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Executive summary 
Il rapporto annuale Famiglie e lavoro – realizzato da Italia Lavoro sulla base della rielaborazione 
dei micro dati della Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro (RCFL) di Istat ‐ si propone di 
analizzare il mercato del lavoro da una prospettiva originale, osservando i fenomeni 
dell’occupazione, della disoccupazione e della inattività per nucleo familiare, con l’obiettivo di 
individuare i fenomeni emergenti e trarne indicazioni anche per sviluppare politiche del lavoro più 
efficaci e mirate. 
La struttura delle famiglie italiane 
Tra il 2004 ed il 2013 la struttura delle famiglie ha subito una significativa trasformazione. Le 
“coppia con figli”, pur rappresentando la maggioranza, negli ultimi otto anni, hanno 
progressivamente visto diminuire il proprio peso, passando da un’incidenza percentuale sul totale 
delle famiglie del 42,5% (anno 2004), al 36,7% del 2013. Altro aspetto che sembra segnare un 
forte cambiamento nella struttura familiare, è la forte crescita delle “persone sole” che sono 
passate da poco meno di 5,7 milioni di unità del 2004, a poco più di 8 milioni del 2013, per un 
incremento di complessivi 42,2 punti percentuali. Oltre a ciò è da rilevare anche la significativa 
crescita del numero dei nuclei monogenitori1 (2 milioni) che crescono in due lustri dell’8,5%. La 
struttura delle famiglie sembra interessata, quindi, da un fenomeno di sostanziale 
frammentazione che è il portato di tassi di crescita asimmetrici tra popolazione e nuclei: se tra il 
2006 ed il 2013 la popolazione totale ha conosciuto un incremento di 1,1 punti percentuali, il 
numero complessivo delle famiglie è aumentato dell’8% .Gli squilibri demografici, puntualmente 
registrati dall’indice di vecchiaia, hanno, dunque, determinato una riarticolazione delle strutture 
familiari a favore della tipologia monocomponente, con larga presenza di membri over 65 e 
monogenitori. Sotto il profilo della dimensione occupazionale tali fenomeni hanno almeno due 
rilevanti effetti: 
 la crescita delle “persone sole” e delle forme monogenitoriali con uno o più figli a carico, fa 
sì che in caso di sofferenza occupazionale o di perdita di lavoro la soglia di sostenibilità 
economica si abbassi sensibilmente, non essendo possibile ridistribuire le chance di lavoro 
su altri membri; 
 l’inesorabile invecchiamento della popolazione e dunque la crescita del numero di famiglie 
costituite di soli “anziani” (nel 2013 sono stimabili circa 4 milioni di “persone sole” over 65), 
sottrae una quota considerevole di nuclei alla partecipazione al mercato del lavoro con le 
ben note ripercussioni sugli assetti pensionistici che tali fenomeni possono avere. 
1 Con monogenitore si intende un nucleo familiare con uno o più figli in cui è presente un solo genitore
Gli effetti della crisi sulla struttura occupazionale delle famiglie 
Nel 2013 si osserva una quota di famiglie con almeno un componente occupato pari a 15.230.773 
di unità su un totale di 25.475.673, per un’incidenza di 59,8 punti percentuali. Tale valore varia 
secondo la tipologia considerata: nel caso delle “coppie con figli”, il peso complessivo dei nuclei 
con almeno un occupato è pari a circa l’89%, mentre per le “persone sole” è pari al 35,5%. 
Tuttavia ciò che emerge dai dati annuali è che, a partire dal 2007, si assiste ad netta riduzione 
della partecipazione delle famiglie al mercato del lavoro. Nel 2004, primo anno della serie storica 
considerata, l’incidenza percentuale dei nuclei con almeno un lavoratore era pari al 63,8% e nel 
2007, ultimo anno di espansione del mercato del lavoro prima della crisi, la percentuale era del 
63%. Nel 2012, la percentuale delle famiglie con almeno un membro occupato era scesa al 60,8%. 
Il 59,8% rilevato nel 2013 si colloca quindi a valle di una contrazione lieve e costante fino al 2007, 
che diviene invece impetuosa nel lungo periodo di crisi, facendo registrare una diminuzione 
significativa pari al 3%. Parallelamente l’area della disoccupazione è tornata ad espandersi. La 
quota di famiglie con almeno una persona in cerca di lavoro nel 2013 è infatti pari al 10,5% del 
totale (2.670.147 unità), 1,1 punti in più rispetto al 2012. 
La dimensione territoriale 
La partecipazione al mercato del lavoro delle famiglie è ovviamente molto diversa 
territorialmente. Nelle regioni settentrionali la quota di nuclei con almeno un componente 
occupato è nettamente superiore alla media (59,8%) con punte del 70,8% della provincia 
autonoma di Bolzano, del 66% a Trento del 65,7% in Veneto e del 64,7% in Lombardia, anche se 
comunque la quota si riduce significativamente rispetto al 2007. Sono le realtà meridionali che, di 
contro, fanno segnare le contrazioni più alte, contrazioni che, dunque, hanno interessato contesti 
già strutturalmente in sofferenza. Nel 2013 la percentuale di famiglie con almeno un componente 
occupato è pari al 54% in Campania e Puglia ed al 50% circa in Sicilia e Calabria. Rispetto al 2007 si 
registrano riduzioni molto significative in tutte le regioni del mezzogiorno ed in particolare in 
Campania (‐4,3%), Calabria (‐7,2%), Sicilia (‐5,6%), e Puglia (‐6,4%). A conferma del quadro 
descritto, le regioni poc’anzi citate sono le stesse che presentano nel 2013 le quote più alte di 
famiglie con almeno un componente in cerca di occupazione. Si tratta di circa 340 mila famiglie 
campane (pari all’15,9% del totale), 240 mila famiglie pugliesi (15,4%) e circa 290 mila famiglie 
siciliane (14,5%). Percentuali, per altro, in netta crescita rispetto ai valori del 2007, che segnalano 
un forte peggioramento della condizione lavorativa dei nuclei familiari residenti nel Mezzogiorno. 
Le tipologie di lavoro 
L’analisi ha permesso di ricostruire anche il tipo di lavoro che i diversi componenti dei nuclei 
familiari svolgono. In estrema sintesi le tipologia di lavoro presenti nei nuclei con almeno un 
componente occupato sono le seguenti: 
- l’81,3% delle famiglie ha almeno un componente che è occupato dipendente;
- il 31,1% ha almeno un occupato indipendente; 
- il 73,8% ha almeno un occupato con contratto a tempo indeterminato; 
- il 13,6% ha almeno un occupato con contratto a tempo determinato; 
- il 89,9% ha almeno un occupato full time; 
- il 24,5% ha almeno un occupato part time. 
Le famiglie prive di reddito da lavoro o da pensione 
Ci sono in Italia 10.244.901 famiglie che non hanno nessun occupato. In realtà, di questa platea fa 
parte un numero considerevole di nuclei composti da individui che percepiscono pensioni da 
lavoro. Pertanto, se la finalità è individuare un target familiare caratterizzato da soli nuclei privi di 
qualsivoglia base economica derivante da un’attuale o precedente occupazione, è necessario 
procedere per progressive scomposizioni. Escludendo da questa platea, progressivamente, le 
famiglie che al loro interno avevano componenti che percepivano pensioni da lavoro o membri 
over 65 potenziali percettori di pensioni di anzianità, si è arrivati ad individuare una target di 
1.981.291 famiglie, senza reddito da lavoro o da pensione che costituiscono la platea di famiglie 
con le maggiori criticità sul mercato del lavoro. Queste famiglie rappresentano il 7,7% del totale 
nazionale, risultano in crescita rispetto all’incidenza del 6,9% rilevata nel 2012, e sono 
realisticamente in una condizione di forte criticità materiale, giacché prive di fonti di 
sostentamento economico derivanti da una qualsivoglia attività lavorativa, presente o passata che 
sia. 
I nuclei familiari con figli 
I nuclei familiari in cui sono presenti “figli” si distinguono in due macro categorie: i nuclei con 
monogenitori e le coppie con uno o più figli. Complessivamente nel 2013 si tratta di circa 11 
milioni di famiglie di cui è possibile analizzare il rapporto con il lavoro. 
Le “coppie con figli” sono circa 9,3 milioni ed i nuclei con almeno un componente occupato sono 
l’89%, (8.319.396) una percentuale in calo dell’1,2% rispetto al 2012 e di 3,5 punti rispetto al 
2004. Inoltre va sottolineato che il 17,5% delle coppie con figli ha almeno un componente in cerca 
di occupazione (1.638.190) ed anche in questo caso la percentuale è in aumento dell’1,6% punti 
rispetto al 2012 e di circa 5 punti percentuali rispetto al 2004. Alle coppie con figli si aggiungono i 
nuclei monogenitoriali. Le famiglie composte da un solo genitore ed un solo figlio sono circa 1,18 
milioni: nel 30% dei casi il genitore non è occupato mentre nel 14% è in cerca di lavoro. 
Analogamente le famiglie con un solo genitore ma con più di un figlio sono 779 mila: nel 23% dei 
casi il genitore non è occupato e nel 17,5% è in cerca di lavoro. 
La presenza di NEET nelle famiglie italiane 
Un aspetto di grande interesse nel rapporto di quest’anno è l’analisi dei nuclei familiari in cui sono 
presenti uno o più giovani NEET, ossia i giovani con età compresa tra 15 e 29 anni che sono al di
fuori dei percorsi formativi e contemporaneamente si trovano nella condizione di persone prive di 
occupazione. In Italia, nel 2013, 2.121.284 famiglie aveva almeno un NEET tra i suoi componenti. Il 
“tasso familiare di NEET” – costruito tenendo conto del numero di famiglie con almeno un 
componente tra 15 e 29 anni (pari a 6.753.383 unità) – si attesta al 31,4%. 
Esistono inoltre casi in cui si registra la presenza di più individui ascrivibili alla categoria dei giovani 
che non studiano e non lavorano. Scomponendo, infatti, l’insieme stimato di 2.121.284 famiglie 
con almeno un componente NEET è possibile osservare come circa il 13,2% delle famiglie ne ha 
addirittura più di uno. 
Disaggregando tali dati a livello territoriale, la quota più alta di famiglie con almeno un NEET, sul 
totale di quelle che hanno almeno un componente tra 15 e 29 anni, è assai rilevante nei contesti 
territoriali del Mezzogiorno: in Campania si registrano poco meno di 321 mila famiglie nella 
suddetta condizione (44%), in Sicilia circa 302 mila (47,4%), in Calabria circa 106 mila (43,3%) e in 
Puglia pressappoco 209 mila (42,2%). 
Figli NEET e genitori non occupati 
Considerando l’intera platea dei giovani NEET tra il 15 ed i 29 anni e distinguendo per posizione 
all’interno del nucleo familiare, si osserva come la quasi totalità dei soggetti sia nella condizione di 
“figlio” (pari all’81,2% del totale) ed il 18,3% del totale sia invece “genitore”. 
Con riferimento ai NEET “figli” circa la metà dei ragazzi che non lavorano e non studiano (il 46,7%) 
ha un solo genitore occupato, il 23,5% ha entrambi i genitori inseriti nel mercato del lavoro e ben il 
29,7% ha entrambi i genitori privi di un’occupazione; quest’ultimo dato segnala una condizione di 
grave criticità laddove lo scarso attachment al mercato del lavoro dei giovani NEET si accompagna 
all’esclusione occupazionale dell’intero nucleo famigliare di appartenenza. Considerando invece i 
NEET “genitori” si osserva sì una maggioranza di individui con coniuge occupato (73,3%) 
prevalentemente con qualifica di lavoro manuale specializzato e non qualificato, ma anche una 
platea di soggetti (pari al 26,7% del totale considerato) che non può contare su alcun sostegno 
economico derivante da un’attività lavorativa. 
La condizione di madre nel mercato del lavoro 
Un importante ambito di analisi del rapporto tra famiglia e lavoro riguarda il ruolo delle madri. In 
età lavorativa le donne con figli sono in Italia circa 10 milioni, di cui 8 milioni e 795 mila vivono in 
coppia e 1 milione e 271 mila sono monogenitore. Ovviamente la tipologia familiare influenza la 
loro partecipazione al mercato del lavoro. Il tasso di occupazione è pari al 50,2% se la madre ha un 
coniuge mentre sale al 62% se è da sola. Parallelamente il tasso di disoccupazione risulta più alto 
per le madri monogenitore (12%) contro il 9,7% di quelle che vivono in coppia, ed anche per il 
tasso di inattività le differenze sono molto significative, laddove tra le madri che vivono in nuclei 
familiari in coppia la quota di inattive è del 44,4% mentre tra quelle mononogenitore è del 29%. 
Per individuare le madri che subiscono gli effetti più drammatici della crisi è necessario 
considerare due tipologie: quelle che vivono in nuclei monogenitoriali e che non essendo
occupate sono in cerca di lavoro (circa 107 mila) e quelle non occupate che vivono in coppie con 
figli dove anche il coniuge è senza lavoro (1,3 milioni). Si tratta di una platea molto ampia di 
madri, circa 1,4 milioni di donne con figli, che vivono in contesti familiari dove non si registra alcun 
reddito da lavoro e dove verosimilmente la disoccupazione genera condizioni di gravissimo 
disagio. Ovviamente la condizione di madre è comunque penalizzante nel rapporto con il mercato 
del lavoro: il tasso di occupazione è più alto di circa 3 punti percentuali per le donne senza figli 
rispetto alle donne con i figli (54,6% vs. 51,7%) mentre Il tasso di disoccupazione risulta più alto 
per le donne con i figli (10,1%) rispetto a quelle senza figli (8,6%). 
La condizione occupazionale dei “padri” 
I padri occupati sono quasi 7 milioni, il 72,7% del totale dei genitori maschi, mentre le madri che 
lavorano sono 5,2 milioni, pari al 46,9%. I padri disoccupati (persone in cerca di lavoro) sono 
complessivamente il 5,4% del totale mentre le madri nella stessa condizione sono 5,2%. Si tratta 
quindi di percentuali molto vicine per quanto riguarda le persone in cerca di lavoro, mentre ci 
sono ben 25 punti percentuali di differenza in termini di tasso di occupazione. 
A livello territoriale nel 2013, a fronte di una media nazionale del 72%, appena il 63,7% dei 
genitori maschi nel Mezzogiorno risulta occupato, mentre al Nord la quota corrispondente 
raggiunge il 77,8% e nel Centro supera il 75%. Per quanto riguarda la disoccupazione al Nord, i 
genitori maschi disoccupati sono poco più del 3% del totale, al Centro la quota è di un punto 
percentuale superiore (4,3%) mentre nel Mezzogiorno la percentuale di padri in cerca di lavoro 
raggiunge l’8,4%. 
Quattro tipologie di Famiglie 
Dopo aver rappresentato gli aspetti strutturali del rapporto tra famiglie e lavoro è stata effettuata 
una cluster analysis per con lo scopo di individuare dei gruppi omogenei di famiglie rispetto ai 
fenomeni di maggiore o minore disagio nel rapporto con il mercato del lavoro. Su una popolazione 
di 18 milioni famiglie (escludendo cioè quelle composte da tutti componenti sopra i 65 anni) sono 
stati individuati 4 gruppi tipologici: 
Gruppo 1 ‐ Famiglie con alta sofferenza occupazionale. Il primo cluster che include il 21% dei 
nuclei familiari (3,9 milioni di famiglie) e quello in cui si registrano le maggiori condizioni di 
disagio. È composto per circa il 40% da nuclei con figli (27,4% coppie e 15,2% monogenitori) 
mentre per il 60% si tratta di persone sole o coppie giovani senza figli. Complessivamente è il 
gruppo nel quale si manifesta il maggior disagio occupazionale laddove nel 90% dei casi i 
componenti adulti sono non occupati e nel 30% sono alla ricerca di lavoro. 
Gruppo 2 ‐ Famiglie con occupazione dipendente in difficoltà. Il secondo gruppo è composto dal 
34% delle famiglie (6,4 milioni) e contiene prevalentemente nuclei con figli (70% coppia e 16% 
monogenitori) mentre non sono presenti in questo gruppo persone sole. Nel secondo cluster si 
registra una maggiore presenza rispetto agli altri gruppi di lavoratori part time e di giovani NEET 
ed nettamente maggiore della media la quota di persone che ha perso il lavoro. Si tratta
prevalentemente di famiglie monoreddito con lavoro dipendente e nel 17% dei casi è presente 
uno o più componenti in cerca di lavoro. In questo caso le condizioni di disagio derivano 
principalmente dalla numerosità dei nuclei familiari e dalla mancanza di lavoro per gli altri 
componenti adulti. 
Gruppo 3 ‐ Famiglie in piena occupazione. Il terzo gruppo include il 24,4% delle famiglie oggetto di 
analisi (4,6 milioni) e contiene per quasi la metà persone sole (45,6%). Il 28,4% è composto da 
coppie con figli e il 19,5% coppie senza figli. Nel gruppo si registra un’incidenza molto superiore 
alla media di occupati ed è contenuta quota di inattivi. Si tratta, quindi, di un gruppo che non 
presenta particolari criticità nel rapporto con il mercato del lavoro. Basti pensare che solo il 2,6% 
delle famiglie che compongono tale cluster ha un componente in cerca di lavoro. 
Gruppo 4 ‐ Famiglie con occupazione indipendente in parziale crisi occupazionale. Il quarto 
gruppo include il 20,5% delle famiglie considerate (3,8 milioni) ed è composto nel 70% da nuclei 
con figli, (62% coppie e 8% monogenitori). In questo gruppo le famiglie sono composte 
prevalentemente da lavoratori indipendenti e nel 44% dei casi lavorano entrambi i componenti 
adulti. La crisi, comunque, non ha risparmiato anche tale cluster dal momento che nel 7,2% dei 
casi uno o più componenti dei nuclei familiari del gruppo è alla ricerca di lavoro.

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Estratto Rapporto Famiglie e lavoro

  • 1. Executive summary Il rapporto annuale Famiglie e lavoro – realizzato da Italia Lavoro sulla base della rielaborazione dei micro dati della Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro (RCFL) di Istat ‐ si propone di analizzare il mercato del lavoro da una prospettiva originale, osservando i fenomeni dell’occupazione, della disoccupazione e della inattività per nucleo familiare, con l’obiettivo di individuare i fenomeni emergenti e trarne indicazioni anche per sviluppare politiche del lavoro più efficaci e mirate. La struttura delle famiglie italiane Tra il 2004 ed il 2013 la struttura delle famiglie ha subito una significativa trasformazione. Le “coppia con figli”, pur rappresentando la maggioranza, negli ultimi otto anni, hanno progressivamente visto diminuire il proprio peso, passando da un’incidenza percentuale sul totale delle famiglie del 42,5% (anno 2004), al 36,7% del 2013. Altro aspetto che sembra segnare un forte cambiamento nella struttura familiare, è la forte crescita delle “persone sole” che sono passate da poco meno di 5,7 milioni di unità del 2004, a poco più di 8 milioni del 2013, per un incremento di complessivi 42,2 punti percentuali. Oltre a ciò è da rilevare anche la significativa crescita del numero dei nuclei monogenitori1 (2 milioni) che crescono in due lustri dell’8,5%. La struttura delle famiglie sembra interessata, quindi, da un fenomeno di sostanziale frammentazione che è il portato di tassi di crescita asimmetrici tra popolazione e nuclei: se tra il 2006 ed il 2013 la popolazione totale ha conosciuto un incremento di 1,1 punti percentuali, il numero complessivo delle famiglie è aumentato dell’8% .Gli squilibri demografici, puntualmente registrati dall’indice di vecchiaia, hanno, dunque, determinato una riarticolazione delle strutture familiari a favore della tipologia monocomponente, con larga presenza di membri over 65 e monogenitori. Sotto il profilo della dimensione occupazionale tali fenomeni hanno almeno due rilevanti effetti:  la crescita delle “persone sole” e delle forme monogenitoriali con uno o più figli a carico, fa sì che in caso di sofferenza occupazionale o di perdita di lavoro la soglia di sostenibilità economica si abbassi sensibilmente, non essendo possibile ridistribuire le chance di lavoro su altri membri;  l’inesorabile invecchiamento della popolazione e dunque la crescita del numero di famiglie costituite di soli “anziani” (nel 2013 sono stimabili circa 4 milioni di “persone sole” over 65), sottrae una quota considerevole di nuclei alla partecipazione al mercato del lavoro con le ben note ripercussioni sugli assetti pensionistici che tali fenomeni possono avere. 1 Con monogenitore si intende un nucleo familiare con uno o più figli in cui è presente un solo genitore
  • 2. Gli effetti della crisi sulla struttura occupazionale delle famiglie Nel 2013 si osserva una quota di famiglie con almeno un componente occupato pari a 15.230.773 di unità su un totale di 25.475.673, per un’incidenza di 59,8 punti percentuali. Tale valore varia secondo la tipologia considerata: nel caso delle “coppie con figli”, il peso complessivo dei nuclei con almeno un occupato è pari a circa l’89%, mentre per le “persone sole” è pari al 35,5%. Tuttavia ciò che emerge dai dati annuali è che, a partire dal 2007, si assiste ad netta riduzione della partecipazione delle famiglie al mercato del lavoro. Nel 2004, primo anno della serie storica considerata, l’incidenza percentuale dei nuclei con almeno un lavoratore era pari al 63,8% e nel 2007, ultimo anno di espansione del mercato del lavoro prima della crisi, la percentuale era del 63%. Nel 2012, la percentuale delle famiglie con almeno un membro occupato era scesa al 60,8%. Il 59,8% rilevato nel 2013 si colloca quindi a valle di una contrazione lieve e costante fino al 2007, che diviene invece impetuosa nel lungo periodo di crisi, facendo registrare una diminuzione significativa pari al 3%. Parallelamente l’area della disoccupazione è tornata ad espandersi. La quota di famiglie con almeno una persona in cerca di lavoro nel 2013 è infatti pari al 10,5% del totale (2.670.147 unità), 1,1 punti in più rispetto al 2012. La dimensione territoriale La partecipazione al mercato del lavoro delle famiglie è ovviamente molto diversa territorialmente. Nelle regioni settentrionali la quota di nuclei con almeno un componente occupato è nettamente superiore alla media (59,8%) con punte del 70,8% della provincia autonoma di Bolzano, del 66% a Trento del 65,7% in Veneto e del 64,7% in Lombardia, anche se comunque la quota si riduce significativamente rispetto al 2007. Sono le realtà meridionali che, di contro, fanno segnare le contrazioni più alte, contrazioni che, dunque, hanno interessato contesti già strutturalmente in sofferenza. Nel 2013 la percentuale di famiglie con almeno un componente occupato è pari al 54% in Campania e Puglia ed al 50% circa in Sicilia e Calabria. Rispetto al 2007 si registrano riduzioni molto significative in tutte le regioni del mezzogiorno ed in particolare in Campania (‐4,3%), Calabria (‐7,2%), Sicilia (‐5,6%), e Puglia (‐6,4%). A conferma del quadro descritto, le regioni poc’anzi citate sono le stesse che presentano nel 2013 le quote più alte di famiglie con almeno un componente in cerca di occupazione. Si tratta di circa 340 mila famiglie campane (pari all’15,9% del totale), 240 mila famiglie pugliesi (15,4%) e circa 290 mila famiglie siciliane (14,5%). Percentuali, per altro, in netta crescita rispetto ai valori del 2007, che segnalano un forte peggioramento della condizione lavorativa dei nuclei familiari residenti nel Mezzogiorno. Le tipologie di lavoro L’analisi ha permesso di ricostruire anche il tipo di lavoro che i diversi componenti dei nuclei familiari svolgono. In estrema sintesi le tipologia di lavoro presenti nei nuclei con almeno un componente occupato sono le seguenti: - l’81,3% delle famiglie ha almeno un componente che è occupato dipendente;
  • 3. - il 31,1% ha almeno un occupato indipendente; - il 73,8% ha almeno un occupato con contratto a tempo indeterminato; - il 13,6% ha almeno un occupato con contratto a tempo determinato; - il 89,9% ha almeno un occupato full time; - il 24,5% ha almeno un occupato part time. Le famiglie prive di reddito da lavoro o da pensione Ci sono in Italia 10.244.901 famiglie che non hanno nessun occupato. In realtà, di questa platea fa parte un numero considerevole di nuclei composti da individui che percepiscono pensioni da lavoro. Pertanto, se la finalità è individuare un target familiare caratterizzato da soli nuclei privi di qualsivoglia base economica derivante da un’attuale o precedente occupazione, è necessario procedere per progressive scomposizioni. Escludendo da questa platea, progressivamente, le famiglie che al loro interno avevano componenti che percepivano pensioni da lavoro o membri over 65 potenziali percettori di pensioni di anzianità, si è arrivati ad individuare una target di 1.981.291 famiglie, senza reddito da lavoro o da pensione che costituiscono la platea di famiglie con le maggiori criticità sul mercato del lavoro. Queste famiglie rappresentano il 7,7% del totale nazionale, risultano in crescita rispetto all’incidenza del 6,9% rilevata nel 2012, e sono realisticamente in una condizione di forte criticità materiale, giacché prive di fonti di sostentamento economico derivanti da una qualsivoglia attività lavorativa, presente o passata che sia. I nuclei familiari con figli I nuclei familiari in cui sono presenti “figli” si distinguono in due macro categorie: i nuclei con monogenitori e le coppie con uno o più figli. Complessivamente nel 2013 si tratta di circa 11 milioni di famiglie di cui è possibile analizzare il rapporto con il lavoro. Le “coppie con figli” sono circa 9,3 milioni ed i nuclei con almeno un componente occupato sono l’89%, (8.319.396) una percentuale in calo dell’1,2% rispetto al 2012 e di 3,5 punti rispetto al 2004. Inoltre va sottolineato che il 17,5% delle coppie con figli ha almeno un componente in cerca di occupazione (1.638.190) ed anche in questo caso la percentuale è in aumento dell’1,6% punti rispetto al 2012 e di circa 5 punti percentuali rispetto al 2004. Alle coppie con figli si aggiungono i nuclei monogenitoriali. Le famiglie composte da un solo genitore ed un solo figlio sono circa 1,18 milioni: nel 30% dei casi il genitore non è occupato mentre nel 14% è in cerca di lavoro. Analogamente le famiglie con un solo genitore ma con più di un figlio sono 779 mila: nel 23% dei casi il genitore non è occupato e nel 17,5% è in cerca di lavoro. La presenza di NEET nelle famiglie italiane Un aspetto di grande interesse nel rapporto di quest’anno è l’analisi dei nuclei familiari in cui sono presenti uno o più giovani NEET, ossia i giovani con età compresa tra 15 e 29 anni che sono al di
  • 4. fuori dei percorsi formativi e contemporaneamente si trovano nella condizione di persone prive di occupazione. In Italia, nel 2013, 2.121.284 famiglie aveva almeno un NEET tra i suoi componenti. Il “tasso familiare di NEET” – costruito tenendo conto del numero di famiglie con almeno un componente tra 15 e 29 anni (pari a 6.753.383 unità) – si attesta al 31,4%. Esistono inoltre casi in cui si registra la presenza di più individui ascrivibili alla categoria dei giovani che non studiano e non lavorano. Scomponendo, infatti, l’insieme stimato di 2.121.284 famiglie con almeno un componente NEET è possibile osservare come circa il 13,2% delle famiglie ne ha addirittura più di uno. Disaggregando tali dati a livello territoriale, la quota più alta di famiglie con almeno un NEET, sul totale di quelle che hanno almeno un componente tra 15 e 29 anni, è assai rilevante nei contesti territoriali del Mezzogiorno: in Campania si registrano poco meno di 321 mila famiglie nella suddetta condizione (44%), in Sicilia circa 302 mila (47,4%), in Calabria circa 106 mila (43,3%) e in Puglia pressappoco 209 mila (42,2%). Figli NEET e genitori non occupati Considerando l’intera platea dei giovani NEET tra il 15 ed i 29 anni e distinguendo per posizione all’interno del nucleo familiare, si osserva come la quasi totalità dei soggetti sia nella condizione di “figlio” (pari all’81,2% del totale) ed il 18,3% del totale sia invece “genitore”. Con riferimento ai NEET “figli” circa la metà dei ragazzi che non lavorano e non studiano (il 46,7%) ha un solo genitore occupato, il 23,5% ha entrambi i genitori inseriti nel mercato del lavoro e ben il 29,7% ha entrambi i genitori privi di un’occupazione; quest’ultimo dato segnala una condizione di grave criticità laddove lo scarso attachment al mercato del lavoro dei giovani NEET si accompagna all’esclusione occupazionale dell’intero nucleo famigliare di appartenenza. Considerando invece i NEET “genitori” si osserva sì una maggioranza di individui con coniuge occupato (73,3%) prevalentemente con qualifica di lavoro manuale specializzato e non qualificato, ma anche una platea di soggetti (pari al 26,7% del totale considerato) che non può contare su alcun sostegno economico derivante da un’attività lavorativa. La condizione di madre nel mercato del lavoro Un importante ambito di analisi del rapporto tra famiglia e lavoro riguarda il ruolo delle madri. In età lavorativa le donne con figli sono in Italia circa 10 milioni, di cui 8 milioni e 795 mila vivono in coppia e 1 milione e 271 mila sono monogenitore. Ovviamente la tipologia familiare influenza la loro partecipazione al mercato del lavoro. Il tasso di occupazione è pari al 50,2% se la madre ha un coniuge mentre sale al 62% se è da sola. Parallelamente il tasso di disoccupazione risulta più alto per le madri monogenitore (12%) contro il 9,7% di quelle che vivono in coppia, ed anche per il tasso di inattività le differenze sono molto significative, laddove tra le madri che vivono in nuclei familiari in coppia la quota di inattive è del 44,4% mentre tra quelle mononogenitore è del 29%. Per individuare le madri che subiscono gli effetti più drammatici della crisi è necessario considerare due tipologie: quelle che vivono in nuclei monogenitoriali e che non essendo
  • 5. occupate sono in cerca di lavoro (circa 107 mila) e quelle non occupate che vivono in coppie con figli dove anche il coniuge è senza lavoro (1,3 milioni). Si tratta di una platea molto ampia di madri, circa 1,4 milioni di donne con figli, che vivono in contesti familiari dove non si registra alcun reddito da lavoro e dove verosimilmente la disoccupazione genera condizioni di gravissimo disagio. Ovviamente la condizione di madre è comunque penalizzante nel rapporto con il mercato del lavoro: il tasso di occupazione è più alto di circa 3 punti percentuali per le donne senza figli rispetto alle donne con i figli (54,6% vs. 51,7%) mentre Il tasso di disoccupazione risulta più alto per le donne con i figli (10,1%) rispetto a quelle senza figli (8,6%). La condizione occupazionale dei “padri” I padri occupati sono quasi 7 milioni, il 72,7% del totale dei genitori maschi, mentre le madri che lavorano sono 5,2 milioni, pari al 46,9%. I padri disoccupati (persone in cerca di lavoro) sono complessivamente il 5,4% del totale mentre le madri nella stessa condizione sono 5,2%. Si tratta quindi di percentuali molto vicine per quanto riguarda le persone in cerca di lavoro, mentre ci sono ben 25 punti percentuali di differenza in termini di tasso di occupazione. A livello territoriale nel 2013, a fronte di una media nazionale del 72%, appena il 63,7% dei genitori maschi nel Mezzogiorno risulta occupato, mentre al Nord la quota corrispondente raggiunge il 77,8% e nel Centro supera il 75%. Per quanto riguarda la disoccupazione al Nord, i genitori maschi disoccupati sono poco più del 3% del totale, al Centro la quota è di un punto percentuale superiore (4,3%) mentre nel Mezzogiorno la percentuale di padri in cerca di lavoro raggiunge l’8,4%. Quattro tipologie di Famiglie Dopo aver rappresentato gli aspetti strutturali del rapporto tra famiglie e lavoro è stata effettuata una cluster analysis per con lo scopo di individuare dei gruppi omogenei di famiglie rispetto ai fenomeni di maggiore o minore disagio nel rapporto con il mercato del lavoro. Su una popolazione di 18 milioni famiglie (escludendo cioè quelle composte da tutti componenti sopra i 65 anni) sono stati individuati 4 gruppi tipologici: Gruppo 1 ‐ Famiglie con alta sofferenza occupazionale. Il primo cluster che include il 21% dei nuclei familiari (3,9 milioni di famiglie) e quello in cui si registrano le maggiori condizioni di disagio. È composto per circa il 40% da nuclei con figli (27,4% coppie e 15,2% monogenitori) mentre per il 60% si tratta di persone sole o coppie giovani senza figli. Complessivamente è il gruppo nel quale si manifesta il maggior disagio occupazionale laddove nel 90% dei casi i componenti adulti sono non occupati e nel 30% sono alla ricerca di lavoro. Gruppo 2 ‐ Famiglie con occupazione dipendente in difficoltà. Il secondo gruppo è composto dal 34% delle famiglie (6,4 milioni) e contiene prevalentemente nuclei con figli (70% coppia e 16% monogenitori) mentre non sono presenti in questo gruppo persone sole. Nel secondo cluster si registra una maggiore presenza rispetto agli altri gruppi di lavoratori part time e di giovani NEET ed nettamente maggiore della media la quota di persone che ha perso il lavoro. Si tratta
  • 6. prevalentemente di famiglie monoreddito con lavoro dipendente e nel 17% dei casi è presente uno o più componenti in cerca di lavoro. In questo caso le condizioni di disagio derivano principalmente dalla numerosità dei nuclei familiari e dalla mancanza di lavoro per gli altri componenti adulti. Gruppo 3 ‐ Famiglie in piena occupazione. Il terzo gruppo include il 24,4% delle famiglie oggetto di analisi (4,6 milioni) e contiene per quasi la metà persone sole (45,6%). Il 28,4% è composto da coppie con figli e il 19,5% coppie senza figli. Nel gruppo si registra un’incidenza molto superiore alla media di occupati ed è contenuta quota di inattivi. Si tratta, quindi, di un gruppo che non presenta particolari criticità nel rapporto con il mercato del lavoro. Basti pensare che solo il 2,6% delle famiglie che compongono tale cluster ha un componente in cerca di lavoro. Gruppo 4 ‐ Famiglie con occupazione indipendente in parziale crisi occupazionale. Il quarto gruppo include il 20,5% delle famiglie considerate (3,8 milioni) ed è composto nel 70% da nuclei con figli, (62% coppie e 8% monogenitori). In questo gruppo le famiglie sono composte prevalentemente da lavoratori indipendenti e nel 44% dei casi lavorano entrambi i componenti adulti. La crisi, comunque, non ha risparmiato anche tale cluster dal momento che nel 7,2% dei casi uno o più componenti dei nuclei familiari del gruppo è alla ricerca di lavoro.