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1. I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 1
2. IL CASTAGNO
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 2
Il castagno europeo (Castanea sativa), in Italia più comunemente
chiamato castagno, è un albero appartenente
alla famiglia Fagaceae.
Negli ultimi decenni è stato sovente introdotto, per motivi
fitopatologici, il castagno giapponese (Castanea crenata).
Le popolazioni presenti in Europa sono perciò principalmente
riconducibili a semenzali di castagno europeo o a castagni europei
innestati sul giapponese o a ibridi delle due specie.
3. IL CASTAGNO
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 3
4. IL CASTAGNO
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V O L O N T A R I A T O 4
Il castagno è una delle più importanti essenze forestali dell'Europa
meridionale, in quanto ha riscosso, fin dall'antichità, l'interesse
dell'uomo per i molteplici utilizzi.
Oltre all'interesse intrinseco sotto l'aspetto ecologico, questa
specie è stata largamente coltivata, fino ad estenderne l'areale, per
la produzione del legname e del frutto.
Quest'ultimo, in passato, ha rappresentato un'importante risorsa
alimentare per le popolazioni rurali degli ambienti forestali
montani e, nelle zone più fresche prealpine, d'alta collina, in
quanto erano utilizzate soprattutto per la produzione di farina di
castagne.
5. IL CASTAGNO
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 5
L'importanza economica del castagno ha attualmente subito un
drastico ridimensionamento: la coltura da frutto è oggi limitata
alle cultivar di particolare pregio e anche la produzione del
legname da opera si è marcatamente ridotta.
Del tutto marginale, infine, è l'utilizzo delle castagne per la
produzione della farina, che ha un impiego secondario
nell'industria dolciaria.
6. IL CASTAGNO
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V O L O N T A R I A T O 6
In agronomia una cultivar (abbreviato in cv.) è
una varietà di pianta coltivata, ottenuta con il miglioramento genetico, che
riassume un insieme di specifici caratteri morfologici, fisiologici,
agronomici e merceologici di particolare interesse e trasmissibili con la
propagazione, sia per seme sia per parti di pianta. Da un punto di vista
pratico, la cultivar sarebbe analoga alla razza di una specie animale
realizzata con la domesticazione e la selezione.
La cultivar s'identifica perciò in un particolare genotipo, isolato
artificialmente con la selezione massale o la selezione individuale, i cui
caratteri sono fissati e ripetibili con la propagazione gamica per almeno 3-
4 generazioni. Nella sistematica, la cultivar rappresenta una suddivisione
minore della sottospecie al pari della varietà, termine che di solito si
riferisce alle razze prodottesi spontaneamente in natura.
7. IL CASTAGNO
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V O L O N T A R I A T O 7
Si ritiene che buona parte delle superfici forestali a castagno
siano derivate da una rinaturalizzazione di antiche coltivazioni
abbandonate nel tempo, mentre la coltivazione si è ridotta alle
stazioni più favorevoli, dove è possibile ottenere le migliori
caratteristiche merceologiche del cacumi, in particolare il
legname.
8. DESCRIZIONE BOTANICA
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V O L O N T A R I A T O 8
Il castagno è una pianta arborea, con chioma espansa e
rotondeggiante ed altezza variabile, dai 10 ai 30 metri. il castagno
è una specie eliofila, caducifoglie e latifoglie.
I castagni sono alberi molto longevi, possono diventare
plurimillenari.
La fioritura avviene a giugno e la fruttificazione a settembre-
ottobre a seconda delle varietà.
9. DESCRIZIONE BOTANICA
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V O L O N T A R I A T O 9
In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare,
con corteccia liscia, lucida, di colore grigio-brunastro.
La corteccia dei rami è di colore bianco ed è cosparsa
di lenticelle trasverse.
Con il passare degli anni, generalmente dai quarant'anni in poi, la
corteccia inizia a fessurarsi longitudinalmente a partire dal
colletto.
10. DESCRIZIONE BOTANICA
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V O L O N T A R I A T O 10
Le foglie sono alterne, provviste di un breve picciolo e, alla base
di questo, di due stipole oblunghe.
La lamina è grande, lunga anche fino a 20-22 cm e larga fino a
10 cm, di forma lanceolata, acuminata all'apice e seghettata nel
margine, con denti acuti e regolarmente dislocati.
Le foglie giovani sono tomentose, ma a sviluppo completo sono
glabre, lucide e di consistenza coriacea.
11. DESCRIZIONE BOTANICA
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V O L O N T A R I A T O 11
I fiori sono unisessuali, presenti sulla stessa pianta.
I fiori maschili sono riuniti in piccoli glomeruli a loro volta
formanti amenti eretti, lunghi 5–15 cm, emessi all'ascella delle
foglie.
Ogni fiore è di colore biancastro, provvisto di
un perigonio suddiviso in 6 lobi e un androceo di 6-15 stami.
I fiori femminili sono isolati o riuniti in gruppi di 2-3.
Ogni gruppo è avvolto da un involucro di brattee detto cupola.
12. DESCRIZIONE BOTANICA
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Il frutto è un achenio, comunemente chiamato castagna, con pericarpo di consistenza cuoiosa
e di colore marrone, glabro e lucido all'esterno, tomentoso all'interno.
La forma è più o meno globosa, con un lato appiattito, detto pancia, e uno convesso,
detto dorso.
Il polo apicale termina in un piccolo prolungamento frangiato, detto torcia, mentre il polo
prossimale, detto ilo, si presenta leggermente appiattito e di colore grigiastro.
Questa zona di colore chiaro è comunemente detta cicatrice.
Sul dorso sono presenti striature più o meno marcate, in particolare nelle varietà del gruppo dei
marroni.
Questi elementi morfologici sono importanti ai fini del riconoscimento varietale.
13. DESCRIZIONE BOTANICA
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V O L O N T A R I A T O 13
Gli acheni sono racchiusi, in numero di 1-3, all'interno di un
involucro spinoso, comunemente chiamato riccio, derivato
dall'accrescimento della cupola.
A maturità, il riccio si apre dividendosi in quattro valve.
Il seme è ricco di amido.
14. ESIGENZE E ADATTAMENTO
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V O L O N T A R I A T O 14
Il castagno è una specie mesofila e moderatamente esigente in
umidità.
Sopporta abbastanza bene i freddi invernali, subendo danni solo a
temperature inferiori a -25 °C, ma diventa esigente durante la
stagione vegetativa.
Per questo motivo il castagno ha una ripresa vegetativa tardiva,
con schiusura delle gemme in tarda primavera e fioritura all'inizio
dell'estate.
15. ESIGENZE E ADATTAMENTO
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V O L O N T A R I A T O 15
Al fine di completare il ciclo di fruttificazione, la buona stagione
deve durare quasi 4 mesi. In generale tali condizioni si verificano
nel piano montano (600–1300 m) delle regioni mediterranee o in
alta collina più a nord. In condizioni di umidità favorevoli può
essere coltivato anche nelle stazioni fresche del Lauretum,
spingendosi perciò a quote più basse.
16. ESIGENZE E ADATTAMENTO
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V O L O N T A R I A T O 16
Condizioni di moderata siccità estiva determinano un
rallentamento dell'attività vegetativa nel mezzo della stagione e
una fruttificazione irregolare.
Le nebbie persistenti e la piovosità eccessiva nei mesi di giugno e
luglio ostacolano l'impollinazione incidendo negativamente sulla
fruttificazione.
Nelle prime fasi tollera un moderato ombreggiamento, fatto,
questo, che favorisce una buona rinnovazione nei boschi maturi,
ma in fase di produzione manifesta una maggiore eliofilia.
17. ESIGENZE E ADATTAMENTO
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V O L O N T A R I A T O 17
A fronte delle moderate esigenze climatiche, il castagno presenta
notevoli esigenze pedologiche, perciò la sua distribuzione è
strettamente correlata alla geologia del territorio.
18. ESIGENZE E ADATTAMENTO
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V O L O N T A R I A T O 18
Sotto l'aspetto chimico e nutritivo, la specie predilige i terreni ben
dotati di potassio e fosforo e di humus.
Le condizioni ottimali si verificano con pH di terreni neutri o
moderatamente acidi; si adatta anche ad un'acidità più spinta,
mentre rifugge in genere dai suoli basici, in quanto il calcare è
moderatamente tollerato solo nei climi umidi.
19. ESIGENZE E ADATTAMENTO
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V O L O N T A R I A T O 19
Sotto l'aspetto granulometrico predilige i suoli sciolti o
tendenzialmente sciolti, mentre non sono tollerati i
suoli argillosi o, comunque, facilmente soggetti ai ristagni.
In generale sono preferiti i suoli derivati da rocce vulcaniche
(tufi, trachiti, andesiti, ecc.), ma vegeta bene anche nei suoli
prettamente silicei derivati da graniti, arenarie quarzose, ecc.,
purché sufficientemente dotati di humus.
I suoli calcarei sono tollerati solo nelle stazioni più settentrionali,
abbastanza piovose, mentre sono mal tollerate le marne.
20. DIFFUSIONE
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V O L O N T A R I A T O 20
Il castagno vegeta in un areale circummediterraneo, ad estensione frammentata,
che si estende dalla penisola iberica alle regioni del Caucaso prossime al Mar
Nero. In Europa, la maggiore estensione si ha nelle regioni occidentali: è diffuso
nel centro e nord del Portogallo e nelle regioni settentrionali della Spagna, in gran
parte del territorio della Francia, fino ad estendersi nel sud dell'Inghilterra, nel
versante tirrenico della penisola italiana e nell'arco alpino fino ad arrivare
alla Slovenia e alla Croazia.
Qui l'areale si interrompe per riprendere dalle regioni meridionali della Bosnia e
del Montenegro ed estendersi in gran parte dei territori dell'Albania,
della Macedonia e della Grecia. Infine riprende dalle regioni occidentali
della Turchia, estendendosi a quelle settentrionali lungo il Mar Nero, giungendo
fino al Caucaso.
21. DIFFUSIONE
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V O L O N T A R I A T O 21
Diffusioni sporadiche si hanno in Germania, in Bulgaria,
in Romania e nel Nordafrica, nelle regioni dell'Atlante.
Nel Mediterraneo, infine, è presente in gran parte del territorio
della Corsica, nelle regioni centrali della Sardegna, in Sicilia sui
monti Peloritani, Nebrodi, Madonie, Iblei, Sicani ed Etna, infine, in
quelle occidentali dell'isola d'Elba.
22. DIFFUSIONE
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V O L O N T A R I A T O 22
In Italia vegeta nella zona fitoclimatica del Castanetum, a cui dà il
nome, estendendosi anche nelle zone più fresche del Lauretum,
per introduzione da parte dell'uomo.
In genere si ritrova su quote variabili dai 200 metri s.l.m. fino agli
800 m nelle zone alpine, mentre nell'Appennino meridionale può
spingersi fino ai 1000-1300 metri.
23. DIFFUSIONE
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V O L O N T A R I A T O 23
La distribuzione è frammentata perché legata a particolari condizioni
climatiche e geologiche.
La maggiore diffusione si ha perciò in tutto il versante tirrenico della
penisola, dalla Calabria alla Toscana e alla Liguria, e nel settore
occidentale dell'arco alpino piemontese.
Nel versante adriatico e nel Triveneto la sua presenza è sporadica e
nella Pianura Padana è praticamente assente.
24. DIFFUSIONE
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V O L O N T A R I A T O 24
È dunque una tipica essenza degli ambienti boschivi collinari e di quelli
montani di bassa quota.
L'ecosistema forestale tipico del castagno è la foresta decidua
temperata mesofila, dove forma associazioni in purezza o miste,
affiancandosi alle Quercus (per lo più farnia e roverella), al frassino,
al carpino nero, al noce, al nocciolo, ecc.
Per le sue caratteristiche è una specie strettamente associata alla
roverella, tipica mesofita della foresta mediterranea decidua.
25. UTILIZZO: IL FRUTTO
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V O L O N T A R I A T O 25
Il frutto è utilizzato da tempi antichissimi, come si è detto, per la
produzione di farina di castagne.
Questo impiego ha oggi un'importanza marginale e circoscritta alla
produzione di dolci tipici, come il castagnaccio e il Panmorone (dolce
tipico di Campomorone).
Ancora diffusa è invece la destinazione dei frutti di buon pregio al
consumo diretto, concentrato nei mesi autunnali, e alla produzione
industriale di confetture e marron glacé. Interesse del tutto marginale ha il
possibile impiego dei frutti come alimento per gli animali domestici.
26. UTILIZZO: TANNINI
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V O L O N T A R I A T O 26
La corteccia e il legno del castagno sono particolarmente ricchi
di tannini (circa il 7%) e possono essere impiegate per la sua estrazione,
destinata alle concerie.
Questa destinazione d'uso, in Italia, ha riscosso un particolare interesse
nei primi decenni del XX secolo, epoca in cui l'industria del tannino
nazionale faceva largo impiego del castagno, ma dopo il 1940 ha perso
importanza sia per la contrazione di questo settore sia per il ricorso,
come materia prima, al legno di scarto.
27. UTILIZZO: LEGNO
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V O L O N T A R I A T O 27
Il legno di castagno è caratterizzato dalla formazione precoce del durame,
perciò presenta un alburno sottile. Il durame è bruno, mentre l'alburno è
grigio chiaro.
Strutturalmente è un legno eteroxilo con porosità anulare e tende a
sfaldarsi in corrispondenza degli anelli.
Fra i suoi pregi si citano la durevolezza e la resistenza all'umidità, perciò
si presta per l'impiego come legno strutturale; la facilità di lavorazione lo
rendono adatto ad essere impiegato per la realizzazione di vari manufatti.
È inoltre un legno semiduro, adatto secondariamente anche per lavori
di ebanisteria.
28. UTILIZZO: LEGNO
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V O L O N T A R I A T O 28
La precocità di formazione del durame rende inoltre possibile l'attuazione
di turni di ceduazione relativamente brevi, naturalmente in funzione del
tipo di assortimento mercantile richiesto.
La densità è dell'ordine di 1 t/m³ nel legno fresco e di 0,58 t/m³ per quello
stagionato.
Il legno lavorato presenta tonalità variabili dal giallo al rossastro,
venature sottili e una spiccata nodosità.
29. UTILIZZO: LEGNO
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 29
Per le sue caratteristiche tecnologiche, il castagno è stato
tradizionalmente usato per molteplici impieghi e la realizzazione di travi,
pali, infissi, doghe per botti, mobili e cesti oltre alla già citata estrazione
del tannino.
Nelle Valli del Natisone, questa pianta è utilizzata per l'armatura
delle gerle nell'ambito della cesteria. Attualmente la sua destinazione
principale è l'industria del mobile.
30. UTILIZZO: APICOLTURA
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V O L O N T A R I A T O 30
L'apicoltura è un'attività accessoria che può appoggiarsi alla
castanicoltura.
Pur avendo impollinazione prevalentemente anemogama, i fiori maschili
del castagno sono bottinati dalle api, che ne raccolgono il polline ed
il nettare: perciò questa pianta è considerata mellifera.
Il miele di castagno ha una colorazione variabile dall'ambra al bruno
scuro, retrogusto amaro, resiste alla cristallizzazione per lungo tempo, è
particolarmente ricco di fruttosio e polline.
31. UTILIZZO: APICOLTURA
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V O L O N T A R I A T O 31
La sua produzione si localizza naturalmente nelle zone a maggiore
vocazione per la castanicoltura e, principalmente, nella fascia submontana
fra i 500 e i 1000 metri di altitudine, lungo l'arco alpino, in Emilia-Romagna,
e sul versante tirrenico della fascia appenninica e nelle zone montane della
Sicilia settentrionale.
32. UTILIZZO: ERBORISTERIA
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V O L O N T A R I A T O 32
L'uso del castagno a scopo medicamentoso è un aspetto marginale,
tuttavia questa specie è considerata pianta officinale nella farmacopea
popolare: per il contenuto in tannini, la corteccia ha proprietà astringenti,
impiegabile in fitocosmesi per il trattamento della pelle.
Alle foglie, oltre alle proprietà astringenti, sono attribuite proprietà
blandamente antisettiche e sedative della tosse.
.
33. UTILIZZO: ERBORISTERIA
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 33
Sempre nella farmacopea popolare di alcune regioni, la polpa delle
castagne, cotta e setacciata, trova impiego in fitocosmesi per la
preparazione di maschere facciali detergenti ed emollienti.
Il Castagno dolce è anche uno dei 38 fiori di Bach, secondo cui
l'essenza ricavata dai suoi fiori, associata alle qualità di robustezza e
longevità della pianta, viene consigliata per superare le difficoltà d'animo
e guadagnare fiducia.
34. NOTE DI SELVICOLTURA
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V O L O N T A R I A T O 34
Innesto a spacco diametrale. A: marze; B: capitozzatura del soggetto e
spacco diametrale; C: inserimento delle marze nello spacco; D: legatura;
E: applicazione del mastice.
Il castagneto, sia da frutto sia da legno, si governa come ceduo o
come fustaia, tuttavia quest'ultimo è meno frequente.
35. NOTE DI SELVICOLTURA
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 35
Innesto a spacco diametrale. A: marze; B: capitozzatura del soggetto e
spacco diametrale; C: inserimento delle marze nello spacco; D: legatura;
E: applicazione del mastice.
Il castagneto, sia da frutto sia da legno, si governa come ceduo o
come fustaia, tuttavia quest'ultimo è meno frequente.
36. PROPAGAZIONE
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V O L O N T A R I A T O 36
La propagazione del castagno è contestualizzata alla situazione operativa.
Si possono verificare i seguenti casi:
Impianto di un nuovo castagneto
Recupero di un vecchio castagneto
Nel primo caso si ricorre alla propagazione per seme, seguita dall'innesto,
che in genere si applica solo per i castagneti da frutto.
Nel secondo caso si ricorre alla propagazione vegetativa con la
ceduazione, sfruttando l'attitudine pollonifera del castagno, oppure alla
propagazione mista, basata sulla matricinatura.
37. PROPAGAZIONE
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 37
La propagazione per seme si effettua impiegando il materiale da popolazioni
di selvatici. Le castagne vengono eventualmente stratificate, al fine di
prevenire la pregerminazione, e seminate in primavera. La semina si effettua
in vivaio, in semenzaio, in vaso o in fitocella, oppure direttamente in campo.
La semina diretta offre la minore percentuale di fallanze, mentre il trapianto è
aleatorio soprattutto con semina in semenzaio. Del tutto sconsigliato è il
trapianto dei cosiddetti selvaggioni, ossia dei semenzali nati dalla
rinnovazione naturale estirpati dalla loro sede in quanto si ottiene una
percentuale molto alta di fallanze. La semina diretta si effettua disponendo le
castagne in numero di 2-3 in ogni buca.
La densità di semina o di impianto, secondo la tecnica, è dell'ordine di 4-
5 q di seme ad ettaro e di 2000 piantine ad ettaro.
Innesto a corona.
A: marze; B: capitozzatura del
soggetto e incisione corticale; C:
inserimento delle marze nelle
incisioni; D: legatura; E:
applicazione del mastice.
38. PROPAGAZIONE
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V O L O N T A R I A T O 38
L'innesto è una pratica indispensabile per il castagno da frutto, necessaria
per ottenere le varietà desiderate. L'innesto si pratica sui semenzali oppure
sui polloni emessi con la ceduazione. Gli innesti a marza si praticano con
marze di 1-2 anni di età e si differenziano in varie tipologie in base al
rapporto di età fra portinnesto e marza: sui polloni di 3-5 anni di età si
effettua in genere l'innesto a spacco diametrale, inserendo due marze agli
estremi del taglio, oppure quello a corona, inserendo 2 o 3 marze in fenditure
praticate sulla corteccia del portinnesto capitozzato. Su polloni o su
semenzali di 1-2 anni si pratica invece l'innesto a spacco pieno; in questo
caso, infatti, marza e portinnesto hanno pressoché lo stesso diametro. I
migliori risultati si ottengono con l'innesto a spacco pieno. L'innesto
a gemma si pratica invece con la tipologia a zufolo o ad anello su semenzali
o polloni di 1-2 età. Fornisce buoni risultati ma presenta più vincoli in merito
al periodo utile.
Innesto a zufolo o ad anello.
A: marza a una gemma con anello
di corteccia; B: incisioni anulari
sul soggetto; C: scortecciatura del
soggetto; D: applicazione della
marza; E: legatura.
1
39. PROPAGAZIONE
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V O L O N T A R I A T O 39
Gli innesti si praticano alla fine del periodo di riposo, prima della ripresa
vegetativa. Per gli innesti a corona e quelli a gemma è necessario che le
piante siano in succhio.
Con questo termine si indica quella fase, immediatamente precedente la
ripresa vegetativa, durante la quale il cambio è già entrato in attività,
favorendo il distacco della corteccia dal legno.
Innesto a zufolo o ad anello.
A: marza a una gemma con anello
di corteccia; B: incisioni anulari
sul soggetto; C: scortecciatura del
soggetto; D: applicazione della
marza; E: legatura.
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40. GOVERNO DEI CASTAGNETI
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V O L O N T A R I A T O 40
Il ceduo è attualmente la forma più comune di governo dei castagneti.
Dato lo scopo principale che aveva il ceduo di castagno, destinato alla
produzione di assortimenti da trasformare in pali per l'elettrificazione e
per usi agricoli, è indicato spesso con il termine di palina di castagno.
Nei nuovi impianti si avvia tagliando le piantine dopo 2 o 3 anni mentre
nei vecchi castagneti abbandonati si tagliano a raso le ceppaie.
In entrambi i casi vengono emessi i polloni, sui quali si praticherà
l'innesto 1 o più anni dopo.
41. GOVERNO DEI CASTAGNETI
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V O L O N T A R I A T O 41
Il ceduo semplice si governa tagliando a raso al termine del turno tutte le
ceppaie.
Questa pratica è consentita negli impianti artificiali, mentre nei boschi i
regolamenti ammettono la matricinatura.
Nel ceduo matricinato si lasciano, ad ogni taglio, un certo numero di piante,
dette matricine, il cui compito è quello di consentire la rinnovazione.
Poiché il castagno ha una buona capacità di rinnovazione l'intensità della
matricinatura è inferiore a quella ordinaria, riducendosi a 40-60 matricine per
ettaro.
Il ceduo disetaneo è praticato tradizionalmente solo in alcune località
della Sardegna, della Toscana e del Veneto.
42. GOVERNO DEI CASTAGNETI
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V O L O N T A R I A T O 42
La fustaia differisce dal ceduo per avere una minore densità di piante e
un solo fusto per ogni ceppaia.
Si ottiene per evoluzione dai cedui, prolungandone il turno e
selezionando i fusti che presentano i requisiti.
Rappresenta la forma tradizionale di governo dei castagneti da frutto,
soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre in molte zone dell'Italia
meridionale ci si orientava verso il ceduo da frutto.
43. GOVERNO DEI CASTAGNETI
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V O L O N T A R I A T O 43
Le densità del castagneto, a regime, dipendono dal tipo di governo e
dalle condizioni di fertilità del suolo.
Nei cedui si adottano intensità molto variabili, da minimi di 2-300 ceppaie
a massimi di oltre 1000 ceppaie, con riferimento all'ettaro di superficie.
Nelle fustaie si hanno invece densità dell'ordine di 100-200 piante ad
ettaro
44. GOVERNO DEI CASTAGNETI
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 44
La durata del turno dipende dall'indirizzo produttivo.
Per i castagneti da frutto si adottano turni piuttosto lunghi, poiché la
produzione di regime ha inizio a 30-50 anni dall'innesto.
Per i castagneti da legno si adottano invece turni variabili secondo il tipo
di assortimento mercantile richiesto.
In passato si adottavano anche turni piuttosto brevi, dell'ordine di 6 anni.
Questi erano finalizzati a fornire assortimenti per usi che oggi sono di
marginale importanza, come ad esempio il legno per intrecci.
45. GOVERNO DEI CASTAGNETI
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 45
Gli orientamenti attuali si attestano su turni di 16-18 anni, in grado di
fornire un'alta resa in assortimenti grossi e intermedi, che sono quelli
richiesti dal mercato.
In condizioni ottimali di fertilità, come si verifica ad esempio nei suoli di
origine vulcanica e ben dotati di sostanza organica, il ceduo di castagno
manifesta le migliori prestazioni produttive, con ritmi di incremento della
massa legnosa paragonabili a quelli delle essenze esotiche da legno.
46. GOVERNO DEI CASTAGNETI
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V O L O N T A R I A T O 46
L'abbandono definitivo dei pali di castagno, ancora impiegati per le linee
elettriche o telefoniche, indirizza la domanda di assortimenti mercantili
verso il legname da sega, destinato all'industria del mobile.
Questa evoluzione del mercato richiede assortimenti di diametro e
lunghezza adeguati e nel tempo porta all'abbandono della castanicoltura
da legno nelle stazioni meno fertili e ad un prolungamento del turno di
ceduazione, con una durata ottimale di circa 25 anni.
47. VARIETA’
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 47
Per le sue prerogative, in quanto coltivato dall'antichità e secondo
consuetudini locali, il castagno vanta un vasto patrimonio genetico
costituito da varietà di interesse regionale, ottenute nel corso dei tempi
propagando singoli cloni; spesso tipi ascrivibili alla stessa origine
genetica hanno denominazioni differenti secondo la località.
Le varietà più pregiate sono quelle atte alla canditura, usate per la
produzione del marron glacé, e sono genericamente
chiamate Marrone associandone il nome alla località di provenienza.
48. VARIETA’
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V O L O N T A R I A T O 48
Contrariamente a quanto si pensa non tutte le varietà a frutto grosso
rientrano nel gruppo dei marroni.
Il marrone ha infatti le seguenti caratteristiche:
frutto di grossa pezzatura, in numero di uno per riccio
facilità di sbucciatura del seme
striatura della buccia (in rilievo)
cicatrice ilare rettangolare
sterilità dei fiori maschili
bassa produttività
49. VARIETA’
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V O L O N T A R I A T O 49
Altre varietà, non comprese nel gruppo dei marroni, sono di pezzatura
grossa e adatte alla canditura: sono tali la Montemarano o Castagna di
Avellino, alcune varietà piemontesi (Castagna della Madonna, Marrubia),
il marroncino di Melfi e un gruppo di varietà denominate
genericamente Garrone.
50. VARIETA’
I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
V O L O N T A R I A T O 50
Le varietà destinate all'essiccazione o all'estrazione di farina sono di
importanza marginale e da tutelare per la conservazione
del germoplasma in quanto posseggono spesso particolari proprietà
qualitative o fisiologiche.
Fra le più famose è citata la toscana Carpinese o Montanina, varietà a
frutto piccolo adatta alla produzione di farina.
51. VARIETA’
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V O L O N T A R I A T O 51
I tipi adatti alla castanicoltura da legno sono stati invece selezionati da
vecchie varietà da farina che presentavano particolari requisiti ai fini
della selvicoltura: rapido accrescimento, regolarità dei fusti, limitata
emissione di rami e grandi dimensioni.
Questi requisiti sono infatti finalizzati ad ottenere, in tempi relativamente
brevi, assortimenti mercantili di discrete dimensioni e di buona qualità
tecnologica.
52. LE AVVERSITA’
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V O L O N T A R I A T O 52
Le più importanti malattie da funghi che colpiscono il castagno sono
il cancro corticale del castagno e il mal dell'inchiostro.
Gli insetti fitofagi più importanti sono il balanino delle castagne
(Curculio elephas) e, fra i lepidotteri, la tignola del castagno
(Pammene fasciana), la carpocapsa delle castagne (Cydia splendana)
e il bombice dispari (Lymantria dispar).
Dal 2002 è presente in Italia anche il cinipide galligeno del castagno
(Dryocosmus kuriphilus), originario dell'Estremo oriente.
53. LE AVVERSITA’: PER NON DIMENTICARE
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V O L O N T A R I A T O 53
Quasi un secolo fa, il castagno americano (Castanea dentata) era molto diffuso
sui pendii delle colline degli Stati Uniti orientali. Si stima che di questo albero
molto alto (spesso arriva quasi a 30 metri di altezza) e prolifico si contasse un
esemplare ogni quattro alberi delle foreste degli Appalachi. La sua castagna era
un alimento ampiamente consumato da molti nativi americani e dai primi coloni.
Ogni albero produceva ogni anno fino a 6000 castagne, di colore marrone
vellutato e dal sapore dolce. Ne era ricavata una farina usata per preparare il
pane, oppure erano arrostite e aggiunte a stufati e zuppe.
54. LE AVVERSITA’: PER NON DIMENTICARE
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V O L O N T A R I A T O 54
Con l’arrivo del letale fungo Cryphonectria parasitica, scoperto la prima volta
presso il Bronx Zoo all’inizio del XX secolo, negli anni ‘50 questo grosso albero
robusto fu quasi interamente decimato. Nel 1983 è iniziato il recupero di questa
imponente bellezza della natura con la creazione della American Chestnut
Foundation. La fondazione ha avviato un rigoroso progetto di riproduzione che
richiederà 30-50 e, si spera, produrrà alberi resistenti al fungo.
55. GRAZIE PER L’ATTENZIONE
I S E A O D V
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I S T I T U T O D I S V I L U P P O E C O A M B I E N T A L E O R G A N I Z Z A Z I O N E D I
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