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Ricerca di sostanze stupefacenti in matrici
pilifere e urinarie
Introduzione
Durante il periodo di tirocinio (27 Febbraio 2013 – 15 Aprile 2013) che ho svolto presso il laboratorio di
Tossicologia Forense dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Macerata, mi sono occupata
soprattutto della determinazione di alcune sostanze stupefacenti in matrici pilifere e urinarie. Questo tipo
di analisi viene solitamente eseguita su richiesta delle Commissioni Mediche Locali Patenti delle province di
Ancona e Ascoli Piceno. Tra gli altri accertamenti (ad esempio tests psicoattitudinali), le Commissioni
Mediche delle province di Ancona e di Ascoli Piceno dispongono anche l’analisi del capello. Dal momento
che consente un’indagine retrospettiva sull’uso di droghe, l’analisi di campioni di capelli fornisce alla
Commissione Medica Patenti un’informazione utile con cui valutare se nel periodo di sospensione della
patente di guida il conducente abbia ancora consumato sostanze stupefacenti. Avvalendosi del risultato
ottenuto da questo esame insieme agli altri predisposti, la Commissione Medica esprime da ultimo un
giudizio circa l’idoneità e la conformità alla guida.
Meccanismi di accumulo delle sostanze nel capello
Il meccanismo attraverso il quale le sostanze si accumulano nella matrice cheratinica è da lungo tempo
oggetto di studio, ma attualmente non è ancora ben definito. Quello generalmente proposto presuppone
che avvenga una diffusione passiva delle molecole direttamente dal sangue alle cellule in fase di
formazione nel follicolo pilifero: a seguito della morte, le cellule, fondendosi a formare il fusto del pelo,
intrappolano le sostanze eventualmente presenti, che restano inglobate senza subire ulteriori processi
metabolici. Si ritiene invece che nella fase successiva di accrescimento del pelo incidano sull’accumulo le
secrezioni sebacee e sudoripare. Un ultimo fattore di accumulo è rappresentato dalla deposizione
(deposizione passiva) e dalla successiva penetrazione nella struttura pilifera della sostanza presente
nell’ambiente sottoforma di fumo, polvere, aerosol ecc. Di recente è stato proposto che la melanina possa
giocare un ruolo attivo in qualità di carrier nel provocare l’accumulo delle sostanze. Una tale considerazione
scaturisce dal fatto che sono state evidenziate differenze di accumulo delle droghe tra capelli neri, castani e
biondi: l’accumulo infatti sembra che avvenga in misura notevolmente maggiore nei capelli che possiedono
una pigmentazione più scura. Con la crescita del capello la sostanza in origine inglobata nella parte
prossimale vicino al bulbo si sposta alla velocità con cui il capello cresce (approssimativamente 1,3 cm al
mese): ne consegue che per capelli lunghi, potendo rinvenire la presenza della sostanza anche nella
porzione distale del capello, è possibile definire un comportamento di uso anche a notevole distanza
cronologica rispetto all’assunzione. Una volta accumulatasi nel capello, la sostanza permane stabile
indefinitamente, tanto che la sua presenza può essere rinvenuta anche a distanza di anni. E’ stato anche
dimostrato attraverso numerosi studi che l’analita che si accumula nei capelli in quantità maggiori è la
sostanza come tale, ossia la molecola parente (ad esempio la cocaina), e non il suo principale metabolita
(nel caso della cocaina la benzoilecgonina), diversamente da quanto accade nei fluidi biologici. Infine si
ritiene che l’accumulo di droghe basiche sarebbe facilitato rispetto a quello di farmaci a comportamento
acido: ciò può essere spiegato ipotizzando che avvenga un meccanismo di scambio ionico, il quale
favorirebbe le molecole neutre o leggermente basiche rispetto a quelle acide.
Finalità dell’analisi dei capelli
L’analisi dei capelli fornisce un’indagine retrospettiva sull’uso, anche saltuario, di sostanze d’abuso. Essa
permette anche di stimare con buona approssimazione il periodo dell’uso, considerando da un lato che le
sostanze si depositano e non diffondono lungo il capello in crescita, e dall’altro che il capello si allunga di
media 1,3 cm al mese: ne consegue che è possibile ottenere informazioni cronologiche sull’uso di droga e/o
definire l’evoluzione nel tempo del consumo analizzando porzioni seriate di capelli. Dal momento che la
loro analisi permette di valutare un uso pregresso nel tempo di farmaci, i capelli attualmente vengono
ampiamente adoperati nel campo delle analisi tossicologiche, per risolvere problematiche attinenti alla
sicurezza stradale o alla sicurezza in ambito lavorativo, per verificare l’uso cronico di sostanze stupefacenti,
per valutare l’adesione ad un contratto terapeutico.
Punti di forza dell’analisi
1. La finestra temporale di rilevabilità dall’ultima assunzione del farmaco è ampia, permettendo così
di evidenziare un numero di casi positivi maggiore rispetto a quello riscontrabile nei campioni di
urine. Nel caso delle urine infatti, per rinvenire il farmaco, occorre prelevare il campione prima che
avvenga la sua completa eliminazione, ossia entro pochi giorni dall’ultima assunzione del farmaco
stesso, valutabili sulla base della sua farmacocinetica.
2. Il prelievo non è invasivo.
3. Il prelievo dei capelli può essere ripetuto senza che varino significativamente le concentrazioni
delle sostanze presenti, raccogliendo un nuovo identico campione.
4. Il prelievo non pone i problemi tipici della raccolta controllata (rilevanti invece per l’analisi delle
urine).
5. I capelli possono essere conservati per lungo tempo senza dover ricorrere a particolari
accorgimenti, dato che non sono soggetti a deterioramento.
6. L’analisi dei capelli permette di identificare falsi-negativi ottenuti da altre analisi (ad esempio
derivanti dalla diluizione operata sulle urine) perché difficilmente la concentrazione del farmaco nei
capelli può essere alterata.
Sostanze stupefacenti ricercate
Premessa
L’uso di diversi tipi di droghe d’abuso può essere rivelato dall’analisi dei capelli; tra queste l’eroina, la
cocaina, le amfetamine, la marijuana o l’hashish, la nicotina, le benzodiazepine, i barbiturici ecc.. Tuttavia le
Commissioni Mediche Locali Patenti più frequentemente richiedono che venga accertata nella matrice in
questione la presenza della cocaina, degli oppiacei e del Δ9
tetraidrocannabinolo. Nello specifico in questo
lavoro mi occuperò di descrivere le analisi effettuate per verificare la presenza di cocaina e oppiacei su
matrici pilifere e urinarie.
Per droga o sostanza stupefacente si intende una sostanza psicoattiva che provoca un effetto sul sistema
nervoso centrale e autonomo e altera l’equilibrio psicofisico dell’organismo. L’uso compulsivo di droga è
causa di dipendenza fisica, o di dipendenza psichica o di entrambe, a seconda della classe a cui la sostanza
appartiene.
Cocaina
La cocaina, l’alcaloide attivo estratto dalle foglie della pianta Erithroxilon Coca, è una sostanza definita
“psicoanalettica”, poiché possiede un effetto stimolante del sistema nervoso. L’assunzione della cocaina è
caratterizzata da un profonda dipendenza psichica. Il suo principale metabolita è la benzoilecgonina (BE) e i
metaboliti minoritari sono l’ecgonina metil estere (EME) e l’ecgonina. La benzoilecognina è un metabolita
inattivo, si ritrova nelle urine umane e costituisce il 32-49% del metabolismo della cocaina. La conversione
di cocaina a norcocaina, attraverso la metilazione dell’azoto della cocaina, costituisce solo una piccola
frazione del metabolismo (2.6% -6.2%).
Oppiacei
Per oppio si intende “il lattice disseccato ottenuto per incisione delle capsule ancora verdi del Papaverum
Sonniferum L.”. Esso è costituito da una miscela complessa contenente zuccheri, proteine, lipidi, acqua ed
alcaloidi (10-20% del peso totale) che vengono distinti in fenantrenici, quelli dotati di attività stupefacente,
ed isochinolonici. Il più abbondante alcaloide a nucleo fenantrenico estratto dall’oppio è la morfina;
seguono, in ordine decrescente di concentrazione, la narcotina, la codeina e la tebaina. L’eroina, o
diacetilmorfina, è un prodotto semisintetico ottenuto attraverso un’energica reazione di acetilazione della
morfina. Il metadone, invece, usato nei trattamenti di disassuefazione degli stati di dipendenza da oppiacei,
è una sostanza ottenuta completamente per sintesi in laboratorio.
Fasi dell’analisi chimico tossicologica
L’analisi tossicologica delle produzioni pilifere prevede quattro fasi principali:
1. taglio e la raccolta del campione biologico;
2. decontaminazione;
3. separazione dell’analita ed eventualmente dei suoi metaboliti dalla matrice cheratinica,
4. identificazione attraverso la gascromatografia di massa.
I campioni piliferi, provenienti dai diversi laboratori competenti, arrivano in laboratorio accompagnati da
un’ opportuna scheda in cui sono inseriti i dati anagrafici del soggetto richiedente e le tipologie di analisi da
effettuare su di esso. Il campione pilifero viene quindi registrato con un codice numerico e tagliato con
forbici adatte in segmenti di lunghezza il più possibile ridotta.
Un’aliquota del campione viene posta in una provetta conica di plastica (il quantitativo minimo richiesto
per l’esecuzione dell’analisi si aggira intorno ai 50 mg).
Taglio del campione di capelli
Per la ricerca della cocaina e degli oppiacei nelle produzioni pilifere si segue la seguente metodica analitica.
Poiché la cocaina e gli oppiacei risultano instabili a pH fortemente alcalini, piuttosto che un’idrolisi basica
del campione si esegue un’idrolisi acida blanda, aggiungendo ad esso 2 ml di acido cloridrico (HCl) 0,1M
all’1% ed incubando la soluzione in stufa per almeno 18 ore alla temperatura di 45°C: in questo mezzo
estraente risultano sufficientemente stabili la cocaina, la benzoilecgonina e la morfina. Oltre all’acido si
addizionano alla soluzione 100 μl di nalorfina (da una soluzione di 10 ng di nalorfina/μl di metanolo) o 100
μl di proadifen (SKF) (da una soluzione di 10 ng di proadifen/μl di metanolo): essi rappresentano gli
standard interni rispettivamente della morfina e della cocaina.
Una volta raffreddatasi dopo il periodo d’incubazione, alla soluzione vengono addizionati 2 ml di tampone
fosfato 0,1M a pH 6 e all’incirca 100 μl di soda 2M all’8% fino a raggiungere un pH compreso tra 6 e 7; si
controlla quindi il pH immergendo nella soluzione la cartina al tornasole, ed eventualmente lo si aggiusta
attraverso piccole aggiunte di acido o di base.
A questo punto la soluzione viene centrifugata per alcuni minuti e lasciata nuovamente raffreddare.
Nel frattempo, si posiziona sull’estrattore da vuoto (vacuum manifold) una colonnina SPE (solid phase
extraction) per ciascun campione che deve essere esaminato. Le colonnine SPE vengono utilizzate per
estrarre le sostanze da identificare e, di conseguenza, per purificare il campione, riducendo la
concentrazione dei composti interferenti e concentrando nel contempo gli analiti di interesse: perché
questo processo avvenga, è necessario che i gruppi funzionali della fase assorbente di cui le colonnine sono
costituite presentino affinità dal punto di vista chimico-fisico con le sostanze che devono essere
identificate. Facendo una scelta accurata della fase assorbente in rapporto al materiale da separare, è
possibile quindi ottenere estrazioni molto selettive, con elevati recuperi di molecole altamente purificate:
infatti, interagendo tramite legami più o meno forti con la fase stazionaria, gli analiti d’interesse vengono
trattenuti, mentre gli interferenti vengono lasciati passare.
Il processo di estrazione e purificazione del campione per mezzo delle colonnine SPE consta di cinque fasi
fondamentali:
1. il condizionamento della colonnina;
2. l’aggiunta del campione;
3. il lavaggio della colonnina;
Colonnine SPE
4. la disidratazione della colonnina;
5. l’eluizione dei composti trattenuti dalla fase assorbente.
Il condizionamento consiste nel far passare attraverso la fase assorbente 2 ml di metanolo: l’obiettivo è
quello di attivare i gruppi funzionali di legame distendendoli dalla fase solida ed esponendoli così al
successivo flusso del campione. La solvatazione della colonnina perciò fa sì che i gruppi funzionali
reagiscano in maniera costante con le molecole ad essi affini. Un’ulteriore funzione del condizionamento è
quella di rimuovere eventuali polveri ed impurità derivanti dall’abrasione della silice, avvenuta nel corso del
processo di produzione o durante il trasporto della colonnina. Di seguito al metanolo, si aggiungono 2 ml di
tampone fosfato 0,1M a pH 6 in modo da rimuovere l’eccesso del solvente usato per il condizionamento.
Per l’importanza che riveste la fase di condizionamento è bene che il flusso del metanolo e del tampone
fosfato non superi i 3 ml/min; inoltre, in questa prima fase così come in quelle dell’aggiunta del campione e
del lavaggio, è necessario prestare attenzione affinché le colonnine non vadano mai a secco.
Nell’aggiungere il campione è indispensabile assicurarsi che il suo flusso attraverso la colonnina non sia
eccessivamente elevato (1-2 ml/min), in modo tale da garantire tutto il tempo necessario affinché si
instaurino legami tra la silice attivata e le molecole da identificare.
Il lavaggio della colonnina si attua lasciando scorrere attraverso la fase stazionaria in sequenza 2 ml di
acqua distillata, 3 ml di acido cloridrico 0,1M all’1% e 5 ml di metanolo: lo scopo è quello di ripulire la
colonnina dalle sostanze interferenti polari, acide e leggermente apolari, che si legano ad essa debolmente
o che non interagiscono affatto.
La disidratazione delle colonnine si ottiene facendo il vuoto per 5 minuti all’interno del vacuum manifold sul
quale sono inserite: si rende necessario infatti rimuovere i residui dei solventi precedentemente utilizzati,
con i quali la soluzione di eluizione risulta immiscibile.
Il processo dell’eluizione degli analiti prevede che venga fatta scorrere attraverso la colonnina una
soluzione apolare, avente un’affinità per le molecole da identificare superiore a quella esistente tra le
molecole stesse e i gruppi funzionali della colonnina con cui interagiscono. L’eluente è una soluzione
costituita da diclorometano/alcol isopropilico (8:2) con il 2% di ammoniaca. L’alcalinizzazione con
ammoniaca (pH > pKa delle molecole) rende neutre le molecole di cocaina e morfina. L’eluato viene quindi
raccolto in vials e lasciato evaporare fino a secchezza.
Colonnine SPE durante l’eluizione
Sia gli estratti di cocaina e morfina che quelli del Δ9
tetraidrocannabinolo, cannabinolo e cannabidiolo
vengono analizzati per mezzo della gascromatografia di massa (GC/MS). Nel caso in cui l’estratto sia cocaina
e morfina, viene ricostituito con 50 μl di un derivatizzante, l’N-metil-N-(trimetilsilil)acetamide (MSTFA) e
scaldato in stufa a 75°C per 20 minuti, curando che la vial sia chiusa ermeticamente; 1 μl di questa
soluzione vengono poi iniettati in colonna. La derivatizzazione consiste nella conversione delle sostanze
presenti nel campione a molecole meno polari e più volatili, in grado di affrontare la separazione
gascromatografica. Nel caso in questione, le molecole che vengono convertite in trimetilsililderivati sono la
benzoilecgonina (un gruppo trimetilsilil si lega all’ossidrile acido), la morfina (due gruppi trimetilsilil si
legano agli ossidrili in posizione 3 e 6) e la nalorfina (due gruppi trimetilsilil si legano ciascuno ad un
ossidrile); la cocaina e l’SKF, invece, non subiscono il processo di derivatizzazione.
Il sistema utilizzato é costituito da un “TraceGC ultra” associato al rivelatore di massa “Polaris Q”. La
colonna capillare impiegata è una “Rtx-5MS”, presentante una lunghezza pari a 30 m ed un diametro
interno di 0,25 mm. L’iniettore è utilizzato nella modalità splitless (50 sec) e la sua temperatura è pari a
250°C. Lo spettrometro di massa lavora in full scan ed il range di masse da esso esaminato va da 70 a 500. Il
limite di sensibilità dello strumento è di 0,1 ng/mg. La concentrazione di cut-off utilizzata per l’analisi
quantitativa in GC/MS è di 0,5 ng/mg per tutte le sostanze. Il cut-off, espresso in nanogrammi di droga per
milligrammo di capelli, è un valore prestabilito, al di sotto del quale il risultato dell’analisi deve essere
considerato negativo.
L’analisi in GC/MS fornisce oltre allo spettro di massa, anche un gascromatogramma che rappresenta
l’andamento della corrente ionica totale. Nella tabella qui di seguito, si riportano i tempi di ritenzione ed i
valori del rapporto massa/carica più importanti, relativi a ciascuna sostanza esaminata e ai due standard
interni addizionati.
Gascromatografo di massa
Sono evidenziati con il colore blu i valori corrispondenti ai picchi base; sono invece colorati in viola i valori
corrispondenti ai picchi molecolari; infine i valori in verde stanno ad indicare che il picco base coincide con
il picco molecolare. Tutti i dati inseriti in tabella sono stati estrapolati dai cromatogrammi e dagli spettri di
massa ottenuti dall’analisi di alcuni campioni piliferi risultati positivi alle sostanze stupefacenti ricercate.
Conoscendo i tempi di ritenzione e i valori m/z caratterizzanti ciascuna sostanza stupefacente, è immediato
determinare la positività o la negatività del campione analizzato alle molecole ricercate. Infatti, il
programma “Xcalibur”, ossia il software associato al gascromatografo di massa, oltre a permettere di
settare i parametri relativi al funzionamento del gascromatografo (per esempio le temperature
dell’iniettore e della camera termostatica) e dello spettrometro di massa, consente anche, una volta
terminata la corsa cromatografica, di focalizzare l’attenzione su un particolare ione, avente un valore di
massa/carica definito. In questo modo vengono evidenziati soltanto quei picchi cromatografici
corrispondenti alle sostanze che dalla ionizzazione per impatto elettronico abbiano generato lo ione in
questione: tale tecnica viene definita SIM, Selected Ion Monitoring. Di seguito vengono riportati alcuni
esempi di cromatogramma (SIM) e gli spettri di massa relativi alle sostanze stupefacenti ricercate: morfina
e cocaina.
SOSTANZE
TEMPI DI
RITENZIONE VALORI m/z
COCAINA 10,30 ~ 82 – 182 - 303 - 272
BENZOILECGONINA-TMS 10,80 ~ 82 – 240 – 361 – 346 - 361
MORFINA-TMS 12,70 ~ 429 – 414 – 401 - 324
NALORFINA-TMS 13,70 ~ 455 – 414 – 440 - 324
SKF 11,20 ~ 86 – 165 – 209 - 281
Cocaina: cromatogramma e spettro di massa
Morfina-TMS: cromatogramma e spettro di massa
Ricerca cocaina e morfina in matrici urinarie
L’urina è un’altra matrice biologica della quale mi sono occupata per analizzare le sostanze d’abuso.
I vantaggi che essa presenta sono i seguenti:
 prelievo non invasivo del campione;
 possibilità di campionare grandi volumi;
 possibilità di analizzare sia le sostanze che i loro metabolici dopo diversi giorni.
Tuttavia essa presenta degli svantaggi; le concentrazioni degli analiti in essa presenti variano infatti con:
 dose;
 via di somministrazione;
 tempo di latenza tra assunzione e analisi;
 stato fisiologico dell’individuo;
 relativamente facile l’eventuale aggiunta di sostanze adulteranti.
Per la ricerca della cocaina e degli oppiacei nelle matrici urinarie si segue la seguente metodica analitica.
Il processo di estrazione e purificazione del campione avviene per mezzo delle colonnine SPE ed è molto
simile a quello effettuato su matrici pilifere. In questo caso 5 ml di urina vengono addizionati di standard
interno e portati a pH tra 4 e 6 per aggiunta di 2 ml di tampone fosfato (pH=6).
Per solvatare la colonna vengono fatti passare 2 ml di MEOH, successivamente 2 ml di H20 e quindi 2 ml di
tampone fosfato 0,1 M (pH=6).
Nella fase successiva viene aggiunto il campione. Questo viene applicato alla colonna per gravità con un
flusso non superiore a 2 mL/min.
Si procede poi con il lavaggio della colonna mediante aggiunta di acqua deionizzata, acido cloridrico ed
infine metanolo. In questo caso il flusso non è determinante. Infine si lascia asciugare la colonna per 5
minuti sotto vuoto spinto.
Per l’eluizione dell’analita si fa passare e si raccoglie 2 ml di una miscela di diclorometano/alcol isopropilico
(8:2) con il 2% di ammoniaca. L’eluato portato completamente a secco viene ricostituito con 0,5 mL di
cloruro di metilene. Si procede quindi iniettando 1 µl in GC.
Test ELISA per la rilevazione di cocaina e morfina su matrici pilifere
I test ELISA consentono la rilevazione qualitativa e semi-quantitativa delle droghe e dei loro metaboliti.
Le analisi effettuate con i test ELISA sono estremamente flessibili ed hanno un’elevata sensibilità anche per
la rilevazione della più piccola quantità di droga.
Dopo la procedura di estrazione, a 100 µl di estratto si aggiungono 400 µl di BSA.
Si carica 10 µl della diluizione nei pozzetti. Si aggiunge 100 µl di enzima.
Si lascia incubare per un’ ora a temperatura ambiente e al buio.
Si procede poi con sei lavaggi utilizzando 350 µl di H20 distillata.
Si asciugano bene i pozzetti e si aggiungono 100 µl di TMB substrato.
Si lascia incubare al buio per trenta minuti a temperatura ambiente.
Si aggiunge la stop solution e si esegue la lettura allo spettrofotometro a 450 nm.
Risultati negativi si hanno quando l’assorbanza risulta superiore al cut-off di riferimento.
Risultati positivi si hanno quando l’assorbanza misurata è minore o uguale al cut-off di riferimento; questi
vengono confermati eseguendo l’analisi in gas-massa.
Conclusioni
Terminata l’analisi delle produzioni pilifere per la determinazione delle sostanze stupefacenti, il laboratorio
di Tossicologia Forense stila un referto nel quale vengono indicati, oltre ai dati relativi al soggetto
esaminato, anche la metodica analitica impiegata, le molecole ricercate, i risultati dell’analisi (positivo o
negativo), ed infine i valori di cut-off stabiliti. Il referto così compilato viene successivamente inviato alla
Commissione Medica Locale Patenti che ha richiesto l’analisi al laboratorio di Tossicologia Forense.

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Relazione Tirocinio

  • 1. Ricerca di sostanze stupefacenti in matrici pilifere e urinarie Introduzione Durante il periodo di tirocinio (27 Febbraio 2013 – 15 Aprile 2013) che ho svolto presso il laboratorio di Tossicologia Forense dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Macerata, mi sono occupata soprattutto della determinazione di alcune sostanze stupefacenti in matrici pilifere e urinarie. Questo tipo di analisi viene solitamente eseguita su richiesta delle Commissioni Mediche Locali Patenti delle province di Ancona e Ascoli Piceno. Tra gli altri accertamenti (ad esempio tests psicoattitudinali), le Commissioni Mediche delle province di Ancona e di Ascoli Piceno dispongono anche l’analisi del capello. Dal momento che consente un’indagine retrospettiva sull’uso di droghe, l’analisi di campioni di capelli fornisce alla Commissione Medica Patenti un’informazione utile con cui valutare se nel periodo di sospensione della patente di guida il conducente abbia ancora consumato sostanze stupefacenti. Avvalendosi del risultato ottenuto da questo esame insieme agli altri predisposti, la Commissione Medica esprime da ultimo un giudizio circa l’idoneità e la conformità alla guida. Meccanismi di accumulo delle sostanze nel capello Il meccanismo attraverso il quale le sostanze si accumulano nella matrice cheratinica è da lungo tempo oggetto di studio, ma attualmente non è ancora ben definito. Quello generalmente proposto presuppone che avvenga una diffusione passiva delle molecole direttamente dal sangue alle cellule in fase di formazione nel follicolo pilifero: a seguito della morte, le cellule, fondendosi a formare il fusto del pelo, intrappolano le sostanze eventualmente presenti, che restano inglobate senza subire ulteriori processi metabolici. Si ritiene invece che nella fase successiva di accrescimento del pelo incidano sull’accumulo le secrezioni sebacee e sudoripare. Un ultimo fattore di accumulo è rappresentato dalla deposizione (deposizione passiva) e dalla successiva penetrazione nella struttura pilifera della sostanza presente nell’ambiente sottoforma di fumo, polvere, aerosol ecc. Di recente è stato proposto che la melanina possa giocare un ruolo attivo in qualità di carrier nel provocare l’accumulo delle sostanze. Una tale considerazione scaturisce dal fatto che sono state evidenziate differenze di accumulo delle droghe tra capelli neri, castani e biondi: l’accumulo infatti sembra che avvenga in misura notevolmente maggiore nei capelli che possiedono una pigmentazione più scura. Con la crescita del capello la sostanza in origine inglobata nella parte prossimale vicino al bulbo si sposta alla velocità con cui il capello cresce (approssimativamente 1,3 cm al mese): ne consegue che per capelli lunghi, potendo rinvenire la presenza della sostanza anche nella porzione distale del capello, è possibile definire un comportamento di uso anche a notevole distanza cronologica rispetto all’assunzione. Una volta accumulatasi nel capello, la sostanza permane stabile indefinitamente, tanto che la sua presenza può essere rinvenuta anche a distanza di anni. E’ stato anche dimostrato attraverso numerosi studi che l’analita che si accumula nei capelli in quantità maggiori è la sostanza come tale, ossia la molecola parente (ad esempio la cocaina), e non il suo principale metabolita (nel caso della cocaina la benzoilecgonina), diversamente da quanto accade nei fluidi biologici. Infine si ritiene che l’accumulo di droghe basiche sarebbe facilitato rispetto a quello di farmaci a comportamento acido: ciò può essere spiegato ipotizzando che avvenga un meccanismo di scambio ionico, il quale favorirebbe le molecole neutre o leggermente basiche rispetto a quelle acide.
  • 2. Finalità dell’analisi dei capelli L’analisi dei capelli fornisce un’indagine retrospettiva sull’uso, anche saltuario, di sostanze d’abuso. Essa permette anche di stimare con buona approssimazione il periodo dell’uso, considerando da un lato che le sostanze si depositano e non diffondono lungo il capello in crescita, e dall’altro che il capello si allunga di media 1,3 cm al mese: ne consegue che è possibile ottenere informazioni cronologiche sull’uso di droga e/o definire l’evoluzione nel tempo del consumo analizzando porzioni seriate di capelli. Dal momento che la loro analisi permette di valutare un uso pregresso nel tempo di farmaci, i capelli attualmente vengono ampiamente adoperati nel campo delle analisi tossicologiche, per risolvere problematiche attinenti alla sicurezza stradale o alla sicurezza in ambito lavorativo, per verificare l’uso cronico di sostanze stupefacenti, per valutare l’adesione ad un contratto terapeutico. Punti di forza dell’analisi 1. La finestra temporale di rilevabilità dall’ultima assunzione del farmaco è ampia, permettendo così di evidenziare un numero di casi positivi maggiore rispetto a quello riscontrabile nei campioni di urine. Nel caso delle urine infatti, per rinvenire il farmaco, occorre prelevare il campione prima che avvenga la sua completa eliminazione, ossia entro pochi giorni dall’ultima assunzione del farmaco stesso, valutabili sulla base della sua farmacocinetica. 2. Il prelievo non è invasivo. 3. Il prelievo dei capelli può essere ripetuto senza che varino significativamente le concentrazioni delle sostanze presenti, raccogliendo un nuovo identico campione. 4. Il prelievo non pone i problemi tipici della raccolta controllata (rilevanti invece per l’analisi delle urine). 5. I capelli possono essere conservati per lungo tempo senza dover ricorrere a particolari accorgimenti, dato che non sono soggetti a deterioramento. 6. L’analisi dei capelli permette di identificare falsi-negativi ottenuti da altre analisi (ad esempio derivanti dalla diluizione operata sulle urine) perché difficilmente la concentrazione del farmaco nei capelli può essere alterata. Sostanze stupefacenti ricercate Premessa L’uso di diversi tipi di droghe d’abuso può essere rivelato dall’analisi dei capelli; tra queste l’eroina, la cocaina, le amfetamine, la marijuana o l’hashish, la nicotina, le benzodiazepine, i barbiturici ecc.. Tuttavia le Commissioni Mediche Locali Patenti più frequentemente richiedono che venga accertata nella matrice in questione la presenza della cocaina, degli oppiacei e del Δ9 tetraidrocannabinolo. Nello specifico in questo lavoro mi occuperò di descrivere le analisi effettuate per verificare la presenza di cocaina e oppiacei su matrici pilifere e urinarie. Per droga o sostanza stupefacente si intende una sostanza psicoattiva che provoca un effetto sul sistema nervoso centrale e autonomo e altera l’equilibrio psicofisico dell’organismo. L’uso compulsivo di droga è causa di dipendenza fisica, o di dipendenza psichica o di entrambe, a seconda della classe a cui la sostanza appartiene.
  • 3. Cocaina La cocaina, l’alcaloide attivo estratto dalle foglie della pianta Erithroxilon Coca, è una sostanza definita “psicoanalettica”, poiché possiede un effetto stimolante del sistema nervoso. L’assunzione della cocaina è caratterizzata da un profonda dipendenza psichica. Il suo principale metabolita è la benzoilecgonina (BE) e i metaboliti minoritari sono l’ecgonina metil estere (EME) e l’ecgonina. La benzoilecognina è un metabolita inattivo, si ritrova nelle urine umane e costituisce il 32-49% del metabolismo della cocaina. La conversione di cocaina a norcocaina, attraverso la metilazione dell’azoto della cocaina, costituisce solo una piccola frazione del metabolismo (2.6% -6.2%). Oppiacei Per oppio si intende “il lattice disseccato ottenuto per incisione delle capsule ancora verdi del Papaverum Sonniferum L.”. Esso è costituito da una miscela complessa contenente zuccheri, proteine, lipidi, acqua ed alcaloidi (10-20% del peso totale) che vengono distinti in fenantrenici, quelli dotati di attività stupefacente, ed isochinolonici. Il più abbondante alcaloide a nucleo fenantrenico estratto dall’oppio è la morfina; seguono, in ordine decrescente di concentrazione, la narcotina, la codeina e la tebaina. L’eroina, o diacetilmorfina, è un prodotto semisintetico ottenuto attraverso un’energica reazione di acetilazione della morfina. Il metadone, invece, usato nei trattamenti di disassuefazione degli stati di dipendenza da oppiacei, è una sostanza ottenuta completamente per sintesi in laboratorio. Fasi dell’analisi chimico tossicologica L’analisi tossicologica delle produzioni pilifere prevede quattro fasi principali: 1. taglio e la raccolta del campione biologico; 2. decontaminazione; 3. separazione dell’analita ed eventualmente dei suoi metaboliti dalla matrice cheratinica, 4. identificazione attraverso la gascromatografia di massa. I campioni piliferi, provenienti dai diversi laboratori competenti, arrivano in laboratorio accompagnati da un’ opportuna scheda in cui sono inseriti i dati anagrafici del soggetto richiedente e le tipologie di analisi da effettuare su di esso. Il campione pilifero viene quindi registrato con un codice numerico e tagliato con forbici adatte in segmenti di lunghezza il più possibile ridotta. Un’aliquota del campione viene posta in una provetta conica di plastica (il quantitativo minimo richiesto per l’esecuzione dell’analisi si aggira intorno ai 50 mg). Taglio del campione di capelli
  • 4. Per la ricerca della cocaina e degli oppiacei nelle produzioni pilifere si segue la seguente metodica analitica. Poiché la cocaina e gli oppiacei risultano instabili a pH fortemente alcalini, piuttosto che un’idrolisi basica del campione si esegue un’idrolisi acida blanda, aggiungendo ad esso 2 ml di acido cloridrico (HCl) 0,1M all’1% ed incubando la soluzione in stufa per almeno 18 ore alla temperatura di 45°C: in questo mezzo estraente risultano sufficientemente stabili la cocaina, la benzoilecgonina e la morfina. Oltre all’acido si addizionano alla soluzione 100 μl di nalorfina (da una soluzione di 10 ng di nalorfina/μl di metanolo) o 100 μl di proadifen (SKF) (da una soluzione di 10 ng di proadifen/μl di metanolo): essi rappresentano gli standard interni rispettivamente della morfina e della cocaina. Una volta raffreddatasi dopo il periodo d’incubazione, alla soluzione vengono addizionati 2 ml di tampone fosfato 0,1M a pH 6 e all’incirca 100 μl di soda 2M all’8% fino a raggiungere un pH compreso tra 6 e 7; si controlla quindi il pH immergendo nella soluzione la cartina al tornasole, ed eventualmente lo si aggiusta attraverso piccole aggiunte di acido o di base. A questo punto la soluzione viene centrifugata per alcuni minuti e lasciata nuovamente raffreddare. Nel frattempo, si posiziona sull’estrattore da vuoto (vacuum manifold) una colonnina SPE (solid phase extraction) per ciascun campione che deve essere esaminato. Le colonnine SPE vengono utilizzate per estrarre le sostanze da identificare e, di conseguenza, per purificare il campione, riducendo la concentrazione dei composti interferenti e concentrando nel contempo gli analiti di interesse: perché questo processo avvenga, è necessario che i gruppi funzionali della fase assorbente di cui le colonnine sono costituite presentino affinità dal punto di vista chimico-fisico con le sostanze che devono essere identificate. Facendo una scelta accurata della fase assorbente in rapporto al materiale da separare, è possibile quindi ottenere estrazioni molto selettive, con elevati recuperi di molecole altamente purificate: infatti, interagendo tramite legami più o meno forti con la fase stazionaria, gli analiti d’interesse vengono trattenuti, mentre gli interferenti vengono lasciati passare. Il processo di estrazione e purificazione del campione per mezzo delle colonnine SPE consta di cinque fasi fondamentali: 1. il condizionamento della colonnina; 2. l’aggiunta del campione; 3. il lavaggio della colonnina; Colonnine SPE
  • 5. 4. la disidratazione della colonnina; 5. l’eluizione dei composti trattenuti dalla fase assorbente. Il condizionamento consiste nel far passare attraverso la fase assorbente 2 ml di metanolo: l’obiettivo è quello di attivare i gruppi funzionali di legame distendendoli dalla fase solida ed esponendoli così al successivo flusso del campione. La solvatazione della colonnina perciò fa sì che i gruppi funzionali reagiscano in maniera costante con le molecole ad essi affini. Un’ulteriore funzione del condizionamento è quella di rimuovere eventuali polveri ed impurità derivanti dall’abrasione della silice, avvenuta nel corso del processo di produzione o durante il trasporto della colonnina. Di seguito al metanolo, si aggiungono 2 ml di tampone fosfato 0,1M a pH 6 in modo da rimuovere l’eccesso del solvente usato per il condizionamento. Per l’importanza che riveste la fase di condizionamento è bene che il flusso del metanolo e del tampone fosfato non superi i 3 ml/min; inoltre, in questa prima fase così come in quelle dell’aggiunta del campione e del lavaggio, è necessario prestare attenzione affinché le colonnine non vadano mai a secco. Nell’aggiungere il campione è indispensabile assicurarsi che il suo flusso attraverso la colonnina non sia eccessivamente elevato (1-2 ml/min), in modo tale da garantire tutto il tempo necessario affinché si instaurino legami tra la silice attivata e le molecole da identificare. Il lavaggio della colonnina si attua lasciando scorrere attraverso la fase stazionaria in sequenza 2 ml di acqua distillata, 3 ml di acido cloridrico 0,1M all’1% e 5 ml di metanolo: lo scopo è quello di ripulire la colonnina dalle sostanze interferenti polari, acide e leggermente apolari, che si legano ad essa debolmente o che non interagiscono affatto. La disidratazione delle colonnine si ottiene facendo il vuoto per 5 minuti all’interno del vacuum manifold sul quale sono inserite: si rende necessario infatti rimuovere i residui dei solventi precedentemente utilizzati, con i quali la soluzione di eluizione risulta immiscibile. Il processo dell’eluizione degli analiti prevede che venga fatta scorrere attraverso la colonnina una soluzione apolare, avente un’affinità per le molecole da identificare superiore a quella esistente tra le molecole stesse e i gruppi funzionali della colonnina con cui interagiscono. L’eluente è una soluzione costituita da diclorometano/alcol isopropilico (8:2) con il 2% di ammoniaca. L’alcalinizzazione con ammoniaca (pH > pKa delle molecole) rende neutre le molecole di cocaina e morfina. L’eluato viene quindi raccolto in vials e lasciato evaporare fino a secchezza. Colonnine SPE durante l’eluizione
  • 6. Sia gli estratti di cocaina e morfina che quelli del Δ9 tetraidrocannabinolo, cannabinolo e cannabidiolo vengono analizzati per mezzo della gascromatografia di massa (GC/MS). Nel caso in cui l’estratto sia cocaina e morfina, viene ricostituito con 50 μl di un derivatizzante, l’N-metil-N-(trimetilsilil)acetamide (MSTFA) e scaldato in stufa a 75°C per 20 minuti, curando che la vial sia chiusa ermeticamente; 1 μl di questa soluzione vengono poi iniettati in colonna. La derivatizzazione consiste nella conversione delle sostanze presenti nel campione a molecole meno polari e più volatili, in grado di affrontare la separazione gascromatografica. Nel caso in questione, le molecole che vengono convertite in trimetilsililderivati sono la benzoilecgonina (un gruppo trimetilsilil si lega all’ossidrile acido), la morfina (due gruppi trimetilsilil si legano agli ossidrili in posizione 3 e 6) e la nalorfina (due gruppi trimetilsilil si legano ciascuno ad un ossidrile); la cocaina e l’SKF, invece, non subiscono il processo di derivatizzazione. Il sistema utilizzato é costituito da un “TraceGC ultra” associato al rivelatore di massa “Polaris Q”. La colonna capillare impiegata è una “Rtx-5MS”, presentante una lunghezza pari a 30 m ed un diametro interno di 0,25 mm. L’iniettore è utilizzato nella modalità splitless (50 sec) e la sua temperatura è pari a 250°C. Lo spettrometro di massa lavora in full scan ed il range di masse da esso esaminato va da 70 a 500. Il limite di sensibilità dello strumento è di 0,1 ng/mg. La concentrazione di cut-off utilizzata per l’analisi quantitativa in GC/MS è di 0,5 ng/mg per tutte le sostanze. Il cut-off, espresso in nanogrammi di droga per milligrammo di capelli, è un valore prestabilito, al di sotto del quale il risultato dell’analisi deve essere considerato negativo. L’analisi in GC/MS fornisce oltre allo spettro di massa, anche un gascromatogramma che rappresenta l’andamento della corrente ionica totale. Nella tabella qui di seguito, si riportano i tempi di ritenzione ed i valori del rapporto massa/carica più importanti, relativi a ciascuna sostanza esaminata e ai due standard interni addizionati. Gascromatografo di massa
  • 7. Sono evidenziati con il colore blu i valori corrispondenti ai picchi base; sono invece colorati in viola i valori corrispondenti ai picchi molecolari; infine i valori in verde stanno ad indicare che il picco base coincide con il picco molecolare. Tutti i dati inseriti in tabella sono stati estrapolati dai cromatogrammi e dagli spettri di massa ottenuti dall’analisi di alcuni campioni piliferi risultati positivi alle sostanze stupefacenti ricercate. Conoscendo i tempi di ritenzione e i valori m/z caratterizzanti ciascuna sostanza stupefacente, è immediato determinare la positività o la negatività del campione analizzato alle molecole ricercate. Infatti, il programma “Xcalibur”, ossia il software associato al gascromatografo di massa, oltre a permettere di settare i parametri relativi al funzionamento del gascromatografo (per esempio le temperature dell’iniettore e della camera termostatica) e dello spettrometro di massa, consente anche, una volta terminata la corsa cromatografica, di focalizzare l’attenzione su un particolare ione, avente un valore di massa/carica definito. In questo modo vengono evidenziati soltanto quei picchi cromatografici corrispondenti alle sostanze che dalla ionizzazione per impatto elettronico abbiano generato lo ione in questione: tale tecnica viene definita SIM, Selected Ion Monitoring. Di seguito vengono riportati alcuni esempi di cromatogramma (SIM) e gli spettri di massa relativi alle sostanze stupefacenti ricercate: morfina e cocaina. SOSTANZE TEMPI DI RITENZIONE VALORI m/z COCAINA 10,30 ~ 82 – 182 - 303 - 272 BENZOILECGONINA-TMS 10,80 ~ 82 – 240 – 361 – 346 - 361 MORFINA-TMS 12,70 ~ 429 – 414 – 401 - 324 NALORFINA-TMS 13,70 ~ 455 – 414 – 440 - 324 SKF 11,20 ~ 86 – 165 – 209 - 281
  • 8. Cocaina: cromatogramma e spettro di massa
  • 9. Morfina-TMS: cromatogramma e spettro di massa
  • 10. Ricerca cocaina e morfina in matrici urinarie L’urina è un’altra matrice biologica della quale mi sono occupata per analizzare le sostanze d’abuso. I vantaggi che essa presenta sono i seguenti:  prelievo non invasivo del campione;  possibilità di campionare grandi volumi;  possibilità di analizzare sia le sostanze che i loro metabolici dopo diversi giorni. Tuttavia essa presenta degli svantaggi; le concentrazioni degli analiti in essa presenti variano infatti con:  dose;  via di somministrazione;  tempo di latenza tra assunzione e analisi;  stato fisiologico dell’individuo;  relativamente facile l’eventuale aggiunta di sostanze adulteranti. Per la ricerca della cocaina e degli oppiacei nelle matrici urinarie si segue la seguente metodica analitica. Il processo di estrazione e purificazione del campione avviene per mezzo delle colonnine SPE ed è molto simile a quello effettuato su matrici pilifere. In questo caso 5 ml di urina vengono addizionati di standard interno e portati a pH tra 4 e 6 per aggiunta di 2 ml di tampone fosfato (pH=6). Per solvatare la colonna vengono fatti passare 2 ml di MEOH, successivamente 2 ml di H20 e quindi 2 ml di tampone fosfato 0,1 M (pH=6). Nella fase successiva viene aggiunto il campione. Questo viene applicato alla colonna per gravità con un flusso non superiore a 2 mL/min. Si procede poi con il lavaggio della colonna mediante aggiunta di acqua deionizzata, acido cloridrico ed infine metanolo. In questo caso il flusso non è determinante. Infine si lascia asciugare la colonna per 5 minuti sotto vuoto spinto. Per l’eluizione dell’analita si fa passare e si raccoglie 2 ml di una miscela di diclorometano/alcol isopropilico (8:2) con il 2% di ammoniaca. L’eluato portato completamente a secco viene ricostituito con 0,5 mL di cloruro di metilene. Si procede quindi iniettando 1 µl in GC.
  • 11. Test ELISA per la rilevazione di cocaina e morfina su matrici pilifere I test ELISA consentono la rilevazione qualitativa e semi-quantitativa delle droghe e dei loro metaboliti. Le analisi effettuate con i test ELISA sono estremamente flessibili ed hanno un’elevata sensibilità anche per la rilevazione della più piccola quantità di droga. Dopo la procedura di estrazione, a 100 µl di estratto si aggiungono 400 µl di BSA. Si carica 10 µl della diluizione nei pozzetti. Si aggiunge 100 µl di enzima. Si lascia incubare per un’ ora a temperatura ambiente e al buio. Si procede poi con sei lavaggi utilizzando 350 µl di H20 distillata. Si asciugano bene i pozzetti e si aggiungono 100 µl di TMB substrato. Si lascia incubare al buio per trenta minuti a temperatura ambiente. Si aggiunge la stop solution e si esegue la lettura allo spettrofotometro a 450 nm. Risultati negativi si hanno quando l’assorbanza risulta superiore al cut-off di riferimento. Risultati positivi si hanno quando l’assorbanza misurata è minore o uguale al cut-off di riferimento; questi vengono confermati eseguendo l’analisi in gas-massa. Conclusioni Terminata l’analisi delle produzioni pilifere per la determinazione delle sostanze stupefacenti, il laboratorio di Tossicologia Forense stila un referto nel quale vengono indicati, oltre ai dati relativi al soggetto esaminato, anche la metodica analitica impiegata, le molecole ricercate, i risultati dell’analisi (positivo o negativo), ed infine i valori di cut-off stabiliti. Il referto così compilato viene successivamente inviato alla Commissione Medica Locale Patenti che ha richiesto l’analisi al laboratorio di Tossicologia Forense.