1. Estratto dal sito
www.ilfuturomigliore.org
LIBRI DA NON LEGGERE (1)
sergio benassai
Stefano Malatesta
La vanità della cavalleria
Neri Pozza Editore
Come si afferma nella seconda e terza pagina di copertina del libro, dovrebbe essere il racconto
della vanità della cavalleria e delle più celebri battaglie combattute a cavallo; dovrebbe trattare di
“trine, merletti e sete”.
Niente di tutto questo: la stragrande maggioranza dei vari capitoletti (dedicati ognuno a un
personaggio o ad una battaglia, ma con molte divagazioni) non ha niente a che fare con la cavalleria
e la sua vanità.
Tra l’altro questi capitoletti, che provano anche a collegare le storielline che contengono alla
moderna attualità, si susseguono senza alcun ordine logico.
Ma quello che è peggio è che ogni capitoletto sembra un riassunto tirato via di una pagina di
Wikipedia, che le stesse notizie vengono ripetute più volte, che vengono inserite notizie che poco
hanno a che fare con l’argomento che si tratta, che la scrittura è sciatta e assolutamente non
coinvolgente.
A titolo di esempio prendiamo il capitoletto dedicato a Liddel Hart.
Provate a confrontare le 4 paginette di questo libro con quanto riporta Wikipedia (sia nell’edizione
italiana sia nella ben più corposa edizione inglese) e vi renderete conto della pochezza del testo.
A pagina 131 e 132 si fa riferimento alla partecipazione di Liddel Hart alla battaglia della Somme
del 1916: la descrizione della battaglia è un riassunto di quanto già ampiamento detto nel capitoletto
dedicato a tale battaglia (pagine 69 e seguenti).
Una decina di righe (sulle 140 che costituiscono l’intero capitoletto) sono dedicate all’esaltazione
del generale Fabio Mini.
Ma quale sia l’importanza di Liddel Hart (e perché quindi gli viene dedicato un capitoletto) è (non)
spiegato con una sola frase “lo scopo di una nazione in guerra è quello di annullare la volontà del
nemico a resistere al più basso costo possibile di vite umane”.
2. Peter S. Wells
La battaglia che fermò l’impero
Il Saggiatore
Il libro è principalmente dedicato al racconto della battaglia di Teutoburgo quando, nel 9 d.C., un
esercito di Germani capeggiati da Arminio annientò i ventimila soldati romani guidati da Quintilio
Varo.
Il libro contiene anche diverse divagazioni. Ad esempio, nel capitolo 4, dedicato ad Augusto, si
descrive la vita a Roma. E si parla anche delle imprese di Cesare in Gallia, di Antonio e Cleopatra.
dell’esilio di Giulia, ecc. Ma, tutto sommato, niente di grave.
Quello che invece lascia perplessi è l’organizzazione del libro che non segue un percorso lineare ma
alterna la descrizione della battaglia con altre descrizioni di usi e costumi di Germani e Romani,
interrompendo quindi la narrazione e comportando anche la necessità di ripetizioni un po’
fastidiose.
La pecca peggiore del libro è però proprio in ciò che dovrebbe essere un punto di forza: la presenza
di molte cartine che dovrebbero aiutare a meglio comprendere lo svolgersi della battaglia.
Ebbene questa cartine, i loro contenuti, i nomi di fiumi, città e territori, hanno una scarsa
corrispondenza col testo nel quale sono inserite provocando così un senso di smarrimento, che fa
quasi credere al lettor di non essere all’altezza di capire.
Marco Missiroli
Senza coda
Feltrinelli Editore
Nella postfazione l’autore spiega che il libro nasce dall’esigenza di raccontare una storia che abbia
come oggetto una busta chiusa.
La storia è in realtà quella di un bambino ossessionato dalla caccia alla coda delle lucertole e da un
terrorizzante obbligo impostogli dal padre.
Una storia improbabile, forse autobiografica almeno nelle parti che tratteggiano strani incubi (ma
spero di no per l’autore).
Il libro si intitola “Senza coda”.
Io l’ho ribattezzato “Senza capo né coda” (anche se ha vinto il premio Campiello Opera prima).