SlideShare a Scribd company logo
1 of 156
UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Sede di Milano
Facoltà di Scienze della Formazione
Corso di Laurea Quadriennale in Scienze della Formazione Primaria
UNO STUDIO INTERDISCIPLINARE DELLE
COSTELLAZIONI CELESTI CON IPLOZERO E QQ. STORIE
Relatore:
Chiar. mo Prof. Giovanni LARICCIA
Tesi di laurea di:
Giada CAVALLO
Matricola n. 3700386
Anno Accademico 2011 / 2012
2
Sommario
Sommario..................................................................................3
Introduzione..............................................................................6
1. Didattica della matematica, ovvero come si insegna la
matematica nelle scuole.........................................................10
1.1 L’origine della matematica e della geometria..............................10
1.2 La matematica e la geometria nelle scuole di oggi......................12
1.2.1 Emma Castelnuovo: un nuovo modo di insegnare matematica........16
2. Didattica dell’astronomia, ovvero come si insegna
l’astronomia nelle scuole........................................................19
2.1 Le origini dell’astronomia.............................................................19
2.2 Le costellazioni.............................................................................20
2.3 L’astronomia nelle scuole di oggi.................................................23
3. Da cognitivismo al costruzionismo......................................27
3.1 La teoria di Piaget.........................................................................27
3.2 Il costruzionismo di Papert...........................................................29
4. La rappresentazione delle conoscenza...............................33
4.1 Le mappe concettuali e le mappe mentali...................................35
4.2 Software per creare le mappe mentali e concettuali..................39
5. Alcune metodologie didattiche avanzate...........................41
5.1 L’apprendimento per scoperta....................................................41
5.2 L’apprendimento cooperativo.....................................................46
6. La storia di LOGO e i suoi derivati.......................................51
6.1 Iperlogo........................................................................................54
3
6.2 Iplozero.........................................................................................55
6.3 QQ. Storie.....................................................................................58
6.3.1 Daniela Pessina: l’uso di QQ. Storie per creare progetti
interdisciplinari..........................................................................................62
7. Due esperienze di intervento didattico..............................66
7.1 Le lezioni universitarie..................................................................66
7.2 Il corso di Vedano Olona..............................................................69
................................................................................................71
8. Le costellazioni celesti: il progetto didattico......................72
8.1 Premessa......................................................................................72
8.2 I destinatari..................................................................................72
8.3 Gli obiettivi...................................................................................73
8.4 Il progetto didattico.....................................................................74
8.5 Gli strumenti utilizzati..................................................................74
8.5.1 La scheda operativa..........................................................................74
8.5.2 Gli strumenti informatici...................................................................75
8.5.3 Gli strumenti costruiti dai bambini....................................................75
8.6 Le attività didattiche....................................................................79
8.6.1 Primo incontro..................................................................................80
8.6.2 Secondo incontro..............................................................................81
8.6.3 Terzo incontro...................................................................................82
8.6.4 Quarto incontro................................................................................82
8.6.5 Quinto incontro.................................................................................83
8.6.6 Sesto incontro...................................................................................84
8.6.7 Settimo incontro...............................................................................86
9. Io e il LOGO..........................................................................88
Ringraziamenti........................................................................90
Bibliografia..............................................................................91
Testi....................................................................................................91
4
Programmi ministeriali.......................................................................94
Sitografia ...........................................................................................94
Appendice 1: Storia dell’astronomia.......................................97
1.1 Origini dell’astronomia.................................................................97
1.2 I babilonesi...................................................................................97
1.3 Gli egizi.........................................................................................98
1.4 I greci............................................................................................98
1.5 I maya...........................................................................................99
1.6 Gli arabi........................................................................................99
1.7 Da Copernico a Galileo...............................................................100
1.8 L’astronomia oggi.......................................................................101
Appendice 2: Planetari ed osservatori..................................102
2.1 Il Planetario “Ulrico Hoepli”.......................................................107
Appendice 3: La costruzione di una costellazione................109
Appendice 4: La costruzione di una costellazione con valore
variabile.................................................................................112
Appendice 5: La rotazione di una costellazione con Iplozero
...............................................................................................114
Appendice 6: La rotazione di una costellazione rispetto alla
stella Polare...........................................................................116
Appendice 7: Il cielo stellato.................................................119
5
Introduzione
Questa tesi nasce dall’idea di dimostrare come sia possibile creare un progetto
didattico che permetta di integrare in modo interdisciplinare varie materie
scolastiche, partendo da un argomento che ha, da sempre, affascinato grandi e
piccini: le costellazioni. Per fare tutto questo mi avvarrò del connubio tra due mie
passioni: l’astronomia e l’informatica.
L’informatica, tramite l’utilizzo di particolari programmi quali Iplozero e QQ. Storie,
permetterà ai bambini di scoprire e riscoprire alcuni concetti matematici in modo
piacevole ed accattivante.
Il lavoro è, sostanzialmente, suddiviso in due sezioni: nella prima parte verranno
presentate le conoscenze teoriche che supporteranno la creazione di un percorso
didattico, esposto nella seconda parte della tesi, la cui validità verrà valutata
durante un periodo di osservazione presso la scuola “Pisacane Poerio” di Milano.
Per quanto riguarda la prima sezione, il primo capitolo [Didattica della
matematica, ovvero come si insegna la matematica nelle scuole] ed il secondo
[Didattica dell’astronomia, ovvero come si insegna astronomia nelle scuole]
riprendono, rispettivamente, la didattica della matematica e dell’astronomia. In
entrambi sono partita da una panoramica generale sull’origine di queste scienze
per, poi, arrivare a capire, grazie allo studio dei Programmi e delle Indicazioni
ministeriali, come vengono affrontate queste due discipline nella scuola di oggi.
Nel paragrafo finale del primo capitolo è presente un sottoparagrafo [Emma
Castelnuovo: un nuovo modo di insegnare matematica], che riguarda il pensiero di
Emma Castelnuovo, una delle maggiori innovatrici e ricercatrici nel campo della
didattica della matematica. La Castelnuovo afferma, infatti, che per insegnare la
matematica è importante partire dal concreto, dall’esperienza di tutti i giorni. Per
questo motivo incentiva i suoi studenti a creare, ad esempio, le figure geometriche
6
utilizzando delle striscioline di cartone. In questo modo, afferma, gli alunni
avranno modo di “toccare con mano” quanto stanno studiando.
Per quanto riguarda l’astronomia, invece, è possibile osservare, da uno studio sui
libri di testo della scuola primaria, che essa non è insegnata come una vera e
propria materia, ma è un argomento che viene affrontato in altre discipline come
la geografia e la scienza.
In geografia vengono trattati, durante il terzo anno della scuola primaria,
argomenti quali l’orientamento ed i punti cardinali, che si ricollegano allo studio di
alcune stelle particolari: la stella Polare e la Croce del Sud. In scienze, nel quarto
anno, viene studiato il sistema solare.
Il terzo capitolo [Dal cognitivismo al costruzionismo], invece, è incentrato su due
teorie pedagogiche e, conseguentemente, su due autori: il cognitivismo di Jean
Piaget ed il costruzionismo di Seymour Papert. Queste due teorie non sono state
scelte casualmente, ma perché permettono di capire come si sviluppa il pensiero
del bambino e, quindi, su quali punti dovremmo focalizzarci durante la
pianificazione e lo svolgimento del nostro progetto. Inoltre, il costruzionismo di
Papert è alla base dello sviluppo dei programmi che utilizzano il linguaggio LOGO,
che saranno lo strumento indispensabile per lo sviluppo del percorso didattico.
Il quarto capitolo [La rappresentazione della conoscenza] è incentrato su una
branca dell’intelligenza artificiale, settore sul quale si sono basati gli studi di
Papert: la rappresentazione della conoscenza.
Questa disciplina è particolarmente importante anche in campo didattico perché le
mappe concettuali e mentali, che sono una delle metodologie della
rappresentazione della conoscenza, vengono usate dai bambini per rappresentare,
tramite uno schema, la conoscenza circa un determinato argomento.
7
Il paragrafo finale di questo capitolo [Software per creare le mappe mentali e
concettuali] presenta un elenco di software che possono essere utilizzati
all’interno della classe per realizzare delle bellissime mappe mentali o concettuali.
Nel quinto capitolo [Alcune metodologie didattiche avanzate] affronterò due
particolari metodologie didattiche che vengono utilizzate dagli insegnanti:
l’apprendimento per scoperta, introdotto da Bruner negli anni ’60, e
l’apprendimento cooperativo, ideato ed applicato da Andrew Bell e Joseph
Lancaster tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’‘800. Ho scelto di concentrarmi su
queste due metodologie perché sono quelle che verranno maggiormente utilizzate
nello svolgimento del percorso didattico.
Infine, l’ultimo capitolo [La storia di LOGO e i suoi derivati] riguarda il linguaggio
LOGO, linguaggio di programmazione creato da Papert, che è stato utilizzato per
creare i programmi Iplozero e QQ. Storie, che i bambini utilizzeranno durante lo
svolgimento del progetto didattico. Il paragrafo finale di questo capitolo presenta
un sottoparagrafo [Daniela Pessina: l’uso di QQ. Storie per creare progetti
interdisciplinari] dedicato a Daniela Pessina, insegnante di informatica da oltre
dieci anni nella Scuola canossiana di Monza. La professoressa Pessina ha, infatti,
realizzato nelle sue classi, con l’uso di QQ. Storie, dei progetti bellissimi e molto
ambiziosi. La riuscita di questi ultimi dimostra chiaramente che questo programma
può essere utilizzato all’interno di una progettazione didattica con risultati
straordinari.
Nella seconda parte vengono, innanzitutto, riportate le osservazioni fatte
all’Università Cattolica durante il corso di “Didattica della matematica” e quello
svolto nell’Istituto comprensivo “Silvio Pellico” di Vedano Olona, entrambi tenuti
dal professor Giovanni Lariccia.
8
Il capitolo successivo [Le costellazioni celesti: il progetto didattico] è, invece,
dedicato all’esposizione del mio progetto didattico. Inizialmente, sono stati
presentati i destinatari, gli obiettivi e gli strumenti che verranno utilizzati, l’ultimo
paragrafo, invece, descrive approfonditamente lo svolgimento dei vari incontri per
la realizzazione di due percorsi differenti: il primo legato alla realizzazione di un
cielo boreale con Iplozero ed il secondo relativo allo studio della mitologia
collegata alle costellazioni.
Nel capitolo finale [Io e il LOGO], infine, ho esposto il mio rapporto con i
programmi LOGO, le difficoltà incontrate e le capacità richieste ad un insegnante
che intende realizzare un progetto che sfrutti questi programmi.
9
1. Didattica della matematica, ovvero come
si insegna la matematica nelle scuole
“La sapienza è scritta
in questo grandissimo libro
che continuamente
ci sta aperto davanti agli occhi
(io dico lo universo).
Esso è scritto in lingua matematica,
e i caratteri sono triangolo, cerchi
e le altre figure geometriche.”
(Galileo Galilei)
Prima di addentrarci in questo capitolo e scoprire come sono state e come
vengono insegnate la matematica e la geometria nelle scuole italiane, mi sembra
doveroso fermarsi a riflettere sulle origini di queste dottrine.
Dove hanno avuto origine queste discipline? Chi furono i primi ad inventarle?
1.1 L’origine della matematica e della geometria
La matematica è l’insieme delle scienze che studiano i numeri, le figure
geometriche o enti astratti analoghi.1
Tuttavia, a differenza di quanto si possa pensare, tracce di un pensiero matematico
si possono trovare fin dai primi insediamenti umani.
Le prime evoluzioni di questo pensiero, infatti, hanno portato ai primi
raggruppamenti di pietre a cinque a cinque, che prendevano spunto dalle dita
delle mani, ma ci sono state tribù che utilizzavano tutte le dita, altre che
utilizzavano i quattro interspazi che ci sono tra le dita stesse.
1
Definizione presa dal dizionario italiano I Garzantini.
10
A Dolni Vestonice, nella ex Cecoslovacchia, è stato ritrovato, nel 1937, un osso di
lupo con 55 tacche risalente a 30.000 anni fa, dove si utilizza un metodo analogo,
cioè le tacche sono incise a gruppi di cinque.
Questa datazione permette, quindi, di dare alla prima intuizione di numero, oggi
documentata, un’età anteriore alla stessa introduzione della ruota e dell’uso dei
metalli.
Inoltre, i primi riferimenti alla matematica sono precedenti anche all’uso della
parola, la quale sviluppò espressioni adeguate solo nel momento in cui si cominciò
ad utilizzare raggruppamenti in base dieci.
Anche se alcuni studiosi ritengono che la matematica sia nata solo come risposta ai
bisogni della vita quotidiana, le ricerche antropologiche propongono un’origine
ben diversa. Come afferma A. Seidenberg in The Ritual Origin of Counting: “L’arte
del contare è sorta in connessione con i riti religiosi primitivi”.
Queste scoperte sono state possibili grazie ai ritrovamenti di disegni, che ben
dimostrano come il concetto di numero fosse applicato per misurare il tempo in
relazione alle stelle.
Anche i contatti con le altre tribù hanno permesso un avanzamento dei concetti
matematici.
Migliaia di anni sono serviti per poter passare da concetti matematici concreti a
concetti astratti; questo ci fa capire come è difficile per noi contemporanei trovare
un punto di partenza per introdurre i piccoli alla matematica.2
La geometria, invece, è la scienza matematica che si occupa delle forme
nel piano e nello spazio e delle loro mutue relazioni.
Si tratta della disciplina più antica create dall’uomo: la sua origine viene fatta
risalire all’epoca degli egizi. Infatti, si racconta che a causa delle piene del Nilo,
l’estensione delle proprietà terriere egizie variavano e, quindi, dovevano essere
ricalcolate ogni anno. Nacque, quindi la necessità di inventare una tecnica di
“misura della terra”, che è, poi, il significato originario del termine geometria.
2
ANGIOLETTI V. (2010)
11
Un altro importante contributo allo sviluppo della geometria fu la diffusione,
nell’antica Grecia, di strumenti quali la riga e il compasso.3
La geometria greca servì anche come base per lo sviluppo della geografia,
dell’astronomia, dell’ottica, della meccanica e di altre scienze e tecniche come
quella della navigazione.
In particolare, per quanto riguarda l’astronomia, sappiamo che Aristarco, nel suo
trattato “Sulle dimensioni e le distanze del Sole e della Luna”, applica la geometria
dei triangoli per misurare le distanze del Sole e della Luna.
1.2 La matematica e la geometria nelle scuole di oggi
Oggi la matematica e la geometria vengono insegnate a partire dalla scuola
primaria. Tuttavia, è solo negli ultimi 50 anni che si è cominciato a pensare di
migliorare l’insegnamento scientifico per potenziare lo sviluppo tecnologico. In
Italia, in particolare, la matematica diventa obbligatoria nella scuola media (attuale
scuola secondaria inferiore) nel 1962 e i suoi programmi vengono rinnovati nel
1979. In questi ultimi, infatti, troviamo che:
“… l'insegnamento della matematica si propone di:
- suscitare un interesse che stimoli le capacità intuitive degli alunni;
- condurre gradualmente a verificare la validità delle intuizioni e delle congetture
con ragionamenti via via più organizzati;
- sollecitare ad esprimersi e comunicare in un linguaggio che, pur conservando
piena spontaneità, diventi sempre più chiaro e preciso, avvalendosi anche di
simboli, rappresentazioni grafiche, ecc. che facilitino l'organizzazione del pensiero;
- guidare alla capacità di progressiva chiarificazione dei concetti e facendo
riconoscere analogie in situazioni diverse, così da giungere a una visione unitaria
su alcune idee centrali (variabile, funzione, trasformazione, struttura, ...);
- avviare alla consapevolezza e alla padronanza del calcolo.”
3
Sembra, tuttavia, che questi strumenti fossero già stati inventati altrove.
12
L’educazione alla matematica, e di conseguenza della geometria, invece, entrano a
far parte del curriculum della scuola elementare (attuale scuola primaria) solo nel
1985.4
In questi programmi possiamo, infatti, leggere che:
“L'educazione matematica contribuisce alla formazione del pensiero nei suoi vari
aspetti: di intuizione, di immaginazione, di progettazione, di ipotesi e deduzione, di
controllo e quindi di verifica o smentita. Essa tende a sviluppare, in modo specifico,
concetti, metodi e atteggiamenti utili a produrre le capacità di ordinare,
quantificare e misurare fatti e fenomeni della realtà e a formare le abilità
necessarie per interpretarla criticamente e per intervenire consapevolmente su di
essa.
L'insegnamento della matematica nella scuola elementare è stato per lungo tempo
condizionato dalla necessità di fornire precocemente al fanciullo strumenti
indispensabili per le attività pratiche. Con il dilatarsi della istruzione si è avuta la
possibilità di puntare più decisamente verso obiettivi di carattere formativo.”
Gli ultimi interventi, del 2003 e del 2007, insistono su questa impostazione:
“… la scuola primaria promuove, nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo
della personalità, ed ha il fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità
di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche, di far apprendere i mezzi
espressivi, …. , di porre le basi per l'utilizzazione di metodologie scientifiche nello
studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni e delle sue leggi, di valorizzare le
capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo.” (Legge 53 del 18
marzo 2003)
“Le conoscenze matematiche, scientifiche e tecnologiche contribuiscono in modo
determinante alla formazione culturale delle persone e delle comunità,
sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il "pensare" e il "fare" e
offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni
naturali, concetti e artefatti costruiti dall'uomo, eventi quotidiani. I principi e le
4
Decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104. Programmi didattici per la
scuola primaria.
13
pratiche delle scienze, della matematica e delle tecnologie sviluppano infatti le
capacità di critica e di giudizio, la consapevolezza che occorre motivare le proprie
affermazioni, l‘attitudine ad ascoltare, comprendere e valorizzare argomentazioni
e punti di vista diversi dai propri. Lo sviluppo di un’adeguata competenza
scientifica, matematica, tecnologica di base consente inoltre di leggere e valutare
le informazioni che la società di oggi offre in grande abbondanza.
In questo modo consente di esercitare la propria cittadinanza attraverso decisioni
motivate, intessendo relazioni costruttive fra le tradizioni culturali e i nuovi sviluppi
delle conoscenze.
….. la matematica ha uno specifico ruolo nello sviluppo della capacità generale di
operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali
linguaggi per rappresentare e costruire modelli di relazioni fra oggetti ed eventi. In
particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e
per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; inoltre contribuisce a sviluppare
la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di
comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.” (DM Fioroni - 31 luglio
2007)
Leggendo questi enunciati è facile intuire che il pensiero di fondo è che la
matematica parte dalla realtà, dal concreto, che serve a sviluppare il
ragionamento, che insegna ad essere precisi e rigorosi, che sollecita una verifica
delle ipotesi che il bambino stesso crea, che sviluppa una capacità di osservazione
e di ascolto, che aiuta a comprendere punti di vista diversi dai propri, …
Tuttavia, quando la si vuole insegnare, spesso si riproducono metodologie che in
passato i nostri insegnanti hanno utilizzato con noi e che sono in contrasto con
quanto affermato dai vari decreti.
Infatti, in molte scuole le insegnanti utilizzano ancora il classico schema
“spiegazione – esercitazione – verifica”. Le indicazioni ministeriali, invece, parlano
dell’importanza di fare esperienza, di imparare a descrivere quello che si è visto, di
14
comprendere le descrizioni degli altri, di confrontare i propri punti di vista con
quelli dei compagni, di porsi problemi, di fare congetture e di verificarne la validità.
Infatti, se la matematica si riduce ad un elenco di concetti, di termini e di regole, gli
alunni perderanno interesse e motivazione e la considereranno una materia priva
di senso. L’insegnante deve essere in grado di partire da contesti vicini alle
esperienze dei bambini e deve saper porre problemi che li coinvolgano e che
permettano loro di trovare strategie di risoluzione tramite le quali possano
acquisire nuove conoscenze.
Il compito dell’insegnante è, quindi, quello di saper scegliere argomenti e
situazioni problematiche interessanti per i bambini, di saperli guidare nella
scoperta, di favorire la crescita culturale, aiutandoli a riflettere su quello che fanno
e su come lo fanno, di saper giudicare l’efficacia o meno delle scelte fatte.
Risulta evidente l’importanza che, in questo senso, acquista il metodo didattico:
l’insegnante deve saper scegliere, tra l’ampia gamma di metodi che ha a sua
disposizione, quello che ritiene più adatto all’argomento ed al contesto classe in
cui è inserita.
Anche l’insegnamento della geometria, doveva avvenire attraverso l’osservazione
della realtà e la risoluzione dei problemi. Proprio questa visione della geometria
come esplorazione dell’ambiente, insieme al superamento della visione
frammentaria della stessa, sono le innovazioni apportate dai Programmi dell’85.
Particolarmente importante è lo spazio dato alle attività di manipolazione per la
costruzione di modelli di oggetti, attività che precedono quelle di rappresentazione
su carta, prima a mano libera, poi con l’uso di riga, squadra e compasso; si nota,
quindi, una particolare attenzione al disegno geometrico.
Proprio questa nuova visione della geometria sarà propedeutica all’introduzione,
nella scuola media, di una programmazione che tenga conto delle idee introdotte
da Emma Castelnuovo.
15
1.2.1 Emma Castelnuovo: un nuovo modo di insegnare matematica
Emma Castelnuovo 5
è considerata una delle maggiori innovatrici e ricercatrici nel
campo della didattica della matematica.
Dopo la guerra, nel 1944, fonda con alcuni amici matematici l’Istituto romano di
cultura matematica, dove venivano organizzati corsi universitari di ingegneria e
matematica per gli studenti che avevano dovuto lasciare l’università a causa delle
leggi razziali. Inoltre, era solita riunirsi ogni sabato pomeriggio con i colleghi di
matematica per sollecitarli ad un ripensamento dei programmi e dei metodi di
insegnamento. È proprio durante una di queste riunioni che Emma Castelnuovo
suscita reazioni molto vivaci parlando di “Un metodo attivo per l’insegnamento
della geometria intuitiva”. In seguito alla pubblicazione di questa conferenza è
stata chiamata a far parte, dal 1951, della Commission Internationale pour l’Etude
et l’Amélioration de l’Enseignement des Math.
L’intuizione che ha permesso ad Emma Castelnuovo di operare una trasformazione
nell’ambito dell’insegnamento della matematica a scuola deriva, per sua stessa
ammissione, dalla lettura de “Gli elementi di geometria” di Alexis-Claude Clairaut.
Nella prefazione l’autore afferma che è meglio introdurre concetti matematici e
geometrici a partire da ciò che ci circonda, per esempio il calcolo dell’area e del
perimetro di un campo. Partendo da ciò Emma Castelnuovo ha costruito un nuovo
modo di insegnare la matematica.
“Mi sono, perciò, resa conto che l’inizio del corso di geometria nel corso inferiore
doveva partire dalla realtà, che non era in generale l’area e il perimetro dei campi,
5
Emma Castelnuovo è nata a Roma il 12 dicembre 1913. Ha studiato presso l’Istituto di matematica
dell’Università di Roma , che attualmente è intitolato a suo padre Guido Castelnuovo, dove si è
laureata nel 1936 con una tesi di geometria algebrica. Pochi giorni dopo aver vinto il concorso per
insegnare nella scuola media viene sospesa dal servizio a causa delle leggi razziali. Durante il
periodo di persecuzione degli ebrei ha insegnato nella scuola israelitica, mentre il padre,
clandestinamente, teneva corsi universitari di ingegneria per studenti ebrei. Dopo la guerra fu
reintegrata ed ha svolto la professione di insegnante di scuola media presso la scuola Torquato
Tasso di Roma fino al 1979, anno in cui è andata in pensione.
16
ma qualcosa, come dire, di più manuale… ho dato, perciò, agli studenti, a questi
ragazzini qualcosa in mano… un materiale semplicissimo che portava a costruire.” 6
Lo scopo di Emma Castelnuovo è, quindi, di “abituare i ragazzi alla ricerca
autonoma, proponendosi di sviluppare le possibilità di osservazione, l’intuizione, il
senso critico e, in generale, alcune fondamentali attitudini di pensiero”.
Per questo motivo, sostiene che con i bambini bisogna affrontare la matematica,
ed in particolare la geometria, in modo innovativo e moderno permettendo loro di
sperimentare quanto apprendono. L’assioma di fondo è il detto cinese “Se ascolto
dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. In questo modo si ha una vera e
propria inversione del metodo di insegnamento usato fino a quel momento: il
bambino deve dapprima osservare (concreto), per poi passare ad esercizi astratti.
Per questo motivo matematica e realtà sono molto legate tra loro: i concetti
matematici devono essere presi dalla realtà che ci circonda.
Un esempio significativo di tutto questo è presente nel libro “Pentole, ombre e
formiche”: la stessa Castelnuovo, nella presentazione, afferma che parlerà di un
viaggio per soddisfare le curiosità, partendo da qualche teoria suggerita da
problemi di pentole, da osservazioni sulle ombre e da riflessioni fatte da una
formica pensierosa.
Proprio per questo connubio così stretto tra matematica e realtà è naturale parlare
di matematica/geometria della realtà e realtà matematica/geometrica.
Per favorire tutto questo, Emma Castelnuovo afferma che in matematica
bisognerebbe porre particolare attenzione al collegamento tra mano e cervello:
l’insegnamento attraverso il costruire e il manipolare oggetti concreti permette ai
bambini di apprendere tramite un approccio multisensoriale ed a più livelli.
“Quale materiale può essere utile per stimolare gli allievi a studiare geometria?
Materiali che siano in grado di costruire loro stessi: utilizzando delle striscioline di
6
Tratta dall’intervista ad Emma Castelnuovo sul tema “Come imparare la geometria?” edita da
Treccani Channel
17
cartone rigido, dotate di fori agli estremi, si possono collegare tra di loro facendo
passare nei fori dei fermacampioni…” 7
La costruzione di oggetti concreti, inoltre, aiuta l’osservazione della realtà “ci si
accorge allora camminando sulla strada che le impalcature sono sempre fatte di
triangoli; non potrebbero, infatti, essere costruiti con rettangoli o quadrati perché
si sposterebbero. Tutto questo certamente prima non si vedeva, cioè si vedeva, ma
non si osservava […] adesso è la realtà che ci circonda che sta al primo piano, non
si esce e si va in giro senza guardare, senza osservare. L’osservazione che non c’era
prima è stata stimolata da una costruzione precedente.”
7
Tratta dall’intervista ad Emma Castelnuovo sul tema “Quali materiali possono usare gli studenti di
geometria?” edita da Treccani Channel
18
2. Didattica dell’astronomia, ovvero come si
insegna l’astronomia nelle scuole
“L’universo
non assomiglia
a una pietra
o a un orologio;
piuttosto è simile
a una nuvola
e a un fiore.”
(Ervin Laszlo)
Anche in questo capitolo, come già è stato fatto per quello riguardante la didattica
della matematica, ho pensato fosse necessario partire dalle origini dell’astronomia
per capire meglio perché è una scienza che ha da sempre affascinato molte
persone, bambini compresi.
2.1 Le origini dell’astronomia
L’osservazione del cielo è stata una delle prime attività a cui si è dedicato l’uomo
primitivo.
Inizialmente, probabilmente, si trattava solo di un’osservazione curiosa ed
affascinata delle miriadi di luci che ogni sera si accendevano nel cielo. Con il
tempo, però, ne nasce uno studio che porta gli uomini al rintracciare, nelle
disposizioni delle stelle, delle figure familiari di uomini ed animali.
Da sempre l’astronomia è collegata alla religione: questo connubio fu, da un lato,
molto dannoso per la scienza, perché portò alla nascita di teorie molto fantasiose,
ma anche un incentivo al suo sviluppo, perché i sacerdoti vi si dedicarono con
grande passione.
19
Inoltre, le stelle furono utilissime per le popolazioni dedite alla navigazione: ci si
accorse, infatti, che le costellazioni prossime ai poli erano pressoché fisse e quindi
ebbero una grandissima importanza nell’orientamento.
2.2 Le costellazioni
Come abbiamo già affermato l’osservazione degli astri ha delle origini antichissime:
alcuni scritti dimostrano che, già tremila anni prima di Cristo, i movimenti dei
pianeti erano ben noti. Si racconta, infatti, della presenza di astronomi di corte in
Egitto, Cina ed Europa, che avevano il compito, attraverso l’osservazione di stelle e
pianeti, di predire il futuro.
In particolare, ci sono giunte testimonianze dell’uccisione, nel 2134 a.C., di due
astronomi cinesi, Hi e Ho, perché non avevano previsto il verificarsi di un’eclissi e
dell’usanza degli Egizi di osservare Sirio8
per calcolare quando si sarebbe verificata
la piena del Nilo.
Le costellazioni nascono, come si è già detto, dalla fantasia e dall’immaginazione
degli uomini. Tuttavia, proprio per questa loro caratteristica, nel passato ogni
popolo ha avuto le sue costellazioni (per esempio la costellazione di Orione per
Egizi raffigurava Osiride, il dio dell’oltretomba e della fertilità, mentre per gli alcuni
aborigeni australiani rappresenta una canoa). Per questo motivo, intorno al 1930,
l’Unione Astronomica Internazionale, ha deciso di fissare a 88 il numero delle
costellazioni e ne ha stabilito la denominazione ed i confini.9
Le costellazioni riconosciute sono: Acquario, Altare, Andromeda, Aquila, Ariete,
Auriga, Balena, Bilancia, Boote, Bulino, Bussola, Camaleonte, Cancro, Cane
8
Sirio è la stella più luminosa del cielo e si trova nella costellazione del Cane Maggiore.
9
Il risultato è raggiunto grazie ad un importante contributo dato dall’Almagesto di Tolomeo,
astronomo di Alessandria d’Egitto, scritto nel II secolo d.C., che elencava 48 costellazioni rimaste
quasi immutate fino ai giorni nostri. Inoltre, nel 1543, l’astronomo italiano Alessandro Piccolomini
pubblica il De le stelle fisse, il primo atlante celeste moderno, che presenta tutte le mappe delle
costellazioni tolemaiche, ad eccezione di quella del Puledro. Alla fine del XVI secolo, vengono
introdotte, nell’emisfero occidentale, nuove costellazioni ad opera del navigatore olandese Pieter
Dirckz Keyser, mentre la revisione delle costellazioni dell’emisfero australe spetta all’astronomo
polacco Johannes Hevelius e francese Louis Lacaille. Tuttavia, soltanto con il tedesco Johann Bayer
arriveremo ad avere il primo atlante che riporta le mappe delle costellazioni dell’intera volta
celeste: l’Uranometria.
20
maggiore, Cane minore, Cani da caccia, Carena, Capricorno, Cassiopea, Cavallino,
Cefeo, Centauro, Chioma di Berenice, Cigno, Colomba, Compasso, Corona australe,
Corona boreale, Corvo, Cratere, Croce del sud, Delfino, Dorado, Dragone, Ercole,
Eridano, Fenice, Fornace, Freccia, Gemelli, Giraffa, Gru, Idra, Idra maschio, Indiano,
Leone, Leone minore, Lepre, Lince, Lira, Lucertola, Lupo, Macchina pneumatica,
Mensa, Microscopio, Mosca, Ofiuco, Orione, Orologio, Orsa maggiore, Orsa
minore, Ottante, Pavone, Pegaso, Perseo, Pesce australe, Pesce volante, Pesci,
Pittore, Poppa, Regolo, Reticolo, Sagittario, Scorpione, Scudo, Scultore, Serpente,
Sestante, Telescopio, Toro, Triangolo, Triangolo australe, Tucano, Uccello del
Paradiso, Unicorno, Vele, Vergine e Volpetta.
Esistono, poi, delle costellazioni che vengono definite obsolete, cioè che non sono
state riconosciute, ma che hanno avuto una grande importanza storica e si
possono trovare ancora nelle carte stellari più vecchie.
Alcune di queste costellazioni sono:
- la Nave Argo, l’unica costellazione di origine tolemaica a non essere stata
riconosciuta ufficialmente. Per le sue grandi dimensioni è stata suddivisa in
quattro costellazioni più piccole: la Carena, la Poppa, la Bussola e le Vele;
- il Quadrante murale, che è stato inglobato dalle costellazioni di Boote e
dell’Orsa maggiore;
- l’Ape, che è stata ribattezzata dapprima Mosca australe e, poi, Mosca;
- il Gatto e la Civetta, che sono entrate a far parte entrambe della
costellazione dell’Idra;
- la Vespa, che è stata inglobata nella costellazione dell’Ariete.
Le costellazioni si dividono sia per un criterio storico e di importanza sia per la loro
posizione nel cielo.
Per quanto riguarda la posizione nel cielo troviamo:
• 18 costellazioni boreali;
• 34 costellazioni equatoriali;
• 36 costellazioni australi.
21
Secondo il carattere storico e di importanza, invece, possono esser distinte in altri
tre gruppi:
• le 12 costellazioni dello zodiaco;
• le 36 costellazioni elencate da Tolomeo nel suo Almagesto, che oggi sono
38 per la divisione di una di esse (la nave di Argo) in tre costellazioni
distinte;
• le rimanenti 38, definite in epoca moderna (a partire dal 1600).
In particolare, le costellazioni dello zodiaco sono state identificate, intorno al 450
a.C., dai babilonesi. Si tratta delle dodici costellazioni che, in successione, vengono
attraversate, in modo apparente, dall’orbita del Sole: l’Ariete, il Toro, i Gemelli, il
Cancro, il Leone, la Vergine, la Bilancia, lo Scorpione, il Sagittario, il Capricorno,
l’Acquario ed i Pesci.
Ancora oggi lo zodiaco viene utilizzato in astrologia, ma senza alcuna base
scientifica.
Esiste, però, una costellazione che, pur essendo attraversata dal Sole, non è
associata a nessun segno zodiacale: si tratta di Ofiuco. Questo è dato dal fatto che,
in origine, lo zodiaco è stato suddiviso in segni di uguale ampiezza, ma, a causa
della precessione degli equinozi, ossia lo spostamento dell’asse terrestre, i confini
delle costellazioni ad essi collegati sono cambiati.
Le costellazioni sono, quindi, un insieme di stelle che vengono unite da linee
immaginarie per formare animali, oggetti o figure di vario genere.
Ma cosa sono le stelle?
Le stelle sono dei corpi celesti che brillano di luce propria. Essendo così distanti da
noi, sembrano immobili, ma, in realtà, si spostano molto velocemente.
Nell’osservazione di una stella si possono tener presenti varie caratteristiche:
- distanza: la stella più vicina a noi è il Sole Tuttavia, anche se ad occhio nudo
possono sembrare relativamente vicine, per calcolarne la distanza gli
astronomi sono stati costretti a ricorrere all’anno luce, ossia l’unità di
misura ricavata calcolando la distanza che la luce percorre in un anno;
22
- luminosità: questa caratteristica, insieme alla distanza, influenza la
“grandezza” di una stella, ossia il suo splendore. Infatti, non
necessariamente le stelle più luminose sono anche le più vicine alla Terra.
Un esempio di quanto affermato è dato dalla differenza tra Rigel, una stella
della costellazione di Orione, che nel cielo appare brillantissima pur
trovandosi a 800 anni luce dalla Terra, e da Wolf 35910
, che pur distando
dalla Terra solo 8 anni luce (si tratta della terza stella più vicina alla Terra), è
quasi invisibile ad occhio nudo. Tra tutte le stelle, comunque, la più
luminosa risulta essere Sirio (dopo il Sole, naturalmente!).
- colore: il colore di una stella va dal blu al rosso ed è indice della
temperatura della stessa. Il Sole, ad esempio, è una stella gialla. Nel cielo,
quindi, possiamo trovare stelle blu, con un temperatura maggiore di
30.000°C, stelle blu-bianco, che hanno una temperatura compresa tra
10.500 e 30.000°C, stelle bianche, che vanno dai 7.500 ai 10.500°C, stelle
giallo-bianco, con una temperatura compresa tra 6.000 e 7.500°C, stelle
gialle, la cui temperatura è compresa tra 5.000 e 6.000°C, stelle arancioni,
che hanno una temperatura compresa tra 3.000 e 5.000°C, e stelle rosse, la
cui temperatura è di circa 3.000°C.
I colori delle varie stelle possono essere percepiti soltanto con
un’osservazione molto attenta del cielo notturno.
2.3 L’astronomia nelle scuole di oggi
L’astronomia viene inserita per la prima volta, insieme alla geologia, nei curricula
della scuola secondaria nel ‘700, come insegnamenti scientifici.
10
I nomi delle stelle risultano spesso strani e particolari: solo le stelle più brillanti e, quindi, visibili
ad occhio nudo hanno un nome proprio, che spesso è di origine araba. La denominazione delle altre
stelle, invece, è ad opera dell’astronomo Johann Bayer, che decide di classificare le stelle di
ciascuna costellazione con una lettera dell’alfabeto greco in ordine di luminosità. Tuttavia, non
essendoci abbastanza lettere dell’alfabeto, nacquero dei grandi elenchi, compilati da vari
astronomi, in cui le stelle sono identificate con un numero e la sigla del catalogo in cui sono
riportate (ad esempio Antares è definita anche Alfa Scorpii, HR 6134, HD 148478, SAO 184415, …)
23
La scienza della natura, fino a quel momento, era inserita nell’ambito della
matematica sotto il nome generico di “scienza”, ma con i Programmi del 1985 11
viene creato un ambito a se stante che comprende discipline quali: fisica, chimica,
biologia, geologia ed astronomia. Per quanto riguarda l’astronomia il testo
prevedeva dei chiari riferimenti a nozioni astronomiche di base riguardanti la
Terra, il Sole, la Luna e le stelle, che, in questo modo, entravano a far parte del
bagaglio culturale dei bambini.
Nella sezione relativa alla geografia troviamo il seguente passo:
“Il concetto fisico di spazio è anche oggetto di studio delle scienze naturali
(astronomia, geologia, ecc.): l'insegnamento della geografia, oltre al concetto
fisico di spazio, dedicherà opportuna attenzione ai modi ed agli effetti
dell'esperienza degli uomini sul territorio.”
Nella sezione relativa alla scienza, invece, troviamo, nell’area relativa agli “obiettivi
e contenuti” il riferimento all’astronomia al seguente punto:
“Prendendo spunto da problemi relativi alla loro vita di ogni giorno gli alunni
saranno sollecitati a intraprendere attività di indagine al fine di acquisire
conoscenze di base relative:
[…]
• alla Terra e al suo posto nell'Universo”
Più avanti, nell’area denominata “Ambienti e cicli naturali” troviamo altri accenni
ad un’astronomia di base:
“Vanno infine osservati e considerati il movimento apparente del sole e le sue
variazioni nell'arco dell'anno (anche con lo studio delle ombre e la costruzione di
meridiane), la misura del tempo, il movimento e le fasi della luna, il cielo stellato e
il movimento apparente delle stelle.”
11
Decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104. Programmi didattici per la
scuola primaria
24
Una nota di merito di questi Programmi è, a mio avviso, data dal fatto che
nell’ultimo paragrafo dedicato alla scienza troviamo le “Indicazioni didattiche”.
Si tratta di linee guida che possono aiutare e supportare gli insegnanti in particolari
programmi. Nello specifico vengono espresse norme metodologiche, pedagogiche
e didattiche proprie delle scienze. Queste indicazioni hanno una duplice funzione:
da un lato mettono in evidenza l’importanza dell’attuazione di un metodo
scientifico, dall’altro lasciano libertà all’insegnante di adattare quanto espresso ai
contenuti ed al contesto in cui si trovano.
Con la riforma Moratti del 2003 l’astronomia viene rimossa dalle Indicazioni
Nazionali, ad eccezione di un vago riferimento al globo.
Nel 2007 alcune attività legate all’astronomia vengono reinserite nelle Indicazioni
per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione.12
Nella sezione “Obiettivi di apprendimento al termine della classe quinta della
scuola primaria”, e più in particolare alla voce “Osservare e sperimentare sul
campo”, troviamo il seguente punto:
“- Proseguire le osservazioni del cielo diurno e notturno su scala mensile e annuale
avviando, attraverso giochi col corpo e costruzione di modelli tridimensionali,
all’interpretazione dei moti osservati, da diversi punti di vista, anche in
connessione con l’evoluzione storica dell’astronomia.”
A differenza di quanto affermato nei Programmi del 1985 troviamo elementi
innovativi: non si fa più riferimento all’osservazione di alcuni fenomeni celesti, ma
si chiede di spiegarli ai bambini tramite giochi con il corpo e costruzione di modelli
tridimensionali. Inoltre, gli alunni devono imparare ad interpretare quanto
osservato tenendo presente il maggior numero di punti di vista e intrecciando
quanto imparato con la storia dell’astronomia.
12
MPI, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione
25
Inoltre, nella sezione “Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza
della scuola secondaria di primo grado” troviamo il seguente punto:
Astronomia e Scienze della Terra
• Proseguire l’elaborazione di idee e modelli interpretativi dei più evidenti
fenomeni celesti attraverso l’osservazione del cielo diurno e notturno nel
corso dell’anno.
• Interpretarne i fenomeni osservati anche con l’aiuto di planetari e/o
simulazioni al computer. In particolare precisare l’osservabilità e
l’interpretazione di latitudine e longitudine, punti cardinali, sistemi di
riferimento e movimenti della Terra, durata del dì e della notte, fasi della
luna, eclissi, visibilità e moti osservati di pianeti e costellazioni.
• Continuare ad approfondire la conoscenza, sul campo e con esperienze
concrete, di rocce, minerali, fossili per comprenderne la storia geologica ed
elaborare idee e modelli interpretativi della struttura terrestre. Considerare
il suolo come ecosistema come una risorsa e comprendere altresì che la sua
formazione è il risultato dei climi e della vita sulla terra, dei processi di
erosione – trasporto – deposizione. Correlare queste conoscenze alle
valutazioni sul rischio geomorfologico, idrogeologico, vulcanico e sismico
della propria regione e comprendere la conseguente pianificazione della
protezione da questo rischio.
• Conoscere i meccanismi fondamentali dei cambiamenti globali nei sistemi
naturali e nel sistema Terra nel suo complesso, e il ruolo dell’intervento
umano nella trasformazione degli stessi.
Tuttavia, in queste Indicazioni non c’è nessun riferimento circa le metodologie, le
tecniche, le strategie didattiche e le pratiche che l’insegnante deve adottare per lo
svolgimento del programma.
Fermo restando che ogni scuola, ed in particolare ogni insegnante, può adottare il
metodo didattico che ritiene maggiormente idoneo, è pur vero che le Indicazioni
rimandano ad una preparazione didattica che non tutte le insegnanti hanno
acquisito ed adeguatamente sperimentato.
26
3. Da cognitivismo al costruzionismo
“Nulla egli sappia per averlo udito da voi, ma solo
per averlo compreso da sé: non impari la
scienza: la scopra. Se nella sua mente giungerete
a sostituire l’autorità alla ragione, non ragionerà
più; non sarà che lo zimbello dell’opinione altrui.”
(Jean-Jacques Rousseau)
In questo capitolo cercherò di spiegare quali sono le teorie sulle quali baserò il
progetto didattico riportato nella seconda parte della tesi. Partiremo, quindi, dal
cognitivismo di Piaget per arrivare alla teoria costruzionistica di Papert.
3.1 La teoria di Piaget
Il primo a preoccuparsi di studiare lo sviluppo cognitivo del bambino è stato Jean
Piaget 13
, uno psicologo svizzero nato a Neuchâtel nel 1986.
Secondo lo psicologo, l’intelligenza è strettamente legata all’adattamento
dell’organismo all’ambiente: l’individuo cerca di trovare un equilibrio tra le
strutture mentali e i dati ambientali con i quali entra in contatto. In questo modo il
bambino elabora delle strutture mentali che sono in progressiva formazione e
trasformazione.
Piaget afferma che “le conoscenze non derivano né dalla sola esperienza degli
oggetti né da una programmazione innata e preformata nel soggetto, ma da
costruzioni successive con costante elaborazione di strutture nuove”.14
Ciò significa
che le strutture mentali non si possono definire né innate né acquisite perché sono
esito di una costruzione.
13
Jean Piaget è considerato uno dei più influenti teorici della psicologia dello sviluppo del
ventesimo secolo. Inoltre, fu anche uno dei primi autori ad occuparsi delle concezioni astronomiche
infantili. Ha, infatti, dimostrato come le convinzioni dei bambini circa i grandi eventi naturali (come
la pioggia, il tuono, il movimento degli astri, …) traggono la loro origine da un pensiero fortemente
egocentrico.
14
PIAGET J. (1975)
27
Inoltre, sostiene che:
• ogni struttura, dalla più semplice alla più complessa, va intesa come una
totalità (non scomponibile in parti), è plastica e subisce trasformazioni;
• nel corso dell’evoluzione le strutture mentali possono essere distribuite su
alcuni livelli fondamentali (teoria degli stadi);
• esse emergono le une dalle altre per cui la struttura superiore include
quella inferiore, da cui ha origine e la supera, a un livello di equilibrio più
stabile.
Inoltre, l’adattamento è composto da due processi:
- assimilazione, che consiste nell’acquisizione di nuove informazioni e nel
tentativo di adattarle all’interno di schemi preesistenti;
- accomodamento, che consiste nel cambiamento o nella modifica di schemi
preesistenti finalizzati all’adattamento alla nuova informazione.
Quando la percezione del mondo dell’individuo si adatta agli schemi esistenti, si
instaura un equilibrio che non porta il soggetto a cambiare o rivedere le proprie
idee. Se, invece, gli schemi esistenti cozzano con la nuova esperienza, avvengono
dei disequilibri che sono la forza motrice dello sviluppo: la successione degli stadi
di sviluppo cognitivo è caratterizzata, infatti, da una successione di livelli diversi di
equilibrio fra assimilazione e accomodamento.
La teoria degli stadi di sviluppo di Piaget prevede tre diversi periodi di sviluppo
cognitivo, che possono essere ulteriormente scomposti in fasi o sottostadi :
- periodo dell’intelligenza senso-motoria (0-2 anni)
• esercizio dei riflessi (0-2 mesi)
• adattamenti non innati (2-4 mesi)
• reazioni circolari primarie (4 mesi)
• reazioni circolari secondarie (4-8 mesi)
• coordinazione degli schemi secondari e la loro applicazione a nuove
situazioni (8-12 mesi)
• reazioni circolari terziarie (12-18 mesi)
• gioco simbolico e linguaggio (18-24 mesi)
28
- periodo dell’intelligenza rappresentativa (2-11/12 anni)
• periodo pre-operatorio (2-7/8 anni)
• periodo operatorio concreto (7/8-12 anni)
- periodo operatorio formale (oltre gli 11/12 anni)
Da quanto affermato, si evince che Piaget era un cognitivista; viene, infatti,
considerato il fondatore dell’epistemologia genetica, ovvero dello studio
sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla conoscenza nel
corso dello sviluppo. Tuttavia, le sue teorie ed alcune sue affermazioni sono state
prese come base anche per lo sviluppo della teoria costruttivista, per esempio
l’affermazione “capire vuol dire inventare” oppure “la conoscenza è un processo di
costruzione continua”.15
Per questo motivo Piaget è considerato anche “padre” del
costruttivismo.16
3.2 Il costruzionismo di Papert
Seymour Papert17
è un matematico, informatico e pedagogista sudafricano e fu
allievo di Piaget fino agli anni '60 quando entra a far parte del MIT 18
per lavorare
con un gruppo, in particolare con Marvin Minsky, che si occupa di intelligenza
artificiale.
15
PIAGET J. (1970)
16
Il costruttivismo è una posizione filosofica e epistemologica che considera la nostra
rappresentazione della realtà, cioè il mondo in cui viviamo, come il risultato dell'attività costruttrice
delle nostre strutture cognitive. Ha avuto un’influenza notevole nella ricerca nel campo delle
scienze dell’educazione attraverso gli anni ’80 e ’90 e le sue basi sono state fornite dal lavoro di
Piaget, anche se la teoria costruttivista applicata all’apprendimento trova le sue radici nel
costruttivismo personale di Novak e Von Glasersfeld.
Sono state identificate diverse correnti del costruttivismo in studi distinti riguardanti l’educazione,
la società, le scienze e la tecnologia ed all’interno della corrente educativa esistono diverse scuole
costruttiviste con differenti implicazioni sulla pratica didattica.
La corrente costruttivista, a differenza di quella cognitivista, vede la conoscenza come una entità
costruita interamente dal soggetto che acquisisce conoscenze e abilità attraverso un
processo di apprendimento calato nel contesto culturale in cui si trova.
17
Seymour Papert è uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale. È riconosciuto come un grande
pensatore sui modi di cambiare l’apprendimento grazie ai computer.
18
Massachussets Institute Technology di Boston. È uno dei centri di ricerca che maggiormente si
occupa di sviluppo tecnologico e degli effetti che questo ha sulle dinamiche culturali della società
odierna.
29
È proprio durante questi anni che Papert introduce il concetto di costruzionismo.19
Per capire questo concetto è possibile partire da un aforisma africano “Se un uomo
ha fame gli puoi dare un pesce, ma meglio ancora è dargli una lenza e insegnargli a
pescare". A questo Papert aggiunge la seguente considerazione: “Naturalmente,
oltre ad avere conoscenze sulla pesca, è necessario anche disporre di buone lenze,
ed è per questo che abbiamo bisogno di computer e di sapere dove si trovano le
acque più ricche...".
Infatti, secondo Papert, il processo di apprendimento è un processo di costruzione
di rappresentazioni o modelli mentali, più o meno corretti e funzionali, del mondo
con cui si interagisce. Rispetto al costruttivismo, quindi, il costruzionismo introduce
il concetto di artefatti cognitivi, ovvero oggetti e dispositivi che facilitano lo
sviluppo di specifici apprendimenti.
In altre parole, l'essere umano, a prescindere dall'età, ha bisogno di avere a
disposizione materiali concreti per permettere alla conoscenza acquisita di trovare
un riscontro nella realtà.
Per questo motivo, Papert afferma che per evitare che un bambino trovi difficoltà
nell’acquisizione di alcune conoscenze è necessario creare dei materiali che
rendano i concetti da imparare semplici e concreti.
Inoltre, con la sua metafora sottolinea l’importanza del computer come supporto
all’insegnamento ed all’apprendimento. Lo stesso Papert afferma che l’idea di
associare l’uso del computer ai bambini nasce durante le nottate passate al MIT:
“Si trattava di un puro e semplice gioco. Scoprivamo ciò che si poteva fare con un
computer, ci sentivamo come dei neonati alla scoperta del mondo. Fu in questa
situazione che cominciai a pensare ai computer e ai bambini. Io giocavo come un
bambino e sperimentavo una vulcanica esplosione di creatività. Perché allora un
computer non avrebbe potuto offrire a un bambino lo stesso tipo di esperienza?”
19
Seymour Papert delinea il termine costruzionismo nel documento intitolato “Constructionism: A
New Opportunity for Elementary Science Education” e lo definisce come: "Una parola che indica
due aspetti della teoria della didattica delle scienze alla base di questo progetto. Dalle teorie
costruttiviste in psicologia prendiamo la visione dell'apprendimento come una ricostruzione
piuttosto che come una trasmissione di conoscenze. Successivamente estendiamo il concetto dei
materiali manipolativi nell'idea che l'apprendimento è più efficiente quando è parte di un'attività
come la costruzione di un prodotto significativo".
30
Il computer diventa una macchina per simulare; a questo scopo realizza il
programma LOGO, un linguaggio di programmazione che prevede l’utilizzo di liste
e della grafica della tartaruga, creata da Pascal. Questo programma riprende
l’assunto di Piaget “capire vuol dire inventare”. Tramite l’uso del computer
nell’educazione, Papert cerca di perseguire l’obiettivo di “insegnare in modo tale
da offrire il maggiore apprendimento col minimo d’insegnamento.
Insiste, anche, su alcuni aspetti caratteristici del costruzionismo che possono
essere riassunti sotto forma di principi:
• il protagonismo dello studente, attraverso il quale viene incoraggiato lo
sviluppo delle abilità cognitive e metacognitive dell’allievo e non viene
insegnato alcunché;
• la celebre “inversione epistemologica”, che sostituisce l’“imparare per
usare” con l’“usare per imparare”;
• la rivalutazione del pensiero operatorio concreto su quello formale logico-
deduttivo. Sono le esperienze concrete e casuali che, secondo Papert,
hanno originato anche le teorizzazioni di tipo scientifico;
• l’apprendimento “sintonico” coinvolge il soggetto a livello corporeo
nell’apprendimento “corpo-sintonico”, che nasce dall’armonizzazione
dell’orientamento spaziale del proprio corpo con quello della tartaruga,
soprattutto con l’acquisizione di visioni pluriprospettiche sullo stesso
problema o dominio;
• i “micromondi”20
sono “palestre cognitive”, nelle quali si ricercano
incessantemente problemi e soluzioni emergenti attraverso il problem
finding e il problem solving;
• l’epistemologia prevalente è quella “dell’indeterminatezza gestita”, che
favorisce l’esperienza meta cognitiva descrivibile come “avere vagamente
ragione” in contrapposizione a quella dello “sbagliare con precisione”. Si
20
Per “micromondo” si intende la riproduzione, effettuata su computer, del comportamento di un
sistema reale. In un “micromondo” si possono esplorare molteplici alternative, effettuare la verifica
di ipotesi e intuizioni, provare a sperimentare quali azioni possono avere maggiori probabilità di
riuscita nella soluzione di un problema, rispetto ad altre che sembrano più scontate.
31
tratta di un procedere analogico, per aggiustamenti continui, a discapito
della logica dicotomica digitale del vero o falso;
• tale modo di procedere si configura anche come un’apologia dell’errore,
che consolida un’arte dell’apprendimento (matetica) e descrivibile come
“apprendere riflettendo sui propri errori”.21
Oltre a questi aspetti del costruzionismo se ne può aggiungere un altro basato
sulla conoscenza che deriva dal gruppo, dalla società. Da questo ne consegue che
la conoscenza cresce tanto meglio e tanto più, quanto più la si condivide.
Quindi, a differenza di Piaget e della cultura del tempo, Papert non focalizza più
l’attenzione sugli stadi di sviluppo cognitivo, ma sul contesto in cui si apprende.
La classe funziona come comunità di pratiche scientifiche in cui i bambini
comunicano e condividono le loro idee sia che siano giuste sia che siano sbagliate.
Discutendo ognuno apprende dal compagno. Le idee proposte possono essere
valide o meno, ma comunque tutti gli allievi partono da uno stesso piano: ogni
idea ha la stessa dignità.
In quest'ambiente, il docente si trasforma in animatore della comunità, promotore
di attività in cui i bambini progettano e imparano esplicitando e discutendo teorie
sul mondo con cui interagiscono.
Ne deriva che nelle didattiche proposte da Papert, la gestione dell’errore ha
grande importanza: infatti, la sua idea è che l'unica maniera per imparare in modo
significativo sia quello di prendere coscienza dei propri errori. Compito
dell'insegnante è, quindi, anche quello di guidare il bambino nel caso di errore.
21
CAPPONI M. (2009)
32
4. La rappresentazione delle conoscenza
“Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.“
(Dante Alighieri)
La rappresentazione delle conoscenze (o knowledge representation) è una branca
dell’intelligenza artificiale, di cui, come abbiamo visto, si occupava Papert.
Il suo compito è quello di formalizzare un linguaggio per rappresentare e
memorizzare la conoscenza in modo astratto. In particolare, nell’intelligenza
artificiale, la rappresentazione delle conoscenze serve per consentire ai sistemi
esperti di organizzare l’esperienza nel corso del tempo e di consultare
velocemente le basi di conoscenza. In sostanza la rappresentazione delle
conoscenze viene usata nei computer per elaborare programmi che simulino il
comportamento intelligente umano.
Per permettere che ciò avvenga i metodi di rappresentazione delle conoscenze
devono utilizzare tre livelli:
- associazioni;
- relazioni tra proposizioni;
- strategie per applicare le regole.
Il primo livello, che è il più basso, permette di associare alcuni elementi a predicati
per formare delle proposizioni. Ad esempio, nella proposizione “fumare è la causa
del cancro al polmone” i nostri elementi sono “fumare” e “cancro al polmone”,
mentre il predicato è “causa del”.
Al secondo livello queste proposizioni vengono collegate tra loro da un insieme di
regole, chiamate regole di inferenza. L’inferenza è un processo che permette,
quindi, di partire da due o più proposizioni per arrivare ad una proposizione
conclusiva. Ad esempio, SE A è vero E B è vero ALLORA (A E B) è vero.
33
Al livello più alto troviamo, infine, la strategia che permette di controllare l’ordine
in cui le regole di inferenza si devono applicare all’insieme di regole che descrivono
una certa situazione.22
Tra i metodi di rappresentazione delle conoscenze i due che ancora oggi vengono
considerati i più importanti, anche se in passato erano considerati alternativi ed
ora sono considerati complementari, sono:
- Metodo dichiarativo: la conoscenza è rappresentata tramite la descrizione
delle proprietà di oggetti e concetti (per es. la retta è un insieme di punti);
- Metodo procedurale: la conoscenza viene rappresentata tramite
l’indicazione sulla procedura per ottenerla. Ogni singolo passo è analizzato
nel dettaglio (per es. la retta si ottiene muovendo una penna da un punto A
ad un punto B su una riga).
Se ne deduce, quindi, che il primo metodo è più breve, mentre il secondo è più
specifico e dettagliato.
Gli schemi più comuni della rappresentazione delle conoscenze sono,
sostanzialmente, i seguenti:
- linguaggi formali;
- alberi decisionali;
- sistemi di produzione;
- calcolo dei predicati;
- reti semantiche.
Particolarmente importanti, al fine del progetto che esporrò nella seconda parte
della tesi, sono le reti semantiche. Si tratta di mappe formate da vertici, che
rappresentano concetti, e archi, che rappresentano le relazioni semantiche tra i
concetti. Questi tipi di mappe sono state sviluppate per i calcolatori da Richard H.
Richens nel 1956 come un'interlingua per la traduzione automatica dei linguaggi
22
BISHOP P. (1999)
34
naturali. Dagli anni sessanta agli ottanta, poi, le reti semantiche sono state
sviluppate all'interno di ipertesti.
Anche i programmi basati sul LOGO, che verranno utilizzati durante il progetto,
permettono di creare dei collegamenti grazie all’utilizzo delle reti semantiche.
Le reti semantiche sono anche una modalità di rappresentazione
dell’organizzazione dei concetti nella memoria a lungo termine. In ambito
didattico, tuttavia, vengono definite mappe concettuali e vengono usate dai
bambini per rappresentare, in un grafico, la loro conoscenza intorno ad un
argomento.
4.1 Le mappe concettuali e le mappe mentali
A questo proposito è necessario fare una distinzione tra mappe concettuali e
mappe mentali, per evitare di creare confusione. Questi due tipi di mappe, infatti,
si differenziano per strutturazione, per tipo di realizzazione e per ambito di utilizzo.
Le mappe mentali sono una forma di rappresentazione grafica del pensiero.
Vengono teorizzate, negli anni ’70, dal cognitivista Tony Buzan23
a partire da alcune
riflessioni sulle tecniche per prendere appunti.
Le mappe mentali presentano varie caratteristiche:
• la struttura è di tipo gerarchico, cioè l’elemento centrale è collegato ad
elementi di primo livello, i quali possono essere collegati ad elementi di
secondo livello,… Tuttavia, l’associazione gerarchica che si viene a creare
non è assoluta, ma di contesto, cioè non è presente nessun vincolo di
inclusione;
• i nodi si sviluppano a raggiera a partire da un argomento centrale;
23
Tony Buzan è uno psicologo inglese del ‘900. Ha scritto numerosi libri sull'apprendimento, il
cervello e la memoria e si è occupato, in particolare, delle mappe mentali. Sull'argomento ha scritto
numerosi libri ed ha sviluppato un software con il quale poterle creare sul proprio computer,
rendendole in questo modo uno strumento di pubblico dominio. E' il fondatore del World Memory
Championship, in cui centinaia di "atleti della memoria" provenienti da tutto il mondo si sfidano in
dieci "discipline" diverse di memorizzazione.
35
• la logica è associazionista, cioè ogni elemento è connesso gerarchicamente
con quello che lo precede;
• viene data grande enfasi agli aspetti iconici, simbolici e grafici in genere.
Lo scopo di una mappa mentale è di permettere la memorizzazione e
l’annotazione in chiave personale. Per questo motivo, Buzan afferma che esse
devono permettere l’evocatività: tutte le mappe mentali devono essere piene di
immagini fantasiose e colorate sia per rendere gradevole la rappresentazione sia
per stimolare l’emisfero cerebrale destro.24
Inoltre, gli elementi devono essere
descritti con parole-chiave per permettere la nascita di nuove associazioni.
Per realizzare una mappa mentale è, quindi, necessario:
• partire da un argomento centrale che viene evidenziato tramite un disegno;
• sviluppare i collegamenti con parole-chiave;
• aggiungere rami secondari con spessori e colori diversi, tenendo presente
che i concetti più importanti devono essere situati vicino al centro;
• utilizzare immagini, colori e codici per rendere personale la mappa.
I vantaggi dell’utilizzo di una mappa mentale in ambito didattico sono:
• il centro e l’idea principale sono meglio definiti;
• l’importanza relativa di ogni idea è ben definita e dipende dalla sua
distanza dal centro. Le idee più importanti sono più vicine al centro;
• sono facilmente riconoscibili i collegamenti fra concetti chiave, favorendo il
ripasso ed il ricordo;
24
Il cervello è diviso, nella sua parte anteriore, in due emisferi: l’emisfero destro e quello sinistro, i
quali presentano significative differenze funzionali. La parte sinistra domina le funzioni che
permettono il linguaggio, mentre la destra è caratterizzata dalla capacità di percepire in modo
globale un quadro, una mappa o un insieme di immagini, cogliendo i rapporti presenti tra gli
elementi che li compongono. Il ruolo dominante dell' emisfero sinistro nei processi linguistici, sia
scritti che orali, potrebbe erroneamente far pensare che questa zona abbia funzioni più importanti
o "elevate" rispetto all' emisfero destro: numerosi studi hanno dimostrato, invece, come i due
emisferi cerebrali presentino differenti specializzazioni, tutte fondamentali nella realizzazione dei
processi cognitivi e nella costruzione del pensiero in senso lato.
36
• il tipo di struttura della mappa favorisce l’aggiunta di informazioni e
collegamenti senza cancellature disordinate e aggiunte insufficienti;
• la forma aperta favorisce la creatività;
• l’utilizzo di immagini e colori aiuta il ricordo e rende lo studio piacevole ed
estremamente produttivo;
• creare una mappa obbliga necessariamente lo studente a sviluppare
capacità di comprensione e sintesi;
• la mappa attiva il cervello a tutti i livelli, rendendolo più attento e più abile
a ricordare;
• la fase di ripasso è semplice, rapida e produttiva;
• l’uso di concetti chiave e mappe mentali permette di risparmiare tempo
rispetto ai metodi di studio tradizionali e migliora la qualità e la produttività
del tempo dedicato all’apprendimento.
Le mappe concettuali, invece, sono state teorizzate e proposte come strumento
didattico da Novak e Gowin negli anni ’80 sulla base delle teorie di apprendimento
significativo di Ausubel.25
Le caratteristiche essenziali di una mappa concettuale, secondo Novak, sono le
seguenti:
• è costituita da nodi concettuali, ciascuno dei quali rappresenta un concetto
elementare e viene descritto con un’etichetta apposta ad una sagoma
geometrica;
• i nodi concettuali sono collegati mediante delle relazioni di tipo
connessionista: in genere vengono rappresentate come frecce orientate e
dotate di un'etichetta descrittiva (in genere un predicato), che permettono
di creare una proposizione;
25
“L’apprendimento significativo è alla base dell’integrazione costruttiva di pensieri, sentimenti e
azioni e induce empowerment, finalizzato all’impegno e alla responsabilità”.
37
• la struttura complessiva è di tipo reticolare e inclusivo, cioè gli argomenti
vanno dal generale al particolare, oppure dal sovraordinato al sottordinato
(quindi potrebbe non presentare un "preciso punto di partenza").
Per realizzare una mappa concettuale è bene tener presenti alcuni accorgimenti:
• individuare chiaramente la "domanda focale", ovvero il tema che si sta
descrivendo e che circoscrive l'ambito di analisi;
• svilupparla, per quanto possibile, dall'alto verso il basso, considerando
le relazioni trasversali un’eccezione;
• adottare una logica di realizzazione di tipo connessionista: prima
avviene l'identificazione dei concetti, poi la creazione delle relazioni
associative tra di essi;
• riuscire a collegare i diversi argomenti in modo chiaro e corretto.
A livello scolastico, tuttavia, viene usata un’evoluzione delle mappe concettuali: le
mappe “strutturali”. Si tratta di mappe che permettono di rappresentare le
relazioni che si stabiliscono tra i concetti principali di un’unità di apprendimento.
L’uso dell’aggettivo strutturale è dovuto alla caratteristica di sintetizzare e
mostrare la struttura dell’informazione. Viene, quindi, utilizzata dagli studenti
come materiale di studio, per memorizzare con maggiore efficacia.
Tra i vantaggi dell’utilizzo delle mappe concettuali in ambito didattico troviamo:
• toglie l’informazione che è necessaria per la comunicazione, ma
ingombrante e limitativa per l’apprendimento;
• identifica gli elementi da apprendere;
• permette la gestione della conoscenza in modo attivo e diretto;
• facilita il ragionamento e l’analisi, fondamentali nell’attività di
apprendimento;
• facilita e stimola il raggiungimento di conclusioni, relativamente ovvie e
non ovvie;
38
• orienta e mantiene l’attenzione dello studente;
• presenta la conoscenza in modo significativo;
• stimola lo sviluppo di una comprensione olistica dell’argomento trattato:
evidenzia come i termini, in se stessi, non hanno valore e che la loro
contestualizzazione è relativa, dinamica e variabile;
• rende possibile l’integrazione della nuova conoscenza con la conoscenza
precedentemente rappresentata.
4.2 Software per creare le mappe mentali e concettuali
Sono molti i software che danno la possibilità di creare mappe mentali e
concettuali.
Per quanto riguarda le mappe mentali la sfida di introdurre i principi di Buzan nei
software è stata, in un primo momento, ardua. Tuttavia, oggi sono presenti sul
mercato diversi programmi che permettono di creare mappe mentali. I principali
sono:
- iMindMap, il software lanciato e promosso dallo stesso Buzan. Il
programma permette di realizzare mappe mentali molto sofisticate dal
punto di vista grafico seguendo tutti gli accorgimenti proposti dal loro
ideatore;
- FreeMind è un programma gratuito con modalità opensource. Ha una
grafica piuttosto spartana, ma è disponibile per qualunque sistema
operativo che supporti il linguaggio Java;
- Cayra è un altro software totalmente gratuito. La differenza da FreeMind
risiede nella possibilità di realizzare delle mappe mentali ordinate e
colorate così come indicato dallo stesso Buzan.
39
Per quanto riguarda le mappe concettuali, invece, i software più conosciuti sono i
seguenti:
- IHMC Cmap Tools, è un programma gratuito usato in ambito educativo
disponibile per diversi sistemi operativi. Permette di creare mappe
concettuali elaborate e visualmente significative. Inoltre, le mappe possono
essere condivise ed è possibile collaborare alla loro realizzazione tramite
una connessione in rete locale o Internet;
- XMind è un programma opensource particolarmente interessante e
promettente. La grafica è abbastanza curata, i comandi sono semplici e
intuitivi ed è possibile installarlo su qualunque sistema operativo che
supporti il linguaggio Java. Esistono due versioni: una completamente
gratuita e un'altra a pagamento, ma con funzionalità estese. Il vantaggio di
questo programma consiste nella possibilità di condividere gratuitamente
le proprie mappe mentali online.
Sono stati realizzati anche due bellissimi software, Knowledge Manager e
Conception, che permettono la realizzazione sia di mappe mentali che di mappe
concettuali. Infatti, aprendo il programma si aprirà un menù che propone diversi
tipi di rappresentazione della conoscenza ed, in base alla nostra scelta, l’interfaccia
assumerà particolari caratteristiche e funzioni specifiche.
L’ideazione di tali programmi è significativa perché:
• evidenzia una distinzione tra tipi di rappresentazione della conoscenza;
• supera il dibattito che si è venuto a creare contrapponendo, anche in
campo didattico, questi due tipi di rappresentazioni;
• permette all’utente di scegliere la rappresentazione che meglio si adatta ai
suoi bisogni, scopi.
40
5. Alcune metodologie didattiche avanzate
“L’apprendimento è, tra l’altro, un processo interattivo
in cui le persone imparano l’una dall’altra,
e non solo attraverso il narrare e il mostrare;
è nella natura delle culture umane formare
comunità in cui l’apprendimento è frutto
di uno scambio reciproco.”
(Bruner)
Le metodologie didattiche che vengono maggiormente utilizzate da un’insegnante
sono: lezione frontale, lavoro di gruppo, cooperative learning (o apprendimento
cooperativo), apprendimento per scoperta, didattica laboratoriale, brain storming,
circle time, gioco di ruolo e simulazione, debriefing, problem solving.
In questo capitolo ho deciso di focalizzare la mia attenzione su due di queste
tecniche: l’apprendimento per scoperta e l’apprendimento cooperativo.
Questa decisione non è casuale, ma data dal fatto che durante la sperimentazione,
che illustrerò nella seconda parte della mia tesi, queste tecniche di insegnamento
saranno predominanti.
5.1 L’apprendimento per scoperta
L’apprendimento per scoperta è una tecnica di apprendimento attiva.
Oggi, vengono usate innumerevoli altre diciture per definirlo, per es.
apprendimento per ricerca, esplorativo, autonomo.
Tuttavia, la dicitura “apprendimento per scoperta” è stata introdotta per la prima
volta negli anni ’60 da Jerome Bruner.26
26
Jerome Bruner è un pedagogista e psicologo cognitivista statunitense nel ‘900. Dal 1950 è
professore di psicologia alla Harvad University. Inizialmente, si occupa di percezione, per poi
passare alla psicologia sociale e tornare, successivamente, allo studio dei processi cognitivi, in
particolare quelli infantili.
41
Questo pedagogista affermava che “Nella maggior parte dei casi la scoperta, sia
che venga effettuata da uno scolaretto o da uno scienziato, consiste in un
riordinamento o in una trasformazione delle nozioni possedute, in modo da
consentire di spingersi al di là di esse, verso nuovi concetti. In altre parole, scoprire
significa trovare la struttura più adatta, il significato più profondo. In secondo
luogo, riflettiamo adesso sui vantaggi che il fanciullo trae dall‘apprendere
attraverso le proprie scoperte. Quei vantaggi si rivelano sotto forma di maggiore
potenzialità intellettuale, maggiore ricompensa psicologica, migliore tecnica
dell‘indagine e affinamento dei processi mnemonici. Affinché il fanciullo sviluppi la
propria potenzialità intellettuale, occorre che venga incoraggiato a scoprire
rapporti e regolarità nell’ambiente che lo circonda. Per far ciò egli deve essere
armato della sensazione che vi è qualcosa da scoprire e che deve trovare da sé il
modo di effettuare la scoperta.”27
Dall’estratto è ben visibile la visione di Bruner: l’apprendimento per scoperta non
implica necessariamente l’acquisizione di nuove informazioni, ma può coinvolgere
nozioni che la persona già possiede e che, alla luce di nuove informazioni, vengono
rielaborate. Proseguendo, Bruner distingue tra un insegnamento in forma
enunciativa, in cui l’alunno è in posizione di ascolto, e un insegnamento in forma
ipotetica, in cui l’alunno prende parte attivamente alle esposizioni ed alle
formulazioni, e sottolinea che soltanto nel secondo caso l’allievo può essere
incoraggiato alla scoperta.
Infine, riconosce quattro benefici legati all’apprendimento per scoperta:
• L’aumento della potenza intellettuale (“porre l’accento sulla scoperta, in
realtà, aiuta il bambino ad apprendere la varietà delle soluzioni dei
problemi delle trasformazioni operabili sulle informazioni per una loro
migliore utilizzazione, lo aiuta ad apprendere come orizzontarsi proprio nel
compito dell’apprendere”28
);
• Il passaggio a un’attività conoscitiva guidata da motivazioni intrinseche, in
quanto il discente è “stimolato […] da quella ricompensa che risiede nella
27
J. BRUNER (1969)
28
J. BRUNER (2005)
42
scoperta stessa”, della percezione di competenza crescente che essa
alimenta;
• L’apprendimento dell’euristica, l’arte e la tecnica dello scoprire attraverso
l’esercizio nella soluzione dei problemi e nel metodo della scoperta;
• Il potenziamento della ritenzione delle informazioni, in virtù dell’autonoma
organizzazione dei dati intrinseca nell’atto della scoperta.
Anche Jean-Jacques Rousseau29
, nella sua opera più celebre, l’Emilio30
, parla di
quello che può essere definito un apprendimento per scoperta:
“In questa seconda fase, trasformiamo le nostre sensazioni in idee; ma non
saltiamo di un sol tratto dagli oggetti sensibili agli oggetti intellettuali. È per mezzo
dei primi che noi dobbiamo giungere agli altri. Nessun altro libro che il mondo;
nessun’altra istruzione che i fatti. Il fanciullo che legge, non pensa; egli si limita a
leggere; non si istruisce, impara solo dalle parole.
Rendete il vostro allievo attento ai fenomeni della natura; in breve lo renderete
curioso; ma per nutrire la sua curiosità non affrettatevi mai a soddisfarla. Ponete le
questioni alla sua portata, e lasciate che egli le risolva. Nulla egli sappia perché voi
glielo avete detto, ma perché egli stesso l’ha compreso. Non impari da altri la
scienza; la inventi. Se voi sostituirete nel suo spirito l’autorità alla ragione, non
ragionerà più, non sarà che uno zimbello delle opinioni altrui. Se sbaglia, lasciatelo
fare, non correggete i suoi errori, aspettate in silenzio che sia in grado di vederli e
di correggerli egli stesso, o tutt’al più in un’occasione favorevole, introducete
qualche operazione che glieli faccia notare. Se non sbagliasse mai, non
imparerebbe così bene.
29
Jean-Jacques Rousseau è un filosofo e pedagogista svizzero di lingua francese del ‘700. La
decisione del padre di allevare da solo il figlio, dopo la morte della moglie per il parto, influenzerà
enormemente le sue teorie. Rousseau individua nell’educazione tre fasi: l’educazione nell’età
dell’infanzia che deve essere indiretta, naturale e negativa, cioè la negazione di ogni intervento
intempestivo da parte dell’educatore, l’educazione nell’età della fanciullezza che deve essere
morale e positiva, cioè una didattica che si fa carico di introdurre il soggetto nel mondo del sapere,
e l’educazione nell’età dell’adolescenza che deve essere affettiva e morale.
30
J.-J. ROUSSEAU (1955)
43
Tenete sempre presente che lo spirito della mia educazione non è già di insegnare
al fanciullo molte cose, ma di non lasciar mai entrare nel suo cervello se non idee
giuste e chiare. Quando anche non sapesse nulla, poco m’importa purché non si
inganni; io non metto delle verità nella sua testa se non per garantirlo dagli errori
che imparerebbe al loro posto.”
Per Rousseau, come è facilmente intuibile dal testo sopra citato, l’apprendimento
per scoperta consisteva nel lasciare che il bambino sperimentasse, sostenuto dalla
sua curiosità, quanto lo circonda. E su questo metodo, Rousseau ritornerà molte
volte con forza: “A me non piacciono le spiegazioni fatte medianti ragionamenti; i
ragazzi vi pongono poca attenzione e non le ricordano. Le cose! Le cose! Non
ripeterò mai abbastanza che noi diamo troppa importanza alle parole: con la
nostra educazione ciarliera, non facciamo che dei chiacchieroni.” E ancora: “Nella
ricerca delle leggi della natura cominciate sempre dai fenomeni più comuni e più
sensibili, abituate il vostro allievo a non considerare questi fenomeni come
ragionamenti ma come fatti.”
La funzione dell’apprendimento per scoperta è stata esaminata dettagliatamente e
nettamente ridimensionata da David Ausubel.31
Ausubel introduce due distinzioni
nette tra tipi di apprendimento che vengono usati all’interno della classe: distingue
l’apprendimento significativo da quello meccanico e l’apprendimento per ricezione
passiva dall’apprendimento per scoperta autonoma.
In particolare, nell’apprendimento per scoperta autonoma i contenuti sono
scoperti personalmente dagli alunni. Tuttavia, secondo Ausubel, la scoperta non
garantisce la significatività dell’apprendimento. Inoltre, ritenendo che la scuola
abbia come ruolo la trasmissione della conoscenza e non lo sviluppo della capacità
di risolvere i problemi, Ausubel sconsiglia l’uso dell’apprendimento per scoperta
per la trasmissione del contenuto di una disciplina, in quanto risulta essere un
metodo particolarmente dispendioso in termini di tempo. Per questo motivo,
31
David Ausubel è uno psicologo statunitense, seguace di Piaget. Ha fornito contributi significativi
nei campi della psicologia dell’educazione, delle scienze cognitive e della didattica delle discipline
scientifiche. Inoltre, ha sviluppato la strategia cognitiva degli “organizzatori avanzati”.
44
l’apprendimento per scoperta è consigliato solo nella scuola di base, dove i
collegamenti alla realtà migliorano l’assimilazione di contenuti.
Oggi, affinché un apprendimento venga definito per scoperta, deve manifestare
delle specifiche caratteristiche che sono state individuate da Reinmann-Rothmeier
e Mandl:
- i discenti si confrontano attivamente con i problemi;
- i discenti acquisiscono esperienze autonomamente;
- i discenti effettuano sperimentazioni nei momenti adatti, ottenendo nuove
cognizioni su fatti e principi complessi.
In ambito didattico, quindi, è evidente che questo tipo di apprendimento deve
avvenire mediante un processo di costruzione-relazione tra alunno e docente in
cui:
• l'apprendimento è il risultato dell'attività del bambino, che seleziona e
trasforma le informazioni, costruisce ipotesi e prende decisioni;
• lo scopo dell'insegnante è di consentire al suo alunno di andare “oltre le
informazioni date”.
Ne risulta che la caratteristica essenziale dell’apprendimento per scoperta è che il
contenuto da apprendere non è dato, ma è scoperto dallo studente prima che egli
lo faccia proprio e gli assegni un suo posto significativo nella sua struttura
cognitiva.
La prima fase di questo tipo di apprendimento comporta un processo
completamente diverso da quello della ricezione pura e semplice. L’alunno deve
riordinare le informazioni, integrarle con bagaglio cognitivo preesistente e
riorganizzare o trasformare il tutto in modo da dare il risultato finale desiderato.
45
5.2 L’apprendimento cooperativo
L’apprendimento cooperativo, o cooperative learning, è una metodologia didattica
che veniva utilizzata già ai tempi di Aristotele e dei Gesuiti. Tuttavia, la
metodologia attuale trae spunto dall’insegnamento tra pari (peer tutoring) ideato
ed applicato da Andrew Bell e Joseph Lancaster tra la fine del ‘700 e l’inizio
dell’‘800. Nel 1820, infatti, il pedagogista svizzero Grégoire Girard definiva il
metodo Bell-Lancaster come “l'esatta divisione della scuola in più classi; … e lavoro
simultaneo di tutte le classi, nello stesso locale e negli stessi momenti”.
L’apprendimento cooperativo si sviluppa, quindi, in Gran Bretagna, Francia, Spagna
e, grazie a Federico Confalonieri32
, Italia.
Durante il 1900 la metodologia dell’apprendimento cooperativo si sviluppa in
Russia e negli USA, dove viene ampiamente valorizzata dal pensiero di Lev
Semenovič Vygotskij33
e John Dewey34
.
Secondo Vygotskij lo sviluppo integrale del bambino è il risultato dell’intreccio tra
due diverse tipologie di sviluppo: una naturale ed una culturale.
In particolare, il rapporto che intercorre tra sviluppo culturale e l’apprendimento si
realizza in quella che Vygotskij chiama Zona di Sviluppo Prossimale.
32
Federico Confalonieri è un patriota italiano. Nacque da una famiglia nobile e devota all’Austria e
fin da giovane appoggiò l’ideale dell’Italia unita. Fu senatore a Milano con Napoleone Bonaparte,
anche se si oppose al suo regime. Fu accusato di aver organizzato l'assalto al Senato e l'uccisione
del ministro delle finanze Giuseppe Prina. Dopo la restaurazione partecipò alla nascita del periodico
letterario Il Conciliatore ed aderì alla Carboneria. Propugnò alcune riforme progressiste in ambito
economico e sociale. Il 13 dicembre del 1821 venne arrestato nella sua dimora
dalla polizia austriaca e fu condannato a morte, pena poi commutata nell'ergastolo. Nel 1835, la
pena gli venne commutata nella deportazione in America, ma nel 1837 riuscì a tornare
clandestinamente in Italia. Dopo essere riuscito a prendere casa a Mendrisio, si trasferì a Parigi.
Morì improvvisamente durante un viaggio di trasferimento tra la capitale transalpina e la
Lombardia.
33
Lev Semenovič Vygotskij è uno psicologo e pedagogista russo del ‘900. Nel 1925 tenne la
conferenza La coscienza come problema psicologico del comportamento, che divenne il manifesto
della scuola storico-culturale, di cui è considerato padre. Il filosofo Stephen Toulmin lo ha definito il
“Mozart della psicologia”.
34
John Dewey è il massimo esponente del pragmatismo americano e pensatore che più d’ogni altro
esprime le ragioni profonde, educative e socio-politiche dell’attivismo pedagogico del primo
Novecento.
46
Si tratta della distanza tra il livello di sviluppo attuale, cioè quello che il bambino
già possiede, e il livello di sviluppo potenziale, cioè quello che il bambino può
raggiungere con l’aiuto di altre persone.
Secondo il pedagogista, le abilità che il bambino sviluppa tramite l’interazione con
gli altri, siano essi un gruppo di coetanei o di adulti, sono la memoria logica,
l’attenzione volontaria, la formazione dei concetti ed il linguaggio. Inoltre, la
collaborazione viene considerata un catalizzatore per lo sviluppo di alcune capacità
di “problem solving” perché, per apprendere, il bambino utilizza strategie e
tecniche di ragionamento imparate durante il lavoro con i compagni e con
l’insegnante.
Per capire il pensiero relativo al metodo usato da Dewey nella scuola del periodo,
mi sembra particolarmente significativo riportare l’affermazione di una delle sue
ultime opere: “io credo che il lato attivo precede quello passivo nello sviluppo della
natura del fanciullo e che la conoscenza sia essenzialmente motrice o impulsiva; gli
stadi tendono a proiettarsi in azione. L’aver trascurato questo principio credo sia la
causa di gran parte dello spreco di tempo e di energia nel lavoro scolastico. Il
fanciullo è spinto a un atteggiamento passivo, ricettivo o assorbente”.35
A proposito dell’ambiente sociale che permette il processo educativo Dewey
sostiene che: “per avere un gran numero di valori in comune tutti i membri di un
gruppo devono avere un’uguale opportunità di ricevere e di prendere dagli altri. Vi
deve essere una gran varietà di iniziative e di esperienze condivise”.36
L’apprendimento cooperativo consiste nel far lavorare la classe in piccoli gruppi al
fine di raggiungere un obiettivo comune, attraverso un lavoro di approfondimento
e di apprendimento, che porterà alla costruzione di una nuova conoscenza.
Lo stesso Dewey afferma che “là dove i giovani agiscono socialmente, essi devono
riferire il loro modo di agire a ciò che fanno gli altri e farlo combinare con quello; il
35
DEWEY J. (1950)
36
DEWEY J. (1916)
47
che dirige la loro azione ad un risultato comune e crea la reciproca comprensione
dei partecipanti”.37
Infatti, l’obiettivo è quello di migliorare l’apprendimento scolastico insegnando,
contemporaneamente, agli studenti a lavorare in modo cooperativo.
A questo proposito mi sembra doveroso fare una precisazione: secondo alcuni
autori esiste una differenza tra collaborazione e cooperazione. Infatti, nella
cooperazione ciascun componente del gruppo esegue un compito specifico per
arrivare ad un obiettivo comune, mentre nella collaborazione ognuno lavora su
tutte le parti del compito complessivo.
In generale, le attività propriamente cooperative risultano più difficili di quelle
collaborative poiché richiedono maggiori decisioni (ad esempio la scelta del tema
del progetto, individuazione di un coordinatore, ecc.), definizione dei ruoli e
strumenti tecnologici più strutturati: aspetti che comportano un maggior numero
di interazioni.
Gli elementi che caratterizzano il cooperative learning sono:
- positiva interdipendenza: i membri del gruppo fanno affidamento gli uni
sugli altri per raggiungere lo scopo prefisso. Se qualcuno del gruppo non fa
la propria parte, anche gli altri ne subiscono le conseguenze. In questo
modo, gli studenti si sentono responsabili del proprio apprendimento, ma
anche di quello degli altri membri del gruppo;
- responsabilità individuale: tutti i membri del gruppo devono rendere conto
della loro parte di lavoro e di quanto hanno appreso;
- interazione faccia a faccia: pur potendo svolgere il proprio compito
autonomamente, i membri del gruppo devono lavorare in modo interattivo
per verificare la catena del ragionamento, le conclusioni e le difficoltà. In
questo modo si ottiene un altro vantaggio: gli studenti si insegnano a
vicenda;
- uso appropriato delle abilità nella collaborazione: i membri del gruppo
vengono incoraggiati ed aiutati a sviluppare le proprie capacità, la
37
DEWEY J. (1916)
48
leadership, la comunicazione, il prendere delle decisioni e difenderle, la
gestione dei conflitti nei rapporti interpersonali;
- valutazione del lavoro: i membri, periodicamente, verificano l’efficacia ed il
funzionamento del gruppo, apportando, eventualmente, i cambiamenti
necessari.
Risulta, quindi, evidente che c’è un’enorme differenza tra il lavoro di gruppo e
l’apprendimento cooperativo:
- nel cooperative learning l’interdipendenza positiva è molto alta, mentre nel
lavoro di gruppo è inesistente o quasi;
- i gruppi di cooperative learning sono formati con il criterio
dell’eterogeneità, mentre i membri dei gruppi tradizionali sono omogenei:
- la leadership è condivisa nell’apprendimento cooperativo, mentre è di una
sola persona nel lavoro di gruppo;
- nel cooperative learning l’attenzione è rivolta al compito e,
contemporaneamente, alla relazione, mentre nei gruppi tradizionali è
rivolta esclusivamente al compito;
- le competenze sociali sono sviluppate consapevolmente
nell’apprendimento cooperativo, mentre sono date per scontate nel lavoro
di gruppo;
- nell’apprendimento cooperativo la valutazione è duplice, cioè viene data
una valutazione globale al lavoro svolto, ma anche una valutazione
individuale al singolo membro, mentre, nel gruppo tradizionale la
valutazione è solo globale.
Un altro aspetto del lavoro in cooperative learning è la sua importanza come
strumento di integrazione. Infatti, se per integrazione intendiamo la scoperta delle
qualità di ognuno, che permettono di farsi riconoscere come parte di un
determinato gruppo e come risorsa a cui tutti possono far riferimento, allora il
cooperative learning può diventare anche uno strumento per individualizzare
l’insegnamento ed integrare alunni che hanno conoscenze, competenze e capacità
49
differenti sia dal punto di vista cognitivo che dal punto di vista relazionale e
affettivo.
• Permette di individualizzare l’insegnamento perché, dividendo la classe in
piccoli gruppi, è possibile arrivare contemporaneamente ad obiettivi diversi
o ad obbiettivi simili, ma tramite percorsi diversi;
• permette di integrare e valorizzare alunni con differenti capacità perché in
situazioni di interdipendenza di scopo, di ruolo, di compito, diventa
possibile consentire ad ognuno di fornire il proprio contributo. Creare scopi
comuni e condivisi, dare ruoli che permettano ad ognuno di essere
protagonista, fornire compiti sfidanti sia per il più che per il meno dotato;
• permette di motivare allo studio ed aumentare l’autostima degli studenti,
cioè di migliorare il clima in cui i ragazzi lavorano, studiano e ricercano.
Durante un cooperative learning anche l’insegnante ha un ruolo fondamentale,che
può essere suddiviso in tre diversi momenti:
- prima della lezione: il docente deve progettare in modo puntuale
l’articolazione della formazione, preparare i materiali e le indicazioni di
lavoro e predisporre griglie di osservazione e di valutazione delle relazioni e
degli apprendimenti;
- durante la lezione: il docente spiega e discute con la classe obiettivi,
compiti e procedure, motiva e crea aspettativa, verifica che gli studenti
abbiano capito, consegna il foglio di lavoro ai gruppi, spiega i criteri di
valutazione, struttura l’interdipendenza positiva, fornisce supporto anziché
dare la soluzione, fa il monitoraggio dell’interazione tra i gruppi;
- dopo la lezione: il docente raccoglie i dati per dare una valutazione sia sui
processi attivati dal gruppi sia sulla preparazione raggiunta dagli studenti.
50
6. La storia di LOGO e i suoi derivati
“… molto spesso lo sforzo che gli uomini compiono
per attività che sembrano completamente inutili, risulta
essere estremamente importante per trovare strade che
mai nessuno avrebbe potuto prevedere. Il gioco è stato
sempre la sorgente della cultura.”
(Italo Calvino)
Il LOGO è un linguaggio di programmazione realizzato negli anni ’60 dal
matematico Seymour Papert.38
Si tratta di un linguaggio semplice che,
inizialmente, serviva per muovere un piccolo robot. Con la nascita dei computer,
invece, il linguaggio LOGO divenne la base per programmi didattici utilizzati, in
particolare, durante i laboratori di geometria. Infatti, il linguaggio LOGO viene
associato alla cosiddetta geometria della tartaruga.39
Papert sviluppa questo
linguaggio per permettere ai bambini di “produrre” qualcosa, sperimentando
regole logiche ed ottenendo artefatti cognitivi tangibili.40
Inoltre, il movimento
della tartaruga può essere facilmente riprodotto a livello corporeo: il bambino
diventa un vero e proprio automa a cui possono essere dati comandi che gli
permettono di sviluppare i suoi schemi motori.
Le caratteristiche del LOGO che immediatamente vengono intuite da chi si
approccia ad utilizzare questo linguaggio sono:
38
In realtà il progetto LOGO nasce, su proposta del National Science Foundation (il Ministero della
Ricerca Scientifica degli Stati Uniti), all’interno di una grossa azienda americana, la Bolt Beranek &
Newmann, ad opera del matematico ungherese Wallace Feurzeig. Papert è, inizialmente, solo uno
dei consulenti di tale progetto. Solo in seguito Papert, insieme ad un gruppo di scienziati ed
educatori, comincia a sperimentare l’utilizzo del linguaggio LOGO anche all’interno delle scuole.
39
Nonostante abbia cercato su molti testi scolastici per le elementari, l’unico riferimento alla
geometria della tartaruga che sono riuscita a trovare è presente nel sussidiario “L’albero del futuro.
Verso il duemila” (1987). In questo, vi è un vero e proprio capitolo nella sezione di matematica che
spiega come creare figure geometriche muovendo (idealmente, perché gli esercizi sono fatti sul
carta!) la tartaruga-robot Elsie con semplici comandi, come AV1, IND3, DX90 o SX30.
40
Il linguaggio LOGO viene creato da Papert basandosi sui fondamenti della teoria costruzionista
secondo la quale l’apprendimento efficace è realizzato per mezzo di qualcosa che può essere
“mostrato, discusso, esaminato, sondato e ammirato.”.
51
• è procedurale: permette di suddividere un problema in parti più semplici,
elaborate ciascuna da un’apposita procedura, permettendo l’esplorazione
di idee complesse tramite una struttura modulare;
• è interattivo: LOGO è un linguaggio interprete e, proprio per questo,
l’esecuzione dei comandi è immediata, come immediato è il riscontro del
loro funzionamento, prima di trasferirli all’interno di una procedura;
• è ricorsivo: le procedure possono richiamare anche se stesse;
• è espandibile: ogni nuova procedura realizzata ha lo stesso valore
gerarchico delle primitive del linguaggio. Rispetto al linguaggio naturale,
LOGO ha un ridotto vocabolario iniziale e l’invenzione di parole nuove
(procedure) consente di proporre idee nuove;
• è facile: non richiede nessuna conoscenza preliminare né di informatica né
di programmazione;
• è potente: con LOGO si possono scrivere sia procedure elementari che
elementi di una certa complessità.
Tramite specifici comandi, è possibile far muovere sul monitor una tartaruga 41
(rappresentata da un piccolo triangolo), che, lasciando una traccia, permette di
creare bellissimi disegni geometrici.
I comandi sono molto semplici, immediati ed intuitivi, quindi adatti anche ai più
piccoli.
Il cursore, infatti, si muove sullo schermo grazie ai comandi AVANTI e INDIETRO
seguiti da un determinato numero di “passi”, ma può anche essere ruotato con i
41
La tartaruga di cui si parla fa riferimento a quelle costruite da Walter Grey, un famoso fisiologo
vissuto a cavallo della seconda guerra mondiale. Costui costruì due robot, ELMER e ELSIE, che
imitavano la vita biologica interagendo tra di loro e con l'ambiente esterno. Il suo scopo era quello
di dimostrare che probabilmente il cervello e le sue funzioni erano meno complesse di quanto si
pensasse e che tanti comportamenti potevano essere imitati con un buon livello di
approssimazione.
Le prime tartarughe LOGO di Papert, simili a giocattoli con le ruote, erano connesse al computer
tramite cavi. Le tartarughe, muovendosi, tracciavano segni sui fogli sparsi sul pavimento. Negli anni
’70, con il perfezionamento dei computer, fu possibile visionare le tartarughe direttamente sullo
schermo.
52
comandi DESTRA e SINITRA seguito dall’angolo di rotazione espresso in gradi.
Per fare tutto questo il programma si basa sul sistema degli assi cartesiani, anche
se a differenza di quest’ultimo il cursore non si muove dando una serie di
coordinate, ma tramite il percorso che deve essere fatto per raggiungere il
determinato punto.
Reggini afferma che gli obiettivi essenziali dell’utilizzo del LOGO sono i seguenti:
- esercitare il processo di analisi nella suddivisione dei problemi in piccole
parti; infatti, la divisione e la segmentazione dei problemi e la loro
correzione sono pratiche frequenti in LOGO;
- esercitare la sintesi nel costruire procedure di alto livello di complessità,
combinando sottoprocedure relativamente elementari.
Il LOGO, infatti, permette di allenare la mente agli aspetti logici del pensiero,
sviluppare e perfezionare la capacità di risoluzione dei problemi, capire la natura
dei problemi, compresi quelli risolti, la loro formulazione e l’approccio a nuovi tipi
di problema. Inoltre, i problemi non vengono imposti, ma sorgono
spontaneamente durante lo svolgimento del lavoro.
Il LOGO sviluppa, quindi, l’idea di Piaget, maestro dello stesso Papert, che
affermava che l’apprendimento deve essere attivo ed autoregolato e non passivo
ed imposto.
Grazie all’apprendimento per prova ed errore, dove l’errore viene visto come un
graduale avvicinamento alla realtà, nel bambino si promuove la comprensione ed il
controllo delle proprie attività cognitive, nonché l'acquisizione di strategie di
pensiero e abilità di ragionamento fondamentali.
53
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)
UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)

More Related Content

Viewers also liked

TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)
TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)
TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)GIOVANNI LARICCIA
 
Alcune cose che dobbiamo sapere sul computer
Alcune cose che dobbiamo sapere sul computerAlcune cose che dobbiamo sapere sul computer
Alcune cose che dobbiamo sapere sul computerGIOVANNI LARICCIA
 
Giochiamo con gli automi rel 20.00
Giochiamo con gli automi rel 20.00Giochiamo con gli automi rel 20.00
Giochiamo con gli automi rel 20.00GIOVANNI LARICCIA
 
Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15
Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15
Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15GIOVANNI LARICCIA
 
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...GIOVANNI LARICCIA
 
Elenco pubblicazioni di Giovanni Lariccia
Elenco pubblicazioni di Giovanni LaricciaElenco pubblicazioni di Giovanni Lariccia
Elenco pubblicazioni di Giovanni LaricciaGIOVANNI LARICCIA
 

Viewers also liked (8)

Barzellette.00
Barzellette.00Barzellette.00
Barzellette.00
 
TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)
TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)
TRIACCA Elisa, Bravi in matematica (Tesi di laurea)
 
Alcune cose che dobbiamo sapere sul computer
Alcune cose che dobbiamo sapere sul computerAlcune cose che dobbiamo sapere sul computer
Alcune cose che dobbiamo sapere sul computer
 
Giochiamo con gli automi rel 20.00
Giochiamo con gli automi rel 20.00Giochiamo con gli automi rel 20.00
Giochiamo con gli automi rel 20.00
 
Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15
Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15
Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15
 
2015 03-15 giochi
2015 03-15 giochi2015 03-15 giochi
2015 03-15 giochi
 
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
 
Elenco pubblicazioni di Giovanni Lariccia
Elenco pubblicazioni di Giovanni LaricciaElenco pubblicazioni di Giovanni Lariccia
Elenco pubblicazioni di Giovanni Lariccia
 

Similar to UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)

Miti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazzi
Miti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazziMiti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazzi
Miti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazziValeriaRicciardi4
 
Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012
Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012
Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012IPE Business School
 
Copia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimentoCopia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimentoiva martini
 
Copia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimentoCopia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimentoiva martini
 
INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011
INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011
INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011BTO Educational
 
Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]
Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]
Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]santi caltabiano
 

Similar to UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO) (13)

Complessità e formazione
Complessità e formazioneComplessità e formazione
Complessità e formazione
 
Tesi sabri
Tesi sabriTesi sabri
Tesi sabri
 
Comunicazione in un progetto di educativa di strada con strumenti Web 2.0
Comunicazione in un progetto di educativa di strada con strumenti Web 2.0Comunicazione in un progetto di educativa di strada con strumenti Web 2.0
Comunicazione in un progetto di educativa di strada con strumenti Web 2.0
 
Guida 1A-3 [2009 - 2010]
Guida 1A-3 [2009 - 2010]Guida 1A-3 [2009 - 2010]
Guida 1A-3 [2009 - 2010]
 
Miti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazzi
Miti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazziMiti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazzi
Miti del mondo dalla A alla Z - Un ebook per spiegare la mitologia ai ragazzi
 
Guida 1a [2012 2013]
Guida 1a [2012   2013]Guida 1a [2012   2013]
Guida 1a [2012 2013]
 
Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012
Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012
Handbook Master in Finanza Avanzata 2011 2012
 
Temi nuovi
Temi nuoviTemi nuovi
Temi nuovi
 
Copia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimentoCopia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimento
 
Copia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimentoCopia di importante apprendimento
Copia di importante apprendimento
 
INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011
INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011
INTERNET BETTER TUSCANY - 5 Maggio 2011
 
Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]
Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]
Informatica 4.e [prof. santi caltabiano][a.s. 2016 17][rev 03]
 
Guida dello Studente 2012 2013
Guida dello Studente 2012 2013Guida dello Studente 2012 2013
Guida dello Studente 2012 2013
 

More from GIOVANNI LARICCIA

2019 07-30 qq.storie per noi bambini
2019 07-30 qq.storie per noi bambini2019 07-30 qq.storie per noi bambini
2019 07-30 qq.storie per noi bambiniGIOVANNI LARICCIA
 
2016 10-17 programma corso matematica felice
2016 10-17 programma corso matematica felice2016 10-17 programma corso matematica felice
2016 10-17 programma corso matematica feliceGIOVANNI LARICCIA
 
2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni
2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni
2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anniGIOVANNI LARICCIA
 
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...GIOVANNI LARICCIA
 
2015 03-12 matematica felice
2015 03-12 matematica felice2015 03-12 matematica felice
2015 03-12 matematica feliceGIOVANNI LARICCIA
 
Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...
Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...
Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...GIOVANNI LARICCIA
 
2014-12-01 curriculum accademico
2014-12-01 curriculum accademico2014-12-01 curriculum accademico
2014-12-01 curriculum accademicoGIOVANNI LARICCIA
 

More from GIOVANNI LARICCIA (20)

Amicizia
AmiciziaAmicizia
Amicizia
 
Amicizia
AmiciziaAmicizia
Amicizia
 
2019 07-30 qq.storie per noi bambini
2019 07-30 qq.storie per noi bambini2019 07-30 qq.storie per noi bambini
2019 07-30 qq.storie per noi bambini
 
2016 10-17 programma corso matematica felice
2016 10-17 programma corso matematica felice2016 10-17 programma corso matematica felice
2016 10-17 programma corso matematica felice
 
2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni
2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni
2015-12-07 Matematica felice a 4-5 anni
 
Spirale.esagonale.ricol3
Spirale.esagonale.ricol3Spirale.esagonale.ricol3
Spirale.esagonale.ricol3
 
Spirale.quadrata.tricolore
Spirale.quadrata.tricoloreSpirale.quadrata.tricolore
Spirale.quadrata.tricolore
 
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
Piccoli matematici crescono…dialogando con gli automi 01 del 2012 04-12 ore 0...
 
Piccoli matematici crescono
Piccoli matematici cresconoPiccoli matematici crescono
Piccoli matematici crescono
 
Qq.storie per noi bambini
Qq.storie per noi bambiniQq.storie per noi bambini
Qq.storie per noi bambini
 
2015 03-12 cristina
2015 03-12 cristina2015 03-12 cristina
2015 03-12 cristina
 
2015 03-12 matematica felice
2015 03-12 matematica felice2015 03-12 matematica felice
2015 03-12 matematica felice
 
Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...
Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...
Presentazione della matematica felice ai genitori della Piccinini del 24 magg...
 
2014-12-01 curriculum accademico
2014-12-01 curriculum accademico2014-12-01 curriculum accademico
2014-12-01 curriculum accademico
 
QQ.01 la qq.storia colore
QQ.01   la qq.storia coloreQQ.01   la qq.storia colore
QQ.01 la qq.storia colore
 
QQ.01 la qq.storia colore
QQ.01   la qq.storia coloreQQ.01   la qq.storia colore
QQ.01 la qq.storia colore
 
QQ.storie per noi bambini
QQ.storie per noi bambiniQQ.storie per noi bambini
QQ.storie per noi bambini
 
Impa-Impa
Impa-ImpaImpa-Impa
Impa-Impa
 
Info capranica 00
Info capranica 00Info capranica 00
Info capranica 00
 
Info capranica
Info capranicaInfo capranica
Info capranica
 

UN CIELO DI STELLE (DI G. CAVALLO)

  • 1. UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di Milano Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea Quadriennale in Scienze della Formazione Primaria UNO STUDIO INTERDISCIPLINARE DELLE COSTELLAZIONI CELESTI CON IPLOZERO E QQ. STORIE Relatore: Chiar. mo Prof. Giovanni LARICCIA Tesi di laurea di: Giada CAVALLO Matricola n. 3700386
  • 3. Sommario Sommario..................................................................................3 Introduzione..............................................................................6 1. Didattica della matematica, ovvero come si insegna la matematica nelle scuole.........................................................10 1.1 L’origine della matematica e della geometria..............................10 1.2 La matematica e la geometria nelle scuole di oggi......................12 1.2.1 Emma Castelnuovo: un nuovo modo di insegnare matematica........16 2. Didattica dell’astronomia, ovvero come si insegna l’astronomia nelle scuole........................................................19 2.1 Le origini dell’astronomia.............................................................19 2.2 Le costellazioni.............................................................................20 2.3 L’astronomia nelle scuole di oggi.................................................23 3. Da cognitivismo al costruzionismo......................................27 3.1 La teoria di Piaget.........................................................................27 3.2 Il costruzionismo di Papert...........................................................29 4. La rappresentazione delle conoscenza...............................33 4.1 Le mappe concettuali e le mappe mentali...................................35 4.2 Software per creare le mappe mentali e concettuali..................39 5. Alcune metodologie didattiche avanzate...........................41 5.1 L’apprendimento per scoperta....................................................41 5.2 L’apprendimento cooperativo.....................................................46 6. La storia di LOGO e i suoi derivati.......................................51 6.1 Iperlogo........................................................................................54 3
  • 4. 6.2 Iplozero.........................................................................................55 6.3 QQ. Storie.....................................................................................58 6.3.1 Daniela Pessina: l’uso di QQ. Storie per creare progetti interdisciplinari..........................................................................................62 7. Due esperienze di intervento didattico..............................66 7.1 Le lezioni universitarie..................................................................66 7.2 Il corso di Vedano Olona..............................................................69 ................................................................................................71 8. Le costellazioni celesti: il progetto didattico......................72 8.1 Premessa......................................................................................72 8.2 I destinatari..................................................................................72 8.3 Gli obiettivi...................................................................................73 8.4 Il progetto didattico.....................................................................74 8.5 Gli strumenti utilizzati..................................................................74 8.5.1 La scheda operativa..........................................................................74 8.5.2 Gli strumenti informatici...................................................................75 8.5.3 Gli strumenti costruiti dai bambini....................................................75 8.6 Le attività didattiche....................................................................79 8.6.1 Primo incontro..................................................................................80 8.6.2 Secondo incontro..............................................................................81 8.6.3 Terzo incontro...................................................................................82 8.6.4 Quarto incontro................................................................................82 8.6.5 Quinto incontro.................................................................................83 8.6.6 Sesto incontro...................................................................................84 8.6.7 Settimo incontro...............................................................................86 9. Io e il LOGO..........................................................................88 Ringraziamenti........................................................................90 Bibliografia..............................................................................91 Testi....................................................................................................91 4
  • 5. Programmi ministeriali.......................................................................94 Sitografia ...........................................................................................94 Appendice 1: Storia dell’astronomia.......................................97 1.1 Origini dell’astronomia.................................................................97 1.2 I babilonesi...................................................................................97 1.3 Gli egizi.........................................................................................98 1.4 I greci............................................................................................98 1.5 I maya...........................................................................................99 1.6 Gli arabi........................................................................................99 1.7 Da Copernico a Galileo...............................................................100 1.8 L’astronomia oggi.......................................................................101 Appendice 2: Planetari ed osservatori..................................102 2.1 Il Planetario “Ulrico Hoepli”.......................................................107 Appendice 3: La costruzione di una costellazione................109 Appendice 4: La costruzione di una costellazione con valore variabile.................................................................................112 Appendice 5: La rotazione di una costellazione con Iplozero ...............................................................................................114 Appendice 6: La rotazione di una costellazione rispetto alla stella Polare...........................................................................116 Appendice 7: Il cielo stellato.................................................119 5
  • 6. Introduzione Questa tesi nasce dall’idea di dimostrare come sia possibile creare un progetto didattico che permetta di integrare in modo interdisciplinare varie materie scolastiche, partendo da un argomento che ha, da sempre, affascinato grandi e piccini: le costellazioni. Per fare tutto questo mi avvarrò del connubio tra due mie passioni: l’astronomia e l’informatica. L’informatica, tramite l’utilizzo di particolari programmi quali Iplozero e QQ. Storie, permetterà ai bambini di scoprire e riscoprire alcuni concetti matematici in modo piacevole ed accattivante. Il lavoro è, sostanzialmente, suddiviso in due sezioni: nella prima parte verranno presentate le conoscenze teoriche che supporteranno la creazione di un percorso didattico, esposto nella seconda parte della tesi, la cui validità verrà valutata durante un periodo di osservazione presso la scuola “Pisacane Poerio” di Milano. Per quanto riguarda la prima sezione, il primo capitolo [Didattica della matematica, ovvero come si insegna la matematica nelle scuole] ed il secondo [Didattica dell’astronomia, ovvero come si insegna astronomia nelle scuole] riprendono, rispettivamente, la didattica della matematica e dell’astronomia. In entrambi sono partita da una panoramica generale sull’origine di queste scienze per, poi, arrivare a capire, grazie allo studio dei Programmi e delle Indicazioni ministeriali, come vengono affrontate queste due discipline nella scuola di oggi. Nel paragrafo finale del primo capitolo è presente un sottoparagrafo [Emma Castelnuovo: un nuovo modo di insegnare matematica], che riguarda il pensiero di Emma Castelnuovo, una delle maggiori innovatrici e ricercatrici nel campo della didattica della matematica. La Castelnuovo afferma, infatti, che per insegnare la matematica è importante partire dal concreto, dall’esperienza di tutti i giorni. Per questo motivo incentiva i suoi studenti a creare, ad esempio, le figure geometriche 6
  • 7. utilizzando delle striscioline di cartone. In questo modo, afferma, gli alunni avranno modo di “toccare con mano” quanto stanno studiando. Per quanto riguarda l’astronomia, invece, è possibile osservare, da uno studio sui libri di testo della scuola primaria, che essa non è insegnata come una vera e propria materia, ma è un argomento che viene affrontato in altre discipline come la geografia e la scienza. In geografia vengono trattati, durante il terzo anno della scuola primaria, argomenti quali l’orientamento ed i punti cardinali, che si ricollegano allo studio di alcune stelle particolari: la stella Polare e la Croce del Sud. In scienze, nel quarto anno, viene studiato il sistema solare. Il terzo capitolo [Dal cognitivismo al costruzionismo], invece, è incentrato su due teorie pedagogiche e, conseguentemente, su due autori: il cognitivismo di Jean Piaget ed il costruzionismo di Seymour Papert. Queste due teorie non sono state scelte casualmente, ma perché permettono di capire come si sviluppa il pensiero del bambino e, quindi, su quali punti dovremmo focalizzarci durante la pianificazione e lo svolgimento del nostro progetto. Inoltre, il costruzionismo di Papert è alla base dello sviluppo dei programmi che utilizzano il linguaggio LOGO, che saranno lo strumento indispensabile per lo sviluppo del percorso didattico. Il quarto capitolo [La rappresentazione della conoscenza] è incentrato su una branca dell’intelligenza artificiale, settore sul quale si sono basati gli studi di Papert: la rappresentazione della conoscenza. Questa disciplina è particolarmente importante anche in campo didattico perché le mappe concettuali e mentali, che sono una delle metodologie della rappresentazione della conoscenza, vengono usate dai bambini per rappresentare, tramite uno schema, la conoscenza circa un determinato argomento. 7
  • 8. Il paragrafo finale di questo capitolo [Software per creare le mappe mentali e concettuali] presenta un elenco di software che possono essere utilizzati all’interno della classe per realizzare delle bellissime mappe mentali o concettuali. Nel quinto capitolo [Alcune metodologie didattiche avanzate] affronterò due particolari metodologie didattiche che vengono utilizzate dagli insegnanti: l’apprendimento per scoperta, introdotto da Bruner negli anni ’60, e l’apprendimento cooperativo, ideato ed applicato da Andrew Bell e Joseph Lancaster tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’‘800. Ho scelto di concentrarmi su queste due metodologie perché sono quelle che verranno maggiormente utilizzate nello svolgimento del percorso didattico. Infine, l’ultimo capitolo [La storia di LOGO e i suoi derivati] riguarda il linguaggio LOGO, linguaggio di programmazione creato da Papert, che è stato utilizzato per creare i programmi Iplozero e QQ. Storie, che i bambini utilizzeranno durante lo svolgimento del progetto didattico. Il paragrafo finale di questo capitolo presenta un sottoparagrafo [Daniela Pessina: l’uso di QQ. Storie per creare progetti interdisciplinari] dedicato a Daniela Pessina, insegnante di informatica da oltre dieci anni nella Scuola canossiana di Monza. La professoressa Pessina ha, infatti, realizzato nelle sue classi, con l’uso di QQ. Storie, dei progetti bellissimi e molto ambiziosi. La riuscita di questi ultimi dimostra chiaramente che questo programma può essere utilizzato all’interno di una progettazione didattica con risultati straordinari. Nella seconda parte vengono, innanzitutto, riportate le osservazioni fatte all’Università Cattolica durante il corso di “Didattica della matematica” e quello svolto nell’Istituto comprensivo “Silvio Pellico” di Vedano Olona, entrambi tenuti dal professor Giovanni Lariccia. 8
  • 9. Il capitolo successivo [Le costellazioni celesti: il progetto didattico] è, invece, dedicato all’esposizione del mio progetto didattico. Inizialmente, sono stati presentati i destinatari, gli obiettivi e gli strumenti che verranno utilizzati, l’ultimo paragrafo, invece, descrive approfonditamente lo svolgimento dei vari incontri per la realizzazione di due percorsi differenti: il primo legato alla realizzazione di un cielo boreale con Iplozero ed il secondo relativo allo studio della mitologia collegata alle costellazioni. Nel capitolo finale [Io e il LOGO], infine, ho esposto il mio rapporto con i programmi LOGO, le difficoltà incontrate e le capacità richieste ad un insegnante che intende realizzare un progetto che sfrutti questi programmi. 9
  • 10. 1. Didattica della matematica, ovvero come si insegna la matematica nelle scuole “La sapienza è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto davanti agli occhi (io dico lo universo). Esso è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangolo, cerchi e le altre figure geometriche.” (Galileo Galilei) Prima di addentrarci in questo capitolo e scoprire come sono state e come vengono insegnate la matematica e la geometria nelle scuole italiane, mi sembra doveroso fermarsi a riflettere sulle origini di queste dottrine. Dove hanno avuto origine queste discipline? Chi furono i primi ad inventarle? 1.1 L’origine della matematica e della geometria La matematica è l’insieme delle scienze che studiano i numeri, le figure geometriche o enti astratti analoghi.1 Tuttavia, a differenza di quanto si possa pensare, tracce di un pensiero matematico si possono trovare fin dai primi insediamenti umani. Le prime evoluzioni di questo pensiero, infatti, hanno portato ai primi raggruppamenti di pietre a cinque a cinque, che prendevano spunto dalle dita delle mani, ma ci sono state tribù che utilizzavano tutte le dita, altre che utilizzavano i quattro interspazi che ci sono tra le dita stesse. 1 Definizione presa dal dizionario italiano I Garzantini. 10
  • 11. A Dolni Vestonice, nella ex Cecoslovacchia, è stato ritrovato, nel 1937, un osso di lupo con 55 tacche risalente a 30.000 anni fa, dove si utilizza un metodo analogo, cioè le tacche sono incise a gruppi di cinque. Questa datazione permette, quindi, di dare alla prima intuizione di numero, oggi documentata, un’età anteriore alla stessa introduzione della ruota e dell’uso dei metalli. Inoltre, i primi riferimenti alla matematica sono precedenti anche all’uso della parola, la quale sviluppò espressioni adeguate solo nel momento in cui si cominciò ad utilizzare raggruppamenti in base dieci. Anche se alcuni studiosi ritengono che la matematica sia nata solo come risposta ai bisogni della vita quotidiana, le ricerche antropologiche propongono un’origine ben diversa. Come afferma A. Seidenberg in The Ritual Origin of Counting: “L’arte del contare è sorta in connessione con i riti religiosi primitivi”. Queste scoperte sono state possibili grazie ai ritrovamenti di disegni, che ben dimostrano come il concetto di numero fosse applicato per misurare il tempo in relazione alle stelle. Anche i contatti con le altre tribù hanno permesso un avanzamento dei concetti matematici. Migliaia di anni sono serviti per poter passare da concetti matematici concreti a concetti astratti; questo ci fa capire come è difficile per noi contemporanei trovare un punto di partenza per introdurre i piccoli alla matematica.2 La geometria, invece, è la scienza matematica che si occupa delle forme nel piano e nello spazio e delle loro mutue relazioni. Si tratta della disciplina più antica create dall’uomo: la sua origine viene fatta risalire all’epoca degli egizi. Infatti, si racconta che a causa delle piene del Nilo, l’estensione delle proprietà terriere egizie variavano e, quindi, dovevano essere ricalcolate ogni anno. Nacque, quindi la necessità di inventare una tecnica di “misura della terra”, che è, poi, il significato originario del termine geometria. 2 ANGIOLETTI V. (2010) 11
  • 12. Un altro importante contributo allo sviluppo della geometria fu la diffusione, nell’antica Grecia, di strumenti quali la riga e il compasso.3 La geometria greca servì anche come base per lo sviluppo della geografia, dell’astronomia, dell’ottica, della meccanica e di altre scienze e tecniche come quella della navigazione. In particolare, per quanto riguarda l’astronomia, sappiamo che Aristarco, nel suo trattato “Sulle dimensioni e le distanze del Sole e della Luna”, applica la geometria dei triangoli per misurare le distanze del Sole e della Luna. 1.2 La matematica e la geometria nelle scuole di oggi Oggi la matematica e la geometria vengono insegnate a partire dalla scuola primaria. Tuttavia, è solo negli ultimi 50 anni che si è cominciato a pensare di migliorare l’insegnamento scientifico per potenziare lo sviluppo tecnologico. In Italia, in particolare, la matematica diventa obbligatoria nella scuola media (attuale scuola secondaria inferiore) nel 1962 e i suoi programmi vengono rinnovati nel 1979. In questi ultimi, infatti, troviamo che: “… l'insegnamento della matematica si propone di: - suscitare un interesse che stimoli le capacità intuitive degli alunni; - condurre gradualmente a verificare la validità delle intuizioni e delle congetture con ragionamenti via via più organizzati; - sollecitare ad esprimersi e comunicare in un linguaggio che, pur conservando piena spontaneità, diventi sempre più chiaro e preciso, avvalendosi anche di simboli, rappresentazioni grafiche, ecc. che facilitino l'organizzazione del pensiero; - guidare alla capacità di progressiva chiarificazione dei concetti e facendo riconoscere analogie in situazioni diverse, così da giungere a una visione unitaria su alcune idee centrali (variabile, funzione, trasformazione, struttura, ...); - avviare alla consapevolezza e alla padronanza del calcolo.” 3 Sembra, tuttavia, che questi strumenti fossero già stati inventati altrove. 12
  • 13. L’educazione alla matematica, e di conseguenza della geometria, invece, entrano a far parte del curriculum della scuola elementare (attuale scuola primaria) solo nel 1985.4 In questi programmi possiamo, infatti, leggere che: “L'educazione matematica contribuisce alla formazione del pensiero nei suoi vari aspetti: di intuizione, di immaginazione, di progettazione, di ipotesi e deduzione, di controllo e quindi di verifica o smentita. Essa tende a sviluppare, in modo specifico, concetti, metodi e atteggiamenti utili a produrre le capacità di ordinare, quantificare e misurare fatti e fenomeni della realtà e a formare le abilità necessarie per interpretarla criticamente e per intervenire consapevolmente su di essa. L'insegnamento della matematica nella scuola elementare è stato per lungo tempo condizionato dalla necessità di fornire precocemente al fanciullo strumenti indispensabili per le attività pratiche. Con il dilatarsi della istruzione si è avuta la possibilità di puntare più decisamente verso obiettivi di carattere formativo.” Gli ultimi interventi, del 2003 e del 2007, insistono su questa impostazione: “… la scuola primaria promuove, nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche, di far apprendere i mezzi espressivi, …. , di porre le basi per l'utilizzazione di metodologie scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo.” (Legge 53 del 18 marzo 2003) “Le conoscenze matematiche, scientifiche e tecnologiche contribuiscono in modo determinante alla formazione culturale delle persone e delle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il "pensare" e il "fare" e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali, concetti e artefatti costruiti dall'uomo, eventi quotidiani. I principi e le 4 Decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104. Programmi didattici per la scuola primaria. 13
  • 14. pratiche delle scienze, della matematica e delle tecnologie sviluppano infatti le capacità di critica e di giudizio, la consapevolezza che occorre motivare le proprie affermazioni, l‘attitudine ad ascoltare, comprendere e valorizzare argomentazioni e punti di vista diversi dai propri. Lo sviluppo di un’adeguata competenza scientifica, matematica, tecnologica di base consente inoltre di leggere e valutare le informazioni che la società di oggi offre in grande abbondanza. In questo modo consente di esercitare la propria cittadinanza attraverso decisioni motivate, intessendo relazioni costruttive fra le tradizioni culturali e i nuovi sviluppi delle conoscenze. ….. la matematica ha uno specifico ruolo nello sviluppo della capacità generale di operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali linguaggi per rappresentare e costruire modelli di relazioni fra oggetti ed eventi. In particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; inoltre contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.” (DM Fioroni - 31 luglio 2007) Leggendo questi enunciati è facile intuire che il pensiero di fondo è che la matematica parte dalla realtà, dal concreto, che serve a sviluppare il ragionamento, che insegna ad essere precisi e rigorosi, che sollecita una verifica delle ipotesi che il bambino stesso crea, che sviluppa una capacità di osservazione e di ascolto, che aiuta a comprendere punti di vista diversi dai propri, … Tuttavia, quando la si vuole insegnare, spesso si riproducono metodologie che in passato i nostri insegnanti hanno utilizzato con noi e che sono in contrasto con quanto affermato dai vari decreti. Infatti, in molte scuole le insegnanti utilizzano ancora il classico schema “spiegazione – esercitazione – verifica”. Le indicazioni ministeriali, invece, parlano dell’importanza di fare esperienza, di imparare a descrivere quello che si è visto, di 14
  • 15. comprendere le descrizioni degli altri, di confrontare i propri punti di vista con quelli dei compagni, di porsi problemi, di fare congetture e di verificarne la validità. Infatti, se la matematica si riduce ad un elenco di concetti, di termini e di regole, gli alunni perderanno interesse e motivazione e la considereranno una materia priva di senso. L’insegnante deve essere in grado di partire da contesti vicini alle esperienze dei bambini e deve saper porre problemi che li coinvolgano e che permettano loro di trovare strategie di risoluzione tramite le quali possano acquisire nuove conoscenze. Il compito dell’insegnante è, quindi, quello di saper scegliere argomenti e situazioni problematiche interessanti per i bambini, di saperli guidare nella scoperta, di favorire la crescita culturale, aiutandoli a riflettere su quello che fanno e su come lo fanno, di saper giudicare l’efficacia o meno delle scelte fatte. Risulta evidente l’importanza che, in questo senso, acquista il metodo didattico: l’insegnante deve saper scegliere, tra l’ampia gamma di metodi che ha a sua disposizione, quello che ritiene più adatto all’argomento ed al contesto classe in cui è inserita. Anche l’insegnamento della geometria, doveva avvenire attraverso l’osservazione della realtà e la risoluzione dei problemi. Proprio questa visione della geometria come esplorazione dell’ambiente, insieme al superamento della visione frammentaria della stessa, sono le innovazioni apportate dai Programmi dell’85. Particolarmente importante è lo spazio dato alle attività di manipolazione per la costruzione di modelli di oggetti, attività che precedono quelle di rappresentazione su carta, prima a mano libera, poi con l’uso di riga, squadra e compasso; si nota, quindi, una particolare attenzione al disegno geometrico. Proprio questa nuova visione della geometria sarà propedeutica all’introduzione, nella scuola media, di una programmazione che tenga conto delle idee introdotte da Emma Castelnuovo. 15
  • 16. 1.2.1 Emma Castelnuovo: un nuovo modo di insegnare matematica Emma Castelnuovo 5 è considerata una delle maggiori innovatrici e ricercatrici nel campo della didattica della matematica. Dopo la guerra, nel 1944, fonda con alcuni amici matematici l’Istituto romano di cultura matematica, dove venivano organizzati corsi universitari di ingegneria e matematica per gli studenti che avevano dovuto lasciare l’università a causa delle leggi razziali. Inoltre, era solita riunirsi ogni sabato pomeriggio con i colleghi di matematica per sollecitarli ad un ripensamento dei programmi e dei metodi di insegnamento. È proprio durante una di queste riunioni che Emma Castelnuovo suscita reazioni molto vivaci parlando di “Un metodo attivo per l’insegnamento della geometria intuitiva”. In seguito alla pubblicazione di questa conferenza è stata chiamata a far parte, dal 1951, della Commission Internationale pour l’Etude et l’Amélioration de l’Enseignement des Math. L’intuizione che ha permesso ad Emma Castelnuovo di operare una trasformazione nell’ambito dell’insegnamento della matematica a scuola deriva, per sua stessa ammissione, dalla lettura de “Gli elementi di geometria” di Alexis-Claude Clairaut. Nella prefazione l’autore afferma che è meglio introdurre concetti matematici e geometrici a partire da ciò che ci circonda, per esempio il calcolo dell’area e del perimetro di un campo. Partendo da ciò Emma Castelnuovo ha costruito un nuovo modo di insegnare la matematica. “Mi sono, perciò, resa conto che l’inizio del corso di geometria nel corso inferiore doveva partire dalla realtà, che non era in generale l’area e il perimetro dei campi, 5 Emma Castelnuovo è nata a Roma il 12 dicembre 1913. Ha studiato presso l’Istituto di matematica dell’Università di Roma , che attualmente è intitolato a suo padre Guido Castelnuovo, dove si è laureata nel 1936 con una tesi di geometria algebrica. Pochi giorni dopo aver vinto il concorso per insegnare nella scuola media viene sospesa dal servizio a causa delle leggi razziali. Durante il periodo di persecuzione degli ebrei ha insegnato nella scuola israelitica, mentre il padre, clandestinamente, teneva corsi universitari di ingegneria per studenti ebrei. Dopo la guerra fu reintegrata ed ha svolto la professione di insegnante di scuola media presso la scuola Torquato Tasso di Roma fino al 1979, anno in cui è andata in pensione. 16
  • 17. ma qualcosa, come dire, di più manuale… ho dato, perciò, agli studenti, a questi ragazzini qualcosa in mano… un materiale semplicissimo che portava a costruire.” 6 Lo scopo di Emma Castelnuovo è, quindi, di “abituare i ragazzi alla ricerca autonoma, proponendosi di sviluppare le possibilità di osservazione, l’intuizione, il senso critico e, in generale, alcune fondamentali attitudini di pensiero”. Per questo motivo, sostiene che con i bambini bisogna affrontare la matematica, ed in particolare la geometria, in modo innovativo e moderno permettendo loro di sperimentare quanto apprendono. L’assioma di fondo è il detto cinese “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. In questo modo si ha una vera e propria inversione del metodo di insegnamento usato fino a quel momento: il bambino deve dapprima osservare (concreto), per poi passare ad esercizi astratti. Per questo motivo matematica e realtà sono molto legate tra loro: i concetti matematici devono essere presi dalla realtà che ci circonda. Un esempio significativo di tutto questo è presente nel libro “Pentole, ombre e formiche”: la stessa Castelnuovo, nella presentazione, afferma che parlerà di un viaggio per soddisfare le curiosità, partendo da qualche teoria suggerita da problemi di pentole, da osservazioni sulle ombre e da riflessioni fatte da una formica pensierosa. Proprio per questo connubio così stretto tra matematica e realtà è naturale parlare di matematica/geometria della realtà e realtà matematica/geometrica. Per favorire tutto questo, Emma Castelnuovo afferma che in matematica bisognerebbe porre particolare attenzione al collegamento tra mano e cervello: l’insegnamento attraverso il costruire e il manipolare oggetti concreti permette ai bambini di apprendere tramite un approccio multisensoriale ed a più livelli. “Quale materiale può essere utile per stimolare gli allievi a studiare geometria? Materiali che siano in grado di costruire loro stessi: utilizzando delle striscioline di 6 Tratta dall’intervista ad Emma Castelnuovo sul tema “Come imparare la geometria?” edita da Treccani Channel 17
  • 18. cartone rigido, dotate di fori agli estremi, si possono collegare tra di loro facendo passare nei fori dei fermacampioni…” 7 La costruzione di oggetti concreti, inoltre, aiuta l’osservazione della realtà “ci si accorge allora camminando sulla strada che le impalcature sono sempre fatte di triangoli; non potrebbero, infatti, essere costruiti con rettangoli o quadrati perché si sposterebbero. Tutto questo certamente prima non si vedeva, cioè si vedeva, ma non si osservava […] adesso è la realtà che ci circonda che sta al primo piano, non si esce e si va in giro senza guardare, senza osservare. L’osservazione che non c’era prima è stata stimolata da una costruzione precedente.” 7 Tratta dall’intervista ad Emma Castelnuovo sul tema “Quali materiali possono usare gli studenti di geometria?” edita da Treccani Channel 18
  • 19. 2. Didattica dell’astronomia, ovvero come si insegna l’astronomia nelle scuole “L’universo non assomiglia a una pietra o a un orologio; piuttosto è simile a una nuvola e a un fiore.” (Ervin Laszlo) Anche in questo capitolo, come già è stato fatto per quello riguardante la didattica della matematica, ho pensato fosse necessario partire dalle origini dell’astronomia per capire meglio perché è una scienza che ha da sempre affascinato molte persone, bambini compresi. 2.1 Le origini dell’astronomia L’osservazione del cielo è stata una delle prime attività a cui si è dedicato l’uomo primitivo. Inizialmente, probabilmente, si trattava solo di un’osservazione curiosa ed affascinata delle miriadi di luci che ogni sera si accendevano nel cielo. Con il tempo, però, ne nasce uno studio che porta gli uomini al rintracciare, nelle disposizioni delle stelle, delle figure familiari di uomini ed animali. Da sempre l’astronomia è collegata alla religione: questo connubio fu, da un lato, molto dannoso per la scienza, perché portò alla nascita di teorie molto fantasiose, ma anche un incentivo al suo sviluppo, perché i sacerdoti vi si dedicarono con grande passione. 19
  • 20. Inoltre, le stelle furono utilissime per le popolazioni dedite alla navigazione: ci si accorse, infatti, che le costellazioni prossime ai poli erano pressoché fisse e quindi ebbero una grandissima importanza nell’orientamento. 2.2 Le costellazioni Come abbiamo già affermato l’osservazione degli astri ha delle origini antichissime: alcuni scritti dimostrano che, già tremila anni prima di Cristo, i movimenti dei pianeti erano ben noti. Si racconta, infatti, della presenza di astronomi di corte in Egitto, Cina ed Europa, che avevano il compito, attraverso l’osservazione di stelle e pianeti, di predire il futuro. In particolare, ci sono giunte testimonianze dell’uccisione, nel 2134 a.C., di due astronomi cinesi, Hi e Ho, perché non avevano previsto il verificarsi di un’eclissi e dell’usanza degli Egizi di osservare Sirio8 per calcolare quando si sarebbe verificata la piena del Nilo. Le costellazioni nascono, come si è già detto, dalla fantasia e dall’immaginazione degli uomini. Tuttavia, proprio per questa loro caratteristica, nel passato ogni popolo ha avuto le sue costellazioni (per esempio la costellazione di Orione per Egizi raffigurava Osiride, il dio dell’oltretomba e della fertilità, mentre per gli alcuni aborigeni australiani rappresenta una canoa). Per questo motivo, intorno al 1930, l’Unione Astronomica Internazionale, ha deciso di fissare a 88 il numero delle costellazioni e ne ha stabilito la denominazione ed i confini.9 Le costellazioni riconosciute sono: Acquario, Altare, Andromeda, Aquila, Ariete, Auriga, Balena, Bilancia, Boote, Bulino, Bussola, Camaleonte, Cancro, Cane 8 Sirio è la stella più luminosa del cielo e si trova nella costellazione del Cane Maggiore. 9 Il risultato è raggiunto grazie ad un importante contributo dato dall’Almagesto di Tolomeo, astronomo di Alessandria d’Egitto, scritto nel II secolo d.C., che elencava 48 costellazioni rimaste quasi immutate fino ai giorni nostri. Inoltre, nel 1543, l’astronomo italiano Alessandro Piccolomini pubblica il De le stelle fisse, il primo atlante celeste moderno, che presenta tutte le mappe delle costellazioni tolemaiche, ad eccezione di quella del Puledro. Alla fine del XVI secolo, vengono introdotte, nell’emisfero occidentale, nuove costellazioni ad opera del navigatore olandese Pieter Dirckz Keyser, mentre la revisione delle costellazioni dell’emisfero australe spetta all’astronomo polacco Johannes Hevelius e francese Louis Lacaille. Tuttavia, soltanto con il tedesco Johann Bayer arriveremo ad avere il primo atlante che riporta le mappe delle costellazioni dell’intera volta celeste: l’Uranometria. 20
  • 21. maggiore, Cane minore, Cani da caccia, Carena, Capricorno, Cassiopea, Cavallino, Cefeo, Centauro, Chioma di Berenice, Cigno, Colomba, Compasso, Corona australe, Corona boreale, Corvo, Cratere, Croce del sud, Delfino, Dorado, Dragone, Ercole, Eridano, Fenice, Fornace, Freccia, Gemelli, Giraffa, Gru, Idra, Idra maschio, Indiano, Leone, Leone minore, Lepre, Lince, Lira, Lucertola, Lupo, Macchina pneumatica, Mensa, Microscopio, Mosca, Ofiuco, Orione, Orologio, Orsa maggiore, Orsa minore, Ottante, Pavone, Pegaso, Perseo, Pesce australe, Pesce volante, Pesci, Pittore, Poppa, Regolo, Reticolo, Sagittario, Scorpione, Scudo, Scultore, Serpente, Sestante, Telescopio, Toro, Triangolo, Triangolo australe, Tucano, Uccello del Paradiso, Unicorno, Vele, Vergine e Volpetta. Esistono, poi, delle costellazioni che vengono definite obsolete, cioè che non sono state riconosciute, ma che hanno avuto una grande importanza storica e si possono trovare ancora nelle carte stellari più vecchie. Alcune di queste costellazioni sono: - la Nave Argo, l’unica costellazione di origine tolemaica a non essere stata riconosciuta ufficialmente. Per le sue grandi dimensioni è stata suddivisa in quattro costellazioni più piccole: la Carena, la Poppa, la Bussola e le Vele; - il Quadrante murale, che è stato inglobato dalle costellazioni di Boote e dell’Orsa maggiore; - l’Ape, che è stata ribattezzata dapprima Mosca australe e, poi, Mosca; - il Gatto e la Civetta, che sono entrate a far parte entrambe della costellazione dell’Idra; - la Vespa, che è stata inglobata nella costellazione dell’Ariete. Le costellazioni si dividono sia per un criterio storico e di importanza sia per la loro posizione nel cielo. Per quanto riguarda la posizione nel cielo troviamo: • 18 costellazioni boreali; • 34 costellazioni equatoriali; • 36 costellazioni australi. 21
  • 22. Secondo il carattere storico e di importanza, invece, possono esser distinte in altri tre gruppi: • le 12 costellazioni dello zodiaco; • le 36 costellazioni elencate da Tolomeo nel suo Almagesto, che oggi sono 38 per la divisione di una di esse (la nave di Argo) in tre costellazioni distinte; • le rimanenti 38, definite in epoca moderna (a partire dal 1600). In particolare, le costellazioni dello zodiaco sono state identificate, intorno al 450 a.C., dai babilonesi. Si tratta delle dodici costellazioni che, in successione, vengono attraversate, in modo apparente, dall’orbita del Sole: l’Ariete, il Toro, i Gemelli, il Cancro, il Leone, la Vergine, la Bilancia, lo Scorpione, il Sagittario, il Capricorno, l’Acquario ed i Pesci. Ancora oggi lo zodiaco viene utilizzato in astrologia, ma senza alcuna base scientifica. Esiste, però, una costellazione che, pur essendo attraversata dal Sole, non è associata a nessun segno zodiacale: si tratta di Ofiuco. Questo è dato dal fatto che, in origine, lo zodiaco è stato suddiviso in segni di uguale ampiezza, ma, a causa della precessione degli equinozi, ossia lo spostamento dell’asse terrestre, i confini delle costellazioni ad essi collegati sono cambiati. Le costellazioni sono, quindi, un insieme di stelle che vengono unite da linee immaginarie per formare animali, oggetti o figure di vario genere. Ma cosa sono le stelle? Le stelle sono dei corpi celesti che brillano di luce propria. Essendo così distanti da noi, sembrano immobili, ma, in realtà, si spostano molto velocemente. Nell’osservazione di una stella si possono tener presenti varie caratteristiche: - distanza: la stella più vicina a noi è il Sole Tuttavia, anche se ad occhio nudo possono sembrare relativamente vicine, per calcolarne la distanza gli astronomi sono stati costretti a ricorrere all’anno luce, ossia l’unità di misura ricavata calcolando la distanza che la luce percorre in un anno; 22
  • 23. - luminosità: questa caratteristica, insieme alla distanza, influenza la “grandezza” di una stella, ossia il suo splendore. Infatti, non necessariamente le stelle più luminose sono anche le più vicine alla Terra. Un esempio di quanto affermato è dato dalla differenza tra Rigel, una stella della costellazione di Orione, che nel cielo appare brillantissima pur trovandosi a 800 anni luce dalla Terra, e da Wolf 35910 , che pur distando dalla Terra solo 8 anni luce (si tratta della terza stella più vicina alla Terra), è quasi invisibile ad occhio nudo. Tra tutte le stelle, comunque, la più luminosa risulta essere Sirio (dopo il Sole, naturalmente!). - colore: il colore di una stella va dal blu al rosso ed è indice della temperatura della stessa. Il Sole, ad esempio, è una stella gialla. Nel cielo, quindi, possiamo trovare stelle blu, con un temperatura maggiore di 30.000°C, stelle blu-bianco, che hanno una temperatura compresa tra 10.500 e 30.000°C, stelle bianche, che vanno dai 7.500 ai 10.500°C, stelle giallo-bianco, con una temperatura compresa tra 6.000 e 7.500°C, stelle gialle, la cui temperatura è compresa tra 5.000 e 6.000°C, stelle arancioni, che hanno una temperatura compresa tra 3.000 e 5.000°C, e stelle rosse, la cui temperatura è di circa 3.000°C. I colori delle varie stelle possono essere percepiti soltanto con un’osservazione molto attenta del cielo notturno. 2.3 L’astronomia nelle scuole di oggi L’astronomia viene inserita per la prima volta, insieme alla geologia, nei curricula della scuola secondaria nel ‘700, come insegnamenti scientifici. 10 I nomi delle stelle risultano spesso strani e particolari: solo le stelle più brillanti e, quindi, visibili ad occhio nudo hanno un nome proprio, che spesso è di origine araba. La denominazione delle altre stelle, invece, è ad opera dell’astronomo Johann Bayer, che decide di classificare le stelle di ciascuna costellazione con una lettera dell’alfabeto greco in ordine di luminosità. Tuttavia, non essendoci abbastanza lettere dell’alfabeto, nacquero dei grandi elenchi, compilati da vari astronomi, in cui le stelle sono identificate con un numero e la sigla del catalogo in cui sono riportate (ad esempio Antares è definita anche Alfa Scorpii, HR 6134, HD 148478, SAO 184415, …) 23
  • 24. La scienza della natura, fino a quel momento, era inserita nell’ambito della matematica sotto il nome generico di “scienza”, ma con i Programmi del 1985 11 viene creato un ambito a se stante che comprende discipline quali: fisica, chimica, biologia, geologia ed astronomia. Per quanto riguarda l’astronomia il testo prevedeva dei chiari riferimenti a nozioni astronomiche di base riguardanti la Terra, il Sole, la Luna e le stelle, che, in questo modo, entravano a far parte del bagaglio culturale dei bambini. Nella sezione relativa alla geografia troviamo il seguente passo: “Il concetto fisico di spazio è anche oggetto di studio delle scienze naturali (astronomia, geologia, ecc.): l'insegnamento della geografia, oltre al concetto fisico di spazio, dedicherà opportuna attenzione ai modi ed agli effetti dell'esperienza degli uomini sul territorio.” Nella sezione relativa alla scienza, invece, troviamo, nell’area relativa agli “obiettivi e contenuti” il riferimento all’astronomia al seguente punto: “Prendendo spunto da problemi relativi alla loro vita di ogni giorno gli alunni saranno sollecitati a intraprendere attività di indagine al fine di acquisire conoscenze di base relative: […] • alla Terra e al suo posto nell'Universo” Più avanti, nell’area denominata “Ambienti e cicli naturali” troviamo altri accenni ad un’astronomia di base: “Vanno infine osservati e considerati il movimento apparente del sole e le sue variazioni nell'arco dell'anno (anche con lo studio delle ombre e la costruzione di meridiane), la misura del tempo, il movimento e le fasi della luna, il cielo stellato e il movimento apparente delle stelle.” 11 Decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104. Programmi didattici per la scuola primaria 24
  • 25. Una nota di merito di questi Programmi è, a mio avviso, data dal fatto che nell’ultimo paragrafo dedicato alla scienza troviamo le “Indicazioni didattiche”. Si tratta di linee guida che possono aiutare e supportare gli insegnanti in particolari programmi. Nello specifico vengono espresse norme metodologiche, pedagogiche e didattiche proprie delle scienze. Queste indicazioni hanno una duplice funzione: da un lato mettono in evidenza l’importanza dell’attuazione di un metodo scientifico, dall’altro lasciano libertà all’insegnante di adattare quanto espresso ai contenuti ed al contesto in cui si trovano. Con la riforma Moratti del 2003 l’astronomia viene rimossa dalle Indicazioni Nazionali, ad eccezione di un vago riferimento al globo. Nel 2007 alcune attività legate all’astronomia vengono reinserite nelle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione.12 Nella sezione “Obiettivi di apprendimento al termine della classe quinta della scuola primaria”, e più in particolare alla voce “Osservare e sperimentare sul campo”, troviamo il seguente punto: “- Proseguire le osservazioni del cielo diurno e notturno su scala mensile e annuale avviando, attraverso giochi col corpo e costruzione di modelli tridimensionali, all’interpretazione dei moti osservati, da diversi punti di vista, anche in connessione con l’evoluzione storica dell’astronomia.” A differenza di quanto affermato nei Programmi del 1985 troviamo elementi innovativi: non si fa più riferimento all’osservazione di alcuni fenomeni celesti, ma si chiede di spiegarli ai bambini tramite giochi con il corpo e costruzione di modelli tridimensionali. Inoltre, gli alunni devono imparare ad interpretare quanto osservato tenendo presente il maggior numero di punti di vista e intrecciando quanto imparato con la storia dell’astronomia. 12 MPI, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione 25
  • 26. Inoltre, nella sezione “Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado” troviamo il seguente punto: Astronomia e Scienze della Terra • Proseguire l’elaborazione di idee e modelli interpretativi dei più evidenti fenomeni celesti attraverso l’osservazione del cielo diurno e notturno nel corso dell’anno. • Interpretarne i fenomeni osservati anche con l’aiuto di planetari e/o simulazioni al computer. In particolare precisare l’osservabilità e l’interpretazione di latitudine e longitudine, punti cardinali, sistemi di riferimento e movimenti della Terra, durata del dì e della notte, fasi della luna, eclissi, visibilità e moti osservati di pianeti e costellazioni. • Continuare ad approfondire la conoscenza, sul campo e con esperienze concrete, di rocce, minerali, fossili per comprenderne la storia geologica ed elaborare idee e modelli interpretativi della struttura terrestre. Considerare il suolo come ecosistema come una risorsa e comprendere altresì che la sua formazione è il risultato dei climi e della vita sulla terra, dei processi di erosione – trasporto – deposizione. Correlare queste conoscenze alle valutazioni sul rischio geomorfologico, idrogeologico, vulcanico e sismico della propria regione e comprendere la conseguente pianificazione della protezione da questo rischio. • Conoscere i meccanismi fondamentali dei cambiamenti globali nei sistemi naturali e nel sistema Terra nel suo complesso, e il ruolo dell’intervento umano nella trasformazione degli stessi. Tuttavia, in queste Indicazioni non c’è nessun riferimento circa le metodologie, le tecniche, le strategie didattiche e le pratiche che l’insegnante deve adottare per lo svolgimento del programma. Fermo restando che ogni scuola, ed in particolare ogni insegnante, può adottare il metodo didattico che ritiene maggiormente idoneo, è pur vero che le Indicazioni rimandano ad una preparazione didattica che non tutte le insegnanti hanno acquisito ed adeguatamente sperimentato. 26
  • 27. 3. Da cognitivismo al costruzionismo “Nulla egli sappia per averlo udito da voi, ma solo per averlo compreso da sé: non impari la scienza: la scopra. Se nella sua mente giungerete a sostituire l’autorità alla ragione, non ragionerà più; non sarà che lo zimbello dell’opinione altrui.” (Jean-Jacques Rousseau) In questo capitolo cercherò di spiegare quali sono le teorie sulle quali baserò il progetto didattico riportato nella seconda parte della tesi. Partiremo, quindi, dal cognitivismo di Piaget per arrivare alla teoria costruzionistica di Papert. 3.1 La teoria di Piaget Il primo a preoccuparsi di studiare lo sviluppo cognitivo del bambino è stato Jean Piaget 13 , uno psicologo svizzero nato a Neuchâtel nel 1986. Secondo lo psicologo, l’intelligenza è strettamente legata all’adattamento dell’organismo all’ambiente: l’individuo cerca di trovare un equilibrio tra le strutture mentali e i dati ambientali con i quali entra in contatto. In questo modo il bambino elabora delle strutture mentali che sono in progressiva formazione e trasformazione. Piaget afferma che “le conoscenze non derivano né dalla sola esperienza degli oggetti né da una programmazione innata e preformata nel soggetto, ma da costruzioni successive con costante elaborazione di strutture nuove”.14 Ciò significa che le strutture mentali non si possono definire né innate né acquisite perché sono esito di una costruzione. 13 Jean Piaget è considerato uno dei più influenti teorici della psicologia dello sviluppo del ventesimo secolo. Inoltre, fu anche uno dei primi autori ad occuparsi delle concezioni astronomiche infantili. Ha, infatti, dimostrato come le convinzioni dei bambini circa i grandi eventi naturali (come la pioggia, il tuono, il movimento degli astri, …) traggono la loro origine da un pensiero fortemente egocentrico. 14 PIAGET J. (1975) 27
  • 28. Inoltre, sostiene che: • ogni struttura, dalla più semplice alla più complessa, va intesa come una totalità (non scomponibile in parti), è plastica e subisce trasformazioni; • nel corso dell’evoluzione le strutture mentali possono essere distribuite su alcuni livelli fondamentali (teoria degli stadi); • esse emergono le une dalle altre per cui la struttura superiore include quella inferiore, da cui ha origine e la supera, a un livello di equilibrio più stabile. Inoltre, l’adattamento è composto da due processi: - assimilazione, che consiste nell’acquisizione di nuove informazioni e nel tentativo di adattarle all’interno di schemi preesistenti; - accomodamento, che consiste nel cambiamento o nella modifica di schemi preesistenti finalizzati all’adattamento alla nuova informazione. Quando la percezione del mondo dell’individuo si adatta agli schemi esistenti, si instaura un equilibrio che non porta il soggetto a cambiare o rivedere le proprie idee. Se, invece, gli schemi esistenti cozzano con la nuova esperienza, avvengono dei disequilibri che sono la forza motrice dello sviluppo: la successione degli stadi di sviluppo cognitivo è caratterizzata, infatti, da una successione di livelli diversi di equilibrio fra assimilazione e accomodamento. La teoria degli stadi di sviluppo di Piaget prevede tre diversi periodi di sviluppo cognitivo, che possono essere ulteriormente scomposti in fasi o sottostadi : - periodo dell’intelligenza senso-motoria (0-2 anni) • esercizio dei riflessi (0-2 mesi) • adattamenti non innati (2-4 mesi) • reazioni circolari primarie (4 mesi) • reazioni circolari secondarie (4-8 mesi) • coordinazione degli schemi secondari e la loro applicazione a nuove situazioni (8-12 mesi) • reazioni circolari terziarie (12-18 mesi) • gioco simbolico e linguaggio (18-24 mesi) 28
  • 29. - periodo dell’intelligenza rappresentativa (2-11/12 anni) • periodo pre-operatorio (2-7/8 anni) • periodo operatorio concreto (7/8-12 anni) - periodo operatorio formale (oltre gli 11/12 anni) Da quanto affermato, si evince che Piaget era un cognitivista; viene, infatti, considerato il fondatore dell’epistemologia genetica, ovvero dello studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla conoscenza nel corso dello sviluppo. Tuttavia, le sue teorie ed alcune sue affermazioni sono state prese come base anche per lo sviluppo della teoria costruttivista, per esempio l’affermazione “capire vuol dire inventare” oppure “la conoscenza è un processo di costruzione continua”.15 Per questo motivo Piaget è considerato anche “padre” del costruttivismo.16 3.2 Il costruzionismo di Papert Seymour Papert17 è un matematico, informatico e pedagogista sudafricano e fu allievo di Piaget fino agli anni '60 quando entra a far parte del MIT 18 per lavorare con un gruppo, in particolare con Marvin Minsky, che si occupa di intelligenza artificiale. 15 PIAGET J. (1970) 16 Il costruttivismo è una posizione filosofica e epistemologica che considera la nostra rappresentazione della realtà, cioè il mondo in cui viviamo, come il risultato dell'attività costruttrice delle nostre strutture cognitive. Ha avuto un’influenza notevole nella ricerca nel campo delle scienze dell’educazione attraverso gli anni ’80 e ’90 e le sue basi sono state fornite dal lavoro di Piaget, anche se la teoria costruttivista applicata all’apprendimento trova le sue radici nel costruttivismo personale di Novak e Von Glasersfeld. Sono state identificate diverse correnti del costruttivismo in studi distinti riguardanti l’educazione, la società, le scienze e la tecnologia ed all’interno della corrente educativa esistono diverse scuole costruttiviste con differenti implicazioni sulla pratica didattica. La corrente costruttivista, a differenza di quella cognitivista, vede la conoscenza come una entità costruita interamente dal soggetto che acquisisce conoscenze e abilità attraverso un processo di apprendimento calato nel contesto culturale in cui si trova. 17 Seymour Papert è uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale. È riconosciuto come un grande pensatore sui modi di cambiare l’apprendimento grazie ai computer. 18 Massachussets Institute Technology di Boston. È uno dei centri di ricerca che maggiormente si occupa di sviluppo tecnologico e degli effetti che questo ha sulle dinamiche culturali della società odierna. 29
  • 30. È proprio durante questi anni che Papert introduce il concetto di costruzionismo.19 Per capire questo concetto è possibile partire da un aforisma africano “Se un uomo ha fame gli puoi dare un pesce, ma meglio ancora è dargli una lenza e insegnargli a pescare". A questo Papert aggiunge la seguente considerazione: “Naturalmente, oltre ad avere conoscenze sulla pesca, è necessario anche disporre di buone lenze, ed è per questo che abbiamo bisogno di computer e di sapere dove si trovano le acque più ricche...". Infatti, secondo Papert, il processo di apprendimento è un processo di costruzione di rappresentazioni o modelli mentali, più o meno corretti e funzionali, del mondo con cui si interagisce. Rispetto al costruttivismo, quindi, il costruzionismo introduce il concetto di artefatti cognitivi, ovvero oggetti e dispositivi che facilitano lo sviluppo di specifici apprendimenti. In altre parole, l'essere umano, a prescindere dall'età, ha bisogno di avere a disposizione materiali concreti per permettere alla conoscenza acquisita di trovare un riscontro nella realtà. Per questo motivo, Papert afferma che per evitare che un bambino trovi difficoltà nell’acquisizione di alcune conoscenze è necessario creare dei materiali che rendano i concetti da imparare semplici e concreti. Inoltre, con la sua metafora sottolinea l’importanza del computer come supporto all’insegnamento ed all’apprendimento. Lo stesso Papert afferma che l’idea di associare l’uso del computer ai bambini nasce durante le nottate passate al MIT: “Si trattava di un puro e semplice gioco. Scoprivamo ciò che si poteva fare con un computer, ci sentivamo come dei neonati alla scoperta del mondo. Fu in questa situazione che cominciai a pensare ai computer e ai bambini. Io giocavo come un bambino e sperimentavo una vulcanica esplosione di creatività. Perché allora un computer non avrebbe potuto offrire a un bambino lo stesso tipo di esperienza?” 19 Seymour Papert delinea il termine costruzionismo nel documento intitolato “Constructionism: A New Opportunity for Elementary Science Education” e lo definisce come: "Una parola che indica due aspetti della teoria della didattica delle scienze alla base di questo progetto. Dalle teorie costruttiviste in psicologia prendiamo la visione dell'apprendimento come una ricostruzione piuttosto che come una trasmissione di conoscenze. Successivamente estendiamo il concetto dei materiali manipolativi nell'idea che l'apprendimento è più efficiente quando è parte di un'attività come la costruzione di un prodotto significativo". 30
  • 31. Il computer diventa una macchina per simulare; a questo scopo realizza il programma LOGO, un linguaggio di programmazione che prevede l’utilizzo di liste e della grafica della tartaruga, creata da Pascal. Questo programma riprende l’assunto di Piaget “capire vuol dire inventare”. Tramite l’uso del computer nell’educazione, Papert cerca di perseguire l’obiettivo di “insegnare in modo tale da offrire il maggiore apprendimento col minimo d’insegnamento. Insiste, anche, su alcuni aspetti caratteristici del costruzionismo che possono essere riassunti sotto forma di principi: • il protagonismo dello studente, attraverso il quale viene incoraggiato lo sviluppo delle abilità cognitive e metacognitive dell’allievo e non viene insegnato alcunché; • la celebre “inversione epistemologica”, che sostituisce l’“imparare per usare” con l’“usare per imparare”; • la rivalutazione del pensiero operatorio concreto su quello formale logico- deduttivo. Sono le esperienze concrete e casuali che, secondo Papert, hanno originato anche le teorizzazioni di tipo scientifico; • l’apprendimento “sintonico” coinvolge il soggetto a livello corporeo nell’apprendimento “corpo-sintonico”, che nasce dall’armonizzazione dell’orientamento spaziale del proprio corpo con quello della tartaruga, soprattutto con l’acquisizione di visioni pluriprospettiche sullo stesso problema o dominio; • i “micromondi”20 sono “palestre cognitive”, nelle quali si ricercano incessantemente problemi e soluzioni emergenti attraverso il problem finding e il problem solving; • l’epistemologia prevalente è quella “dell’indeterminatezza gestita”, che favorisce l’esperienza meta cognitiva descrivibile come “avere vagamente ragione” in contrapposizione a quella dello “sbagliare con precisione”. Si 20 Per “micromondo” si intende la riproduzione, effettuata su computer, del comportamento di un sistema reale. In un “micromondo” si possono esplorare molteplici alternative, effettuare la verifica di ipotesi e intuizioni, provare a sperimentare quali azioni possono avere maggiori probabilità di riuscita nella soluzione di un problema, rispetto ad altre che sembrano più scontate. 31
  • 32. tratta di un procedere analogico, per aggiustamenti continui, a discapito della logica dicotomica digitale del vero o falso; • tale modo di procedere si configura anche come un’apologia dell’errore, che consolida un’arte dell’apprendimento (matetica) e descrivibile come “apprendere riflettendo sui propri errori”.21 Oltre a questi aspetti del costruzionismo se ne può aggiungere un altro basato sulla conoscenza che deriva dal gruppo, dalla società. Da questo ne consegue che la conoscenza cresce tanto meglio e tanto più, quanto più la si condivide. Quindi, a differenza di Piaget e della cultura del tempo, Papert non focalizza più l’attenzione sugli stadi di sviluppo cognitivo, ma sul contesto in cui si apprende. La classe funziona come comunità di pratiche scientifiche in cui i bambini comunicano e condividono le loro idee sia che siano giuste sia che siano sbagliate. Discutendo ognuno apprende dal compagno. Le idee proposte possono essere valide o meno, ma comunque tutti gli allievi partono da uno stesso piano: ogni idea ha la stessa dignità. In quest'ambiente, il docente si trasforma in animatore della comunità, promotore di attività in cui i bambini progettano e imparano esplicitando e discutendo teorie sul mondo con cui interagiscono. Ne deriva che nelle didattiche proposte da Papert, la gestione dell’errore ha grande importanza: infatti, la sua idea è che l'unica maniera per imparare in modo significativo sia quello di prendere coscienza dei propri errori. Compito dell'insegnante è, quindi, anche quello di guidare il bambino nel caso di errore. 21 CAPPONI M. (2009) 32
  • 33. 4. La rappresentazione delle conoscenza “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.“ (Dante Alighieri) La rappresentazione delle conoscenze (o knowledge representation) è una branca dell’intelligenza artificiale, di cui, come abbiamo visto, si occupava Papert. Il suo compito è quello di formalizzare un linguaggio per rappresentare e memorizzare la conoscenza in modo astratto. In particolare, nell’intelligenza artificiale, la rappresentazione delle conoscenze serve per consentire ai sistemi esperti di organizzare l’esperienza nel corso del tempo e di consultare velocemente le basi di conoscenza. In sostanza la rappresentazione delle conoscenze viene usata nei computer per elaborare programmi che simulino il comportamento intelligente umano. Per permettere che ciò avvenga i metodi di rappresentazione delle conoscenze devono utilizzare tre livelli: - associazioni; - relazioni tra proposizioni; - strategie per applicare le regole. Il primo livello, che è il più basso, permette di associare alcuni elementi a predicati per formare delle proposizioni. Ad esempio, nella proposizione “fumare è la causa del cancro al polmone” i nostri elementi sono “fumare” e “cancro al polmone”, mentre il predicato è “causa del”. Al secondo livello queste proposizioni vengono collegate tra loro da un insieme di regole, chiamate regole di inferenza. L’inferenza è un processo che permette, quindi, di partire da due o più proposizioni per arrivare ad una proposizione conclusiva. Ad esempio, SE A è vero E B è vero ALLORA (A E B) è vero. 33
  • 34. Al livello più alto troviamo, infine, la strategia che permette di controllare l’ordine in cui le regole di inferenza si devono applicare all’insieme di regole che descrivono una certa situazione.22 Tra i metodi di rappresentazione delle conoscenze i due che ancora oggi vengono considerati i più importanti, anche se in passato erano considerati alternativi ed ora sono considerati complementari, sono: - Metodo dichiarativo: la conoscenza è rappresentata tramite la descrizione delle proprietà di oggetti e concetti (per es. la retta è un insieme di punti); - Metodo procedurale: la conoscenza viene rappresentata tramite l’indicazione sulla procedura per ottenerla. Ogni singolo passo è analizzato nel dettaglio (per es. la retta si ottiene muovendo una penna da un punto A ad un punto B su una riga). Se ne deduce, quindi, che il primo metodo è più breve, mentre il secondo è più specifico e dettagliato. Gli schemi più comuni della rappresentazione delle conoscenze sono, sostanzialmente, i seguenti: - linguaggi formali; - alberi decisionali; - sistemi di produzione; - calcolo dei predicati; - reti semantiche. Particolarmente importanti, al fine del progetto che esporrò nella seconda parte della tesi, sono le reti semantiche. Si tratta di mappe formate da vertici, che rappresentano concetti, e archi, che rappresentano le relazioni semantiche tra i concetti. Questi tipi di mappe sono state sviluppate per i calcolatori da Richard H. Richens nel 1956 come un'interlingua per la traduzione automatica dei linguaggi 22 BISHOP P. (1999) 34
  • 35. naturali. Dagli anni sessanta agli ottanta, poi, le reti semantiche sono state sviluppate all'interno di ipertesti. Anche i programmi basati sul LOGO, che verranno utilizzati durante il progetto, permettono di creare dei collegamenti grazie all’utilizzo delle reti semantiche. Le reti semantiche sono anche una modalità di rappresentazione dell’organizzazione dei concetti nella memoria a lungo termine. In ambito didattico, tuttavia, vengono definite mappe concettuali e vengono usate dai bambini per rappresentare, in un grafico, la loro conoscenza intorno ad un argomento. 4.1 Le mappe concettuali e le mappe mentali A questo proposito è necessario fare una distinzione tra mappe concettuali e mappe mentali, per evitare di creare confusione. Questi due tipi di mappe, infatti, si differenziano per strutturazione, per tipo di realizzazione e per ambito di utilizzo. Le mappe mentali sono una forma di rappresentazione grafica del pensiero. Vengono teorizzate, negli anni ’70, dal cognitivista Tony Buzan23 a partire da alcune riflessioni sulle tecniche per prendere appunti. Le mappe mentali presentano varie caratteristiche: • la struttura è di tipo gerarchico, cioè l’elemento centrale è collegato ad elementi di primo livello, i quali possono essere collegati ad elementi di secondo livello,… Tuttavia, l’associazione gerarchica che si viene a creare non è assoluta, ma di contesto, cioè non è presente nessun vincolo di inclusione; • i nodi si sviluppano a raggiera a partire da un argomento centrale; 23 Tony Buzan è uno psicologo inglese del ‘900. Ha scritto numerosi libri sull'apprendimento, il cervello e la memoria e si è occupato, in particolare, delle mappe mentali. Sull'argomento ha scritto numerosi libri ed ha sviluppato un software con il quale poterle creare sul proprio computer, rendendole in questo modo uno strumento di pubblico dominio. E' il fondatore del World Memory Championship, in cui centinaia di "atleti della memoria" provenienti da tutto il mondo si sfidano in dieci "discipline" diverse di memorizzazione. 35
  • 36. • la logica è associazionista, cioè ogni elemento è connesso gerarchicamente con quello che lo precede; • viene data grande enfasi agli aspetti iconici, simbolici e grafici in genere. Lo scopo di una mappa mentale è di permettere la memorizzazione e l’annotazione in chiave personale. Per questo motivo, Buzan afferma che esse devono permettere l’evocatività: tutte le mappe mentali devono essere piene di immagini fantasiose e colorate sia per rendere gradevole la rappresentazione sia per stimolare l’emisfero cerebrale destro.24 Inoltre, gli elementi devono essere descritti con parole-chiave per permettere la nascita di nuove associazioni. Per realizzare una mappa mentale è, quindi, necessario: • partire da un argomento centrale che viene evidenziato tramite un disegno; • sviluppare i collegamenti con parole-chiave; • aggiungere rami secondari con spessori e colori diversi, tenendo presente che i concetti più importanti devono essere situati vicino al centro; • utilizzare immagini, colori e codici per rendere personale la mappa. I vantaggi dell’utilizzo di una mappa mentale in ambito didattico sono: • il centro e l’idea principale sono meglio definiti; • l’importanza relativa di ogni idea è ben definita e dipende dalla sua distanza dal centro. Le idee più importanti sono più vicine al centro; • sono facilmente riconoscibili i collegamenti fra concetti chiave, favorendo il ripasso ed il ricordo; 24 Il cervello è diviso, nella sua parte anteriore, in due emisferi: l’emisfero destro e quello sinistro, i quali presentano significative differenze funzionali. La parte sinistra domina le funzioni che permettono il linguaggio, mentre la destra è caratterizzata dalla capacità di percepire in modo globale un quadro, una mappa o un insieme di immagini, cogliendo i rapporti presenti tra gli elementi che li compongono. Il ruolo dominante dell' emisfero sinistro nei processi linguistici, sia scritti che orali, potrebbe erroneamente far pensare che questa zona abbia funzioni più importanti o "elevate" rispetto all' emisfero destro: numerosi studi hanno dimostrato, invece, come i due emisferi cerebrali presentino differenti specializzazioni, tutte fondamentali nella realizzazione dei processi cognitivi e nella costruzione del pensiero in senso lato. 36
  • 37. • il tipo di struttura della mappa favorisce l’aggiunta di informazioni e collegamenti senza cancellature disordinate e aggiunte insufficienti; • la forma aperta favorisce la creatività; • l’utilizzo di immagini e colori aiuta il ricordo e rende lo studio piacevole ed estremamente produttivo; • creare una mappa obbliga necessariamente lo studente a sviluppare capacità di comprensione e sintesi; • la mappa attiva il cervello a tutti i livelli, rendendolo più attento e più abile a ricordare; • la fase di ripasso è semplice, rapida e produttiva; • l’uso di concetti chiave e mappe mentali permette di risparmiare tempo rispetto ai metodi di studio tradizionali e migliora la qualità e la produttività del tempo dedicato all’apprendimento. Le mappe concettuali, invece, sono state teorizzate e proposte come strumento didattico da Novak e Gowin negli anni ’80 sulla base delle teorie di apprendimento significativo di Ausubel.25 Le caratteristiche essenziali di una mappa concettuale, secondo Novak, sono le seguenti: • è costituita da nodi concettuali, ciascuno dei quali rappresenta un concetto elementare e viene descritto con un’etichetta apposta ad una sagoma geometrica; • i nodi concettuali sono collegati mediante delle relazioni di tipo connessionista: in genere vengono rappresentate come frecce orientate e dotate di un'etichetta descrittiva (in genere un predicato), che permettono di creare una proposizione; 25 “L’apprendimento significativo è alla base dell’integrazione costruttiva di pensieri, sentimenti e azioni e induce empowerment, finalizzato all’impegno e alla responsabilità”. 37
  • 38. • la struttura complessiva è di tipo reticolare e inclusivo, cioè gli argomenti vanno dal generale al particolare, oppure dal sovraordinato al sottordinato (quindi potrebbe non presentare un "preciso punto di partenza"). Per realizzare una mappa concettuale è bene tener presenti alcuni accorgimenti: • individuare chiaramente la "domanda focale", ovvero il tema che si sta descrivendo e che circoscrive l'ambito di analisi; • svilupparla, per quanto possibile, dall'alto verso il basso, considerando le relazioni trasversali un’eccezione; • adottare una logica di realizzazione di tipo connessionista: prima avviene l'identificazione dei concetti, poi la creazione delle relazioni associative tra di essi; • riuscire a collegare i diversi argomenti in modo chiaro e corretto. A livello scolastico, tuttavia, viene usata un’evoluzione delle mappe concettuali: le mappe “strutturali”. Si tratta di mappe che permettono di rappresentare le relazioni che si stabiliscono tra i concetti principali di un’unità di apprendimento. L’uso dell’aggettivo strutturale è dovuto alla caratteristica di sintetizzare e mostrare la struttura dell’informazione. Viene, quindi, utilizzata dagli studenti come materiale di studio, per memorizzare con maggiore efficacia. Tra i vantaggi dell’utilizzo delle mappe concettuali in ambito didattico troviamo: • toglie l’informazione che è necessaria per la comunicazione, ma ingombrante e limitativa per l’apprendimento; • identifica gli elementi da apprendere; • permette la gestione della conoscenza in modo attivo e diretto; • facilita il ragionamento e l’analisi, fondamentali nell’attività di apprendimento; • facilita e stimola il raggiungimento di conclusioni, relativamente ovvie e non ovvie; 38
  • 39. • orienta e mantiene l’attenzione dello studente; • presenta la conoscenza in modo significativo; • stimola lo sviluppo di una comprensione olistica dell’argomento trattato: evidenzia come i termini, in se stessi, non hanno valore e che la loro contestualizzazione è relativa, dinamica e variabile; • rende possibile l’integrazione della nuova conoscenza con la conoscenza precedentemente rappresentata. 4.2 Software per creare le mappe mentali e concettuali Sono molti i software che danno la possibilità di creare mappe mentali e concettuali. Per quanto riguarda le mappe mentali la sfida di introdurre i principi di Buzan nei software è stata, in un primo momento, ardua. Tuttavia, oggi sono presenti sul mercato diversi programmi che permettono di creare mappe mentali. I principali sono: - iMindMap, il software lanciato e promosso dallo stesso Buzan. Il programma permette di realizzare mappe mentali molto sofisticate dal punto di vista grafico seguendo tutti gli accorgimenti proposti dal loro ideatore; - FreeMind è un programma gratuito con modalità opensource. Ha una grafica piuttosto spartana, ma è disponibile per qualunque sistema operativo che supporti il linguaggio Java; - Cayra è un altro software totalmente gratuito. La differenza da FreeMind risiede nella possibilità di realizzare delle mappe mentali ordinate e colorate così come indicato dallo stesso Buzan. 39
  • 40. Per quanto riguarda le mappe concettuali, invece, i software più conosciuti sono i seguenti: - IHMC Cmap Tools, è un programma gratuito usato in ambito educativo disponibile per diversi sistemi operativi. Permette di creare mappe concettuali elaborate e visualmente significative. Inoltre, le mappe possono essere condivise ed è possibile collaborare alla loro realizzazione tramite una connessione in rete locale o Internet; - XMind è un programma opensource particolarmente interessante e promettente. La grafica è abbastanza curata, i comandi sono semplici e intuitivi ed è possibile installarlo su qualunque sistema operativo che supporti il linguaggio Java. Esistono due versioni: una completamente gratuita e un'altra a pagamento, ma con funzionalità estese. Il vantaggio di questo programma consiste nella possibilità di condividere gratuitamente le proprie mappe mentali online. Sono stati realizzati anche due bellissimi software, Knowledge Manager e Conception, che permettono la realizzazione sia di mappe mentali che di mappe concettuali. Infatti, aprendo il programma si aprirà un menù che propone diversi tipi di rappresentazione della conoscenza ed, in base alla nostra scelta, l’interfaccia assumerà particolari caratteristiche e funzioni specifiche. L’ideazione di tali programmi è significativa perché: • evidenzia una distinzione tra tipi di rappresentazione della conoscenza; • supera il dibattito che si è venuto a creare contrapponendo, anche in campo didattico, questi due tipi di rappresentazioni; • permette all’utente di scegliere la rappresentazione che meglio si adatta ai suoi bisogni, scopi. 40
  • 41. 5. Alcune metodologie didattiche avanzate “L’apprendimento è, tra l’altro, un processo interattivo in cui le persone imparano l’una dall’altra, e non solo attraverso il narrare e il mostrare; è nella natura delle culture umane formare comunità in cui l’apprendimento è frutto di uno scambio reciproco.” (Bruner) Le metodologie didattiche che vengono maggiormente utilizzate da un’insegnante sono: lezione frontale, lavoro di gruppo, cooperative learning (o apprendimento cooperativo), apprendimento per scoperta, didattica laboratoriale, brain storming, circle time, gioco di ruolo e simulazione, debriefing, problem solving. In questo capitolo ho deciso di focalizzare la mia attenzione su due di queste tecniche: l’apprendimento per scoperta e l’apprendimento cooperativo. Questa decisione non è casuale, ma data dal fatto che durante la sperimentazione, che illustrerò nella seconda parte della mia tesi, queste tecniche di insegnamento saranno predominanti. 5.1 L’apprendimento per scoperta L’apprendimento per scoperta è una tecnica di apprendimento attiva. Oggi, vengono usate innumerevoli altre diciture per definirlo, per es. apprendimento per ricerca, esplorativo, autonomo. Tuttavia, la dicitura “apprendimento per scoperta” è stata introdotta per la prima volta negli anni ’60 da Jerome Bruner.26 26 Jerome Bruner è un pedagogista e psicologo cognitivista statunitense nel ‘900. Dal 1950 è professore di psicologia alla Harvad University. Inizialmente, si occupa di percezione, per poi passare alla psicologia sociale e tornare, successivamente, allo studio dei processi cognitivi, in particolare quelli infantili. 41
  • 42. Questo pedagogista affermava che “Nella maggior parte dei casi la scoperta, sia che venga effettuata da uno scolaretto o da uno scienziato, consiste in un riordinamento o in una trasformazione delle nozioni possedute, in modo da consentire di spingersi al di là di esse, verso nuovi concetti. In altre parole, scoprire significa trovare la struttura più adatta, il significato più profondo. In secondo luogo, riflettiamo adesso sui vantaggi che il fanciullo trae dall‘apprendere attraverso le proprie scoperte. Quei vantaggi si rivelano sotto forma di maggiore potenzialità intellettuale, maggiore ricompensa psicologica, migliore tecnica dell‘indagine e affinamento dei processi mnemonici. Affinché il fanciullo sviluppi la propria potenzialità intellettuale, occorre che venga incoraggiato a scoprire rapporti e regolarità nell’ambiente che lo circonda. Per far ciò egli deve essere armato della sensazione che vi è qualcosa da scoprire e che deve trovare da sé il modo di effettuare la scoperta.”27 Dall’estratto è ben visibile la visione di Bruner: l’apprendimento per scoperta non implica necessariamente l’acquisizione di nuove informazioni, ma può coinvolgere nozioni che la persona già possiede e che, alla luce di nuove informazioni, vengono rielaborate. Proseguendo, Bruner distingue tra un insegnamento in forma enunciativa, in cui l’alunno è in posizione di ascolto, e un insegnamento in forma ipotetica, in cui l’alunno prende parte attivamente alle esposizioni ed alle formulazioni, e sottolinea che soltanto nel secondo caso l’allievo può essere incoraggiato alla scoperta. Infine, riconosce quattro benefici legati all’apprendimento per scoperta: • L’aumento della potenza intellettuale (“porre l’accento sulla scoperta, in realtà, aiuta il bambino ad apprendere la varietà delle soluzioni dei problemi delle trasformazioni operabili sulle informazioni per una loro migliore utilizzazione, lo aiuta ad apprendere come orizzontarsi proprio nel compito dell’apprendere”28 ); • Il passaggio a un’attività conoscitiva guidata da motivazioni intrinseche, in quanto il discente è “stimolato […] da quella ricompensa che risiede nella 27 J. BRUNER (1969) 28 J. BRUNER (2005) 42
  • 43. scoperta stessa”, della percezione di competenza crescente che essa alimenta; • L’apprendimento dell’euristica, l’arte e la tecnica dello scoprire attraverso l’esercizio nella soluzione dei problemi e nel metodo della scoperta; • Il potenziamento della ritenzione delle informazioni, in virtù dell’autonoma organizzazione dei dati intrinseca nell’atto della scoperta. Anche Jean-Jacques Rousseau29 , nella sua opera più celebre, l’Emilio30 , parla di quello che può essere definito un apprendimento per scoperta: “In questa seconda fase, trasformiamo le nostre sensazioni in idee; ma non saltiamo di un sol tratto dagli oggetti sensibili agli oggetti intellettuali. È per mezzo dei primi che noi dobbiamo giungere agli altri. Nessun altro libro che il mondo; nessun’altra istruzione che i fatti. Il fanciullo che legge, non pensa; egli si limita a leggere; non si istruisce, impara solo dalle parole. Rendete il vostro allievo attento ai fenomeni della natura; in breve lo renderete curioso; ma per nutrire la sua curiosità non affrettatevi mai a soddisfarla. Ponete le questioni alla sua portata, e lasciate che egli le risolva. Nulla egli sappia perché voi glielo avete detto, ma perché egli stesso l’ha compreso. Non impari da altri la scienza; la inventi. Se voi sostituirete nel suo spirito l’autorità alla ragione, non ragionerà più, non sarà che uno zimbello delle opinioni altrui. Se sbaglia, lasciatelo fare, non correggete i suoi errori, aspettate in silenzio che sia in grado di vederli e di correggerli egli stesso, o tutt’al più in un’occasione favorevole, introducete qualche operazione che glieli faccia notare. Se non sbagliasse mai, non imparerebbe così bene. 29 Jean-Jacques Rousseau è un filosofo e pedagogista svizzero di lingua francese del ‘700. La decisione del padre di allevare da solo il figlio, dopo la morte della moglie per il parto, influenzerà enormemente le sue teorie. Rousseau individua nell’educazione tre fasi: l’educazione nell’età dell’infanzia che deve essere indiretta, naturale e negativa, cioè la negazione di ogni intervento intempestivo da parte dell’educatore, l’educazione nell’età della fanciullezza che deve essere morale e positiva, cioè una didattica che si fa carico di introdurre il soggetto nel mondo del sapere, e l’educazione nell’età dell’adolescenza che deve essere affettiva e morale. 30 J.-J. ROUSSEAU (1955) 43
  • 44. Tenete sempre presente che lo spirito della mia educazione non è già di insegnare al fanciullo molte cose, ma di non lasciar mai entrare nel suo cervello se non idee giuste e chiare. Quando anche non sapesse nulla, poco m’importa purché non si inganni; io non metto delle verità nella sua testa se non per garantirlo dagli errori che imparerebbe al loro posto.” Per Rousseau, come è facilmente intuibile dal testo sopra citato, l’apprendimento per scoperta consisteva nel lasciare che il bambino sperimentasse, sostenuto dalla sua curiosità, quanto lo circonda. E su questo metodo, Rousseau ritornerà molte volte con forza: “A me non piacciono le spiegazioni fatte medianti ragionamenti; i ragazzi vi pongono poca attenzione e non le ricordano. Le cose! Le cose! Non ripeterò mai abbastanza che noi diamo troppa importanza alle parole: con la nostra educazione ciarliera, non facciamo che dei chiacchieroni.” E ancora: “Nella ricerca delle leggi della natura cominciate sempre dai fenomeni più comuni e più sensibili, abituate il vostro allievo a non considerare questi fenomeni come ragionamenti ma come fatti.” La funzione dell’apprendimento per scoperta è stata esaminata dettagliatamente e nettamente ridimensionata da David Ausubel.31 Ausubel introduce due distinzioni nette tra tipi di apprendimento che vengono usati all’interno della classe: distingue l’apprendimento significativo da quello meccanico e l’apprendimento per ricezione passiva dall’apprendimento per scoperta autonoma. In particolare, nell’apprendimento per scoperta autonoma i contenuti sono scoperti personalmente dagli alunni. Tuttavia, secondo Ausubel, la scoperta non garantisce la significatività dell’apprendimento. Inoltre, ritenendo che la scuola abbia come ruolo la trasmissione della conoscenza e non lo sviluppo della capacità di risolvere i problemi, Ausubel sconsiglia l’uso dell’apprendimento per scoperta per la trasmissione del contenuto di una disciplina, in quanto risulta essere un metodo particolarmente dispendioso in termini di tempo. Per questo motivo, 31 David Ausubel è uno psicologo statunitense, seguace di Piaget. Ha fornito contributi significativi nei campi della psicologia dell’educazione, delle scienze cognitive e della didattica delle discipline scientifiche. Inoltre, ha sviluppato la strategia cognitiva degli “organizzatori avanzati”. 44
  • 45. l’apprendimento per scoperta è consigliato solo nella scuola di base, dove i collegamenti alla realtà migliorano l’assimilazione di contenuti. Oggi, affinché un apprendimento venga definito per scoperta, deve manifestare delle specifiche caratteristiche che sono state individuate da Reinmann-Rothmeier e Mandl: - i discenti si confrontano attivamente con i problemi; - i discenti acquisiscono esperienze autonomamente; - i discenti effettuano sperimentazioni nei momenti adatti, ottenendo nuove cognizioni su fatti e principi complessi. In ambito didattico, quindi, è evidente che questo tipo di apprendimento deve avvenire mediante un processo di costruzione-relazione tra alunno e docente in cui: • l'apprendimento è il risultato dell'attività del bambino, che seleziona e trasforma le informazioni, costruisce ipotesi e prende decisioni; • lo scopo dell'insegnante è di consentire al suo alunno di andare “oltre le informazioni date”. Ne risulta che la caratteristica essenziale dell’apprendimento per scoperta è che il contenuto da apprendere non è dato, ma è scoperto dallo studente prima che egli lo faccia proprio e gli assegni un suo posto significativo nella sua struttura cognitiva. La prima fase di questo tipo di apprendimento comporta un processo completamente diverso da quello della ricezione pura e semplice. L’alunno deve riordinare le informazioni, integrarle con bagaglio cognitivo preesistente e riorganizzare o trasformare il tutto in modo da dare il risultato finale desiderato. 45
  • 46. 5.2 L’apprendimento cooperativo L’apprendimento cooperativo, o cooperative learning, è una metodologia didattica che veniva utilizzata già ai tempi di Aristotele e dei Gesuiti. Tuttavia, la metodologia attuale trae spunto dall’insegnamento tra pari (peer tutoring) ideato ed applicato da Andrew Bell e Joseph Lancaster tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’‘800. Nel 1820, infatti, il pedagogista svizzero Grégoire Girard definiva il metodo Bell-Lancaster come “l'esatta divisione della scuola in più classi; … e lavoro simultaneo di tutte le classi, nello stesso locale e negli stessi momenti”. L’apprendimento cooperativo si sviluppa, quindi, in Gran Bretagna, Francia, Spagna e, grazie a Federico Confalonieri32 , Italia. Durante il 1900 la metodologia dell’apprendimento cooperativo si sviluppa in Russia e negli USA, dove viene ampiamente valorizzata dal pensiero di Lev Semenovič Vygotskij33 e John Dewey34 . Secondo Vygotskij lo sviluppo integrale del bambino è il risultato dell’intreccio tra due diverse tipologie di sviluppo: una naturale ed una culturale. In particolare, il rapporto che intercorre tra sviluppo culturale e l’apprendimento si realizza in quella che Vygotskij chiama Zona di Sviluppo Prossimale. 32 Federico Confalonieri è un patriota italiano. Nacque da una famiglia nobile e devota all’Austria e fin da giovane appoggiò l’ideale dell’Italia unita. Fu senatore a Milano con Napoleone Bonaparte, anche se si oppose al suo regime. Fu accusato di aver organizzato l'assalto al Senato e l'uccisione del ministro delle finanze Giuseppe Prina. Dopo la restaurazione partecipò alla nascita del periodico letterario Il Conciliatore ed aderì alla Carboneria. Propugnò alcune riforme progressiste in ambito economico e sociale. Il 13 dicembre del 1821 venne arrestato nella sua dimora dalla polizia austriaca e fu condannato a morte, pena poi commutata nell'ergastolo. Nel 1835, la pena gli venne commutata nella deportazione in America, ma nel 1837 riuscì a tornare clandestinamente in Italia. Dopo essere riuscito a prendere casa a Mendrisio, si trasferì a Parigi. Morì improvvisamente durante un viaggio di trasferimento tra la capitale transalpina e la Lombardia. 33 Lev Semenovič Vygotskij è uno psicologo e pedagogista russo del ‘900. Nel 1925 tenne la conferenza La coscienza come problema psicologico del comportamento, che divenne il manifesto della scuola storico-culturale, di cui è considerato padre. Il filosofo Stephen Toulmin lo ha definito il “Mozart della psicologia”. 34 John Dewey è il massimo esponente del pragmatismo americano e pensatore che più d’ogni altro esprime le ragioni profonde, educative e socio-politiche dell’attivismo pedagogico del primo Novecento. 46
  • 47. Si tratta della distanza tra il livello di sviluppo attuale, cioè quello che il bambino già possiede, e il livello di sviluppo potenziale, cioè quello che il bambino può raggiungere con l’aiuto di altre persone. Secondo il pedagogista, le abilità che il bambino sviluppa tramite l’interazione con gli altri, siano essi un gruppo di coetanei o di adulti, sono la memoria logica, l’attenzione volontaria, la formazione dei concetti ed il linguaggio. Inoltre, la collaborazione viene considerata un catalizzatore per lo sviluppo di alcune capacità di “problem solving” perché, per apprendere, il bambino utilizza strategie e tecniche di ragionamento imparate durante il lavoro con i compagni e con l’insegnante. Per capire il pensiero relativo al metodo usato da Dewey nella scuola del periodo, mi sembra particolarmente significativo riportare l’affermazione di una delle sue ultime opere: “io credo che il lato attivo precede quello passivo nello sviluppo della natura del fanciullo e che la conoscenza sia essenzialmente motrice o impulsiva; gli stadi tendono a proiettarsi in azione. L’aver trascurato questo principio credo sia la causa di gran parte dello spreco di tempo e di energia nel lavoro scolastico. Il fanciullo è spinto a un atteggiamento passivo, ricettivo o assorbente”.35 A proposito dell’ambiente sociale che permette il processo educativo Dewey sostiene che: “per avere un gran numero di valori in comune tutti i membri di un gruppo devono avere un’uguale opportunità di ricevere e di prendere dagli altri. Vi deve essere una gran varietà di iniziative e di esperienze condivise”.36 L’apprendimento cooperativo consiste nel far lavorare la classe in piccoli gruppi al fine di raggiungere un obiettivo comune, attraverso un lavoro di approfondimento e di apprendimento, che porterà alla costruzione di una nuova conoscenza. Lo stesso Dewey afferma che “là dove i giovani agiscono socialmente, essi devono riferire il loro modo di agire a ciò che fanno gli altri e farlo combinare con quello; il 35 DEWEY J. (1950) 36 DEWEY J. (1916) 47
  • 48. che dirige la loro azione ad un risultato comune e crea la reciproca comprensione dei partecipanti”.37 Infatti, l’obiettivo è quello di migliorare l’apprendimento scolastico insegnando, contemporaneamente, agli studenti a lavorare in modo cooperativo. A questo proposito mi sembra doveroso fare una precisazione: secondo alcuni autori esiste una differenza tra collaborazione e cooperazione. Infatti, nella cooperazione ciascun componente del gruppo esegue un compito specifico per arrivare ad un obiettivo comune, mentre nella collaborazione ognuno lavora su tutte le parti del compito complessivo. In generale, le attività propriamente cooperative risultano più difficili di quelle collaborative poiché richiedono maggiori decisioni (ad esempio la scelta del tema del progetto, individuazione di un coordinatore, ecc.), definizione dei ruoli e strumenti tecnologici più strutturati: aspetti che comportano un maggior numero di interazioni. Gli elementi che caratterizzano il cooperative learning sono: - positiva interdipendenza: i membri del gruppo fanno affidamento gli uni sugli altri per raggiungere lo scopo prefisso. Se qualcuno del gruppo non fa la propria parte, anche gli altri ne subiscono le conseguenze. In questo modo, gli studenti si sentono responsabili del proprio apprendimento, ma anche di quello degli altri membri del gruppo; - responsabilità individuale: tutti i membri del gruppo devono rendere conto della loro parte di lavoro e di quanto hanno appreso; - interazione faccia a faccia: pur potendo svolgere il proprio compito autonomamente, i membri del gruppo devono lavorare in modo interattivo per verificare la catena del ragionamento, le conclusioni e le difficoltà. In questo modo si ottiene un altro vantaggio: gli studenti si insegnano a vicenda; - uso appropriato delle abilità nella collaborazione: i membri del gruppo vengono incoraggiati ed aiutati a sviluppare le proprie capacità, la 37 DEWEY J. (1916) 48
  • 49. leadership, la comunicazione, il prendere delle decisioni e difenderle, la gestione dei conflitti nei rapporti interpersonali; - valutazione del lavoro: i membri, periodicamente, verificano l’efficacia ed il funzionamento del gruppo, apportando, eventualmente, i cambiamenti necessari. Risulta, quindi, evidente che c’è un’enorme differenza tra il lavoro di gruppo e l’apprendimento cooperativo: - nel cooperative learning l’interdipendenza positiva è molto alta, mentre nel lavoro di gruppo è inesistente o quasi; - i gruppi di cooperative learning sono formati con il criterio dell’eterogeneità, mentre i membri dei gruppi tradizionali sono omogenei: - la leadership è condivisa nell’apprendimento cooperativo, mentre è di una sola persona nel lavoro di gruppo; - nel cooperative learning l’attenzione è rivolta al compito e, contemporaneamente, alla relazione, mentre nei gruppi tradizionali è rivolta esclusivamente al compito; - le competenze sociali sono sviluppate consapevolmente nell’apprendimento cooperativo, mentre sono date per scontate nel lavoro di gruppo; - nell’apprendimento cooperativo la valutazione è duplice, cioè viene data una valutazione globale al lavoro svolto, ma anche una valutazione individuale al singolo membro, mentre, nel gruppo tradizionale la valutazione è solo globale. Un altro aspetto del lavoro in cooperative learning è la sua importanza come strumento di integrazione. Infatti, se per integrazione intendiamo la scoperta delle qualità di ognuno, che permettono di farsi riconoscere come parte di un determinato gruppo e come risorsa a cui tutti possono far riferimento, allora il cooperative learning può diventare anche uno strumento per individualizzare l’insegnamento ed integrare alunni che hanno conoscenze, competenze e capacità 49
  • 50. differenti sia dal punto di vista cognitivo che dal punto di vista relazionale e affettivo. • Permette di individualizzare l’insegnamento perché, dividendo la classe in piccoli gruppi, è possibile arrivare contemporaneamente ad obiettivi diversi o ad obbiettivi simili, ma tramite percorsi diversi; • permette di integrare e valorizzare alunni con differenti capacità perché in situazioni di interdipendenza di scopo, di ruolo, di compito, diventa possibile consentire ad ognuno di fornire il proprio contributo. Creare scopi comuni e condivisi, dare ruoli che permettano ad ognuno di essere protagonista, fornire compiti sfidanti sia per il più che per il meno dotato; • permette di motivare allo studio ed aumentare l’autostima degli studenti, cioè di migliorare il clima in cui i ragazzi lavorano, studiano e ricercano. Durante un cooperative learning anche l’insegnante ha un ruolo fondamentale,che può essere suddiviso in tre diversi momenti: - prima della lezione: il docente deve progettare in modo puntuale l’articolazione della formazione, preparare i materiali e le indicazioni di lavoro e predisporre griglie di osservazione e di valutazione delle relazioni e degli apprendimenti; - durante la lezione: il docente spiega e discute con la classe obiettivi, compiti e procedure, motiva e crea aspettativa, verifica che gli studenti abbiano capito, consegna il foglio di lavoro ai gruppi, spiega i criteri di valutazione, struttura l’interdipendenza positiva, fornisce supporto anziché dare la soluzione, fa il monitoraggio dell’interazione tra i gruppi; - dopo la lezione: il docente raccoglie i dati per dare una valutazione sia sui processi attivati dal gruppi sia sulla preparazione raggiunta dagli studenti. 50
  • 51. 6. La storia di LOGO e i suoi derivati “… molto spesso lo sforzo che gli uomini compiono per attività che sembrano completamente inutili, risulta essere estremamente importante per trovare strade che mai nessuno avrebbe potuto prevedere. Il gioco è stato sempre la sorgente della cultura.” (Italo Calvino) Il LOGO è un linguaggio di programmazione realizzato negli anni ’60 dal matematico Seymour Papert.38 Si tratta di un linguaggio semplice che, inizialmente, serviva per muovere un piccolo robot. Con la nascita dei computer, invece, il linguaggio LOGO divenne la base per programmi didattici utilizzati, in particolare, durante i laboratori di geometria. Infatti, il linguaggio LOGO viene associato alla cosiddetta geometria della tartaruga.39 Papert sviluppa questo linguaggio per permettere ai bambini di “produrre” qualcosa, sperimentando regole logiche ed ottenendo artefatti cognitivi tangibili.40 Inoltre, il movimento della tartaruga può essere facilmente riprodotto a livello corporeo: il bambino diventa un vero e proprio automa a cui possono essere dati comandi che gli permettono di sviluppare i suoi schemi motori. Le caratteristiche del LOGO che immediatamente vengono intuite da chi si approccia ad utilizzare questo linguaggio sono: 38 In realtà il progetto LOGO nasce, su proposta del National Science Foundation (il Ministero della Ricerca Scientifica degli Stati Uniti), all’interno di una grossa azienda americana, la Bolt Beranek & Newmann, ad opera del matematico ungherese Wallace Feurzeig. Papert è, inizialmente, solo uno dei consulenti di tale progetto. Solo in seguito Papert, insieme ad un gruppo di scienziati ed educatori, comincia a sperimentare l’utilizzo del linguaggio LOGO anche all’interno delle scuole. 39 Nonostante abbia cercato su molti testi scolastici per le elementari, l’unico riferimento alla geometria della tartaruga che sono riuscita a trovare è presente nel sussidiario “L’albero del futuro. Verso il duemila” (1987). In questo, vi è un vero e proprio capitolo nella sezione di matematica che spiega come creare figure geometriche muovendo (idealmente, perché gli esercizi sono fatti sul carta!) la tartaruga-robot Elsie con semplici comandi, come AV1, IND3, DX90 o SX30. 40 Il linguaggio LOGO viene creato da Papert basandosi sui fondamenti della teoria costruzionista secondo la quale l’apprendimento efficace è realizzato per mezzo di qualcosa che può essere “mostrato, discusso, esaminato, sondato e ammirato.”. 51
  • 52. • è procedurale: permette di suddividere un problema in parti più semplici, elaborate ciascuna da un’apposita procedura, permettendo l’esplorazione di idee complesse tramite una struttura modulare; • è interattivo: LOGO è un linguaggio interprete e, proprio per questo, l’esecuzione dei comandi è immediata, come immediato è il riscontro del loro funzionamento, prima di trasferirli all’interno di una procedura; • è ricorsivo: le procedure possono richiamare anche se stesse; • è espandibile: ogni nuova procedura realizzata ha lo stesso valore gerarchico delle primitive del linguaggio. Rispetto al linguaggio naturale, LOGO ha un ridotto vocabolario iniziale e l’invenzione di parole nuove (procedure) consente di proporre idee nuove; • è facile: non richiede nessuna conoscenza preliminare né di informatica né di programmazione; • è potente: con LOGO si possono scrivere sia procedure elementari che elementi di una certa complessità. Tramite specifici comandi, è possibile far muovere sul monitor una tartaruga 41 (rappresentata da un piccolo triangolo), che, lasciando una traccia, permette di creare bellissimi disegni geometrici. I comandi sono molto semplici, immediati ed intuitivi, quindi adatti anche ai più piccoli. Il cursore, infatti, si muove sullo schermo grazie ai comandi AVANTI e INDIETRO seguiti da un determinato numero di “passi”, ma può anche essere ruotato con i 41 La tartaruga di cui si parla fa riferimento a quelle costruite da Walter Grey, un famoso fisiologo vissuto a cavallo della seconda guerra mondiale. Costui costruì due robot, ELMER e ELSIE, che imitavano la vita biologica interagendo tra di loro e con l'ambiente esterno. Il suo scopo era quello di dimostrare che probabilmente il cervello e le sue funzioni erano meno complesse di quanto si pensasse e che tanti comportamenti potevano essere imitati con un buon livello di approssimazione. Le prime tartarughe LOGO di Papert, simili a giocattoli con le ruote, erano connesse al computer tramite cavi. Le tartarughe, muovendosi, tracciavano segni sui fogli sparsi sul pavimento. Negli anni ’70, con il perfezionamento dei computer, fu possibile visionare le tartarughe direttamente sullo schermo. 52
  • 53. comandi DESTRA e SINITRA seguito dall’angolo di rotazione espresso in gradi. Per fare tutto questo il programma si basa sul sistema degli assi cartesiani, anche se a differenza di quest’ultimo il cursore non si muove dando una serie di coordinate, ma tramite il percorso che deve essere fatto per raggiungere il determinato punto. Reggini afferma che gli obiettivi essenziali dell’utilizzo del LOGO sono i seguenti: - esercitare il processo di analisi nella suddivisione dei problemi in piccole parti; infatti, la divisione e la segmentazione dei problemi e la loro correzione sono pratiche frequenti in LOGO; - esercitare la sintesi nel costruire procedure di alto livello di complessità, combinando sottoprocedure relativamente elementari. Il LOGO, infatti, permette di allenare la mente agli aspetti logici del pensiero, sviluppare e perfezionare la capacità di risoluzione dei problemi, capire la natura dei problemi, compresi quelli risolti, la loro formulazione e l’approccio a nuovi tipi di problema. Inoltre, i problemi non vengono imposti, ma sorgono spontaneamente durante lo svolgimento del lavoro. Il LOGO sviluppa, quindi, l’idea di Piaget, maestro dello stesso Papert, che affermava che l’apprendimento deve essere attivo ed autoregolato e non passivo ed imposto. Grazie all’apprendimento per prova ed errore, dove l’errore viene visto come un graduale avvicinamento alla realtà, nel bambino si promuove la comprensione ed il controllo delle proprie attività cognitive, nonché l'acquisizione di strategie di pensiero e abilità di ragionamento fondamentali. 53