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Università degli Studi di Milano Bicocca

                    Scuola di Dottorato in Scienze Umane

    Dottorato di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione

                                   XIII ciclo



                           Presentazione della tesi:




     Adaptive landscapes: A case study of metaphors,

        models, and synthesis in evolutionary biology



                                      di




                           Emanuele Serrelli



                              Discussione finale

                               17 gennaio 2011




!                                                                            1
!     1. In questa presentazione del mio lavoro di tesi, come ho cercato di

fare nella Conclusione di esso, presenterò un sommario abbastanza

completo dei problemi, delle alternative, delle mie analisi e proposte attorno

al tema dei paesaggi adattativi in biologia evoluzionistica. Cercherò di

evidenziare come da questo caso di studio possano emergere se non

questioni, almeno stimoli di portata generale su termini come metafora,

modello, sintesi, che descrivono lʼattività scientifica nelle più diverse

discipline. Per facilitare la messa in relazione della mia esposizione con la

tesi, ho inserito in rosso nelle slides i riferimenti precisi ad essa.

!     2. Per cominciare, i paesaggi adattativi sono un esempio di metafora

scientifica, quale vengono spesso definiti in letteratura. Attraverso il caso ho

dunque indagato natura e ruolo della metafora nella scienza. Innanzitutto ho

enfatizzato i legami della metafora con il contesto storico-scientifico in cui

essa si è diffusa: la Sintesi Moderna.

!     3. Sulla SM adotto la visione dellʼillustre evoluzionista Ernst Mayr

sebbene nella tesi io abbia considerato anche visioni alternative. Per Mayr la

SM fu un processo - svoltosi dagli anni ʼ10 a tutti gli anni ʼ30 del Novecento -

di natura essenzialmente comunicativa. Consistette nella costruzione e

nellʼaffinamento di un linguaggio comune che consentì a campi prima




!                                                                             2
separati1 di iniziare un lavoro congiunto di riconoscimento e ricostruzione

della storia della vita sulla Terra.

!      4. Anzi, come ho scritto nella conclusione, «...di dare il senso di una

unità comprendente geni, fenotipi con i loro adattamenti a differenti ambienti,

speciazioni, micro e macroevoluzione, episodi singoli e il pattern più generale

dellʼevoluzione» (p. 208). Ho considerato con particolare interesse la visione

di Mayr per lʼimportanza che essa dà al linguaggio e al superamento di

barriere comunicative. Questa visione si differenzia ad esempio da altre che

vedono la SM come una estensione a tutte le discipline biologiche dei metodi

e dei modelli matematici della genetica delle popolazioni.

!      5. E ho ipotizzato che il paesaggio adattativo - che ho definito una

metafora migrante - possa aver svolto un ruolo in questo processo di

“costruzione di ponti”.

!      6. Lʼidea di metafora migrante è distinta da una parte dallʼidea di una

metafora che riassumerebbe in sé lʼevoluzione “in un sol colpo”, e dallʼaltra

dallʼidea di uno strumento che si applicherebbe in tutti i contesti allo stesso

modo indipendentemente da essi. La metafora migrante - con il relativo

vocabolario di termini come “picco” o “valle” che vedremo - si ritrova nei

diversi campi della biologia, ma in ciascuno viene declinata diversamente.




1 Come la paleontologia, la genetica teorica e sperimentale, la morfologia, la zoologia, la botanica e molti
altri.
!                                                                                                        3
!        7. Ho analizzato con particolare attenzione i paesaggi adattativi proposti

da capostipiti come il genetista Theodosius Dobzhansky e il paleontologo

George Gaylord Simpson, rilevandone la portata,2                                 aspetti comuni e

specificità. Tornerò su questo tra poco.

!        8. Mi è stato necessario un certo sforzo di analisi per isolare tre idee

fondamentali, semplici e intuitive alla base della metafora in tutte le sue

istanze:

- “higher is better”: lʼaltitudine corrisponde in qualche modo al “meglio”: le

    migliori combinazioni e soluzioni sono collocate su picchi, e le peggiori in

    fondo a valli;

- “meglio” e “peggio” sono termini relativi a un particolare ambiente, che non

    compare nel diagramma ma lo influenza, determinando lʼaltitudine dei punti

    del paesaggio;

- il paesaggio è lʼintero insieme di possibilità per una data entità in evoluzione,

    e lʼevoluzione viene concepita come la realizzazione di potenzialità nel

    corso del tempo.

Un esempio. Se costruiamo il paesaggio adattativo di una popolazione

considerata dal punto di vista genetico, il paesaggio sarà lʼinsieme di tutte le

combinazioni genetiche individuali che sono virtualmente possibili nella

popolazione; il dato ambiente in cui la popolazione vive determinerà
2 Perché sono “big pictures”? Al di là dellʼautorevolezza dei loro proponenti, queste immagini (Dobzhansky,
Dawkins) sono proposte come sufficienti a rappresentare lʼevoluzione (in coerenza con la preminenza della
genetica), con enorme portata tassonomica comprendente anche le “specie possibili”. Oppure (Simpson)
fondamentali nel raccordo tra micro e macro, e con la vocazione a individuare pattern evolutivi ripetuti.
!                                                                                                         4
lʼaltitudine delle combinazioni genetiche: le migliori si troveranno sui picchi, le

peggiori nelle valli. Gli individui effettivamente realizzati (una piccola

percentuale di quelli possibili) saranno visualizzati come punti sulla

superficie, e la popolazione sarà rappresentata come una nuvola di punti che

cambia nel tempo. Il processo di adattamento sarà visualizzato come la

“scalata” a uno o più picchi, cioè la produzione e la conservazione di individui

sempre più adatti allʼambiente di vita generazione dopo generazione.

!         9. Lʼidea di metafora migrante nella SM mette al centro lʼaccezione

linguistica della nozione di metafora, e il significato dinamico - insito nella sua

etimologia - di “trasferire”, “portare” da un campo allʼaltro.3 Introdotta negli

anni ʼ30, la sua forza si riscontra a tuttʼoggi, ad esempio la vediamo

comparire in libri divulgativi che diffondono e difendono lʼevoluzione, come

Alla conquista del monte improbabile di Richard Dawkins, del 1996.

!         10. In questa immagine si vede il paesaggio dellʼevoluzione dellʼocchio,

immaginato da un biologo su richiesta di Dawkins. Ma il linguaggio dei picchi

e delle valli è utilizzato come accennerò tra poco anche nella ricerca.

!         11. Recentemente, poi, si stanno diffondendo paesaggi adattativi di

forma differente: gli “holey landscapes”, che consistono in superfici più o

meno piatte e bucate, prive di picchi o valli.4 Cosa possono significare questi
3 La comunicazione attraverso la metafora - anche laddove non utilizzabile - rese noti e comprensibili gli
avanzamenti nel campo della genetica di popolazioni, anche se in modo superficiale (“come se” i dettagli
non importassero). La diffusione della metafora fu senzʼaltro supportata dallʼautorevolezza di tale campo, ma
probabilmente contribuì a consolidare tale autorevolezza. Non ho preso in considerazione visioni più forti
della metafora che la vedono come esplicativa in se stessa (p. 57).
4   Fino a questo momento la forma dei paesaggi era stata trattata come inerente ai paesaggi stessi.
!                                                                                                          5
paesaggi per lʼevoluzione e per la biologia evoluzionistica? Cosa accadrebbe

se migrassero anchʼessi in diversi campi? Si è sviluppato un notevole

dibattito, che però a detta di molti ha creato più confusione che

chiarificazione. Una delle proposte che ho fatto per arrivare precisare la

relazione tra paesaggi bucati e paesaggi collinosi è stata di andare ad

analizzare i paesaggi adattativi (metafora migrante) nel loro contesto nativo.

!     12. Il contesto teorico originario dei paesaggi adattativi è la genetica

matematica mendeliana delle popolazioni, e dal medesimo contesto teorico

provengono i paesaggi bucati, sebbene circa 65 anni dopo.

!      13. Lʼanalisi che ho svolto ha messo in evidenza che i paesaggi

adattativi nel loro contesto nativo sono già metafora, ma in un senso

particolare che è familiare in matematica: sono metafora di un modello. I due

termini vanno dunque visti in relazione gerarchica tra loro piuttosto che in

concorrenza, laddove in altre sedi la metafora viene vista come un modello

imperfetto, oppure come il preludio alle forme più avanzate e affidabili di

rappresentazione, i modelli. Ho anche suggerito brevemente di immaginare

che questa relazione gerarchica valga anche per la metafora migrante: forse

questa viene adottata in un campo per la sua capacità di rappresentare non i

fenomeni oggetto di studio, bensì i modelli che il quel campo sono già

familiari. Una riflessione sulla costitutiva ricorsività della conoscenza - dove si

danno rappresentazioni di rappresentazioni - farebbe forse sfumare la rigida


!                                                                                6
distinzione tra i due modi di vedere la metafora, e anche i modelli. Visto

comunque che i paesaggi nativi sono metafora di un modello, è comunque

fondamentale rispondere alla domanda “di quale modello questa metafora è

metafora?”, in modo molto più dettagliato di quanto sia stato fatto fino ad

oggi.

!       14. La genetica di popolazioni - spesso presentata come un corpo di

conoscenze compatto - ha una struttura teorica piuttosto articolata, e

contiene strumenti matematici e formali di diversi tipi. Di quali di questi

strumenti i paesaggi adattativi sono metafora? Seguendo alcune suggestioni

poco conosciute in letteratura ho approfondito la struttura teorica della

genetica di popolazioni e ho stabilito che il paesaggio adattativo è metafora di

un oggetto formale assolutamente fondamentale: la popolazione mendeliana,

ovvero uno spazio combinatorio genetico provvisto di fitness (cioè lo spazio

logico che rappresenta tutte le combinazioni tra geni che sono possibili in una

popolazione).

!       15. Avendo moltissime dimensioni, questo spazio non è trattabile

direttamente mediante equazioni matematiche. Dunque, da una parte ho

criticato molti commentatori che hanno dato per scontato che i paesaggi

siano metafore di “equazioni troppo complicate”; dallʼaltra ho analizzato come

Wright abbia potuto arrivare a conoscere qualcosa dello spazio combinatorio

avendo a disposizione soltanto equazioni. In altre parole, come egli abbia


!                                                                             7
potuto oltrepassare il “gap epistemologico” che separa spazio ed equazioni e

arrivare a informazioni poi visualizzate mediante la metafora del paesaggio.

!         16. Questa è una sintesi di quanto ho appena detto.

!         17. In questa storia sono comparsi diversi oggetti: lo spazio

combinatorio della popolazione mendeliana; la popolazione (senza prefisso)

che è la parziale realizzazione dello spazio, che cambia nel corso del tempo;

la superficie adattativa, cioè una metafora che mostra caratteristiche dello

spazio; le equazioni della genetica di popolazioni, che descrivono le

frequenze geniche nella popolazione; e altri.5 Questo insieme eterogeneo di

oggetti si incontra con una pluralità di significati del temine “modello” nella

filosofia della biologia contemporanea, portando a una variabilità

dellʼestensione semantica del termine: quali e quanti di questi oggetti (o

combinazioni di questi oggetti) possono essere definiti “modello”? Ho insistito

molto su un “approccio pragmatico” in filosofia della biologia: lʼuso

indiscriminato di parole come “modello” ha infatti, secondo la mia analisi,

alimentato confusione nella discussione.

!         18. Ho proposto un vocabolario per discutere lʼaffascinante tema dei

paesaggi adattativi. In particolare ho scelto una nozione di modello molto




5   Cf. tutto il ramo della genetica biometrica.
!                                                                              8
interessante e “atipica” per questo dibattito. Non entro qui nei dettagli ma tra

poco dirò di più su cosa ho voluto intendere per modello.6

!       19. Avendo approfondito la storia e lʼepistemologia della metafora

nativa, e avendo fissato un vocabolario che consente di parlare di paesaggi

in modo non ambiguo, mi sono occupato dei cosiddetti “landscape models”

che proliferano nella biologia evoluzionistica odierna, e che non sono legati

necessariamente né alla popolazione mendeliana, né alla superficie

adattativa.7 Il loro tratto comune è un spazio combinatorio provvisto di fitness,

ed essi variano in base a: natura dei fattori che vengono combinati,

dimensionalità, metodo con cui la fitness è assegnata, parametri dinamici.

Una nota importante: con la distinzione da me introdotta tra spazio

combinatorio e superficie di fitness, diviene evidente (come dʼaltra parte era

già chiaro a Wright) che la dinamica del movimento non si svolge sulla

superficie, bensì nello spazio combinatorio, dove si trovano i parametri e i

vincoli.8 La metafora - la superficie - consente una parziale visualizzazione,

descrizione, comprensione di quelle dinamiche.


6  Ho proposto di catturare lo spazio combinatorio mendeliano mediante la nozione di modello come
«obiettivo stabile di spiegazione». Essa rende conto di tutto il lavoro fatto attorno al modello, su di esso, per
comprenderne le caratteristiche e i comportamenti. Lascia aperte domande su quando e che cosa il modello
rappresenti o spieghi, ma a mio parere questo è un ulteriore punto di forza di questa nozione. Essa obbliga a
considerare la dimensione pragmatica dellʼattività di modellizzazione, in una visione che lascia agli scienziati
la facoltà di decidere che cosa conta come rappresentazione o spiegazione, per che cosa, e fino a che
punto.
7 Perché allora si chiamano “landscape models”? Per la già citata efficacia del linguaggio metaforico che
consente di parlarne.
8 Nello spazio vi sono due “principi strutturanti” essenziali dei paesaggi adattativi, che non sono menzionati
tra i primi tre criteri minimali esposti allʼinizio. Ora che la necessità dello spazio combinatorio è manifesta,
bisogna aggiungerli: vicinanza (neighborhood) e meccanismo di movimento (II.2.2).
!                                                                                                             9
!         20. Sono anche ritornato sulle istanze della metafora migrante,

mostrando nel paesaggio di Dobzhansky le caratteristiche conservate e le

inconsistenze; in quelli di Simpson le novità e la coerenza; e nelle visioni di

Dawkins lʼimpulso retorico e astraente.

!         21. Alcuni spazi combinatori genetici, poi, affrontano un problema che

secondo Sergey Gavrilets è stato tradizionalmente lasciato fuori dalla

modellizzazione matematica: la speciazione.! Il libro di Gavrilets del 2004 -

nel quale egli colloca i paesaggi bucati - presenta lo stato dellʼarte di questo

campo, che ho descritto come un repertorio di diversi strumenti,9                            un

“patchwork”, che ha iniziato a far sì che la popolazione mendeliana possa

essere modello anche della speciazione. Lʼidea di “spazi bucati” è prodotta

da un nuovo tipo di analisi statistica degli spazi ad alta dimensionalità:

lʼanalisi di percolamento. A loro volta, gli spazi bucati sono un presupposto

teorico che autorizza alcuni tipi di modelli a bassa dimensionalità della

speciazione; gli spazi bucati, poi, vengono visualizzati metaforicamente nel

modo ormai familiare. La mia analisi individua dunque un modello formale

fondamentale - la popolazione mendeliana - e un “patchwork” di strumenti

interconnessi che non soltanto migliorano la nostra conoscenza del modello,

ma lo rendono di volta in volta adatto ad essere rappresentazione anche di

nuovi fenomeni. Le domande di ricerca e gli interessi degli scienziati guidano



9   Analisi statistiche, spazi combinatori a bassa dimensionalità, equazioni di frequenze.
!                                                                                            10
questo processo, e cambiano nel tempo - ad esempio Wright era interessato

allʼadattamento, non alla speciazione.

!      22. In generale, il progresso nella modellizzazione appare come un

processo non banale, in cui contano molto le dimensioni pragmatiche

(domande e decisioni degli scienziati), e bisogna valutare attentamente le

relazioni tra gli elementi del “patchwork”. Ho criticato il lavoro del filosofo e

biologo Massimo Pigliucci (2008) sui paesaggi adattativi principalmente

perché mi è parso poco in sintonia con questa complessità della dinamica

della scienza.

!      23. Mosso da preoccupazioni dellʼoggi, Pigliucci attacca i paesaggi

adattativi perché essi non sono in grado di rappresentare correttamente il

rapporto tra genotipi e fenotipi; e li utilizza, dipingendo Wright come

precursore, per avvalorare un filone di studio contemporaneo, quello

dellʼevolvibilità. Pigliucci è uno dei principali proponenti del progetto definito

“Sintesi Evoluzionistica Estesa” (ecco che torna il tema della sintesi), e

mosso forse da preoccupazioni e urgenze attuali opera alcune conflazioni

storiche ed epistemologiche, trascurando gli scopi originari dei paesaggi

adattativi e le caratteristiche inerenti lʼattività stessa di modellizzazione,10

enfatizzando ciò che mancherebbe in quei paesaggi, e confondendo diversi



10Pigliucci non vede, ad esempio, la legittimità della compressione di fenotipi e ambienti che avviene nella
genetica di popolazioni, e che consente a questa disciplina di concentrarsi su geni, genotipi e frequenze
geniche con un ambito ben preciso e una definizione dei problemi. Né riconosce la necessità di differenti
paesaggi per rispondere a domande diverse (pluralismo di Wright).
!                                                                                                       11
paesaggi e contesti teorici nello sforzo interpretativo di trovare ante litteram

domande di ricerca.

!     24. Per il progetto di una Sintesi Evoluzionistica Estesa ho individuato

due sfide: quella di arrivare a definire la struttura della teoria dellʼevoluzione e

della Sintesi Moderna, specificando il cambiamento strutturale ora in corso; e

quella di dare a modelli e strumenti - come i paesaggi adattativi - una

collocazione appropriata in questa struttura. Alla prima sfida ho indicato una

possibile via di risposta nellʼipotesi neo-Lakatosiana di Telmo Pievani basata

sul concetto di “programma di ricerca”. Si noti che dal punto di vista della

Sintesi Estesa, la Sintesi Moderna è un oggetto, un prodotto del processo

storico di cui dicevo con Ernst Mayr. In chiusura del mio lavoro ho parlato di

nuovo brevemente di “sintesi come processo” illustrando lʼapproccio sintetico

del National Evolutionary Synthesis Center. Secondo questo approccio, la

sintesi guiderebbe tuttora la biologia evoluzionistica, almeno nella risposta

alle grandi questioni e alle prospettive ampie. Essa consisterebbe nel

costante superamento situazioni di frammentazione e mancanza di

comunicazione attraverso, ad esempio, modalità innovative di gestione e

rappresentazione delle informazioni, e costruzione di linguaggi comuni.

Compiti nei quali, penso, possono assumere un ruolo importante sia la

filosofia della biologia, sia i paesaggi adattativi (a condizione, forse, che

analisi come quella che ho svolto ne diano una idea chiara e condivisa).


!                                                                              12

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Adaptive landscapes: A case study of metaphors, models, and synthesis in evolutionary biology

  • 1. Università degli Studi di Milano Bicocca Scuola di Dottorato in Scienze Umane Dottorato di Ricerca in Scienze della Formazione e della Comunicazione XIII ciclo Presentazione della tesi: Adaptive landscapes: A case study of metaphors, models, and synthesis in evolutionary biology di Emanuele Serrelli Discussione finale 17 gennaio 2011 ! 1
  • 2. ! 1. In questa presentazione del mio lavoro di tesi, come ho cercato di fare nella Conclusione di esso, presenterò un sommario abbastanza completo dei problemi, delle alternative, delle mie analisi e proposte attorno al tema dei paesaggi adattativi in biologia evoluzionistica. Cercherò di evidenziare come da questo caso di studio possano emergere se non questioni, almeno stimoli di portata generale su termini come metafora, modello, sintesi, che descrivono lʼattività scientifica nelle più diverse discipline. Per facilitare la messa in relazione della mia esposizione con la tesi, ho inserito in rosso nelle slides i riferimenti precisi ad essa. ! 2. Per cominciare, i paesaggi adattativi sono un esempio di metafora scientifica, quale vengono spesso definiti in letteratura. Attraverso il caso ho dunque indagato natura e ruolo della metafora nella scienza. Innanzitutto ho enfatizzato i legami della metafora con il contesto storico-scientifico in cui essa si è diffusa: la Sintesi Moderna. ! 3. Sulla SM adotto la visione dellʼillustre evoluzionista Ernst Mayr sebbene nella tesi io abbia considerato anche visioni alternative. Per Mayr la SM fu un processo - svoltosi dagli anni ʼ10 a tutti gli anni ʼ30 del Novecento - di natura essenzialmente comunicativa. Consistette nella costruzione e nellʼaffinamento di un linguaggio comune che consentì a campi prima ! 2
  • 3. separati1 di iniziare un lavoro congiunto di riconoscimento e ricostruzione della storia della vita sulla Terra. ! 4. Anzi, come ho scritto nella conclusione, «...di dare il senso di una unità comprendente geni, fenotipi con i loro adattamenti a differenti ambienti, speciazioni, micro e macroevoluzione, episodi singoli e il pattern più generale dellʼevoluzione» (p. 208). Ho considerato con particolare interesse la visione di Mayr per lʼimportanza che essa dà al linguaggio e al superamento di barriere comunicative. Questa visione si differenzia ad esempio da altre che vedono la SM come una estensione a tutte le discipline biologiche dei metodi e dei modelli matematici della genetica delle popolazioni. ! 5. E ho ipotizzato che il paesaggio adattativo - che ho definito una metafora migrante - possa aver svolto un ruolo in questo processo di “costruzione di ponti”. ! 6. Lʼidea di metafora migrante è distinta da una parte dallʼidea di una metafora che riassumerebbe in sé lʼevoluzione “in un sol colpo”, e dallʼaltra dallʼidea di uno strumento che si applicherebbe in tutti i contesti allo stesso modo indipendentemente da essi. La metafora migrante - con il relativo vocabolario di termini come “picco” o “valle” che vedremo - si ritrova nei diversi campi della biologia, ma in ciascuno viene declinata diversamente. 1 Come la paleontologia, la genetica teorica e sperimentale, la morfologia, la zoologia, la botanica e molti altri. ! 3
  • 4. ! 7. Ho analizzato con particolare attenzione i paesaggi adattativi proposti da capostipiti come il genetista Theodosius Dobzhansky e il paleontologo George Gaylord Simpson, rilevandone la portata,2 aspetti comuni e specificità. Tornerò su questo tra poco. ! 8. Mi è stato necessario un certo sforzo di analisi per isolare tre idee fondamentali, semplici e intuitive alla base della metafora in tutte le sue istanze: - “higher is better”: lʼaltitudine corrisponde in qualche modo al “meglio”: le migliori combinazioni e soluzioni sono collocate su picchi, e le peggiori in fondo a valli; - “meglio” e “peggio” sono termini relativi a un particolare ambiente, che non compare nel diagramma ma lo influenza, determinando lʼaltitudine dei punti del paesaggio; - il paesaggio è lʼintero insieme di possibilità per una data entità in evoluzione, e lʼevoluzione viene concepita come la realizzazione di potenzialità nel corso del tempo. Un esempio. Se costruiamo il paesaggio adattativo di una popolazione considerata dal punto di vista genetico, il paesaggio sarà lʼinsieme di tutte le combinazioni genetiche individuali che sono virtualmente possibili nella popolazione; il dato ambiente in cui la popolazione vive determinerà 2 Perché sono “big pictures”? Al di là dellʼautorevolezza dei loro proponenti, queste immagini (Dobzhansky, Dawkins) sono proposte come sufficienti a rappresentare lʼevoluzione (in coerenza con la preminenza della genetica), con enorme portata tassonomica comprendente anche le “specie possibili”. Oppure (Simpson) fondamentali nel raccordo tra micro e macro, e con la vocazione a individuare pattern evolutivi ripetuti. ! 4
  • 5. lʼaltitudine delle combinazioni genetiche: le migliori si troveranno sui picchi, le peggiori nelle valli. Gli individui effettivamente realizzati (una piccola percentuale di quelli possibili) saranno visualizzati come punti sulla superficie, e la popolazione sarà rappresentata come una nuvola di punti che cambia nel tempo. Il processo di adattamento sarà visualizzato come la “scalata” a uno o più picchi, cioè la produzione e la conservazione di individui sempre più adatti allʼambiente di vita generazione dopo generazione. ! 9. Lʼidea di metafora migrante nella SM mette al centro lʼaccezione linguistica della nozione di metafora, e il significato dinamico - insito nella sua etimologia - di “trasferire”, “portare” da un campo allʼaltro.3 Introdotta negli anni ʼ30, la sua forza si riscontra a tuttʼoggi, ad esempio la vediamo comparire in libri divulgativi che diffondono e difendono lʼevoluzione, come Alla conquista del monte improbabile di Richard Dawkins, del 1996. ! 10. In questa immagine si vede il paesaggio dellʼevoluzione dellʼocchio, immaginato da un biologo su richiesta di Dawkins. Ma il linguaggio dei picchi e delle valli è utilizzato come accennerò tra poco anche nella ricerca. ! 11. Recentemente, poi, si stanno diffondendo paesaggi adattativi di forma differente: gli “holey landscapes”, che consistono in superfici più o meno piatte e bucate, prive di picchi o valli.4 Cosa possono significare questi 3 La comunicazione attraverso la metafora - anche laddove non utilizzabile - rese noti e comprensibili gli avanzamenti nel campo della genetica di popolazioni, anche se in modo superficiale (“come se” i dettagli non importassero). La diffusione della metafora fu senzʼaltro supportata dallʼautorevolezza di tale campo, ma probabilmente contribuì a consolidare tale autorevolezza. Non ho preso in considerazione visioni più forti della metafora che la vedono come esplicativa in se stessa (p. 57). 4 Fino a questo momento la forma dei paesaggi era stata trattata come inerente ai paesaggi stessi. ! 5
  • 6. paesaggi per lʼevoluzione e per la biologia evoluzionistica? Cosa accadrebbe se migrassero anchʼessi in diversi campi? Si è sviluppato un notevole dibattito, che però a detta di molti ha creato più confusione che chiarificazione. Una delle proposte che ho fatto per arrivare precisare la relazione tra paesaggi bucati e paesaggi collinosi è stata di andare ad analizzare i paesaggi adattativi (metafora migrante) nel loro contesto nativo. ! 12. Il contesto teorico originario dei paesaggi adattativi è la genetica matematica mendeliana delle popolazioni, e dal medesimo contesto teorico provengono i paesaggi bucati, sebbene circa 65 anni dopo. ! 13. Lʼanalisi che ho svolto ha messo in evidenza che i paesaggi adattativi nel loro contesto nativo sono già metafora, ma in un senso particolare che è familiare in matematica: sono metafora di un modello. I due termini vanno dunque visti in relazione gerarchica tra loro piuttosto che in concorrenza, laddove in altre sedi la metafora viene vista come un modello imperfetto, oppure come il preludio alle forme più avanzate e affidabili di rappresentazione, i modelli. Ho anche suggerito brevemente di immaginare che questa relazione gerarchica valga anche per la metafora migrante: forse questa viene adottata in un campo per la sua capacità di rappresentare non i fenomeni oggetto di studio, bensì i modelli che il quel campo sono già familiari. Una riflessione sulla costitutiva ricorsività della conoscenza - dove si danno rappresentazioni di rappresentazioni - farebbe forse sfumare la rigida ! 6
  • 7. distinzione tra i due modi di vedere la metafora, e anche i modelli. Visto comunque che i paesaggi nativi sono metafora di un modello, è comunque fondamentale rispondere alla domanda “di quale modello questa metafora è metafora?”, in modo molto più dettagliato di quanto sia stato fatto fino ad oggi. ! 14. La genetica di popolazioni - spesso presentata come un corpo di conoscenze compatto - ha una struttura teorica piuttosto articolata, e contiene strumenti matematici e formali di diversi tipi. Di quali di questi strumenti i paesaggi adattativi sono metafora? Seguendo alcune suggestioni poco conosciute in letteratura ho approfondito la struttura teorica della genetica di popolazioni e ho stabilito che il paesaggio adattativo è metafora di un oggetto formale assolutamente fondamentale: la popolazione mendeliana, ovvero uno spazio combinatorio genetico provvisto di fitness (cioè lo spazio logico che rappresenta tutte le combinazioni tra geni che sono possibili in una popolazione). ! 15. Avendo moltissime dimensioni, questo spazio non è trattabile direttamente mediante equazioni matematiche. Dunque, da una parte ho criticato molti commentatori che hanno dato per scontato che i paesaggi siano metafore di “equazioni troppo complicate”; dallʼaltra ho analizzato come Wright abbia potuto arrivare a conoscere qualcosa dello spazio combinatorio avendo a disposizione soltanto equazioni. In altre parole, come egli abbia ! 7
  • 8. potuto oltrepassare il “gap epistemologico” che separa spazio ed equazioni e arrivare a informazioni poi visualizzate mediante la metafora del paesaggio. ! 16. Questa è una sintesi di quanto ho appena detto. ! 17. In questa storia sono comparsi diversi oggetti: lo spazio combinatorio della popolazione mendeliana; la popolazione (senza prefisso) che è la parziale realizzazione dello spazio, che cambia nel corso del tempo; la superficie adattativa, cioè una metafora che mostra caratteristiche dello spazio; le equazioni della genetica di popolazioni, che descrivono le frequenze geniche nella popolazione; e altri.5 Questo insieme eterogeneo di oggetti si incontra con una pluralità di significati del temine “modello” nella filosofia della biologia contemporanea, portando a una variabilità dellʼestensione semantica del termine: quali e quanti di questi oggetti (o combinazioni di questi oggetti) possono essere definiti “modello”? Ho insistito molto su un “approccio pragmatico” in filosofia della biologia: lʼuso indiscriminato di parole come “modello” ha infatti, secondo la mia analisi, alimentato confusione nella discussione. ! 18. Ho proposto un vocabolario per discutere lʼaffascinante tema dei paesaggi adattativi. In particolare ho scelto una nozione di modello molto 5 Cf. tutto il ramo della genetica biometrica. ! 8
  • 9. interessante e “atipica” per questo dibattito. Non entro qui nei dettagli ma tra poco dirò di più su cosa ho voluto intendere per modello.6 ! 19. Avendo approfondito la storia e lʼepistemologia della metafora nativa, e avendo fissato un vocabolario che consente di parlare di paesaggi in modo non ambiguo, mi sono occupato dei cosiddetti “landscape models” che proliferano nella biologia evoluzionistica odierna, e che non sono legati necessariamente né alla popolazione mendeliana, né alla superficie adattativa.7 Il loro tratto comune è un spazio combinatorio provvisto di fitness, ed essi variano in base a: natura dei fattori che vengono combinati, dimensionalità, metodo con cui la fitness è assegnata, parametri dinamici. Una nota importante: con la distinzione da me introdotta tra spazio combinatorio e superficie di fitness, diviene evidente (come dʼaltra parte era già chiaro a Wright) che la dinamica del movimento non si svolge sulla superficie, bensì nello spazio combinatorio, dove si trovano i parametri e i vincoli.8 La metafora - la superficie - consente una parziale visualizzazione, descrizione, comprensione di quelle dinamiche. 6 Ho proposto di catturare lo spazio combinatorio mendeliano mediante la nozione di modello come «obiettivo stabile di spiegazione». Essa rende conto di tutto il lavoro fatto attorno al modello, su di esso, per comprenderne le caratteristiche e i comportamenti. Lascia aperte domande su quando e che cosa il modello rappresenti o spieghi, ma a mio parere questo è un ulteriore punto di forza di questa nozione. Essa obbliga a considerare la dimensione pragmatica dellʼattività di modellizzazione, in una visione che lascia agli scienziati la facoltà di decidere che cosa conta come rappresentazione o spiegazione, per che cosa, e fino a che punto. 7 Perché allora si chiamano “landscape models”? Per la già citata efficacia del linguaggio metaforico che consente di parlarne. 8 Nello spazio vi sono due “principi strutturanti” essenziali dei paesaggi adattativi, che non sono menzionati tra i primi tre criteri minimali esposti allʼinizio. Ora che la necessità dello spazio combinatorio è manifesta, bisogna aggiungerli: vicinanza (neighborhood) e meccanismo di movimento (II.2.2). ! 9
  • 10. ! 20. Sono anche ritornato sulle istanze della metafora migrante, mostrando nel paesaggio di Dobzhansky le caratteristiche conservate e le inconsistenze; in quelli di Simpson le novità e la coerenza; e nelle visioni di Dawkins lʼimpulso retorico e astraente. ! 21. Alcuni spazi combinatori genetici, poi, affrontano un problema che secondo Sergey Gavrilets è stato tradizionalmente lasciato fuori dalla modellizzazione matematica: la speciazione.! Il libro di Gavrilets del 2004 - nel quale egli colloca i paesaggi bucati - presenta lo stato dellʼarte di questo campo, che ho descritto come un repertorio di diversi strumenti,9 un “patchwork”, che ha iniziato a far sì che la popolazione mendeliana possa essere modello anche della speciazione. Lʼidea di “spazi bucati” è prodotta da un nuovo tipo di analisi statistica degli spazi ad alta dimensionalità: lʼanalisi di percolamento. A loro volta, gli spazi bucati sono un presupposto teorico che autorizza alcuni tipi di modelli a bassa dimensionalità della speciazione; gli spazi bucati, poi, vengono visualizzati metaforicamente nel modo ormai familiare. La mia analisi individua dunque un modello formale fondamentale - la popolazione mendeliana - e un “patchwork” di strumenti interconnessi che non soltanto migliorano la nostra conoscenza del modello, ma lo rendono di volta in volta adatto ad essere rappresentazione anche di nuovi fenomeni. Le domande di ricerca e gli interessi degli scienziati guidano 9 Analisi statistiche, spazi combinatori a bassa dimensionalità, equazioni di frequenze. ! 10
  • 11. questo processo, e cambiano nel tempo - ad esempio Wright era interessato allʼadattamento, non alla speciazione. ! 22. In generale, il progresso nella modellizzazione appare come un processo non banale, in cui contano molto le dimensioni pragmatiche (domande e decisioni degli scienziati), e bisogna valutare attentamente le relazioni tra gli elementi del “patchwork”. Ho criticato il lavoro del filosofo e biologo Massimo Pigliucci (2008) sui paesaggi adattativi principalmente perché mi è parso poco in sintonia con questa complessità della dinamica della scienza. ! 23. Mosso da preoccupazioni dellʼoggi, Pigliucci attacca i paesaggi adattativi perché essi non sono in grado di rappresentare correttamente il rapporto tra genotipi e fenotipi; e li utilizza, dipingendo Wright come precursore, per avvalorare un filone di studio contemporaneo, quello dellʼevolvibilità. Pigliucci è uno dei principali proponenti del progetto definito “Sintesi Evoluzionistica Estesa” (ecco che torna il tema della sintesi), e mosso forse da preoccupazioni e urgenze attuali opera alcune conflazioni storiche ed epistemologiche, trascurando gli scopi originari dei paesaggi adattativi e le caratteristiche inerenti lʼattività stessa di modellizzazione,10 enfatizzando ciò che mancherebbe in quei paesaggi, e confondendo diversi 10Pigliucci non vede, ad esempio, la legittimità della compressione di fenotipi e ambienti che avviene nella genetica di popolazioni, e che consente a questa disciplina di concentrarsi su geni, genotipi e frequenze geniche con un ambito ben preciso e una definizione dei problemi. Né riconosce la necessità di differenti paesaggi per rispondere a domande diverse (pluralismo di Wright). ! 11
  • 12. paesaggi e contesti teorici nello sforzo interpretativo di trovare ante litteram domande di ricerca. ! 24. Per il progetto di una Sintesi Evoluzionistica Estesa ho individuato due sfide: quella di arrivare a definire la struttura della teoria dellʼevoluzione e della Sintesi Moderna, specificando il cambiamento strutturale ora in corso; e quella di dare a modelli e strumenti - come i paesaggi adattativi - una collocazione appropriata in questa struttura. Alla prima sfida ho indicato una possibile via di risposta nellʼipotesi neo-Lakatosiana di Telmo Pievani basata sul concetto di “programma di ricerca”. Si noti che dal punto di vista della Sintesi Estesa, la Sintesi Moderna è un oggetto, un prodotto del processo storico di cui dicevo con Ernst Mayr. In chiusura del mio lavoro ho parlato di nuovo brevemente di “sintesi come processo” illustrando lʼapproccio sintetico del National Evolutionary Synthesis Center. Secondo questo approccio, la sintesi guiderebbe tuttora la biologia evoluzionistica, almeno nella risposta alle grandi questioni e alle prospettive ampie. Essa consisterebbe nel costante superamento situazioni di frammentazione e mancanza di comunicazione attraverso, ad esempio, modalità innovative di gestione e rappresentazione delle informazioni, e costruzione di linguaggi comuni. Compiti nei quali, penso, possono assumere un ruolo importante sia la filosofia della biologia, sia i paesaggi adattativi (a condizione, forse, che analisi come quella che ho svolto ne diano una idea chiara e condivisa). ! 12