1. Documentazione dell'Unità di competenza:
Il clima: ieri, oggi, domani
Scuola Secondaria di Secondo grado
«E. Fermi» - Empoli (FI)
Classi
1a
G
Ore dedicate al percorso:
10 ore + 10 di preparazione
2. Descrizione della genesi del percorso didattico:
Questo percorso didattico è nato dalla Co progettazione
della professoressa di Scienze con gli esperti
dell'Associazione Eta Beta Onlus.
Entrambi hanno partecipato sia al corso di formazione sui
Corso per la costruzione di unità di competenza sui
Cambiamenti climatici e la risorsa acqua con metodi
innovativi -DGR 962/2012 – che al Corso per la costruzione
di unità di competenza sui Cambiamenti climatici con
metodi Innovativi -azione 2 della DGRT 352/2014 e ai
relativi lavori di gruppo.
3. Descrizione della genesi del percorso didattico:
Questa unità di competenza è stata inserita all'interno
del percorso di studio delle Scienze della Terra. In
particolare nelle un unità didattiche sull'atmosfera e il
clima e sull'idrosfera; aiutando i ragazzi a capire
come la Terra sia un sistema in cui le varie
componenti interagiscono fra loro.
4. Obiettivi di competenza
Macro competenza: essere consapevoli che ciascuno con
Propri comportamenti può contribuire al cambiamento climatico.
Competenza: conoscere i fattori che determinano il clima.
Conoscere le perturbazioni atmosferiche ed i vari fenomeni
meteorologici. Capire le cause e gli effetti dell'inquinamento.
5. Obiettivi di apprendimento
Conoscere i cambiamenti climatici in atto e le relative
conseguenze a livello globale sul nostro pianeta.
Saper conoscere le conseguenze dei cambiamenti climatici
sull'ambiente; in particolare sul nostro territorio.
Saper utilizzare la rete come fonte di informazioni.
Saper cooperare in un lavoro di ricerca.
Saper comunicare le informazioni e le conoscenze acquisite.
6. Fasi del percorso:
1) Acquisizione di conoscenza degli eventi atmosferici, fenomeni
meteorologici in relazione ai cambiamenti climatici in atto
2) Acquisizione di conoscenza del nostro territorio, in particolare
l'ambiente fluviale e le sue strutture idrauliche, anche in
relazione alle modifiche morfologiche dovute ai cambiamenti
climatici
3) Attività di ricerca in rete di dati relativi ad eventi atmosferici,
anche estremi, in un arco di tempo recente e passato.
4) Acquisizione di capacità di confronto e rielaborazione dati.
16. Italia è un paese a elevato rischio idrogeologico. Le alluvioni sono tra le manifestazioni più
tipiche del dissesto idrogeologico e si verificano quando le acque di un fiume non vengono
contenute dalle sponde e si riversano nella zona circostante. L'Italia per la conformazione
delle montagne e delle valli, per il disboscamento delle Alpi e Appennini e per le variazioni
climatiche, è soggetta a frequenti alluvioni, inondazioni e frane.
Catastrofi ambientali
17. Gli impatti delle frane sul territorio dipendono dalla tipologia del territorio. Le cause d'instabilità
di un versante possono essere naturali e antropiche. Le precipitazioni brevi e intese e quelle
eccezionali o prolungate sono i fattori più importanti per l'innesco dei fenomeni d'instabilità dei
versanti; le prime per fenomeni rapidi e superficiali, le seconde per frane con una maggiore
profondità della superficie di scivolamento.
18.
19. CAUSE
Il rischio idrogeologico dipende dai fenomeni naturali del territorio,
ovvero dalla geologia e dalla geomorfologia dei terreni e dei pendii
influenzati dall'uomo avendo costruito infrastrutture.
CONSEGUENZE:
I danni provocati riguardano la perdita di vite umane, i patrimoni culturali e
bellezze architettoniche, senza considerare i danni diretti alle aziende e al
settore agricolo.
22. Catastrofi ambientali
in Italia
• 13 ottobre 2014 zone colpite: Parma e dintorni. In seguito a
temporali con forti piogge orografiche verificatesi nell'appennino
Parmense, il torrente Baganza ha tracimato rompendo gli argini nel
quartiere Montanara e nella zona di via Po, causando numerosi
danni però senza nessun morto.
•14 ottobre 2014 zone colpite: Maremma Grossetana e Orbetello, ci
sono stati 2 morti. Straripamento del torrente Elsa nella zona di
Orbetello con due vittime investite dalla piena nella loro autovettura.
Vari allagamenti nel circondario.
•5 novembre 2014 zone colpite: Alta Toscana soprattutto Carrara,
c'è stato un morto.
•15 novembre 2014 zone colpite: Genova in più zone della città ,
Savona e Ponente Ligure, sud della Provincia di Alessandria e
porzione nord della città di Milano, c'è stato un morto. A Milano la
parte nord della città viene nuovamente colpita nei quartieri
Niguarda e Isola dallo straripamento del Seveso. La causa è data
dall'eccezionalità delle piogge cadute nella zona, 238 mm nell'arco
della giornata.
23. Catastrofi ambientali in Toscana
La regione Toscana è stata particolarmente colpita negli ultimi anni, soprattutto
nelle province di Lucca, Pistoia e Massa Carrara.
Massa Carrara 23 Settembre 2003: cadono sul bacino del torrente Carrione oltre
200 mm di pioggia, questa catastrofe ha provocato delle inondazioni di strade che
ha causato gravi danni e due vittime.
Prato 5 ottobre 2010: un violento temporale scaricò 100mm di acqua in meno di
due ore, tre persone annegarono in un sottopasso e numerose case e strade
furono allagate.
Pisa 31 gennaio 2014: piogge insistenti sul bacino dell'Arno causarono la piena del
fiume e dei suoi affluenti; la situazione diviene critica in provincia di Pisa, dove a
causa di una grossa piena si verifica un'improvvisa rottura dell'argine dello stesso
corso d'acqua nei pressi del comune di Ponsacco, che verrà in gran parte
alluvionato.
24. Dal 2000 ad oggi ci sono stati in Italia circa 5 alluvioni gravi.
Prato 5 ottobre 2010, 3 morti, case
e strade allagate e auto distrutte
Massa Carrara, 11 novembre 2012,
Esondazione torrenti zone sotto 1 metro di
Acqua.
Maremma grossetana, 12
novembre 2012, centri abitati
allagati, piena record ma nessun
danno in città. 6 morti.
Alluvioni in Toscana
25. Maremma grossetana, 14 ottobre 2014,
Straripa il torrente Elsa con 2 vittime vari
allagamenti nelle campagne.
Carrara 5 novembre 2014, il fiume
Carriona rompe l'argine in Avenza
invadendo l'abitato di marina di
Carrara.
Nel territorio intorno all'Arno le alluvioni sono 3 :
-17 novembre 2000
-28 novembre 2005
-25 dicembre 2010
Alluvioni in Toscana
26. Fiume Arno
Il fiume Arno nasce sul Monte Falterona a Capo D'Arno, è il maggior fiume
dell'Italia peninsulare dopo il Tevere, ed è il principale corso d'acqua della
Toscana. Ha una lunghezza totale di 241 km e una portata media annua
presso la foce di circa 110 m3
/s, sfociando nel Mar Ligure. Le rocce
costituenti del bacino dell'Arno sono facilmente erodibili, determinando un
forte trasporto solido e una colorazione giallastra. C'è stata poi un erosione
dell'alveo favorita dal frequente prelievo di materiali di fondo, come ghiaie o
sabbie. Il fenomeno di urbanizzazione del dopoguerra che ha determinato
un aumento dei carichi inquinanti nel fiume. Negli ultimi anni, tuttavia, la
situazione risulta essere migliorata grazie alla realizzazione di nuovi impianti
di depurazione.
27. Fiume Arno
Oltre a queste fonti inquinanti, il fiume Arno è soggetto a frequenti eventi di magra che
favoriscono i fenomeni di eutrofizzazione e deossigenazione. Il fiume Arno scorre per
93,2 km in provincia d' Arezzo, in un territorio suddiviso in tre sottobacini : il Casentino, il
Valdarno e la Val di Chiana. Per 30 km attraverso il Casentino e qua troviamo numerosi
torrenti
28. Straripamento Arno 1966
(Toscana)
L'alluvione di Firenze del 4 novembre
1966 fa parte di una serie di
straripamenti che hanno mutato, nel
corso dei secoli, il volto della città
di Firenze.
Dopo il disastro, le campagne rimasero
allagate per giorni, e molti comuni minori
risultarono isolati e danneggiati
gravemente. Nelle stesse ore, sempre in
Toscana, una devastante alluvione
causò lo straripamento del fiume
Ombrone, colpendo gran parte della
piana della Maremma e sommergendo
completamente la città di Grosseto.
29. Livelli Delle Acque
L'alluvione del 1966 fu un evento eccezionale ed inaspettato per le sue proporzioni;
mai a Firenze l'Arno, che pure aveva esondato spesso, aveva raggiunto una tale
furia, come attestano le targhe relative alle alluvioni precedenti come quella, fino ad
allora reputata disastrosa, del 3 novembre 1844. Il discorso vale anche per i comuni
limitrofi, da sempre abituati alle sfuriate degli affluenti dell'Arno o dei fossi, dove la
gente si aspettava la solita piccola inondazione di cinquanta centimetri, evento
ricorrente in alcune zone come le frazioni meridionali di Campi Bisenzio e dove ogni
famiglia era munita della dotazione anti-allagamento composta da cateratte, secchi e
scopettoni pesanti. I livelli raggiunti dalle acque furono i seguenti.
Comune di Campi Bisenzio
San Donnino: metri 5,30
Sant'Angelo a Lecore: metri 4,20
San Piero a Ponti-Gorinello: metri 4
Le Miccine: metri 3
30. Le conseguenze
L'alluvione non aveva interessato solo la città di Firenze, ma di fatto, con varia intensità, tutto il
nord e centro Italia. La forza delle acque, solo in Firenze furono apportati dalla piena circa
seicentomila metri cubi di fango, aveva distrutto una innumerevole serie di ponti, reso
inagibili molte strade, rendendo assai difficoltosa l'opera di primo soccorso.
L'alluvione fu uno dei primi episodi in Italia in cui si evidenziò l'assoluta mancanza di una
struttura centrale con compiti di protezione civile: i cittadini non furono avvertiti
dell'imminente fuoriuscita del fiume, tranne alcuni orafi di Ponte Vecchio che ricevettero
una telefonata di una guardia notturna che li invitava a vuotare le loro botteghe; le notizie
furono date in grande ritardo e i Media tentarono di sottacere l'entità del disastro; per i
primi giorni gli aiuti provennero quasi esclusivamente dal volontariato, o dalle truppe di
stanza in città: per vedere uno sforzo organizzato dal governo bisognò attendere sei giorni
dopo la catastrofe.
Un'importante conseguenza socio-economica dell'alluvione fu il definitivo colpo di grazia
alle attività agricole e dell'allevamento nella Piana, già in crisi per il trend economico
generale: molti contadini ed allevatori della zona, avendo perso tutto il materiale e le
mandrie sotto le acque, decisero di non riavviare le proprie attività e di impiegarsi
nell'industria o di aprire piccole attività artigianali o commerciali. Questo notevole
cambiamento occupazionale fu poi alla base del successivo sviluppo manifatturiero,
artigianale e commerciale della zona, che vide trasformare Calenzano, Campi
Bisenzio, Sesto Fiorentino, Signa ed altri comuni da territori a vocazione agricola a zone
industriali.
31. È inevitabile che più duratura nella memoria sia rimasta la tragedia, sia pure incruenta, del
patrimonio artistico della città: migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti o rare opere a
stampa furono coperti di fango nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale, e una
delle più importanti opere pittoriche di tutti i tempi, il Crocifisso di Cimabue conservato
nella Basilica deve considerarsi, nonostante un commovente restauro, perduto all'80%. La
nafta del riscaldamento impresse le tracce del livello raggiunto dalle acque su tanti
monumenti; la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze fu spalancata dalle acque, e
dalle ante sbattute violentemente si staccarono quasi tutte le formelle del Ghiberti.
Innumerevoli i danni ai depositi degli Uffizi, ancora non completamente risarciti dopo anni
di indefessi restauri, che tra l'altro hanno portato le istituzioni fiorentine per il restauro ad
essere considerate fra le principali del mondo. Un vero e proprio esercito di giovani e
meno giovani di tutte le nazionalità volontariamente, subito dopo l'alluvione, arrivarono a
migliaia in città per salvare le opere d'arte e i libri, strappando al fango e all'oblio la
testimonianza di secoli di Arte e di Storia. Questa incredibile catena di solidarietà
internazionale rimane una delle immagini più belle nella tragedia. I giovani, chiamati ben
presto gli "Angeli del fango", sono anche uno dei primi esempi di mobilitazione spontanea
giovanile nel XX secolo.
I Danni Al Patrimonio Artistico E I Restauri
32. La Ricostruzione
Nel 1990, a seguito dell'emanazione della legge quadro sulla difesa del suolo, fu costituita
l'Autorità di bacino del fiume Arno, con il compito di sviluppare il Piano di bacino. Questo
importante atto, con forti ricadute anche di carattere urbanistico, è articolato per stralci e,
tra le altre cose, indica le strategie per mitigare il rischio idraulico e la difesa dalle alluvioni.
Il primo stralcio "rischio idraulico", sviluppato sotto la guida dell'allora Segretario generale
Raffaello Nardi, prevedeva interventi strutturali per oltre 1,5 miliardi di euro e vide la luce
nel novembre del 1999. Il piano, che tra le altre cose, vincolava molto del territorio di
fondovalle non ancora edificato, restò sostanzialmente inattuato, soprattutto per gli scarsi
finanziamenti pervenuti dallo Stato e la forte rigidità delle strategie che non offrivano
probabilmente una sufficiente progressività dell'azione, visto anche l'estrema incertezza
del flusso di risorse economiche. Negli anni successivi, con il lavoro del Prof. Giovanni
Menduni, nuovo Segretario generale, si è provveduto all'approvazione del Piano Assetto
Idrogeologico (PAI). Questo piano, recupera diverse delle proposte indicate dal
precedente. Inizia tuttavia da una dettagliata analisi della pericolosità e del rischio sul
territorio del bacino fornendo mappe che consentono di indirizzare la programmazione
urbanistica. Gli interventi sono poi graduati attraverso un'attenta analisi di priorità che ha
consentito di avviare decisamente l'azione di messa in sicurezza. Con questo piano si
sono ottimizzate le risorse economiche addivenendo così alla stipula di accordi tra Stato e
Regione per il finanziamento degli interventi.
33. Clima – Fiume e
cambiamenti climatici
Il cambiamento climatico influenzerà il ciclo idrologico e la disponibilità di risorse idriche
nelle Alpi. Un esempio è il fiume alpino, che avendo un bacino totalmente dipendente dal
ciclo della copertura nivale, avrà dei cambiamenti climatici. Tutti gli scenari idrologici
concordano nel prospettare un ritiro della copertura stagionale di neve, dovuto a un
aumento delle temperature, oltre che un incremento delle portate autunnali e invernali,
come conseguenza dell'aumento delle precipitazioni liquide. Portate più basse sono
invece, previste durante la primavera e l'estate, in vista di una diminuzione delle piogge e
dello scioglimento nivale. Nei bacini in quota, il fenomeno è più evidente poiché
l'incremento delle portate invernali cresce più che proporzionalmente..