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di ANTONIO PANIGALLI
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OPINIONI
È
di pochi giorni orsono la
Conferenza Nazionale sulla
Famiglia, nella quale sono
stati presentati dati e studi
che, partendo dall’analisi del Work in
house, fanno nuovamente emergere il
profondo gap di genere che assilla l’Ita-
lia.
I numeri sul lavoro femminile dicono,
infatti, che, per le donne la strada oc-
cupazionale è tutta in salita e diventa
praticamente impossibile se hanno figli
a carico. A fronte di circa un 40% in
media di donne occupate, con i soliti
importanti sbilanciamenti Nord/Sud, il
tasso di abbandono lavorativo tra le don-
ne che diventano mamme rende l’idea:
quasi una su tre (27,3%) abbandona il
lavoro dopo il primo figlio, e un’altra
buona parte quando la famiglia si allar-
ga, dal secondo figlio in poi.
A conferma del fatto che, per il genere
femminile, impostare una famiglia ed
avere figli sia una mission impossible,
arrivano gli ultimi dati dell’Istat che ci
spiegano come in almeno tre casi su
quattro (76,2%) il lavoro domestico,
e più in generale quello familiare delle
coppie, ricada sulle donne.
Secondo i numeri registrati nel biennio
2008-2009, la situazione sembrerebbe
essere in leggero miglioramento rispet-
to al biennio 2002-2003, quando lavare
i piatti, cucinare, fare il bucato e accudi-
re la prole ricadeva sulle spalle femminili
nel 77,6% dei casi. Dati difficili da me-
tabolizzare ai giorni nostri e che danno
un’immagine incontestabile: in Italia
“persiste una forte diseguaglianza di ge-
nere nella divisione del carico di lavoro
familiare tra i partner”.
L’asimmetria nella divisione del lavoro
familiare è un dato di fatto geografi-
camente trasversale in tutto il Paese,
anche se le differenze Nord/Sud sono
direttamente proporzionali al livello di
occupazione/istruzione e di impegno
professionale femminile (secondo gli
ultimi dati Ocse, al Sud 63 donne su
cento sono stabilmente disoccupate).
Valori inferiori al 70% si registrano solo
nelle coppie settentrionali in cui lei la-
vora e non ci sono figli, o nelle coppie
in cui la donna è una lavoratrice laure-
ata (67,6%). E pensare che gli obiettivi
fissati nella conferenza di Lisbona pre-
vedevano per il 2010 un tasso comples-
sivo di occupazione femminile pari al
60%.
Nell’ultimo ventennio, l’aumento del
tasso di occupazione delle donne è cre-
sciuto costantemente e, a tutt’oggi, le
stesse rappresentano più del 40% della
popolazione attiva all’interno dell’Unio-
ne Europea. Nel nostro Paese, la divari-
cazione appare ancora più significativa:
le donne rappresentano il 51,4% della
popolazione, ma solo il 28% della forza
lavoro, il 40% degli occupati e il 53%
delle persone in cerca di occupazione;
mentre gli uomini sono il 48,6%, il 62%
delle forze di lavoro, il 60% degli occu-
pati ed il 47% delle persone in cerca di
OPPORTUNITÀ SPRECATA…
occupazione.
Analizzando poi il tasso di disoccupa-
zione femminile le differenze tra i sessi
e tra le aree geografiche sono evidenti.
Considerando le forze lavoro nella fascia
d’età compresa tra i 15 ed i 64 anni, il
tasso di disoccupazione femminile è il
doppio di quello maschile in tutte le aree
geografiche del paese. I dati evidenzia-
no situazioni critiche soprattutto per le
classi di età più giovani residenti nel Sud
(57,4%) e nelle isole (58,7%), a fronte
di tassi di disoccupazione decisamente
inferiori nel nord-est (7,8%) e nel nord-
ovest (14,4%).
A ciò si deve aggiungere una forte pre-
senza di lavoro nero, irregolare e preca-
rio, che coinvolge anche molte donne e
la cui quantificazione è piuttosto com-
plicata. Il tema è la difficoltà oggettiva
nel conciliare lavoro e famiglia, in barba
alle dichiarazioni sbandierate da tutte
le forze politiche ogni volta che siamo
chiamati al voto. Non saranno certo le
“quote rosa” (termine orribile) a forni-
re una risposta, bensì una nuova visione
strategica che attuando un’effettiva po-
litica familiare a 360° consenta positi-
ve ripercussioni sul mondo del lavoro,
sull’economia e sulla fiscalità.
12MESI
DICEMBRE 2010
PAESI
Italia
Ue 27
Differenza Italia Ue 27
Francia
Germania
Olanda
Regno Unito
Spagna
65,0
76,7
-11,7
81,3
81,6
82,5
82,7
71,3
NESSUNO UNO DUE TRE O PIÙ
60,6
72,4
-11,8
79,0
76,8
80,8
76,1
65,2
54,8
69,2
-14,4
78,4
70,3
80,1
71,4
61,1
42,6
55,0
-12,4
58,2
51,1
70,2
50,4
52,2
60,2
72,0
-11,8
77,4
76,4
80,2
75,2
65,9
NUMERO DI FIGLI
TOTALE
TASSO DI OCCUPAZIONE FEMMINILE 25-54 ANNI PER NUMERO DI FIGLI - ANNO 2008

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  • 1. di ANTONIO PANIGALLI 7 OPINIONI È di pochi giorni orsono la Conferenza Nazionale sulla Famiglia, nella quale sono stati presentati dati e studi che, partendo dall’analisi del Work in house, fanno nuovamente emergere il profondo gap di genere che assilla l’Ita- lia. I numeri sul lavoro femminile dicono, infatti, che, per le donne la strada oc- cupazionale è tutta in salita e diventa praticamente impossibile se hanno figli a carico. A fronte di circa un 40% in media di donne occupate, con i soliti importanti sbilanciamenti Nord/Sud, il tasso di abbandono lavorativo tra le don- ne che diventano mamme rende l’idea: quasi una su tre (27,3%) abbandona il lavoro dopo il primo figlio, e un’altra buona parte quando la famiglia si allar- ga, dal secondo figlio in poi. A conferma del fatto che, per il genere femminile, impostare una famiglia ed avere figli sia una mission impossible, arrivano gli ultimi dati dell’Istat che ci spiegano come in almeno tre casi su quattro (76,2%) il lavoro domestico, e più in generale quello familiare delle coppie, ricada sulle donne. Secondo i numeri registrati nel biennio 2008-2009, la situazione sembrerebbe essere in leggero miglioramento rispet- to al biennio 2002-2003, quando lavare i piatti, cucinare, fare il bucato e accudi- re la prole ricadeva sulle spalle femminili nel 77,6% dei casi. Dati difficili da me- tabolizzare ai giorni nostri e che danno un’immagine incontestabile: in Italia “persiste una forte diseguaglianza di ge- nere nella divisione del carico di lavoro familiare tra i partner”. L’asimmetria nella divisione del lavoro familiare è un dato di fatto geografi- camente trasversale in tutto il Paese, anche se le differenze Nord/Sud sono direttamente proporzionali al livello di occupazione/istruzione e di impegno professionale femminile (secondo gli ultimi dati Ocse, al Sud 63 donne su cento sono stabilmente disoccupate). Valori inferiori al 70% si registrano solo nelle coppie settentrionali in cui lei la- vora e non ci sono figli, o nelle coppie in cui la donna è una lavoratrice laure- ata (67,6%). E pensare che gli obiettivi fissati nella conferenza di Lisbona pre- vedevano per il 2010 un tasso comples- sivo di occupazione femminile pari al 60%. Nell’ultimo ventennio, l’aumento del tasso di occupazione delle donne è cre- sciuto costantemente e, a tutt’oggi, le stesse rappresentano più del 40% della popolazione attiva all’interno dell’Unio- ne Europea. Nel nostro Paese, la divari- cazione appare ancora più significativa: le donne rappresentano il 51,4% della popolazione, ma solo il 28% della forza lavoro, il 40% degli occupati e il 53% delle persone in cerca di occupazione; mentre gli uomini sono il 48,6%, il 62% delle forze di lavoro, il 60% degli occu- pati ed il 47% delle persone in cerca di OPPORTUNITÀ SPRECATA… occupazione. Analizzando poi il tasso di disoccupa- zione femminile le differenze tra i sessi e tra le aree geografiche sono evidenti. Considerando le forze lavoro nella fascia d’età compresa tra i 15 ed i 64 anni, il tasso di disoccupazione femminile è il doppio di quello maschile in tutte le aree geografiche del paese. I dati evidenzia- no situazioni critiche soprattutto per le classi di età più giovani residenti nel Sud (57,4%) e nelle isole (58,7%), a fronte di tassi di disoccupazione decisamente inferiori nel nord-est (7,8%) e nel nord- ovest (14,4%). A ciò si deve aggiungere una forte pre- senza di lavoro nero, irregolare e preca- rio, che coinvolge anche molte donne e la cui quantificazione è piuttosto com- plicata. Il tema è la difficoltà oggettiva nel conciliare lavoro e famiglia, in barba alle dichiarazioni sbandierate da tutte le forze politiche ogni volta che siamo chiamati al voto. Non saranno certo le “quote rosa” (termine orribile) a forni- re una risposta, bensì una nuova visione strategica che attuando un’effettiva po- litica familiare a 360° consenta positi- ve ripercussioni sul mondo del lavoro, sull’economia e sulla fiscalità. 12MESI DICEMBRE 2010 PAESI Italia Ue 27 Differenza Italia Ue 27 Francia Germania Olanda Regno Unito Spagna 65,0 76,7 -11,7 81,3 81,6 82,5 82,7 71,3 NESSUNO UNO DUE TRE O PIÙ 60,6 72,4 -11,8 79,0 76,8 80,8 76,1 65,2 54,8 69,2 -14,4 78,4 70,3 80,1 71,4 61,1 42,6 55,0 -12,4 58,2 51,1 70,2 50,4 52,2 60,2 72,0 -11,8 77,4 76,4 80,2 75,2 65,9 NUMERO DI FIGLI TOTALE TASSO DI OCCUPAZIONE FEMMINILE 25-54 ANNI PER NUMERO DI FIGLI - ANNO 2008