DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
NASCITA E SVILUPPO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE
EUROPEA: DALLE COMUNITÀ ALL’UNIONE EUROPEA
BREVE INQUADRAMENTO STORICO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE
EUROPEA
Il diritto dell’Unione europea, attualmente fa perno sui due testi (Trattato
sull’Unione Europea [TUE] e Trattato sul Funzionamento dell’Unione
Europea [TFUE]) che costituiscono il Trattato di Lisbona, entrato in vigore
il 1° dicembre 2009. Esso incide profondamente sulle persone e sulle
imprese che operano nel nostro Paese per lo spazio ed il rilievo ad esso
riconosciuto da due disposizioni della Costituzione italiana: l’art. 11 ed il
primo comma dell’art. 117.
A termini del primo “L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri
Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le Nazioni”. A termini del secondo “La potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario
e dagli obblighi internazionali”.
L’integrazione europea ed il diritto che la disciplina costituiscono il risultato
di una complessa e faticosa evoluzione. L’ideale di un continente europeo
non più diviso in tanti Stati in lotta fra loro si è affermato sin dal XIX
secolo. Si concretizza, però, solo a seguito delle distruzioni e dei lutti della
seconda guerra mondiale. È allora che con la Dichiarazione Schuman, del 9
maggio 1950, il Governo francese ha proposto di mettere l’insieme della
produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto un’Alta Autorità nel
quadro di un’organizzazione alla quale possano aderire gli altri Paesi
europei. Robert Schuman ha indicato a tutti questi Paesi che la messa in
comune della produzione di carbone ed acciaio avrebbe potuto cambiare il
destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla
fabbricazione di strumenti bellici.
In una prima fase il movimento di integrazione ha riguardato solo una parte,
quella occidentale del continente europeo. Inizialmente ha interessato 6
Paesi, Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo ed Olanda. Gli Stati
dell’Europa orientale hanno dato vita a forme alternative di aggregazione
militare – l’Organizzazione del Patto di Varsavia - ed economica –il
COMECON -, che facevano riferimento all’Unione Sovietica. A seguito del
crollo del muro di Berlino (1989) e del crollo dell’URSS (1991), anche gli
Stati dell’Europa orientale hanno chiesto di far parte del processo di
integrazione avviato dall’Europa occidentale. È stato così che si è arrivati
all’attuale Unione europea che comprende 27 Stati membri.
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IL METODO DI INTEGRAZIONE FONDATO SULLA COOPERAZIONE
INTERGOVERNATIVA (METODO TRADIZIONALE DELLE RELAZIONI TRA
STATI)
L’organizzazione proposta da Robert Schuman volge a dare luogo ad una
gestione in comune delle risorse carbosiderurgiche secondo un metodo
innovativo che si distingue dal metodo di cooperazione intergovernativa
tradizionalmente utilizzato nei rapporti tra Stati sovrani.
La cooperazione intergovernativa, dal canto suo, si caratterizza per il fatto
che gli organi dell’organizzazione sono composti da persone che agiscono
quali rappresentanti degli Stati di appartenenza, seguono le loro direttive ed
adottano deliberazioni che vengono assunte esclusivamente o
prevalentemente all’unanimità ed hanno generalmente natura di atti non
vincolanti. Si fondano sul metodo della Cooperazione intergovernativa la
Nato, l’OCSE ed il Consiglio d’Europa.
IL METODO COMUNITARIO
Il metodo indicato da Robert Schuman per il funzionamento
dell’organizzazione da lui proposta, e che poi è stato seguito anche per la
CEE e per l’EURATOM, invece, è usualmente definito come Metodo
Comunitario.
Esso presenta queste caratteristiche:
1) le persone che siedono nella maggior parte delle istituzioni comunitarie
(Parlamento europeo, Commissione, Corte di Giustizia, Corte dei conti,
Banca Centrale Europea) non rappresentano gli Stati di cui sono
cittadini e, in proprio, compiono le loro scelte in maniera indipendente
da essi;
2) il metodo comunitario da largo spazio a deliberazioni a maggioranza,
per lo più a maggioranza qualificata. Ciò significa che il consenso di
tutti gli Stati membri non è condizione indispensabile per l’azione
dell’organizzazione. Gli Stati che restano in minoranza sono comunque
vincolati al rispetto delle deliberazioni che sono state assunte a
maggioranza;
3) il potere deliberativo dell’organizzazione si esprime normalmente
attraverso veri e propri atti vincolanti, che creano diritti ed obblighi per
gli Stati e, quando sono direttamente applicabili, anche per le singole
persone fisiche e giuridiche;
4) gli atti delle istituzioni sono sottoposti ad un sistema di controllo
giurisdizionale di legittimità.
TRATTATO DELLA COMUNITÀ EUROPEA DEL CARBONE E DELL’ACCIAIO –
CECA
L’organizzazione proposta da Robert Schuman è stata posta in essere come
una Comunità di tipo settoriale con la conclusione del Trattato istitutivo
della CECA, firmato il 18 aprile 1951 ed entrato in vigore il 25 luglio 1952
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per una durata di 50 anni. La CECA ha cessato di esistere il 23 luglio 2002.
Le sue competenze sono state allora trasferite alla CE.
Struttura istituzionale: Alta autorità (significativi poteri decisionali di
carattere sopranazionale), Consiglio dei ministri (competenze di controllo),
Assemblea comune, Corte di giustizia. La competenza della CECA riguarda
i prodotti e le politiche relative al settore carbosiderurgico (carbone e
acciaio).
Successivamente si è avuto un tentativo di istituzione di una Comunità
europea di difesa (CED), tale tentativo è fallito perché bocciato nel 1954 dal
Parlamento francese.
Giugno 1955, Conferenza di Messina, che ha dato incarico al gruppo Spaak
di redigere due progetti che porteranno al Trattato istitutivo della
Comunità economia europea (CEE) e al Trattato istitutivo della
Comunità europea per l’energia atomica (EURATOM), firmati a Roma il
25 marzo 1957, entrati in vigore il 14 gennaio 1958
All’origine 6 stati membri: Italia, Germania, Francia, i tre Paesi Benelux
(Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi)
Successive adesioni alle Comunità:
1973 Danimarca, Regno Unito, Irlanda
1981 Grecia
1986 Spagna, Portogallo
1995 Austria, Finlandia, Svezia
dal 1 maggio 2004 Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria
dal 1 gennaio 2007 Romania e Bulgaria
TRATTATO CEE
Era obiettivo del Trattato CEE, e poi è divenuto obiettivo del Trattato CE ed
ora del Trattato di Lisbona, mettere in comune i mercati degli Stati membri
istituendo una libera circolazione delle persone (in particolare dei
lavoratori), delle merci, dei servizi e dei capitali.
In una visione neoliberista che attribuisce una funzione sociale al mercato si
considera che una liberalizzazione generale sia atta a determinare un
contenimento dei prezzi e benefici a favore di tutti i cittadini della
Comunità. Si è previsto, però, che questi benefici possano non realizzarsi a
favore di tutti. Si è considerato allora necessario istituire una politica
agricola ed una politica sociale accompagnate dal funzionamento di fondi
destinati ad esprimere solidarietà ai settori che possano restare meno
agevolati. Accanto a queste sono state previste altre due politiche: 1 - una
politica della concorrenza volta ad evitare che i benefici sociali di una libera
circolazione delle merci siano neutralizzati da intese tra le imprese volgenti
a massimizzare i guadagni di queste mantenendo alti i prezzi e 2 – una
politica commerciale destinata a sostituire i dazi doganali di ciascuno Stato
membro con una tariffa doganale esterna comune ed a attribuire alla
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Comunità un potere esclusivo di concludere accordi commerciali con Stati
terzi.
Per evitare un brusco passaggio da un diffuso protezionismo degli Stati
membri alla liberalizzazione implicata dall’istituzione del mercato unico il
Trattato CEE ha previsto un periodo transitorio di 12 anni che doveva
concludersi nel 1970. La sua conclusione è stata, però, anticipata al 1°
luglio
1968, data a partire dalla quale sono state completamente abolite le barriere
doganali tra gli Stati membri ed è stata adottata la tariffa doganale comune
(l’introduzione di una tariffa doganale comune ha implicato l’introduzione
di un sistema di dazi doganali unico, distinto per categorie di prodotti,
applicabile all’importazione nell’area comunitaria di beni provenienti da
Stati terzi sostituente i diversi sistemi di tassazione doganale di quei prodotti
prima praticabili, con aliquote diverse, separatamente da ciascuno degli Stati
membri).
Le Istituzioni a cui il Trattato CEE affida il perseguimento degli obiettivi
che si è preposto sono:
Parlamento europeo (dal 1979 eletto direttamente dai cittadini degli Stati
membri) che all’inizio aveva una funzione eminentemente consultiva e che
con il tempo ha acquisito un forte potere normativo; Consiglio dei ministri
(che rappresenta i governi degli Stati membri e sin dall’inizio provvisto di
potere normativo); Commissione europea (dotata di potere di iniziativa
legislativa e di controllo); Corte di giustizia (che garantisce la conformità
con il diritto del funzionamento della Comunità); Corte dei conti (che
verifica che la gestione del bilancio dell’Unione europea sia sana e corretta )
Ben presto la Corte di giustizia ha interpretato il Trattato CEE ed il sistema
giuridico da esso istituito come un fenomeno dante luogo ad un
ordinamento di tipo nuovo sancente obblighi e diritti non solo per gli
Stati membri ma anche per le persone fisiche e giuridiche. La novità che
la Corte di giustizia ha considerata propria del fenomeno a cui ha dato luogo
il Trattato CEE consiste nel fatto che tradizionalmente un Trattato da luogo
a diritti ed obblighi solo per gli Stati parte ad esso ma non per persone
fisiche e giuridiche.
Manifestazioni forti di detto atteggiamento della Corte sono le sentenze che
essa ha adottato nei casi van Gend & Loos, Costa contro ENEL e Les Verts.
1. Nel caso van Gend & Loos un’impresa olandese, che aveva importato
nei Paesi Bassi determinata merce proveniente dalla Germania,
contestava davanti ad un giudice olandese un dazio che le era stato
imposto in una misura che risultava da un aumento dei dazi
all’importazione di quella merce posto in essere dopo l’entrata in vigore
del Trattato CEE. E ciò in contrasto con l’art. 12 di quel Trattato (oggi
art. 30 TFUE) il quale obbliga gli Stati membri a non introdurre nuovi
dazi doganali e a non aumentare quelli già esistenti nei reciproci rapporti
commerciali. Quel giudice olandese chiedeva alla Corte di giustizia di
chiarire se un’impresa possa desumere da un articolo del Trattato CEE,
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quale l’allora vigente art. 12, un diritto soggettivo a che non le sia
applicata una norma nazionale. Con la sentenza che ha reso il 5 febbraio
1963 in tale causa la Corte ha affermato il principio dell’effetto diretto
del diritto comunitario, statuendo che questo “indipendentemente dalle
norme emananti dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai
singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi” e che “si
deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il Trattato
espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi
obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli Stati membri o alle
Istituzioni comunitarie”.
2. Nel Caso Costa c. ENEL un utente dell’Ente nazionale per l’Energia
elettrica (ENEL) aveva contestato davanti al giudice conciliatore di
Milano il proprio obbligo di pagare all’ENEL una bolletta, ritenendo che
tale ente non fosse legittimato a chiedergli quel pagamento in quanto
risultante dalla nazionalizzazione di imprese private a suo giudizio
intervenuta in contrasto con il Trattato CEE. Il giudice conciliatore di
Milano ha chiesto alla Corte di giustizia, come questione di principio, se
un giudice nazionale possa applicare una legge nazionale eventualmente
incompatibile con una precedente norma del Trattato CEE. Con la
sentenza resa nel caso il 15 luglio 1964 ha stabilito il primato del
diritto comunitario sul diritto interno affermando che “istituendo la
CEE gli Stati membri hanno limitato i loro poteri sovrani e creato un
complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi e che
ciò ha per corollario l’impossibilità per loro di fare prevalere, contro
l’ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità,
un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potrà
essere opponibile all’ordine comune”. Con questa affermazione la
Corte ha inteso limitare in modo forte la sovranità legislativa degli Stati
membri, cioè un principio tradizionale e fondamentale dei loro
ordinamenti.
3. Con la sentenza che ha adottato il 23 aprile 1986 nella causa Parti
écologiste “Les Verts” c. Parlamento europeo la Corte ha affermato che
la Comunità è una Comunità di diritto. Nel caso si era trovata a dovere
decidere sul ricorso presentato da detto partito contro una decisione
dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo che lo escludeva nella
ripartizione degli stanziamenti relativi alle elezioni europee del 1984.
Tale ricorso le era stato presentato sulla base dell’allora vigente art. 173
del Trattato CEE, il quale prevedeva la legittimazione della Corte a
controllare la legittimità solo degli atti del Consiglio e della
Commissione e non quelli del Parlamento. La Corte ha superato la
lettera di tale articolo, che le avrebbe impedito di considerare ricevibile
quel ricorso, rilevando che la CEE “è una Comunità di diritto nel
senso che né gli Stati che ne fanno parte né le sue Istituzioni sono
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
sottratte al controllo della conformità dei loro atti alla Carta
costituzionale di base costituita dal Trattato”.
Al Trattato istitutivo della CEE sono state apportate modifiche da accordi
internazionali che sono stati adottati da conferenze intergovernative e che
hanno dovuto essere ratificati da tutti gli Stati membri. Essi, prima di
arrivare all’attuale Trattato di Lisbona, hanno adottato l’Atto Unico europeo,
il Trattato di Maastricht, il Trattato di Amsterdam ed il Trattato di Nizza. Si
è avuta anche la Conferenza Intergovernativa di Roma nel corso della quale
è stato firmato il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il quale
però, a seguito dell’esito negativo dei referendum tenutisi su di esso in
Franca ed Olanda, non ha ottenuto le ratifiche necessarie e quindi non è
entrato in vigore.
ATTO UNICO EUROPEO, 1986
L’Atto Unico Europeo è stato adottato alla Conferenza di Milano nel corso
della quale, sotto l’impulso del Presidente francese François Mitterrand e
del Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi, si è deciso di accelerare
il perfezionamento del mercato unico, superando il più possibile le differenti
normative interne indirettamente capaci di ostacolare la libera circolazione
comunitaria. Al riguardo, superando la necessità, sino ad allora esistente di
adottare, per il ravvicinamento di dette legislazioni, direttive all’unanimità si
è attribuita alle istituzioni comunitarie la possibilità di adottare atti (e quindi
anche regolamenti) a maggioranza qualificata.
IL TRATTATO DI MAASTRICHT E LA CREAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA
Questo Trattato, firmato il 7 febbraio 1992 (ed entrato in vigore il 1°
novembre 1993), accanto al Trattato CE ha introdotto un Trattato UE ed ha
organizzato l’integrazione europea su tre pilastri costituiti dalla CEE,
ridenominata Comunità europea (CE), dalla PESC (Politica estera e di
sicurezza comune) e dalla CGAI (Cooperazione nei settori della giustizia e
degli affari interni, in seguito al Trattato di Amsterdam ridenominata
Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale). Esso ha istituito la
cittadinanza dell’Unione europea a favore di tutti i cittadini degli Stati
membri, prevedendo l’attribuzione, tra l’altro, a chi è provvisto di tale
cittadinanza dell’elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e del
Parlamento europeo alle stesse condizioni dei cittadini del Paese di
residenza.
Accanto a queste importanti novità il Trattato di Maastricht ha allargato le
competenze della Comunità, ha potenziato la partecipazione del Parlamento
europeo al processo legislativo comunitario istituendo la procedura di
codecisione ed ha dato avvio ad una politica economica e monetaria che è
poi sfociata nell’istituzione di una Banca Centrale europea e di un sistema di
banche centrali e nell’istituzione, a partire dal 1° gennaio 2002, dell’euro.
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Avendo istituito l’Unione ed avendo inserito in essa la Comunità, per dare
un impulso all’intero sistema dell’Unione ed assicurarne la coerenza il
Trattato ha istituito il Consiglio europeo, composto dai Capi di Stato e di
Governo degli Stati membri e dal Presidente della Commissione.
IL TRATTATO DI AMSTERDAM
Questo Trattato, firmato il 2 ottobre 1997, è entrato in vigore il 1° maggio
1999.
Esso contiene, tra l’altro, le seguenti novità:
1) ha introdotto nel Trattato UE l’art. 6, a termini del quale “L’Unione è
fondata sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono
comuni agli Stati membri. L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali
sono garantiti dalla CEDU e quali risultano dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del
diritto comunitario” (Con questo articolo il Trattato di Maastricht ha
inteso contribuire alla definizione dell’identità dell’Unione e stabilire i
principi a cui devono aderire gli Stati che di essa intendono diventare
membri e che, sotto pena di sanzioni, devono essere rispettati da tutti i
partecipanti alla stessa);
2) Ha previsto la possibilità di istituire forme di cooperazione rafforzata:
questa deve essere richiesta da almeno 8 Stati membri, deve essere volta
a promuovere la realizzazione, da parte degli Stati che ad essa
partecipano, degli obiettivi UE o CE, deve rafforzare il processo di
integrazione, deve rispettare l’acquis comunitario, non deve riguardare
le competenze esclusive della CE e deve essere aperta agli altri Stati
membri. Con ciò ha aperto la strada ad un’Europa a più velocità.
3) Ha in parte comunitarizzato il terzo pilastro, trasferendo le politiche su
“Visti, asilo immigrazione ed altre politiche connesse”, già ricadenti nel
pilastro CGAI, al pilastro comunitario.
L’affermazione che il Trattato di Maastricht contiene nell’art. 6 UE, secondo
cui “l’Unione è fondata sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali” ha trovato conferma in
un’importante pronuncia con cui la Corte ha accolto il ricorso del cittadino
di uno stato terzo, il sig. Kadi, sospettata di finanziare il terrorismo
internazionale, che aveva impugnato un regolamento del Consiglio CE
dante attuazione a livello comunitario ad una risoluzione del Consiglio di
sicurezza obbligante gli Stati membri delle Nazioni Unite a congelare i conti
bancari di persone sospette di finanziare Al-Qaeda, comprese in una lista
che è stata stabilita a cura dello stesso Consiglio di sicurezza e che
comprendeva il nome di quel ricorrente.
Nel suo ricorso il sig. Kadi aveva sostenuto l’illegittimità di detto
regolamento comunitario affermando, tra l’altro, che esso violava i suoi
diritti di difesa previsti dall’art. 6 della Convenzione europea per la
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
salvaguardia dei diritti dell’uomo in quanto quel regolamento era stato
adottato senza dargli una ragionevole possibilità di farsi previamente sentire
dalle autorità competenti. Il Consiglio delle Comunità ed il Regno Unito
avevano eccepito l’irricevibilità del ricorso del sig. Kadi richiamando
affermazioni della Corte europea dei Diritti dell’Uomo secondo cui detta
convenzione “non può essere interpretata in modo tale da sottoporre allo
scrutinio della Corte”, vale a dire al suo sindacato giurisdizionale, “le azioni
o omissioni degli Stati parti coperte da risoluzioni del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite” (paragrafo 149). Sulla base del fatto che l’Unione, e
con essa la Comunità, è fondata su detti principi la Corte di giustizia ha
disatteso l’invocazione di quella affermazione della Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo invocata dal Consiglio e dalla Gran Bretagna qualificando
la sua funzione di controllo giurisdizionale come funzione di garanzia
costituzionale dei principi del Trattato CE, tra cui si colloca il principio
secondo il quale gli atti comunitari devono rispettare i diritti di difesa che
costituiscono diritti fondamentali. E ciò anche se questi vengono invocati da
una persona che non sia cittadino di uno Stato membro e sia seriamente
accusato di finanziare il terrorismo internazionale.
IL TRATTATO DI NIZZA
Il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001 ed entrato in vigore il 1°
febbraio 2003, ha introdotto negli originali Trattati istitutivi delle riforme
tese a far fronte ai problemi legati alle prospettive di allargamento della
Comunità. Nel corso della Conferenza che ha portato all’adozione del
Trattato di Nizza è stata adottata la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione. Per arrivare all’elaborazione di questa i Capi di Stato e di
Governo si sono affidati ad una “Convenzione” il più in linea possibile con
il principio di democrazia rappresentativa, ricomprendente 16 eurodeputati e
30 rappresentanti delle assemblee parlamentari nazionali, affiancata da 4
osservatori (2 della Corte di giustizia e 2 del Consiglio d’Europa di cui uno
rappresentante della Corte europea dei diritti dell’uomo). I lavori di questa
Convenzione hanno portato alla proclamazione solenne della Carta da parte
del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio. La Carta non
solo da visibilità ai diritti umani su cui riposa il processo d’integrazione
europea ma aggiorna anche il catalogo classico di tali diritti che risulta dalla
giurisprudenza comunitaria e dai richiami che i Trattati operano alla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed alle tradizioni costituzionali
comuni; sancisce così alcuni diritti nuovi, quali il diritto alla protezione dei
dati di carattere personale, il diritto a beneficiare dei principi della bioetica
ed il diritto alla buona amministrazione.
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
IL TRATTATO DI LISBONA CHE MODIFICA IL TRATTATO SULL’UNIONE
EUROPEA E IL TRATTATO CHE ISTITUISCE LA COMUNITÀ EUROPEA,
FIRMATO A LISBONA IL 13 DICEMBRE 2007
Il metodo seguito per l’elaborazione della Carta dei diritti fondamentali è
stato tenuto presente quando si è pensato di andare ulteriormente avanti nel
processo d’integrazione europea. Si è allora convocata una nuova
“Convenzione sull’avvenire dell’Europa” che, aperta il 28 febbraio 2002, è
terminata il 10 luglio 2003, con l’adozione di un progetto di Trattato che è
stato sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004 come Trattato che istituisce una
Costituzione per l’Europa. Il testo di questo Trattato è stato oggetto di
referendum che hanno avuto risultato negativo in Francia ed in Olanda, con
la conseguenza che esso è stato abbandonato.
Il contenuto del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa ha,
però, costituito la base di partenza per una nuova conferenza
intergovernativa che, apertasi nel luglio 2007, si è rapidamente conclusa ed
ha portato alla firma, il 13 dicembre 2007, del Trattato di Lisbona.
Questo nuovo Trattato è stato oggetto in Irlanda, il 2 giugno 2008, di un
referendum che ha avuto esito negativo. Lo stallo da ciò determinato è stato
superato da un secondo referendum, tenutosi il 2 ottobre 2009, che ha avuto
esito positivo dopo che a quel Paese sono state date alcune garanzie e dopo
che sono state perfezionate le procedure di ratifica da parte di tutti gli Stati
membri. Il Trattato è così entrato in vigore il 1° dicembre 2009.
ELEMENTI DI CONTINUITÀ CHE IL TRATTATO DI LISBONA PRESENTA CON
IL TRATTATO CHE ADOTTA UNA COSTITUZIONE PER L’EUROPA
Rispetto al Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa che, il Trattato
di Lisbona presenta molti elementi di continuità
a) Trasforma il Consiglio europeo in un’istituzione vera e propria con a
capo un presidente stabile, eletto per due anni e mezzo, istituisce un alto
rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, generalizza
la procedura di codecisione a cui è dato il nome di procedura legislativa
ordinaria, supera la struttura a tre pilastri dell’Unione introdotta dal
Trattato di Maastricht
b) Eliminando i tre pilastri di Maastricht, integra completamente quella che
era la Comunità europea nell’Unione europea regolando la sua attività
con due Trattati distinti: il Trattato sull’Unione Europea (TUE) che
stabilisce i principi, gli obiettivi e le regole fondamentali nonché la
procedura per la revisione dei Trattati e l’adesione di nuovi Stati membri
ed il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che
contiene disposizioni meno importanti relative al funzionamento
dell’Unione.
c) Regola dettagliatamente la procedura di adesione. Questa, a termini
dell’art. 49 TUE, si compone di una fase comunitaria e di una fase
intergovernativa. La prima si perfeziona tramite una decisione del
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Consiglio “che si pronuncia all’unanimità previa consultazione della
Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, che si
pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono”. La seconda
fase si concreta nella negoziazione e nella conclusione di un accordo –
contenente le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei Trattati
su cui è fondata l’Unione – tra gli Stati membri e lo Stato richiedente.
Rilevante al riguardo è che all’Unione può aderire ogni “Paese
europeo”. Secondo la Commissione la nozione di “Paese europeo”, dato
che esprime una comunanza di idee e valori associando “elementi
geografici, storici e culturali” da considerarsi nel loro insieme, è
suscettibile di cambiare nel tempo e non può essere definita una volta
per tutte. Ciò contribuisce al fatto che si discuta ampiamente sulla
possibilità di un’adesione da parte della Turchia oltre che dei nuovi Stati
risultati dalla disgregazione della ex Jugoslavia.
ELEMENTI DI DISCONTINUITÀ DEL TRATTATO DI LISBONA
Il Trattato di Lisbona contiene, però, anche rilevanti elementi di
discontinuità rispetto al precedente che sono caratterizzati da uno sforzo
di assorbire i desideri di preservazione della sovranità – se non
addirittura da un atteggiamento di euroscetticismo – di alcuni Stati
membri e di non allargare più di tanto l’importanza e le competenze
dell’Unione. Ne costituiscono significativa manifestazione
a) l’eliminazione dal testo dei due nuovi Trattati di elementi che erano
contenuti nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa quali le
espressioni “Costituzione” e “Costituzionale”, la previsione di simboli
dell’Unione, la denominazione degli atti giuridici dell’Unione come
“Leggi” e come “Leggi quadro” e l’espressa affermazione di un
principio del primato del diritto dell’Unione su quello degli Stati
membri e
b) l’inserimento nei Trattati e negli Allegati Protocolli di meccanismi di
garanzia a favore degli Stati membri.
ART. 48 TUE - PROCEDURA DI REVISIONE ORDINARIA DEI TRATTATI
Il Governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la
Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti di modifica dei
Trattati che possono, tra l’altro, essere intesi ad accrescere o ridurre le
competenze dell’Unione. Il Consiglio li trasmette al Consiglio europeo e li
notifica ai Parlamenti nazionali.
Per dare il carattere più partecipativo possibile alla procedura in
questione, in linea con quanto era stato fatto prima per l’adozione della
Carta dei diritti fondamentali e poi per l’elaborazione del Trattato che
istituisce una Costituzione per l’Europa, il n. 3 dell’art. 48 TUE prevede
che, qualora il Consiglio europeo adotti a maggioranza semplice una
decisione favorevole all’esame delle modifiche proposte, il suo presidente
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
convochi una “Convenzione” composta da rappresentanti dei Parlamenti
nazionali, dei Capi di Stato o di Governo degli Stati membri, del Parlamento
europeo e della Commissione. La Convenzione esamina i progetti di
modifica ed adotta per consenso una raccomandazione ad una conferenza
dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri.
I rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in questa conferenza,
stabiliscono di comune accordo le modifiche da apportare ai Trattati, che
entrano in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri. A
questo importante potere riconosciuto a ciascuno degli Stati membri sulle
possibili modifiche da apportarsi al sistema dell’Unione, il n. 5 dell’art. 48
introduce un significativo contenimento di tipo nuovo per il caso in cui, al
termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma di un Trattato che
introduca tali modifiche, i 4/5 degli Stati membri l’abbiano ratificato ed uno
o più Stati membri abbiano incontrato difficoltà per farlo: sia pure con una
formula la cui portata avrà bisogno di essere precisata, prevede che “la
questione è deferita al Consiglio europeo”. L’innovazione così stabilita
rispetto al passato è legata all’aumento del numero degli Stati membri ed al
rischio conseguentemente accresciuto che emendamenti dei Trattati ritenuti
necessari non entrino in vigore.
Se un’osservazione si può fare a proposito della novità che, secondo quanto
indicato, la procedura di revisione ordinaria dei Trattati presenta, questa può
consistere nel rilevare lo sforzo che l’art. 48 fa di conciliare la tradizionale
signoria degli Stati membri sui Trattati istitutivi del processo di integrazione
europea con l’esigenza di rendere più partecipata e non soggetta al blocco da
parte di uno o pochi Stati membri la loro revisione. La tradizionale signoria
degli Stati membri è confermata dal fatto che la revisione è in principio
subordinata alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri; l’esigenza di una
larga partecipazione alla sua elaborazione è soddisfatta dall’attribuzione alla
indicata “Convenzione” della funzione di adottare per consenso il testo da
sottoporre ad una conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati
membri; l’esigenza di non permettere ad uno o pochi Stati membri di
bloccare la revisione dei Trattati è soddisfatta dal deferimento al Consiglio
europeo di un potere di determinare il da farsi per il caso di tale blocco.
PROCEDURE DI REVISIONE SEMPLIFICATE
Sono previste dal n. 6 e dal primo e dal secondo comma del n. 7 dell’art. 48
TUE.
A termini del n. 6 dell’art. 48 TUE possono essere sottoposti al Consiglio
europeo, per dare luogo a procedure di revisione semplificate, progetti intesi
a modificare in tutto o in parte le disposizioni della parte terza del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea relative a politiche e ad azioni
interne dell’Unione. Il Consiglio europeo può dare seguito a tali progetti
modificando le disposizioni di detta parte del TFUE a condizione di non
estendere le competenze attribuite all’Unione nei Trattati. Ciò può fare
11
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo,
della Commissione e, in caso di modifiche istituzionali nel settore
monetario, della Banca Centrale Europea. La decisione del Consiglio
europeo entra in vigore solo previa approvazione degli Stati membri
conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Il primo comma del n. 7 dello stesso art. 48 contempla una distinta
procedura di revisione semplificata qualificabile come procedura passerella,
stabilendo che quando il TFUE ed il titolo V del TUE prevedono che il
Consiglio deliberi all’unanimità in un settore o in un caso determinato, il
Consiglio europeo possa adottare a maggioranza qualificata in detto settore
o caso a condizione che le sue deliberazioni non abbiano implicazioni
militari o rientrino nel settore della difesa.
Analoga disposizione passerella contiene il secondo comma dello stesso art.
48 n. 7, stabilendo che quando il TFUE adotti atti legislativi secondo una
procedura legislativa speciale, il Consiglio europeo possa adottare una
decisione che consenta l’adozione di tali atti secondo la procedura
legislativa ordinaria.
Le importanti delibere che il Consiglio europeo prenda in base al primo o al
secondo comma devono essere prese previa approvazione della maggioranza
dei membri del Parlamento europeo e devono essere trasmesse ai Parlamenti
nazionali; si considerano adottate e produttive di effetti solo se entro sei
mesi da tale trasmissione non ricevano opposizione da parte di uno di detti
Parlamenti.
Non si può non notare che le procedure di revisione semplificata previste
dal primo e dal secondo comma del n. 7 dell’art. 48, a differenza dell’altra
procedura semplificata di cui al n. 6, non richiedono per il loro
perfezionamento l’approvazione degli Stati membri conformemente alle
rispettive norme costituzionali; a bilanciamento di questa ulteriore
semplificazione che esse presentano rispetto alla procedura di revisione
ordinaria, implicano che il loro perfezionamento non possa avvenire in caso
di una opposizione da parte anche di un solo Parlamento nazionale.
TRATTATO INTERGOVERNATIVO SULLA STABILITÀ, IL COORDINAMENTO E
LA GOVERNANCE NELL'UNIONE MONETARIA ED ECONOMICA DEL 31
GENNAIO 2012
Il sistema generale dell’Unione, oggi disciplinato dai Trattati di Lisbona, è
destinato ad essere integrato, quanto meno per la più gran parte dei Paesi
dell’Unione, e comunque per quelli che hanno adottato come moneta unica
l’Euro, dal Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la
governante dell’Unione monetaria ed economica. È stato adottato per far
fronte alla grave crisi finanziaria ed economica determinata dal rilevante
debito pubblico di alcuni Paesi dell’Unione, tra cui Grecia, Spagna,
Portogallo ed Italia.
12
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
IL SISTEMA DELLE COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA
IL PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE
L’Unione europea non ha, come gli Stati, una competenza generale, ma può
agire solo nell’ambito delle competenze che le sono state attribuite.
Pertanto, il suo funzionamento è basato sul cosiddetto “principio di
attribuzione”, sancito n. 2 dell’art. 5 TUE (“l’Unione agisce esclusivamente
nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei
trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza
non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri”).
Su questo principio si basa l’equilibrio che sin dall’inizio del processo di
integrazione europea si è inteso stabilire tra competenze della Comunità e
residue competenze degli Stati membri. È per soddisfare i sentimenti che si
sono manifestati con gli esiti negativi dei referendum francese ed olandese
che il Trattato di Lisbona puntualizza che le competenze dell’Unione “le
sono attribuite dagli Stati membri” e che “qualsiasi competenza non
attribuita all’Unione nei Trattati appartiene agli Stati membri”.
Il rispetto di questo principio non manca di dare luogo a problemi. La Corte
di giustizia ne ha mitigato il rilievo coordinando il suo rispetto con
l’esigenza che ha avvertito di attribuire un effetto utile alle libertà di
circolazione sancite dal diritto dell’Unione.
Un esempio di questo atteggiamento della Corte è costituito dalla sentenza
che essa ha reso il 25 luglio 2008 nel caso Metock. Ha affermato che
l’esercizio da parte di uno Stato membro di proprie competenze esclusive
(quale quella di ammettere nel proprio territorio una persona che abbia la
nazionalità di uno Stato terzo e proveniente direttamente da questo Stato)
non deve dissuadere i cittadini dell’Unione dall’esercitare le libertà di
circolazione previste dal Diritto UE. Si è affermato che questa pronuncia
della Corte di giustizia avrebbe violato il principio delle competenze di
attribuzione sostenendosi che la Comunità ha soltanto la competenza a
disciplinare la libera circolazione all’interno della Comunità. Questa critica,
nonostante sia stata condivisa dall’ex Presidente della Corte costituzionale
tedesca Roman Herzog, secondo il quale la Corte di giustizia nel caso si
sarebbe pronunciata ultra vires, non è stata seguita da tale Corte
costituzionale che con una decisione del 6 luglio 2010 ha affermato che le
competenze dell’Unione devono essere interpretate con spirito di amicizia e
di apertura. Recentissimamente, però, il 31 gennaio 2012, la critica di
Roman Herzog è stata ripresa da una sentenza della Corte costituzionale
della Repubblica Ceca. Con tale sentenza la Corte di quello Stato membro
dell’Unione ha considerato priva di effetti una legge del proprio Paese che
aveva dato un seguito ad una pronuncia della Corte di giustizia che aveva
considerato incompatibile con il principio comunitario di non
discriminazione sulla base della nazionalità una giurisprudenza
costituzionale di tale Paese che prevedeva soltanto a favore di lavoratori
cechi una compensazione, da aggiungersi alla pensione maturata con
13
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
riferimento al lavoro da essi svolto sino alla dissoluzione nel 1993 della
Cecoslovacchia, per l’ulteriore periodo di lavoro dagli stessi svolto in
Slovacchia (lo aveva fatto eliminando quella compensazione per tutti i
lavoratori rimasti attivi in Slovacchia dopo il 1993). La Corte costituzionale
ceca ha considerato quella legge priva di effetti perché ha ritenuto che la
sentenza della Corte di giustizia a cui essa ha inteso dare seguito abbia
applicato il diritto comunitario ad una situazione non presentante un
elemento di estraneità (perché attinente al fenomeno speciale costituito dalla
dissoluzione della Cecoslovacchia e non ai rapporti tra Stati membri) e
perciò non ricadente nelle competenze comunitarie e, pertanto, costituente
una pronuncia ultra vires.
Questa recentissima sentenza non può non essere segnalata perché, come
risulterà da quanto vedremo più avanti, costituisce segno residuo delle
difficoltà che ha incontrato e, sia pure oggi in maniera ridotta, continua ad
incontrare l’applicazione negli Stati membri del diritto dell’Unione europea.
LA PICCOLA REVISIONE PREVISTA DALL’ART. 352 TFUE
Un’altra strada, questa a disposizione delle Istituzioni politiche dell’Unione,
per mitigare il rigore del principio delle competenze di attribuzione, è
costituita dall’utilizzazione da parte di tali istituzioni della clausola di
flessibilità contenuta nell’art. 352, n. 1 TFUE, a termini del quale “Se
un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite
dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi
ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio,
deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa
approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate.
Allorché adotta le disposizioni in questione secondo una procedura
legislativa speciale, il Consiglio delibera altresì all'unanimità su proposta
della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo”.
La Corte di giustizia ha stabilito un limite all’operare di tale clausola di
flessibilità statuendo che essa “non può essere … utilizzata quale base per
l’adozione di disposizioni che condurrebbero, sostanzialmente, con riguardo
alle loro conseguenze, a una modifica del Trattato che sfugga alla procedura
prevista nel Trattato medesimo” (Corte di Giustizia delle Comunità
Europee, Parere 2/94).
COMPETENZE ESCLUSIVE, CONCORRENTI E DI
SOSTEGNO/COORDINAMENTO/COMPLETAMENTO DELL’AZIONE DEGLI
STATATI MEMBRI
Le competenze dell’Unione europea sono di tre tipi: a) esclusive rispetto a
quelle degli Stati membri, b) concorrenti con le medesime, c) di sostegno,
coordinamento o completamento dell’azione degli Stati membri.
A termini del n. 1 dell’art. 3 TFUE “L’Unione ha competenza esclusiva nei
seguenti settori: a) unione doganale (tariffa doganale comune), b)
14
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del
mercato interno, c) politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è
l’euro, d) conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della
politica comune della pesca, e) politica commerciale comune” (misure di
difesa commerciale, accordi commerciali).
Ai sensi del n. 2 della stessa disposizione “L’Unione ha inoltre competenza
esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale
conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è necessaria per
consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in
cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata”.
Nei settori di competenza esclusiva dell’Unione europea solo questa può
adottare atti giuridicamente vincolanti. A termini dell’art. 2, n. 1 TFUE gli
Stati membri li possono adottare solo se autorizzati dall’Unione europea o
per dare attuazione ad atti di questa.
Ai sensi dell’art. 4 n. 1 TFUE le competenze concorrenti dell’Unione
europea hanno carattere residuale nel senso che sono tali tutte quelle
competenze che non sono esclusive o che non riguardano il sostegno, il
coordinamento o completamento dell’azione degli Stati membri. Ad ogni
buon conto l’art. 4, n. 2 TFUE specifica che l’Unione europea ha una
competenza concorrente principalmente nei seguenti settori: a) mercato
interno, b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel
presente trattato, c) coesione economica, sociale e territoriale, d) agricoltura
e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare, e)
ambiente, f) protezione dei consumatori, g) trasporti, h) reti transeuropee, i)
energia, j) spazio di libertà, sicurezza e giustizia, k) problemi comuni di
sicurezza in materia di sanità pubblica.
Nei settori di competenza concorrente dell’Unione europea sia questa che
gli Stati membri possono adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati
membri, però, non possono più esercitare le loro competenze quando l’UE
abbia esercitato le proprie.
Nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio ed in
quelli della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario, che anch’essi
non ricadano nella competenza esclusiva dell’UE, l’Unione ha competenza
per condurre azioni senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per
effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro.
L’Unione ha, infine, competenza per svolgere azioni intese a sostenere,
coordinare, o completare l’azione degli Stati nei seguenti settori: a) tutela e
miglioramento della salute umana, b) industria, c) cultura, d) turismo, e)
istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, f) protezione civile,
g) cooperazione amministrativa.
Questa minuziosa indicazione dei tre tipi di competenze dell’Unione
introdotta dal Trattato di Lisbona è legata all’obiettivo da questo perseguito
di far fronte alla preoccupazione di alcuni Stati membri di limitare le
competenze esclusive dell’Unione e di salvaguardare, nelle materie per cui
15
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
l’Unione ha solo competenze concorrenti, la possibilità di legiferare degli
Stati membri. Bisogna, però, sottolineare che in relazione a questa seconda
serie di materie gli Stati membri mantengono il potere di intervenire nei
limiti in cui l’Unione non le abbia disciplinate. A questo riguardo è utile
tenere presente quanto ne consegue in materia di tutela dei consumatori, in
cui l’Unione ha adottato numerose direttive di armonizzazione. Gli Stati
membri non possono legiferare sugli aspetti espressamente disciplinati da
dette direttive in modo diverso da quello da queste già fatto. Possono farlo
solo quando si tratti di direttive di armonizzazione minima (e non
completa) per integrarne la disciplina e per realizzare una tutela maggiore
dei consumatori.
In Danimarca dei privati, che avevano consumato delle uova acquistate in
un supermercato, che si era rifornito da un produttore danese da esso
distinto, erano stati colpiti da salmonellosi. Avevano allora agito in giudizio,
per chiedere il risarcimento dei danni subiti nei confronti del supermercato
che quelle uova aveva a loro venduto. Lo avevano fatto sulla base di una
legge danese che aveva dato attuazione alla direttiva CEE 85/374
concernente la responsabilità per danni da prodotti difettosi estendendo in
via generale al venditore la responsabilità senza colpa che quella direttiva
invece prevede a carico del produttore, limitandosi a sancirla a carico del
venditore solo in caso di merci vendute nella Comunità ma provenienti da
Pesi terzi.
Richiesta da giudici danesi di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto
comunitario della legge del loro Paese sulla cui base il giudizio era stato
davanti ad essi instaurato, la Corte di giustizia ha considerato che la
Direttiva 85/374/CEE persegue un’armonizzazione completa delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri
relative alla materia. In ragione di ciò ha ritenuto che la legge invocata nella
causa fosse incompatibile con il diritto comunitario e quindi non idonea a
sostenere la pretesa avanzata nei confronti del venditore, nonostante essa
potesse, a prima vista, risultare più idonea a tutelare in modo rapido i
consumatori. Questi, per la Corte, dato che non si trattava di uova importate
da fuori della Comunità, potevano, secondo quanto previsto da quella
direttiva di armonizzazione completa, agire in responsabilità senza colpa
solo nei confronti del produttore (Corte di giustizia, 10 gennaio 2006, Causa
C-402/03, Skov Æg contro Bilka Lavprisvarehus A/S e Bilka Lavprisvarehus
A/S contro Jette Mikkelsen, Michael Due Nielsen).
Ai sensi, poi, dell’art. 5, n.1, TFUE le politiche economiche restano
essenzialmente di competenza degli Stati membri in quanto questi sono
semplicemente tenuti a coordinarle essendo, in materia, il Consiglio
dell’Unione europea unicamente legittimato ad adottare degli indirizzi di
massima.
16
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
LA NON INCIDENZA SULLA COMPETENZA ESCLUSIVA DELL’UNIONE IN
MATERIA MONETRIA DEL FISCAL COMPACT E DEL TRATTATO SALVA STATI
(MES)
Le precisazioni che il TFUE ha fatto con gli articoli 3 (competenze
esclusive), 4 (competenze concorrenti) e 5 (previsione nell’ambito
dell’Unione di un coordinamento da parte degli Stati membri delle loro
politiche economiche) lasciano spazio a problemi interpretativi con
riferimento all’applicazione del Titolo VIII dello stesso TFUE, dedicato alla
politica economica e monetaria
Centrali in tale titolo sono due articoli: l’art. 125 TFUE, che vieta
all’Unione di farsi carico del debito pubblico degli Stati membri (c.d. no-
bail out o divieto di salvataggio finanziario) ed identico divieto impone a
ciascuno Stato membro per quanto riguarda i debiti pubblici degli altri Stati
membri; l’art. 126 TFUE che, correlativamente, stabilisce che gli Stati
membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi.
L’applicazione di queste due disposizioni è risultata particolarmente delicata
con riferimento alla crisi finanziaria che ha interessato prima l’Irlanda ed il
Portogallo e poi la Grecia, la Spagna e l’Italia, Stati tutti, questi, che hanno
adottato l’euro come moneta unica.
L’art. 126 TFUE riprende letteralmente l’art. 104 TCE che era stato
integrato nel tempo da una serie di atti che erano diretti a rinforzare il
divieto da esso stabilito e che avevano dato luogo a quello che è stato
definito come il Patto di stabilità e crescita del 1997, al Six Pack del 2011 ed
all’accordo concluso in forma semplificata Europlus, nonché al Protocollo
n. 20 annesso al Trattato di Maastricht (a sua volta ripreso dal protocollo n.
12 annesso al Trattato di Lisbona) il quale stabiliva che il rapporto tra il
disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo ai prezzi
di mercato non deve superare il 3 % e che il rapporto tra il debito pubblico e
il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato non doveva superare il 60 %.
Quando la crisi finanziaria di detti Paesi si è acuita, e si è avvertito che essa
avrebbe potuto compromettere la stabilità finanziaria dell’area euro e
dell’intera Unione, ci si è resi conto che il rinforzamento del divieto di cui
all’art. 126 TFUE contenuto negli atti di cui sopra non era sufficiente. Si è
allora, tra l’altro, proceduto all’adozione da parte di 25 Paesi membri
dell’Unione – cioè tutti, eccettuati il Regno unito e la Repubblica Ceca – di
due Trattati puramente intergovernativi: il Trattato sulla stabilità, sul
coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e monetaria
(TSCG, firmato il 2 marzo 2012 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2013,
dopo la ratifica da parte di 12 Stati membri, Italia compresa, detto più
sinteticamente “Fiscal Compact”) ed all’adozione il 2 febbraio 2012, da
parte dei 17 Stati membri della zona euro, del c.d. Trattato “salva stati” che
prevede l’istituzione di un meccanismo europeo di stabilità (MES),
destinato ad entrare in vigore alla data di deposito degli strumenti di ratifica,
17
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
approvazione o accettazione da parte di firmatari le cui sottoscrizioni iniziali
siano non meno del 90 % delle sottoscrizioni totali previste.
Il primo Trattato prevede un obbligo degli Stati membri dell’area euro
d’incorporare nel proprio ordinamento giuridico interno il principio del
pareggio di bilancio e di attivare un meccanismo automatico di correzione
che li vincola ad attuare misure per correggere eventuali deviazioni dal
rispetto di tale principio. Il secondo Trattato prevede l’istituzione di un
meccanismo permanente a cui partecipano gli Stati della medesima area
provvisto di una dotazione fissa di 700 milioni di euro versati da questi Stati
da integrarsi con fondi raccolti con l’emissione di strumenti finanziari o
sulla base di accordi con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi. Quel
meccanismo ha la funzione di mobilizzare, secondo condizioni rigorose,
risorse finanziare a beneficio dei suoi membri che si trovino o rischino di
trovarsi in gravi problemi finanziari ove ciò risulti indispensabile per
salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e
quella dei suoi Stati membri.
I due Trattati sono tra loro coordinati in quanto l’assistenza finanziaria
prevista dal Trattato MES può di fatto (come risulta da un considerando, di
per sé non vincolante, di tale Trattato) essere prestata ad uno Stato ad esso
parte alla condizione della ratifica da parte sua del Fiscal Compact e della
trasposizione nella legislazione nazionale dello stesso della regola del
bilancio di pareggio.
Come sarà precisato in appresso, per permettere agli Stati membri la
conclusione di detti due accordi si è ritenuto opportuno fare ricorso alla
procedura di revisione semplificata introdotta dall’art. 48, paragrafo 6 TUE,
che è previsto possa portare alla modifica della parte terza del TFUE e che
comporta, oltre ad una decisione all’unanimità del Consiglio europeo ed alla
consultazione del Parlamento Europeo e della Commissione, la ratifica di
detta decisione da parte degli Stati membri dell’area euro. Le procedure
nazionali di ratifica così richieste, anche in ragione delle contestazioni
politiche che l’iniziativa ha suscitato da parte di gruppi politici ostili al
processo d’integrazione europea, hanno occasionato varie opposizioni: tra
queste un ricorso alla Corte suprema irlandese con cui si è sostenuta
l’illegittimità comunitaria di quegli accordi in quanto con essi gli Stati
membri avrebbero violato la competenza esclusiva che l’art. 3 TFUE
attribuisce all’Unione per quanto riguarda la politica monetaria per gli Stati
membri la cui moneta è l’euro.
Sul punto la Corte suprema irlandese ha chiesto alla Corte di giustizia di
pronunciarsi nel quadro della procedura pregiudiziale prevista dall’art. 267
TFUE. La Corte di giustizia, con la sentenza che ha reso il 27 novembre
2012 nel caso Pringle, ha allora avuto modo di chiarire che, anche se il
Titolo VIII del TFUE porta la denominazione “Politica economica e
monetaria”, le misure di coordinamento delle politiche economiche degli
Stati membri rientrano nella competenza di questi e costituiscono cosa
18
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
diversa dalla politica monetaria. Quest’ultima ha come obiettivo il
mantenimento della stabilità dei prezzi nella zona euro. Il trattato MES non
incide su di essa, opera solo nel quadro della politica economica degli Stati
membri perché costituisce uno strumento complementare al quadro
regolamentare dell’Unione che, per quanto riguarda l’area euro, mira a
consolidare la stabilità macroeconomica ed il buon funzionamento delle
finanze pubbliche degli Stati di quell’area.
La Corte ha, peraltro, escluso che l’assistenza finanziaria che il MES può
prestare ad uno Stato dell’area euro costituisca un salvataggio finanziario,
cioè una violazione del no-bail out contenuto nell’art. 125 TFUE, perché
questo articolo “non vieta la concessione di un’assistenza finanziaria da
parte di uno o più Stati membri ad uno Stato membro che resta responsabile
dei propri impegni nei confronti dei suoi creditori e purché le condizioni
collegate a siffatta assistenza siano tali da stimolarlo all’attuazione di una
politica di bilancio virtuosa” (punti 136 e 137).
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
Ai sensi del n. 1 dell’art. 5 del TUE l’esercizio delle competenze
dell’Unione deve avvenire, innanzitutto, in sintonia con il principio di
sussidiarietà (principio che, come noto, e desunto dalla dottrina della Chiesa
Cattolica).
Il n. 3 della stessa disposizione stabilisce che tale principio opera soltanto
nei settori che non sono di competenza esclusiva dell’Unione. In virtù di
esso “l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione
prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati
membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a
motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti
meglio a livello di Unione”.
In base al Protocollo n. 2, sull’applicazione del principio di sussidiarietà,
annesso al Trattato di Lisbona, prima dell’adozione di un atto legislativo
l’Unione deve operare una valutazione del rispetto di tale principio. Ogni
istituzione che partecipa al processo decisionale deve farsene carico. Il
principio di sussidiarietà è “giustiziabile”, ossia può essere posto alla base di
un’azione di legittimità o di invalidità di fronte al Tribunale e alla Corte di
Giustizia.
Inoltre, il Trattato di Lisbona prevede che le proposte dell’Unione, come
anche gli atti intermedi, vengano inoltrati ai Parlamenti nazionali, i quali,
entro otto settimane dalla trasmissione possono eccepire il mancato rispetto
del principio di sussidiarietà, attraverso la formulazione di un parere
motivato. Se i pareri motivati superano un certo numero, la proposta dovrà
essere riesaminata, ed eventualmente modificata.
19
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ
Lo stesso n. 1 dell’art. 5 del TUE stabilisce, poi, che l’esercizio delle
competenze dell’Unione deve avvenire in conformità con il principio di
proporzionalità.
L’esigenza che tale principio sia rispettato dalle istituzioni nel quadro
dell’esercizio delle loro competenze non era sancita nell’originario Trattato
istitutivo della CEE. Essa è stata all’inizio affermata dalla Corte di giustizia.
Nel caso Etablissements Consten e Grundig-Verkaufs-Gmbh contro
Commissione della CEE (Cause riunite 56 e 58/64) si era posto il problema
della legittimità di una decisione con la quale la Commissione, constatato il
contrasto con il diritto comunitario della concorrenza di un complesso
accordo tra la Società Grundig ed un suo concessionario per la Francia,
aveva dichiarato la nullità dell’intero accordo sulla base della lettera del
secondo paragrafo dell’attuale art. 101 TFUE, a termini del quale “gli
accordi … vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto”.
La Corte ha considerato che questa disposizione dovesse essere applicata
alla luce del principio di proporzionalità, inteso come principio generale di
diritto integrativo di quanto espressamente previsto dal testo del Trattato
istitutivo della Comunità. Ha così superato le indicazioni che le potevano
venire dalla lettera della disposizione. Rilevato che “la nullità assoluta
sancita [dall’attuale art. 101, paragrafo 2, TFUE] colpisce i soli elementi
dell’accordo soggetto al divieto, ovvero l’accordo nel suo complesso
qualora detti elementi appaiano essenziali per l’accordo stesso”, ne ha
desunto che la decisione impugnata “va annullata nella parte in cui estende,
senza valido motivo, la nullità a tutte le clausole dell’accordo”.
Introdotto così nell’esperienza giuridica comunitaria il principio che ora si
trova sancito nell’art. 5 TUE, è stato previsto dal diritto scritto dell’Unione a
partire dal Trattato di Maastricht. La giurisprudenza ne ha esteso
l’applicazione statuendo che esso opera anche come limite all’esercizio di
competenze degli Stati membri che abbia luogo quando esso sia richiesto o
dai Trattati o da un atto comunitario.
Ora il n. 4 dell’art. 5 del Trattato di Lisbona stabilisce che “il contenuto e la
forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il
conseguimento degli obiettivi dei trattati”. Il Protocollo n. 2
sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, dal canto
suo, precisa che “I progetti di atti legislativi tengono conto della necessità
che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono
sull'Unione, sui governi nazionali, sugli enti regionali o locali, sugli
operatori economici e sui cittadini siano il meno gravosi possibile e
commisurati all'obiettivo da conseguire”.
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Elezioni: ecco perché l’Europa è un beneficio per l’Italia - 22 febbraio 2013
Dalla pace alla stabilità, dalla libertà alla concorrenza: una lettera-
appello di dirigenti, professionisti e funzionari risponde alle critiche
piovute sull’Ue a scopi elettorali
Riceviamo e volentieri pubblichiamo: La crisi dell’Italia non dipende
dall’Europa: il Paese trae beneficio dall’appartenenza all’Unione
europea
In termini economici i benefici sono incommensurabili. Per menzionarne
solo alcuni:
i)la libera circolazione beni, servizi, capitali e persone ha creato un mercato
unico di milioni di consumatori, consentendo un interscambio commerciale
eccezionale tra noi e i nostri partner europei;
ii)la liberalizzazione dei settori delle pubbliche utilità (telecomunicazioni,
energia, trasporti, poste), tutta di matrice comunitaria, ha consentito un
abbattimento vertiginoso delle tariffe pagate da noi utenti; si pensi per es.
alle tariffe della telefonia mobile che sono crollate raggiungendo livelli solo
qualche anno fa impensabili.
iii)L’UE ha una forte componente sociale: innumerevoli sono le direttive UE
in materia di protezione dei lavoratori, delle donne, delle fasce deboli, che
hanno obbligato tutti gli Stati membri a prevedere standard minimi di tutela;
così come la legislazione europea si è preoccupata di tutelare gli studenti (si
pensi alle direttive sul riconoscimento dei diplomi o al programma di
scambio ERASMUS), dando ai nostri giovani migliori prospettive
internazionali in termini di formazione e lavorativi.
iv)La disciplina della concorrenza, introdotta in Italia solo nel 1990 su
ispirazione dell’UE, per quanto imperfettamente, ha consentito di
combattere cartelli e abusi di posizione dominante a vantaggio della
collettività (prezzi più bassi, migliore qualità, maggiore offerta).
v)Il controllo degli aiuti di stato ha frenato la naturale inclinazione di alcuni
Stati a concedere alle imprese sussidi distorsivi, limitando lo sperpero di
danaro pubblico;
vi)La disciplina di tutela del consumatore, anch’essa interamente di matrice
comunitaria, ha consentito di sventare monumentali truffe ai danni dei
consumatori, imponendo elevati standard di tutela di cui tutti noi oggi
beneficiamo in qualità di consumatori.
vii)La disciplina degli appalti pubblici, anch’essa di derivazione
comunitaria, ha promosso un principio benefico di concorrenza e
trasparenza per il mercato che ha consentito alla pubblica amministrazione e
agli enti pubblici ingenti risparmi ogni qualvolta devono procacciarsi beni e
servizi per la collettività.
viii)I fondi europei di sviluppo e coesione e quelli infrastrutturali, per
quanto spesso mal utilizzati dal nostro paese, rappresentano un volano
importante per le economie delle nostre regioni, ed hanno tra l’altro
contribuito alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali di interesse
21
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
collettivo (si pensi alla metropolitana di Napoli, alle reti tranviarie di
Firenze, alla ristrutturazione dei porti di Genova e Civitavecchia, per citare
solo alcuni esempi).
ix)La tutela dell’ambiente, una delle priorità della UE, ha dato voce a
esigenze per anni ignorate nel nostro paese.
x)Anche la politica di liberalizzazione degli scambi commerciali perseguita
dalla UE con i paesi extra-europei (WTO), sebbene faccia talvolta oggetto di
critiche per gli effetti negativi su alcuni comparti della nostra economia, a
una più attenta e distaccata riflessione rappresenta l’unica strada percorribile
in un mondo globalizzato cui sono conseguiti molti effetti benefici: essa ha
difatti consentito a noi e ai nostri partner europei di esportare beni e servizi
a valore aggiunto, lasciando ai paesi meno sviluppati i mercati di beni a più
scarso rendimento.
xi)Infine l’euro, tanto criticato, ha prodotto i benefici più concreti,
considerato che l’ancoraggio a una moneta forte ha sconfitto l’inflazione, il
che ha consentito agli italiani di contrarre mutui a tassi di interesse
favorevoli per comprare casa, e allo Stato italiano – e quindi ai contribuenti-
di finanziare il proprio debito pubblico risparmiando miliardi.
22
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la
governance nell'Unione monetaria ed economica
Patto bilancio
La scheda
I punti principali del "Trattato intergovernativo sulla stabilità, il
coordinamento e la governance nell'Unione monetaria ed economica" su cui
i paesi Ue hanno trovato un accordo
Fonte Ansa - Ecco i punti principali del "Trattato intergovernativo sulla
stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione monetaria ed
economica" su cui i paesi Ue hanno trovato un accordo.
CHI PARTECIPA - Tutti i paesi della Ue, tranne la Gran Bretagna e la
Repubblica ceca. Londra si è tirata fuori fin dall'inizio, Praga a sorpresa,
all'ultimo momento, ma potrebbe ancora rientrare.
OBBLIGO AL PAREGGIO - Il 'contratto' tra i 25 introduce la 'regola
d'orò del pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali e/o in legislazioni
equivalenti e prevede "sanzioni semiautomatiche" contro ogni "violazione
del criterio dell'avanzo". L'equilibrio è definito come un deficit strutturale
(al di fuori degli elementi eccezionali e del pagamento degli interessi sul
debito) ad un livello massimo dello 0,5% del Pil. Per i paesi che hanno un
debito al di sotto del tetto del 60% del Pil il margine di tolleranza sale
all'1%. Le procedure potranno essere bloccate solo con una maggioranza
qualificata contraria (85%). I governi hanno un anno di tempo a partire
dall'entrata in vigore del Trattato per mettere in atto le nuove norme sul
pareggio.
SANZIONI E MULTE - La Corte di giustizia Ue potrà imporre sanzioni
fino a un massimo dello 0,1% del Pil ai Paesi che non introdurranno
l'obbligo del pareggio di bilancio nelle norme nazionali. Le multe "dovranno
essere versate all'Esm", il fondo salva-Stati permanente che dal primo luglio
prossimo subentrerà all'Efsf. A decidere un importo delle ammende
"adeguate alle circostanze" sarà la Corte di giustizia Ue e la sanzione
pecuniaria potrà scattare quando il Paese al centro della procedura risulterà
recidivo, ovvero colpevole di non aver rispettato una prima sentenza di
condanna emessa dalla stessa Corte.
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
CHI DENUNCIA - Il potere di 'denunciare' ai giudici europei un Paese
indisciplinato potrà essere esercitato sia dalla Commissione europea che da
un altro Paese della zona euro firmatario dell'accordo.
RITMO DI RIDUZIONE DEL DEBITO - Il Patto prevede l'obbligo di
rientrare verso il tetto del 60% del Pil al ritmo di 1/20 l'anno per la parte
eccedente. Il testo fa riferimento al 'six pack' in cui si menzionano gli altri
"fattori rilevanti" che concorrono a determinare la sostenibilità di medio
periodo (indebitamento privato, spesa pensionistica, attivo patrimoniale).
ESM, AIUTI SOLO A CHI FIRMA - L'avvio di "nuovi programmi di
assistenza finanziaria attraverso l'intervento dell'Esm sarà condizionato alla
ratifica del nuovo Trattato da parte del Paese interessato".
PAESI NON EURO AI SUMMIT - Il testo è stato cambiato per accogliere
la richiesta della Polonia. Il compromesso prevede "almeno" tre summit
dell'Eurogruppo l'anno e la partecipazione dei paesi firmatari non euro ad
"almeno" uno.
IN VIGORE DOPO 12 RATIFICHE - Il Patto diventerà operativo il
primo gennaio 2013, non appena "sottoscritto da almeno 12 Paesi membri
dell'euro". Il processo di ratifica (parlamento o referendum) è deciso dai
singoli paesi.
ENTRO CINQUE ANNI NEI TRATTATI - Entro cinque anni le nuove
regole devono rientrare nella cornice dei Trattati Ue esistenti.
HTTP://EUOBSERVER.COM/ [COMMENT] STOP THE EUROPEAN COURT OF
JUSTICE
ROMAN HERZOG AND LÜDER GERKEN 10.09.2008 @ 10:07 CET
EUOBSERVER/COMMENT - Judicial decision-making in Europe is in deep
trouble. The reason is to be found in the European Court of Justice (ECJ), whose
justifications for depriving member states of their very own fundamental
competences and interfering heavily in their legal systems are becoming
increasingly astonishing. In so doing, it has squandered a great deal of the trust it
used to enjoy.
Hence, it is only logical that the German Federal Constitutional Court recently
decided to intervene. Very soon it will have to render a judgement that will be of
fundamental importance for the further development of European jurisdiction,
since it concerns the question of whether the excessive legal practice of the ECJ
should in future once again be subject to stricter controls by the German Federal
Constitutional Court, or whether the Federal Constitutional Court should resign
once and for all from its watchdog position.
What triggered this decisive case was a lawsuit staged by two lawyers. In the
course of the labour market reforms established under the red-green coalition
(Social Democrats with the Alliance 90 and the Green Party), at the end of 2002,
the age limit at which employees are entitled to enter into temporary employment
contracts without restrictions had been temporarily reduced from 58 to 52 years.
The aim was to increase the chances for older unemployed people to find a job.
The high level of protection against unwarranted dismissal in Germany combined
with the concern of many employers that the performance of older people might
24
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
weaken, meant that people over fifty often had no real opportunity for reintegration
into the labour market.
In 2000, the European Union (EU) passed a non-discrimination directive which
prohibited the unequal treatment of people in "employment and occupation" on
account of age. Of course this EU directive also contains an explicit provision that
member states may discriminate against people due to age if such practice serves to
foster employment. The manner in which this provision is realised is largely left to
the member states.
However, two lawyers in Munich held the view that this reduction of the age limit
constituted an infringement of the said EU directive, and so they brought the case
to court in 2003. The ECJ judged as follows: The German labour market reform
was in fact deemed incompatible with the EU's non-discrimination directive, since
it could not be "proved" that the German reform provisions were "objectively
required" for the stimulation of the employment of older employees. This so-called
"Mangold Judgement" is disputable for various reasons.
Firstly, both labour market policy and social policy are still core competences of
the member states. However, this case clearly demonstrates to what extent EU
regulation and EU jurisdiction nevertheless interfere in the governing of these core
competences.
For even though the EC Treaty allows for a European regulation of non-
discrimination, the question of why the EU regulates age discrimination on the
labour market at all is raised in all its seriousness. According to the principle of
subsidiarity, the EU may take action only if it really has a better solution to a
problem than the member states.
According to law as it exists, a basic criterion for such a situation is that the
problem must concern an issue of transboundary impact. However, unlike the
question of nationality, age discrimination does not have any transboundary
relevance and can therefore be easily dealt with by the member states themselves.
Yet, the court blithely ignored it.
At least the EU directive does declare unequal treatment on account of age as
expressly admissible for the purpose of promoting employment in the member
states, but even this did not concern the ECJ. Despite everything, it overthrew the
German employment promotion measure.
Secondly, EU directives do not apply to member states directly, but first have to be
transposed by the national legislature, which may resolve on the form and methods
of the relevant measure independently. Germany had to transpose the
aforementioned non-discrimination directive by 2 December 2006. Therefore, there
was no obligation to transpose it. Moreover, the lowering of the age limit was due
to expire anyway by 31 December 2006, in other words a few days after the expiry
of the enforcement deadline. This was also ignored by the ECJ.
Thirdly, to justify its judgement, the ECJ resorted to a somewhat adventurous
construction. The ECJ believed it had found a ban on age discrimination within the
"constitutional traditions common to the Member States" and "various international
treaties". So it was not actually the non-discrimination directive (as yet to be
enforced) which caused the German reform provision to breach EU law, but a
"general principle of community law".
However, this "general principle of community law" was a fabrication. In only two
of the then 25 member states – namely Finland and Portugal – is there any
25
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
reference to a ban on age discrimination, and in not one international treaty is there
any mention at all of there being such a ban, contrary to the terse allegation of the
ECJ. Consequently, it is not difficult to see why the ECJ dispensed with any degree
of specification or any proof of its allegation. To put it bluntly, with this
construction which the ECJ more or less pulled out of a hat, they were acting not as
part of the judicial power but as the legislature.
Fourthly, in its judgement the ECJ ordered the German reform provision to remain
"not applied" with immediate effect. In fact, it was declared null and void. This
also constitutes a highly questionable paradigm shift. The EC Treaty stipulates that
member states are not directly bound by EU directives. This means that it is not the
EU directives but the national transposition laws that must first create rights and
duties for citizens.
The ECJ used to respect this, too: If the national law of a member state was not
compatible with an EU directive, the ECJ confined itself to pointing out the
inconsistency. Although the member state concerned then had to revise its law, the
former version (incompatible with EU law) remained in effect until that was done.
Hence, citizens could rely on the binding effect of their national laws. This has now
changed: As a consequence of the ECJ judgement, all temporary employment
contracts concluded during the German labour market reform were converted into
regular employment contracts overnight – resulting in the subsequent material
damage incurred by the affected companies.
With these four dubieties, the "Mangold Judgement" provoked almost unanimous
and massive criticism among legal experts.
A change of scene: again in 2003, a company based near Hamburg entered into a
temporary employment contract with a 53-year old employee under the German
labour market reform. Shortly before his contract expired, the employee took legal
action. He claimed that the reform was not compatible with EU law. The
responsible labour court dismissed the case, as did the court of appeal. Thereupon,
the complainant took his case to the German Federal Labour Court. Meanwhile, the
Mangold Judgement had been reached. The German Federal Labour Court adopted
the reasoning given therein and, despite the questionable nature of the judgement,
denied the right to resubmit the judgement either to the ECJ in order to clarify it, or
to the German Federal Constitutional Court, and further annulled the lower court
judgements. Subsequently, the company filed a constitutional complaint against
this decision. It asserted several infringements of the German Constitution.
The German Federal Constitutional Court has been dealing with this constitutional
complaint for quite a while. This alone should be taken by the ECJ as a warning.
For in 1986, the court virtually delegated the assessment of whether European acts
are compatible with fundamental rights to the ECJ ("Solange II Judgement"): It had
assumed that on a European level the compliance of fundamental rights would be
safeguarded through the ECJ to a similar extent, as in Germany. It only wanted to
intervene if the protection of fundamental rights was being weakened in general
and not just in single cases. How important that explicit reservation is will be
shown when the Federal Constitutional Court passes judgement on the "Mangold
Judgement", which, in many respects, has created a fundamentally changed legal
situation.
Irrespective of this, the "Mangold Judgement" also has to be viewed in light of the
"Maastricht Judgement" by the German Federal Constitutional Court of 1993.
26
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
There it is of vital importance that the institutions of the EU, including the ECJ,
adhere to the limits of competences granted by the EC Treaty – namely, the EC
Treaty version approved by the German national Parliament (Bundestag). Any
action, and in particular any development of the law by judicial interpretation that
exceeds such limits is not covered by the act of assent of the German Bundestag
and therefore has to be deemed null and void in Germany.
In the present case the ECJ acted as legislator. With reference to alleged
international treaties and constitutional traditions of the member states, the ECJ
invented EU law. Within the time limit for the transposition of an EU directive it
ordered the inapplicability of an existing national regulation to citizens. It is
obvious that there is an inadmissible extension of the EC Treaty, inherent in a
"fulminating court order", so to speak.
The "Mangold Judgement" of the ECJ is only one of many judgements
significantly interfering with competences of the member states and thus provoked
massive criticism by irritated experts. Here are only three recent examples:
First example: In 2006 the ECJ adopted a statutory tobacco ad ban in the EU that
applies in particular to local papers. The EU had banned tobacco ads in papers in
the light of health care policy. However, since the EU does not have sufficient
legislative competence in the field of health care, a way round it was thought out.
According to the EU the single market would be impeded if there was no such EU-
wide ban. For a national tobacco ad ban in one single member state would lead to
foreign newspapers containing tobacco ads not being allowed to be sold in that
state.
The Federal Republic of Germany, deeming that argument artificial, asserted an
infringement of competences by the EU and sued. However, the ECJ dismissed the
case, reasoning that different tobacco ad rules in the member states actually impede
the single market. The fact that local papers are hardly ever sold abroad and
therefore an actual impediment does not exist was not considered by the ECJ. The
vital German counter-argument that all tobacco ad bans hitherto existing in the
member states expressly excluded foreign newspapers and thus could not impede
the free sale of foreign newspapers containing tobacco ads was simply "turned
upside down". The fact that national ad bans contained such exemptions
demonstrated that national legislators also considered the issue as being a real
problem.
Second example: In 2005 and 2007, two judgements of the ECJ established an EU
competence in the field of criminal law. With reference to what are in actual fact
unmistakable provisions in the EC Treaty, almost all member states had firmly
stated that such a competence did not exist. However, the ECJ argued quite the
opposite.
The ECJ's argumentation was as follows: "As a general rule, neither criminal law
nor the rules of criminal procedure fall within the Community's competence.
However, the last-mentioned finding does not prevent the Community legislature
from taking measures which relate to the criminal law of the member states that it
considers necessary" in order to enforce EU law, here in the field of environmental
policy, and to oblige the Member States "to introduce such penalties." So that is
what the ECJ has to say on the relationship between the European Union and the
still so-called "Masters of the Treaties".
27
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Third example: In 2006 the ECJ granted the right of residence to a deported
Tunisian, although the Euro-Mediterranean-Agreement between Tunisia and the
EU Member States excludes this explicitly. Amongst other things, the agreement
provides that Tunisians in the EU and EU residents in Tunisia may not be treated
unequally in terms of working conditions for employees. Warned by an earlier
judgement of the ECJ, the EU member states unmistakably defined in the
agreement that the right of residence for foreigners is exclusively within the
member states' competence and, in particular, that the non-discrimination principle
may not apply to labour conditions in order to extend any residence permits. Thus
discrimination suits should be excluded where labour permits would be played off
against limited rights of residence.
However, the ECJ overturned the unambiguous wording of the agreement and
argued the opposite: according to the ECJ, the non-discrimination principle of the
agreement also applied to issues of the right of residence. The arrogance the ECJ
demonstrated in the process culminates in the reasoning of the judgement: "It
would be quite unacceptable for the member states to deal with the principle of
non-discrimination by using provisions of national law to limit its effectiveness."
That option would "jeopardise the uniform application of that principle."
What would happen in Germany if, for instance, the Federal Labour Court imposed
such regulations upon the legislator? Yet, at the European level, such incapacitation
of the "Masters of the Treaties" appears to go unresisted!
The fact that this is not the only case where the ECJ turns the will of the legislator
into the opposite is proved by the judgement on the EU Students Directive, which
granted Belgian welfare aid to a French studying in Belgium, although the entire
EU law expresses the non-existence of such claims, which is even excluded in the
EU Students Directive itself: Pursuant to Article 1 of the directive, students may
study abroad solely if they provide evidence of enough means of subsistence to
secure that "he and his family have sufficient resources to avoid becoming a burden
on the social assistance system of the host member state during their period of
residence." The ECJ said: "On the other hand, there are no provisions in the
directive that preclude those to whom it applies from receiving social security
benefits."
And that is what the ECJ has to say on the value of legal wording.
In its Maastricht judgement, the Federal Constitutional Court refers to an
interpretation of EU law "guided by the effet utile principle, i.e., the broadest
possible interpretation of Community powers". So far so good. But the latest
settled case-law of the ECJ reinforces the impression that the ECJ long since left
such limitations behind them.
The cases described show that the ECJ deliberately and systematically ignores
fundamental principles of the Western interpretation of law, that its decisions are
based on sloppy argumentation, that it ignores the will of the legislator, or even
turns it into its opposite, and invents legal principles serving as grounds for later
judgements. They show that the ECJ undermines the competences of the member
states even in the core fields of national powers.
The conclusion one comes to is clear: The ECJ is not suitable as a subsidiarity
controller in the last instance and a protector of the member states' interests. This is
not surprising, as first of all, according to Articles 1 and 5 of the EU Treaty, the
ECJ is obliged to participate in the "process of creating an ever closer union".
28
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Secondly, an EU-biased jurisdiction of the ECJ leads to the situation that the areas
where the ECJ may judge are also growing, thereby displacing member states'
courts, which means that the ECJ is constantly gaining influence. This general
tendency is not modified by the occasional deliberately cautious ECJ judgements
passed in order to serve as a sedative to the growing resentment of the member
states. Against this background and in light of the achieved integration level in the
EU, it is absolutely vital that an ECJ independent court for competence issues be
set up.
The ECJ was created with the aim of providing a arbitrator to mediate in the
interests of the EU and those of the member states. In assigning the ECJ with
comprehensive rights of decision-making, the assumption was that they could be
trusted to take on this responsibility in an unbiased way and in compliance with the
rules of the judiciary. If the ECJ abuses this confidence, it need not be surprised
when it breaks down.
Against this background, the question the Federal Constitutional Court now has to
answer regarding the Mangold Judgement is crucial: if decided in favour of the
litigants, the ECJ would be restrained. This would also mean that the ECJ
Judgement would not be applied in Germany so that the precedence of EU law over
national law would be overturned. But this would be acceptable. Not only because
the non-discrimination directive is now in force and thus the non-applicability of
the ECJ Judgement would not entail any significant impacts on the legal unity in
the EU, but even more because a judgement which dismissed a constitutional
complaint would make it much more difficult, probably impossible, for the Federal
Constitutional Court to control the ECJ in the future.
It will be interesting to see what the German Federal Constitutional Court decides.
Former German President Roman Herzog has acted as president of the Federal
Constitutional Court of Germany and chaired the convention drafting the
European Union Charter of Fundamental Right. Lüder Gerken is Director of the
Centre for European Policy.
COMUNICATO STAMPA DEL PARLAMENTO EUROPEO - LA CARTA UE DEI
DIRITTI FONDAMENTALI: L'ESSENZA DELL'IDENTITÀ EUROPEA 12-12-2007
Alla vigilia della firma del Trattato di Lisbona, i presidenti di Parlamento,
Commissione e Consiglio UE hanno firmato solennemente la Carta dei diritti
fondamentali che lo stesso trattato rende vincolante.
Il Presidente Pöttering ha sottolineato che, affermando la centralità della dignità
umana, essa rappresenta l'essenza dell'unificazione europea e indica la via per un
futuro comune di pace. Ha anche ammonito che, nella comunità di valori che è
l'UE, non ci sono diritti senza doveri.
«Per i cittadini oggi è un giorno di gioia» è quanto ha affermato il Presidente del
Parlamento Hans-Gert Pöttering aprendo la seduta solenne dedicata alla firma della
Carta dei diritti fondamentali. Cinquant'anni dopo la creazione della Comunità
europea, fondata sulle rovine della seconda guerra mondiale, ha sottolineato il
Presidente, «celebriamo oggi i valori comuni che sono l'essenza stessa dell'identità
europea». La Carta dei diritti fondamentali, ha proseguito, «è il simbolo del
cammino che ci ha portato a un'Unione dei cittadini». Essa dimostra «cha abbiano
tratto la principale lezione dalla storia europea: il rispetto della dignità
dell'individuo, la salvaguardia della libertà che abbiamo conquistato, della pace e
29
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
della democrazia e lo Stato di diritto, sono ancora oggi il motore dell'unificazione
europea».
La libertà non può nascere senza il rispetto dei diritti degli altri, ha aggiunto il
Presidente, e la pace non può sbocciare senza un equilibrio nella convivenza,
«libertà, pace, diritto e benessere sociale, non sono possibile che assieme e non
l'uno contro l'altro». Nell'Unione europea, ha aggiunto, «non è la forza che ha
diritto, ma è il diritto ad avere la forza». E' questo, ha spiegato, «che conferisce alla
nostra comunità di valori il suo volto moderno». Ha quindi esclamato che «solo il
diritto garantisce a tutti la pace!». La caduta della cortina di ferro e l'adesione di
dodici paesi all'Unione europea, ha affermato il Presidente, sono state possibili
perché «il grido della libertà e della democrazia, la forza dell'esigenza di parità di
diritti per tutti gli uomini, hanno vinto contro un'ideologia che disprezzava la
persona umana».
La Dichiarazione di Berlino, ha poi ricordato, proclama una cosa molto importante:
«Noi cittadini dell'Unione europea siamo, per nostra felicità, uniti». E' infatti «per
la nostra felicità», ha spiegato, «che libertà, democrazia e diritti umani per noi tutti,
nell'Unione europea, sono diventati realtà». Nel proclamare solennemente la Carta,
«abbiamo d'ora in avanti il grande dovere e la grande fortuna di fare capire ai 500
milioni di cittadini dell'UE e alle generazioni future, ciò che è l'essenza
dell'unificazione europea». Dopo aver sottolineato che l'UE non è solamente
«calcoli economici dei costi e dei benefici», ma anche una «comunità di valori»?
Valori, la cui chiave di volta «è il rispetto inalienabile della dignità della persona»
consacrato dall'articolo 1 della Carta, e che sono alla base dell'integrazione
dell'Europa.
E' per questa ragione, ha sottolineato il Presidente, che il riconoscimento, con forza
vincolante, della Carta dei diritti fondamentali, «era per il Parlamento un elemento
indispensabile di qualsiasi accordo sulla riforma dei trattati». E il Parlamento è
riuscito a far valere la sua posizione: il riferimento alla Carta, iscritto all'articolo 6
del trattato, «le conferisce un carattere giuridicamente vincolante pari a quello del
trattato stesso». L'uomo e la sua dignità, ha proseguito, «sono al centro della nostra
politica» e l'UE «offre un quadro che ci permetterà di seguire la via pacifica di un
futuro comune».
Senza questa base chiaramente definita di valori, ha proseguito il Presidente,
«l'Unione europea non ha futuro». E non avremmo «il diritto di esigere il rispetto
dei diritti umani nel mondo se non riuscissimo a tradurre i nostri propri valori in
diritto positivo nell'Unione europea». Come europei, ha invece insistito,
«dobbiamo agire per difendere la dignità dell'uomo e il dialogo tra le culture, lo
possiamo fare con la consapevolezza di ciò che siamo, ma dobbiamo farlo con una
volontà indefessa: nessuno ci potrà ostacolare!».
Dopo aver ricordato l'influenza svolta dal Parlamento nella definizione della Carta
sin dai tempi della Convenzione, il Presidente ha sottolineato che essa consacra i
diritti economici e sociali, ma anche quelli politici. Tutela inoltre i diritti
fondamentali nei campi d'attività dell'UE e nell'applicazione del diritto
comunitario. Grazie alla Carta, tutti i cittadini dell'Unione potranno appellarsi alla
Corte di giustizia. Ha quindi auspicato che essa sarà presto applicabile in tutti gli
Stati membri. A questo proposito ha lanciato un appello: «i diritti umani e i diritti
fondamentali sono indivisibili, nell'interesse di tutti i cittadini dell'UE, tutti gli Stati
membri dovrebbero aderire alla Carta».
30
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Il Presidente ha poi sottolineato che se, da un lato, la proclamazione della Carta
conferisce ai cittadini il potere di far valere i propri diritti, dall'altro è anche
l'occasione di prendere coscienza che hanno anche dei doveri nei confronti della
comunità degli europei, del mondo e delle generazioni future». «Non ci sono diritti
senza doveri, poiché è la solidarietà che ci unisce». Stiamo costruendo un'Unione
di cittadini, ha concluso il Presidente, e la proclamazione della carta apporta all'UE
fondamenta solide. Dimostra inoltre che la nostra comunità di valori «è viva e
prospera». «E' una grande vittoria per i cittadini europei!».
«Oggi 12 dicembre sarà d'ora in poi una data fondamentale della storia europea»,
ha esordito il Presidente del Consiglio José SÓCRATES, affermando che questa è
la cerimonia più importante alla quale abbia partecipato in tutta la sua carriera
politica. Come europeo e portoghese, si è detto quindi particolarmente onorato di
firmare la Carta dei diritti fondamentali, sottolineando che è proprio sotto
presidenza portoghese, nel 2000, che erano iniziati i lavori per la sua stesura. La
Carta, ha proseguito, è «un impegno che contiene i valori di base della civiltà
europea», facendo leva sulla dignità dell'uomo.
Dopo aver ricordato che il trattato prevede l'adesione dell'UE alla Convenzione sui
diritti umani del Consiglio d'Europa, il Primo ministro ha sottolineato che, a partire
da oggi, i diritti fondamentali «diventano in modo irreversibile patrimonio comune
della civiltà europea». Si tratta anche di un importante strumento che orienterà
l'azione politica e legislativa delle istituzioni europee e dimostra ai cittadini che
l'UE è al loro servizio. Prevede diritti sociali, nel campo professionale e della
previdenza, è la Carta dell'uguaglianza contro ogni discriminazione, pone
particolare attenzione ai bambini, agli anziani e alla parità di genere, comprende
norme sui dati personali e contempla le libertà economiche. E' inoltre «fedele alla
nostre tradizioni» e, in proposito, ha salutato con favore l'accordo cui è giunto il
Consiglio UE sulla proclamazione di una giornata europea contro la pena di morte.
La Carta, inoltre, concilia i diritti dei cittadini con quello dei singoli, toccando
anche i cittadini non europei. Il Primo Ministro, sottolineando che un mondo
migliore è quello dove sono rispettati questi diritti, ha poi sostenuto che la Carta è
anche al servizio della politica estera europea e rappresenta «un faro per l'UE sulla
scena internazionale». Con la Carta i cittadini possono riconoscersi in un'Unione
che è un progetto di pace e democrazia, dove i diritti dei singoli sono rispettati. Ha
quindi evidenziato che la proclamazione della Carta ha un valore giuridico preciso:
con essa diventa «una legge fondamentale a vantaggio di tutti». In un mondo
globalizzato «in cui molti sostengono che le regole economiche siano assolute», ha
aggiunto il Primo Ministro, il riconoscimento della Carta UE è un contributo
notevole alla regolamentazione della globalizzazione.
Vincolando gli Stati membri e le istituzioni UE al suo rispetto, la Carta ne limita i
poteri a favore dei cittadini, nel rispetto della sussidiarietà e rafforzando la natura
democratica dell'Unione europea. La difesa dei diritti fondamentali, che diventa
parte del «codice genetico dell'UE», dovrà essere realizzata ogni giorno, da parte
degli Stati, delle Istituzioni, della società civile, delle imprese, dei sindacati e dei
singoli cittadini. Si tratta di un impegno a favore del rispetto e dell'applicazione di
principi nell'azione quotidiana. «Solo così saremo infatti degni delle nostre
tradizioni».
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione europea, ha sottolineato
anzitutto l'elevato significato della proclamazione, «che consacra la cultura dei
31
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
diritti dell'Unione europea». Con la firma della Carta dei diritti fondamentali, ha
aggiunto, le tre Istituzioni europee ribadiscono il loro impegno e permettono di
realizzare un importante passo avanti rendendola vincolante e dandole lo stesso
valore giuridico dei trattati. La Carta ha aggiunto, porta concreti benefici per i
cittadini, mette al centro la dignità umana e prevede le classiche libertà civili (di
espressione, di religione, non discriminazione, ecc.), i diritti sociali e economici,
dei lavoratori e delle parti sociali. Ma introduce anche nuovi diritti come quello alla
tutela dei dati personali e quelli relativi alla bioetica.
La Carta, ha proseguito, promuove l'ancoraggio dell'UE a una vera cultura dei
diritti fondamentali che dovranno essere rispettati dalle Istituzioni in tutte le loro
azioni. «Può sembrare facile», ha spiegato, «ma si tratta in realtà di una sfida
quotidiana al fine di assicurare al meglio il rispetto delle libertà civili in tutte le
politiche dell'Unione», legiferando sul mercato interno, nella gestione
dell'immigrazione o negli sforzi per lottare contro il terrorismo. La Carta, ha
aggiunto, è il primo documento giuridicamente vincolante prodotto a livello
internazionale che raggruppi, in un testo unico, diritti politici e civici ma anche
diritti economici e sociali, sottoposti allo stesso meccanismo giudiziario. Si tratta,
senza dubbio, di «un successo importante di cui l'Unione deve essere orgogliosa».
E' particolarmente significativo, ha poi sottolineato, che ciò sia possibile in questa
nuova Europa ampliata che fu divisa da regimi totalitari e autoritari che non
rispettavano i diritti umani. Un'Europa che oggi «è unita intorno ai valori della
libertà e della solidarietà». Se uniamo i nostri sforzi per stimolare questa cultura dei
diritti umani, «apporteremo un contributo essenziale a una vera Europa dei valori,
tangibili e credibili agli occhi dei cittadini». Ha quindi concluso che, a partire da
oggi, «l'Europa è ancora meglio attrezzata per vincere con successo la lotta per
libertà, la pace e la democrazia».
I tre presidenti hanno quindi firmato la Carta, nell'Aula è poi risuonato l'Inno
europeo.
BACKGROUND – STATUTO GIURIDICO E CAPITOLI DELLA CARTA DEI DIRITTI
FONDAMENTALI
Il Consiglio europeo di giugno 2007 ha deciso di non includere il testo della Carta
dei diritti fondamentali nel nuovo trattato. Nel mandato per la conferenza
intergovernativa (CIG) era proposto solamente di farla figurare come una
dichiarazione allegata al trattato. Su iniziativa dei rappresentanti del Parlamento
alla CIG, invece, si è deciso di procedere a una vera e propria proclamazione
solenne che è, allo stesso tempo, simbolica e formale. L'articolo del trattato che
conferirà carattere giuridicamente vincolante alla Carta, infatti, farà riferimento a
tale proclamazione. Il testo della Carta sarà inoltre pubblicato integralmente sulla
Gazzetta Ufficiale dell'UE. In merito al suo statuto giuridico, dando seguito alle
insistenze del Parlamento, i capi di Stato e di governo hanno deciso di conferire
alla Carta un carattere vincolante. Le sue disposizioni si applicano quindi alle
istituzioni, organi e organismi dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà,
come pure agli Stati membri, ma «esclusivamente nell'attuazione del diritto
dell'Unione». Pertanto, questi dovranno osservarne i principi e promuoverne
l'applicazione. La Carta, peraltro, «non estende l'ambito di applicazione del diritto
32
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
dell'Unione al di là delle competenze dell'Unione, né introduce competenze nuove
o compiti nuovi per l'Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei
trattati». La Corte di giustizia dell'Unione europea, una volta ratificato il trattato di
Lisbona, avrà il compito di assicurare che la Carta dei diritti fondamentali sia
rispettata.
In una risoluzione adottata il 29 novembre 2007 con 534 voti favorevoli, 85
contrari e 21 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato formalmente lo
statuto giuridico della Carta, nella sua versione prevista dal nuovo trattato.
Rispetto a quella del 2000, infatti, la Carta aveva già subìto delle lievi modifiche,
in particolare per quanto riguarda le disposizioni sociali che erano state anch'esse
approvate dal Parlamento nel 2003 (al termine dei lavori della Convenzione) e nel
2005 (dando il via libera alla Costituzione).Un protocollo allegato al trattato di
Lisbona introduce delle misure specifiche per il Regno Unito e la Polonia che
stabiliscono delle deroghe alle competenze della Corte di giustizia europea e dei
tribunali nazionali per quanto riguarda la protezione dei diritti riconosciuti dalla
Carta. Nella sua risoluzione del 29 novembre, il Parlamento ha chiesto a questi due
Stati membri di «compiere ogni sforzo per poter comunque pervenire a un
consenso sull'applicazione illimitata della Carta».La Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea riprende in un unico testo l'insieme dei diritti civili, politici,
economici e sociali dei cittadini europei e di tutti coloro che vivono nel territorio
dell'UE. Questi diritti sono raggruppati in sei grandi capitoli:Dignità: diritto
alla vita, diritto all'integrità della persona, proibizione della tortura e delle pene o
trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato.
Libertà: diritto alla libertà e alla sicurezza, rispetto della vita privata e della vita
familiare, protezione dei dati di carattere personale, diritto di sposarsi e di costituire
una famiglia, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione e
d'informazione, libertà di riunione e di associazione, libertà delle arti e delle
scienze, diritto all'istruzione, libertà professionale e diritto di lavorare, libertà
d'impresa, diritto di proprietà, diritto di asilo, protezione in caso di allontanamento,
di espulsione e di estradizione.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE SCHUMAN DEL 9 MAGGIO 1950
La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi,
proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un'Europa organizzata
e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni
pacifiche. La Francia, facendosi da oltre vent'anni antesignana di un'Europa unita,
ha sempre avuto per obiettivo essenziale di servire la pace. L'Europa non è stata
fatta: abbiamo avuto la guerra. L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né
sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino
anzitutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige l'eliminazione del
contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l'azione intrapresa deve concernere
in prima linea la Francia e la Germania.
A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l'azione su
un punto limitato ma decisivo. Il governo francese propone di mettere l'insieme
della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta
Autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi
33
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
europei. La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la
costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della
Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si
sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono
state le vittime. La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà si che una
qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma
materialmente impossibile. La creazione di questa potente unità di produzione,
aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa
riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà
le fondamenta reali della loro unificazione economica. Questa produzione sarà
offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del
livello di vita e al progresso delle opere di pace. [...] Sarà così effettuata,
rapidamente e con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all'instaurazione
di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più
profonda tra paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni. Questa
proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta
Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi
che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea
indispensabile al mantenimento della pace. Per giungere alla realizzazione degli
obiettivi così definiti, il governo francese è pronto ad iniziare dei negoziati sulle
basi seguenti. Il compito affidato alla comune Alta Autorità sarà di assicurare entro
i termini più brevi: l'ammodernamento della produzione e il miglioramento della
sua qualità; la fornitura, a condizioni uguali, del carbone e dell'acciaio sul mercato
francese e sul mercato tedesco nonché su quelli dei paese aderenti; lo sviluppo
dell'esportazione comune verso gli altri paesi; l'equiparazione verso l'alto delle
condizioni di vita della manodopera di queste industrie. […] La circolazione del
carbone e dell'acciaio tra i paesi aderenti sarà immediatamente esentata da qualsiasi
dazio doganale e non potrà essere colpita da tariffe di trasporto differenziali. Ne
risulteranno gradualmente le condizioni che assicureranno automaticamente la
ripartizione più razionale della produzione al più alto livello di produttività.
Contrariamente ad un cartello internazionale, che tende alla ripartizione e allo
sfruttamento dei mercati nazionali mediante pratiche restrittive e il mantenimento
di profitti elevati, l'organizzazione progettata assicurerà la fusione dei mercati e
l'espansione della produzione. I principi e gli impegni essenziali sopra definiti
saranno oggetto di un trattato firmato tra gli stati e sottoposto alla ratifica dei
parlamenti. I negoziati indispensabili per precisare le misure d'applicazione si
svolgeranno con l'assistenza di un arbitro designato di comune accordo: costui sarà
incaricato di verificare che gli accordi siano conformi ai principi e, in caso di
contrasto irriducibile, fisserà la soluzione che sarà adottata. L'Alta Autorità
comune, incaricata del funzionamento dell'intero regime, sarà composta di
personalità indipendenti designate su base paritaria dai governi; un presidente sarà
scelto di comune accordo dai governi; le sue decisioni saranno esecutive in
Francia, Germania e negli altri paesi aderenti. Disposizioni appropriate
assicureranno i necessari mezzi di ricorso contro le decisioni dell'Alta Autorità. Un
rappresentante delle Nazioni Unite presso detta autorità sarà incaricato di preparare
due volte l'anno una relazione pubblica per l'ONU, nella quale renderà conto del
34
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
funzionamento del nuovo organismo, in particolare per quanto riguarda la
salvaguardia dei suoi fini pacifici. L'istituzione dell'Alta Autorità non pregiudica in
nulla il regime di proprietà delle imprese. Nell'esercizio del suo compito, l'Alta
Autorità comune terrà conto dei poteri conferiti all'autorità internazionale della
Ruhr e degli obblighi di qualsiasi natura imposti alla Germania, finché tali obblighi
sussisteranno.
INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
DAVANTI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA - LUSSEMBURGO, 4 FEBBRAIO 2009
Signor Presidente,
Signori Giudici e Avvocati Generali,
(…)
Fin dal momento in cui si delineò il progetto di un nuovo europeismo, all'indomani
di quella vera e propria dichiarazione d'intenti e di volontà che è rimasta legata al
nome di Robert Schuman, si levò a Roma, dal Parlamento, anche se in un clima di
acceso scontro politico, la voce del consenso e dell'auspicio per "la costruzione di
un primo nucleo federale tra i paesi continentali democratici dell'Europa
occidentale". E nel dicembre 1951 fu per iniziativa di Alcide De Gasperi che venne
postulata nel disegno di Trattato per una Comunità europea di Difesa la creazione
di istituzioni politiche comuni e innanzitutto di un'Assemblea rappresentativa eletta
a suffragio universale. Alla formulazione di quella norma concorse personalmente
Altiero Spinelli.
Non stupisca questo mio richiamo alle origini. Da un lato intendo così sottolineare
come l'Italia fu parte integrante dell'avvio della costruzione europea, la cui linea
ispiratrice sostenne da allora, per decenni, con determinazione e coerenza, sulla
base di una crescente condivisione in Parlamento. E nello stesso tempo considero
essenziale un richiamo a quella visione originaria, perché essa costituisce la
bussola da non smarrire nella fase complessa, incerta e altamente impegnativa che
l'Unione europea sta attraversando.
Parlo di una visione che andava al di là di ogni tradizionale esperienza di alleanza e
cooperazione tra Stati sovrani, postulando una "parziale fusione di sovranità", al
servizio dell'interesse comune europeo e attraverso istituzioni nuove anche di
carattere sovranazionale.
Era quel che avevano intuito uomini lungimiranti che nel redigere, tra il 1946 e il
1947, la Costituzione italiana introdussero la previsione di un consenso, "in
condizioni di parità con altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni". Questo divenne, anni
dopo, precisamente l'ordinamento comunitario per l'Europa : e quell'articolo 11
della Costituzione avrebbe permesso all'Italia democratica di parteciparvi a pieno
titolo nel lungo periodo.
Fu in effetti a un vero e proprio processo di integrazione, su basi democratiche,
senza precedenti nella storia europea, che si intese dar luogo, da parte di sei grandi
e piccoli Stati, nel 1950-51.
Quella scelta venne poi messa in questione in seno alla stessa Comunità a sei, che
pure era riuscita a superare la crisi del fallimento della CED e a rilanciarsi
vigorosamente con la Conferenza di Messina e i Trattati di Roma: venne messa in
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
questione con l'avvento in Francia del generale De Gaulle, con il suo attaccamento
all'idea di una "Europa degli Stati" e con la crisi della "sedia vuota". Con i
successivi allargamenti della Comunità, a cominciare da quello che sancì l'adesione
del Regno Unito, riserve di fondo rispetto alla logica e al conseguente sviluppo di
un processo d'integrazione sarebbero tornate a farsi sentire e a pesare sul cammino
dell'unità europea.
Tuttavia, grazie all'impulso dell'Atto unico del 1986 quel cammino si è fatto via via
più sicuro ; e si può ben affermare che a partire dal Trattato di Maastricht si sono
realizzati sostanziali approfondimenti, col passaggio dalla Comunità all'Unione,
tanto da poter farci dire che il processo d'integrazione europea è entrato da allora in
uno stadio avanzato.
Questo hanno significato innanzitutto la nascita della moneta unica - a
coronamento della lunga e laboriosa impresa della costruzione del mercato interno
- e la creazione di una nuova istituzione sovranazionale come la Banca Centrale
Europea, che segnò la rinuncia alla sovranità monetaria da parte degli Stati
membri. E di grande significato è stato nello stesso tempo anche l'aprirsi dei
cantieri della politica estera e di sicurezza comune e della cooperazione negli affari
interni e di giustizia : pur frenandosi la comunitarizzazione di questi nuovi settori,
intesi come distinti "pilastri", si fecero passi decisivi nella prospettiva di una
Unione politica. Così come di indubbio valore nello stesso senso è stato il graduale,
rilevante accrescimento dei poteri del Parlamento europeo eletto a suffragio
universale, altra grande istituzione di tipo sovranazionale.
Quella dell'integrazione europea è stata dunque, nell'arco di oltre cinquant'anni, una
strada faticosa, non lineare, fatta di alti e bassi, nel corso della quale l'autorità più
importante "inventata" al fine di segnare un nuovo inizio per l'Europa, e cioè la
Commissione di Bruxelles, è passata attraverso periodi di più forte iniziativa e di
più ampio riconoscimento e periodi meno brillanti, di minore incisività e di
maggiore difficoltà rispetto a ricorrenti contestazioni.
Si può ben dire che la Corte di Giustizia è stata l'istituzione che più di ogni altra ha
tenuto fermo il timone della visione originaria della costruzione europea e ne ha
garantito il graduale, deciso progredire.
Come ha di recente detto, parlando a Parma, Jacques Delors "l'Europa di Robert
Schuman non sarebbe stata possibile senza la giurisprudenza". E' il diritto, è la
giurisprudenza - egli ha sottolineato - che ha posto su basi nuove - pacifiche, di
reciproca comprensione, di rispetto di regole comuni - i rapporti tra gli Stati
riconosciutisi nel progetto europeo. E' "il diritto che deve restare alle fondamenta
della costruzione europea".Nel dibattito pubblico sulle vicende dell'Europa unita, e
anche nelle analisi più attente, questo ruolo della Corte di Lussemburgo, della
giurisprudenza che essa ha via via sapientemente espresso, non è stato e non è
sufficientemente compreso e valorizzato. Eppure, per comprenderlo basta pensare a
come questa giurisprudenza abbia concorso alla formazione del diritto vivente,
interpretando i Trattati, presiedendo alla loro attuazione, anticipandone gli sviluppi
impliciti e possibili, costruendo il sistema giuridico comunitario, definendo le
pietre angolari dell'Europa unita come comunità di diritto. Basta pensare ai
principi-chiave che essa ha sancito - il primato del diritto comunitario e la sua
efficacia diretta : che ha sancito in particolare con le decisive sentenze del 1963 e
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
'64, cui contribuì - mi piace ricordarlo - in modo incisivo, per convinzione e per
dottrina, l'italiano Alberto Trabucchi. Ed egualmente, dovrebbe essere ben presente
il ruolo della giurisprudenza affermatasi in questa Corte nel garantire la tutela, al
più alto livello e con mezzi adeguati, dei diritti dei cittadini, dei diritti che nello
svolgimento delle sue premesse il diritto comunitario andava riconoscendo. (…)
SENTENZA DELLA CORTE DEL 5 FEBBRAIO 1963. - Nv algemene
transport - en expeditie onderneming van gend en loos e l'amministrazione
olandese delle imposte. - (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dalla
tariefcommissie di amsterdam il 16 agosto 1962). - causa 26/62.
Parole chiave
1 . Procedura - pronuncia in via pregiudiziale - competenza della corte -
fondamento - interpretazione del trattato
( trattato cee, articolo 177 a )
2 . Procedura - pronuncia in via pregiudiziale - questione sottoposta - scelta -
rilevanza
( trattato cee, articolo 177 a )
3 . Comunita economica europea - natura - titolari di diritti soggetti ad obblighi -
privati cittadini
4 . Stati membri della cee - obblighi - inadempienze - fori nazionali - diritti dei
privati cittadini
( trattato cee, articoli 169 e 170 )
5 . Dazi doganali - maggiorazione - divieto - effetti immediati - diritti individuali -
tutela
6 . Dazi doganali - maggiorazione - accertamento - dazi applicati - concetto
( trattato cee, articolo 12 )
7 . Dazi doganali - maggiorazione - concetto
( trattato cee, articolo 12 )
Massima
1 . Per fondare la competenza della corte a pronunciarsi in via pregiudiziale e
necessario e sufficiente che dalla questione sottoposta risulti in modo
giuridicamente idoneo che si tratta della interpretazione del trattato .
2 . Allorche la corte e chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale, sfuggono al suo
apprezzamento le considerazioni che han potuto determinare la scelta delle
questioni da parte del giudice nazionale ed altresi' la rilevanza che le questioni
stesse possono avere nella lite davanti ad esso pendente .
3 . La comunita economica europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo
genere nel campo del diritto internazionale a favore del quale gli stati membri
hanno rinunziato, se pure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono
soggetti non soltanto gli stati membri, ma pure i loro cittadini .
Il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emanate dagli stati membri,
nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti
soggettivi . Tali diritti sorgono non soltanto allorche il trattato espressamente li
menziona, ma anche quale contropartita di precisi obblighi che il trattato impone ai
singoli, agli stati membri ed alle istituzioni comunitarie .
37
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
4 . La circostanza che gli articoli 169 e 170 del trattato cee consentano alla
commissione ed agli stati membri di convenire davanti alla corte lo stato che venga
meno ai suoi obblighi, non implica che ai singoli sia precluso di far valere davanti
al giudice nazionale la violazione di tali obblighi .
5 . Secondo lo spirito e la struttura del trattato, l' articolo 12 ha valore precettivo ed
attribuisce ai singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a
tutelare .
6 . Dalla lettera e dallo spirito dell' articolo 12 del trattato emerge che per stabilire
se un dazio doganale o una tassa di effetto equivalente sia stato maggiorato in
spregio al divieto ivi sancito, si deve aver riguardo al dazio o alla tassa
effettivamente applicata alla data dell' entrata in vigore del trattato.
7 . Ai sensi dell' articolo 12 del trattato costituisce un illecito aumento la
tassazione, dopo l' entrata in vigore del trattato, d' un prodotto ad un' aliquota piu
elevata, senza riguardo al fatto se tale maggior aggravio dipenda da una vera e
propria maggiorazione del dazio doganale oppure da una rielaborazione della
tariffa che abbia come effetto la classificazione del prodotto sotto una voce colpita
da un dazio piu elevato .
Parti
Nel procedimento 26-62
Avente ad oggetto la richiesta rivolta alla corte, ai sensi dell' articolo 177, 1)
comma, lettera a ) e 3 ) comma del trattato istitutivo della comunita economica
europea, dalla tariefcommissie, supremo foro olandese in materia fiscale, e diretta
ad ottenere, nella causa davanti ad essa vertente fra
La n.v . Algemene transport - en expeditie onderneming van gend en loos,
Con sede in utrecht, rappresentata dagli avvocati h.g . Stibbe e l.f.d . Ter kuile,
ambedue del foro di amsterdam, con domicilio eletto a lussemburgo, presso il
consolato generale dei paesi bassi
E L' amministrazione olandese delle imposte,
Rappresentata dall' ispettorato dei dazi d' importazione e delle imposte di consumo
di zaandam, con domicilio eletto a lussemburgo, presso l' ambasciata dei paesi
bassi,
Oggetto della causa
Che siano risolte in via pregiudiziale le seguenti questioni :
1 . Se l' articolo 12 del trattato cee abbia effetto interno, in altre parole, se i cittadini
degli stati membri possano trarre direttamente da detto articolo dei diritti che il
giudice e tenuto a tutelare,
2 . In caso affermativo, se l' applicazione del dazio dell' 8 percento all'
ureoformaldeide, proveniente dalla repubblica federale di germania, importata nei
paesi bassi dalla ricorrente nella causa principale, costituisca un aumento illecito ai
sensi dell' articolo 12 del trattato cee, ovvero si tratti semplicemente di una
ragionevole modifica della disciplina in vigore anteriormente al 1 ) marzo 1960,
modifica che, pur implicando un aumento in senso aritmetico, non si deve ritenere
vietata dall' articolo 12,
Motivazione della sentenza
I - il procedimento
Sotto l' aspetto processuale, la domanda di decisione pregiudiziale rivolta alla
corte, a norma dell' articolo 177 del trattato cee, dalla tariefcommissie, supremo
38
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
foro in materia fiscale a cio' legittimato dallo stesso articolo, non ha costituito
oggetto di eccezioni, ne da luogo a rilievi d' ufficio .
Ii - la prima questione
A - sulla competenza della corte
Il governo olandese e il governo belga contestano che la corte sia competente,
sostenendo che la domanda verte non gia sull' interpretazione del trattato, bensi'
sulla sua applicazione nell' ambito del diritto costituzionale olandese . Piu
precisamente, la corte non sarebbe competente a statuire sull' eventuale prevalenza
del trattato cee rispetto al diritto interno olandese o ad altri trattati stipulati dai
paesi bassi e recepiti nel loro ordinamento giuridico . Tale questione sarebbe di
esclusiva competenza dei giudici nazionali, salve restando le possibilita di ricorso a
norma degli articoli 169 e 170 del trattato .
La corte osserva che, nella specie, non le si chiede affatto di applicare il trattato in
base ai principi del diritto interno olandese, il che rimane di competenza dei giudici
nazionali, bensi' di pronunciarsi esclusivamente, in conformita all' articolo 177 a )
del trattato, sull' interpretazione dell' articolo 12 del trattato stesso nell' ambito del
diritto comunitario e sotto il profilo della sua incidenza sui singoli . Questa
eccezione manca quindi di giuridico fondamento .
Il governo belga eccepisce ancora l' incompetenza della corte, sostenendo che la
soluzione della prima questione sollevata sarebbe senza rilievo sulla definizione
della lite pendente davanti alla tariefcommissie .
La corte rileva che, nella presente controversia, ai fini della competenza e
necessario e sufficiente che la questione pregiudiziale verta sull' interpretazione del
trattato, mentre sfuggono al suo apprezzamento le considerazioni che hanno potuto
determinare la scelta delle questioni da parte del giudice nazionale, e altresi' la
rilevanza che le questioni stesse possono avere, a giudizio della tariefcommissie,
nella lite davanti ad essa pendente .
Il tenore delle questioni sottoposte alla corte indica che esse riguardano l'
interpretazione del trattato e rientrano percio' nella competenza di questo collegio .
Pertanto questa eccezione e del pari infondata .
B - nel merito
La prima questione deferita alla corte dalla tariefcommissie consiste nello stabilire
se l' articolo 12 del trattato abbia efficacia immediata negli ordinamenti interni
degli stati membri, attribuendo ai singoli dei diritti soggettivi che il giudice
nazionale ha il dovere di tutelare .
Per accertare se le disposizioni di un trattato internazionale abbiano tale valore, si
deve aver riguardo allo spirito, alla struttura ed al tenore di esso .
Lo scopo del trattato cee, cioe l' instaurazione di un mercato comune il cui
funzionamento incide direttamente sui soggetti della comunita, implica che esso va
al di la di un accordo che si limitasse a creare degli obblighi reciproci fra gli stati
contraenti .
Cio' e confermato dal preambolo del trattato il quale, oltre a menzionare i governi,
fa richiamo ai popoli e, piu concretamente ancora, dalla instaurazione di organi
investiti istituzionalmente di poteri sovrani da esercitarsi nei confronti sia degli
stati membri sia dei loro cittadini . Va poi rilevato che i cittadini degli stati membri
della comunita collaborano, attraverso il parlamento europeo e il comitato
economico e sociale, alle attivita della comunita stessa . Oltraccio', la funzione
attribuita alla corte di giustizia dall' articolo 177, funzione il cui scopo e di
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
garantire l' uniforme interpretazione del trattato da parte dei giudici nazionali,
costituisce la riprova del fatto che gli stati hanno riconosciuto al diritto comunitario
un' autorita tale da poter esser fatto valere dai loro cittadini davanti a detti giudici .
In considerazione di tutte queste circostanze si deve concludere che la comunita
costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto
internazionale, a favore del quale gli stati hanno rinunziato, anche se in settori
limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non
soltanto gli stati membri ma anche i loro cittadini .
Pertanto il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emananti dagli stati
membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro
dei diritti soggettivi . Si deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in
cui il trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi
obblighi imposti dal trattato ai singoli, agli stati membri o alle istituzioni
comunitarie .
Tenuto conto della struttura del trattato in materia di dazi doganali e di tasse di
effetto equivalente, va rilevato che l' articolo 9 - secondo il quale la comunita e
fondata su un' unione doganale - sancisce come principio fondamentale il divieto di
tali dazi e tasse . Questa disposizione, collocata all' inizio della seconda parte del
trattato che definisce i " fondamenti della comunita ", viene concretata e attuata
dall' articolo 12 .
Il disposto dell' articolo 12 pone un divieto chiaro e incondizionato che si concreta
in un obbligo non gia di fare, bensi' di non fare . A questo obbligo non fa riscontro
alcuna facolta degli stati di subordinarne l' efficacia all' emanazione di un
provvedimento di diritto interno . Il divieto dell' articolo 12 e per sua natura
perfettamente atto a produrre direttamente degli effetti sui rapporti giuridici
intercorrenti fra gli stati membri ed i loro amministrati.
Per la sua attuazione, quindi, l' articolo 12 non richiede interventi legislativi degli
stati . Il fatto, poi, che questo stesso articolo designi gli stati membri come soggetti
dell' obbligo di non fare non significa affatto che gli amministrati non se ne
possano avvalere . L' argomento che i tre governi che han depositato osservazioni
scritte traggono dagli articoli 169 e 170 del trattato e del resto infondato . La
circostanza che gli or citati articoli consentano alla commissione e agli stati
membri di convenire davanti alla corte lo stato che sia venuto meno ai suoi
obblighi non implica infatti che ai singoli sia precluso di far valere gli obblighi
stessi davanti al giudice nazionale, precisamente come quando il trattato fornisce
alla commissione i mezzi per imporre agli amministrati l' osservanza dei loro
obblighi, non esclude con cio' la possibilita che, nelle controversie fra singoli
davanti ad un giudice nazionale, questi possano far valere la violazione di tali
obblighi.
Ove le garanzie contro la violazione dell' articolo 12 da parte degli stati membri
venissero limitate a quelle offerte dagli articoli 169 e 170, i diritti individuali degli
amministrati rimarrebbero privi di tutela giurisdizionale diretta . Inoltre, il ricorso a
detti articoli rischierebbe di essere inefficace qualora dovesse intervenire solo dopo
l' esecuzione di un provvedimento interno adottato in violazione delle norme del
trattato . La vigilanza dei singoli, interessati alla salvaguardia dei loro diritti,
costituisce d' altronde un efficace controllo che si aggiunge a quello che gli articoli
169 e 170 affidano alla diligenza della commissione e degli stati membri .
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Dalle considerazioni che precedono emerge che, secondo lo spirito, la struttura ed
il tenore del trattato, l' articolo 12 ha valore precettivo ed attribuisce ai singoli dei
diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare .
III - la seconda questione
A - sulla competenza della corte
I governi belga e olandese sostengono che il modo in cui la questione e formulata
richiederebbe che la corte esaminasse la classificazione tariffaria dell'
ureoformaldeide importata nei paesi bassi, ed in merito alla quale la van gend en
loos e l' ispettorato dei dazi d' importazione e delle imposte di consumo di zaandam
sostengono opinioni contrastanti con riguardo al " tariefbesluit " del 1947; che, data
la sua impostazione, il problema non verterebbe sull' interpretazione del trattato,
bensi' sull' applicazione delle norme doganali olandesi alla classificazione degli
aminoplasti, il che esulerebbe dai poteri che l' articolo 177 a ) attribuisce a questo
collegio; la domanda della tariefcommissie esorbiterebbe quindi dalla competenza
della corte .
La corte osserva che la questione sottoposta dalla tariefcommissie si risolve in
sostanza nello stabilire se, sotto l' aspetto giuridico, un aumento effettivo del dazio
doganale gravante su una determinata merce, conseguente non alla modifica dell'
aliquota, ma ad una nuova classificazione della merce imposta da mutati criteri
tariffari, contravvenga al divieto di cui all' articolo 12 del trattato .
Sotto questo aspetto, la questione verte sull' interpretazione di detto articolo e piu
precisamente sulla portata della nozione di dazi applicati anteriormente all' entrata
in vigore del trattato .
La corte e quindi competente a risolvere la questione .
B - nel merito
Dalla lettera e dallo spirito dell' articolo 12 del trattato emerge che, per stabilire se
un dazio doganale, o una tassa di effetto equivalente, siano stati aumentati in
ispregio al divieto ivi sancito, si deve aver riguardo al dazio, o alla tassa,
effettivamente applicati alla data dell' entrata in vigore del trattato.
D' altro lato, l' aumento illecito puo' dipendere tanto da una rielaborazione della
tariffa che abbia come effetto la classificazione della merce sotto una voce colpita
da un dazio piu elevato, quanto da una vera e propria maggiorazione del dazio
doganale .
Qualora, in uno stato membro, la stessa merce sia stata colpita, successivamente all'
entrata in vigore del trattato, da un dazio piu elevato, ha scarso rilievo il modo in
cui l' aumento e avvenuto .
L' applicazione al caso concreto dell' articolo 12, in conformita alla interpretazione
dinanzi datane, rientra nella competenza del giudice nazionale, il quale dovra
stabilire se la merce di cui trattasi ( nella specie l' ureoformaldeide proveniente
dalla repubblica federale di germania ) sia colpita, in forza di norme doganali poste
in vigore nei paesi bassi, da un dazio d' importazione superiore a quello che ad essa
si applicava il 1 ) gennaio 1958 . La corte non ha competenza per accertare quale
delle contrastanti affermazioni fatte a tal proposito in corso di causa sia fondata e
deve rimettersi su cio' ai giudici nazionali .
Decisione relativa alle spese
Le spese sostenute dalla commissione della cee e dai governi degli stati membri
che hanno depositato osservazioni non possono dar luogo a rifusione . Nei
confronti delle parti in causa, l' attuale giudizio ha il carattere di un incidente
41
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
sollevato nella lite pendente davanti alla tariefcommissie : a questa spetta quindi
provvedere sulle spese .
Dispositivo
La corte
Statuendo sulla domanda sottopostale in via pregiudiziale dalla tariefcommissie,
con ordinanza del 16 agosto 1962, dichiara :
1 ) l' articolo 12 del trattato istitutivo della comunita economica europea ha valore
precettivo ed attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a
tutelare .
2 ) per stabilire se un dazio doganale, o una tassa di effetto equivalente, siano stati
aumentati in ispregio al divieto sancito dall' articolo 12 del trattato, si deve aver
riguardo al dazio, o alla tassa, effettivamente applicati dallo stato membro di cui
trattasi all' atto dell' entrata in vigore del trattato . L' aumento puo' essere stato
causato tanto da una rielaborazione della tariffa cui consegua la classificazione
della merce sotto una voce colpita da un dazio piu elevato, quanto dalla
maggiorazione del dazio doganale .
3 ) spetta alla tariefcommissie provvedere sulle spese del presente giudizio
SENTENZA DELLA CORTE DEL 15 LUGLIO 1964 Flaminio costa contro
l'e.n.e.l.. - (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dal giudice conciliatore
di milano). - causa 6/64.
Parole chiave
1 . Procedura - decisione pregiudiziale - competenza della corte - interpretazione
( trattato cee, art . 177 )
2 . Procedura - decisione pregiudiziale - competenza della corte - limiti
( trattato cee, art . 177 )
3 . Comunita cee - ordinamento giuridico comunitario - carattere particolare -
rango rispetto agli ordinamento giuridici nazionali - prevalenza delle norme
comunitarie - limitazione definitiva dei poteri sovrani degli stati membri
4 . Stati membri della cee - impegni verso la comunita che li vincolano in quanto
stati - sorveglianza obbligatoria da parte della commissione - impossibilita per i
singoli di denunciare l' inadempienza di uno stato determinato ovvero la carenza
della commissione
5 . Ravvicinamento delle legislazioni - distorsioni da evitare - procedura - nessun
diritto dei singoli
( trattato cee, art . 102 )
6 . Aiuti concessi dagli stati - eliminazione - procedura - nessun diritto dei singoli
( trattato cee, artt . 92, 93 )
7 . Stati membri della cee - obbligo perfetto imposto dal trattato - nozione - diritti
individuali dei singoli - loro tutela da parte dei giudici nazionali
8 . Liberta di stabilimento - restrizioni - eliminazione - divieto di nuove misure
restrittive - natura di tale divieto - conseguenze - diritti individuali dei singoli - loro
tutela da parte dei giudici nazionali
( trattato cee, artt . 52, 53 )
9 . Liberta di stabilimento - restrizioni - eliminazione - divieto di nuove misure
restrittive - osservanza di tale obbligo
( trattato cee, art . 53 )
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
10 . Restrizioni quantitative - eliminazione - monopoli nazionali a carattere
commerciale - divieto di nuove misure restrittive - diritti individuali dei singoli -
loro tutela da parte dei giudici nazionali
( trattato cee, art . 37 )
11 . Restrizioni quantitative - eliminazione - monopoli a carattere commerciale -
divieto - oggetto - sindacato giurisdizionale
( trattato cee, art . 37 )
Massima
1 . Pronunciandosi in via pregiudiziale, la corte non puo' applicare il trattato a un
caso determinato, ne statuire sulla compatibilita di una norma giuridica interna col
trattato stesso, come invece le sarebbe possibile in virtu dell' articolo 169 . Ove il
provvedimento di rinvio sia formulato in modo impreciso, essa puo' desumerne
soltanto le questioni riguardanti l' interpretazione del trattato .
2 . L' articolo 177 e basato sulla netta separazione tra la competenza dei giudici
nazionali e quella della corte e non consente a quest' ultima di esaminare i fatti, ne
di sindacare i moventi o gli scopi del rinvio .
3 . A differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato cee ha istituito un
proprio ordinamento giuridico, integrato nell' ordinamento giuridico degli stati
membri all' atto dell' entrata in vigore del trattato e che i giudici nazionali sono
tenuti ad osservare . Istituendo una comunita senza limiti di durata, dotata di propri
organi, di personalita, di capacita giuridica, di capacita di rappresentanza sul piano
internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di
competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli stati alla comunita, questi
hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi
un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi .
Tale integrazione nel diritto di ciascuno stato membro di norme che promanano da
fonti comunitarie e, piu in generale, lo spirito e i termini del trattato, hanno per
corollario l' impossibilita per gli stati di far prevalere, contro un ordinamento
giuridico da essi accettato a condizione di reciprocita, un provvedimento
unilaterale ulteriore, il quale pertanto non e opponibile all' ordinamento stesso .
Scaturito da una fonte autonoma, il diritto nato dal trattato non potrebbe, in ragione
appunto della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento
interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse
scosso il fondamento giuridico della stessa comunita .
Il trasferimento, effettuato dagli stati a favore dell' ordinamento giuridico
comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del trattato
implica quindi una limitazione definitiva dei loro poteri sovrani .
4 . La commissione e tenuta a far rispettare dagli stati membri gli impegni assunti
col trattato, impegni che li vincolano in quanto stati senza attribuire dei diritti agli
amministrati; detto obbligo della commissione non implica tuttavia per i singoli il
diritto di denunciare, nell' ambito del diritto comunitario e attraverso l' articolo 177,
l' inadempienza di uno stato determinato ne la carenza della commissione .
5 . L' articolo 102 del trattato cee non contiene disposizioni che attribuiscano ai
singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare .
6 . L' articolo 93 del trattato cee non contiene disposizioni che attribuiscano ai
singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare .
7 . L' obbligo, imposto agli stati membri dal trattato cee, che non sia accompagnato
da alcuna condizione ne subordinato, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all'
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
emanazione di alcun provvedimento da parte degli stati o della commissione e
giuridicamente perfetto e, di conseguenza, atto a produrre effetti diretti nei rapporti
fra gli stati membri e i loro cittadini . Un obbligo del genere e integrato nell'
ordinamento giuridico degli stati membri, ha in questi valore imperativo e riguarda
direttamente i loro cittadini ai quali attribuisce dei diritti individuali che i giudici
nazionali devono tutelare .
8 . L' articolo 53 del trattato cee e una norma comunitaria che attribuisce ai singoli
dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare .
9 . Perche l' articolo 53 del trattato cee sia osservato e sufficiente che nessuna
nuova misura sottoponga lo stabilimento dei cittadini degli altri stati membri a una
disciplina piu rigorosa di quella riservata ai propri cittadini; e cio' a prescindere dal
regime giuridico delle imprese .
10 . Tutte le disposizioni dell' articolo 37, n . 2, del trattato cee sono norme
comunitarie che attribuiscono ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono
tenuti a tutelare .
11 . L' articolo 37, n . 2, del trattato cee ha lo scopo di vietare qualsiasi nuova
misura che sia in contrasto coi principi di cui all' articolo 37, n . 1, cioe qualsiasi
misura avente quale oggetto, o conseguenza, una nuova discriminazione fra
cittadini degli stati membri per quanto riguarda le possibilita di
approvvigionamento e di smercio e cio' mediante monopoli o organismi i quali
abbiano ad oggetto dei negozi su un prodotto commerciale che si presti alla
concorrenza ed agli scambi fra stati membri ed inoltre abbia un peso reale negli
scambi stessi .
Spetta al giudice di merito apprezzare di volta in volta se l' attivita economica in
esame riguardi un prodotto che, per sua natura e in considerazione delle esigenze
tecniche o internazionali cui e sottoposto, possa avere un certo rilievo nelle
importazioni o esportazioni fra cittadini degli stati membri .
Parti
Nel procedimento 6/64,
Avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale presentata, a norma dell'
art . 177 del trattato cee, dal giudice conciliatore di milano e diretta ad ottenere l'
interpretazione degli artt . 102, 93, 53 e 37 di detto trattato nella causa dinanzi ad
esso proposta
Dall' avv . Flaminio costa, Residente in milano, Contro L' e.n.e.l Ente nazionale
energia elettrica,
Motivazione della sentenza
Con ordinanza 16 gennaio 1964, ritualmente trasmessa alla corte, il giudice
conciliatore di milano, " visto l' art . 177 del trattato istitutivo della cee, in data 25
marzo 1957, recepito nell' ordinamento giuridico italiano con la legge 14 ottobre
1957 n . 1203, e ritenuto che la legge 6 dicembre 1962 n . 1643 ed i conseguenti
relativi decreti presidenziali ... Violino gli artt . 102, 93, 53, 37 del trattato stesso ",
ha sospeso il giudizio e ordinato la trasmissione degli atti di causa a questa corte .
Sull' applicazione dell' articolo 177
Argomento tratto dalla formulazione della questione
E' stato sostenuto che con la questione in esame si sarebbe voluto ottenere,
attraverso l' art . 177, una pronunzia circa la compatibilita col trattato di una legge
interna .
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Si deve peraltro ritenere che, a norma di detto articolo, i giudici nazionali le cui
sentenze, come nel caso di specie, non sono impugnabili, devono chiedere alla
corte di statuire in via pregiudiziale sull' " interpretazione del trattato ", qualora
venga dinanzi ad essi sollevata una questione vertente su detta interpretazione . In
base a tale disposizione, la corte non puo' applicare il trattato a un caso
determinato, ne statuire sulla compatibilita di una norma giuridica interna col
trattato stesso, come invece le sarebbe possibile in virtu dell' art . 169 .
Percio', ove il provvedimento di rinvio sia formulato in modo impreciso, essa puo'
desumerne soltanto le questioni riguardanti l' interpretazione del trattato . Nella
specie, la corte non deve quindi statuire sulla compatibilita col trattato di una legge
italiana, ma soltanto interpretare gli articoli sopra indicati, tenendo conto degli
elementi giuridici esposti dal giudice conciliatore .
Argomento relativo alla superfluita dell' interpretazione
Si e opposto che il conciliatore di milano ha chiesto un' interpretazione del trattato
che non sarebbe necessaria per dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente .
La corte osserva che l' art . 177, basato sulla netta separazione tra la competenza
dei giudici nazionali e quella della corte, non consente a quest' ultima di esaminare
i fatti, ne di sindacare i moventi o gli scopi del rinvio .
Argomento tratto dall' obbligo per il giudice di applicare la legge interna
Il governo italiano ha eccepito l' " inammissibilita assoluta " della domanda del
giudice conciliatore assumendo che il giudice nazionale, tenuto ad applicare la
legge interna, non ha motivo di valersi dell' art . 177 .
La corte rileva che, a differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato cee ha
istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell' ordinamento giuridico
degli stati membri all' atto dell' entrata in vigore del trattato e che i giudici
nazionali sono tenuti ad osservare . Infatti, istituendo una comunita senza limiti di
durata, dotata di propri organi, di personalita, di capacita giuridica, di capacita di
rappresentanza sul piano internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi provenienti
da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli stati
alla comunita, questi hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri
sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per
loro stessi .
Tale integrazione nel diritto di ciascuno stato membro di norme che promanano da
fonti comunitarie, e piu in generale, lo spirito e i termini del trattato, hanno per
corollario l' impossibilita per gli stati di far prevalere, contro un ordinamento
giuridico da essi accettato a condizione di reciprocita, un provvedimento
unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potra essere opponibile all' ordine
comune . Se l' efficacia del diritto comunitario variasse da uno stato all' altro in
funzione delle leggi interne posteriori, cio' metterebbe in pericolo l' attuazione
degli scopi del trattato contemplata nell' art . 5, secondo comma, e causerebbe una
discriminazione vietata dall' art . 7 .
Gli obblighi assunti col trattato istitutivo della comunita non sarebbero assoluti, ma
soltanto condizionati, qualora le parti contraenti potessero sottrarsi alla loro
osservanza mediante ulteriori provvedimenti legislativi . I casi in cui gli stati hanno
diritto di agire unilateralmente sono espressamente indicati ( v . Ad es . Gli articolo
15, 93 n . 3, 223/225 ) e d' altronde le domande di deroga degli stati sono soggette a
procedure d' autorizzazione ( v . Ad es . Gli articoli 8 n . 4, 17 n . 4, 25, 26, 73, 93 n
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
. 2, terzo comma, e 226 ) che sarebbero prive di significato qualora essi potessero
sottrarsi ai loro obblighi mediante una semplice legge interna .
La preminenza del diritto comunitario trova conferma nell' art . 189, a norma del
quale i regolamenti sono obbligatori e direttamente applicabili in ciascuno degli
stati membri . Questa disposizione, che non e accompagnata da alcuna riserva,
sarebbe priva di significato se uno stato potesse unilateralmente annullarne gli
effetti con un provvedimento legislativo che prevalesse sui testi comunitari .
Dal complesso dei menzionati elementi discende che, scaturito da una fonte
autonoma, il diritto nato dal trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua
specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere
il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento
giuridico della stessa comunita .
Il trasferimento, effettuato dagli stati a favore dell' ordinamento giuridico
comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del trattato
implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale
un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema della comunita, sarebbe del
tutto privo di efficacia . L' art . 177 va quindi applicato, nonostante qualsiasi legge
nazionale, tutte le volte che sorga una questione d' interpretazione del trattato .
Le questioni sollevate dal giudice conciliatore a proposito degli artt . 102, 93, 53 e
37 sono dirette in primo luogo a far accertare se dette disposizioni abbiano
efficacia immediata attribuendo ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono
tutelare e, in caso affermativo, quale sia il loro significato .
Sull' interpretazione dell' articolo 102
A norma dell' art . 102, qualora " vi sia motivo di temere " che l' adozione di un
provvedimento legislativo provochi una " distorsione ", lo stato membro che
intende procedervi " consulta la commissione " la quale puo' raccomandare agli
stati le misure idonee ad evitare la temuta distorsione .
Detto articolo, contenuto nel capitolo intitolato " ravvicinamento delle legislazioni
", tende ad evitare che aumentino le divergenze fra le varie legislazioni nazionali
per quanto riguarda le finalita del trattato .
Con tali disposizioni gli stati membri hanno limitato la loro liberta d' iniziativa,
accettando di sottoporsi ad un' appropriata procedura di consultazione .
Obbligandosi esplicitamente a consultare preventivamente la commissione in tutti i
casi in cui i loro progetti legislativi potrebbero determinare un rischio, sia pure
lieve, di distorsione, gli stati hanno percio' assunto, verso la comunita, un impegno
che li vincola in quanto stati, ma non attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici
nazionali sono tenuti a tutelare .
Dal canto suo, la commissione e tenuta a fare osservare detto articolo : quest'
obbligo non implica tuttavia per i singoli il diritto di eccepire, nell' ambito del
diritto comunitario e attraverso l' art . 177, l' inadempienza dello stato di cui trattasi
ne la carenza della commissione .
Sull' interpretazione dell' articolo 93
A norma dell' art . 93, nn . 1 e 2, la commissione procede con gli stati membri " all'
esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in detti stati " al fine dell' adozione
delle opportune misure richieste dal funzionamento del mercato comune . A norma
del successivo n . 3, la commissione dev' essere informata tempestivamente dei
progetti diretti a istituire o modificare aiuti; lo stato membro interessato non puo'
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
dare esecuzione ai provvedimenti progettati prima che sia esaurita la procedura
comunitaria e, se del caso, definito il procedimento dinanzi alla corte .
Queste disposizioni, contenute nella sezione del trattato intitolata " aiuti concessi
dagli stati ", sono intese ad eliminare progressivamente gli aiuti esistenti e inoltre
ad evitare che, con provvedimenti interni degli stati, vengano istituiti " sotto
qualsiasi forma " nuovi aiuti atti a favorire direttamente o indirettamente, in modo
sensibile, determinate imprese o determinate prodotti e che quindi alterino, o
minaccino di alterare, la concorrenza .
Con l' art . 92, gli stati hanno riconosciuto incompatibili col mercato comune gli
aiuti in esame e si sono quindi implicitamente impegnati a non istituirne al di fuori
delle deroghe previste dal trattato; con l' art . 93, tuttavia, essi hanno soltanto
convenuto di sottoporsi ad appropriate procedure, sia per eliminare gli aiuti
esistenti, sia per istituirne di nuovi .
Obbligandosi in modo cosi' preciso ad informare " in tempo utile " la commissione
dei loro progetti di aiuti e accettando di sottoporsi alle procedure contemplate nell'
art . 93, gli stati hanno quindi assunto, verso la comunita, un impegno che li
vincola in quanto stati, ma non crea direttamente per i singoli dei diritti soggettivi,
eccezion fatta per l' ultima frase del paragrafo 3 di detto articolo, privo di rilevanza
nella specie .
Dal canto suo, la commissione e tenuta a fare osservare detto articolo, che la
obbliga anche a procedere con gli stati all' esame permanente dei regimi di aiuti
esistenti; detto obbligo non implica tuttavia per i singoli il diritto di eccepire, nell'
ambito del diritto comunitario e attraverso l' art . 177, l' inadempienza dello stato di
cui trattasi ne la carenza della commissione .
Sull' interpretazione dell' articolo 53
A norma dell' art . 53, gli stati s' impegnano, fatte salve le disposizioni del trattato,
a non introdurre nuove restrizioni allo stabilimento nel loro territorio di cittadini
degli altri stati membri . L' obbligo in tal modo assunto dagli stati si risolve
giuridicamente in una semplice astensione, non e accompagnato da alcuna
condizione ne subordinato, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all' emanazione
di alcun provvedimento da parte degli stati o della commissione . Esso e quindi
completo, giuridicamente perfetto e, di conseguenza, atto a produrre effetti diretti
nei rapporti fra gli stati membri ed i loro cittadini .
Una proibizione cosi' formale, entrata in vigore col trattato in tutta la comunita e, di
conseguenza, integrata nell' ordinamento giuridico degli stati membri, ha in questi
valore imperativo e riguarda direttamente i loro cittadini ai quali attribuisce dei
diritti individuali che i giudici nazionali devono tutelare .
La richiesta interpretazione dell' art . 53 impone di considerare tale disposizione nel
contesto del capitolo relativo al diritto di stabilimento in cui e collocata . Dopo aver
sancito, all' art . 52, la graduale abolizione delle " restrizioni alla liberta di
stabilimento dei cittadini di uno stato membro nel territorio di un altro stato
membro ", detto capitolo stabilisce, all' art . 53, che gli stati membri non
introdurranno " nuove restrizioni allo stabilimento nel loro territorio di cittadini
degli altri stati membri ". Si tratta quindi di determinare entro quali limiti i cittadini
degli altri stati membri godono della liberta di stabilimento .
L' art . 52, secondo comma, precisa questo punto, dichiarando che detta liberta
implica l' accesso alle attivita non salariate, come pure la costituzione e la gestione
d' imprese " alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
confronti dei propri cittadini ". Perche l' art . 53 sia osservato e quindi sufficiente
che nessuna nuova misura sottoponga lo stabilimento dei cittadini degli altri stati
membri a una disciplina piu rigorosa di quella riservata ai propri cittadini; e cio' a
prescindere dal regime giuridico delle imprese .
Sull' interpretazione dell' articolo 37
A norma dell' art . 37, n . 1, gli stati membri riordinano progressivamente i loro "
monopoli nazionali a carattere commerciale " onde escludere, per quanto riguarda
la possibilita d' approvvigionamento e di smercio, qualsiasi discriminazione fra
cittadini degli stati membri . Al paragrafo 2 dello stesso articolo e inoltre sancito l'
obbligo per gli stati membri di astenersi da qualsiasi nuova misura che sia in
contrasto con la suddetta disposizione . Gli stati hanno quindi assunto un duplice
obbligo : l' uno, positivo, riguarda il riordinamento dei monopoli nazionali; l' altro,
negativo, concerne il divieto di nuove misure . L' interpretazione richiesta verte
precisamente su questo secondo obbligo, come pure su quegli aspetti del primo che
sono indispensabili per procedere a detta interpretazione .
L' art . 37, n . 2, sancisce un obbligo assoluto che consiste non gia in un facere,
bensi' in un non facere; esso non e accompagnato da alcuna riserva di subordinarne
l' attuazione a un provvedimento interno . Per sua stessa natura, il divieto di cui
trattasi e atto ad incidere direttamente sui rapporti giuridici fra gli stati membri e i
cittadini .
Una proibizione cosi' chiaramente espressa, entrata in vigore col trattato in tutta la
comunita e, di conseguenza, integrata nell' ordinamento giuridico degli stati
membri, ha in questi valore imperativo e riguarda direttamente i loro cittadini ai
quali attribuisce dei diritti individuali che i giudici nazionali devono tutelare .
La chiesta interpretazione dell' art . 37, in considerazione della complessita del
testo e delle interferenze fra i paragrafi 1 e 2, rende necessario considerare questi
ultimi nel contesto del capitolo in cui sono collocati . Detto capitolo ha per oggetto
la " abolizione delle restrizioni quantitative fra gli stati membri ".
Il richiamo dell' art . 37, n . 2, ai " principi enunciati nel paragrafo 1 " ha percio' lo
scopo di impedire l' introduzione di qualsiasi nuova " discriminazione fra cittadini
degli stati membri " per quanto riguarda le possibilita di approvvigionamento e di
smercio .
Precisato in tal modo lo scopo, l' art . 37, n . 1, indica, per vietarli, i mezzi con cui
esso potrebbe venire eluso .
Sono quindi vietati, in forza del richiamo di cui all' art . 37, n . 2, tutti i nuovi
monopoli od organismi contemplati nello art . 37, n . 1, nei limiti in cui sono intesi
ad introdurre nuove discriminazioni per quanto riguarda le possibilita di
approvvigionamento e di smercio . Il giudice di merito deve quindi anzitutto
indagare se detta finalita sia effettivamente compromessa, vale a dire se il
provvedimento in contestazione preveda o possa dar luogo a una nuova
discriminazione tra cittadini degli stati membri per quanto riguarda le possibilita di
approvvigionamento e di smercio .
Si devono inoltre tener presenti i mezzi indicati nell' art . 37, n . 1 . Questa
disposizione vieta l' istituzione, non gia di qualsiasi monopolio nazionale, bensi' di
quelli che hanno " carattere commerciale " e cio' nei limiti in cui sono idonei ad
introdurre le suddette discriminazioni . Ricadono sotto dette disposizioni i
monopoli nazionali e gli organismi di cui trattasi i quali abbiano ad oggetto dei
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
negozi su un prodotto commerciale che si presti alla concorrenza ed agli scambi fra
stati membri ed inoltre abbiano un peso reale negli scambi stessi .
Spetta al giudice di merito apprezzare di volta in volta se l' attivita economica in
esame riguardi un prodotto che, per sua natura e in considerazione delle esigenze
tecniche o internazionali cui e sottoposto, possa avere un certo rilievo nelle
importazioni o esportazioni fra cittadini degli stati membri .
Decisione relativa alle spese
Le spese sostenute dalla commissione della cee e dal governo italiano, che hanno
presentato osservazioni, non possono dar luogo a rifusione . Nei confronti delle
parti nella causa di merito, l' attuale giudizio ha il carattere di un incidente
sollevato nella lite pendente dinanzi al giudice conciliatore di milano : a questo
spetta quindi di provvedere sulle spese .
Dispositivo
La corte
Pronunziandosi sull' eccezione d' irricevibilita basata sull' art . 177, decide e
statuisce :
Le questioni deferite dal giudice conciliatore di milano a norma dell' art . 177 sono
ammissibili in quanto vertono, nella specie, sull' interpretazione di disposizioni del
trattato cee, restando fermo che nessun atto unilaterale posteriore puo' prevalere
sulle norme comunitarie,
Dichiara :
1 ) l' art . 102 non contiene disposizioni che attribuiscano ai singoli dei diritti che i
giudici nazionali sono tenuti a tutelare;
2 ) le disposizioni dell' art . 93 che interessano nella specie non attribuiscono
nemmeno esse dei diritti ai singoli;
3 ) l' art . 53 e una norma comunitaria atta ad attribuire ai singoli dei diritti che i
giudici nazionali sono tenuti a tutelare . Esso vieta qualsiasi nuova misura avente lo
scopo di sottoporre lo stabilimento di cittadini degli altri stati membri a una
disciplina piu rigorosa di quella riservata ai cittadini nazionali, e cio'
indipendentemente dal regime giuridico delle imprese .
4 ) tutte le disposizioni dell' art . 37, n . 2, sono norme comunitarie atte ad attribuire
ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . Nel quadro della
questione sollevata, esse hanno lo scopo di vietare qualsiasi nuova misura in
contrasto con i principi dell' art . 37, n . 1, cioe qualsiasi misura avente ad oggetto,
o dalla quale consegua, una discriminazione fra cittadini degli stati membri in
materia di approvvigionamento e di smercio, mediante monopoli, od organismi, i
quali abbiano ad oggetto negozi su un prodotto commerciale che si presti alla
concorrenza ed agli scambi fra stati membri ed inoltre abbiano un peso reale in
detti scambi;
E dispone :
Spetta al giudice conciliatore di milano provvedere sulle spese del presente
giudizio .
Sentenza della corte del 23 aprile 1986. - parti ecologiste " les verts " contro
parlamento europeo. - ricorso d'annullamento - campagna d'informazione per
l'elezione del parlamento europeo. - causa 294/83.
Parole chiave
1 . Procedura - riassunzione della causa
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
2 . Ricorso d ' annullamento - art . 173 del trattato cee - atti impugnabili - atti del
parlamento destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi
( trattato cee , artt . 164 e 173 )
3 . Ricorso d ' annullamento - controllo di legittimita sulle spese ad opera della
corte dei conti - portata
( trattato cee , artt . 173 e 206 bis )
4 . Ricorso d ' annullamento - persone fisiche o giuridiche - atti che le riguardino
direttamente e individualmente - formazioni politiche non rappresentate nel
parlamento ma che possono partecipare alle elezioni europee - atti del parlamento
che effettuino la ripartizione delle somme destinate al finanziamento della
campagna d ' informazione pre-elettorale
( trattato cee , art . 173 , 2* comma )
5 . Parlamento - poteri - istituzione di un sistema per il rimborso delle spese
sostenute in occasione della campagna per le elezioni europee - sovrapposizione ai
poteri degli stati membri - illegittimita
( atto relativo all ' elezione dei rappresentati nell ' assemblea a suffragio universale
diretto del 20 settembre 1976 , art . 7 , n . 2 )
Massima
1 . Qualora un ' associazione , che sia ricorrente , sia confluita in una nuova
associazione dotata di personalita giuridica trasmettendole , fra gli altri diritti ed
obblighi , l ' azione esperita e la nuova associa zione manifesti la volonta di
proseguire l ' azione stessa , non vi e motivo di dichiarare irricevibile il ricorso per
mancanza di legittimazione ad agire .
2 . L ' interpretazione dell ' art . 173 del trattato che escludesse gli atti del
parlamento europeo dal novero di quelli che possono essere impugnati mediante
ricorso d ' annullamento porterebbe ad un risultato in contrasto sia con lo spirito del
trattato , espresso nell ' art . 164 , sia col sistema dello stesso in forza del quale e
consentito proporre un ricorso diretto contro tutte le disposizioni adottate dalle
istituzioni e miranti a produrre effetti giuridici . Gli atti che il parlamento europeo
adotta nell ' ambito del trattato cee potrebbero infatti , senza che fosse possibile
sottoporli al controllo della corte , sconfinare nel campo di competenza degli stati
membri o delle altre istituzioni ovvero superare i limiti posti alla competenza del
loro autore . Si deve pertanto ritenere che il ricorso d ' annullamento puo essere
diretto contro gli atti del parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici
nei confronti di terzi .
Cio vale per gli atti con cui il parlamento europeo disciplina la ripartizione delle
somme iscritte in bilancio per la preparazione dell ' elezione a suffragio universale
diretto dei suoi membri , dato che tali atti producono effetti giuridici sia nei
confronti delle formazioni politiche rappresentate nel suo seno al momento della
loro adozione , sia nei confronti delle formazioni che non sono rappresentate , ma
che possono partecipare all'elezione stessa.
3 . Il sindacato esercitato dalla corte dei conti a norma dell ' art . 206 bis del trattato
cee verte sulla legittimita della spesa rispetto al bilancio ed all ' atto di di ritto
derivato dal quale discende tale spesa ( comunemente chiamato atto base ). Il suo
sindacato e quindi distinto da quello esercitato dalla corte di giustizia , il quale
verte sulla legittimita di detto atto base .
4 . La formazione politica la quale , pur non essendo , a differenza dei suoi
concorrenti , rappresentata in seno al parlamento europeo , possa presentare dei
50
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
candidati in occasione dell ' elezione a suffragio universale diretto dei membri del
parlamento stesso , se non si vuole creare tra formazioni concorrenti in occasione
della stessa elezione una disparita di tutela giurisdizionale , dev ' essere considerata
individulamente e nel contempo direttamente riguardata , ai sensi dell ' art . 173 ,
2* comma , del trattato , dagli atti adottati dal parlamento recanti la ripartizione
delle somme iscritte in bilancio e detinate al finanziamento della campagna d '
informazione che precede detta elezione , ad onta del fatto che essa non fosse
identificabile al momento dell ' adozione di tali atti .
5 . Il sistema di finanziamento della campagna d ' informazione che precede le
elezioni europee instaurato dal parlamento europeo , dal momento che non puo
essere distinto dal sistema di rimborso forfettario delle spese per la campagna
elettorale , e illegittimo per trasgressione dell ' art . 7 , n . 2 , dell ' atto relativo all '
elezione dei rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto , giacche
costituisce sovrapposizione ai poteri che , in forza di detta disposizione ,
continuano ad appartenere agli stati membri .
Parti
Nella causa 294/83 ,
Parti ecologiste ' les verts ' , associazione senza scopo di lucro , con sede in parigi ,
rappresentata dai signori etienne tete , delegato speciale , e dall ' avv . Christian
lallement , del foro di lione , e con domicilio eletto in lussemburgo presso l ' avv .
E . Wirion , 1 , place du theatre , ricorrente , contro
Parlamento europeo , rappresentato dai signori pasetti-bombardella ,
giureconsulto , roland bieber , consigliere giuridico , johannes schoo ,
amministratore principale , jean-paul jacque , professore della facolta di
giurisprudenza e di scienze politiche dell ' universita di strasburgo , e jurgen
schwarz , professore dell ' universita di amburgo , in qualita di agenti , e dall'avv .
Lyon-caen , e con domicilio eletto in lussemburgo presso la sua sede , plateau du
kirchberg , boite postale 1601 , convenuto , causa avente ad oggetto l '
annullamento delle decisioni dell ' ufficio di presidenza del parlamento europeo 12
e 13 ottobre 1982 e 29 ottobre 1983 , recanti assegnazione dei fondi di cui alla voce
di bilancio 3708 ,
Motivazione della sentenza
1 con atto introduttivo depositato nella cancelleria della corte il 28 dicembre 1983 ,
' les verts - parti ecologiste ' , associazione senza scopo di lucro con sede in parigi ,
la cui costituzione e stata dichiarata alla prefecture de police il 3 marzo 1980 , ha
proposto , a norma dell ' art . 173 , secondo comma , del trattato cee , un ricorso
diretto all ' annullamento della decisione dell ' ufficio di presidenza del parlamento
europeo 12 ottobre 1982 , concernente la ripartizione degli stanziamenti iscritti
nella voce 3708 del bilancio generale delle comunita europee , e della decisione
dell ' ufficio di presidenza ampliato del parlamento europeo 29 ottobre 1983 ,
recante adozione del regolamento per l ' impiego degli stanziamenti destinati al
rimborso delle spese delle formazioni politiche partecipanti alle elezioni europee
del 1984 .
2 la voce 3708 e stata iscritta nel bilancio generale delle comunita europee per gli
esercizi 1982 , 1983 e 1984 , nella sezione relativa al parlamento europeo , sotto il
titolo 3 , concernente le spese risultanti dall ' esecuzione da parte dell ' istituzione
di compiti specifici ( gu 1982 , l 31 , pag . 114 ; gu 1983 , l 19 , pag . 112 e gu 1984
, l 12 , pag . 132 ). Detta voce contemplava un contributo destinato alla
51
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
preparazione delle successive elezioni europee . Il suo commento , identico nei
bilanci per gli esercizi 1982 e 1983 , era cosi formulato : ' questi stanziamenti
debbono servire al cofinanziamento della preparazione delle informazioni
concernenti le seconde elezioni dirette , che avranno luogo nel 1984 ' e ' l ' ufficio
di presidenza del parlamento europeo specifichera le modalita di tali spese . ' Nel
commento figurante nel bilancio per l ' esercizio 1984 si precisava che il
cofinanziamento sarebbe avvenuto ' conformemente alla decisione dell ' ufficio di
presidenza del 12 ottobre 1982 ' . Complessivamente , 43 milioni di ecu sono stati
assegnati a tale voce .
3 il 12 ottobre 1982 , l ' ufficio di presidenza , composto dal presidente e dai dodici
vicepresidenti del parlamento , adottava , su proposta dei presidenti dei gruppi
politici , una decisione riguardante la ripartizione degli stanziamenti iscritti nella
voce 3708 ( in prosieguo : ' decisione del 1982 ' ). In quell ' occasione l ' ufficio di
presidenza deliberava in presenza dei presidenti dei gruppi politici e dei delegati
dei membri non iscritti . Uno dei gruppi politici - il gruppo di coordinamento
tecnico - dichiarava di essere contrario in linea di principio all ' assegnazione di
fondi ai gruppi politici per la preparazione della campagna elettorale .
4 la predetta decisione , che non e stata pubblicata , prescrive che gli stanziamenti
iscritti alla voce 3708 del bilancio del parlamento europeo siano ripartiti ogni anno
tra i gruppi politici , i membri non iscritti e un fondo di riserva per il 1984 . La
ripartizione e effettuata nel modo seguente : a ) ciascuno dei sette gruppi riceve un '
indennita forfettaria pari all ' 1% dell ' importo totale degli stanziamenti ; b )
ciascun gruppo riceve inoltre , per ciascuno dei suoi membri , 1/434 dell ' importo
totale degli stanziamenti diminuito dell ' importo dell ' indennita forfettaria ; c )
ciascuno dei membri non iscritti riceve parimenti 1/434 dell ' importo totale degli
stanziamenti diminuito dell ' indennita forfettaria ; d ) l ' importo totale delle
somme assegnate ai gruppi politici e ai membri non iscritti a norma delle
disposizioni sub b ) e c ) non puo superare il 62% dell ' importo totale degli
stanziamenti iscritti nella voce 3708 ; e ) ogni anno un importo pari al 31% dell '
importo totale degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 , e destinato alla
costituzione di un fondo di riserva . Per quest ' ultimo e prevista una ripartizione ,
in funzione del numero dei voti riportati , tra tutte le formazioni politiche che
abbiano raccolto nelle elezioni del 1984 oltre il 5% dei suffragi validamente
espressi nello stato membro in cui hanno presentato i propri candidati , ovvero oltre
l ' 1% dei voti validamente espressi in almeno tre stati membri in cui hanno
presentato i propri candidati ( in prosieguo : ' clausola dell ' 1% ' ). Si precisa
inoltre che i dettagli relativi alla ripartizione di tale riserva saranno definiti in
seguito .
5 il 12 ottobre 1982 , l ' ufficio di presidenza del parlamento europeo , deliberando
nelle medesime condizioni , approvava inoltre talune disposizioni relative all '
impiego , da parte dei gruppi politici , dei fondi destinati alla campagna d '
informazione precedente le elezioni europee del 1984 ( in prosieguo : ' norme del
1982 sull ' impiego degli stanziamenti ' ). Dette disposizioni , che non sono state
pubblicate , corrispondono alle raccomandazioni presentate da un gruppo di lavoro
composto dai presidenti dei gruppi politici e presieduto dal presidente del
parlamento europeo .
6 per quanto riguarda l ' impiego dei fondi , vengono applicate le seguenti norme .
Gli stanziamenti messi a disposizione dei gruppi politici possono essere impiegati
52
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
uni camente per il finanziamento di attivita che risultino in rapporto diretto con la
preparazione e l ' esecuzione della campagna di informazione organizzata in vista
delle elezioni del 1984 . Le spese amministrative ( in particolare la retribuzione dei
collaboratori occasionali , le spese di affitto di locali e di attrezzature d ' ufficio , le
spese di telecomunicazione ) non possono superare il 25% dello stanziamento
assegnato . E vietato l ' acquisto di beni immobili e di mobili d ' ufficio . I gruppi
devono depositare i fondi loro assegnati su un conto specificamente aperto a tal
fine .
7 i presidenti dei gruppi politici sono responsabili dell ' impiego dei fondi per fini
compatibili con le disposizioni adottate . Da ultimo , l ' uso dei fondi dev ' essere
giustificato presso altri organi , responsabili del controllo dei fondi del parlamento
europeo .
8 sotto il profilo contabile , dette disposizioni prescrivono la contabilizzazione
separata dello stato delle entrate e delle spese relative alle altre attivita dei gruppi .
Questi devono adottare sistemi contabili di cui sono definite le modalita . In base a
detti sistemi le spese vanno classificate in tre gruppi ( spese amministrative , spese
di riunione , spese di pubblicazione e di pubblicita ), a loro volta ripartiti per
progetti . Ogni anno , a partire dalla data del primo trasferimento di stanziamenti a
favore dei gruppi , questi ultimi devono presentare una relazione sull ' impiego dei
fondi ( pagamenti , impegni , riserve ) durante il periodo considerato . La relazione
deve essere trasmessa al presidente del parlamento europeo e al presidente della
commissione per il controllo del bilancio .
9 nel titolo ' restituzione di stanziamenti non utilizzati ' si precisa che gli
stanziamenti messi a disposizione devono essere utilizzati entro il quarantesimo
giorno antecedente la data delle elezioni per contrarre impegni di pagamento , a
condizione che il pagamento sia eseguito al piu tardi quaranta giorni dopo la data
delle elezioni . Tutti gli stanziamenti che non vengono utilizzati secondo i due
criteri soprammenzionati devono essere restituiti al parlamento europeo entro tre
mesi dalle elezioni . All ' occorrenza il parlamento europeo puo recuperare le
somme dovutegli operando una ritenuta d ' importo equivalente sugli stanziamenti
da versare ai gruppi in base alla voce 3706 ( attivita politiche supplementari ).
10 il 29 ottobre 1983 l ' ufficio di presidenza ampliato , composto dall ' ufficio di
presidenza e dai presidenti dei gruppi politici , adottava il ' regolamento per l '
utilizzazione degli stanziamenti destinati al rimborso delle spese delle formazioni
politiche partecipanti alle elezioni del 1984 ' ( gu c 293 , pag . 1 ) ( in prosieguo ,
regolamento del 1983 ).
11 il regolamento , conformemente a quanto annunciato nella decisione del 1982 ,
precisa le modalita della ripartizione della riserva del 31% . Le condizioni relative
al minimo di suffragi che le formazioni politiche devono aver ottenuto per poter
partecipare a tale ripartizione sono quelle gia indicate nella decisione del 1982 . Il
regolamento del 1983 specifica inoltre che le formazioni politiche che desiderano
beneficiare della clausola dell ' 1% devono presentare , almeno 40 giorni prima
delle elezioni , una dichiarazione di apparentamento presso il segretario generale
del parlamento europeo . Il regolamento contiene altresi varie disposizioni sulla
messa a disposizione degli stanziamenti . Per i partiti , le liste o le alleanze
rappresentati , i fondi sono messi a disposizione dei gruppi politici e dei membri
non iscritti a partire dalla prima seduta dopo le elezioni . Per i partiti , le liste o le
alleanze non rappresentati , e disposto quanto segue :
53
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
- le domande di rimborso devono essere presentate al segretario generale del
parlamento europeo entro novanta giorni dalla pubblicazione dei risultati delle
elezioni nello stato membro interessato , accompagnate dai documenti
giustificativi;
- il periodo nel corso del quale le spese possono essere considerate come spese
relative alle elezioni del 1984 ha inizio il 1* gennaio 1983 e si conclude quaranta
giorni dopo la data delle elezioni ;
- le domande devono essere corredate di dichiarazioni contabili attestanti che le
spese effettuate riguardano le elezioni del parlamento europeo ;
- i criteri sopra descritti validi per le spese dei gruppi politici , si applicano anche a
quelle delle formazioni non rappresentate nel parlamento europeo .
12 l ' associazione ricorrente deduce sette mezzi a sostegno del ricorso :
1 ) l ' incompetenza ;
2 ) la violazione dei trattati , e segnatamente dell ' art . 138 del trattato cee e degli
artt . 7 , n . 2 , e 13 dell ' atto relativo all ' elezione dei rappresentanti nell '
assemblea a suffragio universale diretto ;
3 ) la violazione del principio generale dell ' eguaglianza di tutti i cittadini davanti
alla legge elettorale ;
4 ) la violazione degli artt . 85 e seguenti del trattato cee ;
5 ) la violazione del principio dell ' uguaglianza dei cittadini davanti alla legge ,
sancito dalla costituzione francese ;
6 ) l ' eccezione d ' illegittimita e di inapplicabilita in quanto il voto espresso dal
ministro francese in seno al consiglio delle comunita europee in occasione della
deliberazione sui bilanci sarebbe viziato da illegittimita , il che comporterebbe l '
illegittimita della deliberazione del consiglio e degli atti successivi del
procedimento di bilancio ;
7 ) lo sviamento di potere , in quanto l ' ufficio di presidenza del parlamento
europeo avrebbe usato stanziamenti iscritti alla voce 3708 per assicurare la
rielezione di membri del parlamento europeo eletti nel 1979 .
Sulla ricevibilita del ricorso
1 . Sull ' interesse a ricorrere dei ' verts - confederation ecologiste - parti ecologiste'
13 dopo la chiusura della fase scritta del procedimento e emerso che , con
protocollo 29 marzo 1984 , l ' associazione ricorrente ' les verts - parti ecologiste ' ,
e un ' altra associazione denominata ' les verts - confederation ecologiste ' , hanno
deciso di sciogliersi e di fondersi per costituire una nuova associazione denominata
' les verts - confederation ecologiste - parti ecologiste ' . Quest ' ultima ha
dichiarato la propria costituzione il 20 giugno 1984 alla prefecture de police di
parigi ( jorf dell ' 8.11.1984 , n.c ., pag . 10241 , annuncio che sostituisce e annulla
quelli apparsi sulla jorf del 25.7.1984 , n.c . 172 , pagine 6604 e 6608 ). Questa
nuova associazione ha presentato alle elezioni europee del giugno 1984 la lista ' les
verts - europe ecologie ' , dopo aver presentato , il 28 aprile 1984 , la dichiarazione
di apparentamento contemplata dall ' art . 4 del regolamento del 1983 . La stessa
associazione , con lettera 23 luglio 1984 , ha presentato al segretariato generale del
parlamento europeo una domanda di rimborso in base al suddetto regolamento . A
seguito di tale domanda le e stata versata la somma di 82 958 ecu , risultante dall '
applicazione di un coefficiente di finanziamento per voto pari allo 0,1206596 ai
680 080 voti da essa ottenuti .
54
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
14 in considerazione di questi nuovi elementi , il parlamento europeo ha anzitutto
sostenuto che l ' associazione ricorrente ' les verts - parti ecologiste, a causa del suo
scioglimento , aveva perduto l ' interesse a ricorrere nel presente procedimento , e
che il principio della conservazione della sua personalita giuridica ai fini della sua
liquidazione non poteva applicarsi alla presente azione , essendo stata quest ' ultima
trasferita alla nuova associazione . Pur non negando la possibilita , per la nuova
associazione , ' les verts - confederation ecologiste - parti ecologiste ' , di
riassumere la causa promossa dall ' associazione ricorrente , il parlamento europeo
ha sostenuto in seguito che tale riassunzione avrebbe dovuto aver luogo entro un
termine fissato dalla corte ed emanare chiaramente degli organi statutariamente
competenti della nuova associazione . Ritenendo che quest ' ultima condizione non
fosse soddisfatta , il parlamento europeo ha concluso per il rigetto del ricorso .
15 si deve rilevare in primo luogo come dal protocollo 29 marzo 1984 risulti che lo
scioglimento delle due associazioni , compreso quello dell ' associazione
ricorrente , e avvenuto con riserva della loro fusione ai fini della costituzione di
una nuova associazione . Scioglimento , fusione e creazione della nuova
associazione hanno pertanto avuto luogo con il medesimo atto , cosicche vi e
continuita temporale e giuridica fra l ' associazione ricorrente e la nuova
associazione , e la seconda e divenuta titolare dei diritti e degli obblighi della prima
.
16 in secondo luogo , nel protocollo di fusione si specifica espressamente che le
azioni giudiziarie in corso , e particolarmente quelle che sono state proposte
dinanzi alla corte di giustizia , ' continueranno negli stessi termini ' e ' secondo le
stesse modalita ' .
17 in terzo luogo , lo stesso parlamento europeo ha accennato , nel corso della fase
orale del procedimento , ad una deliberazione del consiglio nazionale
interregionale della nuova associazione , in data 16 e 17 febbraio 1985 . Ai termini
di detta deliberazione , che e stata letta in udienza dall ' avvocato della nuova
associazione , il consiglio nazionale interregionale di quest ' ultima , organo
statutariamente competente a stare in giudizio , ha deciso espressamente , di fronte
all ' atteggiamento dilatorio del parlamento europeo , di riassumere la causa
promossa dall ' associazione ' les verts - parti ecologiste ' .
18 stando cosi le cose , la volonta della nuova associazione di mantenere fermo e
proseguire il ricorso proposto da una delle associazioni da cui essa e nata , ricorso
che le e stato espressamente trasferito , non da adito a dubbi , e le conclusioni
contrarie del parlamento europeo su tale punto vanno respinte.
19 benche il parlamento europeo non abbia sollevato alcuna eccezione di
irricevibilita con riguardo alle condizioni stabilite dall ' art . 173 del trattato , spetta
a questa corte verificare d ' ufficio se dette condizioni siano soddisfatte . Nella
fattispecie , sembra necessario pronunciarsi espressamente sui seguenti punti : se la
corte sia competente a conoscere di un ricorso d ' annullamento , proposto in base
all ' art . 173 del trattato , contro un atto del parlamento europeo ; se la decisione
del 1982 e il regolamento del 1983 abbiano la natura di atti produttivi di effetti
giuridici nei confronti di terzi ; se tali atti riguardino direttamente e
individualmente l'associazione ricorrente , ai sensi dell ' art . 173 , n . 2 , del
trattato.
2 . Sulla competenza della corte a conoscere di un ricorso d ' annullamento ,
proposto in base all ' art . 173 del trattato , contro un atto del parlamento europeo
55
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
20 si deve osservare , in via preliminare , che la decisione del 1982 e il
regolamento del 1983 sono stati adottati da organi del parlamento europeo e
devono pertanto essere considerati come atti del parlamento stesso .
21 l ' associazione ricorrente ritiene che , tenuto conto dell ' art . 164 del trattato , il
controllo di legittimita sugli atti delle istituzioni , attribuito alla corte dall ' art . 173
del trattato , non puo essere limitato agli atti del consiglio e della commissione , a
pena di un diniego di giustizia .
22 anche il parlamento europeo ritiene che la corte , in virtu della sua funzione
generale di custode del diritto , definita nell ' art . 164 del trattato cee , possa
controllare la legittimita di atti diversi da quelli del consiglio e della commissione .
L ' enumerazione dei potenziali convenuti , figurante nell ' art . 173 del trattato ,
non e , a suo parere , tassativa . Il parlamento europeo non nega di poter essere
assoggettato al sindacato giurisdizionale della corte in settori come il bilancio e le
questioni legate all ' organizzazione delle elezioni dirette , in cui gli sono stati
attribuiti , attraverso la revisione dei trattati , maggiori poteri e in cui puo esso
stesso adottare atti giuridici . Nel caso dell ' assegnazione di stanziamenti per il
cofinanziamento della campagna di informazione in occasione delle seconde
elezioni dirette , il parlamento europeo esercita direttamente i diritti che gli sono
propri . Non intende percio sottrarre i suoi atti in tale materia al sindacato
giurisdizionale . Esso considera tuttavia che un ' interpretazione estensiva dell ' art .
173 del trattato , che renda i suoi atti impugnabili col ricorso d ' annullamento ,
dovrebbe comportare il riconoscimento del suo interesse a ricorrere contro atti del
consiglio e della commissione .
23 a questo proposito si deve anzitutto sottolineare che la comunita economica
europea e una comunita di diritto nel senso che ne gli stati che ne fanno parte , ne
le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformita dei loro atti alla carta
costituzionale di base costituita dal trattato . In particolare , con gli artt . 173 e 184 ,
da un lato , e con l ' art . 177 , dall ' altro , il trattato ha istituito un sistema completo
di rimedi giuridici e di procedimenti inteso ad affidare alla corte di giustizia il
controllo della legittimita degli atti delle istituzioni . Le persone fisiche e le persone
giuridiche sono in tal modo tutelate contro l ' applicazione , nei loro confronti , di
atti di portata generale che esse non possono impugnare direttamente davanti alla
corte a causa dei particolari presupposti di ricevibilita specificati nell ' art . 173 ,
secondo comma , del trattato . Quando spetti alle istituzioni comunitarie rendere
tali atti operativi sul piano amministrativo , le persone fisiche e le persone
giuridiche possono ricorrere direttamente davanti alla corte contro i provvedimenti
di attuazione di cui esse siano destinatarie o che le riguardino direttamente e
individualmente , e dedurre , a sostegno del ricorso , l ' illegittimita dell ' atto
generale di base . Quando detta attuazione spetti alle autorita nazionali , esse
possono far valere l ' invalidita degli atti di portata generale dinanzi ai giudici
nazionali e indurre questi ultimi a chiedere alla corte di giustizia , mediante la
proposizione di una domanda pregiudiziale , di pronunciarsi a questo proposito .
24 e vero che , a differenza dell ' art . 177 del trattato , che si riferisce agli atti delle
istituzioni senza ulteriori specificazioni , l ' art . 173 menziona solo gli atti del
consiglio e della commissione . Tuttavia , in base al sistema del trattato , e
consentito proporre un ricorso diretto contro ' tutte le disposizioni adottate dalle
istituzioni (...) Miranti a produrre effetti giuridici ' , come la corte ha gia avuto
occasione di sottolineare nella sentenza 31 marzo 1971 ( causa 22/70 ,
56
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
commissione/consiglio , racc . Pag . 263 ). Il parlamento europeo non figura
espressamente fra le istituzioni i cui atti possono essere impugnati , perche il
trattato cee , nella versione originaria , gli conferiva solo poteri consultivi e di
controllo politico e non il potere di adottare atti destinati a produrre effetti giuridici
nei confronti di terzi . L ' art . 38 del trattato ceca dimostra che , quando al
parlamento e stato conferito fin dall ' inizio il po tere di adottare disposizioni di
carattere vincolante , come avviene in forza dell ' art . 95 , quarto comma , ultima
frase , dello stesso trattato , i suoi atti non sono stati sottratti , in via di principio , al
ricorso d ' annullamento .
25 mentre nell ' ambito del trattato ceca il ricorso d ' annullamento contro gli atti
delle istituzioni costituisce oggetto di due disposizioni distinte , nell ' ambito del
trattato cee esso e disciplinato solamente dall ' art . 173 , che riveste cosi carattere
generale . L ' interpretazione dell ' art . 173 del trattato che escludesse gli atti del
parlamento europeo dal novero di quelli impugnabili porterebbe ad un risultato
contrastante sia con lo spirito del trattato , espresso nell ' art . 164 , sia col sistema
dello stesso . Gli atti che il parlamento europeo adotta nell ' ambito del trattato cee
potrebbero infatti invadere la competenza degli stati membri o delle altre istituzioni
, ovvero oltrepassare i limiti posti alla competenza del loro autore senza poter
essere deferiti alla corte . Si deve pertanto considerare che il ricorso d '
annullamento puo essere diretto contro gli atti del parlamento europeo destinati a
produrre effetti giuridici nei confronti di terzi .
26 occorre adesso stabilire se la decisione del 1982 e il regolamento del 1983
abbiano la natura di disposizioni volte a produrre effetti giuridici nei confronti di
terzi .
3 . Sulla natura di atti volti a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi della
decisione del 1982 e del regolamento del 1983
27 i due atti impugnati riguardano entrambi la ripartizione degli stanziamenti
iscritti nel bilancio del parlamento europeo per la preparazione delle elezioni
europee del 1984 . Essi si riferiscono all ' attribuzione di detti stanziamenti a terzi
per spese relative a un ' attivita da esercitare al di fuori del parlamento europeo .
Essi disciplinano , sotto tale profilo , i diritti e gli obblighi sia delle formazioni
politiche che erano gia rappresentate nel parlamento europeo dal 1979 sia di quelle
che avrebbero partecipato alle elezioni del 1984 . Essi determinano la parte degli
stanziamenti che spetta a ciascuna di loro , in funzione sia del numero dei seggi
ottenuti nel 1979 sia del numero di voti ottenuti nel 1984 . In tal modo , gli atti
suddetti mirano a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi , il che li rende
impugnabili ai sensi dell ' art . 173 del trattato .
28 l ' argomento secondo il quale il controllo attribuito alla corte dei conti dall ' art .
206 bis del trattato osta a quello della corte di giustizia deve essere respinto . La
corte dei conti , infatti , puo solo esaminare la legittimita della spesa in relazione al
bilancio e all ' atto di diritto derivato dal quale discende tale spesa ( comunemente
chiamato atto base ). Pertanto , il suo sindacato e comunque distinto da quello
esercitato dalla corte di giustizia , che verte sulla legittimita di detto atto base . Gli
atti impugnati nella fattispecie costituiscono , in realta , l ' equivalente di un atto
base in quanto stabiliscono il principio della spesa e fissano le modalita secondo le
quali essa dev ' essere effettuata .
4 . Sul problema del se gli atti impugnati riguardino direttamente e individualmente
l ' associazione ricorrente ai sensi dell ' art . 173 , secondo comma , del trattato
57
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
29 l ' associazione ricorrente sottolinea di avere personalita giuridica e che le
decisioni impugnate , comportando la concessione di un aiuto alle formazioni
politiche rivali , la riguardano senz ' altro direttamente e individualmente .
30 il parlamento europeo sostiene che , nello stato attuale della giurisprudenza
della corte relativa al presupposto in esame , il ricorso dell ' associazione ricorrente
e irricevibile . Tuttavia , si chiede se un ' interpretazione estensiva del primo
comma dell ' art . 173 del trattato non debba incidere su quella del secondo comma
dello stesso articolo . Sottolinea in proposito che l ' associazione ricorrente non e
un terzo qualsiasi , ma occupa , in quanto partito politico , una posizione
intermedia fra i ricorrenti privilegiati e i semplici privati . Sarebbe opportuno
prendere in considerazione a livello comunitario la funzione speciale dei partiti
politici . Il loro statuto particolare giustificherebbe che sia loro riconosciuto un
diritto di ricorso , ai sensi dell ' art . 173 , secondo comma , del trattato , contro gli
atti che stabiliscono a quali condizioni e in quale misura essi ricevono , in
occasione delle elezioni dirette , fondi provenienti dal bilancio del parlamento
europeo , allo scopo di far conoscere quest ' ultimo . Nel controricorso il
parlamento europeo conclude , in base a queste considerazioni , che i partiti politici
sono individualmente e direttamente interessati dal regolamento del 1983 .
31 si deve rilevare innanzitutto che gli atti impugnati riguardano direttamente l '
associazione ricorrente . Essi costituiscono infatti una disciplina completa ,
autosufficiente e che non richiede alcuna disposizione di attuazione , poiche il
calcolo della parte degli stanziamenti da attribuire a ciascuna delle formazioni
politiche interessate e automatico ed esclude qualsiasi margine discrezionale .
32 resta da verificare se l ' associazione ricorrente sia interessata individualmente
dagli atti impugnati .
33 a questo proposito occorre concentrare l ' esame sulla decisione del 1982 .
Questa decisione ha approvato il principio della concessione alle formazioni
politiche degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 ; essa ha poi determinato la
parte di detti stanziamenti che va ai gruppi politici costituiti nell ' assemblea eletta
nel 1979 e ai membri non iscritti di questa ( 69% ) e la parte di stanziamenti
destinata ad essere ripartita fra tutte le formazioni politiche , rappresentate o no nell
' assemblea eletta nel 1979 , che avrebbero preso parte alle elezioni del 1984
( 31% ); infine , essa ha ripartito la quota del 69% fra i gruppi politici e i membri
non iscritti . Il regolamento del 1983 si e limitato a confermare la decisione del
1982 e a completarla precisando il meccanismo di ripartizione della riserva del
31% . Esso deve percio essere considerato parte integrante della decisione del 1982
.
34 la decisione del 1982 riguarda tutte le formazioni politiche , anche se la somma
che assegna loro varia a seconda che esse abbiano o no avuto rappresentanti nell '
assemblea eletta nel 1979 .
35 il presente ricorso si riferisce ad una situazione di cui la corte non si e ancora
trovata a conoscere . Talune formazioni politiche , poiche erano rappresentate nell '
istituzione , hanno partecipato ad una deliberazione vertente ad un tempo sul
trattamento loro riservato e su quello accordato a formazioni rivali che non erano
rappresentate . Di conseguenza , trattandosi della ripartizione di fondi pubblici in
vista della preparazione di elezioni , ed essendo stata dedotta l ' iniquita di tale
ripartizione , non si puo ritenere che solo le formazioni che erano rappresentate e
58
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
che , per ipotesi , erano identificabili alla data dell ' adozione dell ' atto impugnato ,
siano interessate individualmente .
36 siffatta interpretazione si risolverebbe infatti nel creare una disuguaglianza ,
sotto il profilo della tutela giurisdizionale , fra formazioni concorrenti nell ' ambito
delle stesse elezioni . Le formazioni non rappresentate non potrebbero impedire la
controversa ripartizione degli stanziamenti prima dell ' inizio della campagna
elettorale , poiche esse potrebbero far valere l ' illegittimita della decisione base
solo nell ' ambito del ricorso contro le decisioni individuali che negassero loro il
rimborso di somme superiori a quelle previste . Esse sarebbero cosi nell '
impossibilita di proporre un ricorso d ' annullamento davanti alla corte prima che le
elezioni abbiano luogo e non sarebbero nemmeno in grado di ottenere dalla corte la
sospensione , ai sensi dell ' art . 185 del trattato , dell ' esecuzione della decisione
base contestata .
37 si deve pertanto ritenere che l ' associazione ricorrente , che era costituita al
momento dell ' adozione della decisione del 1982 e che poteva presentare candidati
alle elezioni del 1984 , e interessata individualmente dagli atti impugnati .
38 alla luce dell ' insieme di tali considerazioni , si deve concludere che il ricorso e
ricevibile .
Nel merito
39 nell ' ambito dei primi tre mezzi l ' associazione ricorrente qualifica il sistema
attuato dal parlamento europeo sistema di rimborso delle spese per la campagna
elettorale .
40 con il primo mezzo , l ' associazione ricorrente sostiene che il trattato non
fornisce alcuna base giuridica per l ' adozione di un sistema del genere . Col
secondo mezzo deduce che tale materia rientra comunque nella nozione di
procedura elettorale uniforme di cui all ' art . 138 , n . 2 , del trattato e che
pertanto , conformemente all ' art . 7 , n . 2 , dell ' atto relativo all ' elezione dei
rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto , continua ad essere di
competenza dei legislatori nazionali .
41 col terzo mezzo , l ' associazione ricorrente denuncia infine la rottura della
parita di opportunita tra le formazioni politiche , in quanto quelle gia rappresentate
nel parlamento eletto nel 1979 concorrono due volte alla ripartizione degli
stanziamenti iscritti alla voce 3708 . Esse prenderebbero parte in primo luogo alla
ripartizione del 69% degli stanziamenti riservati ai gruppi politici e ai membri non
iscritti dell ' assemblea eletta nel 1979 e inoltre alla ripartizione della riserva del
31% , risultando cosi notevolmente favorite rispetto alle formazioni che non
avevano ancora rappresentanti nell ' assemblea eletta nel 1979 .
42 secondo il parlamento europeo , i primi due mezzi dedotti dall ' associazione
ricorrente sono fra loro contraddittori : o la questione e di competenza della
comunita , oppure non lo e ; e escluso pero che l ' associazione ricorrente possa
sostenere con temporaneamente le due tesi . Il parlamento europeo sottolinea
soprattutto che non si tratta di un sistema di rimborso delle spese per la campagna
elettorale , ma della partecipazione ad una campagna di informazione destinata a
far conoscere il parlamento agli elettori in occasione delle elezioni , come attestano
chiaramente sia il commento della voce 3708 che la normativa di attuazione . La
partecipazione del parlamento europeo a detta campagna d ' informazione
deriverebbe dal potere - che la corte gli avrebbe riconosciuto nella sentenza 10
febbraio 1983 ( causa 230/81 , lussemburgo/parlamento , racc . Pagg . 255 , 287 ) -
59
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
di regolare la sua organizzazione interna e di adottare ' provvedimenti idonei a
garantire il proprio buon funzionamento e lo svolgimento delle sue procedure ' .
Non trattandosi di rimborso spese per la campagna elettorale , il primo e il secondo
mezzo sarebbero infondati .
43 inoltre il parlamento europeo controbatte il terzo mezzo sostenendo che non e
stata compromessa la parita di opportunita fra le varie formazioni politiche . La
normativa di cui trattasi avrebbe lo scopo di permettere un ' informazione efficace
sul parlamento . I partiti politici rappresentati nell ' assemblea eletta nel 1979 si
sarebbero gia adoperati a favore dell ' integrazione europea . Costituendo le
formazioni piu importanti , essi avrebbero una maggiore rappresentativita e
sarebbero in grado di diffondere una quantita piu consistente di informazioni .
Sarebbe quindi legittimo assegnare loro somme piu elevate per la campagna d '
informazione . La ripartizione degli stanziamenti in un 69% destinato al
finanziamento preliminare della campagna di informazione e in un 31% destinato
al finanziamento a posteriori di qualsiasi formazione politica che abbia partecipato
alle elezioni costituirebbe una decisione che rientra nella discrezionalita politica del
parlamento europeo . Il parlamento europeo ha ancora precisato all ' udienza che l '
ufficio di presidenza e l ' ufficio di presidenza ampliato hanno deciso di ripartire le
somme stanziate secondo un criterio che tiene naturalmente conto dell ' importanza
delle varie formazioni per quanto riguarda la diffusione del concetto di
integrazione politica nell ' opinione pubblica degli stati membri .
44 occorre ribadire subito che il parlamento europeo e autorizzato ad adottare , in
forza del potere di organizzazione interna attribuitogli dai trattati , provvedimenti
atti a garantire il suo buon funzionamento e lo svolgimento delle sue procedure ,
come emerge gia dalla succitata sentenza 10 febbraio 1983 . Va precisato tuttavia
che il sistema di finanziamento adottato non rientrerebbe nel suddetto potere di
organizzazione interna qualora risultasse che esso non puo venir distinto da un
sistema di rimborso forfettario delle spese per la campagna elettorale .
45 al fine di poter esaminare la fondatezza dei primi tre mezzi , bisogna quindi
stabilire , in primo luogo , la reale natura del sistema di finanziamento attuato dagli
atti impugnati .
46 a questo proposito , si deve rilevare in primo luogo che gli atti impugnati sono
perlomeno improntati ad ambiguita . Nella decisione del 1982 si indica
semplicemente che essa riguarda la ripartizione degli stanziamenti iscritti nella
voce n . 3708 , mentre nella nota interna che la sintetizza si fa chiaramente
menzione di finanziamento della campagna elettorale . Il regolamento del 1983 ,
poi , non precisa se le spese di cui esso contempla il rimborso debbano essere
servite a diffondere informazioni sul parlamento stesso o informazioni sulle
posizioni che le formazioni politiche hanno assunto e su quelle che esse intendono
assumere in futuro .
47 e vero che le norme del 1982 sull ' impiego dei fondi prescrivevano che i fondi
stanziati fossero usati soltanto in relazione alla campagna d ' informazione per le
elezioni del 1984 . A tal fine , specificavano la natura delle spese che potevano
essere coperte , designavano le persone responsabili del corretto impiego dei fondi ,
prescrivevano di tenere una contabilita distinta e ripartita secondo la natura delle
spese e imponevano la presentazione di relazioni sull ' impiego dei fondi stessi . Si
trattava , per il parlamento europeo , di garantire che i fondi messi a disposizione
60
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
dei gruppi politici fossero essenzialmente utilizzati per far fronte alle spese di
riunione e di pubblicazione ( opuscoli , inserti nei giornali , manifesti ).
48 si deve tuttavia sottolineare che dette norme non sono sufficienti a dissipare l '
ambiguita circa la natura dell ' informazione fornita . Infatti , al pari degli atti
impugnati , le norme del 1982 non stabilivano condizioni che vincolassero l '
assegnazione dei fondi alla natura dei messaggi diffusi . Il parlamento europeo
ritiene che , rendendo conto della loro attivita , i candidati hanno contribuito a
fornire informazioni sul modo in cui l ' istituzione parlamentare aveva svolto la sua
funzione . E evidente che nel corso di una campagna d ' informazione del genere -
svoltasi ' in contraddittorio ' come ha detto il parlamento europeo - le informazioni
sulla funzione del parlamento europeo e la propaganda di parte sono indissociabili .
Il parlamento europeo ha del resto riconosciuto all ' udienza che non era possibile ,
per i suoi membri , fare una netta distinzione tra i discorsi elettorali e quelli d '
indole informativa .
49 infine , occorre rilevare che i fondi messi a disposizione delle formazioni
politiche potevano essere spesi durante la campagna elettorale . Cio e evidente in
primo luogo per quanto riguarda i fondi provenienti dalla riserva del 31% , ripartita
tra le formazioni che hanno preso parte alle elezioni del 1984 . Le spese che
potevano essere rimborsate erano infatti quelle effettuate per le elezioni europee
del 1984 , nel periodo dal 1* gennaio 1983 fino al quarantesimo giorno dopo le
elezioni . Lo stesso vale per il 69% degli stanziamenti ripartiti ogni anno tra i
gruppi politici e i membri non iscritti dell ' assemblea eletta nel 1979 . Dalle
succitate norme del 1982 emerge infatti che un terzo del totale di tali stanziamenti (
diminuito delle indennita forfettarie ) doveva esser versato solo dopo le elezioni del
1984 . Inoltre , i fondi provenienti dalla massa del 69% potevano venir destinati
alla costituzione di riserve e costituire oggetto di impegni di pagamento fino al
quarantesimo giorno prima delle elezioni , a condizione che i pagamenti non
venissero effettuati oltre il quarantesimo giorno successivo alla data delle elezioni
stesse .
50 si deve pertanto ritenere che il sistema di finanziamento attuato non puo essere
distinto da un sistema di rimborso forfettario delle spese per la campagna elettorale
.
51 occorre accertare , in secondo luogo , se gli atti impugnati non siano stati
adottati in violazione dell ' art . 7 , n . 2 , dell ' atto 20 settembre 1976 , relativo all '
elezione dei rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto .
52 a tenore della suddetta disposizione , ' fino all ' entrata in vigore di una
procedura elettorale uniforme , e con riserva delle altre disposizioni del presente
atto , la procedura elettorale e disciplinata in ciascuno stato membro dalle
disposizioni nazionali ' .
53 la nozione ' procedura elettorale ' ai sensi della citata disposizione comprende in
particolare le norme volte a garantire la regolarita delle operazioni elettorali e la
parita di opportunita dei vari candidati durante la campagna elettorale . A questa
categoria appartengono le norme relative all ' istituzione di un sistema di rimborso
delle spese per la campagna elettorale .
54 il problema del rimborso delle spese per la campagna elettorale non rientra nei
pochi punti che sono stati disciplinati nell ' atto del 1976 . Ne deriva che , nello
stato attuale del diritto comunitario , l ' istituzione di un sistema di rimborso per le
61
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
spese per la campagna elettorale e la determinazione delle relative modalita
continua a rientrare nella sfera di competenza degli stati membri .
55 il mezzo dell ' associazione ricorrente relativo alla violazione dell ' art . 7, n . 2 ,
dell ' atto del 1976 dev ' essere pertanto accolto . Non vi e quindi motivo di statuire
sugli altri mezzi .
Decisione relativa alle spese
Sulle spese 56 a norma dell ' art . 69 , par 2 , del regolamento di procedura , la parte
soccombente e condannata alle spese , se ne e stata fatta domanda . La ricorrente
non ha chiesto la condanna del convenuto alle spese . Ne deriva che , sebbene il
convenuto sia risultato soccombente , ciascuna delle parti deve sopportare le
proprie spese .
Dispositivo
Per questi motivi ,
La corte
Dichiara e statuisce :
1 ) sono annullati la decisione dell ' ufficio di presidenza del parlamento europeo
12 ottobre 1982 , relativa alla ripartizione degli stanziamenti iscritti nella voce n .
3708 del bilancio generale delle comunita europee , nonche il regolamento adottato
dall ' ufficio di presidenza ampliato il 29 ottobre 1983 , avente ad oggetto l ' uso
degli stanziamenti destinati al rimborso delle spese delle formazioni politiche
partecipanti alle elezioni del 1984 .
2 ) ciascuna delle parti sopportera le proprie spese .
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 25 luglio 2008 (*)
«Direttiva 2004/38/CE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di
circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Familiari
cittadini di paesi terzi – Cittadini di paesi terzi entrati nello Stato membro ospitante
prima di divenire coniugi di cittadini dell’Unione»
Nel procedimento C-127/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla High Court
(Irlanda), con ordinanza 14 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 25 marzo 2008,
nella causa tra
Blaise Baheten Metock, Hanette Eugenie Ngo Ikeng, Christian Joel Baheten,
Samuel Zion Ikeng Baheten, Hencheal Ikogho, Donna Ikogho, Roland
Chinedu, Marlene Babucke Chinedu, Henry Igboanusi, Roksana Batkowska
e
Minister for Justice, Equality and Law Reform,
LA CORTE (Grande Sezione), composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P.
Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Lenaerts, presidenti di sezione, dai
sigg. A. Tizzano, U. Lõhmus, J. N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič (relatore), J.
Malenovský, J. Klučka, dalla sig.ra C. Toader e dal sig. J.-J. Kasel, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la decisione del presidente della Corte 17 aprile 2008 di trattare la causa
secondo un procedimento accelerato, conformemente agli artt. 23 bis dello Statuto
della Corte di giustizia e 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2008,
62
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. B. Baheten Metock, la sig.ra H. E. Ngo Ikeng e i sigg. C. J.
Baheten e S. Z. Ikeng Baheten, dai sigg. M. de Blacam, SC, e J. Stanley, BL, su
incarico del sig. V. Crowley, della sig.ra S. Burke e del sig. D. Langan, solicitors;
– per il sig. H. Ikogho e la sig.ra D. Ikogho, dalla sig.ra R. Boyle, SC, nonché
dai sigg. G. O’Halloran, BL, e A. Lowry, BL, su incarico del sig. S. Mulvihill,
solicitor;
– per il sig. R. Chinedu e la sig.ra M. Babucke Chinedu, dai sigg. A. Collins,
SC, M. Lynn, BL, e P. O’Shea, BL, su incarico del sig. B. Burns, solicitor;
– per il sig. H. Igboanusi e la sig.ra R. Batkowska, dai sigg. M. Forde, SC, e O.
Ladenegan, BL, su incarico dei sigg. K. Tunney e W. Mudah, solicitors;
– per il Minister for Justice, Equality and Law Reform, dal sig. D. O’Hagan, in
qualità di agente, assistito dal sig. B. O’Moore, SC, dalla sig.ra S. Moorhead, SC, e
dal sig. D. Conlan Smyth, BL;
– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
– per il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg e dalla sig.ra B. Weis Fogh,
in qualità di agenti;
– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e J. Möller, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, dalle sig.re T. Papadopoulou e M. Michelogiannaki,
in qualità di agenti;
– per il governo cipriota, dal sig. D. Lisandrou, in qualità di agente;
– per il governo maltese, dal sig. S. Camilleri, in qualità di agente;
– per il governo olandese, dalle sig.re C. Wissels e C. ten Dam, in qualità di
agenti;
– per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl e dalla sig.ra T. Fülöp, in qualità di
agenti;
– per il governo finlandese, dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di
agente;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra I. Rao, in qualità di agente,
assistita dal sig. T. Ward, barrister;
– per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra D. Maidani e dal
sig. M. Wilderspin, in qualità di agenti,
sentito l’avvocato generale,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE,
relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il
regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE,
72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e
93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, GU 2005,
L 197, pag. 34, e GU 2007, L 204, pag. 28).
2 Questa domanda è stata proposta nell’ambito di quattro procedimenti di
sindacato giurisdizionale su un atto della pubblica amministrazione, promossi
dinanzi alla High Court e diretti ciascuno ad ottenere, in particolare, un’ordinanza
di annullamento del provvedimento con il quale il Minister for Justice, Equality
and Law Reform (Ministro irlandese della Giustizia, delle pari Opportunità e della
63
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Riforma legislativa; in prosieguo: il «Ministro») ha negato un permesso di
soggiorno al cittadino di un paese terzo coniugato con una cittadina dell’Unione
residente in Irlanda.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 La direttiva 2004/38 è stata adottata sul fondamento degli artt. 12 CE, 18 CE,
40 CE, 44 CE e 52 CE.
4 I ‘considerando’ primo-quinto, undicesimo, quattordicesimo e trentunesimo
di questa direttiva sono così formulati:
«(1) La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il
diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio
degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal trattato e le
disposizioni adottate in applicazione dello stesso.
(2) La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà
fondamentali nel mercato interno che comprende uno spazio senza frontiere interne
nel quale è assicurata tale libertà secondo le disposizioni del trattato.
(3) La cittadinanza dell’Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei
cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera
circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli
strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori subordinati,
lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di semplificare e
rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione.
(4) Per superare tale carattere settoriale e frammentario delle norme concernenti
il diritto di libera circolazione e soggiorno e allo scopo di facilitare l’esercizio di
tale diritto, occorre elaborare uno strumento legislativo unico (…).
(5) Il diritto di ciascun cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere
esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un
analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. (…)
(…)
(11) Il diritto fondamentale e personale di soggiornare in un altro Stato membro
è conferito direttamente dal trattato ai cittadini dell’Unione e non dipende dall’aver
completato le formalità amministrative.
(…)
(14) I documenti giustificativi richiesti dalle autorità competenti ai fini del
rilascio dell’attestato di iscrizione o di una carta di soggiorno dovrebbero essere
indicati in modo tassativo onde evitare che pratiche amministrative o
interpretazioni divergenti costituiscano un indebito ostacolo all’esercizio del diritto
di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari.
(…)
(31) La presente direttiva rispetta i diritti e le libertà fondamentali e osserva i
principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea. In conformità con il divieto di discriminazione contemplato nella Carta gli
Stati membri dovrebbero dare attuazione alla presente direttiva senza operare tra i
beneficiari della stessa alcuna discriminazione fondata su motivazioni quali sesso,
razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua,
religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura,
64
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
appartenenza ad una minoranza etnica, patrimonio, nascita, handicap, età o
tendenze sessuali».
5 La direttiva 2004/38, ai sensi dell’art. 1, lett. a), riguarda, in particolare, «le
modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio
degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari».
6 Conformemente all’art. 2, punto 2, lett. a), della direttiva 2004/38, ai fini di
quest’ultima si intende per «familiare», in particolare, il coniuge.
7 L’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», così dispone:
«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o
soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché
ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2 che accompagnino o raggiungano il
cittadino medesimo».
8 L’art. 5 della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto d’ingresso», precisa quanto
segue:
«1. Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di
viaggio alle frontiere nazionali, gli Stati membri ammettono nel loro territorio il
cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di
validità, nonché i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro,
muniti di valido passaporto.
(…)
2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono soltanto
assoggettati all’obbligo del visto d’ingresso, conformemente al regolamento (CE)
n. 539/2001 o, se del caso, alla legislazione nazionale. Ai fini della presente
direttiva il possesso della carta di soggiorno di cui all’articolo 10, in corso di
validità, esonera detti familiari dal requisito di ottenere tale visto.
(…)
5. Lo Stato membro può prescrivere all’interessato di dichiarare la propria
presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non
discriminatorio. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni
proporzionate e non discriminatorie».
9 L’art. 7 della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di soggiorno per un
periodo superiore a tre mesi», precisa quanto segue:
«1. Ciascuno dei cittadini dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo
superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:
a) di essere lavoratore subordinato o autonomo dello Stato membro ospitante; o
b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche
sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello
Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione
malattia che copra tutti i rischi dello Stato membro ospitante; o
c) – di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o
finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi
amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una
formazione professionale;
– di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi dello
Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una
dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso
e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un
65
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo
periodo di soggiorno; (…)
(…)
2. Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato
membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni
di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).
(…)».
10 L’art. 9 della direttiva 2004/38, intitolato «Formalità amministrative per i
familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro», così dispone:
«1. Quando la durata del soggiorno previsto è superiore a tre mesi, gli Stati
membri rilasciano una carta di soggiorno ai familiari del cittadino dell’Unione non
aventi la cittadinanza di uno Stato membro.
2. Il termine entro il quale deve essere presentata la domanda per il rilascio della
carta di soggiorno non può essere inferiore a tre mesi dall’arrivo.
3. L’inadempimento dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno rende
l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie».
11 L’art. 10 della direttiva 2004/38, intitolato «Rilascio della carta di
soggiorno», così dispone:
«1. Il diritto di soggiorno per i familiari del cittadino dell’Unione non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro è comprovato dal rilascio di un documento
denominato “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, che deve
avvenire non oltre i sei mesi successivi alla presentazione della domanda. Una
ricevuta della domanda di una carta di soggiorno è rilasciata immediatamente.
2. Ai fini del rilascio della carta di soggiorno, gli Stati membri possono
prescrivere la presentazione dei seguenti documenti:
a) un passaporto in corso di validità;
b) un documento che attesti la qualità di familiare o l’esistenza di un’unione
registrata;
c) l’attestato di iscrizione o, in mancanza di un sistema di iscrizione, qualsiasi
prova del soggiorno nello Stato membro ospitante del cittadino dell’Unione che gli
interessati accompagnano o raggiungono;
d) nei casi di cui all’articolo 2, punto 2, lettere c) e d), la prova documentale che
le condizioni di cui a tale disposizione sono soddisfatte;
(…)».
12 L’art. 27, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/38, contenuto nel capo VI di
quest’ultima, intitolato «Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi
di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica», così dispone:
«1. Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono
limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare,
qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica
sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini
economici.
2. I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza
rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione
al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono
applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente
l’adozione di tali provvedimenti.
66
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e
sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società.
Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione
generale non sono prese in considerazione».
13 L’art. 35 della direttiva 2004/38, intitolato «Abuso di diritto», precisa quanto
segue:
«Gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o
revocare un diritto conferito dalla presente direttiva, in caso di abuso di diritto o
frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio. Qualsiasi misura di questo tipo è
proporzionata ed è soggetta alle garanzie procedurali previste agli articoli 30 e 31».
14 Ai sensi dell’art. 38 della direttiva 2004/38, quest’ultima ha abrogato, in
particolare, gli artt. 10 e 11 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968,
n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità
(GU L 257, pag. 2), quale modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 27
luglio 1992, n. 2434 (GU L 245, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento 1612/68»).
La normativa nazionale
15 All’epoca dei fatti della causa principale, il recepimento della direttiva
2004/38 nell’ordinamento irlandese era garantito dallo European Communities
(Free Movement of Persons) (n. 2) Regulations 2006 (decreto irlandese del 2006,
relativo alla libera circolazione delle persone all’interno delle Comunità europee),
adottato il 18 dicembre 2006 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2007 (in prosieguo:
il «decreto del 2006»).
16 L’art. 3, nn. 1 e 2, del decreto del 2006 così dispone:
«1. Il presente decreto si applica:
a) ai cittadini dell’Unione,
b) fatto salvo il numero 2, ai familiari, qualificati come tali, di cittadini
dell’Unione che non siano essi stessi cittadini dell’Unione, e
c) fatto salvo il numero 2, ai familiari legalmente residenti di cittadini
dell’Unione.
2. Il presente decreto non si applica al familiare, a meno che esso non soggiorni
legalmente in un altro Stato membro e
a) chieda di entrare nello Stato insieme ad un cittadino dell’Unione rispetto al
quale è legato da un vincolo familiare o
b) chieda di raggiungere un cittadino dell’Unione rispetto al quale è legato da un
vincolo familiare, il quale a sua volta soggiorni legalmente nello Stato».
17 Tra i «familiari, qualificati come tali, di cittadini dell’Unione» rientrano, ai
sensi dell’art. 3 del decreto del 2006, i coniugi dei cittadini dell’Unione.
La causa principale
La causa Metock
18 Il sig. Metock, cittadino camerunese, è giunto in Irlanda il 23 giugno 2006 e
ha chiesto asilo politico. Tale domanda è stata definitivamente respinta in data 28
febbraio 2007.
19 La sig.ra Ngo Ikeng, camerunese di nascita, ha ottenuto la cittadinanza
britannica. Essa soggiorna e lavora in Irlanda sin dalla fine del 2006.
20 Il sig. Metock e la sig.ra Ngo Ikeng si sono incontrati in Camerun nel 1994 e
intrattengono una relazione a partire da tale data. Essi hanno avuto due figli,
rispettivamente, nel 1998 e nel 2006, e si sono sposati in Irlanda il 12 ottobre 2006.
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
21 Il 6 novembre 2006, il sig. Metock ha chiesto il rilascio di un permesso di
soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione, occupato e residente in
Irlanda. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 28
giugno 2007, in quanto il sig. Metock non soddisfaceva il presupposto del previo
soggiorno legale in un altro Stato membro, stabilito dall’art. 3, n. 2, del decreto del
2006.
22 Il sig. Metock, la sig.ra Ngo Ikeng e i loro figli hanno proposto ricorso
avverso tale decisione.
La causa Ikogho
23 Il sig. Ikogho, cittadino di un paese terzo, è giunto in Irlanda nel novembre
2004 ed ha chiesto asilo politico. La sua domanda è stata definitivamente respinta
ed il Ministro ha adottato un decreto di espulsione nei suoi confronti in data 15
settembre 2005. Il ricorso proposto avverso tale decreto è stato respinto con
ordinanza della High Court 19 giugno 2007.
24 La sig.ra Ikogho, cittadina sia del Regno Unito, sia dell’Unione, risiede e
lavora in Irlanda sin dal 1996.
25 I sigg. Ikogho si sono incontrati in Irlanda nel dicembre 2004 ed ivi hanno
contratto matrimonio il 7 giugno 2006.
26 Il 6 luglio 2006, il sig. Ikogho ha chiesto il rilascio di un permesso di
soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione, occupato e residente in
Irlanda. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 12
gennaio 2007, in quanto, in considerazione del decreto di espulsione 15 settembre
2005, il sig. Ikogho risiedeva illegalmente in Irlanda alla data del suo matrimonio.
27 I sigg. Ikogho hanno proposto ricorso avverso tale decisione.
La causa Chinedu
28 Il sig. Chinedu, cittadino nigeriano, è giunto in Irlanda nel dicembre 2005 ed
ha chiesto asilo politico. Questa domanda è stata definitivamente respinta l’8
agosto 2006. La sig.ra Babucke, cittadina tedesca, risiede in Irlanda.
29 Il sig. Chinedu e la sig.ra Babucke si sono sposati in Irlanda il 3 luglio 2006.
30 Con istanza depositata presso il Ministro il 1° agosto 2006, il sig. Chinedu ha
chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino
dell’Unione. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 17
aprile 2007, in quanto il sig. Chinedu non soddisfaceva il presupposto del previo
soggiorno legale in un altro Stato membro, imposto dall’art. 3, n. 2, del decreto del
2006.
31 Il sig. Chinedu e la sig.ra Babucke hanno proposto ricorso avverso tale
decisione.
La causa Igboanusi
32 Il sig. Igboanusi, cittadino nigeriano, è giunto in Irlanda il 2 aprile 2004 ed
ha chiesto asilo politico. La sua domanda è stata respinta in data 31 maggio 2005
ed il Ministro ha emesso un decreto di espulsione a suo carico il 15 settembre 2005.
33 La sig.ra Batkowska, cittadina polacca, risiede e lavora in Irlanda sin
dall’aprile del 2006.
34 Il sig. Igboanusi e la sig.ra Batkowska si sono incontrati in Irlanda e ivi
hanno contratto matrimonio in data 24 novembre 2006.
35 Il 27 febbraio 2007, il sig. Igboanusi ha chiesto il rilascio di un permesso di
soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione. Questa domanda è stata
respinta con provvedimento del Ministro 27 agosto 2007, in quanto il
68
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
sig. Igbonausi non soddisfaceva il presupposto del previo soggiorno legale in un
altro Stato membro, stabilito dall’art. 3, n. 2, del decreto del 2006.
36 Il sig. Igboanusi e la sig.ra Batkowska hanno proposto ricorso avverso tale
decisione.
37 Il 16 novembre 2007, il sig. Igboanusi è stato sottoposto ad arresto e
detenzione in esecuzione del decreto d’espulsione adottato a suo carico. Egli è stato
espulso verso la Nigeria nel dicembre del 2007.
La causa principale e le questioni pregiudiziali
38 Le quattro cause sono state riunite per la decisione nel merito.
39 Tutti i ricorrenti nelle cause principali hanno sostenuto, in sostanza, che
l’art. 3, n. 2, del decreto del 2006 è in contrasto con la direttiva 2004/38.
40 Essi hanno sostenuto che i cittadini di paesi terzi, coniugi di cittadini
dell’Unione, sono titolari di un diritto, derivato e dipendente da quello del cittadino
dell’Unione, di circolare e soggiornare in uno Stato membro diverso da quello di
cui quest’ultimo è cittadino, diritto che deriverebbe dal mero vincolo familiare.
41 La direttiva 2004/38 disciplinerebbe in modo tassativo i presupposti di
ingresso e soggiorno in uno Stato membro di un cittadino dell’Unione, originario di
un altro Stato membro, e dei suoi familiari, di modo che gli Stati membri non
sarebbero legittimati ad imporre presupposti supplementari. Poiché la direttiva non
prevede assolutamente il presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato
membro, quale stabilito dalla normativa irlandese, quest’ultima si troverebbe in
contrasto con il diritto comunitario.
42 I ricorrenti nella causa principale hanno sostenuto parimenti che il cittadino
di un paese terzo, che diviene familiare di un cittadino dell’Unione durante il
soggiorno di quest’ultimo in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la
cittadinanza, accompagna il detto cittadino ai sensi degli artt. 3, n. 1, e 7, n. 2, della
direttiva 2004/38.
43 Il Ministro ha replicato, in sostanza, che la direttiva 2004/38 non osta al
presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, di cui all’art. 3,
n. 2, del decreto del 2006.
44 Esisterebbe una ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la
Comunità, in base alla quale gli Stati membri sono competenti in materia di
ingresso in uno Stato membro di cittadini di paesi terzi provenienti dall’esterno del
territorio comunitario, mentre la Comunità è competente a disciplinare la
circolazione di cittadini dell’Unione e dei loro familiari all’interno dell’Unione.
45 La direttiva 2004/38 riconoscerebbe pertanto agli Stati membri un potere
discrezionale di imporre ai cittadini di paesi terzi, coniugi di cittadini dell’Unione,
il presupposto di un previo soggiorno legale in un altro Stato membro. Peraltro, la
conformità di un siffatto presupposto con il diritto comunitario discenderebbe dalle
sentenze 23 settembre 2003, causa C-109/01, Akrich (Racc. pag. I-9607), e 9
gennaio 2007, causa C-1/05, Jia (Racc. pag. I-1).
46 Il giudice del rinvio sottolinea che nessuno dei matrimoni di cui trattasi nella
causa principale è un matrimonio fittizio.
47 Ritenendo che la soluzione della controversia principale dipenda
dall’interpretazione della direttiva 2004/38, la High Court ha deciso di sospendere
il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la direttiva 2004/38/CE consenta ad uno Stato membro di prevedere un
requisito generale secondo cui, per poter beneficiare delle disposizioni di detta
69
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
direttiva, il coniuge extracomunitario di un cittadino dell’Unione deve avere
soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima di giungere nello Stato
membro ospitante.
2) Se l’ambito di applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38
comprenda il cittadino di uno Stato terzo che:
– sia coniugato con un cittadino dell’Unione che soggiorna nello Stato membro
ospitante e soddisfa il requisito posto dall’art. 7, n. 1, lett. a), b) o c), e
– soggiorni nello Stato membro ospitante con il cittadino dell’Unione in
qualità di suo coniuge,
indipendentemente dalla data o dal luogo del loro matrimonio o dalla data o dalle
modalità dell’ingresso del cittadino dello Stato terzo nello Stato membro ospitante.
3) In caso di soluzione negativa della questione precedente: se l’ambito di
applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38/CE comprenda il coniuge,
avente la cittadinanza di uno Stato terzo, di un cittadino dell’Unione che:
– sia coniugato con un cittadino dell’Unione che soggiorna nello Stato membro
ospitante e soddisfa il requisito posto dall’art. 7, n. 1, lett. a), b) o c), e
– soggiorni nello Stato membro ospitante con il cittadino dell’Unione in
qualità di suo coniuge,
– sia entrato nello Stato membro ospitante indipendentemente dal cittadino
dell’Unione, e
– abbia successivamente contratto matrimonio con il cittadino dell’Unione
nello Stato membro ospitante».
Sulla prima questione
48 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se la direttiva
2004/38 osti alla normativa di uno Stato membro, la quale impone al cittadino di
un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in questo Stato
membro di cui non ha la cittadinanza, di avere previamente soggiornato legalmente
in un altro Stato membro prima del suo arrivo nello Stato membro ospitante, al fine
di beneficiare delle disposizioni della detta direttiva.
49 In primo luogo, occorre rilevare che, per quanto concerne i familiari di un
cittadino dell’Unione, nessuna disposizione della direttiva 2004/38 subordina
l’applicazione di quest’ultima al presupposto che essi abbiano soggiornato
previamente in uno Stato membro.
50 Infatti la direttiva 2004/38, ai sensi dell’art. 3, n. 1, della medesima, si
applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato
membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari,
secondo la definizione datane dall’art. 2, punto 2, della medesima direttiva, i quali
lo accompagnino o lo raggiungano in questo Stato membro. Ebbene, la definizione
di familiari contenuta nell’art. 2, punto 2, della direttiva 2004/38 non pone
distinzioni a seconda che essi abbiano già soggiornato legalmente, o meno, in un
altro Stato membro.
51 Occorre parimenti sottolineare che gli artt. 5, 6, n. 2, e 7, n. 2, della direttiva
2004/38 concedono il godimento dei diritti di ingresso, di soggiorno sino a tre mesi
e di soggiorno per più di tre mesi nello Stato membro ospitante ai cittadini di paesi
terzi, familiari di un cittadino dell’Unione che essi accompagnino o raggiungano in
questo Stato membro, senza fare riferimento al luogo o ai presupposti del loro
soggiorno precedente all’arrivo nel citato Stato membro.
70
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
52 In particolare, l’art. 5, n. 2, primo comma, della direttiva 2004/38 dispone
che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, sono soggetti
all’obbligo del visto di ingresso, a meno che essi non siano in possesso di una
valida carta di soggiorno, ai sensi dell’art. 10 della medesima direttiva. Dal
momento che, come si evince dagli artt. 9, n. 1, e 10, n. 1, della direttiva 2004/38,
la carta di soggiorno è il documento che accerta il diritto di soggiorno superiore a
tre mesi in uno Stato membro dei familiari di un cittadino dell’Unione che non
hanno la cittadinanza di uno Stato membro, la circostanza che il citato art. 5, n. 2,
preveda l’ingresso, nello Stato membro ospitante, di familiari di un cittadino
dell’Unione sprovvisti di carta di soggiorno pone in evidenza che la direttiva
2004/38 può applicarsi parimenti ai familiari che non soggiornavano già
legalmente in un altro Stato membro.
53 Parimenti, l’art. 10, n. 2, della direttiva 2004/38, il quale elenca in via
tassativa i documenti che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino
dell’Unione, possono essere tenuti a fornire allo Stato membro ospitante al fine di
ottenere il rilascio della carta di soggiorno, non prevede la facoltà per lo Stato
membro ospitante di esigere documenti che dimostrino un eventuale previo
soggiorno legale in un altro Stato membro.
54 Alla luce di ciò, la direttiva 2004/38 dev’essere interpretata nel senso che
essa si applica a qualsiasi cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino
dell’Unione ai sensi dell’art. 2, punto 2, della detta direttiva, il quale accompagna o
raggiunge il cittadino dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui
egli ha la cittadinanza, e gli conferisce diritti di ingresso e di soggiorno in questo
Stato membro, senza fare distinzioni secondo che il detto cittadino di un paese
terzo abbia già soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro.
55 Quest’interpretazione è corroborata dalla giurisprudenza della Corte
concernente gli atti di diritto derivato in materia di libera circolazione delle
persone, adottati anteriormente alla direttiva 2004/38.
56 Ancor prima di adottare la direttiva 2004/38, il legislatore comunitario ha
riconosciuto l’importanza di garantire la tutela della vita familiare dei cittadini
degli Stati membri al fine di eliminare gli ostacoli all’esercizio delle libertà
fondamentali garantite dal trattato CE (sentenze 11 luglio 2002, causa C-60/00,
Carpenter, Racc. pag. I-6279, punto 38, 25 luglio 2002, causa C-459/99, MRAX,
Racc. pag. I-6591, punto 53; 14 aprile 2005, causa C-157/03,
Commissione/Spagna, Racc. pag. I-2911, punto 26; 31 gennaio 2006, causa
C-503/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-1097, punto 41; 27 aprile 2006,
causa C-441/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3449, punto 109, e 11
dicembre 2007, causa C-291/05, Eind, Racc. pag. I-10719, punto 44).
57 A questo scopo, il legislatore comunitario ha esteso ampiamente, nel
regolamento n. 1612/68 e nelle direttive in materia di libera circolazione delle
persone adottate anteriormente alla direttiva 2004/38, l’applicazione del diritto
comunitario in materia di ingresso e di soggiorno nel territorio degli Stati membri
ai cittadini di paesi terzi, coniugi di cittadini di Stati membri (v., in tal senso,
sentenza 31 gennaio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 41).
58 È esatto che la Corte ha dichiarato, nei punti 50 e 51 della citata sentenza
Akrich, che, per poter godere dei diritti di cui all’art. 10 del regolamento
n. 1612/68, il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione, deve
soggiornare legalmente in uno Stato membro quando il suo spostamento avviene
71
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
verso un altro Stato membro, in cui il cittadino dell’Unione emigri o sia emigrato.
Tuttavia, questa conclusione dev’essere ripensata. Infatti, il godimento di diritti di
tal genere non può dipendere da un previo soggiorno legale di un siffatto coniuge
in un altro Stato membro (v., in tal senso, citata sentenza MRAX, punto 59, e 14
aprile 2005, Commissione/Spagna, punto 28).
59 La medesima interpretazione dev’essere adottata, a fortiori, in relazione alla
direttiva 2004/38, la quale ha modificato il regolamento n. 1612/68 e abrogato le
precedenti direttive in materia di libera circolazione delle persone. Infatti, come
risulta dal suo terzo ‘considerando’, la direttiva 2004/38 ha lo scopo, in particolare,
di «rafforzare i diritti di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini
dell’Unione», di modo che questi ultimi non possono trarre diritti da questa
direttiva in misura minore rispetto agli atti di diritto derivato che essa modifica o
abroga.
60 In secondo luogo, l’interpretazione della direttiva 2004/38 ora illustrata è
conforme alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Comunità.
61 Infatti, è pacifico che la Comunità trae dagli artt. 18, n. 2, CE, 40 CE, 44 CE
e 52 CE – sulla base dei quali, in particolare, è stata adottata la direttiva 2004/38 –
la competenza ad adottare i provvedimenti necessari alla realizzazione della libera
circolazione dei cittadini dell’Unione.
62 A tal riguardo, come già sottolineato nel punto 56 della presente
motivazione, se i cittadini dell’Unione non fossero autorizzati a condurre una
normale vita di famiglia nello Stato membro ospitante, sarebbe seriamente
ostacolato l’esercizio delle libertà loro garantite dal trattato.
63 Di conseguenza, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dai detti
articoli del trattato, il legislatore comunitario può disciplinare i presupposti di
ingresso e di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione nel territorio degli
Stati membri quando l’impossibilità, per il cittadino dell’Unione, di essere
accompagnato dalla sua famiglia o raggiunto dalla medesima nello Stato membro
ospitante potrebbe ledere la sua libertà di circolazione, dissuadendolo
dall’esercitare i suoi diritti di ingresso e soggiorno nel detto Stato membro.
64 Ebbene, il diniego, da parte dello Stato membro ospitante, di riconoscere i
diritti di ingresso e soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione è tale da
dissuadere quest’ultimo dal trasferirsi o dal risiedere nel detto Stato membro, anche
qualora i suoi familiari non soggiornino già legalmente nel territorio di un altro
Stato membro.
65 Ne consegue che il legislatore comunitario è competente a disciplinare, come
esso ha fatto mediante la direttiva 2004/38, l’ingresso e il soggiorno dei cittadini di
paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, nello Stato membro in cui
quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, ivi compreso il caso
in cui i familiari non soggiornavano già legalmente in un altro Stato membro.
66 Di conseguenza, dev’essere respinta l’analisi del Ministro nonché di diversi
fra i governi che hanno depositato osservazioni, in base alla quale gli Stati membri
resterebbero competenti in via esclusiva, fatto salvo il titolo IV della terza parte del
trattato, a disciplinare il primo ingresso nel territorio comunitario dei familiari di
un cittadino dell’Unione che siano cittadini di paesi terzi.
67 Del resto, riconoscere agli Stati membri una competenza in via esclusiva a
concedere o negare l’ingresso e il soggiorno nel loro territorio ai cittadini di paesi
terzi, familiari di cittadini dell’Unione, che non abbiano già soggiornato legalmente
72
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
in un altro Stato membro, avrebbe come conseguenza che la libertà di circolazione
dei cittadini dell’Unione in uno Stato membro di cui essi non abbiano la
cittadinanza varierebbe da uno Stato membro all’altro, in funzione delle
disposizioni di diritto nazionale in materia di immigrazione, dato che alcuni Stati
membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei familiari di un cittadino
dell’Unione, mentre altri li negano.
68 Un siffatto risultato sarebbe inconciliabile con l’obiettivo, di cui all’art. 3,
n. 1, lett. c), CE, di un mercato interno contrassegnato dall’abolizione, tra Stati
membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone. La realizzazione di un
mercato interno implica che i presupposti di ingresso e soggiorno di un cittadino
dell’Unione in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza siano gli stessi in
tutti gli Stati membri. Pertanto, la libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione
dev’essere interpretata come il diritto di abbandonare un qualsiasi Stato membro –
e, in particolare, lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza –
per stabilirsi, alle stesse condizioni, in un qualsiasi altro Stato membro, diverso
dallo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza.
69 Per di più, l’analisi ricordata nel punto 66 della presente motivazione
giungerebbe al risultato paradossale che uno Stato membro sarebbe tenuto ad
autorizzare, in forza della direttiva del Consiglio 22 settembre 2003, 2003/86/CE,
relativa al diritto al ricongiungimento familiare GU L 251, pag. 12), l’ingresso e il
soggiorno del coniuge del cittadino di un paese terzo, legalmente residente nel suo
territorio, quando tale coniuge non risiede già legalmente in un altro Stato membro,
ma sarebbe libero di negare l’ingresso e il soggiorno del coniuge di un cittadino
dell’Unione nelle stesse circostanze.
70 Di conseguenza, la direttiva 2004/38 attribuisce a qualsiasi cittadino di un
paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 2, punto 2, della
detta direttiva, il quale accompagna o raggiunge il citato cittadino dell’Unione in
uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui egli ha la cittadinanza, diritti
di ingresso e soggiorno nello Stato membro ospitante, a prescindere dal fatto che il
detto cittadino di un paese terzo abbia già soggiornato legalmente, o meno, in un
altro Stato membro.
71 Il Ministro nonché numerosi fra i governi che hanno presentato osservazioni
asseriscono tuttavia che, in un panorama contrassegnato da una forte pressione
migratoria, è necessario controllare l’immigrazione alle frontiere esterne della
Comunità, il che presuppone un esame individuale di tutte le circostanze che
accompagnano il primo ingresso nel territorio comunitario. Ebbene,
un’interpretazione della direttiva 2004/38, che vietasse a uno Stato membro di
pretendere un previo soggiorno legale in un altro Stato membro, stroncherebbe il
potere degli Stati membri di controllare l’immigrazione alle loro frontiere esterne.
72 Il Ministro sostiene, in particolare, che quest’interpretazione avrebbe gravi
conseguenze per gli Stati membri, comportando un enorme aumento del numero di
persone che potrebbero godere di un diritto di soggiorno all’interno della
Comunità.
73 A tal riguardo occorre replicare, da un lato, che dalla direttiva 2004/38 a
trarre diritti di ingresso e di soggiorno in uno Stato membro non sono tutti i
cittadini di paesi terzi, bensì unicamente quelli che risultino familiari, ai sensi
dell’art. 2, punto 2, della detta direttiva, di un cittadino dell’Unione che abbia
73
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
esercitato il suo diritto alla libera circolazione, stabilendosi in uno Stato membro
diverso dallo Stato membro di cui egli ha la cittadinanza.
74 Dall’altro, la direttiva 2004/38 non priva gli Stati membri di qualsiasi potere
di controllo sull’ingresso nel loro territorio dei familiari di cittadini dell’Unione.
Infatti, in forza del titolo VI della detta direttiva, gli Stati membri possono negare,
quando ciò risulti giustificato, l’ingresso e il soggiorno per ragioni di ordine
pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. Ebbene, un diniego del genere è
basato su un esame individuale del singolo caso specifico.
75 Inoltre, conformemente all’art. 35 della direttiva 2004/38, gli Stati membri
possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare qualsiasi
diritto conferito dalla detta direttiva nelle ipotesi di abuso di diritto o frode, quali i
casi di matrimoni fittizi; qualsiasi misura di questo tipo dev’essere comunque
proporzionata e soggetta alle garanzie procedurali previste dalla medesima
direttiva.
76 Gli stessi governi sostengono poi che la citata interpretazione della direttiva
2004/38 porterebbe ad un’ingiustificata discriminazione a rovescio, in quanto i
cittadini dello Stato membro ospitante, che non abbiano mai esercitato il loro
diritto alla libera circolazione, non trarrebbero dall’ordinamento comunitario diritti
di ingresso e soggiorno per i loro familiari, cittadini di paesi terzi.
77 A tal riguardo, per giurisprudenza consolidata le norme del trattato in materia
di libera circolazione delle persone e gli atti adottati in esecuzione di queste ultime
non possono essere applicati ad attività, che non presentino nessun fattore di
collegamento con una qualsiasi delle situazioni previste dal diritto comunitario e i
cui elementi rilevanti, nel loro complesso, restino confinati all’interno di un unico
Stato membro (sentenza 1° aprile 2008, causa C-212/06, Gouvernement de la
Communauté française et gouvernement wallon, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 33).
78 Di conseguenza, l’eventuale disparità di trattamento tra questi cittadini
dell’Unione e quelli che abbiano esercitato la loro libertà di circolazione, per
quanto concerne l’ingresso e il soggiorno dei loro familiari, esula dalla sfera di
applicazione del diritto comunitario.
79 Peraltro, occorre ricordare che tutti gli Stati membri sono firmatari della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, la quale proclama, nel suo
art. 8, il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
80 Pertanto, occorre risolvere la prima questione dichiarando che la direttiva
2004/38 osta alla normativa di uno Stato membro, la quale impone al cittadino di
un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in questo Stato
membro di cui non ha la cittadinanza, di avere previamente soggiornato legalmente
in un altro Stato membro prima del suo arrivo nello Stato membro ospitante, per
poter beneficiare delle disposizioni della detta direttiva.
Sulla seconda questione
81 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il
coniuge di un cittadino dell’Unione, il quale abbia esercitato il suo diritto di libera
circolazione stabilendosi in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza,
accompagni o raggiunga il detto cittadino ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva
2004/38 e, di conseguenza, goda delle disposizioni di questa direttiva,
74
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
indipendentemente dal luogo e dalla data del matrimonio, nonché dalle circostanze
nelle quali egli ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante.
82 A titolo preliminare occorre ricordare che, come risulta dai ‘considerando’
primo, quarto e undicesimo della direttiva 2004/38, quest’ultima mira ad agevolare
l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e soggiornare liberamente
nel territorio degli Stati membri, che il trattato conferisce direttamente ai cittadini
dell’Unione.
83 Peraltro, come sottolinea il quinto ‘considerando’ della direttiva 2004/38,
affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di dignità, il diritto di tutti i
cittadini dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
membri dovrebbe essere concesso parimenti ai loro familiari, a prescindere dalla
cittadinanza di questi ultimi.
84 In considerazione del contesto e degli scopi perseguiti dalla direttiva
2004/38, le disposizioni della medesima non possono essere interpretate
restrittivamente e, comunque, non devono essere private della loro efficacia pratica
(v., in tal senso, sentenza Eind, cit., punto 43).
85 L’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 dispone che quest’ultima si applica a
qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro
diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari, come definiti
dall’art. 2, punto 2, della medesima direttiva, che lo accompagnino o lo
raggiungano.
86 Gli artt. 6 e 7 della direttiva 2004/38, riguardanti, rispettivamente, il diritto di
soggiorno sino a tre mesi e il diritto di soggiorno per più di tre mesi, dispongono
parimenti che i familiari di un cittadino dell’Unione, i quali non hanno la
cittadinanza di uno Stato membro, «accompagnino» o «raggiungano» quest’ultimo
nello Stato membro ospitante, per godere ivi di un diritto di soggiorno.
87 In primo luogo, nessuna di queste disposizioni richiede che il cittadino
dell’Unione abbia già costituito una famiglia nel momento in cui si trasferisce nello
Stato membro ospitante affinché i suoi familiari, cittadini di paesi terzi, possano
godere dei diritti istituiti dalla detta direttiva.
88 Avendo previsto che i familiari del cittadino dell’Unione possano
raggiungere quest’ultimo nello Stato membro ospitante, il legislatore comunitario
ha ammesso, al contrario, la possibilità che il cittadino dell’Unione costituisca una
famiglia solo dopo aver esercitato il suo diritto di libera circolazione.
89 Siffatta interpretazione è conforme alla finalità della direttiva 2004/38, la
quale mira a facilitare l’esercizio del diritto fondamentale di soggiorno dei cittadini
dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui essi hanno la
cittadinanza. Infatti, quando un cittadino dell’Unione costituisce una famiglia dopo
essersi stabilito nello Stato membro ospitante, il diniego opposto da questo Stato
membro di autorizzare i suoi familiari, cittadini di paesi terzi, a raggiungerlo ivi
sarebbe tale da distoglierlo dal continuare a risiedere nel detto Stato e ad indurlo ad
abbandonarlo, per poter condurre una vita familiare in un altro Stato membro o in
un paese terzo.
90 Di conseguenza, occorre constatare che i cittadini di paesi terzi, familiari di
un cittadino dell’Unione, ricavano dalla direttiva 2004/38 il diritto di raggiungere il
detto cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante, a prescindere dal fatto
che quest’ultimo si sia stabilito ivi prima di o dopo aver costituito una famiglia.
75
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
91 In secondo luogo, occorre determinare se, quando il cittadino di un paese
terzo è entrato in uno Stato membro prima di divenire familiare di un cittadino
dell’Unione, il quale soggiorni in questo Stato membro, egli accompagni o
raggiunga il detto cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva
2004/38.
92 È ininfluente che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino
dell’Unione, abbiano fatto ingresso nello Stato membro ospitante prima di o dopo
essere divenuti familiari del detto cittadino dell’Unione, dato che il diniego opposto
dallo Stato membro ospitante di concedere loro un diritto di soggiorno sarebbe
comunque tale da dissuadere il menzionato cittadino dell’Unione dal continuare a
risiedere nel detto Stato membro.
93 Di conseguenza, alla luce della necessità di non interpretare le disposizioni
della direttiva 2004/38 in modo restrittivo e di non privarle della loro efficacia
pratica, occorre interpretare i termini «familiari (…) che accompagnino (…) il
cittadino medesimo», contenuti nell’art. 3, n. 1, della detta direttiva, riferendoli nel
contempo ai familiari di un cittadino dell’Unione che abbiano fatto ingresso con
quest’ultimo nello Stato membro ospitante e a quelli che soggiornano con lui in
questo Stato membro, senza che occorra distinguere, in questo secondo caso,
secondo che i cittadini di paesi terzi abbiano fatto ingresso nel citato Stato membro
prima o dopo del cittadino dell’Unione o prima di o dopo essere divenuti suoi
familiari.
94 L’applicazione della direttiva 2004/38 ai soli familiari di un cittadino
dell’Unione i quali «accompagnino» o «raggiungano» quest’ultimo equivale infatti
a limitare i diritti di ingresso e di soggiorno dei familiari di un cittadino
dell’Unione allo Stato membro dove quest’ultimo risiede.
95 Dal momento che il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino
dell’Unione, ricava dalla direttiva 2004/38 diritti di ingresso e di soggiorno nello
Stato membro ospitante, quest’ultimo può limitare tali diritti solo nel rispetto degli
artt. 27 e 35 della detta direttiva.
96 L’osservanza del citato art. 27 si impone, in particolare, quando lo Stato
membro intende sanzionare il cittadino di un paese terzo per aver fatto ingresso e/o
aver soggiornato nel suo territorio in violazione delle norme nazionali in materia di
immigrazione, prima di divenire familiare di un cittadino dell’Unione.
97 Tuttavia, anche qualora il comportamento personale dell’interessato non
giustifichi l’adozione di misure di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, ai sensi
dell’art. 27 della direttiva 2004/38, lo Stato membro conserva il diritto di adottare
nei suoi confronti altre sanzioni che non siano lesive della libertà di circolazione e
di soggiorno, quali un’ammenda, a condizione che esse siano proporzionate (v., in
tal senso, sentenza MRAX, cit., punto 77 e giurisprudenza ivi citata).
98 In terzo luogo, né l’art. 3, n. 1, né nessun’altra disposizione della direttiva
2004/38 contiene prescrizioni concernenti il luogo in cui sia stato contratto il
matrimonio del cittadino dell’Unione con il cittadino di un paese terzo.
99 Pertanto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 3, n. 1,
della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che il cittadino di un paese
terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in uno Stato membro di
cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino
dell’Unione, beneficia delle disposizioni della detta direttiva, a prescindere dal
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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA N.1 -2013
luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale il
detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante.
Sulla terza questione
100 Alla luce della soluzione data alla seconda questione pregiudiziale, non
occorre risolvere la terza questione.
Sulle spese
101 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi
statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004,
2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di
circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che
modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE,
68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE,
90/365/CEE e 93/96/CEE, osta alla normativa di uno Stato membro la quale
impone al cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che
soggiorna in questo Stato membro di cui non ha la cittadinanza, di avere
previamente soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima del suo arrivo
nello Stato membro ospitante, per poter beneficiare delle disposizioni della detta
direttiva.
2) L’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che il
cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in
uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il
detto cittadino dell’Unione, gode delle disposizioni della detta direttiva, a
prescindere dal luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità
secondo la quale il detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato
membro ospitante.
Firme
* Lingua processuale: l’inglese.
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 NASCITA E SVILUPPO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA: DALLE COMUNITÀ ALL’UNIONE EUROPEA BREVE INQUADRAMENTO STORICO DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA Il diritto dell’Unione europea, attualmente fa perno sui due testi (Trattato sull’Unione Europea [TUE] e Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea [TFUE]) che costituiscono il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Esso incide profondamente sulle persone e sulle imprese che operano nel nostro Paese per lo spazio ed il rilievo ad esso riconosciuto da due disposizioni della Costituzione italiana: l’art. 11 ed il primo comma dell’art. 117. A termini del primo “L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. A termini del secondo “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. L’integrazione europea ed il diritto che la disciplina costituiscono il risultato di una complessa e faticosa evoluzione. L’ideale di un continente europeo non più diviso in tanti Stati in lotta fra loro si è affermato sin dal XIX secolo. Si concretizza, però, solo a seguito delle distruzioni e dei lutti della seconda guerra mondiale. È allora che con la Dichiarazione Schuman, del 9 maggio 1950, il Governo francese ha proposto di mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto un’Alta Autorità nel quadro di un’organizzazione alla quale possano aderire gli altri Paesi europei. Robert Schuman ha indicato a tutti questi Paesi che la messa in comune della produzione di carbone ed acciaio avrebbe potuto cambiare il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici. In una prima fase il movimento di integrazione ha riguardato solo una parte, quella occidentale del continente europeo. Inizialmente ha interessato 6 Paesi, Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo ed Olanda. Gli Stati dell’Europa orientale hanno dato vita a forme alternative di aggregazione militare – l’Organizzazione del Patto di Varsavia - ed economica –il COMECON -, che facevano riferimento all’Unione Sovietica. A seguito del crollo del muro di Berlino (1989) e del crollo dell’URSS (1991), anche gli Stati dell’Europa orientale hanno chiesto di far parte del processo di integrazione avviato dall’Europa occidentale. È stato così che si è arrivati all’attuale Unione europea che comprende 27 Stati membri. 1
  • 2.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 IL METODO DI INTEGRAZIONE FONDATO SULLA COOPERAZIONE INTERGOVERNATIVA (METODO TRADIZIONALE DELLE RELAZIONI TRA STATI) L’organizzazione proposta da Robert Schuman volge a dare luogo ad una gestione in comune delle risorse carbosiderurgiche secondo un metodo innovativo che si distingue dal metodo di cooperazione intergovernativa tradizionalmente utilizzato nei rapporti tra Stati sovrani. La cooperazione intergovernativa, dal canto suo, si caratterizza per il fatto che gli organi dell’organizzazione sono composti da persone che agiscono quali rappresentanti degli Stati di appartenenza, seguono le loro direttive ed adottano deliberazioni che vengono assunte esclusivamente o prevalentemente all’unanimità ed hanno generalmente natura di atti non vincolanti. Si fondano sul metodo della Cooperazione intergovernativa la Nato, l’OCSE ed il Consiglio d’Europa. IL METODO COMUNITARIO Il metodo indicato da Robert Schuman per il funzionamento dell’organizzazione da lui proposta, e che poi è stato seguito anche per la CEE e per l’EURATOM, invece, è usualmente definito come Metodo Comunitario. Esso presenta queste caratteristiche: 1) le persone che siedono nella maggior parte delle istituzioni comunitarie (Parlamento europeo, Commissione, Corte di Giustizia, Corte dei conti, Banca Centrale Europea) non rappresentano gli Stati di cui sono cittadini e, in proprio, compiono le loro scelte in maniera indipendente da essi; 2) il metodo comunitario da largo spazio a deliberazioni a maggioranza, per lo più a maggioranza qualificata. Ciò significa che il consenso di tutti gli Stati membri non è condizione indispensabile per l’azione dell’organizzazione. Gli Stati che restano in minoranza sono comunque vincolati al rispetto delle deliberazioni che sono state assunte a maggioranza; 3) il potere deliberativo dell’organizzazione si esprime normalmente attraverso veri e propri atti vincolanti, che creano diritti ed obblighi per gli Stati e, quando sono direttamente applicabili, anche per le singole persone fisiche e giuridiche; 4) gli atti delle istituzioni sono sottoposti ad un sistema di controllo giurisdizionale di legittimità. TRATTATO DELLA COMUNITÀ EUROPEA DEL CARBONE E DELL’ACCIAIO – CECA L’organizzazione proposta da Robert Schuman è stata posta in essere come una Comunità di tipo settoriale con la conclusione del Trattato istitutivo della CECA, firmato il 18 aprile 1951 ed entrato in vigore il 25 luglio 1952 2
  • 3.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 per una durata di 50 anni. La CECA ha cessato di esistere il 23 luglio 2002. Le sue competenze sono state allora trasferite alla CE. Struttura istituzionale: Alta autorità (significativi poteri decisionali di carattere sopranazionale), Consiglio dei ministri (competenze di controllo), Assemblea comune, Corte di giustizia. La competenza della CECA riguarda i prodotti e le politiche relative al settore carbosiderurgico (carbone e acciaio). Successivamente si è avuto un tentativo di istituzione di una Comunità europea di difesa (CED), tale tentativo è fallito perché bocciato nel 1954 dal Parlamento francese. Giugno 1955, Conferenza di Messina, che ha dato incarico al gruppo Spaak di redigere due progetti che porteranno al Trattato istitutivo della Comunità economia europea (CEE) e al Trattato istitutivo della Comunità europea per l’energia atomica (EURATOM), firmati a Roma il 25 marzo 1957, entrati in vigore il 14 gennaio 1958 All’origine 6 stati membri: Italia, Germania, Francia, i tre Paesi Benelux (Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi) Successive adesioni alle Comunità: 1973 Danimarca, Regno Unito, Irlanda 1981 Grecia 1986 Spagna, Portogallo 1995 Austria, Finlandia, Svezia dal 1 maggio 2004 Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria dal 1 gennaio 2007 Romania e Bulgaria TRATTATO CEE Era obiettivo del Trattato CEE, e poi è divenuto obiettivo del Trattato CE ed ora del Trattato di Lisbona, mettere in comune i mercati degli Stati membri istituendo una libera circolazione delle persone (in particolare dei lavoratori), delle merci, dei servizi e dei capitali. In una visione neoliberista che attribuisce una funzione sociale al mercato si considera che una liberalizzazione generale sia atta a determinare un contenimento dei prezzi e benefici a favore di tutti i cittadini della Comunità. Si è previsto, però, che questi benefici possano non realizzarsi a favore di tutti. Si è considerato allora necessario istituire una politica agricola ed una politica sociale accompagnate dal funzionamento di fondi destinati ad esprimere solidarietà ai settori che possano restare meno agevolati. Accanto a queste sono state previste altre due politiche: 1 - una politica della concorrenza volta ad evitare che i benefici sociali di una libera circolazione delle merci siano neutralizzati da intese tra le imprese volgenti a massimizzare i guadagni di queste mantenendo alti i prezzi e 2 – una politica commerciale destinata a sostituire i dazi doganali di ciascuno Stato membro con una tariffa doganale esterna comune ed a attribuire alla 3
  • 4.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Comunità un potere esclusivo di concludere accordi commerciali con Stati terzi. Per evitare un brusco passaggio da un diffuso protezionismo degli Stati membri alla liberalizzazione implicata dall’istituzione del mercato unico il Trattato CEE ha previsto un periodo transitorio di 12 anni che doveva concludersi nel 1970. La sua conclusione è stata, però, anticipata al 1° luglio 1968, data a partire dalla quale sono state completamente abolite le barriere doganali tra gli Stati membri ed è stata adottata la tariffa doganale comune (l’introduzione di una tariffa doganale comune ha implicato l’introduzione di un sistema di dazi doganali unico, distinto per categorie di prodotti, applicabile all’importazione nell’area comunitaria di beni provenienti da Stati terzi sostituente i diversi sistemi di tassazione doganale di quei prodotti prima praticabili, con aliquote diverse, separatamente da ciascuno degli Stati membri). Le Istituzioni a cui il Trattato CEE affida il perseguimento degli obiettivi che si è preposto sono: Parlamento europeo (dal 1979 eletto direttamente dai cittadini degli Stati membri) che all’inizio aveva una funzione eminentemente consultiva e che con il tempo ha acquisito un forte potere normativo; Consiglio dei ministri (che rappresenta i governi degli Stati membri e sin dall’inizio provvisto di potere normativo); Commissione europea (dotata di potere di iniziativa legislativa e di controllo); Corte di giustizia (che garantisce la conformità con il diritto del funzionamento della Comunità); Corte dei conti (che verifica che la gestione del bilancio dell’Unione europea sia sana e corretta ) Ben presto la Corte di giustizia ha interpretato il Trattato CEE ed il sistema giuridico da esso istituito come un fenomeno dante luogo ad un ordinamento di tipo nuovo sancente obblighi e diritti non solo per gli Stati membri ma anche per le persone fisiche e giuridiche. La novità che la Corte di giustizia ha considerata propria del fenomeno a cui ha dato luogo il Trattato CEE consiste nel fatto che tradizionalmente un Trattato da luogo a diritti ed obblighi solo per gli Stati parte ad esso ma non per persone fisiche e giuridiche. Manifestazioni forti di detto atteggiamento della Corte sono le sentenze che essa ha adottato nei casi van Gend & Loos, Costa contro ENEL e Les Verts. 1. Nel caso van Gend & Loos un’impresa olandese, che aveva importato nei Paesi Bassi determinata merce proveniente dalla Germania, contestava davanti ad un giudice olandese un dazio che le era stato imposto in una misura che risultava da un aumento dei dazi all’importazione di quella merce posto in essere dopo l’entrata in vigore del Trattato CEE. E ciò in contrasto con l’art. 12 di quel Trattato (oggi art. 30 TFUE) il quale obbliga gli Stati membri a non introdurre nuovi dazi doganali e a non aumentare quelli già esistenti nei reciproci rapporti commerciali. Quel giudice olandese chiedeva alla Corte di giustizia di chiarire se un’impresa possa desumere da un articolo del Trattato CEE, 4
  • 5.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 quale l’allora vigente art. 12, un diritto soggettivo a che non le sia applicata una norma nazionale. Con la sentenza che ha reso il 5 febbraio 1963 in tale causa la Corte ha affermato il principio dell’effetto diretto del diritto comunitario, statuendo che questo “indipendentemente dalle norme emananti dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi” e che “si deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli Stati membri o alle Istituzioni comunitarie”. 2. Nel Caso Costa c. ENEL un utente dell’Ente nazionale per l’Energia elettrica (ENEL) aveva contestato davanti al giudice conciliatore di Milano il proprio obbligo di pagare all’ENEL una bolletta, ritenendo che tale ente non fosse legittimato a chiedergli quel pagamento in quanto risultante dalla nazionalizzazione di imprese private a suo giudizio intervenuta in contrasto con il Trattato CEE. Il giudice conciliatore di Milano ha chiesto alla Corte di giustizia, come questione di principio, se un giudice nazionale possa applicare una legge nazionale eventualmente incompatibile con una precedente norma del Trattato CEE. Con la sentenza resa nel caso il 15 luglio 1964 ha stabilito il primato del diritto comunitario sul diritto interno affermando che “istituendo la CEE gli Stati membri hanno limitato i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi e che ciò ha per corollario l’impossibilità per loro di fare prevalere, contro l’ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potrà essere opponibile all’ordine comune”. Con questa affermazione la Corte ha inteso limitare in modo forte la sovranità legislativa degli Stati membri, cioè un principio tradizionale e fondamentale dei loro ordinamenti. 3. Con la sentenza che ha adottato il 23 aprile 1986 nella causa Parti écologiste “Les Verts” c. Parlamento europeo la Corte ha affermato che la Comunità è una Comunità di diritto. Nel caso si era trovata a dovere decidere sul ricorso presentato da detto partito contro una decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo che lo escludeva nella ripartizione degli stanziamenti relativi alle elezioni europee del 1984. Tale ricorso le era stato presentato sulla base dell’allora vigente art. 173 del Trattato CEE, il quale prevedeva la legittimazione della Corte a controllare la legittimità solo degli atti del Consiglio e della Commissione e non quelli del Parlamento. La Corte ha superato la lettera di tale articolo, che le avrebbe impedito di considerare ricevibile quel ricorso, rilevando che la CEE “è una Comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte né le sue Istituzioni sono 5
  • 6.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 sottratte al controllo della conformità dei loro atti alla Carta costituzionale di base costituita dal Trattato”. Al Trattato istitutivo della CEE sono state apportate modifiche da accordi internazionali che sono stati adottati da conferenze intergovernative e che hanno dovuto essere ratificati da tutti gli Stati membri. Essi, prima di arrivare all’attuale Trattato di Lisbona, hanno adottato l’Atto Unico europeo, il Trattato di Maastricht, il Trattato di Amsterdam ed il Trattato di Nizza. Si è avuta anche la Conferenza Intergovernativa di Roma nel corso della quale è stato firmato il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il quale però, a seguito dell’esito negativo dei referendum tenutisi su di esso in Franca ed Olanda, non ha ottenuto le ratifiche necessarie e quindi non è entrato in vigore. ATTO UNICO EUROPEO, 1986 L’Atto Unico Europeo è stato adottato alla Conferenza di Milano nel corso della quale, sotto l’impulso del Presidente francese François Mitterrand e del Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi, si è deciso di accelerare il perfezionamento del mercato unico, superando il più possibile le differenti normative interne indirettamente capaci di ostacolare la libera circolazione comunitaria. Al riguardo, superando la necessità, sino ad allora esistente di adottare, per il ravvicinamento di dette legislazioni, direttive all’unanimità si è attribuita alle istituzioni comunitarie la possibilità di adottare atti (e quindi anche regolamenti) a maggioranza qualificata. IL TRATTATO DI MAASTRICHT E LA CREAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA Questo Trattato, firmato il 7 febbraio 1992 (ed entrato in vigore il 1° novembre 1993), accanto al Trattato CE ha introdotto un Trattato UE ed ha organizzato l’integrazione europea su tre pilastri costituiti dalla CEE, ridenominata Comunità europea (CE), dalla PESC (Politica estera e di sicurezza comune) e dalla CGAI (Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, in seguito al Trattato di Amsterdam ridenominata Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale). Esso ha istituito la cittadinanza dell’Unione europea a favore di tutti i cittadini degli Stati membri, prevedendo l’attribuzione, tra l’altro, a chi è provvisto di tale cittadinanza dell’elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e del Parlamento europeo alle stesse condizioni dei cittadini del Paese di residenza. Accanto a queste importanti novità il Trattato di Maastricht ha allargato le competenze della Comunità, ha potenziato la partecipazione del Parlamento europeo al processo legislativo comunitario istituendo la procedura di codecisione ed ha dato avvio ad una politica economica e monetaria che è poi sfociata nell’istituzione di una Banca Centrale europea e di un sistema di banche centrali e nell’istituzione, a partire dal 1° gennaio 2002, dell’euro. 6
  • 7.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Avendo istituito l’Unione ed avendo inserito in essa la Comunità, per dare un impulso all’intero sistema dell’Unione ed assicurarne la coerenza il Trattato ha istituito il Consiglio europeo, composto dai Capi di Stato e di Governo degli Stati membri e dal Presidente della Commissione. IL TRATTATO DI AMSTERDAM Questo Trattato, firmato il 2 ottobre 1997, è entrato in vigore il 1° maggio 1999. Esso contiene, tra l’altro, le seguenti novità: 1) ha introdotto nel Trattato UE l’art. 6, a termini del quale “L’Unione è fondata sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri. L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla CEDU e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario” (Con questo articolo il Trattato di Maastricht ha inteso contribuire alla definizione dell’identità dell’Unione e stabilire i principi a cui devono aderire gli Stati che di essa intendono diventare membri e che, sotto pena di sanzioni, devono essere rispettati da tutti i partecipanti alla stessa); 2) Ha previsto la possibilità di istituire forme di cooperazione rafforzata: questa deve essere richiesta da almeno 8 Stati membri, deve essere volta a promuovere la realizzazione, da parte degli Stati che ad essa partecipano, degli obiettivi UE o CE, deve rafforzare il processo di integrazione, deve rispettare l’acquis comunitario, non deve riguardare le competenze esclusive della CE e deve essere aperta agli altri Stati membri. Con ciò ha aperto la strada ad un’Europa a più velocità. 3) Ha in parte comunitarizzato il terzo pilastro, trasferendo le politiche su “Visti, asilo immigrazione ed altre politiche connesse”, già ricadenti nel pilastro CGAI, al pilastro comunitario. L’affermazione che il Trattato di Maastricht contiene nell’art. 6 UE, secondo cui “l’Unione è fondata sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” ha trovato conferma in un’importante pronuncia con cui la Corte ha accolto il ricorso del cittadino di uno stato terzo, il sig. Kadi, sospettata di finanziare il terrorismo internazionale, che aveva impugnato un regolamento del Consiglio CE dante attuazione a livello comunitario ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza obbligante gli Stati membri delle Nazioni Unite a congelare i conti bancari di persone sospette di finanziare Al-Qaeda, comprese in una lista che è stata stabilita a cura dello stesso Consiglio di sicurezza e che comprendeva il nome di quel ricorrente. Nel suo ricorso il sig. Kadi aveva sostenuto l’illegittimità di detto regolamento comunitario affermando, tra l’altro, che esso violava i suoi diritti di difesa previsti dall’art. 6 della Convenzione europea per la 7
  • 8.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 salvaguardia dei diritti dell’uomo in quanto quel regolamento era stato adottato senza dargli una ragionevole possibilità di farsi previamente sentire dalle autorità competenti. Il Consiglio delle Comunità ed il Regno Unito avevano eccepito l’irricevibilità del ricorso del sig. Kadi richiamando affermazioni della Corte europea dei Diritti dell’Uomo secondo cui detta convenzione “non può essere interpretata in modo tale da sottoporre allo scrutinio della Corte”, vale a dire al suo sindacato giurisdizionale, “le azioni o omissioni degli Stati parti coperte da risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” (paragrafo 149). Sulla base del fatto che l’Unione, e con essa la Comunità, è fondata su detti principi la Corte di giustizia ha disatteso l’invocazione di quella affermazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo invocata dal Consiglio e dalla Gran Bretagna qualificando la sua funzione di controllo giurisdizionale come funzione di garanzia costituzionale dei principi del Trattato CE, tra cui si colloca il principio secondo il quale gli atti comunitari devono rispettare i diritti di difesa che costituiscono diritti fondamentali. E ciò anche se questi vengono invocati da una persona che non sia cittadino di uno Stato membro e sia seriamente accusato di finanziare il terrorismo internazionale. IL TRATTATO DI NIZZA Il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001 ed entrato in vigore il 1° febbraio 2003, ha introdotto negli originali Trattati istitutivi delle riforme tese a far fronte ai problemi legati alle prospettive di allargamento della Comunità. Nel corso della Conferenza che ha portato all’adozione del Trattato di Nizza è stata adottata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Per arrivare all’elaborazione di questa i Capi di Stato e di Governo si sono affidati ad una “Convenzione” il più in linea possibile con il principio di democrazia rappresentativa, ricomprendente 16 eurodeputati e 30 rappresentanti delle assemblee parlamentari nazionali, affiancata da 4 osservatori (2 della Corte di giustizia e 2 del Consiglio d’Europa di cui uno rappresentante della Corte europea dei diritti dell’uomo). I lavori di questa Convenzione hanno portato alla proclamazione solenne della Carta da parte del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio. La Carta non solo da visibilità ai diritti umani su cui riposa il processo d’integrazione europea ma aggiorna anche il catalogo classico di tali diritti che risulta dalla giurisprudenza comunitaria e dai richiami che i Trattati operano alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed alle tradizioni costituzionali comuni; sancisce così alcuni diritti nuovi, quali il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, il diritto a beneficiare dei principi della bioetica ed il diritto alla buona amministrazione. 8
  • 9.
    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 IL TRATTATO DI LISBONA CHE MODIFICA IL TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA E IL TRATTATO CHE ISTITUISCE LA COMUNITÀ EUROPEA, FIRMATO A LISBONA IL 13 DICEMBRE 2007 Il metodo seguito per l’elaborazione della Carta dei diritti fondamentali è stato tenuto presente quando si è pensato di andare ulteriormente avanti nel processo d’integrazione europea. Si è allora convocata una nuova “Convenzione sull’avvenire dell’Europa” che, aperta il 28 febbraio 2002, è terminata il 10 luglio 2003, con l’adozione di un progetto di Trattato che è stato sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004 come Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Il testo di questo Trattato è stato oggetto di referendum che hanno avuto risultato negativo in Francia ed in Olanda, con la conseguenza che esso è stato abbandonato. Il contenuto del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa ha, però, costituito la base di partenza per una nuova conferenza intergovernativa che, apertasi nel luglio 2007, si è rapidamente conclusa ed ha portato alla firma, il 13 dicembre 2007, del Trattato di Lisbona. Questo nuovo Trattato è stato oggetto in Irlanda, il 2 giugno 2008, di un referendum che ha avuto esito negativo. Lo stallo da ciò determinato è stato superato da un secondo referendum, tenutosi il 2 ottobre 2009, che ha avuto esito positivo dopo che a quel Paese sono state date alcune garanzie e dopo che sono state perfezionate le procedure di ratifica da parte di tutti gli Stati membri. Il Trattato è così entrato in vigore il 1° dicembre 2009. ELEMENTI DI CONTINUITÀ CHE IL TRATTATO DI LISBONA PRESENTA CON IL TRATTATO CHE ADOTTA UNA COSTITUZIONE PER L’EUROPA Rispetto al Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa che, il Trattato di Lisbona presenta molti elementi di continuità a) Trasforma il Consiglio europeo in un’istituzione vera e propria con a capo un presidente stabile, eletto per due anni e mezzo, istituisce un alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, generalizza la procedura di codecisione a cui è dato il nome di procedura legislativa ordinaria, supera la struttura a tre pilastri dell’Unione introdotta dal Trattato di Maastricht b) Eliminando i tre pilastri di Maastricht, integra completamente quella che era la Comunità europea nell’Unione europea regolando la sua attività con due Trattati distinti: il Trattato sull’Unione Europea (TUE) che stabilisce i principi, gli obiettivi e le regole fondamentali nonché la procedura per la revisione dei Trattati e l’adesione di nuovi Stati membri ed il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che contiene disposizioni meno importanti relative al funzionamento dell’Unione. c) Regola dettagliatamente la procedura di adesione. Questa, a termini dell’art. 49 TUE, si compone di una fase comunitaria e di una fase intergovernativa. La prima si perfeziona tramite una decisione del 9
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Consiglio “che si pronuncia all’unanimità previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono”. La seconda fase si concreta nella negoziazione e nella conclusione di un accordo – contenente le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei Trattati su cui è fondata l’Unione – tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Rilevante al riguardo è che all’Unione può aderire ogni “Paese europeo”. Secondo la Commissione la nozione di “Paese europeo”, dato che esprime una comunanza di idee e valori associando “elementi geografici, storici e culturali” da considerarsi nel loro insieme, è suscettibile di cambiare nel tempo e non può essere definita una volta per tutte. Ciò contribuisce al fatto che si discuta ampiamente sulla possibilità di un’adesione da parte della Turchia oltre che dei nuovi Stati risultati dalla disgregazione della ex Jugoslavia. ELEMENTI DI DISCONTINUITÀ DEL TRATTATO DI LISBONA Il Trattato di Lisbona contiene, però, anche rilevanti elementi di discontinuità rispetto al precedente che sono caratterizzati da uno sforzo di assorbire i desideri di preservazione della sovranità – se non addirittura da un atteggiamento di euroscetticismo – di alcuni Stati membri e di non allargare più di tanto l’importanza e le competenze dell’Unione. Ne costituiscono significativa manifestazione a) l’eliminazione dal testo dei due nuovi Trattati di elementi che erano contenuti nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa quali le espressioni “Costituzione” e “Costituzionale”, la previsione di simboli dell’Unione, la denominazione degli atti giuridici dell’Unione come “Leggi” e come “Leggi quadro” e l’espressa affermazione di un principio del primato del diritto dell’Unione su quello degli Stati membri e b) l’inserimento nei Trattati e negli Allegati Protocolli di meccanismi di garanzia a favore degli Stati membri. ART. 48 TUE - PROCEDURA DI REVISIONE ORDINARIA DEI TRATTATI Il Governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti di modifica dei Trattati che possono, tra l’altro, essere intesi ad accrescere o ridurre le competenze dell’Unione. Il Consiglio li trasmette al Consiglio europeo e li notifica ai Parlamenti nazionali. Per dare il carattere più partecipativo possibile alla procedura in questione, in linea con quanto era stato fatto prima per l’adozione della Carta dei diritti fondamentali e poi per l’elaborazione del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, il n. 3 dell’art. 48 TUE prevede che, qualora il Consiglio europeo adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all’esame delle modifiche proposte, il suo presidente 10
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 convochi una “Convenzione” composta da rappresentanti dei Parlamenti nazionali, dei Capi di Stato o di Governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. La Convenzione esamina i progetti di modifica ed adotta per consenso una raccomandazione ad una conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri. I rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in questa conferenza, stabiliscono di comune accordo le modifiche da apportare ai Trattati, che entrano in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri. A questo importante potere riconosciuto a ciascuno degli Stati membri sulle possibili modifiche da apportarsi al sistema dell’Unione, il n. 5 dell’art. 48 introduce un significativo contenimento di tipo nuovo per il caso in cui, al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma di un Trattato che introduca tali modifiche, i 4/5 degli Stati membri l’abbiano ratificato ed uno o più Stati membri abbiano incontrato difficoltà per farlo: sia pure con una formula la cui portata avrà bisogno di essere precisata, prevede che “la questione è deferita al Consiglio europeo”. L’innovazione così stabilita rispetto al passato è legata all’aumento del numero degli Stati membri ed al rischio conseguentemente accresciuto che emendamenti dei Trattati ritenuti necessari non entrino in vigore. Se un’osservazione si può fare a proposito della novità che, secondo quanto indicato, la procedura di revisione ordinaria dei Trattati presenta, questa può consistere nel rilevare lo sforzo che l’art. 48 fa di conciliare la tradizionale signoria degli Stati membri sui Trattati istitutivi del processo di integrazione europea con l’esigenza di rendere più partecipata e non soggetta al blocco da parte di uno o pochi Stati membri la loro revisione. La tradizionale signoria degli Stati membri è confermata dal fatto che la revisione è in principio subordinata alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri; l’esigenza di una larga partecipazione alla sua elaborazione è soddisfatta dall’attribuzione alla indicata “Convenzione” della funzione di adottare per consenso il testo da sottoporre ad una conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri; l’esigenza di non permettere ad uno o pochi Stati membri di bloccare la revisione dei Trattati è soddisfatta dal deferimento al Consiglio europeo di un potere di determinare il da farsi per il caso di tale blocco. PROCEDURE DI REVISIONE SEMPLIFICATE Sono previste dal n. 6 e dal primo e dal secondo comma del n. 7 dell’art. 48 TUE. A termini del n. 6 dell’art. 48 TUE possono essere sottoposti al Consiglio europeo, per dare luogo a procedure di revisione semplificate, progetti intesi a modificare in tutto o in parte le disposizioni della parte terza del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea relative a politiche e ad azioni interne dell’Unione. Il Consiglio europeo può dare seguito a tali progetti modificando le disposizioni di detta parte del TFUE a condizione di non estendere le competenze attribuite all’Unione nei Trattati. Ciò può fare 11
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, della Commissione e, in caso di modifiche istituzionali nel settore monetario, della Banca Centrale Europea. La decisione del Consiglio europeo entra in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Il primo comma del n. 7 dello stesso art. 48 contempla una distinta procedura di revisione semplificata qualificabile come procedura passerella, stabilendo che quando il TFUE ed il titolo V del TUE prevedono che il Consiglio deliberi all’unanimità in un settore o in un caso determinato, il Consiglio europeo possa adottare a maggioranza qualificata in detto settore o caso a condizione che le sue deliberazioni non abbiano implicazioni militari o rientrino nel settore della difesa. Analoga disposizione passerella contiene il secondo comma dello stesso art. 48 n. 7, stabilendo che quando il TFUE adotti atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio europeo possa adottare una decisione che consenta l’adozione di tali atti secondo la procedura legislativa ordinaria. Le importanti delibere che il Consiglio europeo prenda in base al primo o al secondo comma devono essere prese previa approvazione della maggioranza dei membri del Parlamento europeo e devono essere trasmesse ai Parlamenti nazionali; si considerano adottate e produttive di effetti solo se entro sei mesi da tale trasmissione non ricevano opposizione da parte di uno di detti Parlamenti. Non si può non notare che le procedure di revisione semplificata previste dal primo e dal secondo comma del n. 7 dell’art. 48, a differenza dell’altra procedura semplificata di cui al n. 6, non richiedono per il loro perfezionamento l’approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali; a bilanciamento di questa ulteriore semplificazione che esse presentano rispetto alla procedura di revisione ordinaria, implicano che il loro perfezionamento non possa avvenire in caso di una opposizione da parte anche di un solo Parlamento nazionale. TRATTATO INTERGOVERNATIVO SULLA STABILITÀ, IL COORDINAMENTO E LA GOVERNANCE NELL'UNIONE MONETARIA ED ECONOMICA DEL 31 GENNAIO 2012 Il sistema generale dell’Unione, oggi disciplinato dai Trattati di Lisbona, è destinato ad essere integrato, quanto meno per la più gran parte dei Paesi dell’Unione, e comunque per quelli che hanno adottato come moneta unica l’Euro, dal Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governante dell’Unione monetaria ed economica. È stato adottato per far fronte alla grave crisi finanziaria ed economica determinata dal rilevante debito pubblico di alcuni Paesi dell’Unione, tra cui Grecia, Spagna, Portogallo ed Italia. 12
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 IL SISTEMA DELLE COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA IL PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE L’Unione europea non ha, come gli Stati, una competenza generale, ma può agire solo nell’ambito delle competenze che le sono state attribuite. Pertanto, il suo funzionamento è basato sul cosiddetto “principio di attribuzione”, sancito n. 2 dell’art. 5 TUE (“l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri”). Su questo principio si basa l’equilibrio che sin dall’inizio del processo di integrazione europea si è inteso stabilire tra competenze della Comunità e residue competenze degli Stati membri. È per soddisfare i sentimenti che si sono manifestati con gli esiti negativi dei referendum francese ed olandese che il Trattato di Lisbona puntualizza che le competenze dell’Unione “le sono attribuite dagli Stati membri” e che “qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei Trattati appartiene agli Stati membri”. Il rispetto di questo principio non manca di dare luogo a problemi. La Corte di giustizia ne ha mitigato il rilievo coordinando il suo rispetto con l’esigenza che ha avvertito di attribuire un effetto utile alle libertà di circolazione sancite dal diritto dell’Unione. Un esempio di questo atteggiamento della Corte è costituito dalla sentenza che essa ha reso il 25 luglio 2008 nel caso Metock. Ha affermato che l’esercizio da parte di uno Stato membro di proprie competenze esclusive (quale quella di ammettere nel proprio territorio una persona che abbia la nazionalità di uno Stato terzo e proveniente direttamente da questo Stato) non deve dissuadere i cittadini dell’Unione dall’esercitare le libertà di circolazione previste dal Diritto UE. Si è affermato che questa pronuncia della Corte di giustizia avrebbe violato il principio delle competenze di attribuzione sostenendosi che la Comunità ha soltanto la competenza a disciplinare la libera circolazione all’interno della Comunità. Questa critica, nonostante sia stata condivisa dall’ex Presidente della Corte costituzionale tedesca Roman Herzog, secondo il quale la Corte di giustizia nel caso si sarebbe pronunciata ultra vires, non è stata seguita da tale Corte costituzionale che con una decisione del 6 luglio 2010 ha affermato che le competenze dell’Unione devono essere interpretate con spirito di amicizia e di apertura. Recentissimamente, però, il 31 gennaio 2012, la critica di Roman Herzog è stata ripresa da una sentenza della Corte costituzionale della Repubblica Ceca. Con tale sentenza la Corte di quello Stato membro dell’Unione ha considerato priva di effetti una legge del proprio Paese che aveva dato un seguito ad una pronuncia della Corte di giustizia che aveva considerato incompatibile con il principio comunitario di non discriminazione sulla base della nazionalità una giurisprudenza costituzionale di tale Paese che prevedeva soltanto a favore di lavoratori cechi una compensazione, da aggiungersi alla pensione maturata con 13
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 riferimento al lavoro da essi svolto sino alla dissoluzione nel 1993 della Cecoslovacchia, per l’ulteriore periodo di lavoro dagli stessi svolto in Slovacchia (lo aveva fatto eliminando quella compensazione per tutti i lavoratori rimasti attivi in Slovacchia dopo il 1993). La Corte costituzionale ceca ha considerato quella legge priva di effetti perché ha ritenuto che la sentenza della Corte di giustizia a cui essa ha inteso dare seguito abbia applicato il diritto comunitario ad una situazione non presentante un elemento di estraneità (perché attinente al fenomeno speciale costituito dalla dissoluzione della Cecoslovacchia e non ai rapporti tra Stati membri) e perciò non ricadente nelle competenze comunitarie e, pertanto, costituente una pronuncia ultra vires. Questa recentissima sentenza non può non essere segnalata perché, come risulterà da quanto vedremo più avanti, costituisce segno residuo delle difficoltà che ha incontrato e, sia pure oggi in maniera ridotta, continua ad incontrare l’applicazione negli Stati membri del diritto dell’Unione europea. LA PICCOLA REVISIONE PREVISTA DALL’ART. 352 TFUE Un’altra strada, questa a disposizione delle Istituzioni politiche dell’Unione, per mitigare il rigore del principio delle competenze di attribuzione, è costituita dall’utilizzazione da parte di tali istituzioni della clausola di flessibilità contenuta nell’art. 352, n. 1 TFUE, a termini del quale “Se un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate. Allorché adotta le disposizioni in questione secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio delibera altresì all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo”. La Corte di giustizia ha stabilito un limite all’operare di tale clausola di flessibilità statuendo che essa “non può essere … utilizzata quale base per l’adozione di disposizioni che condurrebbero, sostanzialmente, con riguardo alle loro conseguenze, a una modifica del Trattato che sfugga alla procedura prevista nel Trattato medesimo” (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Parere 2/94). COMPETENZE ESCLUSIVE, CONCORRENTI E DI SOSTEGNO/COORDINAMENTO/COMPLETAMENTO DELL’AZIONE DEGLI STATATI MEMBRI Le competenze dell’Unione europea sono di tre tipi: a) esclusive rispetto a quelle degli Stati membri, b) concorrenti con le medesime, c) di sostegno, coordinamento o completamento dell’azione degli Stati membri. A termini del n. 1 dell’art. 3 TFUE “L’Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori: a) unione doganale (tariffa doganale comune), b) 14
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno, c) politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, d) conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca, e) politica commerciale comune” (misure di difesa commerciale, accordi commerciali). Ai sensi del n. 2 della stessa disposizione “L’Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata”. Nei settori di competenza esclusiva dell’Unione europea solo questa può adottare atti giuridicamente vincolanti. A termini dell’art. 2, n. 1 TFUE gli Stati membri li possono adottare solo se autorizzati dall’Unione europea o per dare attuazione ad atti di questa. Ai sensi dell’art. 4 n. 1 TFUE le competenze concorrenti dell’Unione europea hanno carattere residuale nel senso che sono tali tutte quelle competenze che non sono esclusive o che non riguardano il sostegno, il coordinamento o completamento dell’azione degli Stati membri. Ad ogni buon conto l’art. 4, n. 2 TFUE specifica che l’Unione europea ha una competenza concorrente principalmente nei seguenti settori: a) mercato interno, b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel presente trattato, c) coesione economica, sociale e territoriale, d) agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare, e) ambiente, f) protezione dei consumatori, g) trasporti, h) reti transeuropee, i) energia, j) spazio di libertà, sicurezza e giustizia, k) problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica. Nei settori di competenza concorrente dell’Unione europea sia questa che gli Stati membri possono adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri, però, non possono più esercitare le loro competenze quando l’UE abbia esercitato le proprie. Nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio ed in quelli della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario, che anch’essi non ricadano nella competenza esclusiva dell’UE, l’Unione ha competenza per condurre azioni senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro. L’Unione ha, infine, competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare, o completare l’azione degli Stati nei seguenti settori: a) tutela e miglioramento della salute umana, b) industria, c) cultura, d) turismo, e) istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, f) protezione civile, g) cooperazione amministrativa. Questa minuziosa indicazione dei tre tipi di competenze dell’Unione introdotta dal Trattato di Lisbona è legata all’obiettivo da questo perseguito di far fronte alla preoccupazione di alcuni Stati membri di limitare le competenze esclusive dell’Unione e di salvaguardare, nelle materie per cui 15
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 l’Unione ha solo competenze concorrenti, la possibilità di legiferare degli Stati membri. Bisogna, però, sottolineare che in relazione a questa seconda serie di materie gli Stati membri mantengono il potere di intervenire nei limiti in cui l’Unione non le abbia disciplinate. A questo riguardo è utile tenere presente quanto ne consegue in materia di tutela dei consumatori, in cui l’Unione ha adottato numerose direttive di armonizzazione. Gli Stati membri non possono legiferare sugli aspetti espressamente disciplinati da dette direttive in modo diverso da quello da queste già fatto. Possono farlo solo quando si tratti di direttive di armonizzazione minima (e non completa) per integrarne la disciplina e per realizzare una tutela maggiore dei consumatori. In Danimarca dei privati, che avevano consumato delle uova acquistate in un supermercato, che si era rifornito da un produttore danese da esso distinto, erano stati colpiti da salmonellosi. Avevano allora agito in giudizio, per chiedere il risarcimento dei danni subiti nei confronti del supermercato che quelle uova aveva a loro venduto. Lo avevano fatto sulla base di una legge danese che aveva dato attuazione alla direttiva CEE 85/374 concernente la responsabilità per danni da prodotti difettosi estendendo in via generale al venditore la responsabilità senza colpa che quella direttiva invece prevede a carico del produttore, limitandosi a sancirla a carico del venditore solo in caso di merci vendute nella Comunità ma provenienti da Pesi terzi. Richiesta da giudici danesi di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario della legge del loro Paese sulla cui base il giudizio era stato davanti ad essi instaurato, la Corte di giustizia ha considerato che la Direttiva 85/374/CEE persegue un’armonizzazione completa delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla materia. In ragione di ciò ha ritenuto che la legge invocata nella causa fosse incompatibile con il diritto comunitario e quindi non idonea a sostenere la pretesa avanzata nei confronti del venditore, nonostante essa potesse, a prima vista, risultare più idonea a tutelare in modo rapido i consumatori. Questi, per la Corte, dato che non si trattava di uova importate da fuori della Comunità, potevano, secondo quanto previsto da quella direttiva di armonizzazione completa, agire in responsabilità senza colpa solo nei confronti del produttore (Corte di giustizia, 10 gennaio 2006, Causa C-402/03, Skov Æg contro Bilka Lavprisvarehus A/S e Bilka Lavprisvarehus A/S contro Jette Mikkelsen, Michael Due Nielsen). Ai sensi, poi, dell’art. 5, n.1, TFUE le politiche economiche restano essenzialmente di competenza degli Stati membri in quanto questi sono semplicemente tenuti a coordinarle essendo, in materia, il Consiglio dell’Unione europea unicamente legittimato ad adottare degli indirizzi di massima. 16
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 LA NON INCIDENZA SULLA COMPETENZA ESCLUSIVA DELL’UNIONE IN MATERIA MONETRIA DEL FISCAL COMPACT E DEL TRATTATO SALVA STATI (MES) Le precisazioni che il TFUE ha fatto con gli articoli 3 (competenze esclusive), 4 (competenze concorrenti) e 5 (previsione nell’ambito dell’Unione di un coordinamento da parte degli Stati membri delle loro politiche economiche) lasciano spazio a problemi interpretativi con riferimento all’applicazione del Titolo VIII dello stesso TFUE, dedicato alla politica economica e monetaria Centrali in tale titolo sono due articoli: l’art. 125 TFUE, che vieta all’Unione di farsi carico del debito pubblico degli Stati membri (c.d. no- bail out o divieto di salvataggio finanziario) ed identico divieto impone a ciascuno Stato membro per quanto riguarda i debiti pubblici degli altri Stati membri; l’art. 126 TFUE che, correlativamente, stabilisce che gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi. L’applicazione di queste due disposizioni è risultata particolarmente delicata con riferimento alla crisi finanziaria che ha interessato prima l’Irlanda ed il Portogallo e poi la Grecia, la Spagna e l’Italia, Stati tutti, questi, che hanno adottato l’euro come moneta unica. L’art. 126 TFUE riprende letteralmente l’art. 104 TCE che era stato integrato nel tempo da una serie di atti che erano diretti a rinforzare il divieto da esso stabilito e che avevano dato luogo a quello che è stato definito come il Patto di stabilità e crescita del 1997, al Six Pack del 2011 ed all’accordo concluso in forma semplificata Europlus, nonché al Protocollo n. 20 annesso al Trattato di Maastricht (a sua volta ripreso dal protocollo n. 12 annesso al Trattato di Lisbona) il quale stabiliva che il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato non deve superare il 3 % e che il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato non doveva superare il 60 %. Quando la crisi finanziaria di detti Paesi si è acuita, e si è avvertito che essa avrebbe potuto compromettere la stabilità finanziaria dell’area euro e dell’intera Unione, ci si è resi conto che il rinforzamento del divieto di cui all’art. 126 TFUE contenuto negli atti di cui sopra non era sufficiente. Si è allora, tra l’altro, proceduto all’adozione da parte di 25 Paesi membri dell’Unione – cioè tutti, eccettuati il Regno unito e la Repubblica Ceca – di due Trattati puramente intergovernativi: il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e monetaria (TSCG, firmato il 2 marzo 2012 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2013, dopo la ratifica da parte di 12 Stati membri, Italia compresa, detto più sinteticamente “Fiscal Compact”) ed all’adozione il 2 febbraio 2012, da parte dei 17 Stati membri della zona euro, del c.d. Trattato “salva stati” che prevede l’istituzione di un meccanismo europeo di stabilità (MES), destinato ad entrare in vigore alla data di deposito degli strumenti di ratifica, 17
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 approvazione o accettazione da parte di firmatari le cui sottoscrizioni iniziali siano non meno del 90 % delle sottoscrizioni totali previste. Il primo Trattato prevede un obbligo degli Stati membri dell’area euro d’incorporare nel proprio ordinamento giuridico interno il principio del pareggio di bilancio e di attivare un meccanismo automatico di correzione che li vincola ad attuare misure per correggere eventuali deviazioni dal rispetto di tale principio. Il secondo Trattato prevede l’istituzione di un meccanismo permanente a cui partecipano gli Stati della medesima area provvisto di una dotazione fissa di 700 milioni di euro versati da questi Stati da integrarsi con fondi raccolti con l’emissione di strumenti finanziari o sulla base di accordi con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi. Quel meccanismo ha la funzione di mobilizzare, secondo condizioni rigorose, risorse finanziare a beneficio dei suoi membri che si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari ove ciò risulti indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri. I due Trattati sono tra loro coordinati in quanto l’assistenza finanziaria prevista dal Trattato MES può di fatto (come risulta da un considerando, di per sé non vincolante, di tale Trattato) essere prestata ad uno Stato ad esso parte alla condizione della ratifica da parte sua del Fiscal Compact e della trasposizione nella legislazione nazionale dello stesso della regola del bilancio di pareggio. Come sarà precisato in appresso, per permettere agli Stati membri la conclusione di detti due accordi si è ritenuto opportuno fare ricorso alla procedura di revisione semplificata introdotta dall’art. 48, paragrafo 6 TUE, che è previsto possa portare alla modifica della parte terza del TFUE e che comporta, oltre ad una decisione all’unanimità del Consiglio europeo ed alla consultazione del Parlamento Europeo e della Commissione, la ratifica di detta decisione da parte degli Stati membri dell’area euro. Le procedure nazionali di ratifica così richieste, anche in ragione delle contestazioni politiche che l’iniziativa ha suscitato da parte di gruppi politici ostili al processo d’integrazione europea, hanno occasionato varie opposizioni: tra queste un ricorso alla Corte suprema irlandese con cui si è sostenuta l’illegittimità comunitaria di quegli accordi in quanto con essi gli Stati membri avrebbero violato la competenza esclusiva che l’art. 3 TFUE attribuisce all’Unione per quanto riguarda la politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Sul punto la Corte suprema irlandese ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi nel quadro della procedura pregiudiziale prevista dall’art. 267 TFUE. La Corte di giustizia, con la sentenza che ha reso il 27 novembre 2012 nel caso Pringle, ha allora avuto modo di chiarire che, anche se il Titolo VIII del TFUE porta la denominazione “Politica economica e monetaria”, le misure di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri rientrano nella competenza di questi e costituiscono cosa 18
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 diversa dalla politica monetaria. Quest’ultima ha come obiettivo il mantenimento della stabilità dei prezzi nella zona euro. Il trattato MES non incide su di essa, opera solo nel quadro della politica economica degli Stati membri perché costituisce uno strumento complementare al quadro regolamentare dell’Unione che, per quanto riguarda l’area euro, mira a consolidare la stabilità macroeconomica ed il buon funzionamento delle finanze pubbliche degli Stati di quell’area. La Corte ha, peraltro, escluso che l’assistenza finanziaria che il MES può prestare ad uno Stato dell’area euro costituisca un salvataggio finanziario, cioè una violazione del no-bail out contenuto nell’art. 125 TFUE, perché questo articolo “non vieta la concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno o più Stati membri ad uno Stato membro che resta responsabile dei propri impegni nei confronti dei suoi creditori e purché le condizioni collegate a siffatta assistenza siano tali da stimolarlo all’attuazione di una politica di bilancio virtuosa” (punti 136 e 137). IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ Ai sensi del n. 1 dell’art. 5 del TUE l’esercizio delle competenze dell’Unione deve avvenire, innanzitutto, in sintonia con il principio di sussidiarietà (principio che, come noto, e desunto dalla dottrina della Chiesa Cattolica). Il n. 3 della stessa disposizione stabilisce che tale principio opera soltanto nei settori che non sono di competenza esclusiva dell’Unione. In virtù di esso “l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”. In base al Protocollo n. 2, sull’applicazione del principio di sussidiarietà, annesso al Trattato di Lisbona, prima dell’adozione di un atto legislativo l’Unione deve operare una valutazione del rispetto di tale principio. Ogni istituzione che partecipa al processo decisionale deve farsene carico. Il principio di sussidiarietà è “giustiziabile”, ossia può essere posto alla base di un’azione di legittimità o di invalidità di fronte al Tribunale e alla Corte di Giustizia. Inoltre, il Trattato di Lisbona prevede che le proposte dell’Unione, come anche gli atti intermedi, vengano inoltrati ai Parlamenti nazionali, i quali, entro otto settimane dalla trasmissione possono eccepire il mancato rispetto del principio di sussidiarietà, attraverso la formulazione di un parere motivato. Se i pareri motivati superano un certo numero, la proposta dovrà essere riesaminata, ed eventualmente modificata. 19
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ Lo stesso n. 1 dell’art. 5 del TUE stabilisce, poi, che l’esercizio delle competenze dell’Unione deve avvenire in conformità con il principio di proporzionalità. L’esigenza che tale principio sia rispettato dalle istituzioni nel quadro dell’esercizio delle loro competenze non era sancita nell’originario Trattato istitutivo della CEE. Essa è stata all’inizio affermata dalla Corte di giustizia. Nel caso Etablissements Consten e Grundig-Verkaufs-Gmbh contro Commissione della CEE (Cause riunite 56 e 58/64) si era posto il problema della legittimità di una decisione con la quale la Commissione, constatato il contrasto con il diritto comunitario della concorrenza di un complesso accordo tra la Società Grundig ed un suo concessionario per la Francia, aveva dichiarato la nullità dell’intero accordo sulla base della lettera del secondo paragrafo dell’attuale art. 101 TFUE, a termini del quale “gli accordi … vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto”. La Corte ha considerato che questa disposizione dovesse essere applicata alla luce del principio di proporzionalità, inteso come principio generale di diritto integrativo di quanto espressamente previsto dal testo del Trattato istitutivo della Comunità. Ha così superato le indicazioni che le potevano venire dalla lettera della disposizione. Rilevato che “la nullità assoluta sancita [dall’attuale art. 101, paragrafo 2, TFUE] colpisce i soli elementi dell’accordo soggetto al divieto, ovvero l’accordo nel suo complesso qualora detti elementi appaiano essenziali per l’accordo stesso”, ne ha desunto che la decisione impugnata “va annullata nella parte in cui estende, senza valido motivo, la nullità a tutte le clausole dell’accordo”. Introdotto così nell’esperienza giuridica comunitaria il principio che ora si trova sancito nell’art. 5 TUE, è stato previsto dal diritto scritto dell’Unione a partire dal Trattato di Maastricht. La giurisprudenza ne ha esteso l’applicazione statuendo che esso opera anche come limite all’esercizio di competenze degli Stati membri che abbia luogo quando esso sia richiesto o dai Trattati o da un atto comunitario. Ora il n. 4 dell’art. 5 del Trattato di Lisbona stabilisce che “il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati”. Il Protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, dal canto suo, precisa che “I progetti di atti legislativi tengono conto della necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sull'Unione, sui governi nazionali, sugli enti regionali o locali, sugli operatori economici e sui cittadini siano il meno gravosi possibile e commisurati all'obiettivo da conseguire”. 20
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Elezioni: ecco perché l’Europa è un beneficio per l’Italia - 22 febbraio 2013 Dalla pace alla stabilità, dalla libertà alla concorrenza: una lettera- appello di dirigenti, professionisti e funzionari risponde alle critiche piovute sull’Ue a scopi elettorali Riceviamo e volentieri pubblichiamo: La crisi dell’Italia non dipende dall’Europa: il Paese trae beneficio dall’appartenenza all’Unione europea In termini economici i benefici sono incommensurabili. Per menzionarne solo alcuni: i)la libera circolazione beni, servizi, capitali e persone ha creato un mercato unico di milioni di consumatori, consentendo un interscambio commerciale eccezionale tra noi e i nostri partner europei; ii)la liberalizzazione dei settori delle pubbliche utilità (telecomunicazioni, energia, trasporti, poste), tutta di matrice comunitaria, ha consentito un abbattimento vertiginoso delle tariffe pagate da noi utenti; si pensi per es. alle tariffe della telefonia mobile che sono crollate raggiungendo livelli solo qualche anno fa impensabili. iii)L’UE ha una forte componente sociale: innumerevoli sono le direttive UE in materia di protezione dei lavoratori, delle donne, delle fasce deboli, che hanno obbligato tutti gli Stati membri a prevedere standard minimi di tutela; così come la legislazione europea si è preoccupata di tutelare gli studenti (si pensi alle direttive sul riconoscimento dei diplomi o al programma di scambio ERASMUS), dando ai nostri giovani migliori prospettive internazionali in termini di formazione e lavorativi. iv)La disciplina della concorrenza, introdotta in Italia solo nel 1990 su ispirazione dell’UE, per quanto imperfettamente, ha consentito di combattere cartelli e abusi di posizione dominante a vantaggio della collettività (prezzi più bassi, migliore qualità, maggiore offerta). v)Il controllo degli aiuti di stato ha frenato la naturale inclinazione di alcuni Stati a concedere alle imprese sussidi distorsivi, limitando lo sperpero di danaro pubblico; vi)La disciplina di tutela del consumatore, anch’essa interamente di matrice comunitaria, ha consentito di sventare monumentali truffe ai danni dei consumatori, imponendo elevati standard di tutela di cui tutti noi oggi beneficiamo in qualità di consumatori. vii)La disciplina degli appalti pubblici, anch’essa di derivazione comunitaria, ha promosso un principio benefico di concorrenza e trasparenza per il mercato che ha consentito alla pubblica amministrazione e agli enti pubblici ingenti risparmi ogni qualvolta devono procacciarsi beni e servizi per la collettività. viii)I fondi europei di sviluppo e coesione e quelli infrastrutturali, per quanto spesso mal utilizzati dal nostro paese, rappresentano un volano importante per le economie delle nostre regioni, ed hanno tra l’altro contribuito alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali di interesse 21
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 collettivo (si pensi alla metropolitana di Napoli, alle reti tranviarie di Firenze, alla ristrutturazione dei porti di Genova e Civitavecchia, per citare solo alcuni esempi). ix)La tutela dell’ambiente, una delle priorità della UE, ha dato voce a esigenze per anni ignorate nel nostro paese. x)Anche la politica di liberalizzazione degli scambi commerciali perseguita dalla UE con i paesi extra-europei (WTO), sebbene faccia talvolta oggetto di critiche per gli effetti negativi su alcuni comparti della nostra economia, a una più attenta e distaccata riflessione rappresenta l’unica strada percorribile in un mondo globalizzato cui sono conseguiti molti effetti benefici: essa ha difatti consentito a noi e ai nostri partner europei di esportare beni e servizi a valore aggiunto, lasciando ai paesi meno sviluppati i mercati di beni a più scarso rendimento. xi)Infine l’euro, tanto criticato, ha prodotto i benefici più concreti, considerato che l’ancoraggio a una moneta forte ha sconfitto l’inflazione, il che ha consentito agli italiani di contrarre mutui a tassi di interesse favorevoli per comprare casa, e allo Stato italiano – e quindi ai contribuenti- di finanziare il proprio debito pubblico risparmiando miliardi. 22
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione monetaria ed economica Patto bilancio La scheda I punti principali del "Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione monetaria ed economica" su cui i paesi Ue hanno trovato un accordo Fonte Ansa - Ecco i punti principali del "Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione monetaria ed economica" su cui i paesi Ue hanno trovato un accordo. CHI PARTECIPA - Tutti i paesi della Ue, tranne la Gran Bretagna e la Repubblica ceca. Londra si è tirata fuori fin dall'inizio, Praga a sorpresa, all'ultimo momento, ma potrebbe ancora rientrare. OBBLIGO AL PAREGGIO - Il 'contratto' tra i 25 introduce la 'regola d'orò del pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali e/o in legislazioni equivalenti e prevede "sanzioni semiautomatiche" contro ogni "violazione del criterio dell'avanzo". L'equilibrio è definito come un deficit strutturale (al di fuori degli elementi eccezionali e del pagamento degli interessi sul debito) ad un livello massimo dello 0,5% del Pil. Per i paesi che hanno un debito al di sotto del tetto del 60% del Pil il margine di tolleranza sale all'1%. Le procedure potranno essere bloccate solo con una maggioranza qualificata contraria (85%). I governi hanno un anno di tempo a partire dall'entrata in vigore del Trattato per mettere in atto le nuove norme sul pareggio. SANZIONI E MULTE - La Corte di giustizia Ue potrà imporre sanzioni fino a un massimo dello 0,1% del Pil ai Paesi che non introdurranno l'obbligo del pareggio di bilancio nelle norme nazionali. Le multe "dovranno essere versate all'Esm", il fondo salva-Stati permanente che dal primo luglio prossimo subentrerà all'Efsf. A decidere un importo delle ammende "adeguate alle circostanze" sarà la Corte di giustizia Ue e la sanzione pecuniaria potrà scattare quando il Paese al centro della procedura risulterà recidivo, ovvero colpevole di non aver rispettato una prima sentenza di condanna emessa dalla stessa Corte. 23
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 CHI DENUNCIA - Il potere di 'denunciare' ai giudici europei un Paese indisciplinato potrà essere esercitato sia dalla Commissione europea che da un altro Paese della zona euro firmatario dell'accordo. RITMO DI RIDUZIONE DEL DEBITO - Il Patto prevede l'obbligo di rientrare verso il tetto del 60% del Pil al ritmo di 1/20 l'anno per la parte eccedente. Il testo fa riferimento al 'six pack' in cui si menzionano gli altri "fattori rilevanti" che concorrono a determinare la sostenibilità di medio periodo (indebitamento privato, spesa pensionistica, attivo patrimoniale). ESM, AIUTI SOLO A CHI FIRMA - L'avvio di "nuovi programmi di assistenza finanziaria attraverso l'intervento dell'Esm sarà condizionato alla ratifica del nuovo Trattato da parte del Paese interessato". PAESI NON EURO AI SUMMIT - Il testo è stato cambiato per accogliere la richiesta della Polonia. Il compromesso prevede "almeno" tre summit dell'Eurogruppo l'anno e la partecipazione dei paesi firmatari non euro ad "almeno" uno. IN VIGORE DOPO 12 RATIFICHE - Il Patto diventerà operativo il primo gennaio 2013, non appena "sottoscritto da almeno 12 Paesi membri dell'euro". Il processo di ratifica (parlamento o referendum) è deciso dai singoli paesi. ENTRO CINQUE ANNI NEI TRATTATI - Entro cinque anni le nuove regole devono rientrare nella cornice dei Trattati Ue esistenti. HTTP://EUOBSERVER.COM/ [COMMENT] STOP THE EUROPEAN COURT OF JUSTICE ROMAN HERZOG AND LÜDER GERKEN 10.09.2008 @ 10:07 CET EUOBSERVER/COMMENT - Judicial decision-making in Europe is in deep trouble. The reason is to be found in the European Court of Justice (ECJ), whose justifications for depriving member states of their very own fundamental competences and interfering heavily in their legal systems are becoming increasingly astonishing. In so doing, it has squandered a great deal of the trust it used to enjoy. Hence, it is only logical that the German Federal Constitutional Court recently decided to intervene. Very soon it will have to render a judgement that will be of fundamental importance for the further development of European jurisdiction, since it concerns the question of whether the excessive legal practice of the ECJ should in future once again be subject to stricter controls by the German Federal Constitutional Court, or whether the Federal Constitutional Court should resign once and for all from its watchdog position. What triggered this decisive case was a lawsuit staged by two lawyers. In the course of the labour market reforms established under the red-green coalition (Social Democrats with the Alliance 90 and the Green Party), at the end of 2002, the age limit at which employees are entitled to enter into temporary employment contracts without restrictions had been temporarily reduced from 58 to 52 years. The aim was to increase the chances for older unemployed people to find a job. The high level of protection against unwarranted dismissal in Germany combined with the concern of many employers that the performance of older people might 24
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 weaken, meant that people over fifty often had no real opportunity for reintegration into the labour market. In 2000, the European Union (EU) passed a non-discrimination directive which prohibited the unequal treatment of people in "employment and occupation" on account of age. Of course this EU directive also contains an explicit provision that member states may discriminate against people due to age if such practice serves to foster employment. The manner in which this provision is realised is largely left to the member states. However, two lawyers in Munich held the view that this reduction of the age limit constituted an infringement of the said EU directive, and so they brought the case to court in 2003. The ECJ judged as follows: The German labour market reform was in fact deemed incompatible with the EU's non-discrimination directive, since it could not be "proved" that the German reform provisions were "objectively required" for the stimulation of the employment of older employees. This so-called "Mangold Judgement" is disputable for various reasons. Firstly, both labour market policy and social policy are still core competences of the member states. However, this case clearly demonstrates to what extent EU regulation and EU jurisdiction nevertheless interfere in the governing of these core competences. For even though the EC Treaty allows for a European regulation of non- discrimination, the question of why the EU regulates age discrimination on the labour market at all is raised in all its seriousness. According to the principle of subsidiarity, the EU may take action only if it really has a better solution to a problem than the member states. According to law as it exists, a basic criterion for such a situation is that the problem must concern an issue of transboundary impact. However, unlike the question of nationality, age discrimination does not have any transboundary relevance and can therefore be easily dealt with by the member states themselves. Yet, the court blithely ignored it. At least the EU directive does declare unequal treatment on account of age as expressly admissible for the purpose of promoting employment in the member states, but even this did not concern the ECJ. Despite everything, it overthrew the German employment promotion measure. Secondly, EU directives do not apply to member states directly, but first have to be transposed by the national legislature, which may resolve on the form and methods of the relevant measure independently. Germany had to transpose the aforementioned non-discrimination directive by 2 December 2006. Therefore, there was no obligation to transpose it. Moreover, the lowering of the age limit was due to expire anyway by 31 December 2006, in other words a few days after the expiry of the enforcement deadline. This was also ignored by the ECJ. Thirdly, to justify its judgement, the ECJ resorted to a somewhat adventurous construction. The ECJ believed it had found a ban on age discrimination within the "constitutional traditions common to the Member States" and "various international treaties". So it was not actually the non-discrimination directive (as yet to be enforced) which caused the German reform provision to breach EU law, but a "general principle of community law". However, this "general principle of community law" was a fabrication. In only two of the then 25 member states – namely Finland and Portugal – is there any 25
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 reference to a ban on age discrimination, and in not one international treaty is there any mention at all of there being such a ban, contrary to the terse allegation of the ECJ. Consequently, it is not difficult to see why the ECJ dispensed with any degree of specification or any proof of its allegation. To put it bluntly, with this construction which the ECJ more or less pulled out of a hat, they were acting not as part of the judicial power but as the legislature. Fourthly, in its judgement the ECJ ordered the German reform provision to remain "not applied" with immediate effect. In fact, it was declared null and void. This also constitutes a highly questionable paradigm shift. The EC Treaty stipulates that member states are not directly bound by EU directives. This means that it is not the EU directives but the national transposition laws that must first create rights and duties for citizens. The ECJ used to respect this, too: If the national law of a member state was not compatible with an EU directive, the ECJ confined itself to pointing out the inconsistency. Although the member state concerned then had to revise its law, the former version (incompatible with EU law) remained in effect until that was done. Hence, citizens could rely on the binding effect of their national laws. This has now changed: As a consequence of the ECJ judgement, all temporary employment contracts concluded during the German labour market reform were converted into regular employment contracts overnight – resulting in the subsequent material damage incurred by the affected companies. With these four dubieties, the "Mangold Judgement" provoked almost unanimous and massive criticism among legal experts. A change of scene: again in 2003, a company based near Hamburg entered into a temporary employment contract with a 53-year old employee under the German labour market reform. Shortly before his contract expired, the employee took legal action. He claimed that the reform was not compatible with EU law. The responsible labour court dismissed the case, as did the court of appeal. Thereupon, the complainant took his case to the German Federal Labour Court. Meanwhile, the Mangold Judgement had been reached. The German Federal Labour Court adopted the reasoning given therein and, despite the questionable nature of the judgement, denied the right to resubmit the judgement either to the ECJ in order to clarify it, or to the German Federal Constitutional Court, and further annulled the lower court judgements. Subsequently, the company filed a constitutional complaint against this decision. It asserted several infringements of the German Constitution. The German Federal Constitutional Court has been dealing with this constitutional complaint for quite a while. This alone should be taken by the ECJ as a warning. For in 1986, the court virtually delegated the assessment of whether European acts are compatible with fundamental rights to the ECJ ("Solange II Judgement"): It had assumed that on a European level the compliance of fundamental rights would be safeguarded through the ECJ to a similar extent, as in Germany. It only wanted to intervene if the protection of fundamental rights was being weakened in general and not just in single cases. How important that explicit reservation is will be shown when the Federal Constitutional Court passes judgement on the "Mangold Judgement", which, in many respects, has created a fundamentally changed legal situation. Irrespective of this, the "Mangold Judgement" also has to be viewed in light of the "Maastricht Judgement" by the German Federal Constitutional Court of 1993. 26
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 There it is of vital importance that the institutions of the EU, including the ECJ, adhere to the limits of competences granted by the EC Treaty – namely, the EC Treaty version approved by the German national Parliament (Bundestag). Any action, and in particular any development of the law by judicial interpretation that exceeds such limits is not covered by the act of assent of the German Bundestag and therefore has to be deemed null and void in Germany. In the present case the ECJ acted as legislator. With reference to alleged international treaties and constitutional traditions of the member states, the ECJ invented EU law. Within the time limit for the transposition of an EU directive it ordered the inapplicability of an existing national regulation to citizens. It is obvious that there is an inadmissible extension of the EC Treaty, inherent in a "fulminating court order", so to speak. The "Mangold Judgement" of the ECJ is only one of many judgements significantly interfering with competences of the member states and thus provoked massive criticism by irritated experts. Here are only three recent examples: First example: In 2006 the ECJ adopted a statutory tobacco ad ban in the EU that applies in particular to local papers. The EU had banned tobacco ads in papers in the light of health care policy. However, since the EU does not have sufficient legislative competence in the field of health care, a way round it was thought out. According to the EU the single market would be impeded if there was no such EU- wide ban. For a national tobacco ad ban in one single member state would lead to foreign newspapers containing tobacco ads not being allowed to be sold in that state. The Federal Republic of Germany, deeming that argument artificial, asserted an infringement of competences by the EU and sued. However, the ECJ dismissed the case, reasoning that different tobacco ad rules in the member states actually impede the single market. The fact that local papers are hardly ever sold abroad and therefore an actual impediment does not exist was not considered by the ECJ. The vital German counter-argument that all tobacco ad bans hitherto existing in the member states expressly excluded foreign newspapers and thus could not impede the free sale of foreign newspapers containing tobacco ads was simply "turned upside down". The fact that national ad bans contained such exemptions demonstrated that national legislators also considered the issue as being a real problem. Second example: In 2005 and 2007, two judgements of the ECJ established an EU competence in the field of criminal law. With reference to what are in actual fact unmistakable provisions in the EC Treaty, almost all member states had firmly stated that such a competence did not exist. However, the ECJ argued quite the opposite. The ECJ's argumentation was as follows: "As a general rule, neither criminal law nor the rules of criminal procedure fall within the Community's competence. However, the last-mentioned finding does not prevent the Community legislature from taking measures which relate to the criminal law of the member states that it considers necessary" in order to enforce EU law, here in the field of environmental policy, and to oblige the Member States "to introduce such penalties." So that is what the ECJ has to say on the relationship between the European Union and the still so-called "Masters of the Treaties". 27
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Third example: In 2006 the ECJ granted the right of residence to a deported Tunisian, although the Euro-Mediterranean-Agreement between Tunisia and the EU Member States excludes this explicitly. Amongst other things, the agreement provides that Tunisians in the EU and EU residents in Tunisia may not be treated unequally in terms of working conditions for employees. Warned by an earlier judgement of the ECJ, the EU member states unmistakably defined in the agreement that the right of residence for foreigners is exclusively within the member states' competence and, in particular, that the non-discrimination principle may not apply to labour conditions in order to extend any residence permits. Thus discrimination suits should be excluded where labour permits would be played off against limited rights of residence. However, the ECJ overturned the unambiguous wording of the agreement and argued the opposite: according to the ECJ, the non-discrimination principle of the agreement also applied to issues of the right of residence. The arrogance the ECJ demonstrated in the process culminates in the reasoning of the judgement: "It would be quite unacceptable for the member states to deal with the principle of non-discrimination by using provisions of national law to limit its effectiveness." That option would "jeopardise the uniform application of that principle." What would happen in Germany if, for instance, the Federal Labour Court imposed such regulations upon the legislator? Yet, at the European level, such incapacitation of the "Masters of the Treaties" appears to go unresisted! The fact that this is not the only case where the ECJ turns the will of the legislator into the opposite is proved by the judgement on the EU Students Directive, which granted Belgian welfare aid to a French studying in Belgium, although the entire EU law expresses the non-existence of such claims, which is even excluded in the EU Students Directive itself: Pursuant to Article 1 of the directive, students may study abroad solely if they provide evidence of enough means of subsistence to secure that "he and his family have sufficient resources to avoid becoming a burden on the social assistance system of the host member state during their period of residence." The ECJ said: "On the other hand, there are no provisions in the directive that preclude those to whom it applies from receiving social security benefits." And that is what the ECJ has to say on the value of legal wording. In its Maastricht judgement, the Federal Constitutional Court refers to an interpretation of EU law "guided by the effet utile principle, i.e., the broadest possible interpretation of Community powers". So far so good. But the latest settled case-law of the ECJ reinforces the impression that the ECJ long since left such limitations behind them. The cases described show that the ECJ deliberately and systematically ignores fundamental principles of the Western interpretation of law, that its decisions are based on sloppy argumentation, that it ignores the will of the legislator, or even turns it into its opposite, and invents legal principles serving as grounds for later judgements. They show that the ECJ undermines the competences of the member states even in the core fields of national powers. The conclusion one comes to is clear: The ECJ is not suitable as a subsidiarity controller in the last instance and a protector of the member states' interests. This is not surprising, as first of all, according to Articles 1 and 5 of the EU Treaty, the ECJ is obliged to participate in the "process of creating an ever closer union". 28
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Secondly, an EU-biased jurisdiction of the ECJ leads to the situation that the areas where the ECJ may judge are also growing, thereby displacing member states' courts, which means that the ECJ is constantly gaining influence. This general tendency is not modified by the occasional deliberately cautious ECJ judgements passed in order to serve as a sedative to the growing resentment of the member states. Against this background and in light of the achieved integration level in the EU, it is absolutely vital that an ECJ independent court for competence issues be set up. The ECJ was created with the aim of providing a arbitrator to mediate in the interests of the EU and those of the member states. In assigning the ECJ with comprehensive rights of decision-making, the assumption was that they could be trusted to take on this responsibility in an unbiased way and in compliance with the rules of the judiciary. If the ECJ abuses this confidence, it need not be surprised when it breaks down. Against this background, the question the Federal Constitutional Court now has to answer regarding the Mangold Judgement is crucial: if decided in favour of the litigants, the ECJ would be restrained. This would also mean that the ECJ Judgement would not be applied in Germany so that the precedence of EU law over national law would be overturned. But this would be acceptable. Not only because the non-discrimination directive is now in force and thus the non-applicability of the ECJ Judgement would not entail any significant impacts on the legal unity in the EU, but even more because a judgement which dismissed a constitutional complaint would make it much more difficult, probably impossible, for the Federal Constitutional Court to control the ECJ in the future. It will be interesting to see what the German Federal Constitutional Court decides. Former German President Roman Herzog has acted as president of the Federal Constitutional Court of Germany and chaired the convention drafting the European Union Charter of Fundamental Right. Lüder Gerken is Director of the Centre for European Policy. COMUNICATO STAMPA DEL PARLAMENTO EUROPEO - LA CARTA UE DEI DIRITTI FONDAMENTALI: L'ESSENZA DELL'IDENTITÀ EUROPEA 12-12-2007 Alla vigilia della firma del Trattato di Lisbona, i presidenti di Parlamento, Commissione e Consiglio UE hanno firmato solennemente la Carta dei diritti fondamentali che lo stesso trattato rende vincolante. Il Presidente Pöttering ha sottolineato che, affermando la centralità della dignità umana, essa rappresenta l'essenza dell'unificazione europea e indica la via per un futuro comune di pace. Ha anche ammonito che, nella comunità di valori che è l'UE, non ci sono diritti senza doveri. «Per i cittadini oggi è un giorno di gioia» è quanto ha affermato il Presidente del Parlamento Hans-Gert Pöttering aprendo la seduta solenne dedicata alla firma della Carta dei diritti fondamentali. Cinquant'anni dopo la creazione della Comunità europea, fondata sulle rovine della seconda guerra mondiale, ha sottolineato il Presidente, «celebriamo oggi i valori comuni che sono l'essenza stessa dell'identità europea». La Carta dei diritti fondamentali, ha proseguito, «è il simbolo del cammino che ci ha portato a un'Unione dei cittadini». Essa dimostra «cha abbiano tratto la principale lezione dalla storia europea: il rispetto della dignità dell'individuo, la salvaguardia della libertà che abbiamo conquistato, della pace e 29
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 della democrazia e lo Stato di diritto, sono ancora oggi il motore dell'unificazione europea». La libertà non può nascere senza il rispetto dei diritti degli altri, ha aggiunto il Presidente, e la pace non può sbocciare senza un equilibrio nella convivenza, «libertà, pace, diritto e benessere sociale, non sono possibile che assieme e non l'uno contro l'altro». Nell'Unione europea, ha aggiunto, «non è la forza che ha diritto, ma è il diritto ad avere la forza». E' questo, ha spiegato, «che conferisce alla nostra comunità di valori il suo volto moderno». Ha quindi esclamato che «solo il diritto garantisce a tutti la pace!». La caduta della cortina di ferro e l'adesione di dodici paesi all'Unione europea, ha affermato il Presidente, sono state possibili perché «il grido della libertà e della democrazia, la forza dell'esigenza di parità di diritti per tutti gli uomini, hanno vinto contro un'ideologia che disprezzava la persona umana». La Dichiarazione di Berlino, ha poi ricordato, proclama una cosa molto importante: «Noi cittadini dell'Unione europea siamo, per nostra felicità, uniti». E' infatti «per la nostra felicità», ha spiegato, «che libertà, democrazia e diritti umani per noi tutti, nell'Unione europea, sono diventati realtà». Nel proclamare solennemente la Carta, «abbiamo d'ora in avanti il grande dovere e la grande fortuna di fare capire ai 500 milioni di cittadini dell'UE e alle generazioni future, ciò che è l'essenza dell'unificazione europea». Dopo aver sottolineato che l'UE non è solamente «calcoli economici dei costi e dei benefici», ma anche una «comunità di valori»? Valori, la cui chiave di volta «è il rispetto inalienabile della dignità della persona» consacrato dall'articolo 1 della Carta, e che sono alla base dell'integrazione dell'Europa. E' per questa ragione, ha sottolineato il Presidente, che il riconoscimento, con forza vincolante, della Carta dei diritti fondamentali, «era per il Parlamento un elemento indispensabile di qualsiasi accordo sulla riforma dei trattati». E il Parlamento è riuscito a far valere la sua posizione: il riferimento alla Carta, iscritto all'articolo 6 del trattato, «le conferisce un carattere giuridicamente vincolante pari a quello del trattato stesso». L'uomo e la sua dignità, ha proseguito, «sono al centro della nostra politica» e l'UE «offre un quadro che ci permetterà di seguire la via pacifica di un futuro comune». Senza questa base chiaramente definita di valori, ha proseguito il Presidente, «l'Unione europea non ha futuro». E non avremmo «il diritto di esigere il rispetto dei diritti umani nel mondo se non riuscissimo a tradurre i nostri propri valori in diritto positivo nell'Unione europea». Come europei, ha invece insistito, «dobbiamo agire per difendere la dignità dell'uomo e il dialogo tra le culture, lo possiamo fare con la consapevolezza di ciò che siamo, ma dobbiamo farlo con una volontà indefessa: nessuno ci potrà ostacolare!». Dopo aver ricordato l'influenza svolta dal Parlamento nella definizione della Carta sin dai tempi della Convenzione, il Presidente ha sottolineato che essa consacra i diritti economici e sociali, ma anche quelli politici. Tutela inoltre i diritti fondamentali nei campi d'attività dell'UE e nell'applicazione del diritto comunitario. Grazie alla Carta, tutti i cittadini dell'Unione potranno appellarsi alla Corte di giustizia. Ha quindi auspicato che essa sarà presto applicabile in tutti gli Stati membri. A questo proposito ha lanciato un appello: «i diritti umani e i diritti fondamentali sono indivisibili, nell'interesse di tutti i cittadini dell'UE, tutti gli Stati membri dovrebbero aderire alla Carta». 30
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Il Presidente ha poi sottolineato che se, da un lato, la proclamazione della Carta conferisce ai cittadini il potere di far valere i propri diritti, dall'altro è anche l'occasione di prendere coscienza che hanno anche dei doveri nei confronti della comunità degli europei, del mondo e delle generazioni future». «Non ci sono diritti senza doveri, poiché è la solidarietà che ci unisce». Stiamo costruendo un'Unione di cittadini, ha concluso il Presidente, e la proclamazione della carta apporta all'UE fondamenta solide. Dimostra inoltre che la nostra comunità di valori «è viva e prospera». «E' una grande vittoria per i cittadini europei!». «Oggi 12 dicembre sarà d'ora in poi una data fondamentale della storia europea», ha esordito il Presidente del Consiglio José SÓCRATES, affermando che questa è la cerimonia più importante alla quale abbia partecipato in tutta la sua carriera politica. Come europeo e portoghese, si è detto quindi particolarmente onorato di firmare la Carta dei diritti fondamentali, sottolineando che è proprio sotto presidenza portoghese, nel 2000, che erano iniziati i lavori per la sua stesura. La Carta, ha proseguito, è «un impegno che contiene i valori di base della civiltà europea», facendo leva sulla dignità dell'uomo. Dopo aver ricordato che il trattato prevede l'adesione dell'UE alla Convenzione sui diritti umani del Consiglio d'Europa, il Primo ministro ha sottolineato che, a partire da oggi, i diritti fondamentali «diventano in modo irreversibile patrimonio comune della civiltà europea». Si tratta anche di un importante strumento che orienterà l'azione politica e legislativa delle istituzioni europee e dimostra ai cittadini che l'UE è al loro servizio. Prevede diritti sociali, nel campo professionale e della previdenza, è la Carta dell'uguaglianza contro ogni discriminazione, pone particolare attenzione ai bambini, agli anziani e alla parità di genere, comprende norme sui dati personali e contempla le libertà economiche. E' inoltre «fedele alla nostre tradizioni» e, in proposito, ha salutato con favore l'accordo cui è giunto il Consiglio UE sulla proclamazione di una giornata europea contro la pena di morte. La Carta, inoltre, concilia i diritti dei cittadini con quello dei singoli, toccando anche i cittadini non europei. Il Primo Ministro, sottolineando che un mondo migliore è quello dove sono rispettati questi diritti, ha poi sostenuto che la Carta è anche al servizio della politica estera europea e rappresenta «un faro per l'UE sulla scena internazionale». Con la Carta i cittadini possono riconoscersi in un'Unione che è un progetto di pace e democrazia, dove i diritti dei singoli sono rispettati. Ha quindi evidenziato che la proclamazione della Carta ha un valore giuridico preciso: con essa diventa «una legge fondamentale a vantaggio di tutti». In un mondo globalizzato «in cui molti sostengono che le regole economiche siano assolute», ha aggiunto il Primo Ministro, il riconoscimento della Carta UE è un contributo notevole alla regolamentazione della globalizzazione. Vincolando gli Stati membri e le istituzioni UE al suo rispetto, la Carta ne limita i poteri a favore dei cittadini, nel rispetto della sussidiarietà e rafforzando la natura democratica dell'Unione europea. La difesa dei diritti fondamentali, che diventa parte del «codice genetico dell'UE», dovrà essere realizzata ogni giorno, da parte degli Stati, delle Istituzioni, della società civile, delle imprese, dei sindacati e dei singoli cittadini. Si tratta di un impegno a favore del rispetto e dell'applicazione di principi nell'azione quotidiana. «Solo così saremo infatti degni delle nostre tradizioni». José Manuel Barroso, Presidente della Commissione europea, ha sottolineato anzitutto l'elevato significato della proclamazione, «che consacra la cultura dei 31
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 diritti dell'Unione europea». Con la firma della Carta dei diritti fondamentali, ha aggiunto, le tre Istituzioni europee ribadiscono il loro impegno e permettono di realizzare un importante passo avanti rendendola vincolante e dandole lo stesso valore giuridico dei trattati. La Carta ha aggiunto, porta concreti benefici per i cittadini, mette al centro la dignità umana e prevede le classiche libertà civili (di espressione, di religione, non discriminazione, ecc.), i diritti sociali e economici, dei lavoratori e delle parti sociali. Ma introduce anche nuovi diritti come quello alla tutela dei dati personali e quelli relativi alla bioetica. La Carta, ha proseguito, promuove l'ancoraggio dell'UE a una vera cultura dei diritti fondamentali che dovranno essere rispettati dalle Istituzioni in tutte le loro azioni. «Può sembrare facile», ha spiegato, «ma si tratta in realtà di una sfida quotidiana al fine di assicurare al meglio il rispetto delle libertà civili in tutte le politiche dell'Unione», legiferando sul mercato interno, nella gestione dell'immigrazione o negli sforzi per lottare contro il terrorismo. La Carta, ha aggiunto, è il primo documento giuridicamente vincolante prodotto a livello internazionale che raggruppi, in un testo unico, diritti politici e civici ma anche diritti economici e sociali, sottoposti allo stesso meccanismo giudiziario. Si tratta, senza dubbio, di «un successo importante di cui l'Unione deve essere orgogliosa». E' particolarmente significativo, ha poi sottolineato, che ciò sia possibile in questa nuova Europa ampliata che fu divisa da regimi totalitari e autoritari che non rispettavano i diritti umani. Un'Europa che oggi «è unita intorno ai valori della libertà e della solidarietà». Se uniamo i nostri sforzi per stimolare questa cultura dei diritti umani, «apporteremo un contributo essenziale a una vera Europa dei valori, tangibili e credibili agli occhi dei cittadini». Ha quindi concluso che, a partire da oggi, «l'Europa è ancora meglio attrezzata per vincere con successo la lotta per libertà, la pace e la democrazia». I tre presidenti hanno quindi firmato la Carta, nell'Aula è poi risuonato l'Inno europeo. BACKGROUND – STATUTO GIURIDICO E CAPITOLI DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI Il Consiglio europeo di giugno 2007 ha deciso di non includere il testo della Carta dei diritti fondamentali nel nuovo trattato. Nel mandato per la conferenza intergovernativa (CIG) era proposto solamente di farla figurare come una dichiarazione allegata al trattato. Su iniziativa dei rappresentanti del Parlamento alla CIG, invece, si è deciso di procedere a una vera e propria proclamazione solenne che è, allo stesso tempo, simbolica e formale. L'articolo del trattato che conferirà carattere giuridicamente vincolante alla Carta, infatti, farà riferimento a tale proclamazione. Il testo della Carta sarà inoltre pubblicato integralmente sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE. In merito al suo statuto giuridico, dando seguito alle insistenze del Parlamento, i capi di Stato e di governo hanno deciso di conferire alla Carta un carattere vincolante. Le sue disposizioni si applicano quindi alle istituzioni, organi e organismi dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri, ma «esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione». Pertanto, questi dovranno osservarne i principi e promuoverne l'applicazione. La Carta, peraltro, «non estende l'ambito di applicazione del diritto 32
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 dell'Unione al di là delle competenze dell'Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l'Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati». La Corte di giustizia dell'Unione europea, una volta ratificato il trattato di Lisbona, avrà il compito di assicurare che la Carta dei diritti fondamentali sia rispettata. In una risoluzione adottata il 29 novembre 2007 con 534 voti favorevoli, 85 contrari e 21 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato formalmente lo statuto giuridico della Carta, nella sua versione prevista dal nuovo trattato. Rispetto a quella del 2000, infatti, la Carta aveva già subìto delle lievi modifiche, in particolare per quanto riguarda le disposizioni sociali che erano state anch'esse approvate dal Parlamento nel 2003 (al termine dei lavori della Convenzione) e nel 2005 (dando il via libera alla Costituzione).Un protocollo allegato al trattato di Lisbona introduce delle misure specifiche per il Regno Unito e la Polonia che stabiliscono delle deroghe alle competenze della Corte di giustizia europea e dei tribunali nazionali per quanto riguarda la protezione dei diritti riconosciuti dalla Carta. Nella sua risoluzione del 29 novembre, il Parlamento ha chiesto a questi due Stati membri di «compiere ogni sforzo per poter comunque pervenire a un consenso sull'applicazione illimitata della Carta».La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riprende in un unico testo l'insieme dei diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei e di tutti coloro che vivono nel territorio dell'UE. Questi diritti sono raggruppati in sei grandi capitoli:Dignità: diritto alla vita, diritto all'integrità della persona, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato. Libertà: diritto alla libertà e alla sicurezza, rispetto della vita privata e della vita familiare, protezione dei dati di carattere personale, diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione e d'informazione, libertà di riunione e di associazione, libertà delle arti e delle scienze, diritto all'istruzione, libertà professionale e diritto di lavorare, libertà d'impresa, diritto di proprietà, diritto di asilo, protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione. TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE SCHUMAN DEL 9 MAGGIO 1950 La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. La Francia, facendosi da oltre vent'anni antesignana di un'Europa unita, ha sempre avuto per obiettivo essenziale di servire la pace. L'Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra. L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige l'eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l'azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania. A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l'azione su un punto limitato ma decisivo. Il governo francese propone di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi 33
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 europei. La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime. La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà si che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile. La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica. Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace. [...] Sarà così effettuata, rapidamente e con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all'instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni. Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace. Per giungere alla realizzazione degli obiettivi così definiti, il governo francese è pronto ad iniziare dei negoziati sulle basi seguenti. Il compito affidato alla comune Alta Autorità sarà di assicurare entro i termini più brevi: l'ammodernamento della produzione e il miglioramento della sua qualità; la fornitura, a condizioni uguali, del carbone e dell'acciaio sul mercato francese e sul mercato tedesco nonché su quelli dei paese aderenti; lo sviluppo dell'esportazione comune verso gli altri paesi; l'equiparazione verso l'alto delle condizioni di vita della manodopera di queste industrie. […] La circolazione del carbone e dell'acciaio tra i paesi aderenti sarà immediatamente esentata da qualsiasi dazio doganale e non potrà essere colpita da tariffe di trasporto differenziali. Ne risulteranno gradualmente le condizioni che assicureranno automaticamente la ripartizione più razionale della produzione al più alto livello di produttività. Contrariamente ad un cartello internazionale, che tende alla ripartizione e allo sfruttamento dei mercati nazionali mediante pratiche restrittive e il mantenimento di profitti elevati, l'organizzazione progettata assicurerà la fusione dei mercati e l'espansione della produzione. I principi e gli impegni essenziali sopra definiti saranno oggetto di un trattato firmato tra gli stati e sottoposto alla ratifica dei parlamenti. I negoziati indispensabili per precisare le misure d'applicazione si svolgeranno con l'assistenza di un arbitro designato di comune accordo: costui sarà incaricato di verificare che gli accordi siano conformi ai principi e, in caso di contrasto irriducibile, fisserà la soluzione che sarà adottata. L'Alta Autorità comune, incaricata del funzionamento dell'intero regime, sarà composta di personalità indipendenti designate su base paritaria dai governi; un presidente sarà scelto di comune accordo dai governi; le sue decisioni saranno esecutive in Francia, Germania e negli altri paesi aderenti. Disposizioni appropriate assicureranno i necessari mezzi di ricorso contro le decisioni dell'Alta Autorità. Un rappresentante delle Nazioni Unite presso detta autorità sarà incaricato di preparare due volte l'anno una relazione pubblica per l'ONU, nella quale renderà conto del 34
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 funzionamento del nuovo organismo, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia dei suoi fini pacifici. L'istituzione dell'Alta Autorità non pregiudica in nulla il regime di proprietà delle imprese. Nell'esercizio del suo compito, l'Alta Autorità comune terrà conto dei poteri conferiti all'autorità internazionale della Ruhr e degli obblighi di qualsiasi natura imposti alla Germania, finché tali obblighi sussisteranno. INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO DAVANTI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA - LUSSEMBURGO, 4 FEBBRAIO 2009 Signor Presidente, Signori Giudici e Avvocati Generali, (…) Fin dal momento in cui si delineò il progetto di un nuovo europeismo, all'indomani di quella vera e propria dichiarazione d'intenti e di volontà che è rimasta legata al nome di Robert Schuman, si levò a Roma, dal Parlamento, anche se in un clima di acceso scontro politico, la voce del consenso e dell'auspicio per "la costruzione di un primo nucleo federale tra i paesi continentali democratici dell'Europa occidentale". E nel dicembre 1951 fu per iniziativa di Alcide De Gasperi che venne postulata nel disegno di Trattato per una Comunità europea di Difesa la creazione di istituzioni politiche comuni e innanzitutto di un'Assemblea rappresentativa eletta a suffragio universale. Alla formulazione di quella norma concorse personalmente Altiero Spinelli. Non stupisca questo mio richiamo alle origini. Da un lato intendo così sottolineare come l'Italia fu parte integrante dell'avvio della costruzione europea, la cui linea ispiratrice sostenne da allora, per decenni, con determinazione e coerenza, sulla base di una crescente condivisione in Parlamento. E nello stesso tempo considero essenziale un richiamo a quella visione originaria, perché essa costituisce la bussola da non smarrire nella fase complessa, incerta e altamente impegnativa che l'Unione europea sta attraversando. Parlo di una visione che andava al di là di ogni tradizionale esperienza di alleanza e cooperazione tra Stati sovrani, postulando una "parziale fusione di sovranità", al servizio dell'interesse comune europeo e attraverso istituzioni nuove anche di carattere sovranazionale. Era quel che avevano intuito uomini lungimiranti che nel redigere, tra il 1946 e il 1947, la Costituzione italiana introdussero la previsione di un consenso, "in condizioni di parità con altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni". Questo divenne, anni dopo, precisamente l'ordinamento comunitario per l'Europa : e quell'articolo 11 della Costituzione avrebbe permesso all'Italia democratica di parteciparvi a pieno titolo nel lungo periodo. Fu in effetti a un vero e proprio processo di integrazione, su basi democratiche, senza precedenti nella storia europea, che si intese dar luogo, da parte di sei grandi e piccoli Stati, nel 1950-51. Quella scelta venne poi messa in questione in seno alla stessa Comunità a sei, che pure era riuscita a superare la crisi del fallimento della CED e a rilanciarsi vigorosamente con la Conferenza di Messina e i Trattati di Roma: venne messa in 35
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 questione con l'avvento in Francia del generale De Gaulle, con il suo attaccamento all'idea di una "Europa degli Stati" e con la crisi della "sedia vuota". Con i successivi allargamenti della Comunità, a cominciare da quello che sancì l'adesione del Regno Unito, riserve di fondo rispetto alla logica e al conseguente sviluppo di un processo d'integrazione sarebbero tornate a farsi sentire e a pesare sul cammino dell'unità europea. Tuttavia, grazie all'impulso dell'Atto unico del 1986 quel cammino si è fatto via via più sicuro ; e si può ben affermare che a partire dal Trattato di Maastricht si sono realizzati sostanziali approfondimenti, col passaggio dalla Comunità all'Unione, tanto da poter farci dire che il processo d'integrazione europea è entrato da allora in uno stadio avanzato. Questo hanno significato innanzitutto la nascita della moneta unica - a coronamento della lunga e laboriosa impresa della costruzione del mercato interno - e la creazione di una nuova istituzione sovranazionale come la Banca Centrale Europea, che segnò la rinuncia alla sovranità monetaria da parte degli Stati membri. E di grande significato è stato nello stesso tempo anche l'aprirsi dei cantieri della politica estera e di sicurezza comune e della cooperazione negli affari interni e di giustizia : pur frenandosi la comunitarizzazione di questi nuovi settori, intesi come distinti "pilastri", si fecero passi decisivi nella prospettiva di una Unione politica. Così come di indubbio valore nello stesso senso è stato il graduale, rilevante accrescimento dei poteri del Parlamento europeo eletto a suffragio universale, altra grande istituzione di tipo sovranazionale. Quella dell'integrazione europea è stata dunque, nell'arco di oltre cinquant'anni, una strada faticosa, non lineare, fatta di alti e bassi, nel corso della quale l'autorità più importante "inventata" al fine di segnare un nuovo inizio per l'Europa, e cioè la Commissione di Bruxelles, è passata attraverso periodi di più forte iniziativa e di più ampio riconoscimento e periodi meno brillanti, di minore incisività e di maggiore difficoltà rispetto a ricorrenti contestazioni. Si può ben dire che la Corte di Giustizia è stata l'istituzione che più di ogni altra ha tenuto fermo il timone della visione originaria della costruzione europea e ne ha garantito il graduale, deciso progredire. Come ha di recente detto, parlando a Parma, Jacques Delors "l'Europa di Robert Schuman non sarebbe stata possibile senza la giurisprudenza". E' il diritto, è la giurisprudenza - egli ha sottolineato - che ha posto su basi nuove - pacifiche, di reciproca comprensione, di rispetto di regole comuni - i rapporti tra gli Stati riconosciutisi nel progetto europeo. E' "il diritto che deve restare alle fondamenta della costruzione europea".Nel dibattito pubblico sulle vicende dell'Europa unita, e anche nelle analisi più attente, questo ruolo della Corte di Lussemburgo, della giurisprudenza che essa ha via via sapientemente espresso, non è stato e non è sufficientemente compreso e valorizzato. Eppure, per comprenderlo basta pensare a come questa giurisprudenza abbia concorso alla formazione del diritto vivente, interpretando i Trattati, presiedendo alla loro attuazione, anticipandone gli sviluppi impliciti e possibili, costruendo il sistema giuridico comunitario, definendo le pietre angolari dell'Europa unita come comunità di diritto. Basta pensare ai principi-chiave che essa ha sancito - il primato del diritto comunitario e la sua efficacia diretta : che ha sancito in particolare con le decisive sentenze del 1963 e 36
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 '64, cui contribuì - mi piace ricordarlo - in modo incisivo, per convinzione e per dottrina, l'italiano Alberto Trabucchi. Ed egualmente, dovrebbe essere ben presente il ruolo della giurisprudenza affermatasi in questa Corte nel garantire la tutela, al più alto livello e con mezzi adeguati, dei diritti dei cittadini, dei diritti che nello svolgimento delle sue premesse il diritto comunitario andava riconoscendo. (…) SENTENZA DELLA CORTE DEL 5 FEBBRAIO 1963. - Nv algemene transport - en expeditie onderneming van gend en loos e l'amministrazione olandese delle imposte. - (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dalla tariefcommissie di amsterdam il 16 agosto 1962). - causa 26/62. Parole chiave 1 . Procedura - pronuncia in via pregiudiziale - competenza della corte - fondamento - interpretazione del trattato ( trattato cee, articolo 177 a ) 2 . Procedura - pronuncia in via pregiudiziale - questione sottoposta - scelta - rilevanza ( trattato cee, articolo 177 a ) 3 . Comunita economica europea - natura - titolari di diritti soggetti ad obblighi - privati cittadini 4 . Stati membri della cee - obblighi - inadempienze - fori nazionali - diritti dei privati cittadini ( trattato cee, articoli 169 e 170 ) 5 . Dazi doganali - maggiorazione - divieto - effetti immediati - diritti individuali - tutela 6 . Dazi doganali - maggiorazione - accertamento - dazi applicati - concetto ( trattato cee, articolo 12 ) 7 . Dazi doganali - maggiorazione - concetto ( trattato cee, articolo 12 ) Massima 1 . Per fondare la competenza della corte a pronunciarsi in via pregiudiziale e necessario e sufficiente che dalla questione sottoposta risulti in modo giuridicamente idoneo che si tratta della interpretazione del trattato . 2 . Allorche la corte e chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale, sfuggono al suo apprezzamento le considerazioni che han potuto determinare la scelta delle questioni da parte del giudice nazionale ed altresi' la rilevanza che le questioni stesse possono avere nella lite davanti ad esso pendente . 3 . La comunita economica europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale a favore del quale gli stati membri hanno rinunziato, se pure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli stati membri, ma pure i loro cittadini . Il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emanate dagli stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi . Tali diritti sorgono non soltanto allorche il trattato espressamente li menziona, ma anche quale contropartita di precisi obblighi che il trattato impone ai singoli, agli stati membri ed alle istituzioni comunitarie . 37
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 4 . La circostanza che gli articoli 169 e 170 del trattato cee consentano alla commissione ed agli stati membri di convenire davanti alla corte lo stato che venga meno ai suoi obblighi, non implica che ai singoli sia precluso di far valere davanti al giudice nazionale la violazione di tali obblighi . 5 . Secondo lo spirito e la struttura del trattato, l' articolo 12 ha valore precettivo ed attribuisce ai singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . 6 . Dalla lettera e dallo spirito dell' articolo 12 del trattato emerge che per stabilire se un dazio doganale o una tassa di effetto equivalente sia stato maggiorato in spregio al divieto ivi sancito, si deve aver riguardo al dazio o alla tassa effettivamente applicata alla data dell' entrata in vigore del trattato. 7 . Ai sensi dell' articolo 12 del trattato costituisce un illecito aumento la tassazione, dopo l' entrata in vigore del trattato, d' un prodotto ad un' aliquota piu elevata, senza riguardo al fatto se tale maggior aggravio dipenda da una vera e propria maggiorazione del dazio doganale oppure da una rielaborazione della tariffa che abbia come effetto la classificazione del prodotto sotto una voce colpita da un dazio piu elevato . Parti Nel procedimento 26-62 Avente ad oggetto la richiesta rivolta alla corte, ai sensi dell' articolo 177, 1) comma, lettera a ) e 3 ) comma del trattato istitutivo della comunita economica europea, dalla tariefcommissie, supremo foro olandese in materia fiscale, e diretta ad ottenere, nella causa davanti ad essa vertente fra La n.v . Algemene transport - en expeditie onderneming van gend en loos, Con sede in utrecht, rappresentata dagli avvocati h.g . Stibbe e l.f.d . Ter kuile, ambedue del foro di amsterdam, con domicilio eletto a lussemburgo, presso il consolato generale dei paesi bassi E L' amministrazione olandese delle imposte, Rappresentata dall' ispettorato dei dazi d' importazione e delle imposte di consumo di zaandam, con domicilio eletto a lussemburgo, presso l' ambasciata dei paesi bassi, Oggetto della causa Che siano risolte in via pregiudiziale le seguenti questioni : 1 . Se l' articolo 12 del trattato cee abbia effetto interno, in altre parole, se i cittadini degli stati membri possano trarre direttamente da detto articolo dei diritti che il giudice e tenuto a tutelare, 2 . In caso affermativo, se l' applicazione del dazio dell' 8 percento all' ureoformaldeide, proveniente dalla repubblica federale di germania, importata nei paesi bassi dalla ricorrente nella causa principale, costituisca un aumento illecito ai sensi dell' articolo 12 del trattato cee, ovvero si tratti semplicemente di una ragionevole modifica della disciplina in vigore anteriormente al 1 ) marzo 1960, modifica che, pur implicando un aumento in senso aritmetico, non si deve ritenere vietata dall' articolo 12, Motivazione della sentenza I - il procedimento Sotto l' aspetto processuale, la domanda di decisione pregiudiziale rivolta alla corte, a norma dell' articolo 177 del trattato cee, dalla tariefcommissie, supremo 38
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 foro in materia fiscale a cio' legittimato dallo stesso articolo, non ha costituito oggetto di eccezioni, ne da luogo a rilievi d' ufficio . Ii - la prima questione A - sulla competenza della corte Il governo olandese e il governo belga contestano che la corte sia competente, sostenendo che la domanda verte non gia sull' interpretazione del trattato, bensi' sulla sua applicazione nell' ambito del diritto costituzionale olandese . Piu precisamente, la corte non sarebbe competente a statuire sull' eventuale prevalenza del trattato cee rispetto al diritto interno olandese o ad altri trattati stipulati dai paesi bassi e recepiti nel loro ordinamento giuridico . Tale questione sarebbe di esclusiva competenza dei giudici nazionali, salve restando le possibilita di ricorso a norma degli articoli 169 e 170 del trattato . La corte osserva che, nella specie, non le si chiede affatto di applicare il trattato in base ai principi del diritto interno olandese, il che rimane di competenza dei giudici nazionali, bensi' di pronunciarsi esclusivamente, in conformita all' articolo 177 a ) del trattato, sull' interpretazione dell' articolo 12 del trattato stesso nell' ambito del diritto comunitario e sotto il profilo della sua incidenza sui singoli . Questa eccezione manca quindi di giuridico fondamento . Il governo belga eccepisce ancora l' incompetenza della corte, sostenendo che la soluzione della prima questione sollevata sarebbe senza rilievo sulla definizione della lite pendente davanti alla tariefcommissie . La corte rileva che, nella presente controversia, ai fini della competenza e necessario e sufficiente che la questione pregiudiziale verta sull' interpretazione del trattato, mentre sfuggono al suo apprezzamento le considerazioni che hanno potuto determinare la scelta delle questioni da parte del giudice nazionale, e altresi' la rilevanza che le questioni stesse possono avere, a giudizio della tariefcommissie, nella lite davanti ad essa pendente . Il tenore delle questioni sottoposte alla corte indica che esse riguardano l' interpretazione del trattato e rientrano percio' nella competenza di questo collegio . Pertanto questa eccezione e del pari infondata . B - nel merito La prima questione deferita alla corte dalla tariefcommissie consiste nello stabilire se l' articolo 12 del trattato abbia efficacia immediata negli ordinamenti interni degli stati membri, attribuendo ai singoli dei diritti soggettivi che il giudice nazionale ha il dovere di tutelare . Per accertare se le disposizioni di un trattato internazionale abbiano tale valore, si deve aver riguardo allo spirito, alla struttura ed al tenore di esso . Lo scopo del trattato cee, cioe l' instaurazione di un mercato comune il cui funzionamento incide direttamente sui soggetti della comunita, implica che esso va al di la di un accordo che si limitasse a creare degli obblighi reciproci fra gli stati contraenti . Cio' e confermato dal preambolo del trattato il quale, oltre a menzionare i governi, fa richiamo ai popoli e, piu concretamente ancora, dalla instaurazione di organi investiti istituzionalmente di poteri sovrani da esercitarsi nei confronti sia degli stati membri sia dei loro cittadini . Va poi rilevato che i cittadini degli stati membri della comunita collaborano, attraverso il parlamento europeo e il comitato economico e sociale, alle attivita della comunita stessa . Oltraccio', la funzione attribuita alla corte di giustizia dall' articolo 177, funzione il cui scopo e di 39
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 garantire l' uniforme interpretazione del trattato da parte dei giudici nazionali, costituisce la riprova del fatto che gli stati hanno riconosciuto al diritto comunitario un' autorita tale da poter esser fatto valere dai loro cittadini davanti a detti giudici . In considerazione di tutte queste circostanze si deve concludere che la comunita costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli stati membri ma anche i loro cittadini . Pertanto il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emananti dagli stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi . Si deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi obblighi imposti dal trattato ai singoli, agli stati membri o alle istituzioni comunitarie . Tenuto conto della struttura del trattato in materia di dazi doganali e di tasse di effetto equivalente, va rilevato che l' articolo 9 - secondo il quale la comunita e fondata su un' unione doganale - sancisce come principio fondamentale il divieto di tali dazi e tasse . Questa disposizione, collocata all' inizio della seconda parte del trattato che definisce i " fondamenti della comunita ", viene concretata e attuata dall' articolo 12 . Il disposto dell' articolo 12 pone un divieto chiaro e incondizionato che si concreta in un obbligo non gia di fare, bensi' di non fare . A questo obbligo non fa riscontro alcuna facolta degli stati di subordinarne l' efficacia all' emanazione di un provvedimento di diritto interno . Il divieto dell' articolo 12 e per sua natura perfettamente atto a produrre direttamente degli effetti sui rapporti giuridici intercorrenti fra gli stati membri ed i loro amministrati. Per la sua attuazione, quindi, l' articolo 12 non richiede interventi legislativi degli stati . Il fatto, poi, che questo stesso articolo designi gli stati membri come soggetti dell' obbligo di non fare non significa affatto che gli amministrati non se ne possano avvalere . L' argomento che i tre governi che han depositato osservazioni scritte traggono dagli articoli 169 e 170 del trattato e del resto infondato . La circostanza che gli or citati articoli consentano alla commissione e agli stati membri di convenire davanti alla corte lo stato che sia venuto meno ai suoi obblighi non implica infatti che ai singoli sia precluso di far valere gli obblighi stessi davanti al giudice nazionale, precisamente come quando il trattato fornisce alla commissione i mezzi per imporre agli amministrati l' osservanza dei loro obblighi, non esclude con cio' la possibilita che, nelle controversie fra singoli davanti ad un giudice nazionale, questi possano far valere la violazione di tali obblighi. Ove le garanzie contro la violazione dell' articolo 12 da parte degli stati membri venissero limitate a quelle offerte dagli articoli 169 e 170, i diritti individuali degli amministrati rimarrebbero privi di tutela giurisdizionale diretta . Inoltre, il ricorso a detti articoli rischierebbe di essere inefficace qualora dovesse intervenire solo dopo l' esecuzione di un provvedimento interno adottato in violazione delle norme del trattato . La vigilanza dei singoli, interessati alla salvaguardia dei loro diritti, costituisce d' altronde un efficace controllo che si aggiunge a quello che gli articoli 169 e 170 affidano alla diligenza della commissione e degli stati membri . 40
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Dalle considerazioni che precedono emerge che, secondo lo spirito, la struttura ed il tenore del trattato, l' articolo 12 ha valore precettivo ed attribuisce ai singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . III - la seconda questione A - sulla competenza della corte I governi belga e olandese sostengono che il modo in cui la questione e formulata richiederebbe che la corte esaminasse la classificazione tariffaria dell' ureoformaldeide importata nei paesi bassi, ed in merito alla quale la van gend en loos e l' ispettorato dei dazi d' importazione e delle imposte di consumo di zaandam sostengono opinioni contrastanti con riguardo al " tariefbesluit " del 1947; che, data la sua impostazione, il problema non verterebbe sull' interpretazione del trattato, bensi' sull' applicazione delle norme doganali olandesi alla classificazione degli aminoplasti, il che esulerebbe dai poteri che l' articolo 177 a ) attribuisce a questo collegio; la domanda della tariefcommissie esorbiterebbe quindi dalla competenza della corte . La corte osserva che la questione sottoposta dalla tariefcommissie si risolve in sostanza nello stabilire se, sotto l' aspetto giuridico, un aumento effettivo del dazio doganale gravante su una determinata merce, conseguente non alla modifica dell' aliquota, ma ad una nuova classificazione della merce imposta da mutati criteri tariffari, contravvenga al divieto di cui all' articolo 12 del trattato . Sotto questo aspetto, la questione verte sull' interpretazione di detto articolo e piu precisamente sulla portata della nozione di dazi applicati anteriormente all' entrata in vigore del trattato . La corte e quindi competente a risolvere la questione . B - nel merito Dalla lettera e dallo spirito dell' articolo 12 del trattato emerge che, per stabilire se un dazio doganale, o una tassa di effetto equivalente, siano stati aumentati in ispregio al divieto ivi sancito, si deve aver riguardo al dazio, o alla tassa, effettivamente applicati alla data dell' entrata in vigore del trattato. D' altro lato, l' aumento illecito puo' dipendere tanto da una rielaborazione della tariffa che abbia come effetto la classificazione della merce sotto una voce colpita da un dazio piu elevato, quanto da una vera e propria maggiorazione del dazio doganale . Qualora, in uno stato membro, la stessa merce sia stata colpita, successivamente all' entrata in vigore del trattato, da un dazio piu elevato, ha scarso rilievo il modo in cui l' aumento e avvenuto . L' applicazione al caso concreto dell' articolo 12, in conformita alla interpretazione dinanzi datane, rientra nella competenza del giudice nazionale, il quale dovra stabilire se la merce di cui trattasi ( nella specie l' ureoformaldeide proveniente dalla repubblica federale di germania ) sia colpita, in forza di norme doganali poste in vigore nei paesi bassi, da un dazio d' importazione superiore a quello che ad essa si applicava il 1 ) gennaio 1958 . La corte non ha competenza per accertare quale delle contrastanti affermazioni fatte a tal proposito in corso di causa sia fondata e deve rimettersi su cio' ai giudici nazionali . Decisione relativa alle spese Le spese sostenute dalla commissione della cee e dai governi degli stati membri che hanno depositato osservazioni non possono dar luogo a rifusione . Nei confronti delle parti in causa, l' attuale giudizio ha il carattere di un incidente 41
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 sollevato nella lite pendente davanti alla tariefcommissie : a questa spetta quindi provvedere sulle spese . Dispositivo La corte Statuendo sulla domanda sottopostale in via pregiudiziale dalla tariefcommissie, con ordinanza del 16 agosto 1962, dichiara : 1 ) l' articolo 12 del trattato istitutivo della comunita economica europea ha valore precettivo ed attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . 2 ) per stabilire se un dazio doganale, o una tassa di effetto equivalente, siano stati aumentati in ispregio al divieto sancito dall' articolo 12 del trattato, si deve aver riguardo al dazio, o alla tassa, effettivamente applicati dallo stato membro di cui trattasi all' atto dell' entrata in vigore del trattato . L' aumento puo' essere stato causato tanto da una rielaborazione della tariffa cui consegua la classificazione della merce sotto una voce colpita da un dazio piu elevato, quanto dalla maggiorazione del dazio doganale . 3 ) spetta alla tariefcommissie provvedere sulle spese del presente giudizio SENTENZA DELLA CORTE DEL 15 LUGLIO 1964 Flaminio costa contro l'e.n.e.l.. - (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dal giudice conciliatore di milano). - causa 6/64. Parole chiave 1 . Procedura - decisione pregiudiziale - competenza della corte - interpretazione ( trattato cee, art . 177 ) 2 . Procedura - decisione pregiudiziale - competenza della corte - limiti ( trattato cee, art . 177 ) 3 . Comunita cee - ordinamento giuridico comunitario - carattere particolare - rango rispetto agli ordinamento giuridici nazionali - prevalenza delle norme comunitarie - limitazione definitiva dei poteri sovrani degli stati membri 4 . Stati membri della cee - impegni verso la comunita che li vincolano in quanto stati - sorveglianza obbligatoria da parte della commissione - impossibilita per i singoli di denunciare l' inadempienza di uno stato determinato ovvero la carenza della commissione 5 . Ravvicinamento delle legislazioni - distorsioni da evitare - procedura - nessun diritto dei singoli ( trattato cee, art . 102 ) 6 . Aiuti concessi dagli stati - eliminazione - procedura - nessun diritto dei singoli ( trattato cee, artt . 92, 93 ) 7 . Stati membri della cee - obbligo perfetto imposto dal trattato - nozione - diritti individuali dei singoli - loro tutela da parte dei giudici nazionali 8 . Liberta di stabilimento - restrizioni - eliminazione - divieto di nuove misure restrittive - natura di tale divieto - conseguenze - diritti individuali dei singoli - loro tutela da parte dei giudici nazionali ( trattato cee, artt . 52, 53 ) 9 . Liberta di stabilimento - restrizioni - eliminazione - divieto di nuove misure restrittive - osservanza di tale obbligo ( trattato cee, art . 53 ) 42
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 10 . Restrizioni quantitative - eliminazione - monopoli nazionali a carattere commerciale - divieto di nuove misure restrittive - diritti individuali dei singoli - loro tutela da parte dei giudici nazionali ( trattato cee, art . 37 ) 11 . Restrizioni quantitative - eliminazione - monopoli a carattere commerciale - divieto - oggetto - sindacato giurisdizionale ( trattato cee, art . 37 ) Massima 1 . Pronunciandosi in via pregiudiziale, la corte non puo' applicare il trattato a un caso determinato, ne statuire sulla compatibilita di una norma giuridica interna col trattato stesso, come invece le sarebbe possibile in virtu dell' articolo 169 . Ove il provvedimento di rinvio sia formulato in modo impreciso, essa puo' desumerne soltanto le questioni riguardanti l' interpretazione del trattato . 2 . L' articolo 177 e basato sulla netta separazione tra la competenza dei giudici nazionali e quella della corte e non consente a quest' ultima di esaminare i fatti, ne di sindacare i moventi o gli scopi del rinvio . 3 . A differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato cee ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell' ordinamento giuridico degli stati membri all' atto dell' entrata in vigore del trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare . Istituendo una comunita senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalita, di capacita giuridica, di capacita di rappresentanza sul piano internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli stati alla comunita, questi hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi . Tale integrazione nel diritto di ciascuno stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie e, piu in generale, lo spirito e i termini del trattato, hanno per corollario l' impossibilita per gli stati di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocita, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non e opponibile all' ordinamento stesso . Scaturito da una fonte autonoma, il diritto nato dal trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa comunita . Il trasferimento, effettuato dagli stati a favore dell' ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro poteri sovrani . 4 . La commissione e tenuta a far rispettare dagli stati membri gli impegni assunti col trattato, impegni che li vincolano in quanto stati senza attribuire dei diritti agli amministrati; detto obbligo della commissione non implica tuttavia per i singoli il diritto di denunciare, nell' ambito del diritto comunitario e attraverso l' articolo 177, l' inadempienza di uno stato determinato ne la carenza della commissione . 5 . L' articolo 102 del trattato cee non contiene disposizioni che attribuiscano ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . 6 . L' articolo 93 del trattato cee non contiene disposizioni che attribuiscano ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . 7 . L' obbligo, imposto agli stati membri dal trattato cee, che non sia accompagnato da alcuna condizione ne subordinato, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all' 43
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 emanazione di alcun provvedimento da parte degli stati o della commissione e giuridicamente perfetto e, di conseguenza, atto a produrre effetti diretti nei rapporti fra gli stati membri e i loro cittadini . Un obbligo del genere e integrato nell' ordinamento giuridico degli stati membri, ha in questi valore imperativo e riguarda direttamente i loro cittadini ai quali attribuisce dei diritti individuali che i giudici nazionali devono tutelare . 8 . L' articolo 53 del trattato cee e una norma comunitaria che attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . 9 . Perche l' articolo 53 del trattato cee sia osservato e sufficiente che nessuna nuova misura sottoponga lo stabilimento dei cittadini degli altri stati membri a una disciplina piu rigorosa di quella riservata ai propri cittadini; e cio' a prescindere dal regime giuridico delle imprese . 10 . Tutte le disposizioni dell' articolo 37, n . 2, del trattato cee sono norme comunitarie che attribuiscono ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . 11 . L' articolo 37, n . 2, del trattato cee ha lo scopo di vietare qualsiasi nuova misura che sia in contrasto coi principi di cui all' articolo 37, n . 1, cioe qualsiasi misura avente quale oggetto, o conseguenza, una nuova discriminazione fra cittadini degli stati membri per quanto riguarda le possibilita di approvvigionamento e di smercio e cio' mediante monopoli o organismi i quali abbiano ad oggetto dei negozi su un prodotto commerciale che si presti alla concorrenza ed agli scambi fra stati membri ed inoltre abbia un peso reale negli scambi stessi . Spetta al giudice di merito apprezzare di volta in volta se l' attivita economica in esame riguardi un prodotto che, per sua natura e in considerazione delle esigenze tecniche o internazionali cui e sottoposto, possa avere un certo rilievo nelle importazioni o esportazioni fra cittadini degli stati membri . Parti Nel procedimento 6/64, Avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale presentata, a norma dell' art . 177 del trattato cee, dal giudice conciliatore di milano e diretta ad ottenere l' interpretazione degli artt . 102, 93, 53 e 37 di detto trattato nella causa dinanzi ad esso proposta Dall' avv . Flaminio costa, Residente in milano, Contro L' e.n.e.l Ente nazionale energia elettrica, Motivazione della sentenza Con ordinanza 16 gennaio 1964, ritualmente trasmessa alla corte, il giudice conciliatore di milano, " visto l' art . 177 del trattato istitutivo della cee, in data 25 marzo 1957, recepito nell' ordinamento giuridico italiano con la legge 14 ottobre 1957 n . 1203, e ritenuto che la legge 6 dicembre 1962 n . 1643 ed i conseguenti relativi decreti presidenziali ... Violino gli artt . 102, 93, 53, 37 del trattato stesso ", ha sospeso il giudizio e ordinato la trasmissione degli atti di causa a questa corte . Sull' applicazione dell' articolo 177 Argomento tratto dalla formulazione della questione E' stato sostenuto che con la questione in esame si sarebbe voluto ottenere, attraverso l' art . 177, una pronunzia circa la compatibilita col trattato di una legge interna . 44
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Si deve peraltro ritenere che, a norma di detto articolo, i giudici nazionali le cui sentenze, come nel caso di specie, non sono impugnabili, devono chiedere alla corte di statuire in via pregiudiziale sull' " interpretazione del trattato ", qualora venga dinanzi ad essi sollevata una questione vertente su detta interpretazione . In base a tale disposizione, la corte non puo' applicare il trattato a un caso determinato, ne statuire sulla compatibilita di una norma giuridica interna col trattato stesso, come invece le sarebbe possibile in virtu dell' art . 169 . Percio', ove il provvedimento di rinvio sia formulato in modo impreciso, essa puo' desumerne soltanto le questioni riguardanti l' interpretazione del trattato . Nella specie, la corte non deve quindi statuire sulla compatibilita col trattato di una legge italiana, ma soltanto interpretare gli articoli sopra indicati, tenendo conto degli elementi giuridici esposti dal giudice conciliatore . Argomento relativo alla superfluita dell' interpretazione Si e opposto che il conciliatore di milano ha chiesto un' interpretazione del trattato che non sarebbe necessaria per dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente . La corte osserva che l' art . 177, basato sulla netta separazione tra la competenza dei giudici nazionali e quella della corte, non consente a quest' ultima di esaminare i fatti, ne di sindacare i moventi o gli scopi del rinvio . Argomento tratto dall' obbligo per il giudice di applicare la legge interna Il governo italiano ha eccepito l' " inammissibilita assoluta " della domanda del giudice conciliatore assumendo che il giudice nazionale, tenuto ad applicare la legge interna, non ha motivo di valersi dell' art . 177 . La corte rileva che, a differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato cee ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell' ordinamento giuridico degli stati membri all' atto dell' entrata in vigore del trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare . Infatti, istituendo una comunita senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalita, di capacita giuridica, di capacita di rappresentanza sul piano internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli stati alla comunita, questi hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi . Tale integrazione nel diritto di ciascuno stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie, e piu in generale, lo spirito e i termini del trattato, hanno per corollario l' impossibilita per gli stati di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocita, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potra essere opponibile all' ordine comune . Se l' efficacia del diritto comunitario variasse da uno stato all' altro in funzione delle leggi interne posteriori, cio' metterebbe in pericolo l' attuazione degli scopi del trattato contemplata nell' art . 5, secondo comma, e causerebbe una discriminazione vietata dall' art . 7 . Gli obblighi assunti col trattato istitutivo della comunita non sarebbero assoluti, ma soltanto condizionati, qualora le parti contraenti potessero sottrarsi alla loro osservanza mediante ulteriori provvedimenti legislativi . I casi in cui gli stati hanno diritto di agire unilateralmente sono espressamente indicati ( v . Ad es . Gli articolo 15, 93 n . 3, 223/225 ) e d' altronde le domande di deroga degli stati sono soggette a procedure d' autorizzazione ( v . Ad es . Gli articoli 8 n . 4, 17 n . 4, 25, 26, 73, 93 n 45
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 . 2, terzo comma, e 226 ) che sarebbero prive di significato qualora essi potessero sottrarsi ai loro obblighi mediante una semplice legge interna . La preminenza del diritto comunitario trova conferma nell' art . 189, a norma del quale i regolamenti sono obbligatori e direttamente applicabili in ciascuno degli stati membri . Questa disposizione, che non e accompagnata da alcuna riserva, sarebbe priva di significato se uno stato potesse unilateralmente annullarne gli effetti con un provvedimento legislativo che prevalesse sui testi comunitari . Dal complesso dei menzionati elementi discende che, scaturito da una fonte autonoma, il diritto nato dal trattato non potrebbe, in ragione appunto della sua specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa comunita . Il trasferimento, effettuato dagli stati a favore dell' ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema della comunita, sarebbe del tutto privo di efficacia . L' art . 177 va quindi applicato, nonostante qualsiasi legge nazionale, tutte le volte che sorga una questione d' interpretazione del trattato . Le questioni sollevate dal giudice conciliatore a proposito degli artt . 102, 93, 53 e 37 sono dirette in primo luogo a far accertare se dette disposizioni abbiano efficacia immediata attribuendo ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare e, in caso affermativo, quale sia il loro significato . Sull' interpretazione dell' articolo 102 A norma dell' art . 102, qualora " vi sia motivo di temere " che l' adozione di un provvedimento legislativo provochi una " distorsione ", lo stato membro che intende procedervi " consulta la commissione " la quale puo' raccomandare agli stati le misure idonee ad evitare la temuta distorsione . Detto articolo, contenuto nel capitolo intitolato " ravvicinamento delle legislazioni ", tende ad evitare che aumentino le divergenze fra le varie legislazioni nazionali per quanto riguarda le finalita del trattato . Con tali disposizioni gli stati membri hanno limitato la loro liberta d' iniziativa, accettando di sottoporsi ad un' appropriata procedura di consultazione . Obbligandosi esplicitamente a consultare preventivamente la commissione in tutti i casi in cui i loro progetti legislativi potrebbero determinare un rischio, sia pure lieve, di distorsione, gli stati hanno percio' assunto, verso la comunita, un impegno che li vincola in quanto stati, ma non attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . Dal canto suo, la commissione e tenuta a fare osservare detto articolo : quest' obbligo non implica tuttavia per i singoli il diritto di eccepire, nell' ambito del diritto comunitario e attraverso l' art . 177, l' inadempienza dello stato di cui trattasi ne la carenza della commissione . Sull' interpretazione dell' articolo 93 A norma dell' art . 93, nn . 1 e 2, la commissione procede con gli stati membri " all' esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in detti stati " al fine dell' adozione delle opportune misure richieste dal funzionamento del mercato comune . A norma del successivo n . 3, la commissione dev' essere informata tempestivamente dei progetti diretti a istituire o modificare aiuti; lo stato membro interessato non puo' 46
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 dare esecuzione ai provvedimenti progettati prima che sia esaurita la procedura comunitaria e, se del caso, definito il procedimento dinanzi alla corte . Queste disposizioni, contenute nella sezione del trattato intitolata " aiuti concessi dagli stati ", sono intese ad eliminare progressivamente gli aiuti esistenti e inoltre ad evitare che, con provvedimenti interni degli stati, vengano istituiti " sotto qualsiasi forma " nuovi aiuti atti a favorire direttamente o indirettamente, in modo sensibile, determinate imprese o determinate prodotti e che quindi alterino, o minaccino di alterare, la concorrenza . Con l' art . 92, gli stati hanno riconosciuto incompatibili col mercato comune gli aiuti in esame e si sono quindi implicitamente impegnati a non istituirne al di fuori delle deroghe previste dal trattato; con l' art . 93, tuttavia, essi hanno soltanto convenuto di sottoporsi ad appropriate procedure, sia per eliminare gli aiuti esistenti, sia per istituirne di nuovi . Obbligandosi in modo cosi' preciso ad informare " in tempo utile " la commissione dei loro progetti di aiuti e accettando di sottoporsi alle procedure contemplate nell' art . 93, gli stati hanno quindi assunto, verso la comunita, un impegno che li vincola in quanto stati, ma non crea direttamente per i singoli dei diritti soggettivi, eccezion fatta per l' ultima frase del paragrafo 3 di detto articolo, privo di rilevanza nella specie . Dal canto suo, la commissione e tenuta a fare osservare detto articolo, che la obbliga anche a procedere con gli stati all' esame permanente dei regimi di aiuti esistenti; detto obbligo non implica tuttavia per i singoli il diritto di eccepire, nell' ambito del diritto comunitario e attraverso l' art . 177, l' inadempienza dello stato di cui trattasi ne la carenza della commissione . Sull' interpretazione dell' articolo 53 A norma dell' art . 53, gli stati s' impegnano, fatte salve le disposizioni del trattato, a non introdurre nuove restrizioni allo stabilimento nel loro territorio di cittadini degli altri stati membri . L' obbligo in tal modo assunto dagli stati si risolve giuridicamente in una semplice astensione, non e accompagnato da alcuna condizione ne subordinato, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all' emanazione di alcun provvedimento da parte degli stati o della commissione . Esso e quindi completo, giuridicamente perfetto e, di conseguenza, atto a produrre effetti diretti nei rapporti fra gli stati membri ed i loro cittadini . Una proibizione cosi' formale, entrata in vigore col trattato in tutta la comunita e, di conseguenza, integrata nell' ordinamento giuridico degli stati membri, ha in questi valore imperativo e riguarda direttamente i loro cittadini ai quali attribuisce dei diritti individuali che i giudici nazionali devono tutelare . La richiesta interpretazione dell' art . 53 impone di considerare tale disposizione nel contesto del capitolo relativo al diritto di stabilimento in cui e collocata . Dopo aver sancito, all' art . 52, la graduale abolizione delle " restrizioni alla liberta di stabilimento dei cittadini di uno stato membro nel territorio di un altro stato membro ", detto capitolo stabilisce, all' art . 53, che gli stati membri non introdurranno " nuove restrizioni allo stabilimento nel loro territorio di cittadini degli altri stati membri ". Si tratta quindi di determinare entro quali limiti i cittadini degli altri stati membri godono della liberta di stabilimento . L' art . 52, secondo comma, precisa questo punto, dichiarando che detta liberta implica l' accesso alle attivita non salariate, come pure la costituzione e la gestione d' imprese " alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei 47
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 confronti dei propri cittadini ". Perche l' art . 53 sia osservato e quindi sufficiente che nessuna nuova misura sottoponga lo stabilimento dei cittadini degli altri stati membri a una disciplina piu rigorosa di quella riservata ai propri cittadini; e cio' a prescindere dal regime giuridico delle imprese . Sull' interpretazione dell' articolo 37 A norma dell' art . 37, n . 1, gli stati membri riordinano progressivamente i loro " monopoli nazionali a carattere commerciale " onde escludere, per quanto riguarda la possibilita d' approvvigionamento e di smercio, qualsiasi discriminazione fra cittadini degli stati membri . Al paragrafo 2 dello stesso articolo e inoltre sancito l' obbligo per gli stati membri di astenersi da qualsiasi nuova misura che sia in contrasto con la suddetta disposizione . Gli stati hanno quindi assunto un duplice obbligo : l' uno, positivo, riguarda il riordinamento dei monopoli nazionali; l' altro, negativo, concerne il divieto di nuove misure . L' interpretazione richiesta verte precisamente su questo secondo obbligo, come pure su quegli aspetti del primo che sono indispensabili per procedere a detta interpretazione . L' art . 37, n . 2, sancisce un obbligo assoluto che consiste non gia in un facere, bensi' in un non facere; esso non e accompagnato da alcuna riserva di subordinarne l' attuazione a un provvedimento interno . Per sua stessa natura, il divieto di cui trattasi e atto ad incidere direttamente sui rapporti giuridici fra gli stati membri e i cittadini . Una proibizione cosi' chiaramente espressa, entrata in vigore col trattato in tutta la comunita e, di conseguenza, integrata nell' ordinamento giuridico degli stati membri, ha in questi valore imperativo e riguarda direttamente i loro cittadini ai quali attribuisce dei diritti individuali che i giudici nazionali devono tutelare . La chiesta interpretazione dell' art . 37, in considerazione della complessita del testo e delle interferenze fra i paragrafi 1 e 2, rende necessario considerare questi ultimi nel contesto del capitolo in cui sono collocati . Detto capitolo ha per oggetto la " abolizione delle restrizioni quantitative fra gli stati membri ". Il richiamo dell' art . 37, n . 2, ai " principi enunciati nel paragrafo 1 " ha percio' lo scopo di impedire l' introduzione di qualsiasi nuova " discriminazione fra cittadini degli stati membri " per quanto riguarda le possibilita di approvvigionamento e di smercio . Precisato in tal modo lo scopo, l' art . 37, n . 1, indica, per vietarli, i mezzi con cui esso potrebbe venire eluso . Sono quindi vietati, in forza del richiamo di cui all' art . 37, n . 2, tutti i nuovi monopoli od organismi contemplati nello art . 37, n . 1, nei limiti in cui sono intesi ad introdurre nuove discriminazioni per quanto riguarda le possibilita di approvvigionamento e di smercio . Il giudice di merito deve quindi anzitutto indagare se detta finalita sia effettivamente compromessa, vale a dire se il provvedimento in contestazione preveda o possa dar luogo a una nuova discriminazione tra cittadini degli stati membri per quanto riguarda le possibilita di approvvigionamento e di smercio . Si devono inoltre tener presenti i mezzi indicati nell' art . 37, n . 1 . Questa disposizione vieta l' istituzione, non gia di qualsiasi monopolio nazionale, bensi' di quelli che hanno " carattere commerciale " e cio' nei limiti in cui sono idonei ad introdurre le suddette discriminazioni . Ricadono sotto dette disposizioni i monopoli nazionali e gli organismi di cui trattasi i quali abbiano ad oggetto dei 48
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 negozi su un prodotto commerciale che si presti alla concorrenza ed agli scambi fra stati membri ed inoltre abbiano un peso reale negli scambi stessi . Spetta al giudice di merito apprezzare di volta in volta se l' attivita economica in esame riguardi un prodotto che, per sua natura e in considerazione delle esigenze tecniche o internazionali cui e sottoposto, possa avere un certo rilievo nelle importazioni o esportazioni fra cittadini degli stati membri . Decisione relativa alle spese Le spese sostenute dalla commissione della cee e dal governo italiano, che hanno presentato osservazioni, non possono dar luogo a rifusione . Nei confronti delle parti nella causa di merito, l' attuale giudizio ha il carattere di un incidente sollevato nella lite pendente dinanzi al giudice conciliatore di milano : a questo spetta quindi di provvedere sulle spese . Dispositivo La corte Pronunziandosi sull' eccezione d' irricevibilita basata sull' art . 177, decide e statuisce : Le questioni deferite dal giudice conciliatore di milano a norma dell' art . 177 sono ammissibili in quanto vertono, nella specie, sull' interpretazione di disposizioni del trattato cee, restando fermo che nessun atto unilaterale posteriore puo' prevalere sulle norme comunitarie, Dichiara : 1 ) l' art . 102 non contiene disposizioni che attribuiscano ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare; 2 ) le disposizioni dell' art . 93 che interessano nella specie non attribuiscono nemmeno esse dei diritti ai singoli; 3 ) l' art . 53 e una norma comunitaria atta ad attribuire ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . Esso vieta qualsiasi nuova misura avente lo scopo di sottoporre lo stabilimento di cittadini degli altri stati membri a una disciplina piu rigorosa di quella riservata ai cittadini nazionali, e cio' indipendentemente dal regime giuridico delle imprese . 4 ) tutte le disposizioni dell' art . 37, n . 2, sono norme comunitarie atte ad attribuire ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . Nel quadro della questione sollevata, esse hanno lo scopo di vietare qualsiasi nuova misura in contrasto con i principi dell' art . 37, n . 1, cioe qualsiasi misura avente ad oggetto, o dalla quale consegua, una discriminazione fra cittadini degli stati membri in materia di approvvigionamento e di smercio, mediante monopoli, od organismi, i quali abbiano ad oggetto negozi su un prodotto commerciale che si presti alla concorrenza ed agli scambi fra stati membri ed inoltre abbiano un peso reale in detti scambi; E dispone : Spetta al giudice conciliatore di milano provvedere sulle spese del presente giudizio . Sentenza della corte del 23 aprile 1986. - parti ecologiste " les verts " contro parlamento europeo. - ricorso d'annullamento - campagna d'informazione per l'elezione del parlamento europeo. - causa 294/83. Parole chiave 1 . Procedura - riassunzione della causa 49
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 2 . Ricorso d ' annullamento - art . 173 del trattato cee - atti impugnabili - atti del parlamento destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi ( trattato cee , artt . 164 e 173 ) 3 . Ricorso d ' annullamento - controllo di legittimita sulle spese ad opera della corte dei conti - portata ( trattato cee , artt . 173 e 206 bis ) 4 . Ricorso d ' annullamento - persone fisiche o giuridiche - atti che le riguardino direttamente e individualmente - formazioni politiche non rappresentate nel parlamento ma che possono partecipare alle elezioni europee - atti del parlamento che effettuino la ripartizione delle somme destinate al finanziamento della campagna d ' informazione pre-elettorale ( trattato cee , art . 173 , 2* comma ) 5 . Parlamento - poteri - istituzione di un sistema per il rimborso delle spese sostenute in occasione della campagna per le elezioni europee - sovrapposizione ai poteri degli stati membri - illegittimita ( atto relativo all ' elezione dei rappresentati nell ' assemblea a suffragio universale diretto del 20 settembre 1976 , art . 7 , n . 2 ) Massima 1 . Qualora un ' associazione , che sia ricorrente , sia confluita in una nuova associazione dotata di personalita giuridica trasmettendole , fra gli altri diritti ed obblighi , l ' azione esperita e la nuova associa zione manifesti la volonta di proseguire l ' azione stessa , non vi e motivo di dichiarare irricevibile il ricorso per mancanza di legittimazione ad agire . 2 . L ' interpretazione dell ' art . 173 del trattato che escludesse gli atti del parlamento europeo dal novero di quelli che possono essere impugnati mediante ricorso d ' annullamento porterebbe ad un risultato in contrasto sia con lo spirito del trattato , espresso nell ' art . 164 , sia col sistema dello stesso in forza del quale e consentito proporre un ricorso diretto contro tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni e miranti a produrre effetti giuridici . Gli atti che il parlamento europeo adotta nell ' ambito del trattato cee potrebbero infatti , senza che fosse possibile sottoporli al controllo della corte , sconfinare nel campo di competenza degli stati membri o delle altre istituzioni ovvero superare i limiti posti alla competenza del loro autore . Si deve pertanto ritenere che il ricorso d ' annullamento puo essere diretto contro gli atti del parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi . Cio vale per gli atti con cui il parlamento europeo disciplina la ripartizione delle somme iscritte in bilancio per la preparazione dell ' elezione a suffragio universale diretto dei suoi membri , dato che tali atti producono effetti giuridici sia nei confronti delle formazioni politiche rappresentate nel suo seno al momento della loro adozione , sia nei confronti delle formazioni che non sono rappresentate , ma che possono partecipare all'elezione stessa. 3 . Il sindacato esercitato dalla corte dei conti a norma dell ' art . 206 bis del trattato cee verte sulla legittimita della spesa rispetto al bilancio ed all ' atto di di ritto derivato dal quale discende tale spesa ( comunemente chiamato atto base ). Il suo sindacato e quindi distinto da quello esercitato dalla corte di giustizia , il quale verte sulla legittimita di detto atto base . 4 . La formazione politica la quale , pur non essendo , a differenza dei suoi concorrenti , rappresentata in seno al parlamento europeo , possa presentare dei 50
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 candidati in occasione dell ' elezione a suffragio universale diretto dei membri del parlamento stesso , se non si vuole creare tra formazioni concorrenti in occasione della stessa elezione una disparita di tutela giurisdizionale , dev ' essere considerata individulamente e nel contempo direttamente riguardata , ai sensi dell ' art . 173 , 2* comma , del trattato , dagli atti adottati dal parlamento recanti la ripartizione delle somme iscritte in bilancio e detinate al finanziamento della campagna d ' informazione che precede detta elezione , ad onta del fatto che essa non fosse identificabile al momento dell ' adozione di tali atti . 5 . Il sistema di finanziamento della campagna d ' informazione che precede le elezioni europee instaurato dal parlamento europeo , dal momento che non puo essere distinto dal sistema di rimborso forfettario delle spese per la campagna elettorale , e illegittimo per trasgressione dell ' art . 7 , n . 2 , dell ' atto relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto , giacche costituisce sovrapposizione ai poteri che , in forza di detta disposizione , continuano ad appartenere agli stati membri . Parti Nella causa 294/83 , Parti ecologiste ' les verts ' , associazione senza scopo di lucro , con sede in parigi , rappresentata dai signori etienne tete , delegato speciale , e dall ' avv . Christian lallement , del foro di lione , e con domicilio eletto in lussemburgo presso l ' avv . E . Wirion , 1 , place du theatre , ricorrente , contro Parlamento europeo , rappresentato dai signori pasetti-bombardella , giureconsulto , roland bieber , consigliere giuridico , johannes schoo , amministratore principale , jean-paul jacque , professore della facolta di giurisprudenza e di scienze politiche dell ' universita di strasburgo , e jurgen schwarz , professore dell ' universita di amburgo , in qualita di agenti , e dall'avv . Lyon-caen , e con domicilio eletto in lussemburgo presso la sua sede , plateau du kirchberg , boite postale 1601 , convenuto , causa avente ad oggetto l ' annullamento delle decisioni dell ' ufficio di presidenza del parlamento europeo 12 e 13 ottobre 1982 e 29 ottobre 1983 , recanti assegnazione dei fondi di cui alla voce di bilancio 3708 , Motivazione della sentenza 1 con atto introduttivo depositato nella cancelleria della corte il 28 dicembre 1983 , ' les verts - parti ecologiste ' , associazione senza scopo di lucro con sede in parigi , la cui costituzione e stata dichiarata alla prefecture de police il 3 marzo 1980 , ha proposto , a norma dell ' art . 173 , secondo comma , del trattato cee , un ricorso diretto all ' annullamento della decisione dell ' ufficio di presidenza del parlamento europeo 12 ottobre 1982 , concernente la ripartizione degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 del bilancio generale delle comunita europee , e della decisione dell ' ufficio di presidenza ampliato del parlamento europeo 29 ottobre 1983 , recante adozione del regolamento per l ' impiego degli stanziamenti destinati al rimborso delle spese delle formazioni politiche partecipanti alle elezioni europee del 1984 . 2 la voce 3708 e stata iscritta nel bilancio generale delle comunita europee per gli esercizi 1982 , 1983 e 1984 , nella sezione relativa al parlamento europeo , sotto il titolo 3 , concernente le spese risultanti dall ' esecuzione da parte dell ' istituzione di compiti specifici ( gu 1982 , l 31 , pag . 114 ; gu 1983 , l 19 , pag . 112 e gu 1984 , l 12 , pag . 132 ). Detta voce contemplava un contributo destinato alla 51
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 preparazione delle successive elezioni europee . Il suo commento , identico nei bilanci per gli esercizi 1982 e 1983 , era cosi formulato : ' questi stanziamenti debbono servire al cofinanziamento della preparazione delle informazioni concernenti le seconde elezioni dirette , che avranno luogo nel 1984 ' e ' l ' ufficio di presidenza del parlamento europeo specifichera le modalita di tali spese . ' Nel commento figurante nel bilancio per l ' esercizio 1984 si precisava che il cofinanziamento sarebbe avvenuto ' conformemente alla decisione dell ' ufficio di presidenza del 12 ottobre 1982 ' . Complessivamente , 43 milioni di ecu sono stati assegnati a tale voce . 3 il 12 ottobre 1982 , l ' ufficio di presidenza , composto dal presidente e dai dodici vicepresidenti del parlamento , adottava , su proposta dei presidenti dei gruppi politici , una decisione riguardante la ripartizione degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 ( in prosieguo : ' decisione del 1982 ' ). In quell ' occasione l ' ufficio di presidenza deliberava in presenza dei presidenti dei gruppi politici e dei delegati dei membri non iscritti . Uno dei gruppi politici - il gruppo di coordinamento tecnico - dichiarava di essere contrario in linea di principio all ' assegnazione di fondi ai gruppi politici per la preparazione della campagna elettorale . 4 la predetta decisione , che non e stata pubblicata , prescrive che gli stanziamenti iscritti alla voce 3708 del bilancio del parlamento europeo siano ripartiti ogni anno tra i gruppi politici , i membri non iscritti e un fondo di riserva per il 1984 . La ripartizione e effettuata nel modo seguente : a ) ciascuno dei sette gruppi riceve un ' indennita forfettaria pari all ' 1% dell ' importo totale degli stanziamenti ; b ) ciascun gruppo riceve inoltre , per ciascuno dei suoi membri , 1/434 dell ' importo totale degli stanziamenti diminuito dell ' importo dell ' indennita forfettaria ; c ) ciascuno dei membri non iscritti riceve parimenti 1/434 dell ' importo totale degli stanziamenti diminuito dell ' indennita forfettaria ; d ) l ' importo totale delle somme assegnate ai gruppi politici e ai membri non iscritti a norma delle disposizioni sub b ) e c ) non puo superare il 62% dell ' importo totale degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 ; e ) ogni anno un importo pari al 31% dell ' importo totale degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 , e destinato alla costituzione di un fondo di riserva . Per quest ' ultimo e prevista una ripartizione , in funzione del numero dei voti riportati , tra tutte le formazioni politiche che abbiano raccolto nelle elezioni del 1984 oltre il 5% dei suffragi validamente espressi nello stato membro in cui hanno presentato i propri candidati , ovvero oltre l ' 1% dei voti validamente espressi in almeno tre stati membri in cui hanno presentato i propri candidati ( in prosieguo : ' clausola dell ' 1% ' ). Si precisa inoltre che i dettagli relativi alla ripartizione di tale riserva saranno definiti in seguito . 5 il 12 ottobre 1982 , l ' ufficio di presidenza del parlamento europeo , deliberando nelle medesime condizioni , approvava inoltre talune disposizioni relative all ' impiego , da parte dei gruppi politici , dei fondi destinati alla campagna d ' informazione precedente le elezioni europee del 1984 ( in prosieguo : ' norme del 1982 sull ' impiego degli stanziamenti ' ). Dette disposizioni , che non sono state pubblicate , corrispondono alle raccomandazioni presentate da un gruppo di lavoro composto dai presidenti dei gruppi politici e presieduto dal presidente del parlamento europeo . 6 per quanto riguarda l ' impiego dei fondi , vengono applicate le seguenti norme . Gli stanziamenti messi a disposizione dei gruppi politici possono essere impiegati 52
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 uni camente per il finanziamento di attivita che risultino in rapporto diretto con la preparazione e l ' esecuzione della campagna di informazione organizzata in vista delle elezioni del 1984 . Le spese amministrative ( in particolare la retribuzione dei collaboratori occasionali , le spese di affitto di locali e di attrezzature d ' ufficio , le spese di telecomunicazione ) non possono superare il 25% dello stanziamento assegnato . E vietato l ' acquisto di beni immobili e di mobili d ' ufficio . I gruppi devono depositare i fondi loro assegnati su un conto specificamente aperto a tal fine . 7 i presidenti dei gruppi politici sono responsabili dell ' impiego dei fondi per fini compatibili con le disposizioni adottate . Da ultimo , l ' uso dei fondi dev ' essere giustificato presso altri organi , responsabili del controllo dei fondi del parlamento europeo . 8 sotto il profilo contabile , dette disposizioni prescrivono la contabilizzazione separata dello stato delle entrate e delle spese relative alle altre attivita dei gruppi . Questi devono adottare sistemi contabili di cui sono definite le modalita . In base a detti sistemi le spese vanno classificate in tre gruppi ( spese amministrative , spese di riunione , spese di pubblicazione e di pubblicita ), a loro volta ripartiti per progetti . Ogni anno , a partire dalla data del primo trasferimento di stanziamenti a favore dei gruppi , questi ultimi devono presentare una relazione sull ' impiego dei fondi ( pagamenti , impegni , riserve ) durante il periodo considerato . La relazione deve essere trasmessa al presidente del parlamento europeo e al presidente della commissione per il controllo del bilancio . 9 nel titolo ' restituzione di stanziamenti non utilizzati ' si precisa che gli stanziamenti messi a disposizione devono essere utilizzati entro il quarantesimo giorno antecedente la data delle elezioni per contrarre impegni di pagamento , a condizione che il pagamento sia eseguito al piu tardi quaranta giorni dopo la data delle elezioni . Tutti gli stanziamenti che non vengono utilizzati secondo i due criteri soprammenzionati devono essere restituiti al parlamento europeo entro tre mesi dalle elezioni . All ' occorrenza il parlamento europeo puo recuperare le somme dovutegli operando una ritenuta d ' importo equivalente sugli stanziamenti da versare ai gruppi in base alla voce 3706 ( attivita politiche supplementari ). 10 il 29 ottobre 1983 l ' ufficio di presidenza ampliato , composto dall ' ufficio di presidenza e dai presidenti dei gruppi politici , adottava il ' regolamento per l ' utilizzazione degli stanziamenti destinati al rimborso delle spese delle formazioni politiche partecipanti alle elezioni del 1984 ' ( gu c 293 , pag . 1 ) ( in prosieguo , regolamento del 1983 ). 11 il regolamento , conformemente a quanto annunciato nella decisione del 1982 , precisa le modalita della ripartizione della riserva del 31% . Le condizioni relative al minimo di suffragi che le formazioni politiche devono aver ottenuto per poter partecipare a tale ripartizione sono quelle gia indicate nella decisione del 1982 . Il regolamento del 1983 specifica inoltre che le formazioni politiche che desiderano beneficiare della clausola dell ' 1% devono presentare , almeno 40 giorni prima delle elezioni , una dichiarazione di apparentamento presso il segretario generale del parlamento europeo . Il regolamento contiene altresi varie disposizioni sulla messa a disposizione degli stanziamenti . Per i partiti , le liste o le alleanze rappresentati , i fondi sono messi a disposizione dei gruppi politici e dei membri non iscritti a partire dalla prima seduta dopo le elezioni . Per i partiti , le liste o le alleanze non rappresentati , e disposto quanto segue : 53
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 - le domande di rimborso devono essere presentate al segretario generale del parlamento europeo entro novanta giorni dalla pubblicazione dei risultati delle elezioni nello stato membro interessato , accompagnate dai documenti giustificativi; - il periodo nel corso del quale le spese possono essere considerate come spese relative alle elezioni del 1984 ha inizio il 1* gennaio 1983 e si conclude quaranta giorni dopo la data delle elezioni ; - le domande devono essere corredate di dichiarazioni contabili attestanti che le spese effettuate riguardano le elezioni del parlamento europeo ; - i criteri sopra descritti validi per le spese dei gruppi politici , si applicano anche a quelle delle formazioni non rappresentate nel parlamento europeo . 12 l ' associazione ricorrente deduce sette mezzi a sostegno del ricorso : 1 ) l ' incompetenza ; 2 ) la violazione dei trattati , e segnatamente dell ' art . 138 del trattato cee e degli artt . 7 , n . 2 , e 13 dell ' atto relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto ; 3 ) la violazione del principio generale dell ' eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge elettorale ; 4 ) la violazione degli artt . 85 e seguenti del trattato cee ; 5 ) la violazione del principio dell ' uguaglianza dei cittadini davanti alla legge , sancito dalla costituzione francese ; 6 ) l ' eccezione d ' illegittimita e di inapplicabilita in quanto il voto espresso dal ministro francese in seno al consiglio delle comunita europee in occasione della deliberazione sui bilanci sarebbe viziato da illegittimita , il che comporterebbe l ' illegittimita della deliberazione del consiglio e degli atti successivi del procedimento di bilancio ; 7 ) lo sviamento di potere , in quanto l ' ufficio di presidenza del parlamento europeo avrebbe usato stanziamenti iscritti alla voce 3708 per assicurare la rielezione di membri del parlamento europeo eletti nel 1979 . Sulla ricevibilita del ricorso 1 . Sull ' interesse a ricorrere dei ' verts - confederation ecologiste - parti ecologiste' 13 dopo la chiusura della fase scritta del procedimento e emerso che , con protocollo 29 marzo 1984 , l ' associazione ricorrente ' les verts - parti ecologiste ' , e un ' altra associazione denominata ' les verts - confederation ecologiste ' , hanno deciso di sciogliersi e di fondersi per costituire una nuova associazione denominata ' les verts - confederation ecologiste - parti ecologiste ' . Quest ' ultima ha dichiarato la propria costituzione il 20 giugno 1984 alla prefecture de police di parigi ( jorf dell ' 8.11.1984 , n.c ., pag . 10241 , annuncio che sostituisce e annulla quelli apparsi sulla jorf del 25.7.1984 , n.c . 172 , pagine 6604 e 6608 ). Questa nuova associazione ha presentato alle elezioni europee del giugno 1984 la lista ' les verts - europe ecologie ' , dopo aver presentato , il 28 aprile 1984 , la dichiarazione di apparentamento contemplata dall ' art . 4 del regolamento del 1983 . La stessa associazione , con lettera 23 luglio 1984 , ha presentato al segretariato generale del parlamento europeo una domanda di rimborso in base al suddetto regolamento . A seguito di tale domanda le e stata versata la somma di 82 958 ecu , risultante dall ' applicazione di un coefficiente di finanziamento per voto pari allo 0,1206596 ai 680 080 voti da essa ottenuti . 54
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 14 in considerazione di questi nuovi elementi , il parlamento europeo ha anzitutto sostenuto che l ' associazione ricorrente ' les verts - parti ecologiste, a causa del suo scioglimento , aveva perduto l ' interesse a ricorrere nel presente procedimento , e che il principio della conservazione della sua personalita giuridica ai fini della sua liquidazione non poteva applicarsi alla presente azione , essendo stata quest ' ultima trasferita alla nuova associazione . Pur non negando la possibilita , per la nuova associazione , ' les verts - confederation ecologiste - parti ecologiste ' , di riassumere la causa promossa dall ' associazione ricorrente , il parlamento europeo ha sostenuto in seguito che tale riassunzione avrebbe dovuto aver luogo entro un termine fissato dalla corte ed emanare chiaramente degli organi statutariamente competenti della nuova associazione . Ritenendo che quest ' ultima condizione non fosse soddisfatta , il parlamento europeo ha concluso per il rigetto del ricorso . 15 si deve rilevare in primo luogo come dal protocollo 29 marzo 1984 risulti che lo scioglimento delle due associazioni , compreso quello dell ' associazione ricorrente , e avvenuto con riserva della loro fusione ai fini della costituzione di una nuova associazione . Scioglimento , fusione e creazione della nuova associazione hanno pertanto avuto luogo con il medesimo atto , cosicche vi e continuita temporale e giuridica fra l ' associazione ricorrente e la nuova associazione , e la seconda e divenuta titolare dei diritti e degli obblighi della prima . 16 in secondo luogo , nel protocollo di fusione si specifica espressamente che le azioni giudiziarie in corso , e particolarmente quelle che sono state proposte dinanzi alla corte di giustizia , ' continueranno negli stessi termini ' e ' secondo le stesse modalita ' . 17 in terzo luogo , lo stesso parlamento europeo ha accennato , nel corso della fase orale del procedimento , ad una deliberazione del consiglio nazionale interregionale della nuova associazione , in data 16 e 17 febbraio 1985 . Ai termini di detta deliberazione , che e stata letta in udienza dall ' avvocato della nuova associazione , il consiglio nazionale interregionale di quest ' ultima , organo statutariamente competente a stare in giudizio , ha deciso espressamente , di fronte all ' atteggiamento dilatorio del parlamento europeo , di riassumere la causa promossa dall ' associazione ' les verts - parti ecologiste ' . 18 stando cosi le cose , la volonta della nuova associazione di mantenere fermo e proseguire il ricorso proposto da una delle associazioni da cui essa e nata , ricorso che le e stato espressamente trasferito , non da adito a dubbi , e le conclusioni contrarie del parlamento europeo su tale punto vanno respinte. 19 benche il parlamento europeo non abbia sollevato alcuna eccezione di irricevibilita con riguardo alle condizioni stabilite dall ' art . 173 del trattato , spetta a questa corte verificare d ' ufficio se dette condizioni siano soddisfatte . Nella fattispecie , sembra necessario pronunciarsi espressamente sui seguenti punti : se la corte sia competente a conoscere di un ricorso d ' annullamento , proposto in base all ' art . 173 del trattato , contro un atto del parlamento europeo ; se la decisione del 1982 e il regolamento del 1983 abbiano la natura di atti produttivi di effetti giuridici nei confronti di terzi ; se tali atti riguardino direttamente e individualmente l'associazione ricorrente , ai sensi dell ' art . 173 , n . 2 , del trattato. 2 . Sulla competenza della corte a conoscere di un ricorso d ' annullamento , proposto in base all ' art . 173 del trattato , contro un atto del parlamento europeo 55
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 20 si deve osservare , in via preliminare , che la decisione del 1982 e il regolamento del 1983 sono stati adottati da organi del parlamento europeo e devono pertanto essere considerati come atti del parlamento stesso . 21 l ' associazione ricorrente ritiene che , tenuto conto dell ' art . 164 del trattato , il controllo di legittimita sugli atti delle istituzioni , attribuito alla corte dall ' art . 173 del trattato , non puo essere limitato agli atti del consiglio e della commissione , a pena di un diniego di giustizia . 22 anche il parlamento europeo ritiene che la corte , in virtu della sua funzione generale di custode del diritto , definita nell ' art . 164 del trattato cee , possa controllare la legittimita di atti diversi da quelli del consiglio e della commissione . L ' enumerazione dei potenziali convenuti , figurante nell ' art . 173 del trattato , non e , a suo parere , tassativa . Il parlamento europeo non nega di poter essere assoggettato al sindacato giurisdizionale della corte in settori come il bilancio e le questioni legate all ' organizzazione delle elezioni dirette , in cui gli sono stati attribuiti , attraverso la revisione dei trattati , maggiori poteri e in cui puo esso stesso adottare atti giuridici . Nel caso dell ' assegnazione di stanziamenti per il cofinanziamento della campagna di informazione in occasione delle seconde elezioni dirette , il parlamento europeo esercita direttamente i diritti che gli sono propri . Non intende percio sottrarre i suoi atti in tale materia al sindacato giurisdizionale . Esso considera tuttavia che un ' interpretazione estensiva dell ' art . 173 del trattato , che renda i suoi atti impugnabili col ricorso d ' annullamento , dovrebbe comportare il riconoscimento del suo interesse a ricorrere contro atti del consiglio e della commissione . 23 a questo proposito si deve anzitutto sottolineare che la comunita economica europea e una comunita di diritto nel senso che ne gli stati che ne fanno parte , ne le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformita dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal trattato . In particolare , con gli artt . 173 e 184 , da un lato , e con l ' art . 177 , dall ' altro , il trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di procedimenti inteso ad affidare alla corte di giustizia il controllo della legittimita degli atti delle istituzioni . Le persone fisiche e le persone giuridiche sono in tal modo tutelate contro l ' applicazione , nei loro confronti , di atti di portata generale che esse non possono impugnare direttamente davanti alla corte a causa dei particolari presupposti di ricevibilita specificati nell ' art . 173 , secondo comma , del trattato . Quando spetti alle istituzioni comunitarie rendere tali atti operativi sul piano amministrativo , le persone fisiche e le persone giuridiche possono ricorrere direttamente davanti alla corte contro i provvedimenti di attuazione di cui esse siano destinatarie o che le riguardino direttamente e individualmente , e dedurre , a sostegno del ricorso , l ' illegittimita dell ' atto generale di base . Quando detta attuazione spetti alle autorita nazionali , esse possono far valere l ' invalidita degli atti di portata generale dinanzi ai giudici nazionali e indurre questi ultimi a chiedere alla corte di giustizia , mediante la proposizione di una domanda pregiudiziale , di pronunciarsi a questo proposito . 24 e vero che , a differenza dell ' art . 177 del trattato , che si riferisce agli atti delle istituzioni senza ulteriori specificazioni , l ' art . 173 menziona solo gli atti del consiglio e della commissione . Tuttavia , in base al sistema del trattato , e consentito proporre un ricorso diretto contro ' tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni (...) Miranti a produrre effetti giuridici ' , come la corte ha gia avuto occasione di sottolineare nella sentenza 31 marzo 1971 ( causa 22/70 , 56
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 commissione/consiglio , racc . Pag . 263 ). Il parlamento europeo non figura espressamente fra le istituzioni i cui atti possono essere impugnati , perche il trattato cee , nella versione originaria , gli conferiva solo poteri consultivi e di controllo politico e non il potere di adottare atti destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi . L ' art . 38 del trattato ceca dimostra che , quando al parlamento e stato conferito fin dall ' inizio il po tere di adottare disposizioni di carattere vincolante , come avviene in forza dell ' art . 95 , quarto comma , ultima frase , dello stesso trattato , i suoi atti non sono stati sottratti , in via di principio , al ricorso d ' annullamento . 25 mentre nell ' ambito del trattato ceca il ricorso d ' annullamento contro gli atti delle istituzioni costituisce oggetto di due disposizioni distinte , nell ' ambito del trattato cee esso e disciplinato solamente dall ' art . 173 , che riveste cosi carattere generale . L ' interpretazione dell ' art . 173 del trattato che escludesse gli atti del parlamento europeo dal novero di quelli impugnabili porterebbe ad un risultato contrastante sia con lo spirito del trattato , espresso nell ' art . 164 , sia col sistema dello stesso . Gli atti che il parlamento europeo adotta nell ' ambito del trattato cee potrebbero infatti invadere la competenza degli stati membri o delle altre istituzioni , ovvero oltrepassare i limiti posti alla competenza del loro autore senza poter essere deferiti alla corte . Si deve pertanto considerare che il ricorso d ' annullamento puo essere diretto contro gli atti del parlamento europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi . 26 occorre adesso stabilire se la decisione del 1982 e il regolamento del 1983 abbiano la natura di disposizioni volte a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi . 3 . Sulla natura di atti volti a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi della decisione del 1982 e del regolamento del 1983 27 i due atti impugnati riguardano entrambi la ripartizione degli stanziamenti iscritti nel bilancio del parlamento europeo per la preparazione delle elezioni europee del 1984 . Essi si riferiscono all ' attribuzione di detti stanziamenti a terzi per spese relative a un ' attivita da esercitare al di fuori del parlamento europeo . Essi disciplinano , sotto tale profilo , i diritti e gli obblighi sia delle formazioni politiche che erano gia rappresentate nel parlamento europeo dal 1979 sia di quelle che avrebbero partecipato alle elezioni del 1984 . Essi determinano la parte degli stanziamenti che spetta a ciascuna di loro , in funzione sia del numero dei seggi ottenuti nel 1979 sia del numero di voti ottenuti nel 1984 . In tal modo , gli atti suddetti mirano a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi , il che li rende impugnabili ai sensi dell ' art . 173 del trattato . 28 l ' argomento secondo il quale il controllo attribuito alla corte dei conti dall ' art . 206 bis del trattato osta a quello della corte di giustizia deve essere respinto . La corte dei conti , infatti , puo solo esaminare la legittimita della spesa in relazione al bilancio e all ' atto di diritto derivato dal quale discende tale spesa ( comunemente chiamato atto base ). Pertanto , il suo sindacato e comunque distinto da quello esercitato dalla corte di giustizia , che verte sulla legittimita di detto atto base . Gli atti impugnati nella fattispecie costituiscono , in realta , l ' equivalente di un atto base in quanto stabiliscono il principio della spesa e fissano le modalita secondo le quali essa dev ' essere effettuata . 4 . Sul problema del se gli atti impugnati riguardino direttamente e individualmente l ' associazione ricorrente ai sensi dell ' art . 173 , secondo comma , del trattato 57
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 29 l ' associazione ricorrente sottolinea di avere personalita giuridica e che le decisioni impugnate , comportando la concessione di un aiuto alle formazioni politiche rivali , la riguardano senz ' altro direttamente e individualmente . 30 il parlamento europeo sostiene che , nello stato attuale della giurisprudenza della corte relativa al presupposto in esame , il ricorso dell ' associazione ricorrente e irricevibile . Tuttavia , si chiede se un ' interpretazione estensiva del primo comma dell ' art . 173 del trattato non debba incidere su quella del secondo comma dello stesso articolo . Sottolinea in proposito che l ' associazione ricorrente non e un terzo qualsiasi , ma occupa , in quanto partito politico , una posizione intermedia fra i ricorrenti privilegiati e i semplici privati . Sarebbe opportuno prendere in considerazione a livello comunitario la funzione speciale dei partiti politici . Il loro statuto particolare giustificherebbe che sia loro riconosciuto un diritto di ricorso , ai sensi dell ' art . 173 , secondo comma , del trattato , contro gli atti che stabiliscono a quali condizioni e in quale misura essi ricevono , in occasione delle elezioni dirette , fondi provenienti dal bilancio del parlamento europeo , allo scopo di far conoscere quest ' ultimo . Nel controricorso il parlamento europeo conclude , in base a queste considerazioni , che i partiti politici sono individualmente e direttamente interessati dal regolamento del 1983 . 31 si deve rilevare innanzitutto che gli atti impugnati riguardano direttamente l ' associazione ricorrente . Essi costituiscono infatti una disciplina completa , autosufficiente e che non richiede alcuna disposizione di attuazione , poiche il calcolo della parte degli stanziamenti da attribuire a ciascuna delle formazioni politiche interessate e automatico ed esclude qualsiasi margine discrezionale . 32 resta da verificare se l ' associazione ricorrente sia interessata individualmente dagli atti impugnati . 33 a questo proposito occorre concentrare l ' esame sulla decisione del 1982 . Questa decisione ha approvato il principio della concessione alle formazioni politiche degli stanziamenti iscritti nella voce 3708 ; essa ha poi determinato la parte di detti stanziamenti che va ai gruppi politici costituiti nell ' assemblea eletta nel 1979 e ai membri non iscritti di questa ( 69% ) e la parte di stanziamenti destinata ad essere ripartita fra tutte le formazioni politiche , rappresentate o no nell ' assemblea eletta nel 1979 , che avrebbero preso parte alle elezioni del 1984 ( 31% ); infine , essa ha ripartito la quota del 69% fra i gruppi politici e i membri non iscritti . Il regolamento del 1983 si e limitato a confermare la decisione del 1982 e a completarla precisando il meccanismo di ripartizione della riserva del 31% . Esso deve percio essere considerato parte integrante della decisione del 1982 . 34 la decisione del 1982 riguarda tutte le formazioni politiche , anche se la somma che assegna loro varia a seconda che esse abbiano o no avuto rappresentanti nell ' assemblea eletta nel 1979 . 35 il presente ricorso si riferisce ad una situazione di cui la corte non si e ancora trovata a conoscere . Talune formazioni politiche , poiche erano rappresentate nell ' istituzione , hanno partecipato ad una deliberazione vertente ad un tempo sul trattamento loro riservato e su quello accordato a formazioni rivali che non erano rappresentate . Di conseguenza , trattandosi della ripartizione di fondi pubblici in vista della preparazione di elezioni , ed essendo stata dedotta l ' iniquita di tale ripartizione , non si puo ritenere che solo le formazioni che erano rappresentate e 58
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 che , per ipotesi , erano identificabili alla data dell ' adozione dell ' atto impugnato , siano interessate individualmente . 36 siffatta interpretazione si risolverebbe infatti nel creare una disuguaglianza , sotto il profilo della tutela giurisdizionale , fra formazioni concorrenti nell ' ambito delle stesse elezioni . Le formazioni non rappresentate non potrebbero impedire la controversa ripartizione degli stanziamenti prima dell ' inizio della campagna elettorale , poiche esse potrebbero far valere l ' illegittimita della decisione base solo nell ' ambito del ricorso contro le decisioni individuali che negassero loro il rimborso di somme superiori a quelle previste . Esse sarebbero cosi nell ' impossibilita di proporre un ricorso d ' annullamento davanti alla corte prima che le elezioni abbiano luogo e non sarebbero nemmeno in grado di ottenere dalla corte la sospensione , ai sensi dell ' art . 185 del trattato , dell ' esecuzione della decisione base contestata . 37 si deve pertanto ritenere che l ' associazione ricorrente , che era costituita al momento dell ' adozione della decisione del 1982 e che poteva presentare candidati alle elezioni del 1984 , e interessata individualmente dagli atti impugnati . 38 alla luce dell ' insieme di tali considerazioni , si deve concludere che il ricorso e ricevibile . Nel merito 39 nell ' ambito dei primi tre mezzi l ' associazione ricorrente qualifica il sistema attuato dal parlamento europeo sistema di rimborso delle spese per la campagna elettorale . 40 con il primo mezzo , l ' associazione ricorrente sostiene che il trattato non fornisce alcuna base giuridica per l ' adozione di un sistema del genere . Col secondo mezzo deduce che tale materia rientra comunque nella nozione di procedura elettorale uniforme di cui all ' art . 138 , n . 2 , del trattato e che pertanto , conformemente all ' art . 7 , n . 2 , dell ' atto relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto , continua ad essere di competenza dei legislatori nazionali . 41 col terzo mezzo , l ' associazione ricorrente denuncia infine la rottura della parita di opportunita tra le formazioni politiche , in quanto quelle gia rappresentate nel parlamento eletto nel 1979 concorrono due volte alla ripartizione degli stanziamenti iscritti alla voce 3708 . Esse prenderebbero parte in primo luogo alla ripartizione del 69% degli stanziamenti riservati ai gruppi politici e ai membri non iscritti dell ' assemblea eletta nel 1979 e inoltre alla ripartizione della riserva del 31% , risultando cosi notevolmente favorite rispetto alle formazioni che non avevano ancora rappresentanti nell ' assemblea eletta nel 1979 . 42 secondo il parlamento europeo , i primi due mezzi dedotti dall ' associazione ricorrente sono fra loro contraddittori : o la questione e di competenza della comunita , oppure non lo e ; e escluso pero che l ' associazione ricorrente possa sostenere con temporaneamente le due tesi . Il parlamento europeo sottolinea soprattutto che non si tratta di un sistema di rimborso delle spese per la campagna elettorale , ma della partecipazione ad una campagna di informazione destinata a far conoscere il parlamento agli elettori in occasione delle elezioni , come attestano chiaramente sia il commento della voce 3708 che la normativa di attuazione . La partecipazione del parlamento europeo a detta campagna d ' informazione deriverebbe dal potere - che la corte gli avrebbe riconosciuto nella sentenza 10 febbraio 1983 ( causa 230/81 , lussemburgo/parlamento , racc . Pagg . 255 , 287 ) - 59
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 di regolare la sua organizzazione interna e di adottare ' provvedimenti idonei a garantire il proprio buon funzionamento e lo svolgimento delle sue procedure ' . Non trattandosi di rimborso spese per la campagna elettorale , il primo e il secondo mezzo sarebbero infondati . 43 inoltre il parlamento europeo controbatte il terzo mezzo sostenendo che non e stata compromessa la parita di opportunita fra le varie formazioni politiche . La normativa di cui trattasi avrebbe lo scopo di permettere un ' informazione efficace sul parlamento . I partiti politici rappresentati nell ' assemblea eletta nel 1979 si sarebbero gia adoperati a favore dell ' integrazione europea . Costituendo le formazioni piu importanti , essi avrebbero una maggiore rappresentativita e sarebbero in grado di diffondere una quantita piu consistente di informazioni . Sarebbe quindi legittimo assegnare loro somme piu elevate per la campagna d ' informazione . La ripartizione degli stanziamenti in un 69% destinato al finanziamento preliminare della campagna di informazione e in un 31% destinato al finanziamento a posteriori di qualsiasi formazione politica che abbia partecipato alle elezioni costituirebbe una decisione che rientra nella discrezionalita politica del parlamento europeo . Il parlamento europeo ha ancora precisato all ' udienza che l ' ufficio di presidenza e l ' ufficio di presidenza ampliato hanno deciso di ripartire le somme stanziate secondo un criterio che tiene naturalmente conto dell ' importanza delle varie formazioni per quanto riguarda la diffusione del concetto di integrazione politica nell ' opinione pubblica degli stati membri . 44 occorre ribadire subito che il parlamento europeo e autorizzato ad adottare , in forza del potere di organizzazione interna attribuitogli dai trattati , provvedimenti atti a garantire il suo buon funzionamento e lo svolgimento delle sue procedure , come emerge gia dalla succitata sentenza 10 febbraio 1983 . Va precisato tuttavia che il sistema di finanziamento adottato non rientrerebbe nel suddetto potere di organizzazione interna qualora risultasse che esso non puo venir distinto da un sistema di rimborso forfettario delle spese per la campagna elettorale . 45 al fine di poter esaminare la fondatezza dei primi tre mezzi , bisogna quindi stabilire , in primo luogo , la reale natura del sistema di finanziamento attuato dagli atti impugnati . 46 a questo proposito , si deve rilevare in primo luogo che gli atti impugnati sono perlomeno improntati ad ambiguita . Nella decisione del 1982 si indica semplicemente che essa riguarda la ripartizione degli stanziamenti iscritti nella voce n . 3708 , mentre nella nota interna che la sintetizza si fa chiaramente menzione di finanziamento della campagna elettorale . Il regolamento del 1983 , poi , non precisa se le spese di cui esso contempla il rimborso debbano essere servite a diffondere informazioni sul parlamento stesso o informazioni sulle posizioni che le formazioni politiche hanno assunto e su quelle che esse intendono assumere in futuro . 47 e vero che le norme del 1982 sull ' impiego dei fondi prescrivevano che i fondi stanziati fossero usati soltanto in relazione alla campagna d ' informazione per le elezioni del 1984 . A tal fine , specificavano la natura delle spese che potevano essere coperte , designavano le persone responsabili del corretto impiego dei fondi , prescrivevano di tenere una contabilita distinta e ripartita secondo la natura delle spese e imponevano la presentazione di relazioni sull ' impiego dei fondi stessi . Si trattava , per il parlamento europeo , di garantire che i fondi messi a disposizione 60
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 dei gruppi politici fossero essenzialmente utilizzati per far fronte alle spese di riunione e di pubblicazione ( opuscoli , inserti nei giornali , manifesti ). 48 si deve tuttavia sottolineare che dette norme non sono sufficienti a dissipare l ' ambiguita circa la natura dell ' informazione fornita . Infatti , al pari degli atti impugnati , le norme del 1982 non stabilivano condizioni che vincolassero l ' assegnazione dei fondi alla natura dei messaggi diffusi . Il parlamento europeo ritiene che , rendendo conto della loro attivita , i candidati hanno contribuito a fornire informazioni sul modo in cui l ' istituzione parlamentare aveva svolto la sua funzione . E evidente che nel corso di una campagna d ' informazione del genere - svoltasi ' in contraddittorio ' come ha detto il parlamento europeo - le informazioni sulla funzione del parlamento europeo e la propaganda di parte sono indissociabili . Il parlamento europeo ha del resto riconosciuto all ' udienza che non era possibile , per i suoi membri , fare una netta distinzione tra i discorsi elettorali e quelli d ' indole informativa . 49 infine , occorre rilevare che i fondi messi a disposizione delle formazioni politiche potevano essere spesi durante la campagna elettorale . Cio e evidente in primo luogo per quanto riguarda i fondi provenienti dalla riserva del 31% , ripartita tra le formazioni che hanno preso parte alle elezioni del 1984 . Le spese che potevano essere rimborsate erano infatti quelle effettuate per le elezioni europee del 1984 , nel periodo dal 1* gennaio 1983 fino al quarantesimo giorno dopo le elezioni . Lo stesso vale per il 69% degli stanziamenti ripartiti ogni anno tra i gruppi politici e i membri non iscritti dell ' assemblea eletta nel 1979 . Dalle succitate norme del 1982 emerge infatti che un terzo del totale di tali stanziamenti ( diminuito delle indennita forfettarie ) doveva esser versato solo dopo le elezioni del 1984 . Inoltre , i fondi provenienti dalla massa del 69% potevano venir destinati alla costituzione di riserve e costituire oggetto di impegni di pagamento fino al quarantesimo giorno prima delle elezioni , a condizione che i pagamenti non venissero effettuati oltre il quarantesimo giorno successivo alla data delle elezioni stesse . 50 si deve pertanto ritenere che il sistema di finanziamento attuato non puo essere distinto da un sistema di rimborso forfettario delle spese per la campagna elettorale . 51 occorre accertare , in secondo luogo , se gli atti impugnati non siano stati adottati in violazione dell ' art . 7 , n . 2 , dell ' atto 20 settembre 1976 , relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' assemblea a suffragio universale diretto . 52 a tenore della suddetta disposizione , ' fino all ' entrata in vigore di una procedura elettorale uniforme , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , la procedura elettorale e disciplinata in ciascuno stato membro dalle disposizioni nazionali ' . 53 la nozione ' procedura elettorale ' ai sensi della citata disposizione comprende in particolare le norme volte a garantire la regolarita delle operazioni elettorali e la parita di opportunita dei vari candidati durante la campagna elettorale . A questa categoria appartengono le norme relative all ' istituzione di un sistema di rimborso delle spese per la campagna elettorale . 54 il problema del rimborso delle spese per la campagna elettorale non rientra nei pochi punti che sono stati disciplinati nell ' atto del 1976 . Ne deriva che , nello stato attuale del diritto comunitario , l ' istituzione di un sistema di rimborso per le 61
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 spese per la campagna elettorale e la determinazione delle relative modalita continua a rientrare nella sfera di competenza degli stati membri . 55 il mezzo dell ' associazione ricorrente relativo alla violazione dell ' art . 7, n . 2 , dell ' atto del 1976 dev ' essere pertanto accolto . Non vi e quindi motivo di statuire sugli altri mezzi . Decisione relativa alle spese Sulle spese 56 a norma dell ' art . 69 , par 2 , del regolamento di procedura , la parte soccombente e condannata alle spese , se ne e stata fatta domanda . La ricorrente non ha chiesto la condanna del convenuto alle spese . Ne deriva che , sebbene il convenuto sia risultato soccombente , ciascuna delle parti deve sopportare le proprie spese . Dispositivo Per questi motivi , La corte Dichiara e statuisce : 1 ) sono annullati la decisione dell ' ufficio di presidenza del parlamento europeo 12 ottobre 1982 , relativa alla ripartizione degli stanziamenti iscritti nella voce n . 3708 del bilancio generale delle comunita europee , nonche il regolamento adottato dall ' ufficio di presidenza ampliato il 29 ottobre 1983 , avente ad oggetto l ' uso degli stanziamenti destinati al rimborso delle spese delle formazioni politiche partecipanti alle elezioni del 1984 . 2 ) ciascuna delle parti sopportera le proprie spese . SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 25 luglio 2008 (*) «Direttiva 2004/38/CE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Familiari cittadini di paesi terzi – Cittadini di paesi terzi entrati nello Stato membro ospitante prima di divenire coniugi di cittadini dell’Unione» Nel procedimento C-127/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla High Court (Irlanda), con ordinanza 14 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 25 marzo 2008, nella causa tra Blaise Baheten Metock, Hanette Eugenie Ngo Ikeng, Christian Joel Baheten, Samuel Zion Ikeng Baheten, Hencheal Ikogho, Donna Ikogho, Roland Chinedu, Marlene Babucke Chinedu, Henry Igboanusi, Roksana Batkowska e Minister for Justice, Equality and Law Reform, LA CORTE (Grande Sezione), composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Lenaerts, presidenti di sezione, dai sigg. A. Tizzano, U. Lõhmus, J. N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič (relatore), J. Malenovský, J. Klučka, dalla sig.ra C. Toader e dal sig. J.-J. Kasel, giudici, avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale vista la decisione del presidente della Corte 17 aprile 2008 di trattare la causa secondo un procedimento accelerato, conformemente agli artt. 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia e 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura, vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2008, 62
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 considerate le osservazioni presentate: – per il sig. B. Baheten Metock, la sig.ra H. E. Ngo Ikeng e i sigg. C. J. Baheten e S. Z. Ikeng Baheten, dai sigg. M. de Blacam, SC, e J. Stanley, BL, su incarico del sig. V. Crowley, della sig.ra S. Burke e del sig. D. Langan, solicitors; – per il sig. H. Ikogho e la sig.ra D. Ikogho, dalla sig.ra R. Boyle, SC, nonché dai sigg. G. O’Halloran, BL, e A. Lowry, BL, su incarico del sig. S. Mulvihill, solicitor; – per il sig. R. Chinedu e la sig.ra M. Babucke Chinedu, dai sigg. A. Collins, SC, M. Lynn, BL, e P. O’Shea, BL, su incarico del sig. B. Burns, solicitor; – per il sig. H. Igboanusi e la sig.ra R. Batkowska, dai sigg. M. Forde, SC, e O. Ladenegan, BL, su incarico dei sigg. K. Tunney e W. Mudah, solicitors; – per il Minister for Justice, Equality and Law Reform, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dal sig. B. O’Moore, SC, dalla sig.ra S. Moorhead, SC, e dal sig. D. Conlan Smyth, BL; – per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente; – per il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg e dalla sig.ra B. Weis Fogh, in qualità di agenti; – per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e J. Möller, in qualità di agenti; – per il governo ellenico, dalle sig.re T. Papadopoulou e M. Michelogiannaki, in qualità di agenti; – per il governo cipriota, dal sig. D. Lisandrou, in qualità di agente; – per il governo maltese, dal sig. S. Camilleri, in qualità di agente; – per il governo olandese, dalle sig.re C. Wissels e C. ten Dam, in qualità di agenti; – per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl e dalla sig.ra T. Fülöp, in qualità di agenti; – per il governo finlandese, dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di agente; – per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra I. Rao, in qualità di agente, assistita dal sig. T. Ward, barrister; – per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra D. Maidani e dal sig. M. Wilderspin, in qualità di agenti, sentito l’avvocato generale, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, GU 2005, L 197, pag. 34, e GU 2007, L 204, pag. 28). 2 Questa domanda è stata proposta nell’ambito di quattro procedimenti di sindacato giurisdizionale su un atto della pubblica amministrazione, promossi dinanzi alla High Court e diretti ciascuno ad ottenere, in particolare, un’ordinanza di annullamento del provvedimento con il quale il Minister for Justice, Equality and Law Reform (Ministro irlandese della Giustizia, delle pari Opportunità e della 63
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Riforma legislativa; in prosieguo: il «Ministro») ha negato un permesso di soggiorno al cittadino di un paese terzo coniugato con una cittadina dell’Unione residente in Irlanda. Contesto normativo La normativa comunitaria 3 La direttiva 2004/38 è stata adottata sul fondamento degli artt. 12 CE, 18 CE, 40 CE, 44 CE e 52 CE. 4 I ‘considerando’ primo-quinto, undicesimo, quattordicesimo e trentunesimo di questa direttiva sono così formulati: «(1) La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso. (2) La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno che comprende uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata tale libertà secondo le disposizioni del trattato. (3) La cittadinanza dell’Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione. (4) Per superare tale carattere settoriale e frammentario delle norme concernenti il diritto di libera circolazione e soggiorno e allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, occorre elaborare uno strumento legislativo unico (…). (5) Il diritto di ciascun cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. (…) (…) (11) Il diritto fondamentale e personale di soggiornare in un altro Stato membro è conferito direttamente dal trattato ai cittadini dell’Unione e non dipende dall’aver completato le formalità amministrative. (…) (14) I documenti giustificativi richiesti dalle autorità competenti ai fini del rilascio dell’attestato di iscrizione o di una carta di soggiorno dovrebbero essere indicati in modo tassativo onde evitare che pratiche amministrative o interpretazioni divergenti costituiscano un indebito ostacolo all’esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari. (…) (31) La presente direttiva rispetta i diritti e le libertà fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In conformità con il divieto di discriminazione contemplato nella Carta gli Stati membri dovrebbero dare attuazione alla presente direttiva senza operare tra i beneficiari della stessa alcuna discriminazione fondata su motivazioni quali sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, 64
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 appartenenza ad una minoranza etnica, patrimonio, nascita, handicap, età o tendenze sessuali». 5 La direttiva 2004/38, ai sensi dell’art. 1, lett. a), riguarda, in particolare, «le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari». 6 Conformemente all’art. 2, punto 2, lett. a), della direttiva 2004/38, ai fini di quest’ultima si intende per «familiare», in particolare, il coniuge. 7 L’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», così dispone: «La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2 che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo». 8 L’art. 5 della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto d’ingresso», precisa quanto segue: «1. Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, nonché i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, muniti di valido passaporto. (…) 2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono soltanto assoggettati all’obbligo del visto d’ingresso, conformemente al regolamento (CE) n. 539/2001 o, se del caso, alla legislazione nazionale. Ai fini della presente direttiva il possesso della carta di soggiorno di cui all’articolo 10, in corso di validità, esonera detti familiari dal requisito di ottenere tale visto. (…) 5. Lo Stato membro può prescrivere all’interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni proporzionate e non discriminatorie». 9 L’art. 7 della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», precisa quanto segue: «1. Ciascuno dei cittadini dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione: a) di essere lavoratore subordinato o autonomo dello Stato membro ospitante; o b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi dello Stato membro ospitante; o c) – di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale; – di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi dello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un 65
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; (…) (…) 2. Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c). (…)». 10 L’art. 9 della direttiva 2004/38, intitolato «Formalità amministrative per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro», così dispone: «1. Quando la durata del soggiorno previsto è superiore a tre mesi, gli Stati membri rilasciano una carta di soggiorno ai familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro. 2. Il termine entro il quale deve essere presentata la domanda per il rilascio della carta di soggiorno non può essere inferiore a tre mesi dall’arrivo. 3. L’inadempimento dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno rende l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie». 11 L’art. 10 della direttiva 2004/38, intitolato «Rilascio della carta di soggiorno», così dispone: «1. Il diritto di soggiorno per i familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è comprovato dal rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, che deve avvenire non oltre i sei mesi successivi alla presentazione della domanda. Una ricevuta della domanda di una carta di soggiorno è rilasciata immediatamente. 2. Ai fini del rilascio della carta di soggiorno, gli Stati membri possono prescrivere la presentazione dei seguenti documenti: a) un passaporto in corso di validità; b) un documento che attesti la qualità di familiare o l’esistenza di un’unione registrata; c) l’attestato di iscrizione o, in mancanza di un sistema di iscrizione, qualsiasi prova del soggiorno nello Stato membro ospitante del cittadino dell’Unione che gli interessati accompagnano o raggiungono; d) nei casi di cui all’articolo 2, punto 2, lettere c) e d), la prova documentale che le condizioni di cui a tale disposizione sono soddisfatte; (…)». 12 L’art. 27, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/38, contenuto nel capo VI di quest’ultima, intitolato «Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica», così dispone: «1. Fatte salve le disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici. 2. I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti. 66
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione». 13 L’art. 35 della direttiva 2004/38, intitolato «Abuso di diritto», precisa quanto segue: «Gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla presente direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio. Qualsiasi misura di questo tipo è proporzionata ed è soggetta alle garanzie procedurali previste agli articoli 30 e 31». 14 Ai sensi dell’art. 38 della direttiva 2004/38, quest’ultima ha abrogato, in particolare, gli artt. 10 e 11 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), quale modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 27 luglio 1992, n. 2434 (GU L 245, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento 1612/68»). La normativa nazionale 15 All’epoca dei fatti della causa principale, il recepimento della direttiva 2004/38 nell’ordinamento irlandese era garantito dallo European Communities (Free Movement of Persons) (n. 2) Regulations 2006 (decreto irlandese del 2006, relativo alla libera circolazione delle persone all’interno delle Comunità europee), adottato il 18 dicembre 2006 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2007 (in prosieguo: il «decreto del 2006»). 16 L’art. 3, nn. 1 e 2, del decreto del 2006 così dispone: «1. Il presente decreto si applica: a) ai cittadini dell’Unione, b) fatto salvo il numero 2, ai familiari, qualificati come tali, di cittadini dell’Unione che non siano essi stessi cittadini dell’Unione, e c) fatto salvo il numero 2, ai familiari legalmente residenti di cittadini dell’Unione. 2. Il presente decreto non si applica al familiare, a meno che esso non soggiorni legalmente in un altro Stato membro e a) chieda di entrare nello Stato insieme ad un cittadino dell’Unione rispetto al quale è legato da un vincolo familiare o b) chieda di raggiungere un cittadino dell’Unione rispetto al quale è legato da un vincolo familiare, il quale a sua volta soggiorni legalmente nello Stato». 17 Tra i «familiari, qualificati come tali, di cittadini dell’Unione» rientrano, ai sensi dell’art. 3 del decreto del 2006, i coniugi dei cittadini dell’Unione. La causa principale La causa Metock 18 Il sig. Metock, cittadino camerunese, è giunto in Irlanda il 23 giugno 2006 e ha chiesto asilo politico. Tale domanda è stata definitivamente respinta in data 28 febbraio 2007. 19 La sig.ra Ngo Ikeng, camerunese di nascita, ha ottenuto la cittadinanza britannica. Essa soggiorna e lavora in Irlanda sin dalla fine del 2006. 20 Il sig. Metock e la sig.ra Ngo Ikeng si sono incontrati in Camerun nel 1994 e intrattengono una relazione a partire da tale data. Essi hanno avuto due figli, rispettivamente, nel 1998 e nel 2006, e si sono sposati in Irlanda il 12 ottobre 2006. 67
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 21 Il 6 novembre 2006, il sig. Metock ha chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione, occupato e residente in Irlanda. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 28 giugno 2007, in quanto il sig. Metock non soddisfaceva il presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, stabilito dall’art. 3, n. 2, del decreto del 2006. 22 Il sig. Metock, la sig.ra Ngo Ikeng e i loro figli hanno proposto ricorso avverso tale decisione. La causa Ikogho 23 Il sig. Ikogho, cittadino di un paese terzo, è giunto in Irlanda nel novembre 2004 ed ha chiesto asilo politico. La sua domanda è stata definitivamente respinta ed il Ministro ha adottato un decreto di espulsione nei suoi confronti in data 15 settembre 2005. Il ricorso proposto avverso tale decreto è stato respinto con ordinanza della High Court 19 giugno 2007. 24 La sig.ra Ikogho, cittadina sia del Regno Unito, sia dell’Unione, risiede e lavora in Irlanda sin dal 1996. 25 I sigg. Ikogho si sono incontrati in Irlanda nel dicembre 2004 ed ivi hanno contratto matrimonio il 7 giugno 2006. 26 Il 6 luglio 2006, il sig. Ikogho ha chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione, occupato e residente in Irlanda. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 12 gennaio 2007, in quanto, in considerazione del decreto di espulsione 15 settembre 2005, il sig. Ikogho risiedeva illegalmente in Irlanda alla data del suo matrimonio. 27 I sigg. Ikogho hanno proposto ricorso avverso tale decisione. La causa Chinedu 28 Il sig. Chinedu, cittadino nigeriano, è giunto in Irlanda nel dicembre 2005 ed ha chiesto asilo politico. Questa domanda è stata definitivamente respinta l’8 agosto 2006. La sig.ra Babucke, cittadina tedesca, risiede in Irlanda. 29 Il sig. Chinedu e la sig.ra Babucke si sono sposati in Irlanda il 3 luglio 2006. 30 Con istanza depositata presso il Ministro il 1° agosto 2006, il sig. Chinedu ha chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 17 aprile 2007, in quanto il sig. Chinedu non soddisfaceva il presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, imposto dall’art. 3, n. 2, del decreto del 2006. 31 Il sig. Chinedu e la sig.ra Babucke hanno proposto ricorso avverso tale decisione. La causa Igboanusi 32 Il sig. Igboanusi, cittadino nigeriano, è giunto in Irlanda il 2 aprile 2004 ed ha chiesto asilo politico. La sua domanda è stata respinta in data 31 maggio 2005 ed il Ministro ha emesso un decreto di espulsione a suo carico il 15 settembre 2005. 33 La sig.ra Batkowska, cittadina polacca, risiede e lavora in Irlanda sin dall’aprile del 2006. 34 Il sig. Igboanusi e la sig.ra Batkowska si sono incontrati in Irlanda e ivi hanno contratto matrimonio in data 24 novembre 2006. 35 Il 27 febbraio 2007, il sig. Igboanusi ha chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell’Unione. Questa domanda è stata respinta con provvedimento del Ministro 27 agosto 2007, in quanto il 68
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 sig. Igbonausi non soddisfaceva il presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, stabilito dall’art. 3, n. 2, del decreto del 2006. 36 Il sig. Igboanusi e la sig.ra Batkowska hanno proposto ricorso avverso tale decisione. 37 Il 16 novembre 2007, il sig. Igboanusi è stato sottoposto ad arresto e detenzione in esecuzione del decreto d’espulsione adottato a suo carico. Egli è stato espulso verso la Nigeria nel dicembre del 2007. La causa principale e le questioni pregiudiziali 38 Le quattro cause sono state riunite per la decisione nel merito. 39 Tutti i ricorrenti nelle cause principali hanno sostenuto, in sostanza, che l’art. 3, n. 2, del decreto del 2006 è in contrasto con la direttiva 2004/38. 40 Essi hanno sostenuto che i cittadini di paesi terzi, coniugi di cittadini dell’Unione, sono titolari di un diritto, derivato e dipendente da quello del cittadino dell’Unione, di circolare e soggiornare in uno Stato membro diverso da quello di cui quest’ultimo è cittadino, diritto che deriverebbe dal mero vincolo familiare. 41 La direttiva 2004/38 disciplinerebbe in modo tassativo i presupposti di ingresso e soggiorno in uno Stato membro di un cittadino dell’Unione, originario di un altro Stato membro, e dei suoi familiari, di modo che gli Stati membri non sarebbero legittimati ad imporre presupposti supplementari. Poiché la direttiva non prevede assolutamente il presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, quale stabilito dalla normativa irlandese, quest’ultima si troverebbe in contrasto con il diritto comunitario. 42 I ricorrenti nella causa principale hanno sostenuto parimenti che il cittadino di un paese terzo, che diviene familiare di un cittadino dell’Unione durante il soggiorno di quest’ultimo in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, accompagna il detto cittadino ai sensi degli artt. 3, n. 1, e 7, n. 2, della direttiva 2004/38. 43 Il Ministro ha replicato, in sostanza, che la direttiva 2004/38 non osta al presupposto del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, di cui all’art. 3, n. 2, del decreto del 2006. 44 Esisterebbe una ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Comunità, in base alla quale gli Stati membri sono competenti in materia di ingresso in uno Stato membro di cittadini di paesi terzi provenienti dall’esterno del territorio comunitario, mentre la Comunità è competente a disciplinare la circolazione di cittadini dell’Unione e dei loro familiari all’interno dell’Unione. 45 La direttiva 2004/38 riconoscerebbe pertanto agli Stati membri un potere discrezionale di imporre ai cittadini di paesi terzi, coniugi di cittadini dell’Unione, il presupposto di un previo soggiorno legale in un altro Stato membro. Peraltro, la conformità di un siffatto presupposto con il diritto comunitario discenderebbe dalle sentenze 23 settembre 2003, causa C-109/01, Akrich (Racc. pag. I-9607), e 9 gennaio 2007, causa C-1/05, Jia (Racc. pag. I-1). 46 Il giudice del rinvio sottolinea che nessuno dei matrimoni di cui trattasi nella causa principale è un matrimonio fittizio. 47 Ritenendo che la soluzione della controversia principale dipenda dall’interpretazione della direttiva 2004/38, la High Court ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se la direttiva 2004/38/CE consenta ad uno Stato membro di prevedere un requisito generale secondo cui, per poter beneficiare delle disposizioni di detta 69
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 direttiva, il coniuge extracomunitario di un cittadino dell’Unione deve avere soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima di giungere nello Stato membro ospitante. 2) Se l’ambito di applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 comprenda il cittadino di uno Stato terzo che: – sia coniugato con un cittadino dell’Unione che soggiorna nello Stato membro ospitante e soddisfa il requisito posto dall’art. 7, n. 1, lett. a), b) o c), e – soggiorni nello Stato membro ospitante con il cittadino dell’Unione in qualità di suo coniuge, indipendentemente dalla data o dal luogo del loro matrimonio o dalla data o dalle modalità dell’ingresso del cittadino dello Stato terzo nello Stato membro ospitante. 3) In caso di soluzione negativa della questione precedente: se l’ambito di applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38/CE comprenda il coniuge, avente la cittadinanza di uno Stato terzo, di un cittadino dell’Unione che: – sia coniugato con un cittadino dell’Unione che soggiorna nello Stato membro ospitante e soddisfa il requisito posto dall’art. 7, n. 1, lett. a), b) o c), e – soggiorni nello Stato membro ospitante con il cittadino dell’Unione in qualità di suo coniuge, – sia entrato nello Stato membro ospitante indipendentemente dal cittadino dell’Unione, e – abbia successivamente contratto matrimonio con il cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante». Sulla prima questione 48 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se la direttiva 2004/38 osti alla normativa di uno Stato membro, la quale impone al cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in questo Stato membro di cui non ha la cittadinanza, di avere previamente soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima del suo arrivo nello Stato membro ospitante, al fine di beneficiare delle disposizioni della detta direttiva. 49 In primo luogo, occorre rilevare che, per quanto concerne i familiari di un cittadino dell’Unione, nessuna disposizione della direttiva 2004/38 subordina l’applicazione di quest’ultima al presupposto che essi abbiano soggiornato previamente in uno Stato membro. 50 Infatti la direttiva 2004/38, ai sensi dell’art. 3, n. 1, della medesima, si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari, secondo la definizione datane dall’art. 2, punto 2, della medesima direttiva, i quali lo accompagnino o lo raggiungano in questo Stato membro. Ebbene, la definizione di familiari contenuta nell’art. 2, punto 2, della direttiva 2004/38 non pone distinzioni a seconda che essi abbiano già soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro. 51 Occorre parimenti sottolineare che gli artt. 5, 6, n. 2, e 7, n. 2, della direttiva 2004/38 concedono il godimento dei diritti di ingresso, di soggiorno sino a tre mesi e di soggiorno per più di tre mesi nello Stato membro ospitante ai cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione che essi accompagnino o raggiungano in questo Stato membro, senza fare riferimento al luogo o ai presupposti del loro soggiorno precedente all’arrivo nel citato Stato membro. 70
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 52 In particolare, l’art. 5, n. 2, primo comma, della direttiva 2004/38 dispone che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso, a meno che essi non siano in possesso di una valida carta di soggiorno, ai sensi dell’art. 10 della medesima direttiva. Dal momento che, come si evince dagli artt. 9, n. 1, e 10, n. 1, della direttiva 2004/38, la carta di soggiorno è il documento che accerta il diritto di soggiorno superiore a tre mesi in uno Stato membro dei familiari di un cittadino dell’Unione che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro, la circostanza che il citato art. 5, n. 2, preveda l’ingresso, nello Stato membro ospitante, di familiari di un cittadino dell’Unione sprovvisti di carta di soggiorno pone in evidenza che la direttiva 2004/38 può applicarsi parimenti ai familiari che non soggiornavano già legalmente in un altro Stato membro. 53 Parimenti, l’art. 10, n. 2, della direttiva 2004/38, il quale elenca in via tassativa i documenti che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, possono essere tenuti a fornire allo Stato membro ospitante al fine di ottenere il rilascio della carta di soggiorno, non prevede la facoltà per lo Stato membro ospitante di esigere documenti che dimostrino un eventuale previo soggiorno legale in un altro Stato membro. 54 Alla luce di ciò, la direttiva 2004/38 dev’essere interpretata nel senso che essa si applica a qualsiasi cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 2, punto 2, della detta direttiva, il quale accompagna o raggiunge il cittadino dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui egli ha la cittadinanza, e gli conferisce diritti di ingresso e di soggiorno in questo Stato membro, senza fare distinzioni secondo che il detto cittadino di un paese terzo abbia già soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro. 55 Quest’interpretazione è corroborata dalla giurisprudenza della Corte concernente gli atti di diritto derivato in materia di libera circolazione delle persone, adottati anteriormente alla direttiva 2004/38. 56 Ancor prima di adottare la direttiva 2004/38, il legislatore comunitario ha riconosciuto l’importanza di garantire la tutela della vita familiare dei cittadini degli Stati membri al fine di eliminare gli ostacoli all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal trattato CE (sentenze 11 luglio 2002, causa C-60/00, Carpenter, Racc. pag. I-6279, punto 38, 25 luglio 2002, causa C-459/99, MRAX, Racc. pag. I-6591, punto 53; 14 aprile 2005, causa C-157/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-2911, punto 26; 31 gennaio 2006, causa C-503/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-1097, punto 41; 27 aprile 2006, causa C-441/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3449, punto 109, e 11 dicembre 2007, causa C-291/05, Eind, Racc. pag. I-10719, punto 44). 57 A questo scopo, il legislatore comunitario ha esteso ampiamente, nel regolamento n. 1612/68 e nelle direttive in materia di libera circolazione delle persone adottate anteriormente alla direttiva 2004/38, l’applicazione del diritto comunitario in materia di ingresso e di soggiorno nel territorio degli Stati membri ai cittadini di paesi terzi, coniugi di cittadini di Stati membri (v., in tal senso, sentenza 31 gennaio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 41). 58 È esatto che la Corte ha dichiarato, nei punti 50 e 51 della citata sentenza Akrich, che, per poter godere dei diritti di cui all’art. 10 del regolamento n. 1612/68, il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione, deve soggiornare legalmente in uno Stato membro quando il suo spostamento avviene 71
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 verso un altro Stato membro, in cui il cittadino dell’Unione emigri o sia emigrato. Tuttavia, questa conclusione dev’essere ripensata. Infatti, il godimento di diritti di tal genere non può dipendere da un previo soggiorno legale di un siffatto coniuge in un altro Stato membro (v., in tal senso, citata sentenza MRAX, punto 59, e 14 aprile 2005, Commissione/Spagna, punto 28). 59 La medesima interpretazione dev’essere adottata, a fortiori, in relazione alla direttiva 2004/38, la quale ha modificato il regolamento n. 1612/68 e abrogato le precedenti direttive in materia di libera circolazione delle persone. Infatti, come risulta dal suo terzo ‘considerando’, la direttiva 2004/38 ha lo scopo, in particolare, di «rafforzare i diritti di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione», di modo che questi ultimi non possono trarre diritti da questa direttiva in misura minore rispetto agli atti di diritto derivato che essa modifica o abroga. 60 In secondo luogo, l’interpretazione della direttiva 2004/38 ora illustrata è conforme alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Comunità. 61 Infatti, è pacifico che la Comunità trae dagli artt. 18, n. 2, CE, 40 CE, 44 CE e 52 CE – sulla base dei quali, in particolare, è stata adottata la direttiva 2004/38 – la competenza ad adottare i provvedimenti necessari alla realizzazione della libera circolazione dei cittadini dell’Unione. 62 A tal riguardo, come già sottolineato nel punto 56 della presente motivazione, se i cittadini dell’Unione non fossero autorizzati a condurre una normale vita di famiglia nello Stato membro ospitante, sarebbe seriamente ostacolato l’esercizio delle libertà loro garantite dal trattato. 63 Di conseguenza, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dai detti articoli del trattato, il legislatore comunitario può disciplinare i presupposti di ingresso e di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione nel territorio degli Stati membri quando l’impossibilità, per il cittadino dell’Unione, di essere accompagnato dalla sua famiglia o raggiunto dalla medesima nello Stato membro ospitante potrebbe ledere la sua libertà di circolazione, dissuadendolo dall’esercitare i suoi diritti di ingresso e soggiorno nel detto Stato membro. 64 Ebbene, il diniego, da parte dello Stato membro ospitante, di riconoscere i diritti di ingresso e soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione è tale da dissuadere quest’ultimo dal trasferirsi o dal risiedere nel detto Stato membro, anche qualora i suoi familiari non soggiornino già legalmente nel territorio di un altro Stato membro. 65 Ne consegue che il legislatore comunitario è competente a disciplinare, come esso ha fatto mediante la direttiva 2004/38, l’ingresso e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, nello Stato membro in cui quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, ivi compreso il caso in cui i familiari non soggiornavano già legalmente in un altro Stato membro. 66 Di conseguenza, dev’essere respinta l’analisi del Ministro nonché di diversi fra i governi che hanno depositato osservazioni, in base alla quale gli Stati membri resterebbero competenti in via esclusiva, fatto salvo il titolo IV della terza parte del trattato, a disciplinare il primo ingresso nel territorio comunitario dei familiari di un cittadino dell’Unione che siano cittadini di paesi terzi. 67 Del resto, riconoscere agli Stati membri una competenza in via esclusiva a concedere o negare l’ingresso e il soggiorno nel loro territorio ai cittadini di paesi terzi, familiari di cittadini dell’Unione, che non abbiano già soggiornato legalmente 72
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 in un altro Stato membro, avrebbe come conseguenza che la libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione in uno Stato membro di cui essi non abbiano la cittadinanza varierebbe da uno Stato membro all’altro, in funzione delle disposizioni di diritto nazionale in materia di immigrazione, dato che alcuni Stati membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione, mentre altri li negano. 68 Un siffatto risultato sarebbe inconciliabile con l’obiettivo, di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), CE, di un mercato interno contrassegnato dall’abolizione, tra Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone. La realizzazione di un mercato interno implica che i presupposti di ingresso e soggiorno di un cittadino dell’Unione in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza siano gli stessi in tutti gli Stati membri. Pertanto, la libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione dev’essere interpretata come il diritto di abbandonare un qualsiasi Stato membro – e, in particolare, lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza – per stabilirsi, alle stesse condizioni, in un qualsiasi altro Stato membro, diverso dallo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza. 69 Per di più, l’analisi ricordata nel punto 66 della presente motivazione giungerebbe al risultato paradossale che uno Stato membro sarebbe tenuto ad autorizzare, in forza della direttiva del Consiglio 22 settembre 2003, 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare GU L 251, pag. 12), l’ingresso e il soggiorno del coniuge del cittadino di un paese terzo, legalmente residente nel suo territorio, quando tale coniuge non risiede già legalmente in un altro Stato membro, ma sarebbe libero di negare l’ingresso e il soggiorno del coniuge di un cittadino dell’Unione nelle stesse circostanze. 70 Di conseguenza, la direttiva 2004/38 attribuisce a qualsiasi cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 2, punto 2, della detta direttiva, il quale accompagna o raggiunge il citato cittadino dell’Unione in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui egli ha la cittadinanza, diritti di ingresso e soggiorno nello Stato membro ospitante, a prescindere dal fatto che il detto cittadino di un paese terzo abbia già soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro. 71 Il Ministro nonché numerosi fra i governi che hanno presentato osservazioni asseriscono tuttavia che, in un panorama contrassegnato da una forte pressione migratoria, è necessario controllare l’immigrazione alle frontiere esterne della Comunità, il che presuppone un esame individuale di tutte le circostanze che accompagnano il primo ingresso nel territorio comunitario. Ebbene, un’interpretazione della direttiva 2004/38, che vietasse a uno Stato membro di pretendere un previo soggiorno legale in un altro Stato membro, stroncherebbe il potere degli Stati membri di controllare l’immigrazione alle loro frontiere esterne. 72 Il Ministro sostiene, in particolare, che quest’interpretazione avrebbe gravi conseguenze per gli Stati membri, comportando un enorme aumento del numero di persone che potrebbero godere di un diritto di soggiorno all’interno della Comunità. 73 A tal riguardo occorre replicare, da un lato, che dalla direttiva 2004/38 a trarre diritti di ingresso e di soggiorno in uno Stato membro non sono tutti i cittadini di paesi terzi, bensì unicamente quelli che risultino familiari, ai sensi dell’art. 2, punto 2, della detta direttiva, di un cittadino dell’Unione che abbia 73
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 esercitato il suo diritto alla libera circolazione, stabilendosi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui egli ha la cittadinanza. 74 Dall’altro, la direttiva 2004/38 non priva gli Stati membri di qualsiasi potere di controllo sull’ingresso nel loro territorio dei familiari di cittadini dell’Unione. Infatti, in forza del titolo VI della detta direttiva, gli Stati membri possono negare, quando ciò risulti giustificato, l’ingresso e il soggiorno per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. Ebbene, un diniego del genere è basato su un esame individuale del singolo caso specifico. 75 Inoltre, conformemente all’art. 35 della direttiva 2004/38, gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare qualsiasi diritto conferito dalla detta direttiva nelle ipotesi di abuso di diritto o frode, quali i casi di matrimoni fittizi; qualsiasi misura di questo tipo dev’essere comunque proporzionata e soggetta alle garanzie procedurali previste dalla medesima direttiva. 76 Gli stessi governi sostengono poi che la citata interpretazione della direttiva 2004/38 porterebbe ad un’ingiustificata discriminazione a rovescio, in quanto i cittadini dello Stato membro ospitante, che non abbiano mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione, non trarrebbero dall’ordinamento comunitario diritti di ingresso e soggiorno per i loro familiari, cittadini di paesi terzi. 77 A tal riguardo, per giurisprudenza consolidata le norme del trattato in materia di libera circolazione delle persone e gli atti adottati in esecuzione di queste ultime non possono essere applicati ad attività, che non presentino nessun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni previste dal diritto comunitario e i cui elementi rilevanti, nel loro complesso, restino confinati all’interno di un unico Stato membro (sentenza 1° aprile 2008, causa C-212/06, Gouvernement de la Communauté française et gouvernement wallon, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33). 78 Di conseguenza, l’eventuale disparità di trattamento tra questi cittadini dell’Unione e quelli che abbiano esercitato la loro libertà di circolazione, per quanto concerne l’ingresso e il soggiorno dei loro familiari, esula dalla sfera di applicazione del diritto comunitario. 79 Peraltro, occorre ricordare che tutti gli Stati membri sono firmatari della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, la quale proclama, nel suo art. 8, il diritto al rispetto della vita privata e familiare. 80 Pertanto, occorre risolvere la prima questione dichiarando che la direttiva 2004/38 osta alla normativa di uno Stato membro, la quale impone al cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in questo Stato membro di cui non ha la cittadinanza, di avere previamente soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima del suo arrivo nello Stato membro ospitante, per poter beneficiare delle disposizioni della detta direttiva. Sulla seconda questione 81 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il coniuge di un cittadino dell’Unione, il quale abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, accompagni o raggiunga il detto cittadino ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 e, di conseguenza, goda delle disposizioni di questa direttiva, 74
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 indipendentemente dal luogo e dalla data del matrimonio, nonché dalle circostanze nelle quali egli ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante. 82 A titolo preliminare occorre ricordare che, come risulta dai ‘considerando’ primo, quarto e undicesimo della direttiva 2004/38, quest’ultima mira ad agevolare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che il trattato conferisce direttamente ai cittadini dell’Unione. 83 Peraltro, come sottolinea il quinto ‘considerando’ della direttiva 2004/38, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di dignità, il diritto di tutti i cittadini dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri dovrebbe essere concesso parimenti ai loro familiari, a prescindere dalla cittadinanza di questi ultimi. 84 In considerazione del contesto e degli scopi perseguiti dalla direttiva 2004/38, le disposizioni della medesima non possono essere interpretate restrittivamente e, comunque, non devono essere private della loro efficacia pratica (v., in tal senso, sentenza Eind, cit., punto 43). 85 L’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 dispone che quest’ultima si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari, come definiti dall’art. 2, punto 2, della medesima direttiva, che lo accompagnino o lo raggiungano. 86 Gli artt. 6 e 7 della direttiva 2004/38, riguardanti, rispettivamente, il diritto di soggiorno sino a tre mesi e il diritto di soggiorno per più di tre mesi, dispongono parimenti che i familiari di un cittadino dell’Unione, i quali non hanno la cittadinanza di uno Stato membro, «accompagnino» o «raggiungano» quest’ultimo nello Stato membro ospitante, per godere ivi di un diritto di soggiorno. 87 In primo luogo, nessuna di queste disposizioni richiede che il cittadino dell’Unione abbia già costituito una famiglia nel momento in cui si trasferisce nello Stato membro ospitante affinché i suoi familiari, cittadini di paesi terzi, possano godere dei diritti istituiti dalla detta direttiva. 88 Avendo previsto che i familiari del cittadino dell’Unione possano raggiungere quest’ultimo nello Stato membro ospitante, il legislatore comunitario ha ammesso, al contrario, la possibilità che il cittadino dell’Unione costituisca una famiglia solo dopo aver esercitato il suo diritto di libera circolazione. 89 Siffatta interpretazione è conforme alla finalità della direttiva 2004/38, la quale mira a facilitare l’esercizio del diritto fondamentale di soggiorno dei cittadini dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui essi hanno la cittadinanza. Infatti, quando un cittadino dell’Unione costituisce una famiglia dopo essersi stabilito nello Stato membro ospitante, il diniego opposto da questo Stato membro di autorizzare i suoi familiari, cittadini di paesi terzi, a raggiungerlo ivi sarebbe tale da distoglierlo dal continuare a risiedere nel detto Stato e ad indurlo ad abbandonarlo, per poter condurre una vita familiare in un altro Stato membro o in un paese terzo. 90 Di conseguenza, occorre constatare che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, ricavano dalla direttiva 2004/38 il diritto di raggiungere il detto cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante, a prescindere dal fatto che quest’ultimo si sia stabilito ivi prima di o dopo aver costituito una famiglia. 75
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 91 In secondo luogo, occorre determinare se, quando il cittadino di un paese terzo è entrato in uno Stato membro prima di divenire familiare di un cittadino dell’Unione, il quale soggiorni in questo Stato membro, egli accompagni o raggiunga il detto cittadino dell’Unione ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38. 92 È ininfluente che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, abbiano fatto ingresso nello Stato membro ospitante prima di o dopo essere divenuti familiari del detto cittadino dell’Unione, dato che il diniego opposto dallo Stato membro ospitante di concedere loro un diritto di soggiorno sarebbe comunque tale da dissuadere il menzionato cittadino dell’Unione dal continuare a risiedere nel detto Stato membro. 93 Di conseguenza, alla luce della necessità di non interpretare le disposizioni della direttiva 2004/38 in modo restrittivo e di non privarle della loro efficacia pratica, occorre interpretare i termini «familiari (…) che accompagnino (…) il cittadino medesimo», contenuti nell’art. 3, n. 1, della detta direttiva, riferendoli nel contempo ai familiari di un cittadino dell’Unione che abbiano fatto ingresso con quest’ultimo nello Stato membro ospitante e a quelli che soggiornano con lui in questo Stato membro, senza che occorra distinguere, in questo secondo caso, secondo che i cittadini di paesi terzi abbiano fatto ingresso nel citato Stato membro prima o dopo del cittadino dell’Unione o prima di o dopo essere divenuti suoi familiari. 94 L’applicazione della direttiva 2004/38 ai soli familiari di un cittadino dell’Unione i quali «accompagnino» o «raggiungano» quest’ultimo equivale infatti a limitare i diritti di ingresso e di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione allo Stato membro dove quest’ultimo risiede. 95 Dal momento che il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, ricava dalla direttiva 2004/38 diritti di ingresso e di soggiorno nello Stato membro ospitante, quest’ultimo può limitare tali diritti solo nel rispetto degli artt. 27 e 35 della detta direttiva. 96 L’osservanza del citato art. 27 si impone, in particolare, quando lo Stato membro intende sanzionare il cittadino di un paese terzo per aver fatto ingresso e/o aver soggiornato nel suo territorio in violazione delle norme nazionali in materia di immigrazione, prima di divenire familiare di un cittadino dell’Unione. 97 Tuttavia, anche qualora il comportamento personale dell’interessato non giustifichi l’adozione di misure di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, ai sensi dell’art. 27 della direttiva 2004/38, lo Stato membro conserva il diritto di adottare nei suoi confronti altre sanzioni che non siano lesive della libertà di circolazione e di soggiorno, quali un’ammenda, a condizione che esse siano proporzionate (v., in tal senso, sentenza MRAX, cit., punto 77 e giurisprudenza ivi citata). 98 In terzo luogo, né l’art. 3, n. 1, né nessun’altra disposizione della direttiva 2004/38 contiene prescrizioni concernenti il luogo in cui sia stato contratto il matrimonio del cittadino dell’Unione con il cittadino di un paese terzo. 99 Pertanto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino dell’Unione, beneficia delle disposizioni della detta direttiva, a prescindere dal 76
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    DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEAN.1 -2013 luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale il detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante. Sulla terza questione 100 Alla luce della soluzione data alla seconda questione pregiudiziale, non occorre risolvere la terza questione. Sulle spese 101 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 1) La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, osta alla normativa di uno Stato membro la quale impone al cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in questo Stato membro di cui non ha la cittadinanza, di avere previamente soggiornato legalmente in un altro Stato membro prima del suo arrivo nello Stato membro ospitante, per poter beneficiare delle disposizioni della detta direttiva. 2) L’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/38 dev’essere interpretato nel senso che il cittadino di un paese terzo, coniuge di un cittadino dell’Unione che soggiorna in uno Stato membro di cui non ha la cittadinanza, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino dell’Unione, gode delle disposizioni della detta direttiva, a prescindere dal luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale il detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante. Firme * Lingua processuale: l’inglese. 77