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1) STORIA E PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'INTEGRAZIONE EUROPEA
a) Cenni storici
b) Le personalità importanti:
i. Altiero Spinelli
ii. Konrad Adenauer
iii. Alcide de Gasperi
iv. Jean Monnet
v. Paul-Henri Spaak
vi. Robert Schuman
vii. Gaetano Martino
viii.Valery Giscard d'Estaing
ix. Jacques Delors
x. Helmut Kohl
xi. Javier Solana
xii. Romano Prodi
c) Gli eventi di rilievo
d) I principi fondamentali dell'UE
e) Gli obiettivi dell'UE
f) I simboli dell'Unione
2) LE ISTITUZIONI E I TRATTATI
a) Le competenze dell'Unione
b) Le istituzioni europee
c) L'ordinamento giuridico comunitario
d) I Trattati
e) Il triangolo istituzionale
f) Il Patto di stabilità e crescita
3) LA COSTITUZIONE EUROPEA E IL FUTURO DELL'UNIONE
a) La Carta dei Diritti Fondamentali
b) La convenzione europea
c) Il cammino della Convenzione
d) La costituzione dell'Europa unita
e) La cittadinanza dell'Unione e i diritti dei cittadini
f) Il futuro dell'Europa
4) ALLARGAMENTO E POLITICHE DI PROSSIMITÀ
a) L'adesione di un nuovo Stato all'Unione
b) I criteri di adesione
c) L'Agenda 2000
d) Allargamento
e) Valutazioni sull'allargamento
f) Le politiche di prossimità
5) L'EURO E LE POLITICHE DELL'UNIONE
a) L'integrazione come sinonimo di politiche comuni
i. Politica agricola comune
ii. Politica commerciale
iii. Politica economica
iv. Politica monetaria
v. Politica regionale
vi. Coesione economica e sociale
vii. Politica estera e di sicurezza comune
viii.Altre politiche
b) Il progresso europeo
c) Innovazione e Strategia di Lisbona
d) Il Cammino verso la moneta unica
e) I criteri di convergenza
f) Il mercato Unico
6) L'Europa e i GIOVANI
a) I programmi europei per i giovani
b) Convenzione europea dei giovani
c) Lavorare nelle istituzioni europee
d) Guida alle elezioni europee
e) Il problema della disoccupazione
f) L'immigrazione
ACCORDO EUROPEO e ACCORDI DI ASSOCIAZIONE
L'accordo europeo indica una forma specifica di accordo d'associazione, concluso tra
l'Unione europea ed alcuni Stati dell'Europa centrale ed orientale (articolo 238 del trattato
CE). L'obiettivo dell'accordo era di preparare la futura adesione all'Unione europea dello
Stato associato e aveva come fondamento il rispetto dei principi dei diritti umani, della
democrazia, dello Stato di diritto e dell'economia di mercato.
Concluso per un periodo illimitato, l'accordo europeo comporta molteplici elementi:
• una componente politica, che prevede consultazioni bilaterali e multilaterali su
qualsiasi questione di interesse comune;
• una componente commerciale al fine di instaurare una zona di libero scambio;
• la cooperazione a livello economico, culturale e finanziario;
• il ravvicinamento delle legislazioni, in particolare per quanto riguarda la proprietà
intellettuale e le regole di concorrenza.
Sul piano istituzionale, la gestione generale dell'accordo europeo spettava al Consiglio di
associazione, composto, da un lato, da rappresentanti del Consiglio e della Commissione
e, dall'altro, da rappresentanti del governo dello Stato associato. Un comitato di
associazione composto da membri del Consiglio di associazione, provvedeva alla
sorveglianza dei lavori e preparava le delibere del Consiglio di associazione. Infine era
prevista una commissione parlamentare d'associazione, composta da membri del
parlamento europeo e del parlamento nazionale dello Stato associato, il cui compito era di
formulare raccomandazioni al Consiglio di associazione.
Dieci paesi dell'Europa centrale e orientale (ad eccezione dell'Albania e degli Stati sorti
dall'ex Iugoslavia, tranne la Slovenia) avevano con l'Unione europea importanti scambi
commerciali che la firma di accordi europei ha reso molto più dinamici.
Gli accordi europei costituivano il quadro giuridico dell'associazione fra i paesi candidati e
l'Unione europea. Riguardavano le relazioni politiche ed economiche fra i partner e si
prefiggevano di creare un quadro adeguato per la progressiva integrazione dei paesi
candidati nella Comunità. Gli accordi europei furono conclusi con la Bulgaria, la Repubblica
ceca, l'Ungheria, la Polonia, la Romania, la Slovacchia, la Slovenia, l'Estonia, la Lettonia e la
Lituania.
Tali accordi, volti ad istituire una zona di libero scambio entro il 2002, prevedevano la
liberalizzazione degli scambi dei prodotti industriali e la cooperazione economica in numerosi
settori. Consentivano di discutere dei progressi della preparazione all'adesione, a livello
ministeriale e in sede di consigli di associazione. Dato che gli accordi di associazione
riguardavano gran parte dei settori legati all'acquis comunitario, furono utilizzati per aiutare
i paesi candidati ad elaborare un programma nazionale di recepimento dell'acquis e ad
adottare le norme giuridiche comunitarie prima dell'adesione.
Gli accordi di associazione con Cipro, Malta e la Turchia riguardavano gli stessi settori di
quelli dei paesi dell'Europa centrale e orientale (ad eccezione del dialogo politico) e si
prefiggevano di creare un'unione doganale. La Turchia ha già firmato un accordo di unione
doganale con l'Unione europea nel 1995.
PARTENARIATO EURO-MEDITERRANEO
Il Partenariato Euro-Mediterraneo si realizza attraverso accordi di associazione tra l’UE e i
Paesi Terzi del Mediterraneo (PTM). A questo proposito bisogna ricordare che tale formula di
partenariato bilaterale viene applicata solo a nove dei PTM, in quanto la Turchia prima, e
Malta e Cipro poi, hanno firmato degli accordi di associazione di preparazione all’adesione
all’UE.
Gli accordi di associazione sono simili ad accordi di libero scambio anche se vanno al di là di
una dimensione prettamente commerciale. Pur differendo da Paese a Paese, il contenuto di
tale accordi, in base ai i principi stabiliti per il Partenariato Euro-Mediterraneo, prevede per
tutti le seguenti tematiche:
- Rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, come condizione necessaria per la
conclusione di un accordo;
- Libero scambio di merci e servizi secondo quanto previsto dagli accordi del World Trade
Organization (WTO), e armonizzazione tra le parti per la protezione dei diritti intellettuali e
lo scambio di altri beni economici;
- Cooperazione finanziaria con aiuti previsti dall’Unione europea a sostegno delle economie
di ogni singolo Stato e dell’intera regione;
- Cooperazione sociale e culturale soprattutto in materia di diritti dei lavoratori e di lotta
all’emigrazione clandestina;
- Istituzioni comuni, che prevedono un Consiglio di Associazione (a livello di ministri e da
riunirsi almeno una volta l’anno) e un Comitato (a livello di ambasciatori) che assiste il
Consiglio.
Al momento accordi di cooperazione sono stati firmati con la Tunisia (luglio del 1995),
Israele (novembre 1995), il Marocco (febbraio 1996), l’Autorità Palestinese (febbraio 1997)
e la Giordania (novembre 1997). Sono stati avviati anche negoziati con l’Egitto, il Libano e
l’Algeria, mentre i negoziati con la Siria sono in via di preparazione.
NEGOZIATI DI ADESIONE
Il processo di adesione dei 10 Stati membri recentemente entrati nell'UE è iniziato il 30
marzo 1998 con la prima serie dei paesi candidati (il gruppo di Lussemburgo).
I negoziati di adesione riguardano la capacità dei candidati di rispettare tutti gli obblighi di
uno Stato membro dell'Unione europea e di applicare l'acquis comunitario alla data
dell'adesione, in particolare le misure necessarie ad estendere il mercato unico, che
dovranno essere attuate immediatamente. Il negoziato riguarda inoltre gli aiuti di
preadesione che l'Unione potrà fornire per agevolare il recepimento dell'acquis. Infine, il
negoziato potrà concludersi anche se il recepimento completo dell'acquis non sarà
terminato, grazie all'applicazione di misure transitorie dopo l'adesione. Gli eventuali periodi
di transizione dovranno però essere per quanto possibile brevi e riguardare soltanto un
numero limitato di settori.
I negoziati si svolgono nel quadro delle conferenze intergovernative bilaterali, con riunioni
ogni sei mesi a livello ministeriale e ogni mese a livello degli ambasciatori.
La definizione esatta delle posizioni di negoziato viene effettuata soltanto in seguito a una
procedura di valutazione nei particolari ("screening") della situazione di ciascun paese
candidato rispetto alla normativa comunitaria e alle disposizioni relative al secondo e al
terzo pilastro.
Le posizioni comuni di negoziato sono definite dalla Commissione per ciascun capitolo di
competenza comunitaria e approvate all'unanimità dal Consiglio. I risultati dei negoziati
sono integrati in un progetto di trattato di adesione, il quale deve essere approvato
dall'Unione europea e ratificato dagli Stati membri e dai paesi candidati.
Potenziamento della strategia di preadesione
Il potenziamento della strategia di preadesione, chiesto dal Consiglio europeo di Dublino del
dicembre 1996, si basa sia su strumenti esistenti (gli accordi europei, il Libro bianco sul
mercato interno e il programma PHARE) sia su un nuovo strumento che sarà l'asse
essenziale della strategia potenziata di preadesione: i partenariati per l'adesione.
I partenariati per l'adesione, avviati il 15 marzo 1998, riuniscono in un unico quadro tre
elementi fondamentali:
• i settori prioritari per recepire l'acquis comunitario;
• la programmazione dell'assistenza finanziaria dell'Unione;
• le condizioni degli aiuti, basati sul rispetto degli obblighi derivanti dagli accordi
europei di associazione e sui progressi nel rispetto dei tre criteri di Copenaghen.
Precisano come saranno modulati tutti gli strumenti destinati ad aiutare i candidati nel
preparare l'adesione, in particolare:
• un programma nazionale di adozione dell'acquis comunitario, nel quale ciascun
candidato deve precisare le misure normative e regolamentari, le riforme delle
strutture istituzionali e amministrative e le risorse umane e di bilancio che intende
utilizzare in ciascun settore prioritario individuato dal partenariato per l'adesione;
• una valutazione congiunta delle priorità in materia di politica economica;
• un patto contro il crimine organizzato ;
• "tracciati" del mercato interno, elaborati nel 1997 dal commissario europeo
responsabile del mercato interno, per permettere ai candidati di conformarsi
all'acquis comunitario.
La Commissione si è impegna a presentare annualmente al Consiglio europeo una relazione
sui progressi ottenuti da ciascun candidato sulla via dell'adesione. La prima relazione è stata
presentata il 4 novembre 1998. La seconda relazione è stata pubblicata dalla Commissione
nell'ottobre 1999, la terza nel novembre 2000 e l'ultima nel novembre 2001.
RISORSE PROPRIE
Le risorse proprie indicano le entrate di natura fiscale concesse all'Unione europea affinché
possa finanziare le proprie spese nel rispetto dell'attuale massimale dell'1,27% del PNL
comunitario. All'origine il bilancio comunitario dipendeva dai contributi finanziari degli Stati
membri. In seguito alla decisione del 21 aprile 1970, l'autonomia finanziaria è stata
gradualmente realizzata col 1° gennaio 1978. A decorrere da questa data il bilancio
comunitario è integralmente finanziato attraverso le risorse proprie. Attualmente queste
ultime sono costituite da quattro fonti:
• i dazi agricoli e i contributi zucchero e isoglucosio: si tratta, principalmente, dei dazi
doganali agricoli nonché, nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati dello
zucchero, dei contributi alla produzione e all'immagazzinamento;
• i prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli
• i dazi doganali, ossia quelli della tariffa doganale comune (TDC) e gli altri diritti fissati
dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri: provenienti dall'applicazione della
tariffa doganale comune alle esportazioni degli Stati terzi;
• la risorsa IVA: proveniente dall'applicazione dell'aliquota uniforme all'imponibile IVA di
ciascuno Stato membro. I proventi sono ottenuti mediante applicazione di un tasso dal
1999 pari all’1%. Secondo quanto stabilito nel corso del vertice di Berlino esso è stato
ridotto allo 0,75 nel 2002 e allo 0,50 nel 2004;
• la "quarta risorsa": introdotta nel 1988, cosiddetta risorsa "complementare" in quanto è
fissata in funzione delle tre altre fonti di entrata del bilancio. Essa è fondata sul PNL,
applicando al PNL di tutti gli Stati membri un'aliquota fissata nell'ambito della procedura
di bilancio. In pratica si tratta di contributi versati dagli Stati membri qualora le
precedenti risorse non risultassero sufficienti a garantire una certa entità delle entrate
comunitarie. I versamenti al bilancio comunitario coprono lo scarto esistente tra le
precedenti risorse proprie ed una percentuale del PNL degli Stati membri fissate per il
periodo 2000-2006 all’1, 27%.
Nel 2004 lo stato di previsione delle entrate dell'Unione europea è stata di 111 miliardi di
euro, di cui circa il 48,1% provenienti dalla risorsa PNL, 24,2% dalla risorsa IVA, 10,7% da
dazi e prelievi, il 17% proveniente da altre entrate. (Fonte: Commissione europea –
Comunicato stampa IP/03/217- 2003)
Il fatto che la Comunità si finanzi mediante risorse proprie non significa che la riscossione
dei dazi, dei prelievi e delle altre entrate sia affidata alle istituzioni comunitarie: essa rimane
prerogativa degli Stati membri, i quali provvederanno a versare le somme percepite alla
Comunità.
IL BILANCIO COMUNITARIO
È il documento contabile approvato annualmente delle istituzioni comunitarie nel quale sono
dettagliatamente individuate le risorse a disposizione della Comunità europea e le relative
spese.
Tutte le entrate e le spese dell'Unione formano oggetto di previsioni annuali e sono iscritte
nel bilancio comunitario. Le entrate si basano su "risorse proprie" (dazi doganali, prelievi
agricoli, risorse provenienti dall'IVA, risorse sul Prodotto nazionale lordo) per cui il bilancio
comunitario risulta essere finanziato da entrate proprie e non da contributi a carico degli
Stati membri. Le spese vengono ripartite su periodi pluriennali ("prospettive finanziarie"),
derivanti da un accordo tra le istituzioni europee (ad es.: prospettive finanziarie 2000-
2006).
Il bilancio comunitario traduce in termini di destinazione delle risorse le priorità e gli
orientamenti perseguiti dall’Unione europea (UE), autorizzando annualmente il
finanziamento dell’insieme delle attività e degli interventi comunitari.
Il bilancio comunitario ha caratteristiche fondamentalmente diverse da quelle dei bilanci
nazionali. Ciò per la dimensione tutto sommato limitata (100 miliardi di euro, circa l’1% del
Pil comunitario), per la concentrazione su due settori di spesa (politica agricola e azioni
strutturali), per la rigidità e scarsa autonomia (spesa definita in un quadro pluriennale,
assenza di possibilità di ricorso al prestito). Un’altra differenza sostanziale sta nella
responsabilità della gestione, affidata in teoria alla sola Commissione ma di fatto trasferita
agli Stati membri, che gestiscono larga parte della spesa.
Il bilancio comunitario, così come la quasi totalità dei bilanci statali poggia su molteplici
precisi principi contabili, tra cui:
• l'unità (l'insieme delle spese e delle entrate è riunito in un unico e solo documento
sottoposto ad approvazione dell’autorità competente;);
• l'annualità (le operazioni di bilancio sono raggruppate in un esercizio finanziario
annuale);
• l'equilibrio (le spese non devono superare le entrate);
• l’universalità, che dispone che delle entrate determinate non siano correlate a delle
spese determinate, e che non ci sia compensazione tra le stesse, arrivando ad indicare
solo il relativo saldo
A questa regola si pongono due eccezioni: il regime dei dodicesimi provvisori; i bilanci
rettificativi e supplementari, che devono essere adottati col concorso di particolari condizioni
e intervenire prima del deposito del bilancio;
• la specialità che si propone di far sì che i crediti aperti non siano cumulati, ma suddivisi
per cause giustificative nel bilancio comunitario. A tal fine si prevede da un lato uno
stato generale delle entrate, dall’altro uno stato delle entrate e delle spese (es. L.488);
La Commissione ha il compito di trasmettere al Consiglio, che condivide col Parlamento
europeo l'autorità di bilancio, un progetto preliminare di bilancio. La ripartizione del potere
tra queste due istituzioni è stabilita in funzione della natura delle spese: spese obbligatorie
o spese non obbligatorie. Tuttavia a prescindere dalla classificazione delle spese e della
conseguente ripartizione del potere, merita ricordare che, in ultima istanza, spetta al
Parlamento europeo adottare o respingere il bilancio nella sua integralità.
La Commissione Prodi ha iniziato un sistema di gestione basato sulle attività (GBA) che
consiste a definire le risorse finanziarie consacrate ai programmi insieme alle spese di
gestione corrispondenti. Per attuare questo nuovo sistema è stato necessario riformare la
struttura del bilancio e il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle
Comunità europee.
L’obiettivo principale è di garantire che l’allocazione delle risorse s’inserisca in un processo
politico e sia compatibile con le priorità e gli obiettivi politici fissati previamente. In questo
modo l’attività diventa il comune denominatore di un quadro concettuale comune dove
s’inseriscono le priorità, la pianificazione, la stesura del bilancio, il controllo e la
rendicontazione. La separazione tradizionale tra gli stanziamenti di funzionamento e quelli
operativi è sostituita da una struttura che mette in evidenza non solo il costo delle
politiche comuni ma anche i suoi fabbisogni in termini di risorse umane e di altri tipi di
assistenza tecnica.
Per la sezione III del bilancio (relativa alla Commissione europea) una nuova
nomenclatura entra in vigore. Le spese sono raggruppate in 30 politiche e in 200 attività
correlate, ciascuna delle quali collegate alla relativa Direzione generale della Commissione.
Si mantengono i titoli, i capitoli, gli articoli e le voci con la differenza che ciasun titolo del
BBA include sia le spese di funzionamento sia le spese operative per una data politica. I
titoli indicano il costo complessivo di una politica, i capitoli le sue attività, gli articoli e le
voci corrispondono ai programmi e ai progetti. Uno dei capitoli contiene le risorse
amministrative assegnate ad una determinata politica e la sua struttura è identica per tutti
i titoli.
L’entrata in vigore della nuova struttura del bilancio dipende dal nuovo regolamento
finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee, adottato
definitivamente dal Consiglio in giugno 2002, e indirettamente dall’adozione del
regolamento recante le modalità d’esecuzione del regolamento finanziario ancora
all’esame del Consiglio.
Col nuovo regolamento finanziario si migliora la presentazione e chiarezza del testo che
contiene solo i principi e le definizioni essenziali rinviando al regolamento sulle modalità
d’esecuzione tutte le precisazioni e le norme d’attuazione concrete.
Si adotta di una nuova struttura per il bilancio secondo la nuova gestione per attività.
Le autorità di bilancio (Parlamento e Consiglio) riceveranno maggiori informazioni dai
servizi di contabilità sia per la formazione del bilancio sia per la sua esecuzione.
Semplificazione delle modalità di trasferimento dei crediti da una ligna di bilancio ad
un’altra
Razionalizzazione dei metodi d’esecuzione che possono essere gestione centralizzata,
concorrente (con gli Stati membri) o dencentrata (con gli Stati beneficiari degli aiuti
esterni), o gestione congiunta con degli organismi internazionali.
Modernizzazione della gestione finanziaria centrandola sui risultati e le performances.
Meno eccezioni alle regole.
Regole contabili più moderne.
Trasparenza e prevenzione delle frodi durante gli appalti di gara.
Il nuovo regolamento finanziario è entrato in vigore il 1 gennaio 2003, dopo l'adozione del
progetto di regolamento sulle modalità d’esecuzione. Quest’ultimo, per quanto riguarda il
titolo sulle sovvenzioni, stipula che la Commissione europea deve adottare un programma
di lavoro annuale in materia di sovvenzioni e pubblicarlo nel sito Internet entro il 31
gennaio di ogni esercizio. Il programma di lavoro deve precisare l’atto di base, gli obiettivi,
il calendario degli inviti a presentare proposte corredate dal rispettivo importo indicativo e
i risultati desiderati. Gli inviti a presentare proposte precisano gli obiettivi perseguiti, i
criteri d’ammissibilità, di selezione e d’attribuzione, le modalità di finanziamento
comunitario, le modalità e il termine di deposito delle proposte, la data possibile d’inizio
delle azioni, e la data di chiusura della procedura d’attribuzione. Possono essere assegnate
sovvenzioni senza invito a presentare proposte nel quadro dell’aiuto umanitario, in casi
d’urgenza eccezionali, a favore di organismi identificati nell’atto di base o che si trovino in
situazione di monopolio di diritti o di fatto, e in situazioni di crisi nei paesi terzi.
DAZIO
imposta indiretta sui consumi, applicata storicamente sugli scambi tra città (dazi interni) e
tra Stati (dazi doganali o esterni). Mentre i dazi interni sono andati progressivamente
scomparendo, in quanto provocano intralci al traffico commerciale e alla localizzazione delle
industrie, i dazi doganali costituiscono ancora uno degli strumenti più efficaci del
protezionismo commerciale. I dazi doganali possono essere commisurati alla quantità della
merce che varca il confine statale (dazi specifici), oppure al valore della merce (dazi ad
valorem). I dazi all'importazione sono i più diffusi e vengono pagati all'atto dell'entrata delle
merci nel territorio dello Stato; i dazi all'esportazione, attualmente molto rari, colpiscono le
merci al momento della loro uscita dal territorio dello Stato.
Jacques Delors
Jacques Delors nasce a Parigi il 25 Luglio 1925. Autodidatta, è uno dei principali ispiratori
della “seconde gauche” e fondatore del movimento “Citoyens 60”. Nel 1962 viene nominato
capo dell’Ufficio degli Affari sociali e nel 1969 passa al Segretariato per la formazione. Nel
1974 aderisce al Partito socialista nelle cui fila viene eletto al Parlamento europeo dove
presiede la Commissione economica e monetaria. Nel 1981 viene nominato Ministro delle
finanze, carica che conserverà fino al 1984. Davanti all’aggravarsi della crisi economica,
Delors inaugura una politica di rigore e di deflazione competitiva.
Dopo aver lasciato il governo, viene nominato presidente della Commissione europea. I tre
mandati di Delors alla guida della Commissione (1985-1995) segnano un profondo rilancio
della costruzione europea. Egli propone l’“Obbiettivo 1992” (soppressione della barriere
doganali e fiscali all’interno degli Stati membri). I suoi sforzi conducono alla firma dell’Atto
Unico (1986) che estende le competenze dell’Unione sulle materie di coesione economica e
sociale. Egli presiede in seguito il comitato incaricato di studiare il progetto di una Unione
economica e monetaria il cui contributo ispirerà il Trattato di Maastricht e la nascita della
moneta unica. Firmato nel 1992, il Trattato di Maastricht aumenta considerevolmente le
competenze dell’Unione europea. Nel frattempo Delors mette mano alle politiche strutturali
dell’Unione (pacchetto Delors), alla Carta sociale europea e al progetto Erasmus. Nel 1993
esce il Libro bianco sulla competitività e l’occupazione che verrà adottato dal Consiglio
europeo nel 1993. Nel 1994 Delors lascia un’Europa profondamente rinnovata e allargata a
15 Stati.
In seguito dirige il gruppo di studio “Notre Europe” e, dal 2000, il Consiglio per
l’occupazione.
ALTIERO SPINELLI (BIOGRAFIA)
La vita di Altiero Spinelli è raccontata in due appassionanti autobiografie, "Ulisse" e "La
goccia e la roccia", che l’autore stesso ha raccolto nel ciclo Come ho tentato di diventare
saggio, a significare il processo di maturazione umana, civile, politica condotto nell’arco di
un’intera esistenza.
È uno dei padri dell’Europa unita, ideatore del Movimento federalista, da lui fondato nel
1943.
Nato a Roma il 31 agosto del 1907, Spinelli passa i primi anni in Sud America, poi torna a
Roma, dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza in una famiglia patriarcale, laica e socialista.
Studia legge all’Università La Sapienza, mentre il Paese comincia a subire la morsa della
dittatura fascista. Il giovane Altiero partecipa all’attività clandestina comunista contro il
fascismo e, nel 1927, viene arrestato e condannato dal tribunale speciale per cospirazione
contro i poteri dello Stato. Iniziano gli anni della reclusione, dieci di carcere e sei di confino.
È il tempo della sofferenza e anche della riflessione sulle sorti dell’Italia e del mondo. Studia
a fondo i testi dei federalisti angolsassoni, abbandona il colonialismo e abbraccia il
federalismo.
In quel periodo elabora, insieme a Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, il Manifesto di
Ventotene (1941), progetto per una federazione europea di Stati.
Spinelli si rende presto conto del fatto che la battaglia per la federazione europea richiede la
creazione di un'organizzazione politica nuova, immune dai feticci nazionali e dei limiti delle
ideologie tradizionali. Sulla base di questa convinzione promuove la fondazione del
Movimento Federalista Europeo (Milano, 27 - 28 agosto 1943).
Caduto il fascismo, nel 1943 Spinelli è libero di tornare a casa. Si trasferisce a Milano,
diventa membro della segreteria politica del Partito d’Azione Alta Italia - poi della segreteria
politica nazionale - e fonda il Movimento federalista europeo (Mfe). Tra il 1948 e il ’62 è
segretario generale del Movimento e anche membro del Bureau Executif e delegato generale
dell’Union européenne des Federalistes (Uef) a Parigi.
Agli inizi degli anni cinquanta, l'azione di Spinelli e del MFE sul governo italiano si rivela
decisiva per fare della costituente europea la questione centrale delle trattative
intergovernative per la creazione della Comunità europea di difesa (CED). E' grazie a questa
azione che l'Assemblea ad hoc (l'assemblea allargata della CECA) viene incaricata di
elaborare lo statuto della Comunità politica europea, cioè dell'organismo politico incaricato
di controllare l'esercito europeo.
L'Assemblea assolve al suo mandato elaborando un testo di costituzione, ma la sua opera
viene vanificata dalla mancata della CED da parte della Francia (1954).
Nonostante questa sconfitta, fra il 1954 e il 1960 Spinelli e il MFE rilanciano la lotta
federalista impegnandosi per mobilitare l'europeismo ormai diffuso in una protesta popolare
crescente -azione del Congresso del Popolo europeo- diretta contro la legittimità stessa degli
stati nazionali.
Fra il 1962 e il ’65, Spinelli fa parte della redazione del Mulino e, nel 1965, fonda l’Istituto
Affari Internazionali, dirigendolo fino al 1970.
Dopo aver abbandonato il MFE negli anni sessanta, nel 1970 viene nominato membro della
Commissione esecutiva della CEE. Dal 1976 al 1986 è membro del Parlamento europeo,
divenendo nel 1984 presidente della Commissione istituzionale. È nel Parlamento europeo
che Spinelli, per la seconda volta, ha l'opportunità di avviare un'azione di tipo costituzionale,
promuovendo all'interno del Parlamento europeo, ormai eletto direttamente, l'elaborazione
di un progetto di Trattato di Unione europea (approvato a larghissima maggioranza il 14
febbraio 1984). Questa iniziativa viene frenata e ridimensionata dalle resistenze dei governi
nazionali, che nel 1985 varano il meno ambizioso Atto Unico europeo, un trattato comunque
importante sulla via dell’integrazione.
Essa segna tuttavia l'ingresso sulla scena europea del Parlamento europeo come nuovo
soggetto politico nel processo di democratizzazione delle istituzioni comunitarie. Muore a
Roma il 23 maggio 1986.
Il suo nome rimane legato agli anni della lotta contro i totalitarismi negli anni più bui del
Ventesimo secolo, così come agli anni più esaltanti della nascita dell’Europa unita.
L'azione di Spinelli e il federalismo come nuovo comportamento politico
L'atteggiamento di Spinelli si distingue da quello dei federalisti che, prima di lui, si erano
limitati a denunziare la crisi storica dello stato nazionale, collocando la realizzazione della
Federazione europea in un futuro indeterminato. Questo federalisti, al contrario di Spinelli,
non si erano posti l'obiettivo di elaborare un programma di azione preciso e non avevano
rinunciato ad impegnarsi prima di tutto sul fronte delle lotte liberali, democratiche o
socialiste.
Spinelli invece, convinto che la Federazione europea, dopo la seconda guerra mondiale,
sarebbe diventata un obiettivo concreto della lotta politica, si rende conto del fatto che si
apre uno spiraglio per la lotta federalista. Spinelli denuncia pertanto, senza esitazione, i
limiti dell'approccio funzionalista all'unificazione europea, e l'illusione degli europeisti di
poter raggiungere la federazione senza la rinuncia alla sovranità nazionale da parte degli
Stati.
La sua azione mira sin dall'inizio a sfruttare le contraddizioni che si manifestano nel mettere
in comune le politiche nazionali. Al metodo comunitario seguito da Jean Monnet, Spinelli
contrappone il metodo costituente, consapevole del fatto che, se da un lato bisogna far
accettare agli Stati un trattato in base al quale essi si dichiarano disposti a cedere parte
della loro sovranità a favore e di un governo sovranazionale, dall'altro lato è necessario far
partecipare il popolo europeo alla definizione di una costituzione che stabilisca la forma e i
compiti della nuova unione fra Stati.
Su questa posizione, difesa e sostenuta per tutta la vita, Spinelli riesce, nel 1984, a portare
l'intero Parlamento europeo chiamato a portare a termine la battaglia costituente iniziata da
Spinelli. Muore nel 1986.
JEAN MONNET (BIOGRAFIA)
Per un uomo come Jean Monnet, che aveva capito sin dalle prime esperienze politiche che
"la riflessione non può essere separata dall'azione", i fatti salienti della sua vita
rappresentano anche una indicazione importante del suo pensiero e del suo modo di fare
politica.
Nato nel 1888, dopo aver trascorso la giovinezza ad aiutare il padre nel commercio del
cognac, allo scoppio della prima guerra mondiale si pose, nel tentativo di rendersi utile, il
"formidabile problema" dell'organizzazione degli approvvigionamenti, che gli Alleati non
sapevano risolvere e che poteva compromettere l'esito del conflitto. Una volta intuita la
soluzione, cioè una programmazione comune tra Francia e Inghilterra, riuscì a farsi ricevere
dal Presidente del Consiglio Viviani ed a convincerlo della bontà della sua proposta. Invitato
a Londra, diede vita ad un pool franco-inglese per coordinare gli acquisti ed i trasporti.
Alla fine delle ostilità, grazie ai brillanti risultati conseguiti, venne nominato segretario
generale aggiunto della Società delle Nazioni. Monnet iniziò questa sua nuova missione con
grande entusiasmo. Pensava, come molti suoi contemporanei, che questa nuova
organizzazione internazionale potesse imporsi "per la sua forza morale, per gli appelli
all'opinione pubblica e grazie alle abitudini che finirebbero col prevalere". Ma dovette ben
presto riconoscere che la Società delle Nazioni non poteva affatto realizzare quegli obiettivi
di pace e di concordia che si proponeva. Potevano essere prese solo decisioni all'unanimità.
"Il veto - così Monnet commenta questa sua esperienza - è la causa profonda e nello stesso
tempo il simbolo dell'impossibilità di superare gli egoismi nazionali". Nessuna volontà
comune e nessun bene comune potevano essere conseguiti su questa base. Nel 1923
abbandonò dunque il suo incarico e ritornò ad occuparsi dell'impresa paterna.
Agli inizi della seconda guerra mondiale, Monnet venne di nuovo inviato a Londra per
organizzare la gestione in comune delle risorse degli Alleati. Qui, nel giugno 1940, mentre
l'esercito francese veniva travolto dalle truppe naziste, Monnet concepì una iniziativa
audacissima che avrebbe potuto mutare l'intero corso della seconda guerra mondiale.
Propose a Churchill e a De Gaulle, che lo accettarono, un progetto per una unione federale
immediata tra Gran Bretagna e Francia. Tuttavia, questo disperato tentativo di impedire la
sconfitta della Francia fallì, perchè la classe politica francese era ormai rassegnata alla resa.
Monnet decise allora di recarsi negli Stati Uniti per collaborare al Victory Program, convinto
che l'America avrebbe potuto svolgere il ruolo di "grande arsenale delle democrazie".
L'economista Keynes dirà, alla fine del conflitto, che con la sua azione di coordinamento
Monnet ha probabilmente accorciato di un anno la seconda guerra mondiale. Nel 1943, ad
Algeri, entrò a far parte del Comitato di liberazione nazionale "Francia libera", dove
collaborò con De Gaulle per organizzare la resistenza in esilio.
Subito dopo la liberazione, Monnet propose al governo francese un "piano globale per la
modernizzazione lo sviluppo economico". Nominato Commissario al Piano svolse un'opera
essenziale per la ricostruzione dell'economia francese. E' da questa posizione che, nel 1949,
Monnet si rese conto che la tensione tra Germania e Francia per il controllo della Ruhr,
l'importante bacino carbosiderurgico, saliva minacciosamente, facendo presagire una
possibile ripresa delle ostilità, come era avvenuto dopo la prima guerra mondiale. La
soluzione a questo stato di cose non poteva, tuttavia, essere la Federazione, perchè la
Francia, orgogliosa della sua sovranità appena riconquistata, la rifiutava. Per questo Monet
elaborò, insieme a pochi collaboratori, una proposta rivoluzionaria: la messa in comune,
sotto il controllo di un governo europeo, delle risorse franco-tedesche di carbone e acciaio.
Schuman accettò la proposta e, in accordo con Adenauer, la rese pubblica il 9 maggio 1950.
Un anno dopo, con il Trattato di Parigi, sei paesi -Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e
Lussemburgo - davano vita, alla Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA). Si
avviò così la pacificazione franco-tedesca che ancora oggi rappresenta il sentimento
profondo su cui si regge il processo di unificazione europea.
Nel 1955, dopo la grave crisi causata dal rifiuto della Francia di ratificare la Comunità
europea di difesa (CED), Monnet diede vita al Comitato d'azione per gli Stati Uniti d'Europa
con il quale, sino alla morte, avvenuta nel 1979, invitò instancabilmente la classe politica
europea, a non abbandonare la via intrapresa dell'unità europea.
Gradualismo e costituzionalismo
La strategia individuata da Monnet per la costruzione dell'unità europea può essere definita
come metodo gradualistico o funzionalismo. La proposta della CECA ne rappresenta il
modello, che ha ispirato in seguito una numerosa serie di varianti. L'istituzione della CECA
provocò in effetti i risultati previsti da Monnet. Con la pacificazione franco-tedesca tutti i dati
del problema europeo si modificarono. Si passò dal confronto e dalla minaccia di una
risorgente politica di potenza, alla politica di cooperazione e, col tempo, divenne pure
possibile sviluppare con opportune iniziative gli embrioni del potere democratico contenuti
nel progetto della CECA.
In una prima fase, il Movimento Federalista Europeo criticò l'approccio funzionalistico di
Monnet, perchè lasciava sussistere fianco a fianco aspetti confederali della politica europea,
in cui i governi detenevano un potere di veto, con aspetti sovranazionali. La messa in
comune di alcuni settori in verità nascondeva a volontà dei governi di non cedere la
sovranità, che restava intatta al livello nazionale nei fondamentali settori della moneta e
della difesa. Al metodo funzionalistico, Altiero Spinelli contrappose il metodo costituente,
come la sola via democratica per costruire con il popolo l'Europa del popolo.
Tuttavia, le lunghe e difficili lotte per rendere democratica la Comunità europea hanno
convinto i federalisti della complementarietà del metodo gradualistico e di quello
costituente. Sino a che il quadro della politica internazionale si mantiene favorevole al
processo di unificazione europea, ogni riforma istituzionale favorevole all'unità rafforza il
fronte delle forze europeistiche e rende possibili forme più avanzate di lotta.
In definitiva, mentre il metodo gradualistico di Monnet ha consentito di avviare il processo di
unificazione europea, il metodo costituente di Spinelli è indispensabile per portarlo a
compimento.
La grandezza di Jean Monnet
Monnet non è mai stato il capo né di un governo, né di un partito, né di una
amministrazione, né di una forza organizzata; e quando si è trovato alla testa di una
organizzazione (il Commissariato francese al Piano, la Comunità europea del carbone e
dell'acciaio) si trattava di organizzazioni che egli stesso aveva creato, e di cui si occupò
finché erano nello "stato nascente". Proprio per questo il suo caso è degno di meditazione.
Senza l'azione di Monnet non ci sarebbe la Comunità. Negli anni, mesi e giorni che ne
precedono l'avvento, non esiste né traccia né segno di un progetto di questo genere per il
problema che si trattava di risolvere (il posto da assegnare alla Germania occidentale nel
mondo atlantico) nei partiti, nei loro organi deliberanti e dirigenti, nei ministeri e nei
governi. Il progetto è di Monnet, l'azione per farlo accettare dai governi è di Monnet (a
Schuman ed Adenauer va riconosciuto proprio il merito, del resto politicamente grandissimo,
di aver accettato subito le proposte di Monnet).
I fatti sono questi, e il loro significato è chiaro. Monnet ha creato la comunità, e la Comunità
ha condizionato la politica europea e mondiale. Ciò significa che da quarant'anni a questa
parte le grandi forze storiche hanno seguito o fronteggiato un corso di cose in parte stabilito
da un uomo solo, Jean Monnet.
ROBERT SCHUMAN (BIOGRAFIA)
Nasce il 29 giugno 1886 a Lussemburgo. Trascorsa la giovinezza in Lorena studia diritto a
Bonn, Monaco di Baviera, Berlino, Strasburgo dove ottiene il dottorato "summa cum laude"
(1910).
Lavora come avvocato a Metz, inizia la sua carriera politica nel 1919 quando viene eletto
deputato del partito democratico popolare alla Assemblea generale francese (Parlamento
Francese).
Durante la Seconda Guerra Mondiale, si unisce alla Resistenza francese. Arrestato dai
tedeschi, viene trasferito in Germania, ma riesce a scappare.
Nel 1940 diventa sottosegretario di stato per i rifugiati e viene arrestato dalla Gestapo e
quindi inviato a residenza obbligata a Neustadt (Germania). Evade e vive clandestino in
Francia.
Nel 1945 viene eletto deputato nelle file del Mrp (democrazia cristiana); un anno dopo
assume l’incarico di ministro delle Finanze. Nel 1947 arriva a presiedere il governo, ma
rimane in carica solo un anno e nel 1948 viene nominato ministro degli Affari Esteri, carica
che terrà fino al 1953.
Durante questo periodo si dedica allo studio del problema franco-tedesco e della particolare
situazione in Alsazia–Lorena. Ma a impegnarlo è soprattutto il progetto di un’Europa unita,
ambizione che coltiva insieme all’amico Jean Monnet. Entrambi vengono considerati artefici
dell’attuale Ue visto che proprio Schuman il 9 maggio 1950, nel Salone dell'Orologio del
Quai d'Orsai di Parigi, pronuncia una dichiarazione nella quale propone di mettere le
industrie dell'acciaio e del carbone sotto il controllo di un organismo sovranazionale. Il
progetto che prende il nome di "Piano Schuman", diventa realtà appena un anno dopo con
la costituzione della Ceca (Comunità economica del carbone e dell'acciaio), alla quale
aderiscono sei Paesi. E’ l’inizio dell’integrazione europea.
Nel 1955-56 è Ministro della Giustizia. Il 25 marzo 1957 vengono firmati a Roma i trattati
per la Comunità Europea e l'Euratom.
Si fa "Pellegrino per l'Europa" dal 1953 al 1961.
Viene eletto all'unanimità Presidente del Parlamento europeo nel 1958 ed acclamato
dall'Assemblea come "Padre dell'Europa".
Si ritira a Scy-Chazelles (Metz) nel 1960 dove muore il 4 settembre 1963.
JAVIER SOLANA
Politico, nato il 14 luglio 1942 a Madrid
Sua madre era una Madariaga, nipote del grande Salvador, suo fratello Luis, ex-direttore
generale della televisione spagnola, è, invece, noto come l'uomo che negli ultimi anni del
franchismo aiutò il principe Juan Carlos, l'attuale re, a mantenere contatti clandestini con
l'opposizione di sinistra.
Solana, dopo essersi laureato in fisica, si specializza negli Stati Uniti e diventa professore
all'Università di Madrid. Intanto, fin dal 1964, si era iscritto al Psoe. Ma la sua militanza vera
e propria nel partito inizia alla fine degli anni '70, quando incontra Felipe Gonzalez.
Da allora la sua vita cambia radicalmente. Deputato di Madrid nel 1977, ministro della
Cultura nel 1982, diventa portavoce del governo nel 1985. Tre anni dopo assume la carica di
ministro dell'Educazione; ministro degli Esteri nel giugno 1992, viene confermato dopo le
elezioni generali del 1993. In questi anni si distingue come un abile negoziatore, pragmatico
e discreto.
Unico collaboratore del primo ministro Gonzalez a figurare in tutti i suoi governi, Solana è
stato ripetutamente indicato come futuro candidato alla stessa guida del governo anche
perché è fra i pochi a non essere stato coinvolto negli scandali, che agli inizi degli anni
Novanta scuotono il partito e l’esecutivo di Gonzalez.
Nel 1995 viene, invece, eletto Segretario generale della Nato, nonostante Solana, fosse
inizialmente tra gli oppositori dell'adesione della Spagna all'Alleanza atlantica. Tale
opposizione, tuttavia, si attenuò notevolmente negli anni e svanì dopo la vittoria elettorale
socialista del 1982, fino all'appoggio al sì nel referendum sulla permanenza della Spagna
nella Nato, nel 1986.
Nel 1999 lascia la Nato per diventare Segretario generale del Consiglio d’Europa, carica che
riveste attualmente.
Anche se non la pratica più professionalmente, la fisica è rimasta il suo grande hobby.
L'altro è la montagna: quando ha tempo prende zaino e scarponi chiodati e va a camminare
per ore sulla Sierra madrilena.
KONRAD ADENAUER (BIOGRAFIA)
Konrad Adenauer nacque a Colonia il 5 gennaio 1876 da una famiglia cattolica. Figlio di un
agiato funzionario statale, studia legge ed economia a Friburgo, Monaco e Bonn. Giovane
avvocato, entra in magistratura e, all’età di 20 anni, inizia a dedicarsi all’attività pubblica
aderendo al Centro (partito cattolico tedesco) ed entrando a far parte dell’amministrazione
di Colonia. Sarà sindaco della città dal 1917 al 1933, contribuendo a favorirne lo sviluppo
economico e culturale, fondando una nuova università, sostenendo la costruzione
dell’autostrada Colonia-Bonn e costituendo la Fiera internazionale. Membro e presidente del
Consiglio di Stato di Prussia, perde ogni carica con l’avvento del nazismo e, nel giugno del
1934, viene arrestato con l’accusa di partecipazione a complotto sovversivo. Rilasciato, si
ritira a vita privata per dieci anni. Torna all’attività politica e, in seguito al fallito attentato a
Hitler del 20 luglio 1944, viene imprigionato altre due volte, seppur per brevi periodi di
tempo.
Al termine della guerra viene nuovamente nominato sindaco di Colonia, carica che ricoprirà
fino all’ottobre 1945, quando verrà rimosso per decisione del governo britannico.
Dal 1945 al 1949 fu uno dei massimi artefici della unificazione dei vari gruppi conservatori e
cristiano-democratici nati nella Germania occidentale, è fra i fondatori dell’Unione cristiano-
democratica (Cdu), partito erede e continuatore del Centro, di cui sarà presidente dal 1950
al 1966. Anticomunista e privo di legami con i nazisti, quando, nel 1949, viene creata la
Germania Ovest, le potenze occupanti lo nominano cancelliere del nuovo Stato. Carica che
manterrà attraverso tre successive elezioni, fino al 1963, guidando una coalizione di
governo composta dal Cdu, dall’Unione cristiano-sociale e dai liberali. Dal 1951 al 1955 sarà
anche ministro degli Esteri.
In questi anni si preoccupa soprattutto di inserire sempre più la Repubblica federale tedesca
nel contesto politico del mondo occidentale, con l’obiettivo di fare della Germania Ovest un
baluardo in grado di contenere l’espansione sovietica in Europa. A tal fine stringe relazioni
con gli Stati Uniti, avvia una politica di riconciliazione con la Francia e favorisce l’ingresso del
Paese nella Nato.
Sempre all'interno di un piano di riabilitazione politica ed economica della Repubblica
federale a livello internazionale, si impegna a promuovere la realizzazione della Comunità
economica europea, con altri esponenti della corrente politica democristiana europea (De
Gasperi e Robert Schuman).
Riuscirà nell’intento, facendo tra l’altro concludere con la Francia un trattato di cooperazione
celebrato solennemente nella cattedrale di Reims nel luglio 1962, ma la sua politica crea
anche dei malcontenti all’interno del proprio partito e, nel 1963, all’età di 87 anni sarà
costretto a dimettersi e a ritirarsi a vita privata.
Le sue memorie sono raccolte nei quattro volumi delle Erinnerungen, composte tra il 1965 e
il 1967, anno della sua morte. Morì a Colonia il 19 Aprile 1967.
ALCIDE DE GASPERI (BIOGRAFIA)
Lo statista italiano che contribuì alla ricostruzione della politica e dell’economia dell’Italia
dopo la seconda guerra mondiale, che fondò il partito della Democrazia Cristiana, che fu a
capo di otto coalizioni di governo tra il 1945 e il 1953, e che fu fra i primi che si
impegnarono nella costruzione dell’Europa unita, nasce nel 1881 a Pieve Tesino, terra del
Trentino che allora appartenevano ancora all’Impero austro-ungarico.
Dato che, alla sua nascita, il territorio trentino apparteneva ancora all'Impero austro-
ungarico (anche se di lingua italiana), è proprio nella vita politica austriaca che il giovane De
Gasperi inizia a muovere i primi passi di quella che fu una lunga e fortunata carriera politica.
Laureatosi in filosofia all’università di Vienna, assume nel 1904 la direzione del quotidiano La
voce cattolica di Trento, organo della diocesi di Trento, poi trasformato nel Nuovo Trentino
(1906), divenutone il direttore, appoggia il movimento che auspicava la riannessione del
Sud Tirolo all'Italia. Sia nel giornale che al parlamento austriaco, dove viene eletto nel 1911,
si batte a favore della comunità italiana del Trento.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale la sua posizione diviene molto delicata e,
sospettato dalla polizia asburgica per le sue idee irredentistiche (che già gli erano costate un
arresto quando ancora era studente), viene costretto a rimanere a Vienna. Il che non gli
impedisce, però, di compiere numerosi viaggi a Roma per sondare l’opinione dei leader
italiani sulle sorti del Trentino.
Terminata la guerra e annesso il Trentino e l’Alto Adige all’Italia, De Gasperi, divenuto
cittadino italiano, continua la propria attività politica all’interno del Partito popolare italiano
di don Luigi Sturzo. Presiede il suo primo congresso a Bologna nel 1919, e, nel 1921, entra
nella direzione del partito e viene eletto deputato per il collegio di Trento. Diventa, in breve
tempo, il presidente del partito e si pone nella condizione di poter succedere a Sturzo
qualora questi voglia oppure, come poi in realtà avverrà, sia costretto ad abbandonare la
vita politica italiana.
Intanto, in Italia, come del resto in altre parti d'Europa, si fa sentire il vento della
rivoluzione russa, che nel nostro paese determina la scissione socialista del '21, la nascita
del Pci, e l'inizio di un periodo pre-rivoluzionario, il "biennio rosso", che nel '19 e nel '20
vede la classe operaia protagonista di cruente lotte sociali, e che contribuirà non poco a
spaventare la borghesia, spingendola tra le braccia di Mussolini.
Presidente del gruppo parlamentare del partito popolare, si oppone nel 1922 al ritorno di
Giovanni Giolitti e accettò la cosiddetta “collaborazione condizionata” con Benito Mussolini,
del quale appoggiò il primo governo. Passò però a una sempre più ferrea opposizione a
partire dal 1923 (quando vennero varate delle leggi che minacciavano l’autonomia del
Trentino) fino al 1924, anno del delitto Matteotti. In questo periodo, essendosi dimesso don
Sturzo, assume la carica di segretario politico del Partito popolare.
Il partito viene però pesantemente attaccato per le sue posizioni antifasciste e, insieme ad
altri partiti, sciolto con le leggi speciali del 1926. De Gasperi, trovato con documenti falsi in
viaggio per Trieste e accusato di attività antifascista, viene arrestato e condannato a quattro
anni di reclusione (1926). Verrà graziato nel 1928 e, nel 1929, viene assunto alla biblioteca
Vaticana, iniziando contemporaneamente a collaborare con alcuni giornali.
Durante la seconda guerra mondiale prende parte alle riunioni clandestine dei partiti
antifascisti e nel 1942 pubblica, clandestinamente, le Idee ricostruttive della Democrazia
Cristiana, atto di nascita del nuovo partito cattolico.
De Gasperi contribuì alla fondazione del partito della Democrazia Cristiana, che ereditava le
idee e l'esperienza del Partito popolare di don Sturzo. De Gasperi non è un uomo d'azione,
ma un "progettista" politico (suo il documento programmatico della Dc scritto nel '43), che
alla fine della guerra mostra di avere le idee chiare sulla parte da cui stare, l'occidente
anticomunista.
Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944) diviene segretario della Democrazia Cristiana,
ricoprendo gli incarichi di ministro senza portafoglio nel primo governo Bonomi (1944) e di
ministro degli Esteri nel secondo governo Bonomi (1944-1945) e nel governo Parri (1945).
Dopo il referendum per la Repubblica, il presidente provvisorio Enrico De Nicola gli affida la
guida del governo, che manterrà per otto gabinetti consecutivi, dal dicembre 1945 al
novembre 1953. Opera principale della politica degasperiana fu la politica estera e la
creazione dell'embrione della futura Unione Europea. Un'idea europeista che nasceva
nell'ottica di una grande opportunità per l'Italia per superare le proprie difficoltà.
In qualità di presidente del consiglio, De Gasperi favorì e guidò una serie di coalizioni di
governo, composte dal suo partito e da altre forze moderate del centro. In tale periodo
affronta difficili rapporti con gli Alleati e si impegna a garantire all’Italia una ricostruzione
politica ed economica, morale e materiale. Approva il piano Marshall, garantendosi così aiuti
economici dagli Usa (in cui si reca in viaggio nel 1947), ma assicurandosi anche duri attacchi
da parte delle forze della sinistra italiana. Continua comunque a portare avanti una politica
caratterizzata da un sempre più vasto respiro internazionale e di amicizia con gli Stati del
Patto Atlantico e del mondo Occidentale.
Contribuì all'uscita dell'Italia dall'isolamento internazionale, favorendo l'adesione al Patto
Atlantico (NATO) e partecipando alle prime consultazioni che avrebbero condotto
all'unificazione economica dell'Europa.
Fu uno dei principali promotori della realizzazione del mercato comune del carbone e
dell'acciaio - Ceca - tra sei Stati (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo,
Italia), che si rivelò subito un'iniziativa di pace per essere riuscita ad associare i vincitori e i
vinti dell'ultima guerra. Convinto europeista si pone sempre più come uno dei leader delle
istituzioni comunitarie, De Gasperi infatti non solo partecipò al progetto, ma ne seguì tutte
le fasi e nel maggio del 1953 venne eletto presidente dell'Assemblea della Comunità
europea del carbone e dell'acciaio.
Accanto alla Ceca, De Gasperi aveva riposto molte speranze nella Ced, il progetto della
Comunità di difesa europea nata da un'idea francese, nella quale vedeva il superamento dei
nazionalismi europei. Lo statista trentino morì nel 1954, appena un anno dopo l'abbandono
della guida del governo, negli stessi giorni in cui proprio l'Assemblea francese bocciava quel
progetto.
Durante il quinto governo attua, tra l’altro, la riforma agraria e tributaria, l’istituzione della
Cassa del Mezzogiorno e dell’Ina-casa.
Appena un anno dopo aver abbandonato la guida del governo, muore a Sella di Valsugana,
nella sua amata Trento. Con lui scompare uno dei Padri dell’Europa più celebri e stimati.
Nell’anno in cui ricorreva il centenario della sua nascita, di lui Giulio Andreotti ha detto: “La
Dc senza De Gasperi non avrebbe avuto il colpo d’ala che ne fece il fulcro della vita italiana
e dell’immagine dell’Italia nel mondo; ma anche De Gasperi senza la Dc non sarebbe stato
che un illustre notabile” (Ansa, 16 febbraio 1981). Giovanni Paolo II ne ha esaltato
l’esempio, definendolo “cattolico di grande statura e di insigne prestigio politico” (Ansa, 2
aprile 1981), mentre Helmut Kohl ha osservato: “Egli è stato uno dei primi a mettere in
evidenza nella politica europea ciò che unisce tra gli Stati al di là di ciò che divide, e da
questo atteggiamento fondamentale ha lavorato per l’unità europea come una necessità
spirituale, sociale e politica” (Ansa, 3 aprile 1981).
ROMANO PRODI
Romano Prodi è nato a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1939. Nel 1969 ha sposato Flavia
Franzoni.
Dopo la maturità classica al Liceo Ludovico Ariosto di Reggio Emilia, ha studiato
all'Università Cattolica di Milano, dove si è laureato cum laude nel 1961 in Giurisprudenza,
discutendo una tesi sul protezionismo nello sviluppo dell'industria italiana con il prof. Siro
Lombardini. Si è quindi specializzato alle università di Milano e Bologna (allievo di Beniamino
Andreatta), alla London School of Economics sotto la supervisione del prof. Basil Yamey,
titolare della cattedra di Industrial Economics.
È stato visiting professor presso la Harvard University e presso lo Stanford Research
Institute.
La sua carriera accademica ha avuto inizio alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di
Bologna dove ha lavorato come assistente (1963), professore associato (1966) e infine
professore (1971-1999) di organizzazione industriale e politica industriale.
All'insegnamento universitario, ha unito un'intensa attività di ricerca, che in una prima fase
si è indirizzata verso due temi divenuti poi classici negli studi di Economia industriale: lo
sviluppo delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali (Modello di sviluppo di un
settore in rapida crescita: l'industria della ceramica per l'edilizia, pubblicato nel 1966, è fra i
primissimi saggi sull'argomento) e la politica antitrust (Concorrenza dinamica e potere di
mercato è del 1967). Nella letteratura internazionale, il suo nome figura accanto a quelli di
Giacomo Becattini, Franco Momigliano e Paolo Sylos Labini fra i fondatori della "Scuola
italiana di Economia Industriale".
I suoi interessi di ricerca si sono in seguito ampliati, fino a includere lo studio delle relazioni
fra Stato e Mercato; le politiche di privatizzazione; il ruolo centrale giocato dai sistemi
scolastici nella promozione dello sviluppo economico e della coesione sociale; il processo di
integrazione europea e, all'indomani del crollo del Muro di Berlino, la dinamica dei diversi
"modelli di capitalismo". Il capitalismo ben temperato del 1995 (raccolta di saggi pubblicati
nella prima metà degli anni '90 sulle pagine della rivista "il Mulino"), e Un'idea dell'Europa
(Bologna, 1999) offrono una sintesi delle riflessioni in tutti questi campi.
Dal 1974 al 1978 ha presieduto la Società Editrice Il Mulino. Nel 1981 ha fondato Nomisma,
una delle principali società italiane di studi economici, e sino al 1995 ne ha presieduto il
Comitato scientifico.
Ha scritto editoriali per i principali quotidiani italiani, quali Il Corriere della Sera e Il Sole 24
Ore. Per molti anni ha diretto l'Industria-Rivista di economia e politica industriale. Nel 1992
ha condotto su RAIUNO il programma televisivo "Il tempo delle scelte", una serie di sei
lezioni di economia.
Dal novembre 1978 al marzo 1979, Romano Prodi è stato Ministro dell'Industria del Governo
Andreotti - in sostituzione del dimissionario Carlo Donat Cattin. La breve parentesi
ministeriale del 1978 (durata pochi mesi) gli consente di legare il suo nome alla normativa
sul commissariamento ed il salvataggio dei gruppi industriali in crisi, e costituisce il suo
trampolino di lancio verso la presidenza dell'Iri, che il Governo gli affida nel 1982. Infatti dal
novembre 1982 all'ottobre 1989, è stato presidente dell'Istituto per la Ricostruzione
Industriale (IRI), a quel tempo la maggiore holding italiana. Sotto la sua presidenza,
l'Istituto ha attraversato una fase di profondo risanamento, impostando anche il processo di
trasformazione e preparando le imprese alla privatizzazione. Alla guida della holding di Via
Veneto, che con la rete di società controllate è il più grande gruppo industriale del Paese,
riesce a riportare in utile i conti dell’ente. Alla fine infatti riesce a far passare i conti del
gruppo da un passivo di 3.056 miliardi di lire (di inizio gestione) ad un utile di 1.263
miliardi.
Lasciato l'Iri, Prodi torna ad occuparsi di università e di Nomisma, il centro studi che aveva
fondato nel 1981, ma la sua assenza dalla scena pubblica non dura molto: nel 1993 torna,
infatti, alla presidenza dell’Iri, chiamato dal Governo Ciampi a sostituire il dimissionario
Franco Nobili. Si tratta questa volta di una permanenza breve (un anno) nel corso della
quale Prodi avvia il programma di privatizzazioni: l'Iri cede prima il Credito Italiano, poi la
Banca commerciale e avvia la procedura di cessione delle attività agro-alimentari (Sme) e di
quelle siderurgiche (Terni).
Ma da quel momento inizia la sua attività politica: indicato più volte come possibile
segretario del Ppi e come candidato alla presidenza del Consiglio, Prodi viene indicato leader
dell'Ulivo e inizia la lunga campagna elettorale in pullman che porterà alla vittoria della
coalizione di centro-sinistra e alla sua nomina a capo del Governo nell’aprile del ’96.
Nel febbraio 1995 ha infatti fondato la coalizione dell'"Ulivo", che lo ha designato come suo
candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione delle elezioni politiche.
Queste, svoltesi nell'aprile del 1996, hanno visto l'"Ulivo" prevalere sulla coalizione di
centro-destra: così, nel maggio 1996, il Presidente della Repubblica affidava a Prodi
l'incarico di formare il nuovo Governo. Ottenuta la fiducia delle Camere nello stesso maggio
'96, il Governo Prodi è rimasto in carica sino all'ottobre 1998, conseguendo – fra gli altri –
l'obiettivo di portare l'Italia nel gruppo di testa dei paesi aderenti all'Euro.
Nel marzo 1999, il Consiglio europeo ha designato Prodi Presidente della Commissione
europea di Bruxelles, designazione confermata nel settembre 1999 dal voto di fiducia del
Parlamento europeo. Carica che manterrà fino al novembre 2004. Sotto la sua guida,
l'Unione europea ha vissuto anni importanti di riassetto istituzionale, di grandi progetti
costituzionali e un allargamento senza precedenti nella storia dell'Europa.
Nel corso della sua carriera accademica ed istituzionale, Romano Prodi ha ricevuto numerosi
riconoscimenti. È stato nominato membro onorario della London School of Economics and
Political Science (1989) e membro onorario della Real Academia de Ciencias Morales y
Politicas di Madrid (1997). Nel maggio 1999 ha ottenuto il Premio Schumpeter della Società
Schumpeter.
PAUL-HENRI SPAAK (BIOGRAFIA)
Nato nel gennaio del 1899, inizia la sua carriera politica in Belgio prima della seconda guerra
mondiale. Riveste numerose cariche ministeriali, fra cui quella di Ministro degli Esteri e, fra il
'46 e il '49, quella di Primo ministro. Nel '41 è uno dei promotori dell'Unione doganale con i
Paesi Bassi e il Lussemburgo, che porterà, nel 1944, alla nascita del Benelux.
Presidente del Consiglio d'Europa dal '49 al 51, si dimette in seguito alla gelida reazione
della Gran Bretagna al piano Schuman. Fra i protagonisti della costruzione dell'Europa a sei
e Presidente dell'Assemblea parlamentare della CECA, Spaak gioca un ruolo essenziale nei
negoziati per il Trattato di Roma. Muore il 31 Luglio 1972.
GAETANO MARTINO (BIOGRAFIA)
Protagonista del "rilancio" europeo a metà degli anni '50, dopo la cocente delusione della
Comunità europea di difesa (CED), Gaetano Martino, nato il 25 Novembre 1900, fu il
promotore della Conferenza dei Ministri degli Esteri della Comunità europea del carbone e
dell'acciaio (CECA) tenutasi a Messina dal 1 al 3 giugno 1955.
"Siamo tutti ansiosi di estendere sempre più la nostra integrazione. Mi auguro che in questa
Conferenza aggiungeremo un'altra pietra alle fondamenta della costruzione europea",
dichiarò Martino in apertura dei lavori, dando un forte segnale per riprendere la via
dell'integrazione, cominciando da quella economica. In meno di due anni si arrivò ai Trattati
di Roma e il Ministro Martino guidò la delegazione italiana per la stesura e la firma dei
trattati il 25 marzo 1957.
Nato a Messina, Professore universitario di medicina, Gaetano Martino prestò servizio come
medico nella Marina militare durante la Seconda Guerra mondiale. Membro del Partito
liberale italiano, nel 1948 fu eletto alla Camera dei deputati e cinque anni più tardi ne
divenne Vicepresidente.
Ministro della Pubblica Istruzione nel governo Scelba, in seguito ad un rimpasto, passò al
Ministero degli Affari esteri nel settembre 1954. In questa veste, il 21 novembre 1956 parlò
davanti all'Assemblea dell'ONU, un anno dopo l'ammissione del nostro Paese alle Nazione
Unite. Era la prima volta per un Ministro italiano. Martino fu anche uno dei tre "saggi" della
Nato che scrissero il rapporto sui compiti dell'Alleanza atlantica nella sfera civile.
Rimase ministro degli Esteri fino al 1957. Rieletto deputato nel 1958 e nel 1963, dal 1962 al
1964 fu anche presidente del Parlamento europeo. Due anni più tardi divenne rettore
dell'Università di Roma. Muore a Roma il 21 Luglio 1967.
HELMUT KOHL
Figlio di un funzionario delle finanze, Helmut Kohl nasce nel 1930 a Luswigshafen, sulle
sponde del Reno vicino a Bonn. Sfollato in Austria per alcuni mesi durante la guerra, nel
1950 inizia gli studi di diritto, sociologia, storia e scienza della politica. Entrato nelle fila
dell’Unione cristiano-democratica (CDU) all’età di 17 anni, viene eletto presidente del Land
Renania –Palatinato nel 1969. Nel 1976, smessa questa carica, guida la CDU alle elezioni e
le perde nonostante il buon piazzamento al 48,6%. Il paese resta nelle mani di una
coalizione social-liberale fino al 1982 quando, grazie ad un accordo con Genscher, leader del
partito liberale, Kohl viene investito della carica di Cancelliere.
Nei lunghi anni al potere due furono le materie principali dove lo sforzo politico di Kohl si
concentrò particolarmente: la politica di difesa del territorio tedesco e l’integrazione
europea. Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna ricordare la questione degli
euromissili: Kohl si schierò per l’installazione dei missili Pershing II al fine di contrastare la
sfida sovietica concretizzatasi nello stanziamento di missili SS 20 in Europa orientale. Tale
atteggiamento di sostanziale identità con le posizioni americane mutò nel 1988-89 allorché
Kohl si oppose al programma di rinnovo dei missili nucleari tattici sul suolo tedesco per dar
credito alla svolta gorbacioviana in URSS. Per ciò che riguarda la politica europea, Kohl si
legò al presidente francese Mitterand spingendolo verso una maggiore integrazione
dell’Unione. Nel 1990, all’indomani della caduta del Muro di Berlino (1989), il Cancelliere fu
al centro della solenne cerimonia di riunificazione fra le due Germanie. La sue esperienza
politica si chiuse poco dopo al seguito di pesanti accuse di finanziamenti illeciti.
GISCARD D'ESTAING, VALÉRY
(Coblenza 1926). Politico francese. Eletto deputato gollista nel 1956, fu più volte ministro
delle Finanze e leader dei repubblicani indipendenti. Divenne presidente della repubblica nel
1974 sconfiggendo Mitterrand con un leggerissimo scarto (50,8% contro il 49,2%). Venne
sconfitto dallo stesso Mitterrand nel 1981. Durante la sua Presidenza proseguì la politica di
rilancio della costruzione europea con Helmut Schmidt. I due uomini rafforzarono la
cooperazione monetaria favorendo la creazione del Sistema monetario europeo, che è
entrato in vigore il 13 marzo 1979. Giscard d'Estaing ha anche cercato di dare un nuovo
impulso alle istituzioni europee: propose la creazione di un vertice europeo, incontro dei capi
di Stato e di Governo, per rilanciare la cooperazione politica europea, poi ufficializzata nel
1974 (verrà istituzionalizzato come Consiglio europeo con l'Atto unico). Si è espresso a
favore di un'applicazione più frequente del voto a maggioranza qualificata nel Consiglio dei
ministri e di un aumento del potere del Parlamento europeo, tramite l'aumento dei suoi
poteri di bilancio e l'elezione a suffragio universale. Eletto presidente della Convenzione nel
2002, ha guidato con mano ferma i lavori, lasciando una profonda impronta personale sulla
bozza di Costituzione europea.
CONSIGLIO EUROPEO DI LAEKEN
Il Consiglio europeo di Laeken (14 e 15 dicembre 2001) ha adottato una Dichiarazione che
indica metodo e temi del processo di riforma dell'Unione europea. Per assicurare una
preparazione ampia e trasparente di tale riforma, la Dichiarazione di Laeken ha previsto la
convocazione di una Convenzione con il compito di esaminare le seguenti questioni
essenziali per il futuro sviluppo dell'Unione e di ricercare le soluzioni possibili:
• una migliore ripartizione e definizione delle competenze nell'Unione europea;
• la semplificazione degli strumenti legislativi dell'Unione;
• più democrazia, trasparenza ed efficienza nell'Unione europea, con una riflessione sul
quadro istituzionale dell'Unione e sul ruolo dei Parlamenti nazionali;
• la semplificazione dei trattati, con la eventuale prospettiva dell'adozione di una
Costituzione europea e dell'inserimento della Carta dei diritti nel trattato di base.
Lo strumento della Convenzione, già utilizzato peraltro per la redazione della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, ha un carattere sui generis, dal momento che vi
partecipano rappresentanti sia delle istituzioni dell’Unione che dei Governi e dei Parlamenti
nazionali. Con la Convenzione si tende quindi ad affermare un nuovo metodo di revisione
costituzionale, che combina il metodo intergovernativo classico con la dimensione
interparlamentare, e nel quale possono intervenire attivamente, a livello europeo e
nazionale, tutte le istanze istituzionali, economiche, sociali e civili interessate.
Il Consiglio inoltre si è dichiarato d'accordo con la relazione 2001 della Commissione, che
riteneva che se l'attuale ritmo dei negoziati e delle riforme fosse stato mantenuto, tutti i
candidati (ad eccezione di Romania, Bulgaria e Turchia) potessero essere pronti per
l'adesione alla fine del 2002. Per quanto riguarda la Bulgaria e la Romania, l'obiettivo fu di
aprire i negoziati in tutti i capitoli nel corso del 2002.
Il Consiglio di Laeken fu solo il punto di arrivo di una lunga serie di Consigli europei dedicati
al tema dell'allargamento. I principali altri furono quelli di Copenaghen, di Essen, di Madrid,
Amsterdam, Berlino, Nizza, Goteborg e la Conferenza europea dell'ottobre 1997.
CONSIGLIO EUROPEO DI COPENAGHEN (GIUGNO 1993)
La decisione di principio riguardante la prospettiva dell'allargamento dell'Unione ai paesi
associati dell'Europa centrale e orientale è stata presa dal Consiglio europeo di Copenaghen,
il quale ha inoltre definito i criteri che dovranno rispettare i paesi candidati prima
dell'adesione.
Tali criteri riguardano:
• la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, il primato del diritto,
i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro protezione (criterio politico);
• l'esistenza di un'economia di mercato vitale nonché la capacità di far fronte alla
pressione concorrenziale e alle forze del mercato all'interno dell'Unione europea
(criterio economico);
• la capacità di rispettare i propri obblighi, in particolare di approvare gli obiettivi
dell'Unione politica, economica e monetaria (criterio del recepimento dell'acquis
comunitario).
CONSIGLIO EUROPEO DI ESSEN (DICEMBRE 1994)
Il Consiglio europeo di Essen ha messo a punto una strategia di preadesione volta a
ravvicinare ulteriormente i paesi che hanno firmato un accordo di associazione con l'Unione
europea. La strategia di preadesione si basa:
• sugli accordi europei (o accordi di associazione);
• sul Libro bianco (pubblicato nel maggio 1995), che fissa le misure chiave in ciascun
settore del mercato interno e definisce alcune priorità per il ravvicinamento delle
legislazioni;
• sul dialogo strutturato a livello istituzionale;
• sul programma PHARE , che rappresenta il principale strumento finanziario di
sostegno alle strategie di preadesione.
Il programma di cooperazione transfrontaliera , anch'esso considerato un elemento
essenziale della strategia di preadesione, incoraggia la cooperazione fra gli Stati, le regioni e
i gruppi d'interesse lungo le frontiere dell'Unione europea e dei paesi dell'Europa centrale.
CONSIGLIO EUROPEO DI MADRID (DICEMBRE 1995)
In occasione del Consiglio europeo di Madrid, la Commissione ha presentato una relazione
intermedia nella quale mette in luce i potenziali vantaggi dell'allargamento per la pace e la
sicurezza nonché per la crescita economica e lo sviluppo dell'intera Europa. Precisa inoltre
che la condizione sine qua non dell'adesione è l'adozione dell'acquis comunitario, allo stato
in cui si trova alla data di adesione, ma che potrebbero rivelarsi necessarie disposizioni
transitorie in alcuni settori, come ad esempio l'agricoltura e la libera circolazione delle
persone.
CONSIGLIO EUROPEO DI AMSTERDAM (GIUGNO 1997)
Il Consiglio europeo di Amsterdam ha chiuso la conferenza intergovernativa adottando il
trattato di Amsterdam.
Il trattato, pur presentando notevoli progressi, in particolare in materia sociale e di
occupazione, risponde in modo imperfetto a uno dei punti centrali del suo mandato: la
riforma delle istituzioni. Pertanto, sarà necessaria una nuova conferenza intergovernativa
per riformare un sistema istituzionale inizialmente previsto per sei Stati. La riforma
rappresenterà la condizione indispensabile per qualsiasi aumento dei membri dell'Unione
europea.
CONSIGLIO EUROPEO DI LUSSEMBURGO (DICEMBRE 1997)
Il Consiglio europeo di Lussemburgo ha avallato l'analisi fatta dalla Commissione nel
documento Agenda 2000. I negoziati inizieranno con sei paesi (chiamati il gruppo di
Lussemburgo): Estonia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovenia e Cipro.
Inoltre, per i cinque candidati della seconda tornata (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e
Slovacchia) sono previsti 100 milioni di euro per finanziare progetti che consentano loro di
colmare il ritardo nell'applicazione delle riforme economiche.
CONFERENZA EUROPEA (OTTOBRE 1997)
Il 6 ottobre 1997, i ministri degli esteri dei Quindici hanno accolto positivamente il progetto
francese di "Conferenza europea" destinata ad accompagnare negli anni futuri il processo di
allargamento. La Conferenza europea si è riunita per la prima volta a Londra il 12 marzo
1998 con gli Stati membri dell'Unione europea nonché con tutti i paesi europei candidati
all'adesione all'Unione e legati ad essa da un accordo di associazione. La Conferenza
europea rappresenta un foro multilaterale in cui si svolgono consultazioni politiche, in
particolare nei settori della politica estera e di sicurezza comune (PESC), della giustizia e
degli affari interni nonché della cooperazione economica e regionale. La Turchia non ha
desiderato parteciparvi. La Conferenza si riunisce ogni anno in presenza dei capi di Stato o
di governo e del Presidente della Commissione e, se necessario, a livello ministeriale.
Il Consiglio europeo di Helsinki ha stabilito che il futuro ruolo della conferenza europea sarà
riesaminato in funzione dell'evolversi della situazione e delle decisioni prese in questo
ambito per quanto riguarda il processo di adesione. Ha annunciato l'intenzione di riunire la
conferenza nel corso del secondo semestre del 2000.
CONSIGLIO EUROPEO DI BERLINO (MARZO 1999)
Il Consiglio europeo di Berlino ha trovato un accordo globale su Agenda 2000. Per quanto
riguarda l'allargamento, l'accordo prevede tra l'altro la creazione di due strumenti specifici di
preadesione: lo strumento strutturale di preadesione (ISPA) e lo strumento agricolo di
preadesione (SAPARD). Il Consiglio europeo ha inoltre stabilito il quadro finanziario relativo
a tali strumenti e ha deciso di raddoppiare gli aiuti di preadesione a partire dal 2000.
L'accordo è stato concretato dall'adozione, nel giugno 1999, dei regolamenti che hanno
istituito i due strumenti citati, nonché del regolamento relativo al coordinamento generale
degli aiuti di preadesione.
Il Consiglio europeo di Berlino ha inoltre confermato il programma Phare rinnovato quale
strumento principale d'intervento, basato su due priorità essenziali legate al recepimento
dell'acquis comunitario, vale a dire il "potenziamento istituzionale" (consistente nel
potenziamento della capacità amministrativa e istituzionale dei paesi candidati) ed il
finanziamento degli investimenti rispettivamente al 30 e al 70% della dotazione destinata ai
paesi candidati, ad eccezione degli investimenti finanziati dagli strumenti strutturale e
agricolo di preadesione.
CONSIGLIO EUROPEO DI HELSINKI (DICEMBRE 1999)
Il Consiglio europeo di Helsinki ha deciso di organizzare, nel febbraio 2000, alcune
conferenze intergovernative bilaterali in vista di avviare negoziati con la Romania, la
Slovacchia, la Lettonia, la Lituania, la Bulgaria e Malta (paesi chiamati "il gruppo di
Helsinki").
Il Consiglio europeo ha riaffermato il principio di differenziazione, secondo il quale i vari
candidati all'adesione conservano la possibilità di recupero nei confronti di quelli che
avevano avviato i negoziati in precedenza.
Ha altresì preso atto della nuova valutazione effettuata dalla Commissione riguardo ai
progressi ottenuti dai paesi candidati (relazioni del 13 ottobre 1999).
CONSIGLIO EUROPEO DI NIZZA (DICEMBRE 2000)
Il Consiglio europeo di Nizza ha sottolineato che con l'entrata in vigore del trattato di Nizza e
delle modifiche istituzionali che esso comporta, l'Unione europea sarà in grado di accogliere i
paesi candidati che saranno pronti a partire dalla fine del 2002. consentendo loro di
partecipare alle elezioni europee del 2004.
Gli Stati membri hanno adottato la posizione comune che utilizzeranno in occasione delle
conferenze di adesione per quanto riguarda la ripartizione dei seggi al Parlamento europeo,
la ponderazione dei voti nel Consiglio, la composizione del Comitato economico e sociale e la
composizione del Comitato delle regioni per un'Unione a 27 membri.
Il Consiglio europeo si è compiaciuto della nuova strategia di allargamento adottata dalla
Commissione nel novembre 2000. La "tabella di marcia" contenuta in tale strategia
costituisce, secondo il Consiglio europeo, un quadro indicativo e flessibile che potrà essere
adeguato a seconda dei progressi ottenuti da ciascun candidato, per esempio per consentire
ai candidati meglio preparati di progredire più rapidamente nei negoziati.
CONSIGLIO EUROPEO DI GÖTEBORG (GIUGNO 2001)
Questo Consiglio europeo ha confermato che dovrebbe essere possibile chiudere i negoziati
entro la fine del 2002 con i candidati che saranno pronti, in vista della loro partecipazione
alle elezioni del Parlamento europeo del 2004 in qualità di membri. Ha inoltre segnalato che
il processo di ratifica del Trattato di Nizza proseguiva nonostante il risultato del referendum
irlandese.
IL TRATTATO DI NIZZA
Adottato nel dicembre 2000, in occasione del Consiglio europeo di Nizza, e firmato il 26
febbraio 2001, il Trattato di Nizza completa la Conferenza intergovernativa (CIG) aperta nel
febbraio 2000 e il cui oggetto era l'adattamento del funzionamento delle istituzioni europee
all'arrivo di nuovi Stati membri.
Questo Trattato apre la via alla riforma istituzionale necessaria per il recente allargamento
dell'Unione europea ai paesi candidati dell'Europa orientale e meridionale. Esso determina
inoltre tre grandi assi: la composizione ed il funzionamento delle istituzioni europee, la
procedura decisionale in seno al Consiglio e le cooperazioni rafforzate.
I principali cambiamenti che esso instaura riguardano la limitazione delle dimensioni e della
composizione della Commissione, l'estensione del voto a maggioranza qualificata, una nuova
ponderazione dei voti in seno al Consiglio e l'ammorbidimento del dispositivo delle
cooperazioni rafforzate. Collateralmente alle discussioni su queste quattro questioni chiave
si sono affrontati anche altri soggetti di natura istituzionale: la semplificazione dei Trattati,
l'articolazione delle competenze, l'integrazione della Carta dei diritti fondamentali e il ruolo
dei Parlamenti nazionali. Nella "Dichiarazione sull'avvenire dell'Unione" allegata al Trattato
sono state fissate le prossime tappe da seguire per approfondire le riforme istituzionali e
fare in modo che il Trattato di Nizza costituisca soltanto una tappa di tale processo.
Il Trattato di Nizza è stato ratificato da tutti gli Stati membri conformemente alle loro regole
costituzionali rispettive ed è entrato in vigore il 1° febbraio 2003.
TRATTATO DI MAASTRICHT
È il documento firmato a Maastricht nel 1992 dai rappresentanti degli Stati membri, la cui
denominazione ufficiale è Trattato sull’Unione europea.
Struttura del trattato
In particolare il trattato è articolato nelle seguenti sezioni:
— disposizioni comuni: Questa prima sezione definisce le linee guida che ispirano
l’azione comunitaria, il cui compito è quello di organizzare in modo coerente e solidale le
relazioni tra gli Stati membri ed i loro popoli;
— modifiche al Trattato CEE: Questa sezione rappresenta la parte più innovativa
dell’intero Trattato di Maastricht a cominciare dall’alto valore simbolico da attribuire alla
disposizione che sostituisce l’espressione “Comunità Economica Europea” con “Comunità
Europea”. La modifica è un evidente segnale della volontà di non limitare più l’azione della
Comunità alle sole relazioni economiche ma di estenderla anche ad altri campi finora
considerati di esclusiva competenza degli Stati membri (politiche anche sociali).
Principi fondamentali di questa parte del trattato sono:
- l’instaurazione di una unione economica e monetaria;
- l’istituzione di una cittadinanza europea;
- l’affermazione del principio di sussidiarità: in base al quale la Comunità
interviene in quei settori che non sono di sua esclusiva competenza solo quando la sua
azione è considerata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale;
- l’ampliamento delle politiche comunitarie (in particolare, industria,
sanità pubblica, educazione e cultura);
la revisione dei poteri attribuiti ad alcune istituzioni comunitarie ed, in
particolare, l’ampliamento delle funzioni del Parlamento europeo;
— modifiche ai Trattati CECA ed Euratom.
— disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune: Rappresenta
una delle novità più importanti del Trattato di Maastricht, rappresenta il secondo pilastro.
— disposizioni relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale
L’apertura delle frontiere tra i paesi comunitari a partire dal 1° gennaio 1993 ha
inevitabilmente imposto un notevole ridimensionamento delle possibilità di controllo
frontaliere. Al fine di realizzare una più efficace cooperazione in questo settore con il
Trattato di Maastricht si è deciso di delineare alcune strategie comuni tra gli Stati membri,
tra cui rientra anche la costituzione di un Ufficio europeo di Polizia (Europol). Tuttavia molte
delle disposizioni contenute in questo titolo (che originariamente era denominato
cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni) sono state comunitarizzate con il
Trattato di Amsterdam;
— disposizioni su una cooperazione rafforzata. Non era previsto dall’originario
Trattato di Maastricht, ma è stato aggiunto dal Trattato di Amsterdam. Prevede la possibilità
che alcuni Stati membri possano perseguire autonomamente determinate politiche quando
non è possibile raggiungere l’unanimità;
— disposizioni finali. Oltre all’art. 49, che disciplina la procedura per l’adesione
di nuovi Stati, la disposizione più importante (ora abrogata) contenuta in questo titolo era
quella che prevedeva la convocazione, entro il 1996, di una conferenza intergovernativa per
apportare eventuali modifiche al trattato, da questa disposizione è nato il Trattato di
Amsterdam.
Adottato: Maastricht, 7 febbraio 1992
Entrato in vigore: 1° novembre 1993
Ratificato: 3 novembre 1992
I PILASTRI DELL’UNIONE EUROPEA
I tre pilastri che compongono il figurato tempio dell’Unione sono:
— Primo pilastro: la dimensione comunitaria, cioè l’insieme delle 3 comunità: CE, CECA,
EURATOM.
— Secondo pilastro: la politica estera e di sicurezza comune (PESC);
— Terzo pilastro: la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (CGAI),
divenuta, in seguito alle modifiche introdotte dal Trattato di Amsterdam, cooperazione di
polizia e giudiziaria in materia penale.
Il motivo di questa anomala costruzione va ricercato nella volontà degli Stati membri di non
abdicare del tutto alle proprie prerogative sovrane in settori da sempre considerati di
competenza interna.
La principale differenza tra i tre pilastri è data dal fatto che per le politiche avviate
nell’ambito del primo pilastro si applica il cd. metodo comunitario, che marginalizza il ruolo
dei governi nazionali a favore delle istituzioni comunitarie. In particolare la volontà degli
Stati si manifesta in seno al Consiglio, che tuttavia può deliberare anche senza raggiungere
l’unanimità.
La collaborazione nell’ambito degli altri due pilastri è, invece, di carattere tipicamente
intergovernativa (Metodo intergovernativo), attribuendo tutto il potere decisionale agli Stati
membri. Gli strumenti tipici della cooperazione nell’ambito del secondo e del terzo pilastro
sono i principi e gli orientamenti generali , le strategie comuni , le azioni comuni , le
posizioni comuni , la cooperazione sistematica , le decisioni-quadro e le decisioni , tutti
scarsamente vincolanti per gli Stati membri e comunque quasi sempre adottabili soltanto
all’unanimità regola parzialmente mitigata con l’introduzione del meccanismo dell’astensione
costruttiva (esso sancisce che durante la procedura di votazione in sede di Consiglio
dell’Unione l’astensione di uno Stato membro non impedisce di raggiungere l’unanimità)..
L’unico atto veramente vincolante, previsto soltanto nell’ambito della cooperazione del terzo
pilastro, è la convenzione internazionale che però impegna lo Stato soltanto nel momento in
cui ha ricevuto la ratifica; non a caso quasi tutte le convenzioni elaborate sulla base della
cooperazione in materia di giustizia e affari interni non sono ancora entrate in vigore.
Per quanto riguarda il terzo pilastro è da sottolineare che il Trattato di Maastricht ha anche
previsto la possibilità di trasferire alcune politiche avviate in questo settore nell’ambito del
primo pilastro, avvalendosi della cd. passerella comunitaria e procedendo ad una
comunitarizzazione della relativa disciplina. Tale facoltà è stata già sfruttata in occasione
della firma del Trattato di Amsterdam che ha provveduto alla comunitarizzazione delle
disposizioni in materia di asilo, visti, immigrazione e cooperazione doganale.
IL TRATTATO DI AMSTERDAM
Firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il I° maggio 1999, il trattato di Amsterdam
introduce dei progressi nel campo dei diritti dei cittadini (noti come protezione dei diritti
fondamentali), della cooperazione in materia di sicurezza e di giustizia (con l’integrazione
dell’acquis della convenzione di Schengen nelle competenze dell’UE), della Politica estera e
di sicurezza comune (con la creazione di un Alto rappresentante della PESC) ed il
rafforzamento della democrazia.
Esso accresce il numero delle materie rilevanti di una decisione presa all’unanimità degli
Stati membri in seno al Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo visto il suo
ruolo rinforzato nella presa di decisioni.
Dopo l’Atto unico europeo (AUE) ed il Trattato di Maastricht si tratta del terzo trattato con il
quale sono state apportate significative modifiche ai trattati istitutivi delle Comunità
europee. In particolare il Trattato di Amsterdam è nato sulla base di una specifica
disposizione contenuta già nel Trattato di Maastricht e che prevedeva la convocazione, per il
1996, di una Conferenza intergovernativa (CIG) con il compito di proporre i necessari
adattamenti ai trattati, in vista delle sfide che si pongono per il nuovo millennio ed in
seguito alla introduzione dell’euro .
La più importante novità introdotta dal Trattato di Amsterdam nell’ambito delle politiche
comunitarie è sicuramente l’impegno assunto per la promozione di un più alto livello
occupazionale, della politica sociale, della politica dell’ambiente , della sanità pubblica e
della tutela dei consumatori .
Sebbene estremamente limitate rispetto alle iniziali aspettative, non mancano anche nel
settore della PESC rilevanti novità introdotte dal Trattato di Amsterdam. In particolare:
— è previsto che l’Unione possa adottare strategie comuni per le azioni da
intraprendere nell’ambito della politica estera;
— viene introdotto il principio dell’astensione costruttiva , che potrebbe consentire una
più efficace azione da parte degli Stati membri; esso sancisce che durante la procedura di
votazione in sede di Consiglio dell’Unione l’astensione di uno Stato membro non impedisce
di raggiungere l’unanimità.
— tra le priorità dell’azione comunitaria rientrano le missioni umanitarie, di soccorso e
di mantenimento della pace, secondo le indicazioni contenute nella Dichiarazione di
Petersberg ;
— viene creata una cellula di programmazione politica e di tempestivo allarme , che ha
il compito di individuare le zone di conflitto potenziale e anticipare eventuali situazioni di
crisi;
— per dare continuità all’azione dell’Unione in questo settore al Segretariato generale
del Consiglio viene attribuito il ruolo di Alto rappresentante per la PESC.
Le più importanti novità del Trattato di Amsterdam sono, però, sicuramente quelle che
hanno radicalmente trasformato la cooperazione in materia di giustizia e affari interni
(CGAI) in cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Coerentemente con
un’indicazione già contenuta nel Trattato di Maastricht quasi tutti i settori che rientravano
nell’ambito del terzo pilastro sono ora stati trasferiti nel primo pilastro, comunitarizzando,
materie che in precedenza erano trattate esclusivamente in ambito intergovernativo (rilascio
di visti, concessione di asilo, azione comune in materia di immigrazione, cooperazione
doganale, cooperazione giudiziaria in materia civile e più in generale tutte le questioni
attinenti alla libera circolazione delle persone).
Con il Trattato di Amsterdam è stata anche istituzionalizzata la facoltà di procedere ad una
integrazione differenziata attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata; in pratica
si sancisce il diritto per quegli Stati membri che intendono perseguire determinate politiche
comuni a procedere anche in assenza di una volontà comune di tutti i membri.
Con il Trattato di Amsterdam si è proceduto anche ad un’opera di razionalizzazione e
semplificazione di questo groviglio di disposizioni; la seconda parte del nuovo trattato è
interamente dedicata a questa operazione (Semplificazione e codificazione dei trattati).
Adottato: Amsterdam, 2 ottobre 1997
Entrato in vigore: 1° maggio 1999
Ratificato: L. 16 giugno 1998, n. 209
L'ATTO UNICO EUROPEO
Il 2 luglio 1985 la presidenza lussemburghese decise di convocare una Conferenza
Intergovernativa per esaminare le possibili modifiche al Trattato di Roma: miglioramento
delle procedure di decisione del Consiglio, rafforzamento del potere esecutivo della
Commissione, aumento dei poteri del Parlamento Europeo e nuovi campi d'azione per le
politiche comunitarie. I primi lavori della Conferenza si aprirono il 9 e 10 settembre, la
Presidenza indicava la necessità di creare nuove competenze per la Comunità nei campi
della cultura, della politica e dell'ambiente e di realizzare pienamente il Mercato Unico, per
fare ciò bisognava rafforzare i poteri delle istituzioni comunitarie e soprattutto modificare le
procedure decisionali del Consiglio. Fin dall'inizio fu chiaro che alcuni paesi fra cui il
BENELUX, l'Italia e l'Irlanda erano favorevoli ad una riforma radicale del Trattato e alla
creazione di una Unione Europea, altri paesi invece, come la Gran Bretagna e la Danimarca,
non erano disposti a profonde riforme.
Delors, nel suo discorso alla Conferenza, disse che il progresso della Comunità Europea non
era fattibile se non si riconosceva formalmente l'interdipendenza dei problemi della politica
estera e della sicurezza da un lato e quelli economici e finanziari dall'altro. Egli proponeva
quindi che i lavori della Conferenza fossero integrati in un unico atto giuridico. La proposta
dell'Atto Unico fu accettata da tutti gli Stati Membri. La visione di Delors era chiaramente di
stampo funzionalista perché egli voleva per prima cosa precisare gli obiettivi e gli strumenti
per il Mercato interno ed integrare nel Trattato le nuove politiche comunitarie.
I negoziati durarono tre mesi e si conclusero al Consiglio Europeo di Lussemburgo il 2 e 3
dicembre 1985 e ai lavori parteciparono anche delegazioni spagnole e portoghesi, benché la
loro adesione non fosse ancora effettiva. L'Atto Unico prevedeva una riforma dei meccanismi
decisionali allargando il voto a maggioranza del Consiglio per tutte le materie legate al
completamento del Mercato Interno, salvo le questioni fiscali; integrava il Trattato con dei
capitoli nuovi per i quali però era previsto il voto all'unanimità; rafforzava la politica sociale,
ma veniva abbandonato qualsiasi riferimento alla creazione di una Unione Monetaria.
L'accordo finale si raggiunse al Consiglio Europeo del 16 e 17 dicembre 1985 dove furono
chiarite le ultime questioni lasciate in sospeso fra cui le deroghe al completamento del
Mercato Unico e i poteri del Parlamento Europeo. Fu deciso di attribuire al Parlamento un
nuovo potere di emendamento sui testi legislativi, chiamato "procedura di cooperazione".
Quasi tutti governi erano così soddisfatti, in modo particolare la Gran Bretagna perché la
riforme erano state limitate al settore del Mercato Interno: obiettivo prioritario di Margaret
Thatcher.
Delors dichiarò chiaramente che non si era potuto andare oltre gli obiettivi decisi al Consiglio
Europeo di Lussemburgo, ma affermò che il Mercato Unico rimaneva l'obiettivo principale e
che se non si fosse raggiunto si sarebbe dovuta convocare una nuova Conferenza
Intergovernativa. I lavori della Conferenza si conclusero quindi con l'adozione di un "Atto
Unico Europeo" messo a punto dalla Presidenza del Consiglio che il 1 gennaio 1986 passò ai
Paesi Bassi.
Il 17 Febbraio 1986 a Lussemburgo veniva così firmato l’Atto Unico europeo il quale entrò in
vigore il 1 Luglio 1987 con la ratifica di tutti gli Stati membri. L’Atto Unico riuniva in un solo
testo le disposizioni rivolte a istituzionalizzare la cooperazione politica europea (CPE) e
quelle modificative dei trattati comunitari. Ai sensi del suo art.1 “le comunità europee e la
cooperazione politica perseguono l’obbiettivo di contribuire insieme a far progredire
concretamente l’unione europea”. L’Atto Unico conteneva anche una serie di importanti
modifiche dei trattati istitutivi. Queste concernevano soprattutto il ruolo del Parlamento che
ne usciva potenziato, l’inclusione del sistema monetario SME nel quadro comunitario, nella
prospettiva di una progressiva realizzazione dell’unione economica e monetaria, la
previsione di nuove competenze comunitarie in materia di politica sociale, di ricerca ,
sviluppo tecnologico e politica ambientale.
La cooperazione in materia di politica estera veniva istituzionalizzata anche se formalmente
al di fuori del contesto giuridico comunitario.
L'Atto Unico Europeo è il risultato del primo grande tentativo di riforma del Trattato di
Roma, riforma che era già riconosciuta necessaria sin dalla conclusione del periodo
transitorio: era anzi imposta dai mutamenti radicali sopravvenuti nell'economia e nelle
società degli Stati membri… il corso degli anni e l'evoluzione delle relazioni internazionali
avevano messo alla prova la solidarietà politica che era la finalità prima dell'iniziativa
europea: era ormai provato che senza una revisione dei testi fondamentali dell'integrazione
sarebbe venuta a mancare gran parte dell'interesse essenziale al proseguimento
dell'impresa.
La riforma principale introdotta dall'Atto Unico riguardava, come già detto il completamento
del Mercato interno che diventò formalmente un obiettivo del Trattato e fu fissata una data
per la sua realizzazione: il 31 dicembre 1992. Altri articoli contenevano le disposizioni
necessarie per conseguire questo obiettivo, in modo particolare l'articolo 100 prevedeva che
le misure per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri che avevano per oggetto
il funzionamento del mercato interno richiedessero l'approvazione a maggioranza qualificata
del Consiglio e non più all'unanimità, fatta eccezione per le riforme fiscali.
Altre parti dell'Atto Unico riguardavano le nuove politiche comunitarie: la politica regionale,
la politica della ricerca e della tecnologia e la politica dell'ambiente. Anche l'istituzione di un
nuovo fondo trovava spazio nel Trattato: il Fondo Regionale che diventò uno strumento,
accanto agli altri fondi, della coesione economica e sociale.
Come ho detto la cooperazione economica e monetaria non fu inserita nel Trattato anche se
la maggioranza degli stati membri era disposta ad inserirvi le procedure dello SME, al quale
però la Gran Bretagna non aveva aderito. Alla fine si giunse alla creazione dell'articolo 102A
nel quale si affermava che la cooperazione monetaria avrebbe tenuto conto delle esperienze
acquisite grazie alla cooperazione nell'ambito dello SME e allo sviluppo dell'ECU. L'ulteriore
sviluppo della cooperazione economica e monetaria avrebbe comportato procedure di
modifica del Trattato come previsto nell'articolo 236.
L'Atto Unico entrò in vigore il 1 luglio 1987 dopo il deposito degli atti di ratifica da parte
degli Stati membri. Falliva così il tentativo di istituire una Unione Europea e ci si dovette
accontentare di alcune riforme sparse e inorganiche, insufficienti sia per la Commissione che
per il Parlamento Europeo; in una dichiarazione del Parlamento europeo Altiero Spinelli
affermò, metaforicamente: "del grosso pesce ci hanno lasciato soltanto la lisca."
Trattato CE
Il 25 Marzo 1957, a Roma, viene firmato il Trattato che istituisce la Comunità economica
europea (CEE) ed il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica
(CEEA o Euratom).
Il Trattato Ce si poneva come obbiettivo l’instaurazione di un mercato comune generale, il
graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri nonché uno sviluppo
armonioso delle attività economiche nell’insieme della comunità ed un miglioramento
generale del tenore di vita. Il Trattato prevedeva quattro istituzioni: un’Assemblea (poi
Parlamento dal 1962), un Consiglio, una Commissione e una Corte di giustizia delle quali
Assemblea e Corte di giustizia dovevano essere in comune con quelle della CECA (nel 1965
con il Trattato sulla fusione degli esecutivi anche gli altri organi verranno messi in comune).
Questo mercato comune si fondava sull’idea di un’unione doganale e cioè non solo
sull’abolizione dei dazi fra gli Stati membri, ma anche sull’istituzione di una tariffa doganale
comune nei confronti degli Stati terzi. L’unione economica prevista dal Trattato non si
riferiva solo alla libera circolazione delle merci, ma puntava a liberalizzare anche la
circolazione di persone, servizi e capitali all’interno del territorio della Comunità. Oltre a
prevedere queste libertà il Trattato indicava una serie di interventi comuni progressivi
soprattutto nei settori dell’agricoltura, dei trasporti e della concorrenza. L’attuazione di
queste misure veniva prevista attraverso una serie di fasi che avrebbero dovuto portare dal
mercato comune all’unione doganale entro un periodo di 10 anni poi prolungatosi fino al
Trattato di Maastricht (1992).
IL TRATTATO SULL'UNIONE EUROPEA
Il Trattato sull'Unione Europea comprende 252 articoli, nuovi o modificati, 17 Protocolli e 31
dichiarazioni, è quindi estremamente ampio e complesso anche se è abbastanza articolato.
Sostanzialmente il Trattato crea una nuova organizzazione basata su tre pilastri: le tre
Comunità Europee, la PESC e la cooperazione nella Giustizia e negli Affari interni.
L'articolo A delle disposizioni comuni afferma che: Con il presente Trattato, le Alte Parti
Contraenti istituiscono tra loro un'Unione Europea in appresso denominata "Unione". Il
presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di una unione sempre
più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai
cittadini. L'Unione è fondata sulle Comunità Europee, integrate dalle politiche e forme di
cooperazione instaurate dal presente trattato. Essa ha il compito di organizzare in modo
coerente e solidale le relazioni tra gli Stati membri e tra i loro popoli.
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  • 1. 1) STORIA E PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'INTEGRAZIONE EUROPEA a) Cenni storici b) Le personalità importanti: i. Altiero Spinelli ii. Konrad Adenauer iii. Alcide de Gasperi iv. Jean Monnet v. Paul-Henri Spaak vi. Robert Schuman vii. Gaetano Martino viii.Valery Giscard d'Estaing ix. Jacques Delors x. Helmut Kohl xi. Javier Solana xii. Romano Prodi c) Gli eventi di rilievo d) I principi fondamentali dell'UE e) Gli obiettivi dell'UE f) I simboli dell'Unione 2) LE ISTITUZIONI E I TRATTATI a) Le competenze dell'Unione b) Le istituzioni europee c) L'ordinamento giuridico comunitario d) I Trattati e) Il triangolo istituzionale f) Il Patto di stabilità e crescita 3) LA COSTITUZIONE EUROPEA E IL FUTURO DELL'UNIONE a) La Carta dei Diritti Fondamentali b) La convenzione europea c) Il cammino della Convenzione d) La costituzione dell'Europa unita e) La cittadinanza dell'Unione e i diritti dei cittadini f) Il futuro dell'Europa 4) ALLARGAMENTO E POLITICHE DI PROSSIMITÀ a) L'adesione di un nuovo Stato all'Unione b) I criteri di adesione c) L'Agenda 2000 d) Allargamento e) Valutazioni sull'allargamento f) Le politiche di prossimità 5) L'EURO E LE POLITICHE DELL'UNIONE a) L'integrazione come sinonimo di politiche comuni i. Politica agricola comune ii. Politica commerciale iii. Politica economica iv. Politica monetaria v. Politica regionale vi. Coesione economica e sociale vii. Politica estera e di sicurezza comune viii.Altre politiche b) Il progresso europeo c) Innovazione e Strategia di Lisbona d) Il Cammino verso la moneta unica e) I criteri di convergenza
  • 2. f) Il mercato Unico 6) L'Europa e i GIOVANI a) I programmi europei per i giovani b) Convenzione europea dei giovani c) Lavorare nelle istituzioni europee d) Guida alle elezioni europee e) Il problema della disoccupazione f) L'immigrazione ACCORDO EUROPEO e ACCORDI DI ASSOCIAZIONE L'accordo europeo indica una forma specifica di accordo d'associazione, concluso tra l'Unione europea ed alcuni Stati dell'Europa centrale ed orientale (articolo 238 del trattato CE). L'obiettivo dell'accordo era di preparare la futura adesione all'Unione europea dello Stato associato e aveva come fondamento il rispetto dei principi dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e dell'economia di mercato. Concluso per un periodo illimitato, l'accordo europeo comporta molteplici elementi: • una componente politica, che prevede consultazioni bilaterali e multilaterali su qualsiasi questione di interesse comune; • una componente commerciale al fine di instaurare una zona di libero scambio; • la cooperazione a livello economico, culturale e finanziario; • il ravvicinamento delle legislazioni, in particolare per quanto riguarda la proprietà intellettuale e le regole di concorrenza. Sul piano istituzionale, la gestione generale dell'accordo europeo spettava al Consiglio di associazione, composto, da un lato, da rappresentanti del Consiglio e della Commissione e, dall'altro, da rappresentanti del governo dello Stato associato. Un comitato di associazione composto da membri del Consiglio di associazione, provvedeva alla sorveglianza dei lavori e preparava le delibere del Consiglio di associazione. Infine era prevista una commissione parlamentare d'associazione, composta da membri del parlamento europeo e del parlamento nazionale dello Stato associato, il cui compito era di formulare raccomandazioni al Consiglio di associazione. Dieci paesi dell'Europa centrale e orientale (ad eccezione dell'Albania e degli Stati sorti dall'ex Iugoslavia, tranne la Slovenia) avevano con l'Unione europea importanti scambi commerciali che la firma di accordi europei ha reso molto più dinamici. Gli accordi europei costituivano il quadro giuridico dell'associazione fra i paesi candidati e l'Unione europea. Riguardavano le relazioni politiche ed economiche fra i partner e si prefiggevano di creare un quadro adeguato per la progressiva integrazione dei paesi candidati nella Comunità. Gli accordi europei furono conclusi con la Bulgaria, la Repubblica ceca, l'Ungheria, la Polonia, la Romania, la Slovacchia, la Slovenia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania. Tali accordi, volti ad istituire una zona di libero scambio entro il 2002, prevedevano la liberalizzazione degli scambi dei prodotti industriali e la cooperazione economica in numerosi settori. Consentivano di discutere dei progressi della preparazione all'adesione, a livello ministeriale e in sede di consigli di associazione. Dato che gli accordi di associazione riguardavano gran parte dei settori legati all'acquis comunitario, furono utilizzati per aiutare
  • 3. i paesi candidati ad elaborare un programma nazionale di recepimento dell'acquis e ad adottare le norme giuridiche comunitarie prima dell'adesione. Gli accordi di associazione con Cipro, Malta e la Turchia riguardavano gli stessi settori di quelli dei paesi dell'Europa centrale e orientale (ad eccezione del dialogo politico) e si prefiggevano di creare un'unione doganale. La Turchia ha già firmato un accordo di unione doganale con l'Unione europea nel 1995. PARTENARIATO EURO-MEDITERRANEO Il Partenariato Euro-Mediterraneo si realizza attraverso accordi di associazione tra l’UE e i Paesi Terzi del Mediterraneo (PTM). A questo proposito bisogna ricordare che tale formula di partenariato bilaterale viene applicata solo a nove dei PTM, in quanto la Turchia prima, e Malta e Cipro poi, hanno firmato degli accordi di associazione di preparazione all’adesione all’UE. Gli accordi di associazione sono simili ad accordi di libero scambio anche se vanno al di là di una dimensione prettamente commerciale. Pur differendo da Paese a Paese, il contenuto di tale accordi, in base ai i principi stabiliti per il Partenariato Euro-Mediterraneo, prevede per tutti le seguenti tematiche: - Rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, come condizione necessaria per la conclusione di un accordo; - Libero scambio di merci e servizi secondo quanto previsto dagli accordi del World Trade Organization (WTO), e armonizzazione tra le parti per la protezione dei diritti intellettuali e lo scambio di altri beni economici; - Cooperazione finanziaria con aiuti previsti dall’Unione europea a sostegno delle economie di ogni singolo Stato e dell’intera regione; - Cooperazione sociale e culturale soprattutto in materia di diritti dei lavoratori e di lotta all’emigrazione clandestina; - Istituzioni comuni, che prevedono un Consiglio di Associazione (a livello di ministri e da riunirsi almeno una volta l’anno) e un Comitato (a livello di ambasciatori) che assiste il Consiglio. Al momento accordi di cooperazione sono stati firmati con la Tunisia (luglio del 1995), Israele (novembre 1995), il Marocco (febbraio 1996), l’Autorità Palestinese (febbraio 1997) e la Giordania (novembre 1997). Sono stati avviati anche negoziati con l’Egitto, il Libano e l’Algeria, mentre i negoziati con la Siria sono in via di preparazione. NEGOZIATI DI ADESIONE Il processo di adesione dei 10 Stati membri recentemente entrati nell'UE è iniziato il 30 marzo 1998 con la prima serie dei paesi candidati (il gruppo di Lussemburgo). I negoziati di adesione riguardano la capacità dei candidati di rispettare tutti gli obblighi di uno Stato membro dell'Unione europea e di applicare l'acquis comunitario alla data dell'adesione, in particolare le misure necessarie ad estendere il mercato unico, che dovranno essere attuate immediatamente. Il negoziato riguarda inoltre gli aiuti di preadesione che l'Unione potrà fornire per agevolare il recepimento dell'acquis. Infine, il negoziato potrà concludersi anche se il recepimento completo dell'acquis non sarà terminato, grazie all'applicazione di misure transitorie dopo l'adesione. Gli eventuali periodi di transizione dovranno però essere per quanto possibile brevi e riguardare soltanto un numero limitato di settori.
  • 4. I negoziati si svolgono nel quadro delle conferenze intergovernative bilaterali, con riunioni ogni sei mesi a livello ministeriale e ogni mese a livello degli ambasciatori. La definizione esatta delle posizioni di negoziato viene effettuata soltanto in seguito a una procedura di valutazione nei particolari ("screening") della situazione di ciascun paese candidato rispetto alla normativa comunitaria e alle disposizioni relative al secondo e al terzo pilastro. Le posizioni comuni di negoziato sono definite dalla Commissione per ciascun capitolo di competenza comunitaria e approvate all'unanimità dal Consiglio. I risultati dei negoziati sono integrati in un progetto di trattato di adesione, il quale deve essere approvato dall'Unione europea e ratificato dagli Stati membri e dai paesi candidati. Potenziamento della strategia di preadesione Il potenziamento della strategia di preadesione, chiesto dal Consiglio europeo di Dublino del dicembre 1996, si basa sia su strumenti esistenti (gli accordi europei, il Libro bianco sul mercato interno e il programma PHARE) sia su un nuovo strumento che sarà l'asse essenziale della strategia potenziata di preadesione: i partenariati per l'adesione. I partenariati per l'adesione, avviati il 15 marzo 1998, riuniscono in un unico quadro tre elementi fondamentali: • i settori prioritari per recepire l'acquis comunitario; • la programmazione dell'assistenza finanziaria dell'Unione; • le condizioni degli aiuti, basati sul rispetto degli obblighi derivanti dagli accordi europei di associazione e sui progressi nel rispetto dei tre criteri di Copenaghen. Precisano come saranno modulati tutti gli strumenti destinati ad aiutare i candidati nel preparare l'adesione, in particolare: • un programma nazionale di adozione dell'acquis comunitario, nel quale ciascun candidato deve precisare le misure normative e regolamentari, le riforme delle strutture istituzionali e amministrative e le risorse umane e di bilancio che intende utilizzare in ciascun settore prioritario individuato dal partenariato per l'adesione; • una valutazione congiunta delle priorità in materia di politica economica; • un patto contro il crimine organizzato ; • "tracciati" del mercato interno, elaborati nel 1997 dal commissario europeo responsabile del mercato interno, per permettere ai candidati di conformarsi all'acquis comunitario. La Commissione si è impegna a presentare annualmente al Consiglio europeo una relazione sui progressi ottenuti da ciascun candidato sulla via dell'adesione. La prima relazione è stata presentata il 4 novembre 1998. La seconda relazione è stata pubblicata dalla Commissione nell'ottobre 1999, la terza nel novembre 2000 e l'ultima nel novembre 2001. RISORSE PROPRIE Le risorse proprie indicano le entrate di natura fiscale concesse all'Unione europea affinché possa finanziare le proprie spese nel rispetto dell'attuale massimale dell'1,27% del PNL comunitario. All'origine il bilancio comunitario dipendeva dai contributi finanziari degli Stati membri. In seguito alla decisione del 21 aprile 1970, l'autonomia finanziaria è stata gradualmente realizzata col 1° gennaio 1978. A decorrere da questa data il bilancio comunitario è integralmente finanziato attraverso le risorse proprie. Attualmente queste ultime sono costituite da quattro fonti: • i dazi agricoli e i contributi zucchero e isoglucosio: si tratta, principalmente, dei dazi doganali agricoli nonché, nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati dello zucchero, dei contributi alla produzione e all'immagazzinamento; • i prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli • i dazi doganali, ossia quelli della tariffa doganale comune (TDC) e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri: provenienti dall'applicazione della tariffa doganale comune alle esportazioni degli Stati terzi;
  • 5. • la risorsa IVA: proveniente dall'applicazione dell'aliquota uniforme all'imponibile IVA di ciascuno Stato membro. I proventi sono ottenuti mediante applicazione di un tasso dal 1999 pari all’1%. Secondo quanto stabilito nel corso del vertice di Berlino esso è stato ridotto allo 0,75 nel 2002 e allo 0,50 nel 2004; • la "quarta risorsa": introdotta nel 1988, cosiddetta risorsa "complementare" in quanto è fissata in funzione delle tre altre fonti di entrata del bilancio. Essa è fondata sul PNL, applicando al PNL di tutti gli Stati membri un'aliquota fissata nell'ambito della procedura di bilancio. In pratica si tratta di contributi versati dagli Stati membri qualora le precedenti risorse non risultassero sufficienti a garantire una certa entità delle entrate comunitarie. I versamenti al bilancio comunitario coprono lo scarto esistente tra le precedenti risorse proprie ed una percentuale del PNL degli Stati membri fissate per il periodo 2000-2006 all’1, 27%. Nel 2004 lo stato di previsione delle entrate dell'Unione europea è stata di 111 miliardi di euro, di cui circa il 48,1% provenienti dalla risorsa PNL, 24,2% dalla risorsa IVA, 10,7% da dazi e prelievi, il 17% proveniente da altre entrate. (Fonte: Commissione europea – Comunicato stampa IP/03/217- 2003) Il fatto che la Comunità si finanzi mediante risorse proprie non significa che la riscossione dei dazi, dei prelievi e delle altre entrate sia affidata alle istituzioni comunitarie: essa rimane prerogativa degli Stati membri, i quali provvederanno a versare le somme percepite alla Comunità. IL BILANCIO COMUNITARIO È il documento contabile approvato annualmente delle istituzioni comunitarie nel quale sono dettagliatamente individuate le risorse a disposizione della Comunità europea e le relative spese. Tutte le entrate e le spese dell'Unione formano oggetto di previsioni annuali e sono iscritte nel bilancio comunitario. Le entrate si basano su "risorse proprie" (dazi doganali, prelievi agricoli, risorse provenienti dall'IVA, risorse sul Prodotto nazionale lordo) per cui il bilancio comunitario risulta essere finanziato da entrate proprie e non da contributi a carico degli Stati membri. Le spese vengono ripartite su periodi pluriennali ("prospettive finanziarie"), derivanti da un accordo tra le istituzioni europee (ad es.: prospettive finanziarie 2000- 2006). Il bilancio comunitario traduce in termini di destinazione delle risorse le priorità e gli orientamenti perseguiti dall’Unione europea (UE), autorizzando annualmente il finanziamento dell’insieme delle attività e degli interventi comunitari. Il bilancio comunitario ha caratteristiche fondamentalmente diverse da quelle dei bilanci nazionali. Ciò per la dimensione tutto sommato limitata (100 miliardi di euro, circa l’1% del Pil comunitario), per la concentrazione su due settori di spesa (politica agricola e azioni strutturali), per la rigidità e scarsa autonomia (spesa definita in un quadro pluriennale, assenza di possibilità di ricorso al prestito). Un’altra differenza sostanziale sta nella responsabilità della gestione, affidata in teoria alla sola Commissione ma di fatto trasferita agli Stati membri, che gestiscono larga parte della spesa. Il bilancio comunitario, così come la quasi totalità dei bilanci statali poggia su molteplici precisi principi contabili, tra cui: • l'unità (l'insieme delle spese e delle entrate è riunito in un unico e solo documento sottoposto ad approvazione dell’autorità competente;); • l'annualità (le operazioni di bilancio sono raggruppate in un esercizio finanziario annuale); • l'equilibrio (le spese non devono superare le entrate);
  • 6. • l’universalità, che dispone che delle entrate determinate non siano correlate a delle spese determinate, e che non ci sia compensazione tra le stesse, arrivando ad indicare solo il relativo saldo A questa regola si pongono due eccezioni: il regime dei dodicesimi provvisori; i bilanci rettificativi e supplementari, che devono essere adottati col concorso di particolari condizioni e intervenire prima del deposito del bilancio; • la specialità che si propone di far sì che i crediti aperti non siano cumulati, ma suddivisi per cause giustificative nel bilancio comunitario. A tal fine si prevede da un lato uno stato generale delle entrate, dall’altro uno stato delle entrate e delle spese (es. L.488); La Commissione ha il compito di trasmettere al Consiglio, che condivide col Parlamento europeo l'autorità di bilancio, un progetto preliminare di bilancio. La ripartizione del potere tra queste due istituzioni è stabilita in funzione della natura delle spese: spese obbligatorie o spese non obbligatorie. Tuttavia a prescindere dalla classificazione delle spese e della conseguente ripartizione del potere, merita ricordare che, in ultima istanza, spetta al Parlamento europeo adottare o respingere il bilancio nella sua integralità. La Commissione Prodi ha iniziato un sistema di gestione basato sulle attività (GBA) che consiste a definire le risorse finanziarie consacrate ai programmi insieme alle spese di gestione corrispondenti. Per attuare questo nuovo sistema è stato necessario riformare la struttura del bilancio e il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee. L’obiettivo principale è di garantire che l’allocazione delle risorse s’inserisca in un processo politico e sia compatibile con le priorità e gli obiettivi politici fissati previamente. In questo modo l’attività diventa il comune denominatore di un quadro concettuale comune dove s’inseriscono le priorità, la pianificazione, la stesura del bilancio, il controllo e la rendicontazione. La separazione tradizionale tra gli stanziamenti di funzionamento e quelli operativi è sostituita da una struttura che mette in evidenza non solo il costo delle politiche comuni ma anche i suoi fabbisogni in termini di risorse umane e di altri tipi di assistenza tecnica. Per la sezione III del bilancio (relativa alla Commissione europea) una nuova nomenclatura entra in vigore. Le spese sono raggruppate in 30 politiche e in 200 attività correlate, ciascuna delle quali collegate alla relativa Direzione generale della Commissione. Si mantengono i titoli, i capitoli, gli articoli e le voci con la differenza che ciasun titolo del BBA include sia le spese di funzionamento sia le spese operative per una data politica. I titoli indicano il costo complessivo di una politica, i capitoli le sue attività, gli articoli e le voci corrispondono ai programmi e ai progetti. Uno dei capitoli contiene le risorse amministrative assegnate ad una determinata politica e la sua struttura è identica per tutti i titoli. L’entrata in vigore della nuova struttura del bilancio dipende dal nuovo regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee, adottato definitivamente dal Consiglio in giugno 2002, e indirettamente dall’adozione del regolamento recante le modalità d’esecuzione del regolamento finanziario ancora all’esame del Consiglio. Col nuovo regolamento finanziario si migliora la presentazione e chiarezza del testo che contiene solo i principi e le definizioni essenziali rinviando al regolamento sulle modalità d’esecuzione tutte le precisazioni e le norme d’attuazione concrete.
  • 7. Si adotta di una nuova struttura per il bilancio secondo la nuova gestione per attività. Le autorità di bilancio (Parlamento e Consiglio) riceveranno maggiori informazioni dai servizi di contabilità sia per la formazione del bilancio sia per la sua esecuzione. Semplificazione delle modalità di trasferimento dei crediti da una ligna di bilancio ad un’altra Razionalizzazione dei metodi d’esecuzione che possono essere gestione centralizzata, concorrente (con gli Stati membri) o dencentrata (con gli Stati beneficiari degli aiuti esterni), o gestione congiunta con degli organismi internazionali. Modernizzazione della gestione finanziaria centrandola sui risultati e le performances. Meno eccezioni alle regole. Regole contabili più moderne. Trasparenza e prevenzione delle frodi durante gli appalti di gara. Il nuovo regolamento finanziario è entrato in vigore il 1 gennaio 2003, dopo l'adozione del progetto di regolamento sulle modalità d’esecuzione. Quest’ultimo, per quanto riguarda il titolo sulle sovvenzioni, stipula che la Commissione europea deve adottare un programma di lavoro annuale in materia di sovvenzioni e pubblicarlo nel sito Internet entro il 31 gennaio di ogni esercizio. Il programma di lavoro deve precisare l’atto di base, gli obiettivi, il calendario degli inviti a presentare proposte corredate dal rispettivo importo indicativo e i risultati desiderati. Gli inviti a presentare proposte precisano gli obiettivi perseguiti, i criteri d’ammissibilità, di selezione e d’attribuzione, le modalità di finanziamento comunitario, le modalità e il termine di deposito delle proposte, la data possibile d’inizio delle azioni, e la data di chiusura della procedura d’attribuzione. Possono essere assegnate sovvenzioni senza invito a presentare proposte nel quadro dell’aiuto umanitario, in casi d’urgenza eccezionali, a favore di organismi identificati nell’atto di base o che si trovino in situazione di monopolio di diritti o di fatto, e in situazioni di crisi nei paesi terzi. DAZIO imposta indiretta sui consumi, applicata storicamente sugli scambi tra città (dazi interni) e tra Stati (dazi doganali o esterni). Mentre i dazi interni sono andati progressivamente scomparendo, in quanto provocano intralci al traffico commerciale e alla localizzazione delle industrie, i dazi doganali costituiscono ancora uno degli strumenti più efficaci del protezionismo commerciale. I dazi doganali possono essere commisurati alla quantità della merce che varca il confine statale (dazi specifici), oppure al valore della merce (dazi ad valorem). I dazi all'importazione sono i più diffusi e vengono pagati all'atto dell'entrata delle merci nel territorio dello Stato; i dazi all'esportazione, attualmente molto rari, colpiscono le merci al momento della loro uscita dal territorio dello Stato. Jacques Delors Jacques Delors nasce a Parigi il 25 Luglio 1925. Autodidatta, è uno dei principali ispiratori della “seconde gauche” e fondatore del movimento “Citoyens 60”. Nel 1962 viene nominato capo dell’Ufficio degli Affari sociali e nel 1969 passa al Segretariato per la formazione. Nel 1974 aderisce al Partito socialista nelle cui fila viene eletto al Parlamento europeo dove presiede la Commissione economica e monetaria. Nel 1981 viene nominato Ministro delle finanze, carica che conserverà fino al 1984. Davanti all’aggravarsi della crisi economica, Delors inaugura una politica di rigore e di deflazione competitiva.
  • 8. Dopo aver lasciato il governo, viene nominato presidente della Commissione europea. I tre mandati di Delors alla guida della Commissione (1985-1995) segnano un profondo rilancio della costruzione europea. Egli propone l’“Obbiettivo 1992” (soppressione della barriere doganali e fiscali all’interno degli Stati membri). I suoi sforzi conducono alla firma dell’Atto Unico (1986) che estende le competenze dell’Unione sulle materie di coesione economica e sociale. Egli presiede in seguito il comitato incaricato di studiare il progetto di una Unione economica e monetaria il cui contributo ispirerà il Trattato di Maastricht e la nascita della moneta unica. Firmato nel 1992, il Trattato di Maastricht aumenta considerevolmente le competenze dell’Unione europea. Nel frattempo Delors mette mano alle politiche strutturali dell’Unione (pacchetto Delors), alla Carta sociale europea e al progetto Erasmus. Nel 1993 esce il Libro bianco sulla competitività e l’occupazione che verrà adottato dal Consiglio europeo nel 1993. Nel 1994 Delors lascia un’Europa profondamente rinnovata e allargata a 15 Stati. In seguito dirige il gruppo di studio “Notre Europe” e, dal 2000, il Consiglio per l’occupazione. ALTIERO SPINELLI (BIOGRAFIA) La vita di Altiero Spinelli è raccontata in due appassionanti autobiografie, "Ulisse" e "La goccia e la roccia", che l’autore stesso ha raccolto nel ciclo Come ho tentato di diventare saggio, a significare il processo di maturazione umana, civile, politica condotto nell’arco di un’intera esistenza. È uno dei padri dell’Europa unita, ideatore del Movimento federalista, da lui fondato nel 1943. Nato a Roma il 31 agosto del 1907, Spinelli passa i primi anni in Sud America, poi torna a Roma, dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza in una famiglia patriarcale, laica e socialista. Studia legge all’Università La Sapienza, mentre il Paese comincia a subire la morsa della dittatura fascista. Il giovane Altiero partecipa all’attività clandestina comunista contro il fascismo e, nel 1927, viene arrestato e condannato dal tribunale speciale per cospirazione contro i poteri dello Stato. Iniziano gli anni della reclusione, dieci di carcere e sei di confino. È il tempo della sofferenza e anche della riflessione sulle sorti dell’Italia e del mondo. Studia a fondo i testi dei federalisti angolsassoni, abbandona il colonialismo e abbraccia il federalismo. In quel periodo elabora, insieme a Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, il Manifesto di Ventotene (1941), progetto per una federazione europea di Stati. Spinelli si rende presto conto del fatto che la battaglia per la federazione europea richiede la creazione di un'organizzazione politica nuova, immune dai feticci nazionali e dei limiti delle ideologie tradizionali. Sulla base di questa convinzione promuove la fondazione del Movimento Federalista Europeo (Milano, 27 - 28 agosto 1943). Caduto il fascismo, nel 1943 Spinelli è libero di tornare a casa. Si trasferisce a Milano, diventa membro della segreteria politica del Partito d’Azione Alta Italia - poi della segreteria politica nazionale - e fonda il Movimento federalista europeo (Mfe). Tra il 1948 e il ’62 è segretario generale del Movimento e anche membro del Bureau Executif e delegato generale dell’Union européenne des Federalistes (Uef) a Parigi. Agli inizi degli anni cinquanta, l'azione di Spinelli e del MFE sul governo italiano si rivela decisiva per fare della costituente europea la questione centrale delle trattative intergovernative per la creazione della Comunità europea di difesa (CED). E' grazie a questa azione che l'Assemblea ad hoc (l'assemblea allargata della CECA) viene incaricata di elaborare lo statuto della Comunità politica europea, cioè dell'organismo politico incaricato di controllare l'esercito europeo. L'Assemblea assolve al suo mandato elaborando un testo di costituzione, ma la sua opera viene vanificata dalla mancata della CED da parte della Francia (1954).
  • 9. Nonostante questa sconfitta, fra il 1954 e il 1960 Spinelli e il MFE rilanciano la lotta federalista impegnandosi per mobilitare l'europeismo ormai diffuso in una protesta popolare crescente -azione del Congresso del Popolo europeo- diretta contro la legittimità stessa degli stati nazionali. Fra il 1962 e il ’65, Spinelli fa parte della redazione del Mulino e, nel 1965, fonda l’Istituto Affari Internazionali, dirigendolo fino al 1970. Dopo aver abbandonato il MFE negli anni sessanta, nel 1970 viene nominato membro della Commissione esecutiva della CEE. Dal 1976 al 1986 è membro del Parlamento europeo, divenendo nel 1984 presidente della Commissione istituzionale. È nel Parlamento europeo che Spinelli, per la seconda volta, ha l'opportunità di avviare un'azione di tipo costituzionale, promuovendo all'interno del Parlamento europeo, ormai eletto direttamente, l'elaborazione di un progetto di Trattato di Unione europea (approvato a larghissima maggioranza il 14 febbraio 1984). Questa iniziativa viene frenata e ridimensionata dalle resistenze dei governi nazionali, che nel 1985 varano il meno ambizioso Atto Unico europeo, un trattato comunque importante sulla via dell’integrazione. Essa segna tuttavia l'ingresso sulla scena europea del Parlamento europeo come nuovo soggetto politico nel processo di democratizzazione delle istituzioni comunitarie. Muore a Roma il 23 maggio 1986. Il suo nome rimane legato agli anni della lotta contro i totalitarismi negli anni più bui del Ventesimo secolo, così come agli anni più esaltanti della nascita dell’Europa unita. L'azione di Spinelli e il federalismo come nuovo comportamento politico L'atteggiamento di Spinelli si distingue da quello dei federalisti che, prima di lui, si erano limitati a denunziare la crisi storica dello stato nazionale, collocando la realizzazione della Federazione europea in un futuro indeterminato. Questo federalisti, al contrario di Spinelli, non si erano posti l'obiettivo di elaborare un programma di azione preciso e non avevano rinunciato ad impegnarsi prima di tutto sul fronte delle lotte liberali, democratiche o socialiste. Spinelli invece, convinto che la Federazione europea, dopo la seconda guerra mondiale, sarebbe diventata un obiettivo concreto della lotta politica, si rende conto del fatto che si apre uno spiraglio per la lotta federalista. Spinelli denuncia pertanto, senza esitazione, i limiti dell'approccio funzionalista all'unificazione europea, e l'illusione degli europeisti di poter raggiungere la federazione senza la rinuncia alla sovranità nazionale da parte degli Stati. La sua azione mira sin dall'inizio a sfruttare le contraddizioni che si manifestano nel mettere in comune le politiche nazionali. Al metodo comunitario seguito da Jean Monnet, Spinelli contrappone il metodo costituente, consapevole del fatto che, se da un lato bisogna far accettare agli Stati un trattato in base al quale essi si dichiarano disposti a cedere parte della loro sovranità a favore e di un governo sovranazionale, dall'altro lato è necessario far partecipare il popolo europeo alla definizione di una costituzione che stabilisca la forma e i compiti della nuova unione fra Stati. Su questa posizione, difesa e sostenuta per tutta la vita, Spinelli riesce, nel 1984, a portare l'intero Parlamento europeo chiamato a portare a termine la battaglia costituente iniziata da Spinelli. Muore nel 1986. JEAN MONNET (BIOGRAFIA)
  • 10. Per un uomo come Jean Monnet, che aveva capito sin dalle prime esperienze politiche che "la riflessione non può essere separata dall'azione", i fatti salienti della sua vita rappresentano anche una indicazione importante del suo pensiero e del suo modo di fare politica. Nato nel 1888, dopo aver trascorso la giovinezza ad aiutare il padre nel commercio del cognac, allo scoppio della prima guerra mondiale si pose, nel tentativo di rendersi utile, il "formidabile problema" dell'organizzazione degli approvvigionamenti, che gli Alleati non sapevano risolvere e che poteva compromettere l'esito del conflitto. Una volta intuita la soluzione, cioè una programmazione comune tra Francia e Inghilterra, riuscì a farsi ricevere dal Presidente del Consiglio Viviani ed a convincerlo della bontà della sua proposta. Invitato a Londra, diede vita ad un pool franco-inglese per coordinare gli acquisti ed i trasporti. Alla fine delle ostilità, grazie ai brillanti risultati conseguiti, venne nominato segretario generale aggiunto della Società delle Nazioni. Monnet iniziò questa sua nuova missione con grande entusiasmo. Pensava, come molti suoi contemporanei, che questa nuova organizzazione internazionale potesse imporsi "per la sua forza morale, per gli appelli all'opinione pubblica e grazie alle abitudini che finirebbero col prevalere". Ma dovette ben presto riconoscere che la Società delle Nazioni non poteva affatto realizzare quegli obiettivi di pace e di concordia che si proponeva. Potevano essere prese solo decisioni all'unanimità. "Il veto - così Monnet commenta questa sua esperienza - è la causa profonda e nello stesso tempo il simbolo dell'impossibilità di superare gli egoismi nazionali". Nessuna volontà comune e nessun bene comune potevano essere conseguiti su questa base. Nel 1923 abbandonò dunque il suo incarico e ritornò ad occuparsi dell'impresa paterna. Agli inizi della seconda guerra mondiale, Monnet venne di nuovo inviato a Londra per organizzare la gestione in comune delle risorse degli Alleati. Qui, nel giugno 1940, mentre l'esercito francese veniva travolto dalle truppe naziste, Monnet concepì una iniziativa audacissima che avrebbe potuto mutare l'intero corso della seconda guerra mondiale. Propose a Churchill e a De Gaulle, che lo accettarono, un progetto per una unione federale immediata tra Gran Bretagna e Francia. Tuttavia, questo disperato tentativo di impedire la sconfitta della Francia fallì, perchè la classe politica francese era ormai rassegnata alla resa. Monnet decise allora di recarsi negli Stati Uniti per collaborare al Victory Program, convinto che l'America avrebbe potuto svolgere il ruolo di "grande arsenale delle democrazie". L'economista Keynes dirà, alla fine del conflitto, che con la sua azione di coordinamento Monnet ha probabilmente accorciato di un anno la seconda guerra mondiale. Nel 1943, ad Algeri, entrò a far parte del Comitato di liberazione nazionale "Francia libera", dove collaborò con De Gaulle per organizzare la resistenza in esilio. Subito dopo la liberazione, Monnet propose al governo francese un "piano globale per la modernizzazione lo sviluppo economico". Nominato Commissario al Piano svolse un'opera essenziale per la ricostruzione dell'economia francese. E' da questa posizione che, nel 1949, Monnet si rese conto che la tensione tra Germania e Francia per il controllo della Ruhr, l'importante bacino carbosiderurgico, saliva minacciosamente, facendo presagire una possibile ripresa delle ostilità, come era avvenuto dopo la prima guerra mondiale. La soluzione a questo stato di cose non poteva, tuttavia, essere la Federazione, perchè la Francia, orgogliosa della sua sovranità appena riconquistata, la rifiutava. Per questo Monet elaborò, insieme a pochi collaboratori, una proposta rivoluzionaria: la messa in comune, sotto il controllo di un governo europeo, delle risorse franco-tedesche di carbone e acciaio. Schuman accettò la proposta e, in accordo con Adenauer, la rese pubblica il 9 maggio 1950. Un anno dopo, con il Trattato di Parigi, sei paesi -Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo - davano vita, alla Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA). Si avviò così la pacificazione franco-tedesca che ancora oggi rappresenta il sentimento profondo su cui si regge il processo di unificazione europea. Nel 1955, dopo la grave crisi causata dal rifiuto della Francia di ratificare la Comunità europea di difesa (CED), Monnet diede vita al Comitato d'azione per gli Stati Uniti d'Europa
  • 11. con il quale, sino alla morte, avvenuta nel 1979, invitò instancabilmente la classe politica europea, a non abbandonare la via intrapresa dell'unità europea. Gradualismo e costituzionalismo La strategia individuata da Monnet per la costruzione dell'unità europea può essere definita come metodo gradualistico o funzionalismo. La proposta della CECA ne rappresenta il modello, che ha ispirato in seguito una numerosa serie di varianti. L'istituzione della CECA provocò in effetti i risultati previsti da Monnet. Con la pacificazione franco-tedesca tutti i dati del problema europeo si modificarono. Si passò dal confronto e dalla minaccia di una risorgente politica di potenza, alla politica di cooperazione e, col tempo, divenne pure possibile sviluppare con opportune iniziative gli embrioni del potere democratico contenuti nel progetto della CECA. In una prima fase, il Movimento Federalista Europeo criticò l'approccio funzionalistico di Monnet, perchè lasciava sussistere fianco a fianco aspetti confederali della politica europea, in cui i governi detenevano un potere di veto, con aspetti sovranazionali. La messa in comune di alcuni settori in verità nascondeva a volontà dei governi di non cedere la sovranità, che restava intatta al livello nazionale nei fondamentali settori della moneta e della difesa. Al metodo funzionalistico, Altiero Spinelli contrappose il metodo costituente, come la sola via democratica per costruire con il popolo l'Europa del popolo. Tuttavia, le lunghe e difficili lotte per rendere democratica la Comunità europea hanno convinto i federalisti della complementarietà del metodo gradualistico e di quello costituente. Sino a che il quadro della politica internazionale si mantiene favorevole al processo di unificazione europea, ogni riforma istituzionale favorevole all'unità rafforza il fronte delle forze europeistiche e rende possibili forme più avanzate di lotta. In definitiva, mentre il metodo gradualistico di Monnet ha consentito di avviare il processo di unificazione europea, il metodo costituente di Spinelli è indispensabile per portarlo a compimento. La grandezza di Jean Monnet Monnet non è mai stato il capo né di un governo, né di un partito, né di una amministrazione, né di una forza organizzata; e quando si è trovato alla testa di una organizzazione (il Commissariato francese al Piano, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio) si trattava di organizzazioni che egli stesso aveva creato, e di cui si occupò finché erano nello "stato nascente". Proprio per questo il suo caso è degno di meditazione. Senza l'azione di Monnet non ci sarebbe la Comunità. Negli anni, mesi e giorni che ne precedono l'avvento, non esiste né traccia né segno di un progetto di questo genere per il problema che si trattava di risolvere (il posto da assegnare alla Germania occidentale nel mondo atlantico) nei partiti, nei loro organi deliberanti e dirigenti, nei ministeri e nei governi. Il progetto è di Monnet, l'azione per farlo accettare dai governi è di Monnet (a Schuman ed Adenauer va riconosciuto proprio il merito, del resto politicamente grandissimo, di aver accettato subito le proposte di Monnet). I fatti sono questi, e il loro significato è chiaro. Monnet ha creato la comunità, e la Comunità ha condizionato la politica europea e mondiale. Ciò significa che da quarant'anni a questa parte le grandi forze storiche hanno seguito o fronteggiato un corso di cose in parte stabilito da un uomo solo, Jean Monnet. ROBERT SCHUMAN (BIOGRAFIA)
  • 12. Nasce il 29 giugno 1886 a Lussemburgo. Trascorsa la giovinezza in Lorena studia diritto a Bonn, Monaco di Baviera, Berlino, Strasburgo dove ottiene il dottorato "summa cum laude" (1910). Lavora come avvocato a Metz, inizia la sua carriera politica nel 1919 quando viene eletto deputato del partito democratico popolare alla Assemblea generale francese (Parlamento Francese). Durante la Seconda Guerra Mondiale, si unisce alla Resistenza francese. Arrestato dai tedeschi, viene trasferito in Germania, ma riesce a scappare. Nel 1940 diventa sottosegretario di stato per i rifugiati e viene arrestato dalla Gestapo e quindi inviato a residenza obbligata a Neustadt (Germania). Evade e vive clandestino in Francia. Nel 1945 viene eletto deputato nelle file del Mrp (democrazia cristiana); un anno dopo assume l’incarico di ministro delle Finanze. Nel 1947 arriva a presiedere il governo, ma rimane in carica solo un anno e nel 1948 viene nominato ministro degli Affari Esteri, carica che terrà fino al 1953. Durante questo periodo si dedica allo studio del problema franco-tedesco e della particolare situazione in Alsazia–Lorena. Ma a impegnarlo è soprattutto il progetto di un’Europa unita, ambizione che coltiva insieme all’amico Jean Monnet. Entrambi vengono considerati artefici dell’attuale Ue visto che proprio Schuman il 9 maggio 1950, nel Salone dell'Orologio del Quai d'Orsai di Parigi, pronuncia una dichiarazione nella quale propone di mettere le industrie dell'acciaio e del carbone sotto il controllo di un organismo sovranazionale. Il progetto che prende il nome di "Piano Schuman", diventa realtà appena un anno dopo con la costituzione della Ceca (Comunità economica del carbone e dell'acciaio), alla quale aderiscono sei Paesi. E’ l’inizio dell’integrazione europea. Nel 1955-56 è Ministro della Giustizia. Il 25 marzo 1957 vengono firmati a Roma i trattati per la Comunità Europea e l'Euratom. Si fa "Pellegrino per l'Europa" dal 1953 al 1961. Viene eletto all'unanimità Presidente del Parlamento europeo nel 1958 ed acclamato dall'Assemblea come "Padre dell'Europa". Si ritira a Scy-Chazelles (Metz) nel 1960 dove muore il 4 settembre 1963. JAVIER SOLANA Politico, nato il 14 luglio 1942 a Madrid Sua madre era una Madariaga, nipote del grande Salvador, suo fratello Luis, ex-direttore generale della televisione spagnola, è, invece, noto come l'uomo che negli ultimi anni del franchismo aiutò il principe Juan Carlos, l'attuale re, a mantenere contatti clandestini con l'opposizione di sinistra. Solana, dopo essersi laureato in fisica, si specializza negli Stati Uniti e diventa professore all'Università di Madrid. Intanto, fin dal 1964, si era iscritto al Psoe. Ma la sua militanza vera e propria nel partito inizia alla fine degli anni '70, quando incontra Felipe Gonzalez. Da allora la sua vita cambia radicalmente. Deputato di Madrid nel 1977, ministro della Cultura nel 1982, diventa portavoce del governo nel 1985. Tre anni dopo assume la carica di ministro dell'Educazione; ministro degli Esteri nel giugno 1992, viene confermato dopo le elezioni generali del 1993. In questi anni si distingue come un abile negoziatore, pragmatico e discreto. Unico collaboratore del primo ministro Gonzalez a figurare in tutti i suoi governi, Solana è stato ripetutamente indicato come futuro candidato alla stessa guida del governo anche perché è fra i pochi a non essere stato coinvolto negli scandali, che agli inizi degli anni Novanta scuotono il partito e l’esecutivo di Gonzalez.
  • 13. Nel 1995 viene, invece, eletto Segretario generale della Nato, nonostante Solana, fosse inizialmente tra gli oppositori dell'adesione della Spagna all'Alleanza atlantica. Tale opposizione, tuttavia, si attenuò notevolmente negli anni e svanì dopo la vittoria elettorale socialista del 1982, fino all'appoggio al sì nel referendum sulla permanenza della Spagna nella Nato, nel 1986. Nel 1999 lascia la Nato per diventare Segretario generale del Consiglio d’Europa, carica che riveste attualmente. Anche se non la pratica più professionalmente, la fisica è rimasta il suo grande hobby. L'altro è la montagna: quando ha tempo prende zaino e scarponi chiodati e va a camminare per ore sulla Sierra madrilena. KONRAD ADENAUER (BIOGRAFIA) Konrad Adenauer nacque a Colonia il 5 gennaio 1876 da una famiglia cattolica. Figlio di un agiato funzionario statale, studia legge ed economia a Friburgo, Monaco e Bonn. Giovane avvocato, entra in magistratura e, all’età di 20 anni, inizia a dedicarsi all’attività pubblica aderendo al Centro (partito cattolico tedesco) ed entrando a far parte dell’amministrazione di Colonia. Sarà sindaco della città dal 1917 al 1933, contribuendo a favorirne lo sviluppo economico e culturale, fondando una nuova università, sostenendo la costruzione dell’autostrada Colonia-Bonn e costituendo la Fiera internazionale. Membro e presidente del Consiglio di Stato di Prussia, perde ogni carica con l’avvento del nazismo e, nel giugno del 1934, viene arrestato con l’accusa di partecipazione a complotto sovversivo. Rilasciato, si ritira a vita privata per dieci anni. Torna all’attività politica e, in seguito al fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944, viene imprigionato altre due volte, seppur per brevi periodi di tempo. Al termine della guerra viene nuovamente nominato sindaco di Colonia, carica che ricoprirà fino all’ottobre 1945, quando verrà rimosso per decisione del governo britannico. Dal 1945 al 1949 fu uno dei massimi artefici della unificazione dei vari gruppi conservatori e cristiano-democratici nati nella Germania occidentale, è fra i fondatori dell’Unione cristiano- democratica (Cdu), partito erede e continuatore del Centro, di cui sarà presidente dal 1950 al 1966. Anticomunista e privo di legami con i nazisti, quando, nel 1949, viene creata la Germania Ovest, le potenze occupanti lo nominano cancelliere del nuovo Stato. Carica che manterrà attraverso tre successive elezioni, fino al 1963, guidando una coalizione di governo composta dal Cdu, dall’Unione cristiano-sociale e dai liberali. Dal 1951 al 1955 sarà anche ministro degli Esteri. In questi anni si preoccupa soprattutto di inserire sempre più la Repubblica federale tedesca nel contesto politico del mondo occidentale, con l’obiettivo di fare della Germania Ovest un baluardo in grado di contenere l’espansione sovietica in Europa. A tal fine stringe relazioni con gli Stati Uniti, avvia una politica di riconciliazione con la Francia e favorisce l’ingresso del Paese nella Nato. Sempre all'interno di un piano di riabilitazione politica ed economica della Repubblica federale a livello internazionale, si impegna a promuovere la realizzazione della Comunità economica europea, con altri esponenti della corrente politica democristiana europea (De Gasperi e Robert Schuman). Riuscirà nell’intento, facendo tra l’altro concludere con la Francia un trattato di cooperazione celebrato solennemente nella cattedrale di Reims nel luglio 1962, ma la sua politica crea anche dei malcontenti all’interno del proprio partito e, nel 1963, all’età di 87 anni sarà costretto a dimettersi e a ritirarsi a vita privata. Le sue memorie sono raccolte nei quattro volumi delle Erinnerungen, composte tra il 1965 e il 1967, anno della sua morte. Morì a Colonia il 19 Aprile 1967.
  • 14. ALCIDE DE GASPERI (BIOGRAFIA) Lo statista italiano che contribuì alla ricostruzione della politica e dell’economia dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale, che fondò il partito della Democrazia Cristiana, che fu a capo di otto coalizioni di governo tra il 1945 e il 1953, e che fu fra i primi che si impegnarono nella costruzione dell’Europa unita, nasce nel 1881 a Pieve Tesino, terra del Trentino che allora appartenevano ancora all’Impero austro-ungarico. Dato che, alla sua nascita, il territorio trentino apparteneva ancora all'Impero austro- ungarico (anche se di lingua italiana), è proprio nella vita politica austriaca che il giovane De Gasperi inizia a muovere i primi passi di quella che fu una lunga e fortunata carriera politica. Laureatosi in filosofia all’università di Vienna, assume nel 1904 la direzione del quotidiano La voce cattolica di Trento, organo della diocesi di Trento, poi trasformato nel Nuovo Trentino (1906), divenutone il direttore, appoggia il movimento che auspicava la riannessione del Sud Tirolo all'Italia. Sia nel giornale che al parlamento austriaco, dove viene eletto nel 1911, si batte a favore della comunità italiana del Trento. Con lo scoppio della prima guerra mondiale la sua posizione diviene molto delicata e, sospettato dalla polizia asburgica per le sue idee irredentistiche (che già gli erano costate un arresto quando ancora era studente), viene costretto a rimanere a Vienna. Il che non gli impedisce, però, di compiere numerosi viaggi a Roma per sondare l’opinione dei leader italiani sulle sorti del Trentino. Terminata la guerra e annesso il Trentino e l’Alto Adige all’Italia, De Gasperi, divenuto cittadino italiano, continua la propria attività politica all’interno del Partito popolare italiano di don Luigi Sturzo. Presiede il suo primo congresso a Bologna nel 1919, e, nel 1921, entra nella direzione del partito e viene eletto deputato per il collegio di Trento. Diventa, in breve tempo, il presidente del partito e si pone nella condizione di poter succedere a Sturzo qualora questi voglia oppure, come poi in realtà avverrà, sia costretto ad abbandonare la vita politica italiana. Intanto, in Italia, come del resto in altre parti d'Europa, si fa sentire il vento della rivoluzione russa, che nel nostro paese determina la scissione socialista del '21, la nascita del Pci, e l'inizio di un periodo pre-rivoluzionario, il "biennio rosso", che nel '19 e nel '20 vede la classe operaia protagonista di cruente lotte sociali, e che contribuirà non poco a spaventare la borghesia, spingendola tra le braccia di Mussolini. Presidente del gruppo parlamentare del partito popolare, si oppone nel 1922 al ritorno di Giovanni Giolitti e accettò la cosiddetta “collaborazione condizionata” con Benito Mussolini, del quale appoggiò il primo governo. Passò però a una sempre più ferrea opposizione a partire dal 1923 (quando vennero varate delle leggi che minacciavano l’autonomia del Trentino) fino al 1924, anno del delitto Matteotti. In questo periodo, essendosi dimesso don Sturzo, assume la carica di segretario politico del Partito popolare. Il partito viene però pesantemente attaccato per le sue posizioni antifasciste e, insieme ad altri partiti, sciolto con le leggi speciali del 1926. De Gasperi, trovato con documenti falsi in viaggio per Trieste e accusato di attività antifascista, viene arrestato e condannato a quattro anni di reclusione (1926). Verrà graziato nel 1928 e, nel 1929, viene assunto alla biblioteca Vaticana, iniziando contemporaneamente a collaborare con alcuni giornali. Durante la seconda guerra mondiale prende parte alle riunioni clandestine dei partiti antifascisti e nel 1942 pubblica, clandestinamente, le Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, atto di nascita del nuovo partito cattolico.
  • 15. De Gasperi contribuì alla fondazione del partito della Democrazia Cristiana, che ereditava le idee e l'esperienza del Partito popolare di don Sturzo. De Gasperi non è un uomo d'azione, ma un "progettista" politico (suo il documento programmatico della Dc scritto nel '43), che alla fine della guerra mostra di avere le idee chiare sulla parte da cui stare, l'occidente anticomunista. Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944) diviene segretario della Democrazia Cristiana, ricoprendo gli incarichi di ministro senza portafoglio nel primo governo Bonomi (1944) e di ministro degli Esteri nel secondo governo Bonomi (1944-1945) e nel governo Parri (1945). Dopo il referendum per la Repubblica, il presidente provvisorio Enrico De Nicola gli affida la guida del governo, che manterrà per otto gabinetti consecutivi, dal dicembre 1945 al novembre 1953. Opera principale della politica degasperiana fu la politica estera e la creazione dell'embrione della futura Unione Europea. Un'idea europeista che nasceva nell'ottica di una grande opportunità per l'Italia per superare le proprie difficoltà. In qualità di presidente del consiglio, De Gasperi favorì e guidò una serie di coalizioni di governo, composte dal suo partito e da altre forze moderate del centro. In tale periodo affronta difficili rapporti con gli Alleati e si impegna a garantire all’Italia una ricostruzione politica ed economica, morale e materiale. Approva il piano Marshall, garantendosi così aiuti economici dagli Usa (in cui si reca in viaggio nel 1947), ma assicurandosi anche duri attacchi da parte delle forze della sinistra italiana. Continua comunque a portare avanti una politica caratterizzata da un sempre più vasto respiro internazionale e di amicizia con gli Stati del Patto Atlantico e del mondo Occidentale. Contribuì all'uscita dell'Italia dall'isolamento internazionale, favorendo l'adesione al Patto Atlantico (NATO) e partecipando alle prime consultazioni che avrebbero condotto all'unificazione economica dell'Europa. Fu uno dei principali promotori della realizzazione del mercato comune del carbone e dell'acciaio - Ceca - tra sei Stati (Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia), che si rivelò subito un'iniziativa di pace per essere riuscita ad associare i vincitori e i vinti dell'ultima guerra. Convinto europeista si pone sempre più come uno dei leader delle istituzioni comunitarie, De Gasperi infatti non solo partecipò al progetto, ma ne seguì tutte le fasi e nel maggio del 1953 venne eletto presidente dell'Assemblea della Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Accanto alla Ceca, De Gasperi aveva riposto molte speranze nella Ced, il progetto della Comunità di difesa europea nata da un'idea francese, nella quale vedeva il superamento dei nazionalismi europei. Lo statista trentino morì nel 1954, appena un anno dopo l'abbandono della guida del governo, negli stessi giorni in cui proprio l'Assemblea francese bocciava quel progetto. Durante il quinto governo attua, tra l’altro, la riforma agraria e tributaria, l’istituzione della Cassa del Mezzogiorno e dell’Ina-casa. Appena un anno dopo aver abbandonato la guida del governo, muore a Sella di Valsugana, nella sua amata Trento. Con lui scompare uno dei Padri dell’Europa più celebri e stimati. Nell’anno in cui ricorreva il centenario della sua nascita, di lui Giulio Andreotti ha detto: “La Dc senza De Gasperi non avrebbe avuto il colpo d’ala che ne fece il fulcro della vita italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo; ma anche De Gasperi senza la Dc non sarebbe stato che un illustre notabile” (Ansa, 16 febbraio 1981). Giovanni Paolo II ne ha esaltato l’esempio, definendolo “cattolico di grande statura e di insigne prestigio politico” (Ansa, 2 aprile 1981), mentre Helmut Kohl ha osservato: “Egli è stato uno dei primi a mettere in evidenza nella politica europea ciò che unisce tra gli Stati al di là di ciò che divide, e da questo atteggiamento fondamentale ha lavorato per l’unità europea come una necessità spirituale, sociale e politica” (Ansa, 3 aprile 1981).
  • 16. ROMANO PRODI Romano Prodi è nato a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1939. Nel 1969 ha sposato Flavia Franzoni. Dopo la maturità classica al Liceo Ludovico Ariosto di Reggio Emilia, ha studiato all'Università Cattolica di Milano, dove si è laureato cum laude nel 1961 in Giurisprudenza, discutendo una tesi sul protezionismo nello sviluppo dell'industria italiana con il prof. Siro Lombardini. Si è quindi specializzato alle università di Milano e Bologna (allievo di Beniamino Andreatta), alla London School of Economics sotto la supervisione del prof. Basil Yamey, titolare della cattedra di Industrial Economics. È stato visiting professor presso la Harvard University e presso lo Stanford Research Institute. La sua carriera accademica ha avuto inizio alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna dove ha lavorato come assistente (1963), professore associato (1966) e infine professore (1971-1999) di organizzazione industriale e politica industriale. All'insegnamento universitario, ha unito un'intensa attività di ricerca, che in una prima fase si è indirizzata verso due temi divenuti poi classici negli studi di Economia industriale: lo sviluppo delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali (Modello di sviluppo di un settore in rapida crescita: l'industria della ceramica per l'edilizia, pubblicato nel 1966, è fra i primissimi saggi sull'argomento) e la politica antitrust (Concorrenza dinamica e potere di mercato è del 1967). Nella letteratura internazionale, il suo nome figura accanto a quelli di Giacomo Becattini, Franco Momigliano e Paolo Sylos Labini fra i fondatori della "Scuola italiana di Economia Industriale". I suoi interessi di ricerca si sono in seguito ampliati, fino a includere lo studio delle relazioni fra Stato e Mercato; le politiche di privatizzazione; il ruolo centrale giocato dai sistemi scolastici nella promozione dello sviluppo economico e della coesione sociale; il processo di integrazione europea e, all'indomani del crollo del Muro di Berlino, la dinamica dei diversi "modelli di capitalismo". Il capitalismo ben temperato del 1995 (raccolta di saggi pubblicati nella prima metà degli anni '90 sulle pagine della rivista "il Mulino"), e Un'idea dell'Europa (Bologna, 1999) offrono una sintesi delle riflessioni in tutti questi campi. Dal 1974 al 1978 ha presieduto la Società Editrice Il Mulino. Nel 1981 ha fondato Nomisma, una delle principali società italiane di studi economici, e sino al 1995 ne ha presieduto il Comitato scientifico. Ha scritto editoriali per i principali quotidiani italiani, quali Il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore. Per molti anni ha diretto l'Industria-Rivista di economia e politica industriale. Nel 1992 ha condotto su RAIUNO il programma televisivo "Il tempo delle scelte", una serie di sei lezioni di economia. Dal novembre 1978 al marzo 1979, Romano Prodi è stato Ministro dell'Industria del Governo Andreotti - in sostituzione del dimissionario Carlo Donat Cattin. La breve parentesi ministeriale del 1978 (durata pochi mesi) gli consente di legare il suo nome alla normativa sul commissariamento ed il salvataggio dei gruppi industriali in crisi, e costituisce il suo trampolino di lancio verso la presidenza dell'Iri, che il Governo gli affida nel 1982. Infatti dal novembre 1982 all'ottobre 1989, è stato presidente dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), a quel tempo la maggiore holding italiana. Sotto la sua presidenza, l'Istituto ha attraversato una fase di profondo risanamento, impostando anche il processo di trasformazione e preparando le imprese alla privatizzazione. Alla guida della holding di Via Veneto, che con la rete di società controllate è il più grande gruppo industriale del Paese, riesce a riportare in utile i conti dell’ente. Alla fine infatti riesce a far passare i conti del gruppo da un passivo di 3.056 miliardi di lire (di inizio gestione) ad un utile di 1.263 miliardi. Lasciato l'Iri, Prodi torna ad occuparsi di università e di Nomisma, il centro studi che aveva fondato nel 1981, ma la sua assenza dalla scena pubblica non dura molto: nel 1993 torna, infatti, alla presidenza dell’Iri, chiamato dal Governo Ciampi a sostituire il dimissionario Franco Nobili. Si tratta questa volta di una permanenza breve (un anno) nel corso della quale Prodi avvia il programma di privatizzazioni: l'Iri cede prima il Credito Italiano, poi la Banca commerciale e avvia la procedura di cessione delle attività agro-alimentari (Sme) e di quelle siderurgiche (Terni).
  • 17. Ma da quel momento inizia la sua attività politica: indicato più volte come possibile segretario del Ppi e come candidato alla presidenza del Consiglio, Prodi viene indicato leader dell'Ulivo e inizia la lunga campagna elettorale in pullman che porterà alla vittoria della coalizione di centro-sinistra e alla sua nomina a capo del Governo nell’aprile del ’96. Nel febbraio 1995 ha infatti fondato la coalizione dell'"Ulivo", che lo ha designato come suo candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione delle elezioni politiche. Queste, svoltesi nell'aprile del 1996, hanno visto l'"Ulivo" prevalere sulla coalizione di centro-destra: così, nel maggio 1996, il Presidente della Repubblica affidava a Prodi l'incarico di formare il nuovo Governo. Ottenuta la fiducia delle Camere nello stesso maggio '96, il Governo Prodi è rimasto in carica sino all'ottobre 1998, conseguendo – fra gli altri – l'obiettivo di portare l'Italia nel gruppo di testa dei paesi aderenti all'Euro. Nel marzo 1999, il Consiglio europeo ha designato Prodi Presidente della Commissione europea di Bruxelles, designazione confermata nel settembre 1999 dal voto di fiducia del Parlamento europeo. Carica che manterrà fino al novembre 2004. Sotto la sua guida, l'Unione europea ha vissuto anni importanti di riassetto istituzionale, di grandi progetti costituzionali e un allargamento senza precedenti nella storia dell'Europa. Nel corso della sua carriera accademica ed istituzionale, Romano Prodi ha ricevuto numerosi riconoscimenti. È stato nominato membro onorario della London School of Economics and Political Science (1989) e membro onorario della Real Academia de Ciencias Morales y Politicas di Madrid (1997). Nel maggio 1999 ha ottenuto il Premio Schumpeter della Società Schumpeter. PAUL-HENRI SPAAK (BIOGRAFIA) Nato nel gennaio del 1899, inizia la sua carriera politica in Belgio prima della seconda guerra mondiale. Riveste numerose cariche ministeriali, fra cui quella di Ministro degli Esteri e, fra il '46 e il '49, quella di Primo ministro. Nel '41 è uno dei promotori dell'Unione doganale con i Paesi Bassi e il Lussemburgo, che porterà, nel 1944, alla nascita del Benelux. Presidente del Consiglio d'Europa dal '49 al 51, si dimette in seguito alla gelida reazione della Gran Bretagna al piano Schuman. Fra i protagonisti della costruzione dell'Europa a sei e Presidente dell'Assemblea parlamentare della CECA, Spaak gioca un ruolo essenziale nei negoziati per il Trattato di Roma. Muore il 31 Luglio 1972. GAETANO MARTINO (BIOGRAFIA) Protagonista del "rilancio" europeo a metà degli anni '50, dopo la cocente delusione della Comunità europea di difesa (CED), Gaetano Martino, nato il 25 Novembre 1900, fu il promotore della Conferenza dei Ministri degli Esteri della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) tenutasi a Messina dal 1 al 3 giugno 1955. "Siamo tutti ansiosi di estendere sempre più la nostra integrazione. Mi auguro che in questa Conferenza aggiungeremo un'altra pietra alle fondamenta della costruzione europea", dichiarò Martino in apertura dei lavori, dando un forte segnale per riprendere la via dell'integrazione, cominciando da quella economica. In meno di due anni si arrivò ai Trattati di Roma e il Ministro Martino guidò la delegazione italiana per la stesura e la firma dei trattati il 25 marzo 1957. Nato a Messina, Professore universitario di medicina, Gaetano Martino prestò servizio come medico nella Marina militare durante la Seconda Guerra mondiale. Membro del Partito liberale italiano, nel 1948 fu eletto alla Camera dei deputati e cinque anni più tardi ne divenne Vicepresidente. Ministro della Pubblica Istruzione nel governo Scelba, in seguito ad un rimpasto, passò al Ministero degli Affari esteri nel settembre 1954. In questa veste, il 21 novembre 1956 parlò davanti all'Assemblea dell'ONU, un anno dopo l'ammissione del nostro Paese alle Nazione
  • 18. Unite. Era la prima volta per un Ministro italiano. Martino fu anche uno dei tre "saggi" della Nato che scrissero il rapporto sui compiti dell'Alleanza atlantica nella sfera civile. Rimase ministro degli Esteri fino al 1957. Rieletto deputato nel 1958 e nel 1963, dal 1962 al 1964 fu anche presidente del Parlamento europeo. Due anni più tardi divenne rettore dell'Università di Roma. Muore a Roma il 21 Luglio 1967. HELMUT KOHL Figlio di un funzionario delle finanze, Helmut Kohl nasce nel 1930 a Luswigshafen, sulle sponde del Reno vicino a Bonn. Sfollato in Austria per alcuni mesi durante la guerra, nel 1950 inizia gli studi di diritto, sociologia, storia e scienza della politica. Entrato nelle fila dell’Unione cristiano-democratica (CDU) all’età di 17 anni, viene eletto presidente del Land Renania –Palatinato nel 1969. Nel 1976, smessa questa carica, guida la CDU alle elezioni e le perde nonostante il buon piazzamento al 48,6%. Il paese resta nelle mani di una coalizione social-liberale fino al 1982 quando, grazie ad un accordo con Genscher, leader del partito liberale, Kohl viene investito della carica di Cancelliere. Nei lunghi anni al potere due furono le materie principali dove lo sforzo politico di Kohl si concentrò particolarmente: la politica di difesa del territorio tedesco e l’integrazione europea. Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna ricordare la questione degli euromissili: Kohl si schierò per l’installazione dei missili Pershing II al fine di contrastare la sfida sovietica concretizzatasi nello stanziamento di missili SS 20 in Europa orientale. Tale atteggiamento di sostanziale identità con le posizioni americane mutò nel 1988-89 allorché Kohl si oppose al programma di rinnovo dei missili nucleari tattici sul suolo tedesco per dar credito alla svolta gorbacioviana in URSS. Per ciò che riguarda la politica europea, Kohl si legò al presidente francese Mitterand spingendolo verso una maggiore integrazione dell’Unione. Nel 1990, all’indomani della caduta del Muro di Berlino (1989), il Cancelliere fu al centro della solenne cerimonia di riunificazione fra le due Germanie. La sue esperienza politica si chiuse poco dopo al seguito di pesanti accuse di finanziamenti illeciti. GISCARD D'ESTAING, VALÉRY (Coblenza 1926). Politico francese. Eletto deputato gollista nel 1956, fu più volte ministro delle Finanze e leader dei repubblicani indipendenti. Divenne presidente della repubblica nel 1974 sconfiggendo Mitterrand con un leggerissimo scarto (50,8% contro il 49,2%). Venne sconfitto dallo stesso Mitterrand nel 1981. Durante la sua Presidenza proseguì la politica di rilancio della costruzione europea con Helmut Schmidt. I due uomini rafforzarono la cooperazione monetaria favorendo la creazione del Sistema monetario europeo, che è entrato in vigore il 13 marzo 1979. Giscard d'Estaing ha anche cercato di dare un nuovo impulso alle istituzioni europee: propose la creazione di un vertice europeo, incontro dei capi di Stato e di Governo, per rilanciare la cooperazione politica europea, poi ufficializzata nel 1974 (verrà istituzionalizzato come Consiglio europeo con l'Atto unico). Si è espresso a favore di un'applicazione più frequente del voto a maggioranza qualificata nel Consiglio dei ministri e di un aumento del potere del Parlamento europeo, tramite l'aumento dei suoi poteri di bilancio e l'elezione a suffragio universale. Eletto presidente della Convenzione nel 2002, ha guidato con mano ferma i lavori, lasciando una profonda impronta personale sulla bozza di Costituzione europea. CONSIGLIO EUROPEO DI LAEKEN Il Consiglio europeo di Laeken (14 e 15 dicembre 2001) ha adottato una Dichiarazione che indica metodo e temi del processo di riforma dell'Unione europea. Per assicurare una preparazione ampia e trasparente di tale riforma, la Dichiarazione di Laeken ha previsto la convocazione di una Convenzione con il compito di esaminare le seguenti questioni essenziali per il futuro sviluppo dell'Unione e di ricercare le soluzioni possibili:
  • 19. • una migliore ripartizione e definizione delle competenze nell'Unione europea; • la semplificazione degli strumenti legislativi dell'Unione; • più democrazia, trasparenza ed efficienza nell'Unione europea, con una riflessione sul quadro istituzionale dell'Unione e sul ruolo dei Parlamenti nazionali; • la semplificazione dei trattati, con la eventuale prospettiva dell'adozione di una Costituzione europea e dell'inserimento della Carta dei diritti nel trattato di base. Lo strumento della Convenzione, già utilizzato peraltro per la redazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ha un carattere sui generis, dal momento che vi partecipano rappresentanti sia delle istituzioni dell’Unione che dei Governi e dei Parlamenti nazionali. Con la Convenzione si tende quindi ad affermare un nuovo metodo di revisione costituzionale, che combina il metodo intergovernativo classico con la dimensione interparlamentare, e nel quale possono intervenire attivamente, a livello europeo e nazionale, tutte le istanze istituzionali, economiche, sociali e civili interessate. Il Consiglio inoltre si è dichiarato d'accordo con la relazione 2001 della Commissione, che riteneva che se l'attuale ritmo dei negoziati e delle riforme fosse stato mantenuto, tutti i candidati (ad eccezione di Romania, Bulgaria e Turchia) potessero essere pronti per l'adesione alla fine del 2002. Per quanto riguarda la Bulgaria e la Romania, l'obiettivo fu di aprire i negoziati in tutti i capitoli nel corso del 2002. Il Consiglio di Laeken fu solo il punto di arrivo di una lunga serie di Consigli europei dedicati al tema dell'allargamento. I principali altri furono quelli di Copenaghen, di Essen, di Madrid, Amsterdam, Berlino, Nizza, Goteborg e la Conferenza europea dell'ottobre 1997. CONSIGLIO EUROPEO DI COPENAGHEN (GIUGNO 1993) La decisione di principio riguardante la prospettiva dell'allargamento dell'Unione ai paesi associati dell'Europa centrale e orientale è stata presa dal Consiglio europeo di Copenaghen, il quale ha inoltre definito i criteri che dovranno rispettare i paesi candidati prima dell'adesione. Tali criteri riguardano: • la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, il primato del diritto, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e la loro protezione (criterio politico); • l'esistenza di un'economia di mercato vitale nonché la capacità di far fronte alla pressione concorrenziale e alle forze del mercato all'interno dell'Unione europea (criterio economico); • la capacità di rispettare i propri obblighi, in particolare di approvare gli obiettivi dell'Unione politica, economica e monetaria (criterio del recepimento dell'acquis comunitario). CONSIGLIO EUROPEO DI ESSEN (DICEMBRE 1994) Il Consiglio europeo di Essen ha messo a punto una strategia di preadesione volta a ravvicinare ulteriormente i paesi che hanno firmato un accordo di associazione con l'Unione europea. La strategia di preadesione si basa: • sugli accordi europei (o accordi di associazione); • sul Libro bianco (pubblicato nel maggio 1995), che fissa le misure chiave in ciascun settore del mercato interno e definisce alcune priorità per il ravvicinamento delle legislazioni; • sul dialogo strutturato a livello istituzionale; • sul programma PHARE , che rappresenta il principale strumento finanziario di sostegno alle strategie di preadesione. Il programma di cooperazione transfrontaliera , anch'esso considerato un elemento essenziale della strategia di preadesione, incoraggia la cooperazione fra gli Stati, le regioni e i gruppi d'interesse lungo le frontiere dell'Unione europea e dei paesi dell'Europa centrale.
  • 20. CONSIGLIO EUROPEO DI MADRID (DICEMBRE 1995) In occasione del Consiglio europeo di Madrid, la Commissione ha presentato una relazione intermedia nella quale mette in luce i potenziali vantaggi dell'allargamento per la pace e la sicurezza nonché per la crescita economica e lo sviluppo dell'intera Europa. Precisa inoltre che la condizione sine qua non dell'adesione è l'adozione dell'acquis comunitario, allo stato in cui si trova alla data di adesione, ma che potrebbero rivelarsi necessarie disposizioni transitorie in alcuni settori, come ad esempio l'agricoltura e la libera circolazione delle persone. CONSIGLIO EUROPEO DI AMSTERDAM (GIUGNO 1997) Il Consiglio europeo di Amsterdam ha chiuso la conferenza intergovernativa adottando il trattato di Amsterdam. Il trattato, pur presentando notevoli progressi, in particolare in materia sociale e di occupazione, risponde in modo imperfetto a uno dei punti centrali del suo mandato: la riforma delle istituzioni. Pertanto, sarà necessaria una nuova conferenza intergovernativa per riformare un sistema istituzionale inizialmente previsto per sei Stati. La riforma rappresenterà la condizione indispensabile per qualsiasi aumento dei membri dell'Unione europea. CONSIGLIO EUROPEO DI LUSSEMBURGO (DICEMBRE 1997) Il Consiglio europeo di Lussemburgo ha avallato l'analisi fatta dalla Commissione nel documento Agenda 2000. I negoziati inizieranno con sei paesi (chiamati il gruppo di Lussemburgo): Estonia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovenia e Cipro. Inoltre, per i cinque candidati della seconda tornata (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia) sono previsti 100 milioni di euro per finanziare progetti che consentano loro di colmare il ritardo nell'applicazione delle riforme economiche. CONFERENZA EUROPEA (OTTOBRE 1997) Il 6 ottobre 1997, i ministri degli esteri dei Quindici hanno accolto positivamente il progetto francese di "Conferenza europea" destinata ad accompagnare negli anni futuri il processo di allargamento. La Conferenza europea si è riunita per la prima volta a Londra il 12 marzo 1998 con gli Stati membri dell'Unione europea nonché con tutti i paesi europei candidati all'adesione all'Unione e legati ad essa da un accordo di associazione. La Conferenza europea rappresenta un foro multilaterale in cui si svolgono consultazioni politiche, in particolare nei settori della politica estera e di sicurezza comune (PESC), della giustizia e degli affari interni nonché della cooperazione economica e regionale. La Turchia non ha desiderato parteciparvi. La Conferenza si riunisce ogni anno in presenza dei capi di Stato o di governo e del Presidente della Commissione e, se necessario, a livello ministeriale. Il Consiglio europeo di Helsinki ha stabilito che il futuro ruolo della conferenza europea sarà riesaminato in funzione dell'evolversi della situazione e delle decisioni prese in questo ambito per quanto riguarda il processo di adesione. Ha annunciato l'intenzione di riunire la conferenza nel corso del secondo semestre del 2000. CONSIGLIO EUROPEO DI BERLINO (MARZO 1999) Il Consiglio europeo di Berlino ha trovato un accordo globale su Agenda 2000. Per quanto riguarda l'allargamento, l'accordo prevede tra l'altro la creazione di due strumenti specifici di preadesione: lo strumento strutturale di preadesione (ISPA) e lo strumento agricolo di preadesione (SAPARD). Il Consiglio europeo ha inoltre stabilito il quadro finanziario relativo a tali strumenti e ha deciso di raddoppiare gli aiuti di preadesione a partire dal 2000. L'accordo è stato concretato dall'adozione, nel giugno 1999, dei regolamenti che hanno istituito i due strumenti citati, nonché del regolamento relativo al coordinamento generale degli aiuti di preadesione. Il Consiglio europeo di Berlino ha inoltre confermato il programma Phare rinnovato quale strumento principale d'intervento, basato su due priorità essenziali legate al recepimento dell'acquis comunitario, vale a dire il "potenziamento istituzionale" (consistente nel potenziamento della capacità amministrativa e istituzionale dei paesi candidati) ed il finanziamento degli investimenti rispettivamente al 30 e al 70% della dotazione destinata ai
  • 21. paesi candidati, ad eccezione degli investimenti finanziati dagli strumenti strutturale e agricolo di preadesione. CONSIGLIO EUROPEO DI HELSINKI (DICEMBRE 1999) Il Consiglio europeo di Helsinki ha deciso di organizzare, nel febbraio 2000, alcune conferenze intergovernative bilaterali in vista di avviare negoziati con la Romania, la Slovacchia, la Lettonia, la Lituania, la Bulgaria e Malta (paesi chiamati "il gruppo di Helsinki"). Il Consiglio europeo ha riaffermato il principio di differenziazione, secondo il quale i vari candidati all'adesione conservano la possibilità di recupero nei confronti di quelli che avevano avviato i negoziati in precedenza. Ha altresì preso atto della nuova valutazione effettuata dalla Commissione riguardo ai progressi ottenuti dai paesi candidati (relazioni del 13 ottobre 1999). CONSIGLIO EUROPEO DI NIZZA (DICEMBRE 2000) Il Consiglio europeo di Nizza ha sottolineato che con l'entrata in vigore del trattato di Nizza e delle modifiche istituzionali che esso comporta, l'Unione europea sarà in grado di accogliere i paesi candidati che saranno pronti a partire dalla fine del 2002. consentendo loro di partecipare alle elezioni europee del 2004. Gli Stati membri hanno adottato la posizione comune che utilizzeranno in occasione delle conferenze di adesione per quanto riguarda la ripartizione dei seggi al Parlamento europeo, la ponderazione dei voti nel Consiglio, la composizione del Comitato economico e sociale e la composizione del Comitato delle regioni per un'Unione a 27 membri. Il Consiglio europeo si è compiaciuto della nuova strategia di allargamento adottata dalla Commissione nel novembre 2000. La "tabella di marcia" contenuta in tale strategia costituisce, secondo il Consiglio europeo, un quadro indicativo e flessibile che potrà essere adeguato a seconda dei progressi ottenuti da ciascun candidato, per esempio per consentire ai candidati meglio preparati di progredire più rapidamente nei negoziati. CONSIGLIO EUROPEO DI GÖTEBORG (GIUGNO 2001) Questo Consiglio europeo ha confermato che dovrebbe essere possibile chiudere i negoziati entro la fine del 2002 con i candidati che saranno pronti, in vista della loro partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo del 2004 in qualità di membri. Ha inoltre segnalato che il processo di ratifica del Trattato di Nizza proseguiva nonostante il risultato del referendum irlandese. IL TRATTATO DI NIZZA Adottato nel dicembre 2000, in occasione del Consiglio europeo di Nizza, e firmato il 26 febbraio 2001, il Trattato di Nizza completa la Conferenza intergovernativa (CIG) aperta nel febbraio 2000 e il cui oggetto era l'adattamento del funzionamento delle istituzioni europee all'arrivo di nuovi Stati membri. Questo Trattato apre la via alla riforma istituzionale necessaria per il recente allargamento dell'Unione europea ai paesi candidati dell'Europa orientale e meridionale. Esso determina inoltre tre grandi assi: la composizione ed il funzionamento delle istituzioni europee, la procedura decisionale in seno al Consiglio e le cooperazioni rafforzate. I principali cambiamenti che esso instaura riguardano la limitazione delle dimensioni e della composizione della Commissione, l'estensione del voto a maggioranza qualificata, una nuova ponderazione dei voti in seno al Consiglio e l'ammorbidimento del dispositivo delle cooperazioni rafforzate. Collateralmente alle discussioni su queste quattro questioni chiave si sono affrontati anche altri soggetti di natura istituzionale: la semplificazione dei Trattati, l'articolazione delle competenze, l'integrazione della Carta dei diritti fondamentali e il ruolo dei Parlamenti nazionali. Nella "Dichiarazione sull'avvenire dell'Unione" allegata al Trattato sono state fissate le prossime tappe da seguire per approfondire le riforme istituzionali e fare in modo che il Trattato di Nizza costituisca soltanto una tappa di tale processo. Il Trattato di Nizza è stato ratificato da tutti gli Stati membri conformemente alle loro regole costituzionali rispettive ed è entrato in vigore il 1° febbraio 2003.
  • 22. TRATTATO DI MAASTRICHT È il documento firmato a Maastricht nel 1992 dai rappresentanti degli Stati membri, la cui denominazione ufficiale è Trattato sull’Unione europea. Struttura del trattato In particolare il trattato è articolato nelle seguenti sezioni: — disposizioni comuni: Questa prima sezione definisce le linee guida che ispirano l’azione comunitaria, il cui compito è quello di organizzare in modo coerente e solidale le relazioni tra gli Stati membri ed i loro popoli; — modifiche al Trattato CEE: Questa sezione rappresenta la parte più innovativa dell’intero Trattato di Maastricht a cominciare dall’alto valore simbolico da attribuire alla disposizione che sostituisce l’espressione “Comunità Economica Europea” con “Comunità Europea”. La modifica è un evidente segnale della volontà di non limitare più l’azione della Comunità alle sole relazioni economiche ma di estenderla anche ad altri campi finora considerati di esclusiva competenza degli Stati membri (politiche anche sociali). Principi fondamentali di questa parte del trattato sono: - l’instaurazione di una unione economica e monetaria; - l’istituzione di una cittadinanza europea; - l’affermazione del principio di sussidiarità: in base al quale la Comunità interviene in quei settori che non sono di sua esclusiva competenza solo quando la sua azione è considerata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale; - l’ampliamento delle politiche comunitarie (in particolare, industria, sanità pubblica, educazione e cultura); la revisione dei poteri attribuiti ad alcune istituzioni comunitarie ed, in particolare, l’ampliamento delle funzioni del Parlamento europeo; — modifiche ai Trattati CECA ed Euratom. — disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune: Rappresenta una delle novità più importanti del Trattato di Maastricht, rappresenta il secondo pilastro. — disposizioni relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale L’apertura delle frontiere tra i paesi comunitari a partire dal 1° gennaio 1993 ha inevitabilmente imposto un notevole ridimensionamento delle possibilità di controllo frontaliere. Al fine di realizzare una più efficace cooperazione in questo settore con il Trattato di Maastricht si è deciso di delineare alcune strategie comuni tra gli Stati membri, tra cui rientra anche la costituzione di un Ufficio europeo di Polizia (Europol). Tuttavia molte delle disposizioni contenute in questo titolo (che originariamente era denominato cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni) sono state comunitarizzate con il Trattato di Amsterdam; — disposizioni su una cooperazione rafforzata. Non era previsto dall’originario Trattato di Maastricht, ma è stato aggiunto dal Trattato di Amsterdam. Prevede la possibilità che alcuni Stati membri possano perseguire autonomamente determinate politiche quando non è possibile raggiungere l’unanimità; — disposizioni finali. Oltre all’art. 49, che disciplina la procedura per l’adesione di nuovi Stati, la disposizione più importante (ora abrogata) contenuta in questo titolo era quella che prevedeva la convocazione, entro il 1996, di una conferenza intergovernativa per apportare eventuali modifiche al trattato, da questa disposizione è nato il Trattato di Amsterdam. Adottato: Maastricht, 7 febbraio 1992 Entrato in vigore: 1° novembre 1993 Ratificato: 3 novembre 1992 I PILASTRI DELL’UNIONE EUROPEA I tre pilastri che compongono il figurato tempio dell’Unione sono:
  • 23. — Primo pilastro: la dimensione comunitaria, cioè l’insieme delle 3 comunità: CE, CECA, EURATOM. — Secondo pilastro: la politica estera e di sicurezza comune (PESC); — Terzo pilastro: la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (CGAI), divenuta, in seguito alle modifiche introdotte dal Trattato di Amsterdam, cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Il motivo di questa anomala costruzione va ricercato nella volontà degli Stati membri di non abdicare del tutto alle proprie prerogative sovrane in settori da sempre considerati di competenza interna. La principale differenza tra i tre pilastri è data dal fatto che per le politiche avviate nell’ambito del primo pilastro si applica il cd. metodo comunitario, che marginalizza il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni comunitarie. In particolare la volontà degli Stati si manifesta in seno al Consiglio, che tuttavia può deliberare anche senza raggiungere l’unanimità. La collaborazione nell’ambito degli altri due pilastri è, invece, di carattere tipicamente intergovernativa (Metodo intergovernativo), attribuendo tutto il potere decisionale agli Stati membri. Gli strumenti tipici della cooperazione nell’ambito del secondo e del terzo pilastro sono i principi e gli orientamenti generali , le strategie comuni , le azioni comuni , le posizioni comuni , la cooperazione sistematica , le decisioni-quadro e le decisioni , tutti scarsamente vincolanti per gli Stati membri e comunque quasi sempre adottabili soltanto all’unanimità regola parzialmente mitigata con l’introduzione del meccanismo dell’astensione costruttiva (esso sancisce che durante la procedura di votazione in sede di Consiglio dell’Unione l’astensione di uno Stato membro non impedisce di raggiungere l’unanimità).. L’unico atto veramente vincolante, previsto soltanto nell’ambito della cooperazione del terzo pilastro, è la convenzione internazionale che però impegna lo Stato soltanto nel momento in cui ha ricevuto la ratifica; non a caso quasi tutte le convenzioni elaborate sulla base della cooperazione in materia di giustizia e affari interni non sono ancora entrate in vigore. Per quanto riguarda il terzo pilastro è da sottolineare che il Trattato di Maastricht ha anche previsto la possibilità di trasferire alcune politiche avviate in questo settore nell’ambito del primo pilastro, avvalendosi della cd. passerella comunitaria e procedendo ad una comunitarizzazione della relativa disciplina. Tale facoltà è stata già sfruttata in occasione della firma del Trattato di Amsterdam che ha provveduto alla comunitarizzazione delle disposizioni in materia di asilo, visti, immigrazione e cooperazione doganale. IL TRATTATO DI AMSTERDAM Firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il I° maggio 1999, il trattato di Amsterdam introduce dei progressi nel campo dei diritti dei cittadini (noti come protezione dei diritti fondamentali), della cooperazione in materia di sicurezza e di giustizia (con l’integrazione dell’acquis della convenzione di Schengen nelle competenze dell’UE), della Politica estera e di sicurezza comune (con la creazione di un Alto rappresentante della PESC) ed il rafforzamento della democrazia. Esso accresce il numero delle materie rilevanti di una decisione presa all’unanimità degli Stati membri in seno al Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo visto il suo ruolo rinforzato nella presa di decisioni. Dopo l’Atto unico europeo (AUE) ed il Trattato di Maastricht si tratta del terzo trattato con il quale sono state apportate significative modifiche ai trattati istitutivi delle Comunità europee. In particolare il Trattato di Amsterdam è nato sulla base di una specifica disposizione contenuta già nel Trattato di Maastricht e che prevedeva la convocazione, per il 1996, di una Conferenza intergovernativa (CIG) con il compito di proporre i necessari adattamenti ai trattati, in vista delle sfide che si pongono per il nuovo millennio ed in seguito alla introduzione dell’euro . La più importante novità introdotta dal Trattato di Amsterdam nell’ambito delle politiche comunitarie è sicuramente l’impegno assunto per la promozione di un più alto livello
  • 24. occupazionale, della politica sociale, della politica dell’ambiente , della sanità pubblica e della tutela dei consumatori . Sebbene estremamente limitate rispetto alle iniziali aspettative, non mancano anche nel settore della PESC rilevanti novità introdotte dal Trattato di Amsterdam. In particolare: — è previsto che l’Unione possa adottare strategie comuni per le azioni da intraprendere nell’ambito della politica estera; — viene introdotto il principio dell’astensione costruttiva , che potrebbe consentire una più efficace azione da parte degli Stati membri; esso sancisce che durante la procedura di votazione in sede di Consiglio dell’Unione l’astensione di uno Stato membro non impedisce di raggiungere l’unanimità. — tra le priorità dell’azione comunitaria rientrano le missioni umanitarie, di soccorso e di mantenimento della pace, secondo le indicazioni contenute nella Dichiarazione di Petersberg ; — viene creata una cellula di programmazione politica e di tempestivo allarme , che ha il compito di individuare le zone di conflitto potenziale e anticipare eventuali situazioni di crisi; — per dare continuità all’azione dell’Unione in questo settore al Segretariato generale del Consiglio viene attribuito il ruolo di Alto rappresentante per la PESC. Le più importanti novità del Trattato di Amsterdam sono, però, sicuramente quelle che hanno radicalmente trasformato la cooperazione in materia di giustizia e affari interni (CGAI) in cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Coerentemente con un’indicazione già contenuta nel Trattato di Maastricht quasi tutti i settori che rientravano nell’ambito del terzo pilastro sono ora stati trasferiti nel primo pilastro, comunitarizzando, materie che in precedenza erano trattate esclusivamente in ambito intergovernativo (rilascio di visti, concessione di asilo, azione comune in materia di immigrazione, cooperazione doganale, cooperazione giudiziaria in materia civile e più in generale tutte le questioni attinenti alla libera circolazione delle persone). Con il Trattato di Amsterdam è stata anche istituzionalizzata la facoltà di procedere ad una integrazione differenziata attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata; in pratica si sancisce il diritto per quegli Stati membri che intendono perseguire determinate politiche comuni a procedere anche in assenza di una volontà comune di tutti i membri. Con il Trattato di Amsterdam si è proceduto anche ad un’opera di razionalizzazione e semplificazione di questo groviglio di disposizioni; la seconda parte del nuovo trattato è interamente dedicata a questa operazione (Semplificazione e codificazione dei trattati). Adottato: Amsterdam, 2 ottobre 1997 Entrato in vigore: 1° maggio 1999 Ratificato: L. 16 giugno 1998, n. 209 L'ATTO UNICO EUROPEO Il 2 luglio 1985 la presidenza lussemburghese decise di convocare una Conferenza Intergovernativa per esaminare le possibili modifiche al Trattato di Roma: miglioramento delle procedure di decisione del Consiglio, rafforzamento del potere esecutivo della Commissione, aumento dei poteri del Parlamento Europeo e nuovi campi d'azione per le politiche comunitarie. I primi lavori della Conferenza si aprirono il 9 e 10 settembre, la Presidenza indicava la necessità di creare nuove competenze per la Comunità nei campi della cultura, della politica e dell'ambiente e di realizzare pienamente il Mercato Unico, per fare ciò bisognava rafforzare i poteri delle istituzioni comunitarie e soprattutto modificare le procedure decisionali del Consiglio. Fin dall'inizio fu chiaro che alcuni paesi fra cui il BENELUX, l'Italia e l'Irlanda erano favorevoli ad una riforma radicale del Trattato e alla creazione di una Unione Europea, altri paesi invece, come la Gran Bretagna e la Danimarca, non erano disposti a profonde riforme. Delors, nel suo discorso alla Conferenza, disse che il progresso della Comunità Europea non era fattibile se non si riconosceva formalmente l'interdipendenza dei problemi della politica estera e della sicurezza da un lato e quelli economici e finanziari dall'altro. Egli proponeva quindi che i lavori della Conferenza fossero integrati in un unico atto giuridico. La proposta
  • 25. dell'Atto Unico fu accettata da tutti gli Stati Membri. La visione di Delors era chiaramente di stampo funzionalista perché egli voleva per prima cosa precisare gli obiettivi e gli strumenti per il Mercato interno ed integrare nel Trattato le nuove politiche comunitarie. I negoziati durarono tre mesi e si conclusero al Consiglio Europeo di Lussemburgo il 2 e 3 dicembre 1985 e ai lavori parteciparono anche delegazioni spagnole e portoghesi, benché la loro adesione non fosse ancora effettiva. L'Atto Unico prevedeva una riforma dei meccanismi decisionali allargando il voto a maggioranza del Consiglio per tutte le materie legate al completamento del Mercato Interno, salvo le questioni fiscali; integrava il Trattato con dei capitoli nuovi per i quali però era previsto il voto all'unanimità; rafforzava la politica sociale, ma veniva abbandonato qualsiasi riferimento alla creazione di una Unione Monetaria. L'accordo finale si raggiunse al Consiglio Europeo del 16 e 17 dicembre 1985 dove furono chiarite le ultime questioni lasciate in sospeso fra cui le deroghe al completamento del Mercato Unico e i poteri del Parlamento Europeo. Fu deciso di attribuire al Parlamento un nuovo potere di emendamento sui testi legislativi, chiamato "procedura di cooperazione". Quasi tutti governi erano così soddisfatti, in modo particolare la Gran Bretagna perché la riforme erano state limitate al settore del Mercato Interno: obiettivo prioritario di Margaret Thatcher. Delors dichiarò chiaramente che non si era potuto andare oltre gli obiettivi decisi al Consiglio Europeo di Lussemburgo, ma affermò che il Mercato Unico rimaneva l'obiettivo principale e che se non si fosse raggiunto si sarebbe dovuta convocare una nuova Conferenza Intergovernativa. I lavori della Conferenza si conclusero quindi con l'adozione di un "Atto Unico Europeo" messo a punto dalla Presidenza del Consiglio che il 1 gennaio 1986 passò ai Paesi Bassi. Il 17 Febbraio 1986 a Lussemburgo veniva così firmato l’Atto Unico europeo il quale entrò in vigore il 1 Luglio 1987 con la ratifica di tutti gli Stati membri. L’Atto Unico riuniva in un solo testo le disposizioni rivolte a istituzionalizzare la cooperazione politica europea (CPE) e quelle modificative dei trattati comunitari. Ai sensi del suo art.1 “le comunità europee e la cooperazione politica perseguono l’obbiettivo di contribuire insieme a far progredire concretamente l’unione europea”. L’Atto Unico conteneva anche una serie di importanti modifiche dei trattati istitutivi. Queste concernevano soprattutto il ruolo del Parlamento che ne usciva potenziato, l’inclusione del sistema monetario SME nel quadro comunitario, nella prospettiva di una progressiva realizzazione dell’unione economica e monetaria, la previsione di nuove competenze comunitarie in materia di politica sociale, di ricerca , sviluppo tecnologico e politica ambientale. La cooperazione in materia di politica estera veniva istituzionalizzata anche se formalmente al di fuori del contesto giuridico comunitario. L'Atto Unico Europeo è il risultato del primo grande tentativo di riforma del Trattato di Roma, riforma che era già riconosciuta necessaria sin dalla conclusione del periodo transitorio: era anzi imposta dai mutamenti radicali sopravvenuti nell'economia e nelle società degli Stati membri… il corso degli anni e l'evoluzione delle relazioni internazionali avevano messo alla prova la solidarietà politica che era la finalità prima dell'iniziativa europea: era ormai provato che senza una revisione dei testi fondamentali dell'integrazione sarebbe venuta a mancare gran parte dell'interesse essenziale al proseguimento dell'impresa. La riforma principale introdotta dall'Atto Unico riguardava, come già detto il completamento del Mercato interno che diventò formalmente un obiettivo del Trattato e fu fissata una data per la sua realizzazione: il 31 dicembre 1992. Altri articoli contenevano le disposizioni necessarie per conseguire questo obiettivo, in modo particolare l'articolo 100 prevedeva che le misure per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri che avevano per oggetto il funzionamento del mercato interno richiedessero l'approvazione a maggioranza qualificata del Consiglio e non più all'unanimità, fatta eccezione per le riforme fiscali. Altre parti dell'Atto Unico riguardavano le nuove politiche comunitarie: la politica regionale, la politica della ricerca e della tecnologia e la politica dell'ambiente. Anche l'istituzione di un nuovo fondo trovava spazio nel Trattato: il Fondo Regionale che diventò uno strumento, accanto agli altri fondi, della coesione economica e sociale.
  • 26. Come ho detto la cooperazione economica e monetaria non fu inserita nel Trattato anche se la maggioranza degli stati membri era disposta ad inserirvi le procedure dello SME, al quale però la Gran Bretagna non aveva aderito. Alla fine si giunse alla creazione dell'articolo 102A nel quale si affermava che la cooperazione monetaria avrebbe tenuto conto delle esperienze acquisite grazie alla cooperazione nell'ambito dello SME e allo sviluppo dell'ECU. L'ulteriore sviluppo della cooperazione economica e monetaria avrebbe comportato procedure di modifica del Trattato come previsto nell'articolo 236. L'Atto Unico entrò in vigore il 1 luglio 1987 dopo il deposito degli atti di ratifica da parte degli Stati membri. Falliva così il tentativo di istituire una Unione Europea e ci si dovette accontentare di alcune riforme sparse e inorganiche, insufficienti sia per la Commissione che per il Parlamento Europeo; in una dichiarazione del Parlamento europeo Altiero Spinelli affermò, metaforicamente: "del grosso pesce ci hanno lasciato soltanto la lisca." Trattato CE Il 25 Marzo 1957, a Roma, viene firmato il Trattato che istituisce la Comunità economica europea (CEE) ed il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom). Il Trattato Ce si poneva come obbiettivo l’instaurazione di un mercato comune generale, il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri nonché uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della comunità ed un miglioramento generale del tenore di vita. Il Trattato prevedeva quattro istituzioni: un’Assemblea (poi Parlamento dal 1962), un Consiglio, una Commissione e una Corte di giustizia delle quali Assemblea e Corte di giustizia dovevano essere in comune con quelle della CECA (nel 1965 con il Trattato sulla fusione degli esecutivi anche gli altri organi verranno messi in comune). Questo mercato comune si fondava sull’idea di un’unione doganale e cioè non solo sull’abolizione dei dazi fra gli Stati membri, ma anche sull’istituzione di una tariffa doganale comune nei confronti degli Stati terzi. L’unione economica prevista dal Trattato non si riferiva solo alla libera circolazione delle merci, ma puntava a liberalizzare anche la circolazione di persone, servizi e capitali all’interno del territorio della Comunità. Oltre a prevedere queste libertà il Trattato indicava una serie di interventi comuni progressivi soprattutto nei settori dell’agricoltura, dei trasporti e della concorrenza. L’attuazione di queste misure veniva prevista attraverso una serie di fasi che avrebbero dovuto portare dal mercato comune all’unione doganale entro un periodo di 10 anni poi prolungatosi fino al Trattato di Maastricht (1992). IL TRATTATO SULL'UNIONE EUROPEA Il Trattato sull'Unione Europea comprende 252 articoli, nuovi o modificati, 17 Protocolli e 31 dichiarazioni, è quindi estremamente ampio e complesso anche se è abbastanza articolato. Sostanzialmente il Trattato crea una nuova organizzazione basata su tre pilastri: le tre Comunità Europee, la PESC e la cooperazione nella Giustizia e negli Affari interni. L'articolo A delle disposizioni comuni afferma che: Con il presente Trattato, le Alte Parti Contraenti istituiscono tra loro un'Unione Europea in appresso denominata "Unione". Il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di una unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini. L'Unione è fondata sulle Comunità Europee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate dal presente trattato. Essa ha il compito di organizzare in modo coerente e solidale le relazioni tra gli Stati membri e tra i loro popoli.