Da oltre trent’anni la concettualizzazione del Disturbo dell’Attenzione/Iperattività è molto controversa. Nel DSM-5 si afferma che l’incidenza di tale sindrome, eterogenea e complessa, raggiunge un’incidenza del 5%, che può insorgere anche dopo i 7 anni e che ha le caratteristiche della cronicità. In ambito clinico le maggiori problematiche riguardano il corretto inquadramento diagnostico e le modalità per una presa in carico efficace. In questo Webinar abbiamo discusso dei cambiamenti introdotti dal DSM-5 e affronteremo le questioni più rilevanti e recenti in merito alle procedure e gli strumenti per una corretta valutazione diagnostica. Maggiori specifiche sull'evento sono disponibili sul sito OPL http://www.opl.it/showPage.php?template=news&id=1145
Da oltre trent’anni la concettualizzazione del Disturbo dell’Attenzione/Iperattività è molto controversa. Nel DSM-5 si afferma che l’incidenza di tale sindrome, eterogenea e complessa, raggiunge un’incidenza del 5%, che può insorgere anche dopo i 7 anni e che ha le caratteristiche della cronicità. In ambito clinico le maggiori problematiche riguardano il corretto inquadramento diagnostico e le modalità per una presa in carico efficace. In questo Webinar abbiamo discusso dei cambiamenti introdotti dal DSM-5 e affronteremo le questioni più rilevanti e recenti in merito alle procedure e gli strumenti per una corretta valutazione diagnostica. Maggiori specifiche sull'evento sono disponibili sul sito OPL http://www.opl.it/showPage.php?template=news&id=1145
1. PROBLEMI DI
COMPORTAMENTO E
RELAZIONE DI AIUTO
CORSO DI FORMAZIONE
DAL PEI A PROGETTO DI VITA
La qualita’ dell’integrazione scolastica-modelli
operatori
Cosenza 6 novembre2008
2. QUANDO UN COMPORTAMENTO
PUÒ ESSERE DEFINITO
PROBLEMATICO?
Quando condiziona
negativamente il benessere e
lo sviluppo della persona
disabile
Non possiamo prendere come criterio di
problematicità il
nostro disagio
3. TRE CRITERI "OGGETTIVI":
danno:
se un comportamento produce al soggetto, o ad
altri, un danno documentabile
ostacolo:
se un comportamento costituisce un ostacolo
documentabile allo sviluppo intellettivo, affettivo,
interpersonale o fisico del soggetto
stigma sociale:
se un comportamento danneggia l’immagine
sociale della persona debole o con un ruolo sociale
a priori svalorizzato
4. EFFETTI
i "comportamenti problema", mascherano la
persona con un effetto negativo, nascondendo le
caratteristiche positive e impedendone la
valorizzazione e lo sviluppo.
i familiari e anche gli operatori ben formati
professionalmente vivono sempre sulla difensiva,
temono la persona disabile e/o disturbata, anche
se è molto giovane e gracile, ne sono in un
certo senso dominati.
6. ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
(P. WATZLAWICK, J. H. BEAVIN, D. D.
JACKSON, 1971)
1. E’ impossibile non comunicare
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di
contenuto e uno di relazione, in modo che il
secondo classifica il primo ed è quindi
metacomunicazione
3. La natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di comunicazione
tra i comunicanti
4. Gli esseri umani comunicano sia col modulo
numerico che con il modulo analogico
5. Tutti gli scambi di comunicazione sono
simmetrici o complementari, a seconda che
siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza
7. CANALI NON VERBALI
Paralinguistici, presenza di un aspetto sonoro
diverso dalla parola: interiezioni (“uh”, “ehm”,
“ah”), intonazione, qualità della voce, suoni di
tipo emotivo (pianto, sorriso, sospiro)
Extraverbali, il messaggio si serve di canali non
sonori: silenzio (silenzi-risorsa/silenzi arma),
espressioni del volto (sguardo e mimica
facciale) movimenti del corpo e gesti,
comportamento territoriale, apparenza fisica,
certi insiemi di azioni
Rischi dei canali non verbali: problemi di
interpretazione, comunicazione che sfugge al
controllo, comportamento del destinatario,
differenze interculturali, quando verbale e non
verbale inviano messaggi antagonisti
8. IL COMPORTAMENTO
PROBLEMATICO HA UNO SCOPO
PER LA PERSONA
CHE LO MANIFESTA
costituisce un eccellente modo per ottenere
maggiore contatto sociale con gli adulti
(attenzione)
ha una funzione di controllo sul
comportamento degli adulti ed allontana la
presentazione di richieste o compiti
sgraditi o non motivanti
può essere appreso ed usato per ottenere
mete diverse
9. APPROCCIO RELAZIONALESISTEMICO
Totalità: un sistema va considerato non
come un insieme di elementi separati, ma
come un’entità che presenta dinamiche sue
proprie
Omeostasi: attitudine degli organismi a
mantenere in stato di equilibrio le proprie
caratteristiche al variare delle condizioni
esterne, avvalendosi a tal fine di
”meccanismi correttori”
Feedback: negativo ( riduzione dello
scarto); positivo (scarto amplificato)
10. LA RELAZIONE IN CLASSE
Equifinalità: cause tra loro molto diverse
possono portare a forme di sistemi molto
simili tra loro e, per converso, uno stesso
evento iniziale può dar luogo a strutture
sistemiche molto lontane tra loro. Quindi se
si vogliono cogliere le caratteristiche di un
sistema è più utile approfondire la struttura
delle attuali interazioni che lo
caratterizzano piuttosto che fare appello
alla sua storia passata
Qualità emergente: è il risultato
dell’interazione tra gli elementi del sistema,
il frutto che nasce dall’interazione delle
singole parti
11. E’ LA RELAZIONE AD ESSERE
CONSIDERATA COME
PROBLEMATICA
E “DISTURBATA” NON IL SINGOLO
INDIVIDUO
Vantaggio
↓
Se ciò che si deve “curare” è la relazione e
non la singola persona, allora tutti coloro
che partecipano alla costruzione di tale
relazione hanno potenzialmente la
possibilità di apportare dei cambiamenti.
12. MESSAGGIO “IO” (GORDON)
nel caso in cui ci si trova in conflitto con
l’interlocutore 2 passaggi chiave:
1. la descrizione del comportamento che genera
il problema, senza esprimere critiche
2. la descrizione delle reazioni concrete e
soggettive che tale comportamento suscita in
chi parla. Evitando frasi del tipo “Tu sei...Tu
non fai...Tu hai fatto...” si mette in evidenza che
è il comportamento a creare il problema, non la
persona nella sua essenza e totalità.
Emettere il messaggio Io comporta esprimere i
propri sentimenti, cambiare il modo di
rapportarsi agli altri. Si tratta di messaggi di
relazione che vanno oltre il contenuto esplicito
e assumono un valore importantissimo nella
comunicazione (Mauri e Tinti, 2002)
13. ESEMPIO-->
Giuliana, docente di lettere, deve affrontare il
problema dei ritardi di alcuni studenti.
Finora ha portato pazienza attendendo
sempre alcuni minuti prima di iniziare la
lezione in modo di dar tempo alle
ritardatarie di arrivare. Questa tolleranza
ha funzionato da feedback positivo e lo
scarto rispetto alla norma si è
ulteriormente ampliato...resasi conto di
questo sta valutando quali feedback
negativi adottare per ripristinare la regola
della puntualità: ramanzina? nota?
cominciare senza aspettare?ecc.
14. PROVOCAZIONI VERSO GLI INSEGNANTI:
ALCUNE STRATEGIE
Marco entra in classe tenendo in mano un
grande fetta di pizza. Sopra la sua testa è
appeso un vistoso cartello con scritto: “Vietato
consumare cibo in classe”. Marco guarda
l’insegnante, da un morso alla pizza e passa
davanti alla cattedra. L’insegnante indica il
cartello e dice deciso: “Leggi: è vietato
consumare cibo in classe. Devo chiederti di
darmi quella pizza”. Marco risponde con
altrettanta decisione “NO”, e ne morde un altro
pezzo. L’insegnante lo guarda dritto negli occhi
e dice: “ Se non mi dai quella pizza dovrò
mandarti fuori”. Marco risponde “Ok”, da un
altro morso alla pizza e si incammina verso il
suo banco. L’insegnante chiama il bidello e fa
accompagnare fuori il ragazzo.
15. CHE COSA È SUCCESSO?
L’insegnante ha reagito in modo
diretto al comportamento
problematico.
Quando gli studenti agiscono in questo
modo è molto probabile che si
aspettino una reazione.
16. ANALIZZIAMO LA SITUAZIONE:
lo studente manifesta un comportamento di
provocazione, di sfida o comunque inadeguato
l’insegnante reagisce al comportamento
problematico e da un’istruzione opposta al
comportamento dello studente
lo studente sfida l’insegnante rifiutandosi di
eseguire l’istruzione e manifestando un altro
comportamento inappropriato
l’insegnate reagisce dando un ultimatum
lo studente raccoglie la sfida dell’ultimatum
con un’altra provocazione e manifesta un
comportamento ostile e aggressivo
17. QUALI STRATEGIE POSSONO
ESSERE UTILI?
Prestare attenzione agli studenti che si
comportano in modo appropriato e ignorare
quello che si comporta in modo
problematico
Sollecitare lo studente a concentrarsi sul
compito senza fare alcun riferimento
negativo al comportamento problematico
Presentare un’eventuale opzione tra il
comportamento adeguato e una piccola
conseguenza negativa (ad es. la perdita di
vantaggio)
18. NEL CASO DELL’ESEMPIO È
UTILE:
evidenziare la regola o l’aspettativa
chiedere esplicitamente allo studente di
“occuparsi del problema”
presentargli delle opzioni per risolvere il
problema
Esempio:
“ Marco, in classe non si può mangiare. Se
vuoi puoi finire la pizza prima di entrare o
lasciarla qui e mangiarla dopo”
19. STATE ATTENTI, I SEGNALI DI
MALESSERE SI POSSONO
RICONOSCERE,
ALCUNI DI QUESTI SONO:
sguardo distratto
scarse interazioni
alzarsi dal banco
rapida alternanza di comportamenti
inerenti e/o adeguati al compito o estranei
e/o inadeguati al compito
iniziare ad interrompere diverse attività
girare per l’aula
guardare fisso nel vuoto
indifferenza
apatia generale
evitare contatto oculare
20. TECNICHE PER RIDURRE IL
MALESSERE:
sostegno: manifestare allo studente la vostra
premura
scelte: fornite allo studente alcune alternative
per superare il momento critico
attività preferite: per aiutarlo a recuperare
l’interesse per le attività della classe, lasciategli
un po’ di spazio per ciò che preferisce
vicinanza
attività autonome: consegne da svolgere per
conto suo
movimento
coinvolgete lo studente
uso di audiovisivi
22. GLI STUDI SUL NORMALE SVILUPPO
INFANTILE INDICANO CHE VARI
COMPORTAMENTI PROBLEMATICI SI
VERIFICANO PER LE STESSE RAGIONI E
CON GLI STESSI SCOPI CHE
CARATTERIZZANO I COMPORTAMENTI NEI
SOGGETTI CON DISABILITÀ. MAN MANO
CHE GLI INDIVIDUI ACQUISISCONO NUOVI
STRUMENTI COMUNICATIVI PER
RAGGIUNGERE LE LORO METE TENDONO
A PERDERE LE MODALITÀ PIÙ PRIMITIVE
DI ESPRESSIONE.
23. BAMBINI IL CUI SVILUPPO COMUNICATIVO
È LIMITATO HANNO MAGGIORI
PROBABILITÀ DI VENIRE DESCRITTI COME
AGGRESSIVI, DISOBBEDIENTI E OSTILI.
MOLTE RICERCHE DIMOSTRANO CHE
L’AGGRESSIONE E L’AUTOLESIONISMO
SONO UTILIZZATE COME FORME PRIMITIVE
DI COMUNICAZIONE DA INDIVIDUI CHE
NON POSSIEDONO MODI PIÙ EVOLUTI DI
COMUNICAZIONE IN GRADO DI
INFLUENZARE GLI ALTRI PER OTTENERE
UNA VASTA GAMMA DI EFFETTI
DESIDERABILI, DEFINITI DALLA
LETTERATURA COL TERMINE DI
“RINFORZATORI”.
24. IN QUALI SITUAZIONI SI
POSSONO TROVARE?
Disturbi da deficit dell’attenzione e da
comportamento dirompente
(DDA, Disturbo oppositivo
provocatorio,Disturbo della condotta)
Ritardo mentale
Disturbi pervasivi dello sviluppo
Disturbo da movimenti stereotipati
27. BASI DEL TRAINING
COMUNICATIVO
Il comportamento problematico ha più
scopi e richiede quindi molteplici interventi
L’intervento richiede il cambiamento dei
sistemi di relazioni, non degli individui
Il cambiamento nello stile di vita costituisce
la meta finale dell’intervento
28. IMPLICAZIONI
Lo
sviluppo delle abilità comunicative
rende possibile la sostituzione del
comportamento problematico
Per rendere significativo l’intervento i
risultati devono essere :
generalizzati (significa che gli effetti
positivi dell’intervento sono visibili in
situazioni nuove rispetto a quelle in cui si è
originariamente attuato)
mantenuti (significa che l’intervento
iniziale mantiene durevolmente i propri
effetti )
29. COMPORTAMENTI PROBLEMATICI
NON MODIFICABILI CON IL
TRAINING COMUNICATIVO
Comportamenti
sostenuti da fattori
sensoriali (es. fosfeni)
Comportamenti
sostenuti da fattori
omeostatici (risposta a stimolazioni
troppo alte o troppo basse di tipo
ambientale)
Comportamenti
sostenuti da fattori
organici (fattori biologici: addiction)
30. L’OSSERVAZIONE SISTEMATICA
Ha lo scopo di misurare il c-p nelle
sue componenti:
frequenza (numero di volte)
intensità
durata
(forza della risposta)
(misurazione del tempo in
cui perdura)
31. ANALISI FUNZIONALE
ANTECEDENTE →
COMPORTAMENTO →
CONSEGUENTE
Fornisce indicazioni sulle dinamiche che
attualmente mantengono attivo quel
determinato comportamento problema e
precisamente:
Che funzione svolge ? (comunicativa, auto stimolatoria,..)
In quali occasioni è più frequente? (es. da solo,
in situazioni sociali, quando gli vengono fatte
delle richieste, quando vuole qualcosa, in
situazioni di gioco, ecc..)
Quali comportamenti alternativi positivi
potrebbero essere usati dal soggetto per
svolgere le stesse funzioni?
34. I RINFORZATORI
E un rinforzatore ciò che è gradito a chi lo riceve.
Pertanto la scelta dei rinforzatori deve essere
personalizzata. Possono essere primari e
acquisiti. Quelli primari non si usano mai (cibo,
acqua, calore,ecc.) in ambito educativo.
Rinforzatori tangibili
Rinforzatori commestibili
Rinforzatori sociali: contatto fisico,
prossimità, espressioni verbali di
apprezzamento, affetto, lode,
Rinforzatori dinamici
Rinforzatori simbolici (token)
35. FORNIRE CONSEGUENZE
ADEGUATE
un
comportamento si mantiene in
vita se è rinforzato
se
un comportamento non produce
mai una conseguenza positiva tende
a scomparire
estinzione : è il morire di un
comportamento che non produce
alcuna conseguenza positiva
36. RINFORZAMENTO
DIFFERENZIALE
Si
possono rinforzare tutti i
comportamenti adeguati di un alunno
Si possono rinforzare tutti i
comportamenti che non siano inadeguati
Si possono rinforzare tutti comportamenti
incompatibili con un comportamento
inadeguato
Quando è possibile si passa da un
controllo esterno ad un controllo interno
(automonitoraggio, autosservazione
37. PUNIZIONE POSITIVA
Time out: consiste nel l’interrompere per pochi
minuti immediatamente dopo il comportamento
problema una qualche situazione gratificante che
il soggetto sta vivendo
Ipercorrezione: costringe il soggetto a compiere
una serie di azioni faticose come immediata
conseguenza dei comportamenti problema
Blocco fisico: l’operatore immobilizza per pochi
minuti il soggetto dopo emissione del
comportamento problema facendolo sedere su
una poltrona o sdraiare su un materassino,
quando il soggetto, passato il primo momento di
ribellione, si rilassa ed accetta il blocco questo
può essere interrotto
38. GESTIONE DELLA CRISI
Quando
è possibile ignorare il
comportamento problematico
Proteggere l’individuo o altri dalle
conseguenze fisiche del comportamento
Bloccare o fermare momentaneamente
l’individuo
Spostare dalle vicinanze del luogo nel
quale si sta verificando la crisi chiunque
sia in pericolo a causa del comportamento
Introdurre suggerimenti o stimoli per
facilitare comportamenti non problematici
39. ATTENZIONE NEGATIVA – ESEMPIO N. 1
In ogni caso, Luana ha imparato un semplice stratagemma per avere
l’attenzione di chi le sta intorno. Le basta mettersi a urlare o a
rompere quello che le capita a tiro
40. IMPARARE A IGNORARE - ESEMPIO N. 1
La famiglia, a questo punto, si organizza. Vengono tolti di mezzo gli
oggetti che Luana potrebbe rompere o con cui potrebbe farsi male.
Ad ora di cena c’è il primo capriccio: grida e strepiti non si contano. La
madre, facendo un grosso sforzo di autocontrollo, continua a preparare la
cena. Il padre, sforzandosi anche lui a non intervenire, continua a leggere
il giornale. Gli strepiti durano diversi minuti. Poi, finalmente, la bambina
si calma
41. IMPARARE A IGNORARE - ESEMPIO N. 1
Dopo qualche minuto di tranquillità (e non
prima!), il papà interrompe la lettura si mette
vicino alla bimba e le legge la sua storia preferita.
Infine, la mamma chiama tutti a tavola e Luana
viene coinvolta quanto più possibile nei discorsi
dei genitori.
42. IMPARARE A IGNORARE
Se però questi
diversivi rischiano di
gratificare indirettamente il bambino, o se il
comportamento problematico risulta troppo
difficile da sopportare (fatto, questo, più che
umano e
comprensibile) è senz’altro
meglio lasciare la stanza
dove si trova il bambino
e tornarvi solo qualche
minuto dopo che il
comportamento
problematico si è
calmato
43. IMPARARE A IGNORARE
In ogni caso, bisogna
discutere con il bambino
evitare
di
Se questi è in grado di capire, gli si può
spiegare una volta (ma non durante il
suo comportamento problematico!) che
la mamma e il papà (o l’insegnante) non
gli daranno più ascolto quando grida,
piange o fa i capricci. In qualche caso
può servire ricordarlo una seconda
volta, più per mettere in pace la
coscienza
dell’educatore
che
per
facilitare la comprensione da parte del
bambino
44. IMPARARE A IGNORARE
Da quel punto in poi, si tratta solo di ignorare
costantemente e coerentemente il comportamento
problematico e, ripetiamo, di evitare ogni
discussione col bambino nel momento in cui si
manifesta il problema
Come si può facilmente intuire, non esiste un unico
modo
per
ignorare
un
comportamento
problematico: ogni caso può richiedere strategie
diverse. Quindi occorre un po’ di pratica per
ottenere risultati validi
E se ignoriamo nella maniera giusta, il
comportamento problematico se ne
andrà subito?
45. IMPARARE A IGNORARE
Sfortunatamente, la risposta è no
Quando
iniziamo
ad
ignorare
un
comportamento problematico, con ogni
probabilità si produrrà una reazione
negativa da parte del bambino
È come se, dentro di sé, il bambino
pensasse: “Ma come?! Gridando e battendo
i piedi ho sempre avuto ciò che volevo.
Cosa sta succedendo, adesso? Forse non
mi hanno notato abbastanza: proviamo
più forte!”
46. IMPARARE A IGNORARE
Attenzione
Questo momento del trattamento è quello più
critico. Se cedessimo proprio a questo punto,
le conseguenze sarebbero probabilmente
serie. Il bambino potrebbe infatti imparare
che, se non ottiene subito ciò a cui è abituato,
deve solo comportarsi in maniera più
problematica per poterne avere a volontà
È importante quindi, proseguire fino in fondo
la procedura di estinzione che abbiamo
iniziato;
dobbiamo cioè continuare ad
ignorare il comportamento problematico
anche quando questo si manifesta al massimo
della sua intensità
47. IMPARARE A IGNORARE
Nel giro di pochi giorni si dovrebbero già
notare
i
primi
cambiamenti,
che
diventeranno via via più netti entro
qualche settimana
È molto utile durante questo lavoro
continuare a misurare il comportamento
problematico
sul
quale
stiamo
intervenendo, in modo da sapere con
certezza se si sta modificando
48. INTERVENTO POSITIVO SOSTITUTIVO
Situazioni
in cui apprendere il
comportamento positivo-sostitutivo
Comportamenti positivo-sostitutivi
Aiuti, guida e accompagnamento ai
comportamenti positivo-sostitutivo
Valorizzazione del comportamento
positivo-sostitutivo
Generalizzazione ed estensione
dell’intervento
49. LAVORO DI SVILUPPO DEI
CONTESTI
Dilatare
gli ecosistemi di vita e di
relazione
Costruire continuità educativa nei vari
ecosistemi
Espandere gli interventi in un progetto
di vita
Migliorare la qualità psico - educativa
nei contesti attuali (ruolo attivo del
soggetto,possibilità di scelta/
autodeterminazione, prosocialità dei
contesti, responsività della
comunicazione, tolleranza alla
dilazione della gratificazione e alla
frustrazione
50. VALUTAZIONE DELL’INTERO
PROCESSO PSICOEDUCATIVO
Riduzione,
Altri
modificazione, conseguenze CP
CP
Procedure per la gestione della crisi
(riduzione, cessazione)
Terapie farmacologiche
Comportamenti positivi alternativi
Partecipazione in casa,
strutture,comunità
Interazioni/relazioni con i familiari
51. VERIFICA INTERVENTO
PSICOEDUCATIVO
Interazioni con la rete allargata
Interazione con gli operatori
Autostima ed empowerment della persona disabile
Situazione abitativa e a livello dei vari servizi
Qualità della vita
Percezione del significato dei c-p degli operatori e
della famiglia
Capacità di intervento degli operatori e della famiglia
Stress subito dagli operatori e dalla famiglia
Percezione globale della persona disabile da parte
degli operatori e della famiglia
Collaborazione /alleanze operatori/famiglia
Coinvolgimento altri contesti educativi e sociali
significativi