1. La manovra aggrava le difficoltà delle famiglie già costrette a contrarre i consumi su beni
essenziali. I giovani presentano le maggiori difficoltà e la casa si conferma il costo maggiore.
30/08/2011 | Ambiente e territorio
Gli studi effettuati dalla CGIL rilevano un aumento delle famiglie che non riescono a far quadrare il
bilancio familiare e per arrivare a fine mese sono costrette a ridurre le spese che spesso superano la soglia
critica per l'equilibrio familiare. La categoria più colpita risultano i giovani, circa 8 milioni di persone tra 18 e
29 anni, che riescono sempre meno a risparmiare, nella maggior parte dei casi spendono tutto il reddito
mensile e spesso sono costretti a indebitarsi. L’indebolimento economico dei lavoratori più giovani risulta
ormai un fenomeno di lungo periodo, senza alcuna novità di sbocco.
Gli alti costi delle abitazioni in affitto e la scarsità dell'offerta, affidata oggi quasi esclusivamente ai privati,
rappresentano l'elemento che maggiormente incide sui bilanci familiari, anche in considerazione del costante
aumento, registrato anche nell'ultimo anno, delle spese fisse connesse all'abitazione, utenze e tariffe, che
concorre a diminuire le capacità reddituali, a ridimensionare il loro potere d'acquisto, accentuando
ulteriormente la contrazione dei consumi di beni essenziali.
In questa direzione la proposta della CGIL, di costituire, con la manovra, un fondo per la crescita e
l'innovazione, investendo direttamente per l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro,
destinando a questo le maggiori risorse derivate dall'aumento della tassa di successione, cercava di
fornire una risposta alle crescenti difficoltà dei nuclei più giovani.
La manovra, così come proposta da Governo, non fornisce una risposta ai bisogni delle famiglie, al
contrario, le misure contenute avranno ricadute ancora più pesanti sui bilanci familiari. La CGIL ritiene
vadano destinate risorse alle politiche abitative per rispondere ai bisogni di milioni di persone già
provate dalla crisi, come confermano gli studi che istituti di ricerca hanno recentemente elaborato.
Il CENSIS, a luglio 2011, ha messo in evidenza come metà delle famiglie italiane siano state costrette, nel
corso del 2010, ad utilizzare tutto il proprio reddito per coprire i consumi, quasi il 20% ha speso più di
quanto guadagnato e in questo caso il 65% è dovuto ricorrere ai propri risparmi. CONFCOMMERCIO ha
stimato, diffondendo i dati in questi giorni, che i consumi nel nostro Paese sono rallentati a tal punto da far
prevedere che alla fine dell'anno, in 17 regioni su 20, si potrebbe arrivare a un livello inferiore a quello del
2000. Questa situazione incide sulle aspettative e sul clima di fiducia degli italiani. E ovviamente ostacola la
crescita e la ripresa economica del Paese.
Nel progetto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali”, diffuso ad agosto 2011, CENSIS
e UNIPOL sottolineano come le famiglie con persona di riferimento più giovane, fino a 35 anni, solo nel
28,6% dei casi sono riuscite riuscita a mettere da parte qualcosa (rispetto al 38% nel caso di capofamiglia di
45-54 anni). Sono infatti le famiglie più giovani quelle che in quota maggiore spendono tutto il loro reddito
mensile (il 58,4% contro la media del 52,5%) e che sono costrette a indebitarsi (il 5% contro la media del
3,7%). Il rapporto analizza, a testimonianza della condizione di fragilità dei giovani, la condizione abitativa.
Oltre il 40% delle famiglie giovani vive infatti in una casa in affitto, l’83% in affitto da un privato.
Il rischio reale più volte denunciato è quello di un ulteriore impoverimento delle famiglie, già aumentato per
effetto della crisi: l'ISTAT stima oltre 11 milioni di persone in condizione di povertà (3,1 milioni in condizione di
povertà assoluta e 8,3 milioni in condizioni di povertà relativa) alle quali devono aggiungersi altre due milioni
circa a rischio di povertà, presentando valori di spesa superiori, ma non oltre il 10%, alla linea di povertà.
I dati presentati in questi giorni rilevano in realtà, a fronte di una diminuzione dei consumi, una stabilità della
spesa media familiare nel 2010, ma è importante sottolineare il lungo periodo in cui si è registrata una
contrazione. Peraltro gli studi assumono come indicatore la spesa e non i redditi, elemento che non restituisce
la vera realtà della condizione delle famiglie, non considerando elementi come l'indebitamento, cui si può far
ricorso per sostenere le spese, cresciuto mediamente dal 2002 del 131%, contro un’inflazione aumentata del
18% (CGIA Mestre, luglio 2011).
LAURA MARIANI