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News 37/SSL/2017
Lunedì, 11 settembre 2017
Rischio chimico e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre.
Una pubblicazione Inail presenta i risultati di una ricerca per la tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre. L’utilizzo di fitofarmaci, la valutazione del
rischio chimico e le cause di incidenti e contaminazioni.
Roma, 11 Set – L'utilizzo dei prodotti fitosanitari (PF), ad esempio insetticidi, fungicidi,
acaricidi, fitoregolatori e erbicidi, utilizzati nella manutenzione del verde e in ambito
agricolo, espone generalmente gli operatori ad agenti chimici pericolosi. Se poi le
attività agricole sono svolte in serra si ha non solo un pericoloso accumulo dei
contaminanti, ma anche un incremento di temperatura e umidità relativa che può
condizionare la capacità inalatoria e di assorbimento cutaneo. E dunque nelle serre
l’impiego di tali prodotti, destinati alla difesa delle colture dagli agenti dannosi, “può
comportare un rischio più o meno elevato per i lavoratori in funzione della tossicità
intrinseca del principio attivo, dei livelli di esposizione e di assorbimento attraverso le
varie vie di penetrazione nell’organismo (inalatoria, cutanea, ecc.) e delle modalità
e frequenza d’uso”.
A ricordare questo rischio è un documento realizzato dal Dipartimento di medicina,
epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail che raccoglie gli atti del
convegno “La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei
lavoratori agricoli nelle serre” che si è svolto a Lamezia Terme il 4 Luglio 2016.
Nel documento sono presentati i risultati di alcune ricerche, correlate ad un
progetto finanziato dal Ministero della salute, che hanno affrontato lo scenario di
esposizione per l’attività lavorativa in serra nel territorio calabrese dove “è presente
un importante sviluppo di coltivazioni che impiegano numerosi lavoratori,
prevalentemente in piccole e medie imprese, configurando scenari di esposizione
peculiari che possono integrare diverse criticità, per quanto concerne, in
particolare, la valutazione dei rischi”. E attraverso gli studi intrapresi “sono stati
analizzati e descritti alcuni scenari di esposizione tipici delle colture in serra del Sud
Italia, tenendo conto delle variabili che li descrivono e individuando quelle tipologie
di serra che possano rappresentare una casistica eloquente delle condizioni di
esposizione, almeno per questa parte di territorio”.
Nella presentazione del documento, a cura di Sergio Iavicoli, direttore del
Dipartimento, si segnala che riguardo ai rischi espositivi è necessario esprimere “un
giudizio spesso critico sul comportamento degli utilizzatori” dei prodotti fitosanitari.
Infatti le più ricorrenti cause di incidenti o contaminazioni “sono da imputare a
eccessiva confidenza con i prodotti impiegati (non si tengono in debito conto le
avvertenze riportate in etichetta e sulle schede tecniche), al mancato rispetto delle
dosi consigliate per i trattamenti, al trasporto dei prodotti con mezzi non idonei, ad
insufficienze riguardo allo stoccaggio ed alla conservazione (locali non idonei,
scarse avvertenze riguardo la loro custodia, commistione di più prodotti senza
verificarne la compatibilità chimico-fisica, mancanza di dispositivo antincendio),
oppure al fatto che durante la fase di trattamento non si tengono in conto le
condizioni meteorologiche avverse (pioggia o vento contrario)”. Inoltre, continua
Iavicoli, a volte si trascura “di appurare se la zona da trattare è ubicata in vicinanza
di abitazioni o corsi d’acqua; nelle operazioni non vengono usati indumenti
specificatamente dedicati allo scopo; non vengono svolte accurate bonifiche delle
attrezzature e dei dispositivi personali di protezione a trattamento avvenuto, così
come non sempre si rispettano i tempi di rientro e di carenza”.
In relazione alla recente pubblicazione del documento “Atti di convegno. La ricerca
prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle
serre”, curato da Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina,
epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, Inail), ci soffermiamo in particolare
oggi su un intervento che affronta il tema della valutazione del rischio chimico
inalatorio in serra.
In “Procedura di valutazione del rischio chimico inalatorio in serra”, intervento a
cura di M. Rubbiani (Centro nazionale Sostanze Chimiche - Istituto superiore di
sanità) e R. Cabella (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del
lavoro e ambientale), si sottolinea il fatto che l’applicazione di pesticidi nelle serre
“differisce sostanzialmente da quella realizzata in ambienti di campo esterni”:
- i pesticidi “possono essere applicati alle colture in serra tutto l’anno, spesso su un
programma di più giorni, piuttosto che stagionalmente, e spesso a dosi di
applicazione più elevate rispetto alle colture in campo;
- le applicazioni in serra di pesticidi sono ad alta intensità e sono spesso non adatti ai
tipi di controlli di mitigazione dell’esposizione disponibili per l’uso sul campo, come
ad esempio quelli che prevedono le cabine chiuse;
- le attrezzature per l’applicazione manuale pongono l’operatore più a contatto
con il materiale spruzzato, sia in forma liquida e di aerosol, e l’ambiente limitato
rallenta la dissipazione di residui”;
- “la coltivazione di colture in serra è spesso anche ad alta intensità di manodopera
e generalmente richiede al lavoratore di mantenere costante il contatto fisico con il
fogliame della coltura trattata”.
E dunque questi fattori contribuiscono a livelli di esposizione “potenzialmente più
elevati per i lavoratori in serra rispetto ai lavoratori sul campo”.
Veniamo alla valutazione del rischio chimico.
I relatori indicano che la valutazione o la misurazione dei livelli di esposizione
dell’operatore a pesticidi durante le operazioni di miscelazione/carico ed
applicazione “è necessaria ai fini di una adeguata valutazione del rischio chimico di
esposizione per tutti gli operatori impegnati con diverse mansioni in attività lavorative
in serra. Per la valutazione quantitativa del rischio dei lavoratori in serra, l’esposizione
sistemica, generalmente stimata sulla base di valori di esposizione potenziale
cutanea ed inalatoria, viene generalmente confrontata con un valore tossicologico
di riferimento”. Si indica poi che a tal fine viene normalmente utilizzato “il livello
accettabile di esposizione dell’operatore (acceptable operator exposure level,
AOEL), definito come il livello di esposizione giornaliera al di sotto del quale non sono
attesi effetti avversi per la salute dell’operatore”. Ma ad oggi “non è disponibile una
metodologia armonizzata a livello europeo o nazionale per la valutazione
dell’esposizione degli operatori a pesticidi in serra e tale carenza comporta un
elevato grado di incertezza nella valutazione del rischio di esposizione a pesticidi per
i lavoratori del comparto”.
L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, illustra i modelli di esposizione
normalmente impiegati in ambito europeo e riporta alcune indicazioni relative
all’analisi dei dati sperimentali degli studi condotti su campo in relazione al progetto
presentato durante il convegno. Le informazioni raccolte durante la prima fase del
progetto “hanno contribuito al raggiungimento di una conoscenza adeguata degli
specifici scenari di esposizione considerati ed a una definizione dei parametri
determinanti i livelli di esposizione a prodotti fitosanitari degli operatori addetti alle
attività di trattamento e/o di rientro in serra”.
L’intervento, a questo proposito, presenta riporta in alcune tabelle gli scenari di
esposizione identificati, i rispettivi valori generici di esposizione, l’analisi statistica dei
dati, confrontandoli anche con altri modelli di esposizione.
In definitiva l’attività svolta ha permesso “la definizione di valori generici di
esposizione utili ai fini della valutazione del rischio di esposizione inalatorio per
quattro diversi e tipici scenari di esposizione in serra”. E dall’esame dei risultati
ottenuti è stato possibile “evidenziare maggiori livelli di esposizione - calcolati
attraverso valori generici di esposizione inalatoria - significativamente superiori (da
uno a due ordini di grandezza) a quelli utilizzati dal modello Ecpa, normalmente
utilizzato ai fini della valutazione dei livelli di esposizione a pesticidi nelle serre dei
paesi mediterranei”.
Inoltre si evidenzia l’opportunità di “rivedere le misure di mitigazione del rischio
specifiche e prendere in considerazione l’impiego di dispositivi di protezione delle
vie respiratorie nel caso di impiego di prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive
caratterizzate da una elevata tossicità inalatoria”. E poiché i risultati ottenuti
confermano “livelli di esposizione inalatoria più elevati per gli operatori che utilizzano
prodotti fitosanitari in formulazione solida piuttosto che in formulazione liquida e nel
caso di applicazione su colture alte (> 0,5 m), andrebbe previsto per gli stessi un
programma di formazione specifico che miri alle corrette informazioni sui rischi
derivanti da queste specifiche tipologie di applicazione onde evitarne la
sottostima”.
E infine, continuano i relatori, dall’esame dei dati è stato possibile “definire un valore
generico di esposizione inalatoria per gli addetti alle operazioni di raccolta in serra,
scenario di esposizione non considerato dal modello Ecp”, uno scenario che
andrebbe approfondito attraverso “l’acquisizione di ulteriori dati di monitoraggio al
fine della sua completa definizione”.
La relazione si conclude raccomandando poi, ai fini di una valutazione completa
del rischio di esposizione a prodotti fitosanitari in serra, “la misurazione dei livelli di
esposizione cutanea, che normalmente rappresenta la via di esposizione prevalente
sia per gli operatori addetti all’applicazione dei prodotti che per i lavoratori addetti
alle operazioni di raccolta e/o controllo”.
Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Atti di convegno. La
ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”, a cura
di Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e
ambientale, Inail), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2017 (formato PDF, 1.93 MB).
Fonte: puntosicuro.it
Lavorazione della pasta: i rischi per gli addetti alla produzione.
Indicazioni per la tutela di salute e sicurezza nell’attività di lavorazione della pasta
all’uovo con riferimento ai rischi per l’addetto alla produzione. Focus sul rischio
macchina, sul rischio di incendio e esplosione e sui rischi chimici e biologici.
Bologna, 11 Set – La valutazione dei rischi, sui cui poggia ogni strategia di
prevenzione e tutela della salute e sicurezza, deve essere effettuata nelle aziende
dopo una dettagliata analisi del ciclo produttivo. E deve mirare alla riduzione dei
rischi residui propri di ogni mansione o compito attraverso specifiche misure di
prevenzione e misure di protezione.
E per facilitare un’efficace valutazione e analisi dei rischi in un comparto
agroalimentare così specifico come la lavorazione della pasta all’uovo, riprendiamo
alcune indicazione dalle schede riepilogative contenute nel documento “ Settore
agroalimentare_La lavorazione della pasta all’uovo” correlato al progetto
multimediale Impresa Sicura, un progetto validato dalla Commissione Consultiva
Permanente come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013 ed elaborato
da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail.
Riguardo a queste schede, che si soffermano sui rischi per diversi addetti del settore
(addetti a produzione, confezionamento, magazzinaggio, utilizzo carrelli elevatori,
ufficio, autista, manutentore), ci soffermiamo in particolare oggi sui rischi
dell’addetto alla produzione, un operatore che generalmente utilizza diverse
macchine (ad esempio macchina impastatrice, trafilatrice, macchina incartatrice,
macchine per produrre specifiche tipologie di pasta, macchina pastorizzatrice,
forno essiccatore, tritacarne, …).
Partiamo dai rischi infortunistici da attrezzature e/o macchina, rischi che riguardano
proprio l’utilizzo di attrezzature o macchine lungo la linea di produzione con
esposizione a contatti accidentali con organi di lavorazione o di trasmissione in
movimento.
Queste le misure di prevenzione e protezione:
- “tutti gli organi di lavorazione o di trasmissione in movimento che non richiedono
interazione da parte del lavoratore, per quanto concerne il ciclo produttivo, sono
protetti da ripari fissi inamovibili;
- tutti gli organi di lavorazione o di trasmissione in movimento che possono richiedere
interazione da parte dell’operatore, per quanto concerne il ciclo produttivo, sono
protetti mediante ripari mobili interbloccanti (microinterruttori, sistemi di fotocellule,
ecc.). La rimozione o l’apertura del riparo determina l’arresto degli organi in
movimento se questi sono attivi o ne impedisce il riavvio se questi sono fermi;
- sistemi di comando per arresto di emergenza, per modalità di manutenzione
(selettori modali per controllo velocità, movimento a impulsi, ecc.) e per
impedimento di riavvio accidentale della macchina;
- manutenzione periodica e al bisogno e verifica giornaliera del corretto
funzionamento dei sistemi di protezione;
- formazione e informazione finalizzate al corretto utilizzo della macchina;
- utilizzo degli idonei DPI”.
Veniamo brevemente al rischio di incendio, ricordando che “l’attività correlata alla
produzione di pasta fresca artigianale generalmente non presenta un rischio
incendio rilevante (rischio basso)”. In particolare il DPR 151/2011 – ‘Regolamento
recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione
degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122’
– “ha escluso dalle attività soggette a certificato prevenzioni incendi i pastifici con
produzione giornaliera non superiore a 50.000 kg. Il datore di lavoro dovrà
comunque accertarsi che non ci siano situazioni rientranti nei punti di
assoggettazione a CPI (quantitativo di carta o cartone presente, potenza
complessiva delle centrali termiche, presenza di sostanze infiammabili oltre i
quantitativi limite, ecc.) così come previsto dal D.P.R. 151/2011”.
Queste le misure di prevenzione e protezione per il rischio incendio:
- “controllo periodico degli estintori e degli altri sistemi di estinguimento
eventualmente presenti;
- verifica periodica degli impianti elettrici dell’immobile e delle macchine;
- formazione degli addetti antincendio aziendali”.
L’attività correlata alla produzione di pasta fresca artigianale presenta
generalmente anche un rischio esplosione trascurabile e nei pastifici “con
produzione giornaliera non superiore a 50.000 kg in condizioni normali non è da
prevedere il formarsi di un’atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere
particolari provvedimenti di protezione”.
Si sottolinea, tuttavia, che il datore di lavoro “deve valutare, in ogni caso, le fonti di
potenziale pericolo per il formarsi di un’atmosfera esplosiva le sostanze utilizzate, o
che potrebbero entrare, nel ciclo produttivo quali ad esempio: il gas metano o altre
tipologie di combustibile utilizzate per varie finalità negli ambienti di lavoro
(alimentazione centrale termica, alimentazione fuochi per cottura, ecc.); eventuali
inchiostri diluiti con solventi infiammabili e caratterizzati da temperature di innesco e
LEL (limite inferiore di esplodibilità, ndr) potenzialmente pericolosi nelle normali
condizioni di lavoro; polveri generate dalla semola o farina”.
Queste le misure di prevenzione e protezione:
- “sistemi di rilevazione gas;
- dispositivi di sicurezza, quali ad es. le termocoppie, che determinano l’arresto
dell’erogazione del gas in caso di spegnimento anomalo;
- pulizia giornaliera degli accumuli di polvere derivanti dall’utilizzo di semole e farine;
- verifica periodica degli impianti dell’immobile e delle macchine;
- formazione e informazione dei lavori;
- apposizione cartellonistica di sicurezza specifica”.
Veniamo all’esposizione agli agenti chimici e biologici.
In particolare si indica che il rischio da esposizione a sostanze e preparati pericolosi
è “generalmente da considerarsi irrilevante”. Tuttavia “va posta attenzione nel caso
in cui lo sversamento e la miscelazione di semola e farine per la preparazione degli
impasti venga fatto manualmente dagli operatori e non automaticamente con il
passaggio diretto da silos o coclee di alimentazione a impastatrici. La semola e la
farina sono considerati, infatti, agenti chimici sensibilizzanti e quindi l’esposizione
continua porta a una valutazione del rischio da irrilevante a non irrilevante. Sostanze
o preparati da considerare nella valutazione del rischio: semola e farine; sostanze
utilizzate per la sanificazione di materie prime, ambienti di lavoro e macchine;
sostanze utilizzate per la detersione di ambienti di lavoro e macchine”.
Queste le misure di prevenzione e protezione:
- “utilizzo degli idonei DPI;
- dispositivi per la protezione dell’apparato respiratorio da esposizione a polveri;
- dispositivi di protezione per il corpo:
- guanti e indumenti da lavoro;
- formazione e informazione”.
Si segnala poi che in conseguenza delle lavorazioni svolte e delle materie prime
utilizzate “gli addetti alla produzione sono esposti al potenziale rischio degli agenti
biologici. In generale il rischio da esposizione ad agenti biologici può essere
considerato non rilevante ma la probabilità di rischio potrebbe incrementare nel
caso in cui nella specifica azienda vengano utilizzate uova in guscio e carne
fresca”.
Queste le misure di prevenzione e protezione per i rischi biologici:
- “sanificazione delle materie prime (ad es. uova in guscio se utilizzate);
- utilizzo degli idonei DPI;
- dispositivi di protezione per il corpo;
- guanti e indumenti da lavoro;
- formazione e informazione”.
Concludiamo questa breve presentazione dei rischi per gli addetti alla produzione
rimandando alla lettura integrale del documento che, per questa tipologia di
addetti, riporta anche ulteriori indicazioni relative a:
- esposizione agli agenti fisici;
- rischi ergonomici.
Il sito “ Impresa Sicura”: l’accesso via internet è gratuito e avviene tramite una registrazione al sito.
Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Buone Prassi -Documento
approvato nella seduta del 27 novembre 2013 – Impresa Sicura.
Fonte: puntosicuro.it
Inail, aggiornato servizio online denuncia infortuni sul lavoro.
ROMA – Inail comunica che è disponibile online la nuova versione del servizio di
denuncia/comunicazione di infortunio sul lavoro.
L’aggiornamento ha incluso le denunce per: “Detenuto/internato o straniero
richiedente asilo legge n.208/2015 (art.1 commi 312-316 Ndr); Allievo iscritto ai corsi
ordinamentali di Istruzione e FP ex art. 32, comma 8, d.lgs. 150/2015“.
Info: Inail nuova versione servizio online denuncia infortunio lavoro
Fonte: quotidianosicurezza.it
2,78 milioni di morti causati dal lavoro, Ilo XXI Congresso mondiale sicurezza.
SINGAPORE – Incidenti mortali sul lavoro e decessi per malattia professionale passati
nell’ultimo anno nel mondo da 2,3 milioni a 2,78 milioni. La probabilità di subire
infortuni e malattie professionali tra i giovani lavoratori è attualmente maggiore del
40% rispetto a quella dei lavoratori più anziani. A diffondere questi dati Ilo, nel
proprio report conclusivo dal “XXI Congresso mondiale sulla sicurezza e la salute sul
lavoro” convocato da Ilo e Issa che si è tenuto a Singapore dal 3 al 6 settembre.
Per far fronte a tale andamento Ilo ha invocato un’azione globale che coinvolga
istituzioni e realtà del mondo del lavoro. Azione finalizzata ad affrontare i rischi per la
salute e la sicurezza. Una coalizione mondiale, che si occupi di sfide attuali ed
emergenti, che vada ad affrontare temi come la globalizzazione della forza lavoro,
la tutela del lavoratore precario, dei migranti, dei giovani, delle donne, l’importanza
di avere a disposizione dati affidabili sui quali confrontarsi.
Dei 2,78 milioni di morti per cause da lavoro, 2,4 si stima siano stati causati da
malattie professionali. Per quanto riguarda l’aspetto economico, infortuni e malattie
professionali hanno un costo nell’economia mondiale pari al 3,94% del Pil, 2.99 trilioni
in dollari USA. Una somma che equivale al Pil dei 130 Paesi più poveri del mondo.
Ilo nel corso del Congresso ha evidenziato temi cruciali per l’immediato futuro del
lavoro e della sicurezza. La sicurezza nelle catene di approvvigionamento globali, lo
scambio di dati tra le parti, quindi l’accrescimento totale di competenze e
conoscenze sulla sicurezza e sulla prevenzione per l’attuazione di strategie utili a
livello nazionale.
Su questo l’importanza della tutela e della presenza dei giovani lavoratori, per i quali
è stato organizzato negli stessi giorni il congresso parallelo “SafeYouth@Work
Congress” dal progetto SafeYouth@Work. La nuova generazione dovrà avere un
peso determinante nel futuro del lavoro. “Quattro milioni di giovani entrano nel
mercato del lavoro quest’anno e sono la generazione più istruita che il mondo
abbia mai visto. Dobbiamo approfittare di questo dividendo demografico e
sfruttare il potenziale e la creatività”, ha dichiarato il direttore generale Ilo Guy
Ryder. (Articolo di Corrado De Paolis)
Info: Ilo XXI Congresso mondiale sicurezza lavoro, nota 7 settembre.
Fonte: quotidianosicurezza.it

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  • 1. News 37/SSL/2017 Lunedì, 11 settembre 2017 Rischio chimico e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre. Una pubblicazione Inail presenta i risultati di una ricerca per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre. L’utilizzo di fitofarmaci, la valutazione del rischio chimico e le cause di incidenti e contaminazioni. Roma, 11 Set – L'utilizzo dei prodotti fitosanitari (PF), ad esempio insetticidi, fungicidi, acaricidi, fitoregolatori e erbicidi, utilizzati nella manutenzione del verde e in ambito agricolo, espone generalmente gli operatori ad agenti chimici pericolosi. Se poi le attività agricole sono svolte in serra si ha non solo un pericoloso accumulo dei contaminanti, ma anche un incremento di temperatura e umidità relativa che può condizionare la capacità inalatoria e di assorbimento cutaneo. E dunque nelle serre l’impiego di tali prodotti, destinati alla difesa delle colture dagli agenti dannosi, “può comportare un rischio più o meno elevato per i lavoratori in funzione della tossicità intrinseca del principio attivo, dei livelli di esposizione e di assorbimento attraverso le varie vie di penetrazione nell’organismo (inalatoria, cutanea, ecc.) e delle modalità e frequenza d’uso”. A ricordare questo rischio è un documento realizzato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail che raccoglie gli atti del convegno “La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre” che si è svolto a Lamezia Terme il 4 Luglio 2016. Nel documento sono presentati i risultati di alcune ricerche, correlate ad un progetto finanziato dal Ministero della salute, che hanno affrontato lo scenario di esposizione per l’attività lavorativa in serra nel territorio calabrese dove “è presente un importante sviluppo di coltivazioni che impiegano numerosi lavoratori, prevalentemente in piccole e medie imprese, configurando scenari di esposizione peculiari che possono integrare diverse criticità, per quanto concerne, in particolare, la valutazione dei rischi”. E attraverso gli studi intrapresi “sono stati analizzati e descritti alcuni scenari di esposizione tipici delle colture in serra del Sud Italia, tenendo conto delle variabili che li descrivono e individuando quelle tipologie di serra che possano rappresentare una casistica eloquente delle condizioni di
  • 2. esposizione, almeno per questa parte di territorio”. Nella presentazione del documento, a cura di Sergio Iavicoli, direttore del Dipartimento, si segnala che riguardo ai rischi espositivi è necessario esprimere “un giudizio spesso critico sul comportamento degli utilizzatori” dei prodotti fitosanitari. Infatti le più ricorrenti cause di incidenti o contaminazioni “sono da imputare a eccessiva confidenza con i prodotti impiegati (non si tengono in debito conto le avvertenze riportate in etichetta e sulle schede tecniche), al mancato rispetto delle dosi consigliate per i trattamenti, al trasporto dei prodotti con mezzi non idonei, ad insufficienze riguardo allo stoccaggio ed alla conservazione (locali non idonei, scarse avvertenze riguardo la loro custodia, commistione di più prodotti senza verificarne la compatibilità chimico-fisica, mancanza di dispositivo antincendio), oppure al fatto che durante la fase di trattamento non si tengono in conto le condizioni meteorologiche avverse (pioggia o vento contrario)”. Inoltre, continua Iavicoli, a volte si trascura “di appurare se la zona da trattare è ubicata in vicinanza di abitazioni o corsi d’acqua; nelle operazioni non vengono usati indumenti specificatamente dedicati allo scopo; non vengono svolte accurate bonifiche delle attrezzature e dei dispositivi personali di protezione a trattamento avvenuto, così come non sempre si rispettano i tempi di rientro e di carenza”. In relazione alla recente pubblicazione del documento “Atti di convegno. La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”, curato da Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, Inail), ci soffermiamo in particolare oggi su un intervento che affronta il tema della valutazione del rischio chimico inalatorio in serra. In “Procedura di valutazione del rischio chimico inalatorio in serra”, intervento a cura di M. Rubbiani (Centro nazionale Sostanze Chimiche - Istituto superiore di sanità) e R. Cabella (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), si sottolinea il fatto che l’applicazione di pesticidi nelle serre “differisce sostanzialmente da quella realizzata in ambienti di campo esterni”: - i pesticidi “possono essere applicati alle colture in serra tutto l’anno, spesso su un programma di più giorni, piuttosto che stagionalmente, e spesso a dosi di applicazione più elevate rispetto alle colture in campo; - le applicazioni in serra di pesticidi sono ad alta intensità e sono spesso non adatti ai tipi di controlli di mitigazione dell’esposizione disponibili per l’uso sul campo, come
  • 3. ad esempio quelli che prevedono le cabine chiuse; - le attrezzature per l’applicazione manuale pongono l’operatore più a contatto con il materiale spruzzato, sia in forma liquida e di aerosol, e l’ambiente limitato rallenta la dissipazione di residui”; - “la coltivazione di colture in serra è spesso anche ad alta intensità di manodopera e generalmente richiede al lavoratore di mantenere costante il contatto fisico con il fogliame della coltura trattata”. E dunque questi fattori contribuiscono a livelli di esposizione “potenzialmente più elevati per i lavoratori in serra rispetto ai lavoratori sul campo”. Veniamo alla valutazione del rischio chimico. I relatori indicano che la valutazione o la misurazione dei livelli di esposizione dell’operatore a pesticidi durante le operazioni di miscelazione/carico ed applicazione “è necessaria ai fini di una adeguata valutazione del rischio chimico di esposizione per tutti gli operatori impegnati con diverse mansioni in attività lavorative in serra. Per la valutazione quantitativa del rischio dei lavoratori in serra, l’esposizione sistemica, generalmente stimata sulla base di valori di esposizione potenziale cutanea ed inalatoria, viene generalmente confrontata con un valore tossicologico di riferimento”. Si indica poi che a tal fine viene normalmente utilizzato “il livello accettabile di esposizione dell’operatore (acceptable operator exposure level, AOEL), definito come il livello di esposizione giornaliera al di sotto del quale non sono attesi effetti avversi per la salute dell’operatore”. Ma ad oggi “non è disponibile una metodologia armonizzata a livello europeo o nazionale per la valutazione dell’esposizione degli operatori a pesticidi in serra e tale carenza comporta un elevato grado di incertezza nella valutazione del rischio di esposizione a pesticidi per i lavoratori del comparto”. L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, illustra i modelli di esposizione normalmente impiegati in ambito europeo e riporta alcune indicazioni relative all’analisi dei dati sperimentali degli studi condotti su campo in relazione al progetto presentato durante il convegno. Le informazioni raccolte durante la prima fase del progetto “hanno contribuito al raggiungimento di una conoscenza adeguata degli specifici scenari di esposizione considerati ed a una definizione dei parametri determinanti i livelli di esposizione a prodotti fitosanitari degli operatori addetti alle attività di trattamento e/o di rientro in serra”. L’intervento, a questo proposito, presenta riporta in alcune tabelle gli scenari di
  • 4. esposizione identificati, i rispettivi valori generici di esposizione, l’analisi statistica dei dati, confrontandoli anche con altri modelli di esposizione. In definitiva l’attività svolta ha permesso “la definizione di valori generici di esposizione utili ai fini della valutazione del rischio di esposizione inalatorio per quattro diversi e tipici scenari di esposizione in serra”. E dall’esame dei risultati ottenuti è stato possibile “evidenziare maggiori livelli di esposizione - calcolati attraverso valori generici di esposizione inalatoria - significativamente superiori (da uno a due ordini di grandezza) a quelli utilizzati dal modello Ecpa, normalmente utilizzato ai fini della valutazione dei livelli di esposizione a pesticidi nelle serre dei paesi mediterranei”. Inoltre si evidenzia l’opportunità di “rivedere le misure di mitigazione del rischio specifiche e prendere in considerazione l’impiego di dispositivi di protezione delle vie respiratorie nel caso di impiego di prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive caratterizzate da una elevata tossicità inalatoria”. E poiché i risultati ottenuti confermano “livelli di esposizione inalatoria più elevati per gli operatori che utilizzano prodotti fitosanitari in formulazione solida piuttosto che in formulazione liquida e nel caso di applicazione su colture alte (> 0,5 m), andrebbe previsto per gli stessi un programma di formazione specifico che miri alle corrette informazioni sui rischi derivanti da queste specifiche tipologie di applicazione onde evitarne la sottostima”. E infine, continuano i relatori, dall’esame dei dati è stato possibile “definire un valore generico di esposizione inalatoria per gli addetti alle operazioni di raccolta in serra, scenario di esposizione non considerato dal modello Ecp”, uno scenario che andrebbe approfondito attraverso “l’acquisizione di ulteriori dati di monitoraggio al fine della sua completa definizione”. La relazione si conclude raccomandando poi, ai fini di una valutazione completa del rischio di esposizione a prodotti fitosanitari in serra, “la misurazione dei livelli di esposizione cutanea, che normalmente rappresenta la via di esposizione prevalente sia per gli operatori addetti all’applicazione dei prodotti che per i lavoratori addetti alle operazioni di raccolta e/o controllo”. Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Atti di convegno. La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”, a cura di Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e
  • 5. ambientale, Inail), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2017 (formato PDF, 1.93 MB). Fonte: puntosicuro.it Lavorazione della pasta: i rischi per gli addetti alla produzione. Indicazioni per la tutela di salute e sicurezza nell’attività di lavorazione della pasta all’uovo con riferimento ai rischi per l’addetto alla produzione. Focus sul rischio macchina, sul rischio di incendio e esplosione e sui rischi chimici e biologici. Bologna, 11 Set – La valutazione dei rischi, sui cui poggia ogni strategia di prevenzione e tutela della salute e sicurezza, deve essere effettuata nelle aziende dopo una dettagliata analisi del ciclo produttivo. E deve mirare alla riduzione dei rischi residui propri di ogni mansione o compito attraverso specifiche misure di prevenzione e misure di protezione. E per facilitare un’efficace valutazione e analisi dei rischi in un comparto agroalimentare così specifico come la lavorazione della pasta all’uovo, riprendiamo alcune indicazione dalle schede riepilogative contenute nel documento “ Settore agroalimentare_La lavorazione della pasta all’uovo” correlato al progetto multimediale Impresa Sicura, un progetto validato dalla Commissione Consultiva Permanente come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013 ed elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail. Riguardo a queste schede, che si soffermano sui rischi per diversi addetti del settore (addetti a produzione, confezionamento, magazzinaggio, utilizzo carrelli elevatori, ufficio, autista, manutentore), ci soffermiamo in particolare oggi sui rischi dell’addetto alla produzione, un operatore che generalmente utilizza diverse macchine (ad esempio macchina impastatrice, trafilatrice, macchina incartatrice, macchine per produrre specifiche tipologie di pasta, macchina pastorizzatrice, forno essiccatore, tritacarne, …). Partiamo dai rischi infortunistici da attrezzature e/o macchina, rischi che riguardano proprio l’utilizzo di attrezzature o macchine lungo la linea di produzione con esposizione a contatti accidentali con organi di lavorazione o di trasmissione in movimento. Queste le misure di prevenzione e protezione:
  • 6. - “tutti gli organi di lavorazione o di trasmissione in movimento che non richiedono interazione da parte del lavoratore, per quanto concerne il ciclo produttivo, sono protetti da ripari fissi inamovibili; - tutti gli organi di lavorazione o di trasmissione in movimento che possono richiedere interazione da parte dell’operatore, per quanto concerne il ciclo produttivo, sono protetti mediante ripari mobili interbloccanti (microinterruttori, sistemi di fotocellule, ecc.). La rimozione o l’apertura del riparo determina l’arresto degli organi in movimento se questi sono attivi o ne impedisce il riavvio se questi sono fermi; - sistemi di comando per arresto di emergenza, per modalità di manutenzione (selettori modali per controllo velocità, movimento a impulsi, ecc.) e per impedimento di riavvio accidentale della macchina; - manutenzione periodica e al bisogno e verifica giornaliera del corretto funzionamento dei sistemi di protezione; - formazione e informazione finalizzate al corretto utilizzo della macchina; - utilizzo degli idonei DPI”. Veniamo brevemente al rischio di incendio, ricordando che “l’attività correlata alla produzione di pasta fresca artigianale generalmente non presenta un rischio incendio rilevante (rischio basso)”. In particolare il DPR 151/2011 – ‘Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122’ – “ha escluso dalle attività soggette a certificato prevenzioni incendi i pastifici con produzione giornaliera non superiore a 50.000 kg. Il datore di lavoro dovrà comunque accertarsi che non ci siano situazioni rientranti nei punti di assoggettazione a CPI (quantitativo di carta o cartone presente, potenza complessiva delle centrali termiche, presenza di sostanze infiammabili oltre i quantitativi limite, ecc.) così come previsto dal D.P.R. 151/2011”. Queste le misure di prevenzione e protezione per il rischio incendio: - “controllo periodico degli estintori e degli altri sistemi di estinguimento eventualmente presenti; - verifica periodica degli impianti elettrici dell’immobile e delle macchine; - formazione degli addetti antincendio aziendali”. L’attività correlata alla produzione di pasta fresca artigianale presenta generalmente anche un rischio esplosione trascurabile e nei pastifici “con produzione giornaliera non superiore a 50.000 kg in condizioni normali non è da
  • 7. prevedere il formarsi di un’atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione”. Si sottolinea, tuttavia, che il datore di lavoro “deve valutare, in ogni caso, le fonti di potenziale pericolo per il formarsi di un’atmosfera esplosiva le sostanze utilizzate, o che potrebbero entrare, nel ciclo produttivo quali ad esempio: il gas metano o altre tipologie di combustibile utilizzate per varie finalità negli ambienti di lavoro (alimentazione centrale termica, alimentazione fuochi per cottura, ecc.); eventuali inchiostri diluiti con solventi infiammabili e caratterizzati da temperature di innesco e LEL (limite inferiore di esplodibilità, ndr) potenzialmente pericolosi nelle normali condizioni di lavoro; polveri generate dalla semola o farina”. Queste le misure di prevenzione e protezione: - “sistemi di rilevazione gas; - dispositivi di sicurezza, quali ad es. le termocoppie, che determinano l’arresto dell’erogazione del gas in caso di spegnimento anomalo; - pulizia giornaliera degli accumuli di polvere derivanti dall’utilizzo di semole e farine; - verifica periodica degli impianti dell’immobile e delle macchine; - formazione e informazione dei lavori; - apposizione cartellonistica di sicurezza specifica”. Veniamo all’esposizione agli agenti chimici e biologici. In particolare si indica che il rischio da esposizione a sostanze e preparati pericolosi è “generalmente da considerarsi irrilevante”. Tuttavia “va posta attenzione nel caso in cui lo sversamento e la miscelazione di semola e farine per la preparazione degli impasti venga fatto manualmente dagli operatori e non automaticamente con il passaggio diretto da silos o coclee di alimentazione a impastatrici. La semola e la farina sono considerati, infatti, agenti chimici sensibilizzanti e quindi l’esposizione continua porta a una valutazione del rischio da irrilevante a non irrilevante. Sostanze o preparati da considerare nella valutazione del rischio: semola e farine; sostanze utilizzate per la sanificazione di materie prime, ambienti di lavoro e macchine; sostanze utilizzate per la detersione di ambienti di lavoro e macchine”. Queste le misure di prevenzione e protezione: - “utilizzo degli idonei DPI; - dispositivi per la protezione dell’apparato respiratorio da esposizione a polveri; - dispositivi di protezione per il corpo: - guanti e indumenti da lavoro; - formazione e informazione”.
  • 8. Si segnala poi che in conseguenza delle lavorazioni svolte e delle materie prime utilizzate “gli addetti alla produzione sono esposti al potenziale rischio degli agenti biologici. In generale il rischio da esposizione ad agenti biologici può essere considerato non rilevante ma la probabilità di rischio potrebbe incrementare nel caso in cui nella specifica azienda vengano utilizzate uova in guscio e carne fresca”. Queste le misure di prevenzione e protezione per i rischi biologici: - “sanificazione delle materie prime (ad es. uova in guscio se utilizzate); - utilizzo degli idonei DPI; - dispositivi di protezione per il corpo; - guanti e indumenti da lavoro; - formazione e informazione”. Concludiamo questa breve presentazione dei rischi per gli addetti alla produzione rimandando alla lettura integrale del documento che, per questa tipologia di addetti, riporta anche ulteriori indicazioni relative a: - esposizione agli agenti fisici; - rischi ergonomici. Il sito “ Impresa Sicura”: l’accesso via internet è gratuito e avviene tramite una registrazione al sito. Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro - Buone Prassi -Documento approvato nella seduta del 27 novembre 2013 – Impresa Sicura. Fonte: puntosicuro.it Inail, aggiornato servizio online denuncia infortuni sul lavoro. ROMA – Inail comunica che è disponibile online la nuova versione del servizio di denuncia/comunicazione di infortunio sul lavoro. L’aggiornamento ha incluso le denunce per: “Detenuto/internato o straniero richiedente asilo legge n.208/2015 (art.1 commi 312-316 Ndr); Allievo iscritto ai corsi ordinamentali di Istruzione e FP ex art. 32, comma 8, d.lgs. 150/2015“. Info: Inail nuova versione servizio online denuncia infortunio lavoro Fonte: quotidianosicurezza.it
  • 9. 2,78 milioni di morti causati dal lavoro, Ilo XXI Congresso mondiale sicurezza. SINGAPORE – Incidenti mortali sul lavoro e decessi per malattia professionale passati nell’ultimo anno nel mondo da 2,3 milioni a 2,78 milioni. La probabilità di subire infortuni e malattie professionali tra i giovani lavoratori è attualmente maggiore del 40% rispetto a quella dei lavoratori più anziani. A diffondere questi dati Ilo, nel proprio report conclusivo dal “XXI Congresso mondiale sulla sicurezza e la salute sul lavoro” convocato da Ilo e Issa che si è tenuto a Singapore dal 3 al 6 settembre. Per far fronte a tale andamento Ilo ha invocato un’azione globale che coinvolga istituzioni e realtà del mondo del lavoro. Azione finalizzata ad affrontare i rischi per la salute e la sicurezza. Una coalizione mondiale, che si occupi di sfide attuali ed emergenti, che vada ad affrontare temi come la globalizzazione della forza lavoro, la tutela del lavoratore precario, dei migranti, dei giovani, delle donne, l’importanza di avere a disposizione dati affidabili sui quali confrontarsi. Dei 2,78 milioni di morti per cause da lavoro, 2,4 si stima siano stati causati da malattie professionali. Per quanto riguarda l’aspetto economico, infortuni e malattie professionali hanno un costo nell’economia mondiale pari al 3,94% del Pil, 2.99 trilioni in dollari USA. Una somma che equivale al Pil dei 130 Paesi più poveri del mondo. Ilo nel corso del Congresso ha evidenziato temi cruciali per l’immediato futuro del lavoro e della sicurezza. La sicurezza nelle catene di approvvigionamento globali, lo scambio di dati tra le parti, quindi l’accrescimento totale di competenze e conoscenze sulla sicurezza e sulla prevenzione per l’attuazione di strategie utili a livello nazionale. Su questo l’importanza della tutela e della presenza dei giovani lavoratori, per i quali è stato organizzato negli stessi giorni il congresso parallelo “SafeYouth@Work Congress” dal progetto SafeYouth@Work. La nuova generazione dovrà avere un peso determinante nel futuro del lavoro. “Quattro milioni di giovani entrano nel mercato del lavoro quest’anno e sono la generazione più istruita che il mondo abbia mai visto. Dobbiamo approfittare di questo dividendo demografico e sfruttare il potenziale e la creatività”, ha dichiarato il direttore generale Ilo Guy Ryder. (Articolo di Corrado De Paolis) Info: Ilo XXI Congresso mondiale sicurezza lavoro, nota 7 settembre.