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News 16/SSL/2017
Lunedì, 17 aprile 2017
Conoscere e valutare i rischi nel comparto della panificazione.
Indicazioni per la valutazione dei rischi secondo il modello delle procedure
standardizzate nel comparto della panificazione. Focus sull’esposizione alle polveri,
sui pericoli di caduta, di esplosione e sull’uso delle attrezzature di lavoro.
Pistoia, 12 Apr – PuntoSicuro ha più volte ricordato come nel nostro paese il
comparto della panificazione sia composto spesso da piccole aziende e presenti
diversi fattori di rischio per i suoi operatori.
Se guardiamo, ad esempio, alla realtà della panificazione nella provincia di Pistoia si
può rilevare come sia “caratterizzata di gran lunga dalla piccola impresa, l’89%
delle imprese attive sul territorio hanno un numero di addetti compreso tra 1 e 9,
mentre il 10% ha un numero di addetti tra 10-19 e solo lo 1% risulta compreso tra i 20-
49”.
In queste realtà le unità produttive sono spesso “inserite in edifici di vecchia
costruzione”, con “caratteristiche abitative oggi superate” e “oggettivi problemi di
spazio: la movimentazione dei carichi è spesso resa disagevole da dislivelli (scalini,
piani inclinati, etc.), anche la pulizia può risultare problematica”. Inoltre molte fasi
lavorative sono state meccanizzate (impastatrici, filonatrici, arrotondatrici,
spezzatrici, …) ed è diminuito il rischio relativo al sovraccarico degli arti superiori, ma
si è introdotto tuttavia quello relativo alle macchine, “che può essere facilmente
ridotto dal corretto utilizzo delle macchine stesse, dotate di sistemi di sicurezza
specifici (griglie di protezione, dispositivi di blocco)”. Risulta invece ancora
“rappresentativo” il rischio di contrarre “patologie allergiche o respiratorie dovute
all’esposizione alle farine, tale rischio può essere notevolmente ridotto con
l’adozione di sistemi di convogliamento meccanizzato delle farine, sistemi di pulizia
mediante aspirazione e l’applicazione di misure di prevenzione comportamentali ed
organizzative”. Inoltre la presenza di polveri “può costituire un ulteriore rischio in
presenza di impianti elettrici obsoleti e inadeguati relativamente all’innesco di
fenomeni esplosivi”. Senza dimenticare che la produzione “si estende alle ore
notturne e di prima mattina, ciò può introdurre un rischio qualora vi sia una
variabilità nell’orario che può determinare disturbi psicofisici; inoltre occorre tenere
presente che in caso di lavoro solitario devono essere correttamente gestite
situazioni di emergenza”.
A offrire in questi termini un panorama della sicurezza dei panifici, con specifico
riferimento al territorio pistoiese, è un documento - prodotto dal servizio di
Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) dell’ Azienda USL 3 di
Pistoia in collaborazione con OPTA (Organismo paritetico territoriale dell`artigianato)
Pistoia e associazioni datoriali e sindacali – dal titolo “Salute e sicurezza nei panifici:
indicazioni per la valutazione dei rischi secondo il modello delle procedure
standardizzate”.
Una pubblicazione che è il risultato di un confronto con esperti del settore,
associazioni datoriali e sindacali di categoria ed enti paritetici e, come altre
prodotte dall’Ausl di Pistoia (ora Azienda USL Toscana centro), prende spunto dal
documento ministeriale che definisce le procedure standardizzate cercando di
adattarlo, in questo caso, alle esigenze del comparto dei panificatori. Si segnala
che tale documento costituisce uno “strumento semplice ed efficace per il processo
della valutazione dei rischi all’interno delle piccole imprese ma non esaurisce
l’esame di tutti i rischi che si possono presentare e non definisce l’esito di tale
processo, che deve essere verificato caso per caso”.
Il documento segue i vari passi nella compilazione del documento di valutazione dei
rischi secondo le procedure standardizzate con riferimento specifico a:
- descrizione generale dell’azienda;
- individuazione dei pericoli presenti in azienda;
- valutazione dei rischi - misure di prevenzione e protezione attuate;
- definizione del programma di attuazione, miglioramento e controllo.
E contiene diversi allegati su vari aspetti correlati alla tutela della salute e sicurezza
(attrezzature di emergenza, segnaletica di sicurezza, valutazione rischio vibrazioni e
rumore, valutazione del rischio esplosione e del rischio chimico, rischio stress lavoro
correlato, …).
Ci soffermiamo oggi su alcuni pericoli individuati e sulle misure di prevenzione e
protezione attuabili con riferimento ad alcuni fattori di rischio considerati nel
documento in fascia di rischio alto.
Ad esempio riguardo all’esposizione a polvere di farina, che può esporre gli
operatori a varie patologie ( patologie allergiche e asma, patologie cutanee da
contatto) sono riportate alcuni possibili misure di prevenzione:
- “adottare misure di tipo tecnico (sistemi di convogliamento della farina dal silos di
deposito alle zone di svuotamento, sistemi di aspirazione localizzati nelle zone di
svuotamento dei sacchi);
- adottare misure di tipo procedurale (modalità di lavoro che limitino al minimo
l’emissione di polvere, pulizie effettuate con sistemi di aspirazione);
- i lavoratori devono disporre di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta con
aperture naturali e quando ciò non è possibile, con impianti di aerazione;
- informazione e formazione dei lavoratori sui rischi e sulle corrette procedure di
lavoro”.
Nel documento sono poi riportate anche indicazioni per le misure di protezione, con
riferimento all’uso di dispositivi di protezione, ricordando tuttavia di “anteporre le
misure di prevenzione a quelle di protezione, cercando di ridurre per quanto
possibile con sistemi tecnici e procedurali la concentrazione di polveri di farina
nell’ambiente di lavoro”.
Un altro rischio è costituito dalle possibili lesioni dovute a scivolamento, inciampo,
caduta in relazione allo stato di pavimenti, vie di circolazione, vie di fuga e ingombri
nei passaggi.
Misure di prevenzione:
- “pavimentazione con idonee caratteristiche;
- tenere puliti i pavimenti, pulizia periodica e/o immediata in caso di sporcizia.
pertanto si devono adottare sistemi di pulizia attraverso l’aspirazione delle polveri;
informazione e formazione dei lavoratori;
- eliminare i possibili ostacoli presenti lungo le vie di circolazione”.
Riguardo alla protezione si fa riferimento anche all’uso di calzature con suola
antisdrucciolo (“evitare l’utilizzo di sandali o zoccoli aperti”).
Un fattore di rischio riguarda poi i depositi per sacchi/scaffali con pericolo dovuto a
ribaltamento di una catasta di sacchi di farina o degli scaffali:
- “in caso di stoccaggio verticale limitare l’altezza a 4-6 volte la larghezza;
- collocare le merci a strati incrociati eventualmente interporre degli assi degli assi
tra gli strati;
- gli scaffali sono fissati al muro o (soffitto), è indicata la portata massima”.
Un ulteriore rischio considerato in fascia alta è correlato all’uso di attrezzature di
lavoro (ad esempio impastatrici, filonatrici, porzionatrici), al contatto con coltelli-
utensili taglienti e al contatto con superfici calde:
- “verifica di funzionamento dei dispositivi di sicurezza (blocco del riparo,
interblocco);
- Verificare la presenza di una griglia sui punti di accesso a gli organi mobili,
controllati elettronicamente;
- informazione e formazione circa il rischio legato all’uso di coltelli e taglienti;
- informazione e formazione circa il rischio infortunistico legato al possibile contatto
con superfici calde”.
E riguardo alle misure di protezione si fa riferimento all’utilizzo di “guanti con altissima
resistenza al calore con protezione della mano e del polso”.
Ci soffermiamo, infine, sul rischio incendio/esplosione, ad esempio al rischio di
esplosioni “dovute a perdite di combustibile di alimentazione dei forni, o alle polveri
di farina”, un rischio che necessita una valutazione del rischio più approfondita (a
tale valutazione è dedicato un allegato del documento)”. Queste alcune misure di
prevenzione e protezione:
- “realizzazione delle procedure ai fini della prevenzione incendi, evacuazione e
gestione delle emergenze;
- valutare l’installazione di un rilevatore di gas a seconda del tipo di combustibile del
forno;
- installare attrezzature di protezione dal rischio incendio”.
Concludiamo segnalando che il documento analizza anche i seguenti fattori di
rischio: rischio chimico, sovraccarico biomeccanico dorso-lombare e degli arti
superiori, movimenti ripetuti, esposizione a microclima sfavorevole, esposizione a
rumore, esposizione a vibrazioni (trasmesse al corpo intero), lavoro notturno,
impianto elettrico, …
Azienda USL 3 di Pistoia, “ Salute e sicurezza nei panifici: indicazioni per la valutazione dei rischi
secondo il modello delle procedure standardizzate”, a cura del servizio di Prevenzione Igiene e
Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) USL 3 di Pistoia, in collaborazione con OPTA Pistoia, Ebiter, RSLT
presso OPTA Pistoia, Confcommercio, Confartigianato, CNA, Datori di lavoro rappresentanti di
categoria, ver. PT20130606 (formato PDF, 1.57 MB).
Fonte: puntosicuro.it
L’ autonomia del Rspp nello svolgimento della sua funzione.
In cosa consiste l’autonomia che secondo norme e sentenze l’RSPP deve esercitare
e che gli deve essere garantita: lo svolgimento del ruolo nel “rispetto del sapere
scientifico e tecnologico” e della “normativa vigente”. Di Anna Guardavilla.
Il decreto 81/08 prevede espressamente che al medico competente debba essere
garantita l’autonomia.
Infatti ai sensi dell’articolo 39 c.4 D.Lgs.81/08 “il datore di lavoro assicura al medico
competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti
garantendone l’autonomia”.
Per quanto riguarda la figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e
Protezione, non troviamo all’interno del decreto 81 una previsione analoga in termini
di ‘esplicitazione’ ma rinveniamo comunque una serie di importanti disposizioni che
vanno nella direzione di configurare la necessità che venga garantita un’autonomia
all’RSPP.
Queste disposizioni sono peraltro oggetto di interessanti interpretazioni
giurisprudenziali.
La Cassazione - a Sezioni Unite - infatti è esplicita nell’affermare che l’RSPP debba
“svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito
di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari economicamente
seducenti ma esiziali per la sicurezza.”(Cass. Pen., Sez. Un., 18.9.2014 n.38343;
sentenza di Cassazione Penale a Sezioni Unite sul caso Thyssenkrupp).
Dunque la figura dell’RSPP viene configurata come una funzione che è chiamata a
svolgere la sua attività “in autonomia” e - strettamente collegato a questo - “nel
rispetto del sapere scientifico e tecnologico”; un sapere che deve guidare e
orientare l’attività di individuazione dei fattori di rischio, di valutazione dei rischi, di
individuazione delle misure etc..
Il Servizio di Prevenzione, che l’RSPP coordina, è infatti “utilizzato” dal datore di
lavoro sul quale ultimo grava l’obbligo espresso dall’articolo 2087 c.c. - come
interpretato dalla giurisprudenza - di “uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza
del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti
individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza,
consapevole di tali limiti, deve avere l’accortezza di far risolvere da altri i problemi
tecnici che non è in grado di affrontare personalmente.”(Cass. Penale, Sez. IV, 16
giugno 1995 n.6944.)
In questo senso, il ruolo dell’RSPP quale soggetto attraverso il quale il datore di
lavoro ottempera all’obbligo di realizzare la “migliore scienza ed esperienza”
(art.2087 c.c.) è ben evidenziato da una sentenza dell’anno scorso, che sottolinea
“l'importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in
quanto il datore di lavoro, normalmente a digiuno […] di conoscenze tecniche, è
proprio concretamente avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio
di prevenzione e protezione, che ottempera all'obbligo giuridico di analizzare e di
individuare, secondo l'esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti
i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno del luogo di lavoro (Sez. U.,
n.38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261109).”(Cassazione Penale, Sez.IV,
13 maggio 2016 n.20051.)
E’ evidente che il fatto che all’RSPP venga concretamente garantita un’autonomia
nello svolgimento della sua attività di valutazione dei rischi e di tutto quanto
correlato è essenziale perché questo soggetto possa realizzare a pieno il ruolo di cui
è investito dalla legge e a cui si vincola tramite contratto, nonché affinché possa
davvero rappresentare uno “strumento” (nel senso migliore del termine: guardando
alla “funzione” in quanto tale) atto a consentire al datore di lavoro di attuare
pienamente ed effettivamente l’obbligo su di lui gravante ai sensi dell’articolo 2087
del codice civile oltre ai vari obblighi previsti in capo al datore di lavoro dal
D.Lgs.81/08, a partire dalla valutazione dei rischi in poi.
Sul piano normativo, non si dimentichi in tal senso che l’art.33 c.1 lett.a) del
D.Lgs.81/08 prevede che “il servizio di prevenzione e protezione dai rischi
professionali provvede: a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei
rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di
lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell’organizzazione aziendale”.
Dunque l’RSPP deve svolgere la sua attività “nel rispetto della normativa
vigente”(oltre che sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione
aziendale), la quale normativa vigente - unitamente al “sapere scientifico e
tecnologico” - è la bussola che deve orientare tale soggetto nella delicata attività
di valutazione dei rischi, di individuazione delle misure e in generale nello
svolgimento di tutti i compiti di cui all’articolo 33 T.U.; non a caso il legislatore ha
previsto che “gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma
1, […] non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento
del proprio incarico.”(art.31 c.2 D.Lgs.81/08.)
L’autonomia che deve essere riconosciuta all’RSPP nello svolgimento del suo ruolo -
nei termini visti sopra: ovvero la garanzia che l’RSPP possa pienamente esercitare i
suoi compiti “nel rispetto della normativa vigente” e “del sapere scientifico e
tecnologico” nonché, come chiarito dalla Cassazione (si veda di seguito),
nell’ambito della “sfera della sua competenza tecnico-scientifica” - non è però
“solitudine” nell’esercizio del ruolo (e con essa non va confusa) né deve essere
confusa con l’autonomia “decisionale” di cui dispongono altri soggetti.
Questo aspetto viene evidenziato dalla Corte di Cassazione, che precisa che la
figura dell’RSPP “svolge una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e
programmatico ma è priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un
contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In
breve, un lavoro in équipe.”
Infatti, prosegue la Corte con riferimento ai componenti del Servizio di Prevenzione, il
“ruolo svolto da costoro è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia
nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro.La loro attività
può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell’evento illecito. Si pensi al caso
del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza
derivi da competenze specialistiche.Diversamente, si “rischierebbe di far gravare sul
datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza
tecnico-scientifica.” (Cassazione Penale, Sez. Un., 18.9.2014 n.38343.)
Questo principio è ribadito anche da una pronuncia di quest’anno (Cassazione
Penale, Sez.IV, 23 gennaio 2017 n.3313) che schematizza nel seguente modo le
“aree di competenza” del datore di lavoro e dell’ RSPP:
“- il datore di lavoro, avvalendosi della consulenzadel responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo
la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di
pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e
sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi
previsto dall'art.28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto a indicare
le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la
sicurezza dei lavoratori;
- il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno
della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo
giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il
datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le
opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando
eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza
dei lavoratori […].”
Questa sentenza ribadisce dunque il tema dell’autonomia dell’RSPP (richiamando la
sentenza delle Sezioni Unite del 2014 su citata), affermando nuovamente “che
gravava sullo stesso, di svolgere in autonomia, nel rispetto del proprio sapere
scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro, di sollecitarlo al
necessario aggiornamento del documento di valutazione rischi e, in generale, di
dissuaderlo dall'intraprendere o dal mantenere scelte pregiudizievoli per la sicurezza
dei lavoratori.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali
relative alla salute e sicurezza sul lavoro
Corte di Cassazione - Penale Sezioni Unite – Sentenza n. 38343 del 18 settembre 2014 (ud. 24 aprile
2014) – Pres. Santacroce – Relat. Blaiotta - P. G. Destro – Thyssenkrupp: le condanne inflitte andranno
ridefinite, ma non aumentate - Criteri di demarcazione tra dolo eventuale e colpa cosciente.
Corte di cassazione – Sentenza Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n. 20051 - c
Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. n. 3313 del 23 gennaio 2017 - Incendio all'interno
dell'opificio industriale di una ditta di vernici. Responsabili datori di lavoro e RSPP.
Fonte: puntosicuro.it
Bando Isi Inail 2016, al via la prima fase.
ROMA – Bando Isi 2016. Inail ricorda che sta per partire a giorni la nuova edizione
del bando che finanzia le imprese nel sostenere interventi per la salute e la sicurezza
sul lavoro.
19 aprile
Come già descritto in occasione del lancio di questa settima edizione del bando
Inail, per il 2017 sono a disposizione 244.507.756 euro, che andranno a finanziare
quattro tipologie di intervento: investimento; modelli organizzativi e di responsabilità
sociale; bonifica amianto; micro e piccole imprese in specifici settori. Contributi pari
al 65% dell’investimento, in conto capitale, fino a un massimo di 130 mila euro e fino
a 50 mila euro per i progetti di micro e piccole imprese in specifici settori.
A partire dal 19 aprile le imprese potranno iniziare a inserire sulla piattaforma Inail il
proprio progetto, verificarne l’ammissibilità e quindi una volta completata la fase
attendere di poter scaricare il codice identificativo che dovrà essere inviato nel
click day.
Queste tutte le scadenze: dal 19 aprile al 5 giugno inserimento domanda su
piattaforma online Inail (la registrazione alla piattaforma sarà possibile fino alle 18.00
del 3 giugno); 12 giugno download codice identificativo; 12 giugno comunicazione
di data e orario del click day; click day. I finanziamenti verranno assegnanti in base
all’ordine cronologico di arrivo delle domande nel click day.
Moduli contatti
In questa pagina è possibile consultare la determina del Presidente Inail 381 del 15
dicembre sull’avviso pubblico Isi 2016, quindi il bando e l’intero elenco dei moduli
necessari. I riferimenti telefonici per informazioni e assistenza sono: 803164 gratuito
da fisso o 06 164164 a pagamento.
Isi agricoltura 2016
Ricordiamo che come disposto con una nota del 9 gennaio 2017 è ancora aperta
fino al 28 aprile la procedura di inserimento della domanda per partecipare al
bando Isi Inail agricoltura 2016. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: al via la prima fase del bando Isi Inail 2016
Fonte: quotidianosicurezza.it
Medico competente: sorveglianza sanitaria e giudizi di idoneità.
Una guida si sofferma sul contributo del sistema prevenzionistico aziendale
all’attività del medico competente. Focus sui giudizi relativi alla mansione specifica:
caratteristiche e tipologie dei giudizi e gestione delle idoneità.
Monza, 11 Apr – Come indicato nel D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), il medico competente, sulla base
delle risultanze delle visite mediche (art. 41, comma 2, D.Lgs. 81/2008), esprime uno
dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: idoneità; idoneità parziale,
temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; inidoneità temporanea;
inidoneità permanente.
Per approfondire qualche aspetto della formulazione del giudizio di idoneità, uno
degli obblighi del medico competente, riprendiamo i contenuti di una guida
correlata al Piano Mirato di Prevenzione dell’ ATS Brianza “Contributo del sistema
prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente”, un piano di
prevenzione attivato in accordo con i Comitati Provinciali ex art. 7 D.Lgs. 81/2008
delle province di Lecco e di Monza e Brianza.
Il documento “Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del
medico competente. Guida per le imprese”, ricorda che l’obiettivo della
sorveglianza sanitaria viene infatti raggiunto quando il lavoratore è “assegnato a
una mansione specifica compatibile con lo stato di salute psicofisico attraverso:
a) l’identificazione di eventuali condizioni di salute che possono controindicare
mansioni che comportano rischi particolari;
b) la valutazione di eventuali condizioni di salute suscettibili di aggravamento in
seguito al futuro espletamento della mansione assegnata”.
Per esprimere l’idoneità lavorativa, sempre al “lavoro specifico” o alla “mansione
specifica”, il medico competente deve:
a) “avere una approfondita conoscenza della mansione e dei rischi lavorativi ad
essa connessi;
b) aver fatto un’adeguata valutazione dello stato di salute del soggetto destinato a
quella mansione (visita non frettolosa e/o superficiale)”.
Inoltre si indica che il giudizio di idoneità espresso dal medico competente è:
- preventivo “in quanto dovendo garantire l’integrità psicofisica del lavoratore in
quella determinata mansione, deve essere fatta prima di adibire il lavoratore a una
determinata mansione o deve essere effettuato tempestivamente alla scadenza
degli accertamenti periodici;
- finalizzato alla tutela dello stato di salute. La tutela dello stato di salute del singolo
lavoratore ha favorevoli ripercussioni anche sui colleghi di lavoro e ha una duplice
valenza, comunque e sempre di difesa della salute del lavoratore, ma anche di
tutela della responsabilità del datore di lavoro (il fatto che ci sia, tutela anche il
datore di lavoro);
- individuale, in quanto vale solo per quell’individuo;
- temporale, in quanto valido per un tempo limitato, in genere quello che intercorre
fra due controlli periodici, con l’eccezione della non idoneità assoluta permanente
a quella specifica mansione”.
E tale giudizio si articola attraverso le seguenti fasi:
a) “valutazione dell’ambiente di lavoro (conoscenza dell’ambiente di lavoro e dei
rischi presenti);
b) valutazione del lavoratore (conoscenza dello stato di salute psicofisica del
lavoratore, in particolare degli organi/apparati bersaglio);
c) confronto e interazione tra i due termini del binomio;
d) formulazione del giudizio di idoneità (non generico ma specifico);
e) scelta specifica e non generica dei provvedimenti e/o degli interventi”.
Come abbiamo già accennato nell’introduzione dell’articolo, il medico
competente può esprimere fondamentalmente tre tipologie di giudizio di idoneità:
a) Idoneità alla mansione specifica: “l’idoneità alla mansione specifica rappresenta
il giudizio di piena idoneità”. Si ricorda che “per poter svolgere un’attività lavorativa,
considerata a rischio per la salute secondo il documento di valutazione dei rischi, il
giudizio di idoneità specifica alla mansione è obbligatorio. Ciò comporta che non
possono svolgere attività a rischio i lavoratori privi di tale giudizio e che il lavoratore è
obbligato a sottoporsi agli accertamenti sanitari previsti”;
b) Idoneità parziale alla mansione specifica con prescrizioni e/o limitazioni che
possono essere temporanee o permanenti: “l’idoneità alla mansione specifica con
prescrizioni è l’espressione di una idoneità ad una determinata mansione, purché
vengano osservate precise condizioni. In questo caso il condizionamento
dell’idoneità può essere legato a fattori intrinseci del soggetto (esempio: obbligo di
occhiali per un videoterminalista con problematiche oculari/visive particolari,
accertamento più ravvicinato in relazione allo stato di salute del soggetto rispetto ai
fattori di rischio lavorativi) o a fattori estrinseci dipendenti dal rischio lavorativo
laddove non sia previsto l’uso obbligatorio di dispositivi di protezione individuali
(esempio: maschere, guanti, otoprotettori, ecc.). L’idoneità specifica con limitazioni
prevede una forma di condizionamento particolare in cui si limita il lavoratore ad
una o più attività tra quelle comprese nella mansione (esempio: esclusione dai lavori
in altezza, limitazioni alla movimentazione manuale dei carichi)”;
c) Non idoneità alla mansione specifica che può essere temporanea o permanente:
“la non idoneità comporta un giudizio di specificità esclusivamente per la mansione
lavorativa esaminata: è un giudizio globale in quanto riguarda tutte le attività che
rientrano in quella mansione o gran parte di esse, tale da rendere incompatibile un
proficuo utilizzo del lavoratore in quella mansione specifica. La non idoneità è
permanente, quando la malattia che ha sostenuto questo giudizio è invalidante e
cronica, non migliorabile nel tempo; in alcuni casi tale giudizio può configurare una
condizione di inabilità al lavoro; mentre è temporanea, quando lo stato di malattia
è limitato nel tempo e non coincide necessariamente con una inabilità al lavoro”.
La guida si sofferma poi più nel dettaglio su alcune tipologie di giudizi di idoneità.
Ad esempio riguardo alla gestione delle idoneità con prescrizioni e/o limitazioni si
segnala che laddove il medico competente esprima un giudizio di idoneità parziale
temporanea/ permanente alla specifica mansione, “oltre a comunicare le
indicazioni per iscritto sia al datore di lavoro che al lavoratore, può:
a) se le prescrizioni/limitazioni non sono complesse, verificare con il datore di lavoro
e il lavoratore, l’effettivo rispetto delle indicazioni date e segnalare le eventuali
anomalie;
b) se le prescrizioni/limitazioni sono complesse, è opportuno che si attivi con il datore
di lavoro, il RSPP e il RLS, per individuare un profilo di mansione specifico per il
lavoratore e curarne l’effettiva applicazione;
c) in casi particolarmente critici e complessi, può essere opportuno attivare
all’interno dell’azienda (esempio: grandi aziende industriali, ospedali) un gruppo di
lavoro che si occupi della gestione delle idoneità difficili. Il gruppo deve essere
preferibilmente composto dal datore di lavoro o suo delegato, dal responsabile
dell’ufficio personale, dai preposti, dal RSPP e dal RLS, che vengono così coinvolti in
una logica di corresponsabilizzazione e presa in carico delle suddette idoneità con
l’interfaccia dell’organizzazione aziendale”.
Nel caso poi di lavoratore che effettua una mansione che comporta un rischio per
terzi, individuata sulla base di specifiche indicazioni normative, “il medico
competente dovrà esprimere un giudizio di idoneità specifica alla mansione così
come previsto dalle indicazioni normative. In caso di positività per
uso/abuso/dipendenza da sostanze stupefacenti, qualora il compito specifico
(esempio: mulettista) coincida con la mansione esclusiva effettuata dal lavoratore, il
medico competente rilascia un giudizio di inidoneità temporanea; qualora il
compito specifico sia solo uno di quelli previsti nell’ambito della mansione svolta
(esempio: attività di mulettista nell’ambito della mansione di magazziniere) il medico
competente rilascia un giudizio con limitazione temporanea solo per quel compito
esclusivo”.
Si segnala che per quanto riguarda i controlli sull’ abuso/dipendenza da alcol, in
Regione Lombardia, “non è generalmente consentito né alle aziende e quindi
nemmeno al medico competente, effettuare accertamenti specifici per la verifica
dell’assunzione acuta/cronica di sostanze alcoliche. Eventuali interventi specifici in
ordine alla verifica di un quadro di abuso/dipendenza da alcol, potranno essere
effettuati solo ai fini della tutela della salute del lavoratore per l’attivazione di un
percorso terapeutico o qualora ci siano concreti accadimenti che comportino un
rischio per terzi”.
Infine la guida si sofferma anche sui certificati di idoneità/inidoneità e sul possibile
ricorso.
Si sottolinea che la comunicazione scritta del giudizio di idoneità al datore di lavoro
e al lavoratore è “prevista dal D. Lgs 81/08 in tutti i casi di idoneità e/o di inidoneità
parziale o temporanea o totale del lavoratore. Il medico competente ha l’obbligo
di consegnare al datore di lavoro e ai lavoratori i certificati rilasciati chiedendo una
firma per presa visione”.
Riportiamo in conclusione il comma 9 dell’articolo 41 del Testo Unico sui casi di non
accettazione del giudizio espresso dal medico competente:
9. Avverso i giudizi del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni
dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza
territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la
conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
ATS Brianza, Comitato Provinciale ex art. 7 DLgs 81/08 dell’ASL Monza Brianza, “ Contributo del
sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente. Guida per le imprese”,
documento correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Contributo del sistema prevenzionistico
aziendale all’attività del medico competente” dell’ASL Monza Brianza, versione dicembre 2015
(formato PDF, 1.57 MB).
ATS Brianza, “ Scheda di autovalutazione”, documento correlato al Piano Mirato di Prevenzione
“Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente” dell’ATS
Brianza (formato DOC, 400 kB).
Fonte: puntosicuro.it
Rischi attività di scavo, cantieri stradali, costruzioni idrauliche, guida Inail.
ROMA – Riduzione del rischio nelle attività di scavo. Pubblicata da Inail una guida
per datori di lavoro, Rspp, addetti ai lavori e committenti che analizza fattori di
rischio, dinamiche, esigenze per la prevenzione in attività come scavi per
fondazione, costruzioni idrauliche e sottoservizi, strade e ferrovie.
Il volume è un aggiornamento di una precedente edizione dell’opera pubblicata
nel 2003 ed è curato dalla Direzione Regione Lombardia. Le maggiori novità sono
ovviamente un nuovo inquadramento rispetto alla normativa corrente, quindi due
nuovi capitoli inediti che affrontano i cantieri stradali e i rischi elettrici nelle attività di
scavo.
Undici sono le parti che compongono la guida, per un percorso che muovendo
dall’analisi dei dati infortunistici, dalle dinamiche più frequenti, arriva ad analizzare il
terreno, i fattori organizzativi, i fattori ambientali, l’efficacia delle opere provvisionali.
Dettagli e tecniche, segnalando quanto sia fondamentale la collaborazione tra le
parti in campo, l’approccio multidisciplinare che includa sia aspetti di natura
ingegneristica che geologica.
Le rocce, il comportamento delle terre, la meccanica e la stabilità dei terreni, quindi
le procedure preliminari allo scavo e l’intera gamma dei fattori gestionali necessari
per la sicurezza sul lavoro: emergenze, Dpi, formazione, ispezioni interne,
raccomandazioni. L’ambiente e i rischi che ne derivano, ovvero pioggia, acque,
canali, detriti, polveri e sostanze aerodisperse, le macchine operatrici. Le opere di
contrasto e le protezioni, i sistemi di accesso.
Una lunga scansione di ogni aspetto lavorativo, preparatorio, dei rischi che si
evolvono con l’evolversi delle opere, affiancata dall’analisi di tre esempi di
dinamica di incidente (fognature, cimiteri, impermeabilizzazione locali interrati) e da
una serie di proposte per tecniche alternative alcune delle quali basate su
tecnologia No dig. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Inail, Riduzione del rischio nelle attività di scavo
Fonte: quotidianosicurezza.it

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News SSL 16 2017

  • 1. News 16/SSL/2017 Lunedì, 17 aprile 2017 Conoscere e valutare i rischi nel comparto della panificazione. Indicazioni per la valutazione dei rischi secondo il modello delle procedure standardizzate nel comparto della panificazione. Focus sull’esposizione alle polveri, sui pericoli di caduta, di esplosione e sull’uso delle attrezzature di lavoro. Pistoia, 12 Apr – PuntoSicuro ha più volte ricordato come nel nostro paese il comparto della panificazione sia composto spesso da piccole aziende e presenti diversi fattori di rischio per i suoi operatori. Se guardiamo, ad esempio, alla realtà della panificazione nella provincia di Pistoia si può rilevare come sia “caratterizzata di gran lunga dalla piccola impresa, l’89% delle imprese attive sul territorio hanno un numero di addetti compreso tra 1 e 9, mentre il 10% ha un numero di addetti tra 10-19 e solo lo 1% risulta compreso tra i 20- 49”. In queste realtà le unità produttive sono spesso “inserite in edifici di vecchia costruzione”, con “caratteristiche abitative oggi superate” e “oggettivi problemi di spazio: la movimentazione dei carichi è spesso resa disagevole da dislivelli (scalini, piani inclinati, etc.), anche la pulizia può risultare problematica”. Inoltre molte fasi lavorative sono state meccanizzate (impastatrici, filonatrici, arrotondatrici, spezzatrici, …) ed è diminuito il rischio relativo al sovraccarico degli arti superiori, ma si è introdotto tuttavia quello relativo alle macchine, “che può essere facilmente ridotto dal corretto utilizzo delle macchine stesse, dotate di sistemi di sicurezza specifici (griglie di protezione, dispositivi di blocco)”. Risulta invece ancora “rappresentativo” il rischio di contrarre “patologie allergiche o respiratorie dovute all’esposizione alle farine, tale rischio può essere notevolmente ridotto con l’adozione di sistemi di convogliamento meccanizzato delle farine, sistemi di pulizia mediante aspirazione e l’applicazione di misure di prevenzione comportamentali ed organizzative”. Inoltre la presenza di polveri “può costituire un ulteriore rischio in presenza di impianti elettrici obsoleti e inadeguati relativamente all’innesco di fenomeni esplosivi”. Senza dimenticare che la produzione “si estende alle ore notturne e di prima mattina, ciò può introdurre un rischio qualora vi sia una variabilità nell’orario che può determinare disturbi psicofisici; inoltre occorre tenere
  • 2. presente che in caso di lavoro solitario devono essere correttamente gestite situazioni di emergenza”. A offrire in questi termini un panorama della sicurezza dei panifici, con specifico riferimento al territorio pistoiese, è un documento - prodotto dal servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) dell’ Azienda USL 3 di Pistoia in collaborazione con OPTA (Organismo paritetico territoriale dell`artigianato) Pistoia e associazioni datoriali e sindacali – dal titolo “Salute e sicurezza nei panifici: indicazioni per la valutazione dei rischi secondo il modello delle procedure standardizzate”. Una pubblicazione che è il risultato di un confronto con esperti del settore, associazioni datoriali e sindacali di categoria ed enti paritetici e, come altre prodotte dall’Ausl di Pistoia (ora Azienda USL Toscana centro), prende spunto dal documento ministeriale che definisce le procedure standardizzate cercando di adattarlo, in questo caso, alle esigenze del comparto dei panificatori. Si segnala che tale documento costituisce uno “strumento semplice ed efficace per il processo della valutazione dei rischi all’interno delle piccole imprese ma non esaurisce l’esame di tutti i rischi che si possono presentare e non definisce l’esito di tale processo, che deve essere verificato caso per caso”. Il documento segue i vari passi nella compilazione del documento di valutazione dei rischi secondo le procedure standardizzate con riferimento specifico a: - descrizione generale dell’azienda; - individuazione dei pericoli presenti in azienda; - valutazione dei rischi - misure di prevenzione e protezione attuate; - definizione del programma di attuazione, miglioramento e controllo. E contiene diversi allegati su vari aspetti correlati alla tutela della salute e sicurezza (attrezzature di emergenza, segnaletica di sicurezza, valutazione rischio vibrazioni e rumore, valutazione del rischio esplosione e del rischio chimico, rischio stress lavoro correlato, …). Ci soffermiamo oggi su alcuni pericoli individuati e sulle misure di prevenzione e protezione attuabili con riferimento ad alcuni fattori di rischio considerati nel documento in fascia di rischio alto. Ad esempio riguardo all’esposizione a polvere di farina, che può esporre gli operatori a varie patologie ( patologie allergiche e asma, patologie cutanee da
  • 3. contatto) sono riportate alcuni possibili misure di prevenzione: - “adottare misure di tipo tecnico (sistemi di convogliamento della farina dal silos di deposito alle zone di svuotamento, sistemi di aspirazione localizzati nelle zone di svuotamento dei sacchi); - adottare misure di tipo procedurale (modalità di lavoro che limitino al minimo l’emissione di polvere, pulizie effettuate con sistemi di aspirazione); - i lavoratori devono disporre di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta con aperture naturali e quando ciò non è possibile, con impianti di aerazione; - informazione e formazione dei lavoratori sui rischi e sulle corrette procedure di lavoro”. Nel documento sono poi riportate anche indicazioni per le misure di protezione, con riferimento all’uso di dispositivi di protezione, ricordando tuttavia di “anteporre le misure di prevenzione a quelle di protezione, cercando di ridurre per quanto possibile con sistemi tecnici e procedurali la concentrazione di polveri di farina nell’ambiente di lavoro”. Un altro rischio è costituito dalle possibili lesioni dovute a scivolamento, inciampo, caduta in relazione allo stato di pavimenti, vie di circolazione, vie di fuga e ingombri nei passaggi. Misure di prevenzione: - “pavimentazione con idonee caratteristiche; - tenere puliti i pavimenti, pulizia periodica e/o immediata in caso di sporcizia. pertanto si devono adottare sistemi di pulizia attraverso l’aspirazione delle polveri; informazione e formazione dei lavoratori; - eliminare i possibili ostacoli presenti lungo le vie di circolazione”. Riguardo alla protezione si fa riferimento anche all’uso di calzature con suola antisdrucciolo (“evitare l’utilizzo di sandali o zoccoli aperti”). Un fattore di rischio riguarda poi i depositi per sacchi/scaffali con pericolo dovuto a ribaltamento di una catasta di sacchi di farina o degli scaffali: - “in caso di stoccaggio verticale limitare l’altezza a 4-6 volte la larghezza; - collocare le merci a strati incrociati eventualmente interporre degli assi degli assi tra gli strati; - gli scaffali sono fissati al muro o (soffitto), è indicata la portata massima”. Un ulteriore rischio considerato in fascia alta è correlato all’uso di attrezzature di lavoro (ad esempio impastatrici, filonatrici, porzionatrici), al contatto con coltelli-
  • 4. utensili taglienti e al contatto con superfici calde: - “verifica di funzionamento dei dispositivi di sicurezza (blocco del riparo, interblocco); - Verificare la presenza di una griglia sui punti di accesso a gli organi mobili, controllati elettronicamente; - informazione e formazione circa il rischio legato all’uso di coltelli e taglienti; - informazione e formazione circa il rischio infortunistico legato al possibile contatto con superfici calde”. E riguardo alle misure di protezione si fa riferimento all’utilizzo di “guanti con altissima resistenza al calore con protezione della mano e del polso”. Ci soffermiamo, infine, sul rischio incendio/esplosione, ad esempio al rischio di esplosioni “dovute a perdite di combustibile di alimentazione dei forni, o alle polveri di farina”, un rischio che necessita una valutazione del rischio più approfondita (a tale valutazione è dedicato un allegato del documento)”. Queste alcune misure di prevenzione e protezione: - “realizzazione delle procedure ai fini della prevenzione incendi, evacuazione e gestione delle emergenze; - valutare l’installazione di un rilevatore di gas a seconda del tipo di combustibile del forno; - installare attrezzature di protezione dal rischio incendio”. Concludiamo segnalando che il documento analizza anche i seguenti fattori di rischio: rischio chimico, sovraccarico biomeccanico dorso-lombare e degli arti superiori, movimenti ripetuti, esposizione a microclima sfavorevole, esposizione a rumore, esposizione a vibrazioni (trasmesse al corpo intero), lavoro notturno, impianto elettrico, … Azienda USL 3 di Pistoia, “ Salute e sicurezza nei panifici: indicazioni per la valutazione dei rischi secondo il modello delle procedure standardizzate”, a cura del servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) USL 3 di Pistoia, in collaborazione con OPTA Pistoia, Ebiter, RSLT presso OPTA Pistoia, Confcommercio, Confartigianato, CNA, Datori di lavoro rappresentanti di categoria, ver. PT20130606 (formato PDF, 1.57 MB). Fonte: puntosicuro.it L’ autonomia del Rspp nello svolgimento della sua funzione. In cosa consiste l’autonomia che secondo norme e sentenze l’RSPP deve esercitare
  • 5. e che gli deve essere garantita: lo svolgimento del ruolo nel “rispetto del sapere scientifico e tecnologico” e della “normativa vigente”. Di Anna Guardavilla. Il decreto 81/08 prevede espressamente che al medico competente debba essere garantita l’autonomia. Infatti ai sensi dell’articolo 39 c.4 D.Lgs.81/08 “il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia”. Per quanto riguarda la figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, non troviamo all’interno del decreto 81 una previsione analoga in termini di ‘esplicitazione’ ma rinveniamo comunque una serie di importanti disposizioni che vanno nella direzione di configurare la necessità che venga garantita un’autonomia all’RSPP. Queste disposizioni sono peraltro oggetto di interessanti interpretazioni giurisprudenziali. La Cassazione - a Sezioni Unite - infatti è esplicita nell’affermare che l’RSPP debba “svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza.”(Cass. Pen., Sez. Un., 18.9.2014 n.38343; sentenza di Cassazione Penale a Sezioni Unite sul caso Thyssenkrupp). Dunque la figura dell’RSPP viene configurata come una funzione che è chiamata a svolgere la sua attività “in autonomia” e - strettamente collegato a questo - “nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico”; un sapere che deve guidare e orientare l’attività di individuazione dei fattori di rischio, di valutazione dei rischi, di individuazione delle misure etc.. Il Servizio di Prevenzione, che l’RSPP coordina, è infatti “utilizzato” dal datore di lavoro sul quale ultimo grava l’obbligo espresso dall’articolo 2087 c.c. - come interpretato dalla giurisprudenza - di “uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l’accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente.”(Cass. Penale, Sez. IV, 16 giugno 1995 n.6944.)
  • 6. In questo senso, il ruolo dell’RSPP quale soggetto attraverso il quale il datore di lavoro ottempera all’obbligo di realizzare la “migliore scienza ed esperienza” (art.2087 c.c.) è ben evidenziato da una sentenza dell’anno scorso, che sottolinea “l'importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto il datore di lavoro, normalmente a digiuno […] di conoscenze tecniche, è proprio concretamente avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che ottempera all'obbligo giuridico di analizzare e di individuare, secondo l'esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno del luogo di lavoro (Sez. U., n.38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261109).”(Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n.20051.) E’ evidente che il fatto che all’RSPP venga concretamente garantita un’autonomia nello svolgimento della sua attività di valutazione dei rischi e di tutto quanto correlato è essenziale perché questo soggetto possa realizzare a pieno il ruolo di cui è investito dalla legge e a cui si vincola tramite contratto, nonché affinché possa davvero rappresentare uno “strumento” (nel senso migliore del termine: guardando alla “funzione” in quanto tale) atto a consentire al datore di lavoro di attuare pienamente ed effettivamente l’obbligo su di lui gravante ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile oltre ai vari obblighi previsti in capo al datore di lavoro dal D.Lgs.81/08, a partire dalla valutazione dei rischi in poi. Sul piano normativo, non si dimentichi in tal senso che l’art.33 c.1 lett.a) del D.Lgs.81/08 prevede che “il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale”. Dunque l’RSPP deve svolgere la sua attività “nel rispetto della normativa vigente”(oltre che sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale), la quale normativa vigente - unitamente al “sapere scientifico e tecnologico” - è la bussola che deve orientare tale soggetto nella delicata attività di valutazione dei rischi, di individuazione delle misure e in generale nello svolgimento di tutti i compiti di cui all’articolo 33 T.U.; non a caso il legislatore ha previsto che “gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, […] non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento
  • 7. del proprio incarico.”(art.31 c.2 D.Lgs.81/08.) L’autonomia che deve essere riconosciuta all’RSPP nello svolgimento del suo ruolo - nei termini visti sopra: ovvero la garanzia che l’RSPP possa pienamente esercitare i suoi compiti “nel rispetto della normativa vigente” e “del sapere scientifico e tecnologico” nonché, come chiarito dalla Cassazione (si veda di seguito), nell’ambito della “sfera della sua competenza tecnico-scientifica” - non è però “solitudine” nell’esercizio del ruolo (e con essa non va confusa) né deve essere confusa con l’autonomia “decisionale” di cui dispongono altri soggetti. Questo aspetto viene evidenziato dalla Corte di Cassazione, che precisa che la figura dell’RSPP “svolge una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma è priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve, un lavoro in équipe.” Infatti, prosegue la Corte con riferimento ai componenti del Servizio di Prevenzione, il “ruolo svolto da costoro è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro.La loro attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell’evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche.Diversamente, si “rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica.” (Cassazione Penale, Sez. Un., 18.9.2014 n.38343.) Questo principio è ribadito anche da una pronuncia di quest’anno (Cassazione Penale, Sez.IV, 23 gennaio 2017 n.3313) che schematizza nel seguente modo le “aree di competenza” del datore di lavoro e dell’ RSPP: “- il datore di lavoro, avvalendosi della consulenzadel responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art.28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; - il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il
  • 8. datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori […].” Questa sentenza ribadisce dunque il tema dell’autonomia dell’RSPP (richiamando la sentenza delle Sezioni Unite del 2014 su citata), affermando nuovamente “che gravava sullo stesso, di svolgere in autonomia, nel rispetto del proprio sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro, di sollecitarlo al necessario aggiornamento del documento di valutazione rischi e, in generale, di dissuaderlo dall'intraprendere o dal mantenere scelte pregiudizievoli per la sicurezza dei lavoratori.” Anna Guardavilla Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro Corte di Cassazione - Penale Sezioni Unite – Sentenza n. 38343 del 18 settembre 2014 (ud. 24 aprile 2014) – Pres. Santacroce – Relat. Blaiotta - P. G. Destro – Thyssenkrupp: le condanne inflitte andranno ridefinite, ma non aumentate - Criteri di demarcazione tra dolo eventuale e colpa cosciente. Corte di cassazione – Sentenza Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n. 20051 - c Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. n. 3313 del 23 gennaio 2017 - Incendio all'interno dell'opificio industriale di una ditta di vernici. Responsabili datori di lavoro e RSPP. Fonte: puntosicuro.it Bando Isi Inail 2016, al via la prima fase. ROMA – Bando Isi 2016. Inail ricorda che sta per partire a giorni la nuova edizione del bando che finanzia le imprese nel sostenere interventi per la salute e la sicurezza sul lavoro. 19 aprile Come già descritto in occasione del lancio di questa settima edizione del bando Inail, per il 2017 sono a disposizione 244.507.756 euro, che andranno a finanziare
  • 9. quattro tipologie di intervento: investimento; modelli organizzativi e di responsabilità sociale; bonifica amianto; micro e piccole imprese in specifici settori. Contributi pari al 65% dell’investimento, in conto capitale, fino a un massimo di 130 mila euro e fino a 50 mila euro per i progetti di micro e piccole imprese in specifici settori. A partire dal 19 aprile le imprese potranno iniziare a inserire sulla piattaforma Inail il proprio progetto, verificarne l’ammissibilità e quindi una volta completata la fase attendere di poter scaricare il codice identificativo che dovrà essere inviato nel click day. Queste tutte le scadenze: dal 19 aprile al 5 giugno inserimento domanda su piattaforma online Inail (la registrazione alla piattaforma sarà possibile fino alle 18.00 del 3 giugno); 12 giugno download codice identificativo; 12 giugno comunicazione di data e orario del click day; click day. I finanziamenti verranno assegnanti in base all’ordine cronologico di arrivo delle domande nel click day. Moduli contatti In questa pagina è possibile consultare la determina del Presidente Inail 381 del 15 dicembre sull’avviso pubblico Isi 2016, quindi il bando e l’intero elenco dei moduli necessari. I riferimenti telefonici per informazioni e assistenza sono: 803164 gratuito da fisso o 06 164164 a pagamento. Isi agricoltura 2016 Ricordiamo che come disposto con una nota del 9 gennaio 2017 è ancora aperta fino al 28 aprile la procedura di inserimento della domanda per partecipare al bando Isi Inail agricoltura 2016. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: al via la prima fase del bando Isi Inail 2016 Fonte: quotidianosicurezza.it Medico competente: sorveglianza sanitaria e giudizi di idoneità. Una guida si sofferma sul contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente. Focus sui giudizi relativi alla mansione specifica: caratteristiche e tipologie dei giudizi e gestione delle idoneità. Monza, 11 Apr – Come indicato nel D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela
  • 10. della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche (art. 41, comma 2, D.Lgs. 81/2008), esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: idoneità; idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; inidoneità temporanea; inidoneità permanente. Per approfondire qualche aspetto della formulazione del giudizio di idoneità, uno degli obblighi del medico competente, riprendiamo i contenuti di una guida correlata al Piano Mirato di Prevenzione dell’ ATS Brianza “Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente”, un piano di prevenzione attivato in accordo con i Comitati Provinciali ex art. 7 D.Lgs. 81/2008 delle province di Lecco e di Monza e Brianza. Il documento “Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente. Guida per le imprese”, ricorda che l’obiettivo della sorveglianza sanitaria viene infatti raggiunto quando il lavoratore è “assegnato a una mansione specifica compatibile con lo stato di salute psicofisico attraverso: a) l’identificazione di eventuali condizioni di salute che possono controindicare mansioni che comportano rischi particolari; b) la valutazione di eventuali condizioni di salute suscettibili di aggravamento in seguito al futuro espletamento della mansione assegnata”. Per esprimere l’idoneità lavorativa, sempre al “lavoro specifico” o alla “mansione specifica”, il medico competente deve: a) “avere una approfondita conoscenza della mansione e dei rischi lavorativi ad essa connessi; b) aver fatto un’adeguata valutazione dello stato di salute del soggetto destinato a quella mansione (visita non frettolosa e/o superficiale)”. Inoltre si indica che il giudizio di idoneità espresso dal medico competente è: - preventivo “in quanto dovendo garantire l’integrità psicofisica del lavoratore in quella determinata mansione, deve essere fatta prima di adibire il lavoratore a una determinata mansione o deve essere effettuato tempestivamente alla scadenza degli accertamenti periodici; - finalizzato alla tutela dello stato di salute. La tutela dello stato di salute del singolo lavoratore ha favorevoli ripercussioni anche sui colleghi di lavoro e ha una duplice valenza, comunque e sempre di difesa della salute del lavoratore, ma anche di
  • 11. tutela della responsabilità del datore di lavoro (il fatto che ci sia, tutela anche il datore di lavoro); - individuale, in quanto vale solo per quell’individuo; - temporale, in quanto valido per un tempo limitato, in genere quello che intercorre fra due controlli periodici, con l’eccezione della non idoneità assoluta permanente a quella specifica mansione”. E tale giudizio si articola attraverso le seguenti fasi: a) “valutazione dell’ambiente di lavoro (conoscenza dell’ambiente di lavoro e dei rischi presenti); b) valutazione del lavoratore (conoscenza dello stato di salute psicofisica del lavoratore, in particolare degli organi/apparati bersaglio); c) confronto e interazione tra i due termini del binomio; d) formulazione del giudizio di idoneità (non generico ma specifico); e) scelta specifica e non generica dei provvedimenti e/o degli interventi”. Come abbiamo già accennato nell’introduzione dell’articolo, il medico competente può esprimere fondamentalmente tre tipologie di giudizio di idoneità: a) Idoneità alla mansione specifica: “l’idoneità alla mansione specifica rappresenta il giudizio di piena idoneità”. Si ricorda che “per poter svolgere un’attività lavorativa, considerata a rischio per la salute secondo il documento di valutazione dei rischi, il giudizio di idoneità specifica alla mansione è obbligatorio. Ciò comporta che non possono svolgere attività a rischio i lavoratori privi di tale giudizio e che il lavoratore è obbligato a sottoporsi agli accertamenti sanitari previsti”; b) Idoneità parziale alla mansione specifica con prescrizioni e/o limitazioni che possono essere temporanee o permanenti: “l’idoneità alla mansione specifica con prescrizioni è l’espressione di una idoneità ad una determinata mansione, purché vengano osservate precise condizioni. In questo caso il condizionamento dell’idoneità può essere legato a fattori intrinseci del soggetto (esempio: obbligo di occhiali per un videoterminalista con problematiche oculari/visive particolari, accertamento più ravvicinato in relazione allo stato di salute del soggetto rispetto ai fattori di rischio lavorativi) o a fattori estrinseci dipendenti dal rischio lavorativo laddove non sia previsto l’uso obbligatorio di dispositivi di protezione individuali (esempio: maschere, guanti, otoprotettori, ecc.). L’idoneità specifica con limitazioni prevede una forma di condizionamento particolare in cui si limita il lavoratore ad una o più attività tra quelle comprese nella mansione (esempio: esclusione dai lavori in altezza, limitazioni alla movimentazione manuale dei carichi)”;
  • 12. c) Non idoneità alla mansione specifica che può essere temporanea o permanente: “la non idoneità comporta un giudizio di specificità esclusivamente per la mansione lavorativa esaminata: è un giudizio globale in quanto riguarda tutte le attività che rientrano in quella mansione o gran parte di esse, tale da rendere incompatibile un proficuo utilizzo del lavoratore in quella mansione specifica. La non idoneità è permanente, quando la malattia che ha sostenuto questo giudizio è invalidante e cronica, non migliorabile nel tempo; in alcuni casi tale giudizio può configurare una condizione di inabilità al lavoro; mentre è temporanea, quando lo stato di malattia è limitato nel tempo e non coincide necessariamente con una inabilità al lavoro”. La guida si sofferma poi più nel dettaglio su alcune tipologie di giudizi di idoneità. Ad esempio riguardo alla gestione delle idoneità con prescrizioni e/o limitazioni si segnala che laddove il medico competente esprima un giudizio di idoneità parziale temporanea/ permanente alla specifica mansione, “oltre a comunicare le indicazioni per iscritto sia al datore di lavoro che al lavoratore, può: a) se le prescrizioni/limitazioni non sono complesse, verificare con il datore di lavoro e il lavoratore, l’effettivo rispetto delle indicazioni date e segnalare le eventuali anomalie; b) se le prescrizioni/limitazioni sono complesse, è opportuno che si attivi con il datore di lavoro, il RSPP e il RLS, per individuare un profilo di mansione specifico per il lavoratore e curarne l’effettiva applicazione; c) in casi particolarmente critici e complessi, può essere opportuno attivare all’interno dell’azienda (esempio: grandi aziende industriali, ospedali) un gruppo di lavoro che si occupi della gestione delle idoneità difficili. Il gruppo deve essere preferibilmente composto dal datore di lavoro o suo delegato, dal responsabile dell’ufficio personale, dai preposti, dal RSPP e dal RLS, che vengono così coinvolti in una logica di corresponsabilizzazione e presa in carico delle suddette idoneità con l’interfaccia dell’organizzazione aziendale”. Nel caso poi di lavoratore che effettua una mansione che comporta un rischio per terzi, individuata sulla base di specifiche indicazioni normative, “il medico competente dovrà esprimere un giudizio di idoneità specifica alla mansione così come previsto dalle indicazioni normative. In caso di positività per uso/abuso/dipendenza da sostanze stupefacenti, qualora il compito specifico (esempio: mulettista) coincida con la mansione esclusiva effettuata dal lavoratore, il medico competente rilascia un giudizio di inidoneità temporanea; qualora il
  • 13. compito specifico sia solo uno di quelli previsti nell’ambito della mansione svolta (esempio: attività di mulettista nell’ambito della mansione di magazziniere) il medico competente rilascia un giudizio con limitazione temporanea solo per quel compito esclusivo”. Si segnala che per quanto riguarda i controlli sull’ abuso/dipendenza da alcol, in Regione Lombardia, “non è generalmente consentito né alle aziende e quindi nemmeno al medico competente, effettuare accertamenti specifici per la verifica dell’assunzione acuta/cronica di sostanze alcoliche. Eventuali interventi specifici in ordine alla verifica di un quadro di abuso/dipendenza da alcol, potranno essere effettuati solo ai fini della tutela della salute del lavoratore per l’attivazione di un percorso terapeutico o qualora ci siano concreti accadimenti che comportino un rischio per terzi”. Infine la guida si sofferma anche sui certificati di idoneità/inidoneità e sul possibile ricorso. Si sottolinea che la comunicazione scritta del giudizio di idoneità al datore di lavoro e al lavoratore è “prevista dal D. Lgs 81/08 in tutti i casi di idoneità e/o di inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore. Il medico competente ha l’obbligo di consegnare al datore di lavoro e ai lavoratori i certificati rilasciati chiedendo una firma per presa visione”. Riportiamo in conclusione il comma 9 dell’articolo 41 del Testo Unico sui casi di non accettazione del giudizio espresso dal medico competente: 9. Avverso i giudizi del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso. ATS Brianza, Comitato Provinciale ex art. 7 DLgs 81/08 dell’ASL Monza Brianza, “ Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente. Guida per le imprese”, documento correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente” dell’ASL Monza Brianza, versione dicembre 2015 (formato PDF, 1.57 MB). ATS Brianza, “ Scheda di autovalutazione”, documento correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Contributo del sistema prevenzionistico aziendale all’attività del medico competente” dell’ATS
  • 14. Brianza (formato DOC, 400 kB). Fonte: puntosicuro.it Rischi attività di scavo, cantieri stradali, costruzioni idrauliche, guida Inail. ROMA – Riduzione del rischio nelle attività di scavo. Pubblicata da Inail una guida per datori di lavoro, Rspp, addetti ai lavori e committenti che analizza fattori di rischio, dinamiche, esigenze per la prevenzione in attività come scavi per fondazione, costruzioni idrauliche e sottoservizi, strade e ferrovie. Il volume è un aggiornamento di una precedente edizione dell’opera pubblicata nel 2003 ed è curato dalla Direzione Regione Lombardia. Le maggiori novità sono ovviamente un nuovo inquadramento rispetto alla normativa corrente, quindi due nuovi capitoli inediti che affrontano i cantieri stradali e i rischi elettrici nelle attività di scavo. Undici sono le parti che compongono la guida, per un percorso che muovendo dall’analisi dei dati infortunistici, dalle dinamiche più frequenti, arriva ad analizzare il terreno, i fattori organizzativi, i fattori ambientali, l’efficacia delle opere provvisionali. Dettagli e tecniche, segnalando quanto sia fondamentale la collaborazione tra le parti in campo, l’approccio multidisciplinare che includa sia aspetti di natura ingegneristica che geologica. Le rocce, il comportamento delle terre, la meccanica e la stabilità dei terreni, quindi le procedure preliminari allo scavo e l’intera gamma dei fattori gestionali necessari per la sicurezza sul lavoro: emergenze, Dpi, formazione, ispezioni interne, raccomandazioni. L’ambiente e i rischi che ne derivano, ovvero pioggia, acque, canali, detriti, polveri e sostanze aerodisperse, le macchine operatrici. Le opere di contrasto e le protezioni, i sistemi di accesso. Una lunga scansione di ogni aspetto lavorativo, preparatorio, dei rischi che si evolvono con l’evolversi delle opere, affiancata dall’analisi di tre esempi di dinamica di incidente (fognature, cimiteri, impermeabilizzazione locali interrati) e da una serie di proposte per tecniche alternative alcune delle quali basate su tecnologia No dig. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Inail, Riduzione del rischio nelle attività di scavo Fonte: quotidianosicurezza.it