at- trattività»,ha spiegatoAcerbis, «l’Italiascontaalcunedebolezze strutturali, in gran parte note. Quindi, in primo luogo è neces- sario rimuovere tutti quegli elementi che,nella lettura degli investitoristranieri,riduconola possibilità di fare business. In secondo luogo», ha proseguito, «sarebbe necessario che ciascu- na area territoriale iniziasse, o proseguisse rafforzandola, una concretapoliticadivalorizzazio- ne delle proprie peculiarità,per esseremaggiormenteattrattiva. Il passo successivo,poi,dovreb- be essere quello di sviluppare la capacità di fare rete a livello territoriale: la dimensione di questa competizione è tale da non poter pensare di adottare strategie isolate». «Infine», ha concluso Acerbis, «deve essere valorizzato il ruolo dei profes- sionisti, dei commercialisti in particolare, perché siamo a tutti gli effetti, le prime senti- nelle proattive e qualificate in grado di recepire la positività e la negatività che si riflettono sulleimpresedalcontestoincui queste operano». «Essendospecializzatoinmatematica,credevochetuttofosse ugualeallasommadellesueparti,finchénonhocominciatoa lavorare con le squadre.Poi,quando divenni allenatore,capii che il tutto non è mai la somma delle sue parti. È, invece, maggiore o minore,a seconda di come riescono a collaborare i suoi membri».Con queste parole l’allenatore di football ame- ricano Chuck Noll,ha sempre posto l’accento sui risultati che si possono ottenere lavorando insieme, indipendentemente dalla tipologia di gruppi coinvolti: squadre, classi, aziende oppure liberi professionisti appartenenti ad una categoria, come nel caso dei commercialisti. Una convinzione che ha sempre mosso Alessandro Marelli, presidente della com- missione Cassa di previdenza dei ragionieri commercialisti dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano. Classe ’67, milanese di nascita,piacentinodiadozione,let- tore appassionato,con il sogno nel cassettodipoterviaggiareevisita- re l’America in lungo ed in largo, per il presidente della commissio- ne,uno degli aspetti maggiormen- te gratificanti della professione «è stata la possibilità di applicarmi in un continuo esercizio di adat- tamento del mio modo di pensare a materie,come il diritto e l’econo- mia, che sono per loro stessa na- tura sempre soggette a modifiche. Con il tempo, poi», ha proseguito, «hoimparatoadapprezzareilfattochequestocontinuosforzo che svolgevo ogni giorno, se condiviso con i colleghi, poteva portare a dei risultati migliori e più costruttivi». L’incontro con la realtà milanese ha, poi, portato Marelli a scegliere di impegnarsi per la categoria.«All’inizio del mio percorso pro- fessionale ho avuto l’occasione di frequentare un corso sulla revisione che mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con molti professionisti del territorio che mi hanno coinvolto nellavitadicategoria,introducendomi»,haraccontatoMarel- li,«alle materie previdenziali.Un’attività che questi anni mi ha portato a comprendere un elemento centrale:occuparsi di previdenza significa, in primo luogo, scegliere di prestare il proprio tempo all’ascolto e al supporto dei colleghi sia da un punto di vista umano, sia da un punto di vista pro- fessionale». Un supporto che, ad avviso del numero uno della commissione, dovrebbe arrivare anche dalle istituzioni. «Come professionisti ci troviamo coinvolti, sia in prima persona, sia in qualità di intermediari,nella gestio- neeapplicazionedinorme estremamente complesse e che cambiano molto velocemente e questo, molto spesso, si tramuta in criticità legate anche al mancato rispetto dello statuto del contribuente», ha spiegato Marelli, «ecco perché come categoria siamo sempre di più chia- mati ad implementare le attività indirizzate verso un lavoro di squadra, così come ha fatto l’Odcec di Milano negli ultimi anni. Ilmessaggiochedobbiamo riuscire a trasmettere e, parallelamente l’obiettivo a cui dobbiamo puntare, infatti», ha proseguito, «è quello di essere un gruppo coeso che può puntare ad essere un punto di riferi- mentoperilsistemapaese e per le istituzioni». ALESSANDRO MARELLI, ORDINE DI MILANO A fianco dei colleghi La parola multitasking si riferisce all’in- sieme di comportamenti che ci portano ad essere impegnati contemporanea- mente in differenti compiti. Il termi- ne, preso in prestito dall’informatica, designa la capacità di un sistema ope- rativo di eseguire più compiti simulta- neamente. Il fenomeno sembra essere un’inevitabile conseguenza dell’attua- le contesto socio-culturale nel quale la nostra attenzione è contesa da una sempre più invadente multicanalità e cross-medialità. I dispositivi tecnologici come tablet, laptop e smartphone han- no intensificato i ritmi di lavoro, reso le comunicazioni istantanee e velocizzato l’esecuzione dei compiti, potenziando le nostre capacità e semplificando la no- stra vita quotidiana, diminuendo però l’accuratezza e la memorabilità delle azioni, sia nell’ambito lavorativo che privato. La nostra mente, come un grande ela- boratore di info in entrata e in uscita, fa sì che i processi cognitivi gestiscano le singole attività e determinino come, quando e con quale ordine debbano es- sere eseguite. La prioritizzazione dei compiti e la frammentazione in micro taskdiventanopertantounaprecisaesi- genza cognitiva, dettata dal fatto che il completamento di un task, fa sì che il nostro cervello rilasci una sostanza chiamata dopamina, la quale ci dà una sensazione di appagamento. Nell’ambito della psicologia sperimen- tale e della neuropsicologia, il multita- sking fa riferimento al «paradigma del doppio compito», lo svolgimento di due attività contemporaneamente. Se la prestazione nei due compiti è inferiore rispetto a quella che si avrebbe svolgen- do una singola azione, allora i due task interferiscono tra di loro e quindi «com- petono» per le stesse risorse all’interno del sistema cognitivo. Se invece, lo svol- gimento simultaneo dei due compiti non inficia la qualità della performance, essi afferiscono a risorse cognitive differen- ti. Ad esempio cantare non pregiudica la capacità di guidare, mentre parlare e leggere sono azioni che interferiscono tra loro in termini di funzioni cognitive. L’essere umano ha potenzialità cogniti- ve limitate che devono essere suddivise tra le diverse attività. Il cosiddetto so- vraccarico cognitivo è determinato da un eccessivo impiego di risorse in situa- zioni di multi-tasks e può compromet- tere l’efficacia della prestazione. Due studi, condotti dai prestigiosi atenei di Stanford e Londra, hanno evidenzia- to le conseguenze sulla nostra psiche dell’abitudine a gestire contemporanea- mente più attività: perdita della capaci- tà di filtrare le informazioni importanti, aumento dell’ansia, difficoltà di focaliz- zare l’attenzione, incapacità di organiz- zarelepriorità,riduzionedell’efficienza e della velocità della prestazione, fino addirittura ad un calo di 15 punti del quoziente intellettivo. La ricerca, che collega il comportamento multitasking alla struttura fisica del cervello, ha evidenziato come le persone abituate ad utilizzare contemporaneamente più device, abbiano addirittura una minor densità di materia grigia nella corteccia cingolata anteriore, la zona del cervello deputata al controllo delle funzionalità emotive e cognitive. Tuttavia, per non cadere nella cosid- detta «trappola del multitasking», ci sono una serie di regole auree da im- plementare che ci aiutano a rimanere focalizzati sulla qualità del risultato: organizzare delle to do list, prioritizza- re i compiti con il micromanagement, concedersi delle pause per far riposare la mente (20 minuti al giorno minimo lontani da pc e cellulare), trascorrere del tempo coltivando le nostre passioni e le amicizie. Essere o non essere multitasking? Un dilemma estremamente attuale! Jessica Sini, presidente Neurec L’importanza di essere multitasking Fabrizio Acerbis Alessandro Marelli