Che cosa hanno in comune la cara vecchia lavatrice e l’intelligenza artificiale?
Dal bit al simulacro
1. DAL BIT
AL SIMULACRO
Il videogioco, preso nella sua
accezione “allargata”, rappresenta
l’aspetto ludico di quella forma di
comunicazione che si basa sullo
scambio di informazioni tramite bit
piuttosto che atomi.
2. BIT E INTERATTIVITÀ
Interattività:
“Il bit è il DNA pluridirezionalità nello
dell’informazione”. scorrimento delle
N. Negroponte informazioni;
Digitalizzazione: ruolo attivo dell’utente
trasformare un nella selezione;
segnale composto ritmo della
di atomi in una comunicazione
stringa di 1 e 0. (2”: tempo reale).
Possibilità di “Imitazione dell’interazione da parte
manipolare di un sistema meccanico o elettronico
che contempli come suo principale
illimitatamente i bit. o collaterale anche la funzione di
comunicazione fra un utente o fra
più utenti” G. Bettetini
3. INTERFACCIA
DI DIALOGO
A differenza della comunicazione dei media tradizionali,
l’interazione con i media digitali è caratterizzata dalla presenza di
un ambito spazio-temporale in cui i soggetti devono poter
entrare in contatto fra di loro.
Ogni soggetto deve essere in grado di influire sullo sviluppo
successivo dell’interazione determinandolo con le proprie azioni
(che costituiscono la premessa per le azioni degli altri).
L’interfaccia di dialogo è ciò che permette di interagire
correttamente con questo ambito spazio-temporale. Un corpo
simulacrale si materializza sotto forma di icona visibile sullo
schermo (come semplice cursore, ma anche come personaggio
poligonale) e diventa protesi dell’utente per la comunicazione con
la macchina e, da questa, con altri utenti.
Tale istanza funge anche da demiurgo, mediatore
tra il mondo delle idee (del game designer) e la
pratica ludica attualizzata dal giocatore.
4. IL COMPUTER
COME AMBIENTE
È necessario trasformare il concetto di computer da
sistema dedicato al trattamento delle informazioni a
strumento di comunicazione - un “meta-medium”
(Colombo, 1993), per la sua capacità di contaminare gli
altri strumenti tecnologici.
Questo manifestarsi in maniera privilegiata in ogni
tecnologia, spesso cessando di esistere come oggetto
proprio, trova definizione nel concetto di “meta-ambiente”.
L’utente assume una posizione centrale:
la progettazione di un sistema informatico
è orientata a soddisfare le esigenze e a
venire incontro alle competenze
dell’individuo.
L’obiettivo finale è il raggiungimento di
una trasparenza del sistema rispetto alle
azioni dell’utente, trasformando
l’interfaccia software in ambiente in cui
interagire.
5. INTERFACCIA
GRAFICA [1]
“A display connected to a digital computer gives us a chance to gain
familiarty with concepts not realizable in the physical world. It is a looking
glass into a mathematical wonderland.”
Ivan Sutherland
Sketchpad (1963) permette di creare
e manipolare immagini geometriche su
schermo tramite una penna ottica.
The Sword of Damocles è concepito
come il display definitivo - casco con
due minischermi e sensore di
movimento: a seconda della rotazione
della testa, gli oggetti vengono
rappresentati dall’apposita
angolazione.
Ciberspazio (W. Gibson – Neuromante, 1984)
dal greco “kyber-” da cui cibernetica, la scienza dei meccanismi di controllo e di comunicazione.
6. INTERFACCIA
GRAFICA [2]
L'interfaccia grafica (graphical user interface abbreviato GUI) è
un paradigma di sviluppo che consente all'utente di interagire col
computer manipolando direttamente degli oggetti grafici, chiamati
widget (una finestra di dialogo, un’icona, un box di testo)
svincolandolo così dall'obbligo di imparare i comandi da impartire
con la tastiera.
Nei sistemi operativi moderni è concepita come la
metafora di un piano di lavoro rappresentato dallo
schermo (detto scrivania o desktop), con le icone a
rappresentare i file e le finestre a rappresentare le
applicazioni. Tale ambiente di lavoro, in cui si opera
attraverso il puntatore comandato con il mouse, è
stato concettualizzato nei laboratori Xerox e
implementato per la prima volta nel 1981 nello
Xerox Star poi fu ripreso da Apple, prima con il
poco fortunato Apple Lisa, poi con il rivoluzionario
Macintosh (1984). La prima versione a colori della
GUI venne introdotta da Commodore con il suo
Amiga nel 1985.
7. ANALISI E SINTESI
Il passaggio da un oggetto alla sua rappresentazione avviene in
due momenti distinti:
L’analisi consente la scomposizione degli oggetti in modelli numerici.
Implicita in questo processo c'è la possibilità di prescindere dagli
oggetti concreti e di creare dal nulla degli schemi con cui sintetizzare
l’immagine, cioè visualizzarla sullo schermo.
L’immagine di sintesi che compare sul monitor rappresenta solo uno
degli aspetti possibili di un oggetto, la cui completezza risiede
interamente nella memoria del computer.
I processi di analisi e di sintesi
allontanano i segni dai loro
referenti originali e, soprattutto,
offrono la possibilità di processare
anche oggetti fittizi. Possiamo
considerare autoreferenziali le
immagini così prodotte: non
rimandano a qualcosa di esterno e
concreto, rinviano piuttosto al
modello che le ha generate.
8. SIMULARE LO SPAZIO
Per rendere interessante la fruizione con le immagini prodotte è necessario
creare un rapporto di continuità fra lo spazio fisico reale, nel quale si trova
l’utente, e quello generato dal computer, impedendo di fatto una distinzione
netta fra “dentro” e “fuori” rispetto all’immagine. Questa esigenza chiama in
causa la nozione di inclusione.
L’idea di includere lo spettatore nella rappresentazione,
inducendolo quindi a provare un’esperienza capace di
trascendere il mondo reale, è una prerogativa di tutte le
manifestazioni artistiche fin dagli albori dell’umanità,
sollecitate in questo dai limiti della tecnologia nel
rappresentare la natura nella sua complessità.
Possiamo definire “simulazione” qualsiasi produzione
di questo tipo. Il termine “simulazione” mette in
evidenza una duplice natura: da un lato significa
“riprodurre direttamente” e “imitare”, dall’altro può
essere inteso anche come “ingannare” e “illudere”. È
proprio sull’unione di queste due accezioni che la
produzione artistica ha costantemente fatto leva per
Francesco Borromini ricostruire spazi inesistenti e alternativi che potessero
Palazzo Spada (Roma)
risultare credibili (trompe-l’oeil pittorici e architettonici).
9. IL SIMULACRO
Ha la stessa etimologia di “simulazione” e significa “stare al
posto di qualcosa”: è il rappresentante del giocatore all'interno
di un determinato universo interattivo digitale, ovvero la sua
interfaccia di dialogo.
ASSENTE INDIVIDUALE MOLTEPLICE SUPERINDIVIDUALE
Simulacro non Il simulacro è un Ci sono più Il simulacro è unico ma
presente o individuo (non simulacri. la simulazione riguarda
identificato con il necessariamente il funzionamento delle
giocatore stesso. umano). sue parti.
10. IDENTITÀ IN GIOCO [1]
Il videogioco spinge alla riflessione sull’identità
virtuale reale nel momento in cui una persona reale si cala nei
panni di una creatura virtuale. Si possono definire
tre tipi di indentità:
identità virtuale: come personaggio virtuale
all’interno di un mondo virtuale
identità reale: come essere umano che gioca
con un videogame
identità proiettata: come proiezione dei propri
valori e desideri all’interno del personaggio
proiettata virtuale. L’accento è posto sull’interazione tra la
persona reale e il personaggio virtuale.
Per capire la differenza basta considerare i fallimenti all’interno del gioco:
Perdere la partita perché in quel momento il personaggio virtuale non ha ottenuto l’abilità
per superare un determinato ostacolo.
Perdere la partita perché l’utente non è in grado di usare in maniera efficace il sistema di
controllo previsto dal gioco.
Perdere la partita perché, come utenti, facciamo compiere al nostro personaggio virtuale
un’azione che non vorremmo compisse perché non incarna i valori che attribuiamo al
personaggio.
11. IDENTITÀ IN GIOCO [2]
Questo tipo di identità supera quella dei romanzi e dei
film perché è allo stesso tempo attiva (nel senso che il
giocatore sceglie quali azioni compiere) e riflessiva
(nel momento in cui il giocatore decide come far agire
il personaggio virtuale, questo si sviluppa in modo da
definire i futuri parametri d’azione del giocatore, quello
che potrà o non potrà fare).
Nel momento in cui si inizia a giocare o se ne
apprendono i rudimenti, ci si ritrova già ad avere a che
fare con un linguaggio che fonde la propria identità
reale con quella virtuale (come ad esempio un
personaggio che, pur rivolgendosi al nostro
personaggio virtuale, ci invita a compiere una
determinata azione nel gioco “premendo il tasto A”).
12. LO SCHERMO
Guardando il monitor, l’utente ha l’illusione di trovarsi
presente in un mondo virtuale. Se la tecnologia digitale è
presente solo da qualche decennio, lo schermo invece
viene usato da secoli per rappresentare informazioni di
carattere visivo (dalla pittura del Rinascimento al cinema
del XX secolo).
Buona parte della cultura visiva è caratterizzata
dall’esistenza di un altro spazio, racchiuso da una cornice
e situato all’interno del nostro ambiente reale. Questa
cornice, che separa spazi coesistenti ma completamente
differenti l’uno dall’altro, è lo schermo. Esiste nel nostro
spazio fisico ma agisce su quello virtuale e questa sua
funzione è rimasta costante, dal dipinto al display.
Persino le proporzioni tra la base e l’altezza dell’area
definita dallo schermo sono rimaste inalterate nei secoli -
ancora oggi si parla di formati a paesaggio e a ritratto per
differenziare i pannelli dallo sviluppo orizzontale da quelli
estesi in verticale.
13. SCHERMO STATICO
“Schermo” deriva dal francese "escren/escran" inteso come "riparo dal calore" (all'inizio del
XIV secolo), oppure dal tedesco "skirm/skerm", con il significato di "protezione"; a questo
proposito sarebbe affascinante riuscire a comprendere la relazione del termine "schermo"
con quello di tavola di legno, il supporto più impiegato per la realizzazione di pittura
"mobile", in voga almeno fino al XV secolo, quando la tela prese poi il sopravvento.
Il termine "tavola", per esempio, viene
usato ancora oggi per descrivere la
pagina inchiostrata di un fumetto e il
fumetto più antico (ovvero l'integrazione
di immagini e scritte) viene riconosciuto
nell'Annunciazione di Simone Martini
(1333).
In origine lo schermo poteva contenere
solo immagini statiche. Il culmine
evolutivo dello schermo statico è
arrivato con la fotografia, che ha
consentito di riproporre all’interno della
cornice l’esatta riproduzione della realtà,
fermata in un attimo preciso del tempo.
14. SCHERMO DINAMICO
Il passaggio dallo schermo statico allo schermo dinamico avviene
il 22 marzo del 1885, giorno della prima proiezione dei fratelli
Lumiére. Con la nascita del cinema, lo schermo inizia a riprodurre
immagini che cambiano con il passare del tempo.
I limiti dello schermo dinamico stanno nella sua impossibilità di
mostrarci gli eventi contemporanei: parla sempre e solo al passato.
15. LO SCHERMO
IN TEMPO REALE
Lo schermo in tempo reale non riguardare la
storia dell'arte, ma i sistemi di sorveglianza, il
cui balzo maggiore è avvenuto con
l'introduzione della tecnologia radar. La novità
portata da questa tipologia di schermo è data
dal fatto che le immagini possono mutare in
tempo reale, riflettendo i cambiamenti del
referente (solitamente un oggetto nello Sir Alexander Watson-Watt, inventore
del radar, 1935
spazio).
Dallo schermo circolare del radar al monitor
del computer il salto è stato breve. Il processo
è stato svolto prevalentemente nei laboratori
militari degli Stati Uniti, impegnati nel cercare
dispositivi che potessero verificare in tempo
reale la possibilità di un attacco nucleare da
parte dell’Unione Sovietica.
16. LA PROSPETTIVA
Se lo schermo, come cornice,
definisce i limiti dell'ambiente
virtuale all'interno del mondo
reale, il modo che le immagini
hanno per raccontare una
storia è quello di ricorrere ad
un punto di vista o ad una
determinata prospettiva.
Ogni forma di narrazione
contiene una prospettiva
Non esiste una narrazione
oggettiva, perché, non
condividendo tutti lo stesso
tipo di conoscenze, questa è
comunque soggetta a
differenti opinioni (la stessa
“Storia” è scritta dai vincitori) e
quindi trasmessa seguendo
una particolare prospettiva.
17. PROSPETTIVA
E PERCEZIONE
Nel contesto della percezione visiva, la prospettiva è il modo
in cui gli oggetti appaiono all’occhio umano basandosi sui loro
attributi spaziali, sulle dimensioni e sulla posizione dell’occhio
relativamente agli oggetti osservati.
18. PUNTO DI FUGA
Il concetto di prospettiva nasce
in pittura con la scoperta del
“punto di fuga”, il punto in cui
linee parallele sembrano
convergere. Il punto di fuga
indica la nostra posizione e,
soprattutto il punto in cui la
nostra “prospettiva” ha termine.
Possiamo fare riferimento a 2
tipi di prospettiva:
Spaziale (visiva): ha a che
fare con la nostra percezione
visiva
Emotiva (o cognitiva):
riguarda la nostra posizione
spazio/temporale
La prospettiva spaziale
influenza quella emotiva
19. PERCEZIONE EMOTIVA
Il primo artista a rendersi
conto dell’importanza della
prospettiva, non solo come
percezione visiva ma anche
emotiva fu Giotto (XIII sec).
Gli affreschi nella navata
della basilica superiore di
San Francesco ad Assisi
sono stati realizzati
pensando alla posizione
dello spettatore: a circa 2m
di distanza, le geometrie
dell’affresco si allineano con
quelle architettoniche, come
se Giotto volesse guidare il
visitatore.
20. PROSPETTIVA
CENTRALE
La prospettiva venne
codificata dalle leggi
matematiche dedotte da
Filippo Brunelleschi sulle
teorie di Leon Battista Alberti.
L’incontro tra queste due
grandi menti del
Rinascimento alla corte di
Papa Niccolò V permise di
formulare una teoria definitiva
della prospettiva in visione
frontale (detta anche
"centrale").
Da quel momento, la raffigurazione pittorica progredì nella rincorsa al realismo
visivo fino a quando la fotografia (nata dall’evoluzione della “camera oscura”,
uno degli strumenti più usati nella rappresentazione prospettica) non rese la
gara inutile.
21. OLTRE LA
PROSPETTIVA
Non esiste un solo tipo di prospettiva e non si può
nemmeno affermare che solo una sia quella giusta:
La “prospettiva inversa” paleocristiana ha
origine dal consapevole capovolgimento
della convergenza delle linee al medesimo
punto di fuga all'orizzonte - un espediente
applicato nelle immagini sacre per eludere
ogni apparenza di riproduzione della realtà
e diminuire la valenza dello spettatore. Una
"prospettiva" non calcolata in relazione
all’uomo ma a Dio.
Le avanguardie pittoriche dalla seconda
metà dell’ottocento in poi, hanno cercato di
superare la macchina oltrepassandone i limiti
fisici. Basti pensare alla corrente cubista, che
reintegra la terza dimensione ma tende a
riportarla sul piano eliminando ogni intento di
rappresentazione ottica.
22. SPAZIO CONTESO
L’ambiente di gioco rappresenta una funzione di relazione tra gli
oggetti che compongono l’immagine di sintesi: un mezzo per
consentire il passaggio del tempo mentre un oggetto attraversa
lo schermo, così da evitare che tutto accada simultaneamente
(Poole, 2000).
L’ambiente all’interno del
videogioco è uno spazio
conteso, che il simulacro
dell’utente deve
conquistare, sia da un
punto di vista cognitivo
che operativo, tramite un
approccio di tipo
“trial&error”.
23. COSMOLOGIA
VIDEOLUDICA
DIMENSIONI
2D, 3D e dimensioni parallele
PROPORZIONI
Ampiezza dello spazio fisico
rappresentato e dimensione
relativa degli oggetti presenti
CONFINI
Limiti dell’area di gioco
24. DUE DIMENSIONI (un asse)
Lo schermo è il confine
ORIENTAMENTO ORIENTAMENTO
ORIZZONTALE VERTICALE
Space Invaders
Inquadratura frontale.
Pong
Inquadratura dall’alto.
25. DUE DIMENSIONI (due assi)
Lo schermo è il confine
UNIVERSO UNIVERSO UNIVERSO
PLANISFERICO NON EUCLIDEO GRAVITAZIONALE
Donkey Kong
Pac-Man
Asteroids
Campo di scorrimento
continuo: uscendo da
un punto dello Inquadratura dall’alto Inquadratura frontale
schermo si rientra Protagonista “laterale” Sviluppo verticale
dalla parte opposta. Nemici “frontali”. Vige la forza di gravità.
26. DUE DIMENSIONI (scrolling)
Spazio continuo lungo un asse
UNIVERSO ORIENTAMENTO ORIENTAMENTO
CILINDRICO VERTICALE ORIZZONTALE
Xevious
Defender
Super Mario Bros
Scorre come avvolto su
un cilindro (la partenza Due piani distinti: Sviluppo verticale delle
coincide con l’arrivo). aria e terra. piattaforme.
27. DUE DIMENSIONI (profondità)
Simulare la terza dimensione
PROSPETTIVA
PUNTO DI FUGA PARALLASSE
ISOMETRICA
Out Run Beyond the
Nite Drive Forbidden Forest
Successione di Zaxxon Più piani sovrapposti
quadri sovrapposti
che mano a mano
che si muovono a
si ingrandiscono. Spazio “denso”. velocità differenti.
28. DA DUE A TRE
DIMENSIONI
DUE DIMENSIONI TRE DIMENSIONI TRE DIMENSIONI
E MEZZA PIATTE BIDIMENSIONALI
The Secret of
Monkey Island Wolfenstein 3D Silent Hill 2
Simulazione dello spazio Mappa 3D e oggetti 2D. Sistema di controllo
“tridimensionale”. bidimensionale.
29. TRE DIMENSIONI
SOGGETTIVA SEMISOGGETTIVA OGGETTIVA
prima persona terza persona terza persona
Quake III Arena Tomb Raider Resident Evil
Scena osservata dagli Telecamera alle spalle Telecamera relativa
occhi del giocatore. del personaggio, perno all’ambiente. Il giocatore
Enfasi sull’effetto di attorno cui ruota lo non è più al centro dello
inclusione. scenario. schermo.
30. PUNTO DI VISTA
Il campo visivo di un essere umano è di 120° e può essere percepito
un movimento nella zona periferica laterale fino a 180°.
Anche se fa leva sul concetto di “inclusione”, l’impiego della “prima
persona” è in grado di mostrare un campo visivo di soli 30°. La percezione
dell’ambiente di gioco è quella che avremmo se fossimo legati immobili su
una sedia a rotelle.
La visuale in “terza persona” con il personaggio di spalle offre una
percezione dell’ambiente molto più vicina alla visione reale. La difficoltà
maggiore è data dallo schema di movimento della telecamera.
Per fare in modo che il gioco sia facilmente gestibile, conviene
dotare l’utente una “super-vista”. Siccome gli umani sono in grado
di pensare in tre dimensioni, offrire, per esempio, una
rappresentazione in 2D, conferisce istantaneamente un vantaggio.
Minore complessità nella decodifica dell’ambiente e della posizione
degli oggetti consente infatti al giocatore di avere una maggiore
capacità di interazione e controllo.
31. LO SPAZIO DI GIOCO
Dimensioni 2 3
Terza persona Terza persona
Prospettiva Prima persona
(semisoggettiva) (oggettiva)
Simulacro Assente Individuale Molteplice Superindividuale
Stile Realistico Caricaturale Astratto
L'area di gioco Universo planisferico Spazio confinato
Mappa coincide con lo (campo di scorrimento (barriere
schermo continuo) naturali/artificiali)
Scorrimento Assente Orizzontale Verticale Libero
Esplorazione Assente Lineare Libera
Fuori campo Assente Statico Dinamico
32. L’INTERFACCIA
DI GIOCO
Tutte le informazioni alle quali il giocatore deve avere accesso per
essere efficiente nel gioco devono essere mostrate su schermo -
HUD: Heads-Up Display (visore a sovrimpressione)
Non mostrare troppe informazioni nello stesso momento.
Usare il colore per indicare cambiamenti di situazione è preferibile
ai numeri e ai messaggi di testo.
All’interno del focus visivo, l’occhio è sensibile al colore e alla
forma. Al di fuori di quest’area ristretta, l’occhio individua i
cambiamenti nel contrasto e nel colore (è bene usare effetti di luce
intermittenti).
L’avatar del giocatore deve essere facile da riconoscere, il suo
look, la sua forma e il suo colore devono essere unici. È il
riferimento dell’utente nell’universo di gioco.
Il giocatore deve identificare gli avversari velocemente (usare
schemi di colore - lo stesso vale per gli oggetti, quelli bonus dello
stesso schema cromatico dell’avatar).
Inserire mappe e radar per indicare al giocatore la propria
posizione e quella degli oggetti importanti.
33. CONSIDERAZIONI
SULL’INTERFACCIA
Visibilità: fare in modo che le parti e le informazioni rilevanti siano
bene in mostra.
Mapping: rendere chiara la relazione tra il sistema di controllo e le
azioni su schermo.
Affordance: riguarda le proprietà reali e percepite delle cose,
fornendo così indicazioni sul loro funzionamento. In pratica, la
forma deve invitare all’uso.
Vincoli: prevenire che il giocatore compia azioni che non dovrebbe.
Feedback: fornire all’utente un riscontro chiaro dell’azione
compiuta e del risultato ottenuto.
“La caffettiera del
masochista”
di Donald Norman
34. C’È INTERFACCIA E
INTERFACCIA…
Dead Space World of Warcraft
PERSONALIZZABILE
INVISIBILE
FUNZIONALE
MIMETICA
Metroid Prime The Legend of Zelda
35. IL TEMPO NEL GIOCO
TEMPO REALE TEMPO FINZIONALE
Simulazioni sportive Elemento scenografico
(come nella F1) (Soul Edge)
Sfida particolare Elemento ludico
(finali di Resident Evil) (Metropolis Street Racer)
Tempo effettivo di Scorrimento anomalo
gioco (Prince of Persia) (varia a seconda delle situazioni)
Modificabile dal
giocatore (sim. sportive)
36. INTERVALLI DI TEMPO
A TURNI IN TEMPO REALE A TEMPO
Ogni giocatore ha Non c’è intervallo Ogni giocatore ha
a disposizione di tempo tra i un limite di tempo
tempo “illimitato” turni, azione e per compiere il
per compiere la reazione proprio turno (in
propria mossa accadono differita ma anche
simultaneamente in tempo reale)
37. TEMPO DI GIOCO
TEMPO TATTICO
Relativo alla realizzazione di
un’azione su schermo.
TEMPO STRATEGICO
Compiere un’azione complessa (come
prendere la mira prima di fare fuoco).
RITMO
Riguarda la presentazione di nuovi
eventi.
38. IL TEMPO DI GIOCO
Tempo reale 1:1 Countdown Effettivo
Elemento Elemento Scorrimento Scorrimento
Tempo finzionale
scenografico ludico anomalo ad hoc
Tempo ludico Tattico Strategico Ritmo